Discorsi 2005-13 24097

AI VESCOVI DELL'UCRAINA IN OCCASIONE DELLA VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala del Concistoro, Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo Lunedì, 24 settembre 2007

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(VESCOVI DI RITO LATINO E DI RITO GRECO-CATTOLICO - la visita "ad limina" è solo per i Vescovi di rito latino)


Signori Cardinali,
Cari e venerati Fratelli nell’Episcopato,

sono particolarmente lieto di accogliervi e rivolgo a ciascuno di voi il mio cordiale benvenuto, all’inizio della Visita ad limina dei Vescovi di rito latino. Con grande piacere saluto i Vescovi greco-cattolici, che hanno accettato il mio invito a presenziare a questo incontro. Quest’oggi sono idealmente raccolti, attorno al Successore di Pietro, tutti i Pastori dell’amata Chiesa che vive in Ucraina. Si tratta di un gesto di comunione ecclesiale, eloquente testimonianza di quell’amore fraterno che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli come segno distintivo. Facciamo nostre le parole del Salmista: “Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!”. Ed ancora: a coloro che vivono nel suo amore, il Signore “dona la benedizione e la vita per sempre” (
Ps 133,1-3). Con questa consapevolezza e con sentimenti di stima e di viva cordialità ringrazio ciascuno di voi per il lavoro pastorale che quotidianamente svolgete al servizio del popolo di Dio.

So con quanto impegno vi sforzate di proclamare e testimoniare il Vangelo nella cara terra d’Ucraina, incontrando talora non poche difficoltà, ma sorretti sempre dalla consapevolezza che Cristo guida con mano salda il suo gregge, quel gregge che Egli stesso ha affidato alle vostre mani di suoi ministri. Il Papa ed i collaboratori della Curia Romana vi sono vicini e seguono con affetto il cammino di ognuna delle vostre Chiese locali, pronti in ogni circostanza ad offrirvi il loro contributo, nella piena consapevolezza di essere chiamati dal Signore a servire l’unità e la comunione della Chiesa.

Del mistero della Chiesa l’odierno incontro pone in luce la bellezza e la ricchezza. La Chiesa – ricorda il Concilio Vaticano II - è “comunità di fede, speranza e carità, voluta da Cristo unico mediatore, come organismo visibile sulla terra… Costituita e organizzata in questo mondo come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi che sono in comunione con lui” (Lumen gentium LG 8). Nella varietà dei suoi riti e delle sue storiche tradizioni, l’unica Chiesa cattolica annuncia e testimonia in ogni angolo della terra lo stesso Gesù Cristo, Parola di salvezza per ogni uomo e per tutto l’uomo. Per questo il segreto dell’efficacia di ogni nostro progetto pastorale ed apostolico è innanzitutto la fedeltà a Cristo. A noi, Pastori, come a tutti i fedeli, è chiesto di vivere un’intima e costante familiarità con Lui nella preghiera e nel docile ascolto della sua parola: è questa la sola strada da percorrere per diventare in ogni ambiente segni del suo amore e strumenti della sua pace e della sua concordia.

Sono certo che, animati da questo spirito, non è difficile per voi, cari e venerati Fratelli, intensificare una cordiale collaborazione tra Vescovi latini e Vescovi greco-cattolici, per il bene dell’intero popolo cristiano. Avete così modo di coordinare i vostri piani pastorali e le vostre attività apostoliche offrendo sempre la testimonianza di quella comunione ecclesiale, che è anche condizione indispensabile per il dialogo ecumenico con i nostri fratelli ortodossi e delle altre Chiese. In particolare, mi permetto di porre alla vostra attenzione la proposta di almeno un incontro annuale, che veda riuniti insieme i Vescovi di rito latino e quelli di rito greco-cattolico, per un’opportuna concertazione fra tutti al fine di rendere sempre più armonica ed efficace l’azione pastorale. Sono persuaso che la fraterna cooperazione fra i Pastori sarà per tutti i fedeli incoraggiamento e stimolo a crescere nell’unità e nell’entusiasmo apostolico e favorirà anche un proficuo dialogo ecumenico.

Cari e venerati Fratelli, grazie ancora per aver accolto il mio invito a partecipare a questa fraterna riunione. Su ciascuno di voi e sulle vostre comunità invoco la protezione materna della Madonna, che oggi la liturgia latina venera come Beata Vergine della Mercede. Sia Lei a sostenervi nel quotidiano ministero e lo renda fecondo di frutti spirituali; sia Lei a consolarvi e confortarvi nelle difficoltà e nell’ora della prova; ad ottenervi la gioia di una comunione sempre più profonda con il suo divin Figlio e a rendere ancor più salda la fraternità fra voi, successori degli Apostoli. A Maria affidiamo, in modo speciale, la visita ad limina dei Vescovi di rito latino che oggi ha inizio e i progetti pastorali di tutte le vostre comunità. Con questi auspici, mentre invoco una copiosa effusione di grazie e di conforti celesti sulle vostre persone e sulle vostre rispettive attività ecclesiali, di cuore imparto a ciascuno una speciale Benedizione, che volentieri estendo ai fedeli affidati al vostro ministero episcopale, come pure all’intero amato popolo d’Ucraina.





CONCERTO IN OCCASIONE DEL 110° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DEL PAPA PAOLO VI Sala degli Svizzeri, Castel Gandolfo Mercoledì, 26 settembre 2007

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Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato,
cari fratelli e sorelle,

Abbiamo trascorso insieme una suggestiva serata musicale, che ci ha dato modo di riascoltare brani certamente noti, ma sempre capaci di suscitare nuove e profonde emozioni spirituali. Significativa è la circostanza che ha motivato quest’evento, e cioè il 110° anniversario della nascita del Servo di Dio Paolo VI, avvenuta a Concesio, il 26 settembre del 1897, proprio come oggi.

Con sentimenti di viva gratitudine, rivolgo il mio saluto a tutti voi, che avete preso parte a questo atto commemorativo di un grande Pontefice, che ha segnato la storia del secolo XX. Un grazie di cuore a chi si è fatto promotore, a chi ha organizzato e a chi ha eseguito con apprezzata maestria questo concerto. Saluto con affetto i Signori Cardinali presenti, ed in particolare il Cardinale Giovanni Battista Re, conterraneo di Papa Montini. Un saluto speciale dirigo al Vescovo Ausiliare di Brescia Mons. Francesco Beschi, che ringrazio per le parole poc’anzi rivoltemi, agli altri Presuli, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose. Estendo poi il mio deferente pensiero alle varie Personalità, che ci onorano della loro presenza, con una menzione speciale per l’On. Ministro della Giustizia, i Sindaci di Brescia e di Bergamo, le altre Autorità civili e militari, come pure i Rappresentanti delle Istituzioni che hanno particolarmente contribuito alla realizzazione di questa significativa manifestazione. Mi preme soprattutto farmi interprete dei comuni sentimenti, esprimendo un grato apprezzamento ai solisti e a tutti i componenti dell’Orchestra del Festival Pianistico Internazionale Arturo Benedetti Michelangeli di Brescia e Bergamo, diretta dal ben noto Maestro Agostino Trizio. Essi, con straordinario talento ed efficacia, hanno eseguito brani musicali di Vivaldi, Bach e Mozart, aiutando il nostro spirito a percepire nel linguaggio musicale l’intima armonia della bellezza divina.

Questa sera l’ascolto di celebri brani musicali ci ha dato occasione di ricordare un illustre Papa, Paolo VI, che ha reso alla Chiesa e al mondo un servizio quanto mai prezioso in tempi non facili ed in condizioni sociali caratterizzate da profondi mutamenti culturali e religiosi. Rendiamo omaggio allo spirito di saggezza evangelica con cui questo mio amato Predecessore ha saputo guidare la Chiesa durante e dopo il Concilio Vaticano II. Egli ha avvertito, con profetica intuizione, le speranze e le inquietudini degli uomini di quell’epoca; si è sforzato di valorizzarne le esperienze positive cercando di illuminarle con la luce della verità e dell’amore di Cristo, l’unico Redentore dell’umanità. L’amore che nutriva per l’umanità con i suoi progressi, le meravigliose scoperte, i vantaggi e le agevolazioni della scienza e della tecnica, non gli ha però impedito di porre in evidenza le contraddizioni, gli errori e i rischi di un progresso scientifico e tecnologico sganciato da un saldo riferimento a valori etici e spirituali.Il suo insegnamento resta pertanto ancor oggi attuale, e costituisce una fonte a cui attingere per meglio comprendere i testi conciliari ed analizzare gli eventi ecclesiali che hanno caratterizzato la seconda parte del 1900.

Paolo VI è stato prudente e coraggioso nel guidare la Chiesa con un realismo ed un ottimismo evangelico, alimentati da indomita fede. Egli ha auspicato l’avvento della “civiltà dell’amore”, convinto che la carità evangelica costituisce l’elemento indispensabile per costruire un’autentica fraternità universale. Soltanto riconoscendo come Padre Dio, che in Cristo ha rivelato a tutti il suo amore, gli uomini possono diventare e sentirsi realmente fratelli. Soltanto Cristo, vero Dio e vero uomo, può convertire l’animo umano e renderlo capace di contribuire a realizzare una società giusta e solidale. I suoi successori hanno raccolto l’eredità spirituale del Servo di Dio Paolo VI, e sulla stessa scia hanno camminato. Preghiamo perchè il suo esempio e i suoi insegnamenti siano per noi incoraggiamento e stimolo ad amare sempre più Cristo e la Chiesa, animati da quell’indomita speranza che ha sorretto Papa Montini sino al termine della sua esistenza. Con questi sentimenti, nuovamente ringrazio coloro che hanno preparato ed animato quest’incontro musicale e, invocando sui presenti la costante protezione del Signore, di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica.



AI MEMBRI DELL'EPISCOPATO DI RITO LATINO DELL'UCRAINA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala del Concistoro, Castel Gandolfo Giovedì, 27 settembre 2007

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Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell’Episcopato,

“Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro” (
Col 1,2)! Con questo saluto apostolico mi rivolgo a voi, membri dell’Episcopato di rito latino dell’Ucraina. A ciascuno auguro quella grazia e quella pace del Signore, che sono il segreto della nostra missione di Vescovi al servizio dell’uomo. Al termine della visita ad limina, che mi ha dato modo di incontrarvi personalmente, di conoscere meglio la realtà di ogni singola vostra Diocesi e di condividere con voi le speranze e i problemi che ne segnano il quotidiano cammino, rendo grazie a Dio per quanto, nel suo amore misericordioso, Egli va compiendo attraverso il vostro ministero pastorale. Un saluto particolare rivolgo al Cardinale Marian Jaworski e lo ringrazio per le sue parole che hanno interpretato il pensiero di tutti voi. Ho colto nel suo intervento il vivo desiderio che nutrite di consolidare tra voi l’unità e la collaborazione per affrontare uniti le grandi sfide sociali, culturali e spirituali del momento presente. Voi non vi stancate di trovare soluzioni possibili, anche nel dialogo con le Autorità locali, con il solo obbiettivo di prendervi cura spirituale del gregge che il Signore vi ha affidato. Con vivo apprezzamento ho preso conoscenza dello sforzo catechetico, liturgico, apostolico e caritativo delle vostre Diocesi: un programma che tende anche a consolidare l’anelito alla cattolicità che fa sentire tutti i battezzati membri dell’unico Corpo di Cristo.

La vostra opera pastorale, venerati Fratelli, si dispiega in un territorio nel quale convivono cattolici di rito latino e di rito greco-cattolico, insieme ad altri credenti che trovano la ragione della propria vita nell’unico Signore Gesù Cristo. Anche fra cattolici non sempre la collaborazione riesce facile, essendo normale che emergano sensibilità differenti, data pure la diversità delle rispettive tradizioni. Ma come non ritenere una provvidenziale opportunità il fatto che coesistano insieme due Comunità distinte nelle loro tradizioni ma pienamente cattoliche, entrambe protese a servire l’unico Kyrios e ad annunciarne il vangelo? L’unità dei cattolici, nella diversità dei riti, e lo sforzo di manifestarla in ogni ambito, mostra il volto autentico della Chiesa Cattolica e costituisce un segno quanto mai eloquente anche per gli altri cristiani e per l’intera società. Dalla vostra analisi emerge una serie di problematiche, la cui soluzione esige un’indispensabile sinergia delle forze, per un rinnovato annuncio del Vangelo. I lunghi anni della dominazione atea e comunista hanno lasciato evidenti tracce nelle generazioni attuali. Esse sono altrettante sfide che vi interpellano, cari Fratelli, e che sono giustamente al centro delle vostre preoccupazioni e programmazioni pastorali.

Ut unum sint”! La preghiera di Cristo nel cenacolo risuona costantemente nella Chiesa come invito a ricercare, senza stancarsi, l’unità. Se si consolida la comunione all’interno delle comunità cattoliche sarà più agevole condurre un proficuo dialogo tra la Chiesa Cattolica e le altre Chiese e Comunità ecclesiali. L’esigenza ecumenica è fortemente avvertita da voi, che da lunghi secoli vivete insieme ai nostri fratelli ortodossi e con loro cercate di tessere un quotidiano dialogo che abbraccia tanti aspetti della vita. Le difficoltà, gli ostacoli, e persino eventuali insuccessi non rallentino il vostro entusiasmo nell’andare in questa direzione. Con pazienza e umiltà, con carità, verità e apertura d’animo, il cammino da percorrere diviene meno arduo, soprattutto se non viene mai meno la prospettiva di fondo, la convinzione cioè che tutti i discepoli di Cristo sono chiamati a percorrere le sue orme, lasciandosi guidare docilmente dal suo Spirito, che è sempre all’opera nella Chiesa.

Cari Fratelli, tanti sarebbero gli argomenti affrontati nei nostri colloqui personali, sui quali mi piacerebbe ritornare per incoraggiarvi a proseguire nella strada intrapresa. Penso ad esempio alla fondamentale esigenza di formare in modo adeguato i sacerdoti, perché possano compiere al meglio la loro missione; come pure alla cura delle vocazioni, che costituisce una priorità pastorale per assicurare operai alla messe del Signore. Nella grande maggioranza, i sacerdoti sono testimoni di autentica abnegazione, di generosità gioiosa, di umile adattamento alle precarie situazioni in cui si trovano ad operare, talora anche con difficoltà di tipo economico. Dio li conservi e protegga sempre! Amateli, perché sono per voi collaboratori insostituibili, sosteneteli ed incoraggiateli, pregate con e per loro. Siate per loro padri amorevoli a cui ricorrere con fiducia. Conosco i vostri sforzi con varie iniziative per promuovere le vocazioni. Abbiate cura che nei seminari sia impartita agli aspiranti al sacerdozio una formazione armonica e completa. Accompagnate con paterna sollecitudine i giovani sacerdoti nei primi passi del loro ministero e non trascurate la formazione permanente dei presbiteri. Ho notato con soddisfazione la presenza e l’impegno dei consacrati e delle consacrate: un autentico dono per la crescita spirituale di ogni comunità. La cura delle vocazioni presuppone naturalmente una valida pastorale familiare. La formazione di un laicato che sappia rendere ragione della fede si rende in questi nostri tempi ancor più necessaria e rappresenta uno degli obbiettivi pastorali da perseguire con impegno.

Cari e venerati Fratelli, talora l’insieme delle situazioni, con le relative difficoltà, potrebbe far apparire il vostro lavoro improbo e veramente al di sopra delle forze umane. Non temete, il Signore è sempre con voi! Restate pertanto uniti a Lui nella preghiera e nell’ascolto della sua parola. A Maria, la Vergine Madre di Dio e della Chiesa, affido voi e le vostre Comunità, perché vi protegga e vi guidi sempre con mano materna, mentre vi imparto con affetto la Benedizione Apostolica.




INCONTRO DI CONGEDO DALLA DIVERSE COMUNITÀ DI CASTEL GANDOLFO Sala degli Svizzeri Venerdì, 28 settembre 2007

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Cari fratelli e sorelle,

prima di lasciare Castel Gandolfo, desidero rivolgere una parola di cordiale gratitudine a ciascuno di voi, che avete contribuito, in vario modo, a rendere salutare e distensivo questo mio soggiorno estivo. Anzitutto, il mio fraterno saluto va al Vescovo di Albano, Mons. Marcello Semeraro, e si estende con affetto all’intera Diocesi. Saluto poi il Parroco di Castel Gandolfo e la Comunità parrocchiale, come pure le varie Comunità religiose maschili e femminili, che qui vivono ed operano. A ciascuno vorrei dire: il Papa conta sul vostro sostegno spirituale, e vi accompagna con la sua preghiera, perché possiate aderire con costante generosità, alla esigente chiamata alla perfezione evangelica, per servire in letizia e dedizione il Signore e i fratelli.

Vorrei ora, in maniera speciale, ringraziare il Signor Sindaco e i rappresentanti dell’Amministrazione Comunale di Castel Gandolfo. Grazie di cuore per la vostra visita. In questi mesi ho avvertito la vostra vicinanza, e so con quanta cura vi siete occupati di me e di quanti vivono nel Palazzo Apostolico. Tutti conoscono lo stile di cordiale ospitalità che contraddistingue la vostra Città e i suoi abitanti; un’accoglienza che non è riservata solo al Papa, bensì pure ai numerosi pellegrini che vengono a rendergli visita, soprattutto la domenica per il consueto appuntamento dell'Angelus.Vi chiedo, cari amici, di farvi interpreti dei miei grati sentimenti presso l’intera comunità cittadina, che in varie occasioni ho avuto modo di incontrare. A tutti grazie!

Non può certo mancare poi una parola di sincera gratitudine per il personale medico e per gli addetti dei vari Servizi del Governatorato, che in questi mesi hanno lavorato, ciascuno nel proprio settore, con competenza e abnegazione. Cari amici, conosco la vostra disponibilità e i sacrifici che comportano le varie mansioni che siete chiamati a svolgere. Di tutto vi ricompensi il Signore.

Ugualmente, sento il bisogno di rinnovare i miei sentimenti di apprezzamento e di riconoscenza ai funzionari e agli agenti delle diverse Forze dell'Ordine italiane che, con la consueta sollecitudine, hanno affiancato il Corpo della Gendarmeria Vaticana e quello della Guardia Svizzera Pontificia. Grazie per la vostra discreta ed efficiente presenza, che ha facilitato ai pellegrini e ai visitatori l’accesso ordinato e sicuro nel Palazzo Apostolico.

E come, infine, non ricordare gli ufficiali e gli avieri del 31° stormo dell'Aeronautica Militare? Voi, cari amici, adempite un compito quanto mai qualificato e utile, accompagnando me e i miei collaboratori negli spostamenti in elicottero e in aereo. Di questo vostro utile servizio vi sono molto riconoscente.

Cari fratelli e sorelle, mi piacerebbe soffermarmi a parlare con ciascuno di voi, e ringraziarvi personalmente per l’apporto che, con premura e generosità, date al buon funzionamento dell’attività del Papa qui, a Castel Gandolfo. Si tratta spesso di prestazioni nascoste che vi obbligano ad orari faticosi, rimanendo lontano da casa per lunghe ore. In questo modo anche le vostre famiglie sono coinvolte nei sacrifici che dovete affrontare. Per questo, mi preme assicurarvi nuovamente della mia più viva riconoscenza, che estendo ai vostri familiari. Tutti vi porto nell’animo e tutti vi affido alla materna protezione della Beata Vergine Maria, mentre di cuore benedico voi e le persone che vi sono care.





AL PERSONALE DELLE VILLE PONTIFICIE Castel Gandolfo Lunedì, 1° ottobre 2007

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Cari fratelli e sorelle,

con questo incontro si chiude, anche quest’anno, il mio soggiorno estivo a Castel Gandolfo, che voi avete contribuito a rendere proficuo e tranquillo. Questa visita di congedo mi offre pertanto l’opportunità di esprimere a ciascuno di voi la mia viva riconoscenza per il vostro lavoro e per la dedizione con cui lo svolgete. Vi saluto tutti con affetto, ad iniziare dal dottor Saverio Petrillo, Direttore Generale delle Ville Pontificie, e lo ringrazio per le cordiali parole che mi ha indirizzato a nome vostro.

In questi mesi ho potuto, ancora una volta, sperimentare l’efficienza e la generosità dei vostri servizi. Il Signore, fonte di ogni bene, vi ricompensi per lo spirito di sacrificio con cui quotidianamente li svolgete. Con generoso impegno voi apportate un significativo contributo al ministero del Successore di Pietro; un contributo spesso nascosto, ma sempre utile. Continuate ad operare con spirito di fede, perché le vostre attività diventino una testimonianza di amore e di fedeltà a Cristo, che chiama tutti i suoi discepoli a seguirlo, realizzando ciascuno la propria specifica vocazione nella Chiesa e nel mondo.

A tutti voi un cordiale “arrivederci”. Vi assicuro che continuerò a pregare perché Iddio protegga voi e i vostri cari, ed anche voi, cari amici, accompagnatemi sempre con il vostro orante ricordo. In modo speciale quest’oggi, festa degli Angeli Custodi, vi affido all’amorevole protezione di questi spiriti celesti, che il Signore ha posto al nostro fianco. Siano essi a guidarvi e ad accompagnarvi sulla via del bene. Vi ringrazio nuovamente di tutto, e formulo per ognuno di voi voti di vita serena ed operosa. Con tali sentimenti, imparto di cuore a voi qui presenti, come pure alle vostre famiglie, la Benedizione Apostolica, segno della mia costante benevolenza.



A S.E. IL SIGNOR ANTONIO ZANARDI LANDI, AMBASCIATORE D'ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE Giovedì, 4 ottobre 2007

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Signor Ambasciatore!

Accolgo volentieri le Lettere con le quali il Presidente della Repubblica Italiana La accredita quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario presso la Santa Sede. In questa felice circostanza, resa ancora più significativa dalla ricorrenza festiva di san Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, sono lieto di porgerLe il mio cordiale benvenuto. Come Ella ha rilevato, stretti vincoli di cooperazione caratterizzano i rapporti tra la Santa Sede e la Nazione italiana. Innumerevoli sono, al riguardo, le manifestazioni; basti far cenno alla corale testimonianza di accoglienza, di sostegno spirituale e di amicizia che gli Italiani riservano al Sommo Pontefice negli incontri e nelle sue visite a Roma e in altre città della Penisola. In questa vicinanza si esprime concretamente quel particolare legame che da tempo unisce l’Italia al Successore dell’apostolo Pietro, il quale ha la sua sede proprio nell’ambito di questo Paese, non senza un misterioso e provvidenziale disegno di Dio.

Signor Ambasciatore, desidero ringraziarLa per avermi recato il saluto del Signor Presidente della Repubblica, al quale sono grato per i deferenti sentimenti che in diverse circostanze ha avuto modo di esprimermi. Ricambio il suo saluto, unendo l’augurio che il Popolo italiano, fedele ai principi che ne hanno ispirato il cammino nel passato, sappia anche in questo tempo, segnato da vasti e profondi mutamenti, continuare ad avanzare sulla via dell’autentico progresso. L’Italia potrà così offrire alla Comunità internazionale un prezioso contributo, promuovendo quei valori umani e cristiani, che costituiscono un irrinunciabile patrimonio ideale e che hanno dato vita alla sua cultura e alla sua storia civile e religiosa. Da parte sua la Chiesa cattolica non cesserà di offrire alla società civile, come già in passato, il suo apporto specifico, promuovendo ed elevando quello che di vero, buono e bello si trova in essa, illuminando tutti i settori dell’attività umana con i mezzi che sono conformi al Vangelo e in armonia con il bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni.

In tal modo si realizza, infatti, quel principio enunciato dal Concilio Vaticano II, secondo cui “la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane” (Gaudium et Spes
GS 76). Tale principio, che è autorevolmente presentato anche dalla Costituzione della Repubblica Italiana (cfr art. 7), fonda le relazioni tra la Santa Sede e lo Stato Italiano, come ribadito anche nell’Accordo che nel 1984 ha apportato modifiche al Concordato Lateranense. In esso vengono così riaffermate sia l’indipendenza e la sovranità dello Stato e della Chiesa, sia la reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e del bene dell’intera comunità nazionale. Nel perseguire tale obbiettivo, la Chiesa non si propone mire di potere, né pretende privilegi o aspira a posizioni di vantaggio economico e sociale. Suo solo scopo è servire l’uomo, ispirandosi, come norma suprema di condotta, alle parole e all’esempio di Gesù Cristo che “passò beneficando e risanando tutti” (Ac 10,38). Pertanto, la Chiesa cattolica chiede di essere considerata per la sua specifica natura e di poter svolgere liberamente la sua peculiare missione per il bene non solo dei propri fedeli, ma di tutti gli Italiani.

Proprio per questo, come ebbi ad affermare lo scorso anno in occasione del Convegno ecclesiale di Verona, “la Chiesa non è e non intende essere un agente politico. Nello stesso tempo ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia, e le offre a un duplice livello il suo contributo specifico”. Ed aggiungevo che “la fede cristiana purifica la ragione e l’aiuta ad essere meglio se stessa: con la sua dottrina sociale pertanto, argomentata a partire da ciò che è conforme alla natura di ogni essere umano, la Chiesa contribuisce a far sì che ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato. A tal fine sono chiaramente indispensabili le energie morali e spirituali che consentano di anteporre le esigenze della giustizia agli interessi personali, o di una categoria sociale, o anche di uno Stato: qui c’è per la Chiesa uno spazio assai ampio, per radicare queste energie nelle coscienze, alimentarle e irrobustirle” (Insegnamenti di Benedetto XVI, II, 2 [2006], p. 475). Formulo di cuore l’auspicio che la collaborazione tra tutte le componenti della stimata Nazione che Ella rappresenta, contribuisca non solo a custodire gelosamente l’eredità culturale e spirituale che la contraddistingue e che fa parte integrante della sua storia, ma sia ancor più stimolo a ricercare vie nuove per affrontare in modo adeguato le grandi sfide che contrassegnano l’epoca post-moderna. Tra queste, mi limito a citare la difesa della vita dell’uomo in ogni sua fase, la tutela di tutti i diritti della persona e della famiglia, la costruzione di un mondo solidale, il rispetto del creato, il dialogo interculturale e interreligioso.

Al riguardo, Ella, Signor Ambasciatore, ha voluto già sottolineare come l’armonia dei rapporti tra Stato e Chiesa abbia permesso il conseguimento di importanti obbiettivi nel promuovere un umanesimo integrale. Certamente, molto resta da fare, e il 60° anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, che cadrà nel prossimo anno, potrà costituire un’utile occasione per l’Italia di offrire il proprio apporto alla creazione, in campo internazionale, di un giusto ordine al cui centro ci sia sempre il rispetto per l’uomo, per la sua dignità e per i suoi inalienabili diritti. A questo facevo riferimento nel Messaggio per la Celebrazione della Giornata Mondiale della Pace di quest’anno dicendo: “A tale Dichiarazione si guarda come ad una sorta di impegno morale assunto dall’umanità intera. Ciò ha una sua profonda verità soprattutto se i diritti descritti nella Dichiarazione sono considerati come aventi fondamento non semplicemente nella decisione dell’assemblea che li ha approvati, ma nella natura stessa dell’uomo e nella sua inalienabile dignità di persona creata da Dio”. Notavo poi che “è importante che gli Organismi internazionali non perdano di vista il fondamento naturale dei diritti dell’uomo. Ciò li sottrarrà al rischio, purtroppo sempre latente, di scivolare verso una loro interpretazione solo positivistica. Se ciò accadesse, gli Organismi internazionali risulterebbero carenti dell’autorevolezza necessaria per svolgere il ruolo di difensori dei diritti fondamentali della persona umana e dei popoli, principale giustificazione del loro stesso esistere ed operare” (n. 13). L’Italia, in virtù della sua recente elezione quale membro del Consiglio per i Diritti Umani e ancor più per la sua peculiare tradizione di umanità e generosità, non può non sentirsi impegnata in un’opera infaticabile di costruzione della pace e di difesa della dignità della persona umana e di tutti i suoi inalienabili diritti, compreso quello della libertà religiosa.

Signor Ambasciatore, concludendo queste mie riflessioni, vorrei assicurarLe la stima ed il sostegno mio e dei miei collaboratori, perché Ella possa portare a felice compimento l’alta missione che Le è stata affidata. Invoco, a tale fine, la celeste intercessione del Poverello di Assisi, di santa Caterina da Siena e specialmente la materna protezione di Maria “Castellana d’Italia”, mentre sono lieto di impartire a Lei, alla Sua famiglia e all’amato Popolo italiano una speciale Benedizione Apostolica.





AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE Sala dei Papi Venerdì, 5 ottobre 2007

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Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato,
illustri Professori e cari Collaboratori,

è con particolare piacere che vi accolgo al termine dei lavori della vostra annuale Sessione Plenaria. Desidero innanzitutto esprimere un sentito ringraziamento per le parole di omaggio che, a nome di tutti Ella, Signor Cardinale, in qualità di Presidente della Commissione Teologica Internazionale, ha voluto rivolgermi nel suo indirizzo di saluto. I lavori di questo settimo “quinquennio” della Commissione Teologica Internazionale, come Lei Signor Cardinale ha ricordato, hanno dato già un frutto concreto con la pubblicazione del documento “La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo”. In esso si tratta questo argomento nel contesto della volontà salvifica universale di Dio, dell'universalità della mediazione unica di Cristo, del primato della grazia divina e della sacramentalità della Chiesa. Confido che tale documento possa costituire un punto di riferimento utile per i Pastori della Chiesa e per i teologi, ed anche un aiuto e una sorgente di consolazione per i fedeli che hanno sofferto nelle loro famiglie la morte inattesa di un bambino prima che ricevesse il lavacro della rigenerazione. Le vostre riflessioni potranno essere anche occasione di ulteriori approfondimenti e ricerche sull'argomento. Occorre infatti penetrare sempre più a fondo nella comprensione delle diverse manifestazioni dell'amore di Dio, che ci è stato rivelato in Cristo, verso tutti gli uomini, specialmente verso i più piccoli e i più poveri.

Mi congratulo con voi per i risultati già raggiunti e allo stesso tempo vi incoraggio a proseguire con impegno lo studio degli altri temi proposti per questo quinquennio e sui quali avete già lavorato negli anni passati e in questa Sessione Plenaria. Essi sono, come Lei Signor Cardinale ha ricordato, i fondamenti della legge morale naturale e i principi della teologia e del suo metodo. In occasione dell’Udienza del 1° dicembre 2005, presentai alcune linee fondamentali del lavoro che il teologo deve svolgere in comunione con la voce viva della Chiesa sotto la guida del Magistero. Vorrei soffermarmi in special modo ora sul tema della legge morale naturale. Come probabilmente è noto, su invito della Congregazione per la Dottrina della Fede si sono tenuti o si stanno organizzando, da parte di diversi centri universitari e associazioni, simposi o giornate di studio al fine di individuare linee e convergenze utili per un approfondimento costruttivo ed efficace della dottrina sulla legge morale naturale. Tale invito ha trovato finora accoglienza positiva e notevole eco. E’ quindi con grande interesse che si attende il contributo della Commissione Teologica Internazionale, mirato soprattutto a giustificare e illustrare i fondamenti di un'etica universale, appartenente al grande patrimonio della sapienza umana, che in qualche modo costituisce una partecipazione della creatura razionale alla legge eterna di Dio. Non si tratta quindi di un tema di tipo esclusivamente o prevalentemente confessionale, anche se la dottrina sulla legge morale naturale viene illuminata e sviluppata in pienezza alla luce della Rivelazione cristiana e del compimento dell'uomo nel mistero di Cristo.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica riassume bene il contenuto centrale della dottrina sulla legge naturale, rilevando che essa “indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale. Ha come perno l'aspirazione e la sottomissione a Dio, fonte e giudice di ogni bene, e altresì il senso dell'altro come uguale a se stesso. Nei suoi precetti principali essa è esposta nel Decalogo. Questa legge è chiamata naturale non in rapporto alla natura degli esseri irrazionali, ma perché la ragione che la promulga è propria della natura umana” (n. 1955). Con questa dottrina si raggiungono due finalità essenziali: da una parte, si comprende che il contenuto etico della fede cristiana non costituisce un'imposizione dettata dall’esterno alla coscienza dell'uomo, ma una norma che ha il suo fondamento nella stessa natura umana; dall'altra, partendo dalla legge naturale di per sé accessibile ad ogni creatura razionale, si pone con essa la base per entrare in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà e, più in generale, con la società civile e secolare.

Ma proprio a motivo dell'influsso di fattori di ordine culturale e ideologico, la società civile e secolare oggi si trova in una situazione di smarrimento e di confusione: si è perduta l'evidenza originaria dei fondamenti dell'essere umano e del suo agire etico e la dottrina della legge morale naturale si scontra con altre concezioni che ne sono la diretta negazione. Tutto ciò ha enormi e gravi conseguenze nell'ordine civile e sociale. Presso non pochi pensatori sembra oggi dominare una concezione positivista del diritto. Secondo costoro, l'umanità, o la società, o di fatto la maggioranza dei cittadini, diventa la fonte ultima della legge civile. Il problema che si pone non è quindi la ricerca del bene, ma quella del potere, o piuttosto dell'equilibrio dei poteri. Alla radice di questa tendenza vi è il relativismo etico, in cui alcuni vedono addirittura una delle condizioni principali della democrazia, perché il relativismo garantirebbe la tolleranza e il rispetto reciproco delle persone. Ma se fosse così, la maggioranza di un momento diventerebbe l’ultima fonte del diritto. La storia dimostra con grande chiarezza che le maggioranze possono sbagliare. La vera razionalità non è garantita dal consenso di un gran numero, ma solo dalla trasparenza della ragione umana alla Ragione creatrice e dall’ascolto comune di questa Fonte della nostra razionalità.

Quando sono in gioco le esigenze fondamentali della dignità della persona umana, della sua vita, dell'istituzione familiare, dell'equità dell'ordinamento sociale, cioè i diritti fondamentali dell'uomo, nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta dal Creatore nel cuore dell'uomo, senza che la società stessa venga drammaticamente colpita in ciò che costituisce la sua base irrinunciabile. La legge naturale diventa così la vera garanzia offerta ad ognuno per vivere libero e rispettato nella sua dignità, e difeso da ogni manipolazione ideologica e da ogni arbitrio e sopruso del più forte. Nessuno può sottrarsi a questo richiamo. Se per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo e il relativismo etico giungessero a cancellare i principi fondamentali della legge morale naturale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe ferito radicalmente nelle sue fondamenta. Contro questo oscuramento, che è crisi della civiltà umana, prima ancora che cristiana, occorre mobilitare tutte le coscienze degli uomini di buona volontà, laici o anche appartenenti a religioni diverse dal Cristianesimo, perché insieme e in modo fattivo si impegnino a creare, nella cultura e nella società civile e politica, le condizioni necessarie per una piena consapevolezza del valore inalienabile della legge morale naturale. Dal rispetto di essa infatti dipende l’avanzamento dei singoli e della società sulla strada dell’autentico progresso in conformità con la retta ragione, che è partecipazione alla Ragione eterna di Dio.

Carissimi, con riconoscenza esprimo a voi tutti apprezzamento per la dedizione che vi contraddistingue e stima per il lavoro svolto e che state svolgendo. Nel porgervi i miei auguri per i vostri futuri impegni, vi imparto con affetto la mia Benedizione.






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