Discorsi 2005-13 8028

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI COSTA RICA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala Clementina Venerdì, 8 febbraio 2008

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Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Mi colma di gioia ricevervi al termine della vostra visita ad limina, il che mi offre l'opportunità di salutarvi tutti insieme e di animarvi nella speranza, tanto necessaria per il ministero che vi è stato affidato e che esercitate con generosità. Ringrazio per le sue parole il Presidente della Conferenza Episcopale, monsignor José Francisco Ulloa Rojas, che ha voluto presentare le sfide e le speranze che incontrate nella vostra attività pastorale ed esprimere la vostra vicinanza e la vostra stretta comunione con il Vescovo di Roma, Sede "nella quale risiede da sempre il primato della Cattedra Apostolica" (Sant'Agostino,
Ep 43, 3, 7).

Questo incontro è in un certo modo nuovo per alcuni di voi, unitisi di recente al collegio episcopale, per altri sono nuove le Chiese particolari che portano nel loro cuore e per tutti è nuovo anche il volto del Successore di Pietro. È una novità che può contribuire a conferire maggiore intensità ai propositi di questa visita, fra i quali risalta il rinnovare sulle tombe di San Pietro e di San Paolo la fede in Cristo Gesù, trasmessa dagli Apostoli, e che spetta a voi custodire quali loro successori. Allo stesso tempo, deve contribuire a ravvivare la vostra "sollecitudine per tutta la Chiesa" (cfr Lumen gentium LG 23), contribuendo così ad allargare il cuore di tutti i credenti con la prospettiva di universalità propria del messaggio cristiano.

2. Avete dinanzi a voi il compito di cercare nuovi modi di annunciare Cristo in una situazione di rapide e spesso profonde trasformazioni, accentuando il carattere missionario di ogni attività pastorale. In tal senso, la recente Conferenza dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, celebrata ad Aparecida, ha messo in evidenza come l'accogliere e il fare proprio il messaggio del Vangelo sia un compito che spetta a ogni persona e a ogni generazione, nelle diverse circostanze e fasi della vita.

Il popolo di Costa Rica ha inoltre bisogno di rivitalizzare costantemente le sue antiche e profonde radici cristiane, la sua vigorosa religiosità popolare e la sua profonda pietà mariana, affinché rechino frutti di una vita degna dei discepoli di Gesù, alimentata dalla preghiera e dai sacramenti, dalla coerenza dell'esistenza quotidiana con la fede professata e dall'impegno di partecipare attivamente alla missione di "aprire il mondo perché entri Dio e, in questo modo, la verità, l'amore, il bene" (cfr Spe salvi ).

3. Il Signore in Costa Rica è stato prodigo con la sua vigna, dove vi è un buon numero di sacerdoti che sono i principali collaboratori del vescovo nel suo ministero pastorale. Per questo essi hanno bisogno, oltre che di orientamenti e di criteri chiari, di una formazione costante e di sostegno nell'esercizio del loro ministero, una vicinanza propria di "figli e amici" (Lumen gentium LG 28), che giunga al loro cuore, incoraggiandoli nei loro sforzi, aiutandoli nelle loro difficoltà e, se fosse necessario, correggendo e ponendo rimedio a eventuali situazioni che oscurano l'immagine del sacerdozio e della Chiesa stessa.

Questo grande patrimonio di tutta la Chiesa particolare si custodisce e si arricchisce con un'accurata attenzione per i seminaristi, la cui idoneità richiede un discernimento rigoroso, e ai quali non basta una formazione astratta e formale, poiché si preparano a vivere loro stessi le parole dell'Apostolo: "quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è con il Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1Jn 1,3). Si tratta inoltre di una prospettiva che può suscitare nei giovani l'entusiasmo per Gesù e per la sua missione salvifica, facendo nascere nel loro cuore il desiderio di partecipare ad essa come sacerdoti e consacrati.

4. Cari vescovi, conoscete bene i rischi di una vita di fede debole e superficiale quando si confronta con lusinghe come il proselitismo delle sette e dei gruppi pseudoreligiosi, con le tante promesse di un benessere facile e immediato, ma che sfociano nel disinganno e nella delusione, o con la diffusione di ideologie che proclamano di elevare l'essere umano, ma che in realtà lo banalizzano. In una situazione come questa, acquisisce un valore inestimabile l'annuncio della "grande speranza dell'uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, (e che) può essere solo Dio - il Dio che ci ha amati e che ci ama tuttora" (Spe salvi ).

Una testimonianza viva di questa speranza, che eleva l'animo e dà forza nelle preoccupazioni della vita umana, spetta in modo particolare ai religiosi, alle religiose e alle persone consacrate, che per la loro vocazione sono chiamati prima di tutto a essere segno del "mistero del Regno di Dio che già opera nella storia" (Vita consecrata VC 1). Perciò sono un dono prezioso per la Chiesa "come elemento decisivo per la sua missione, giacché "esprime l'intima natura della vocazione cristiana"" (Ibidem, n. 3), e bisogna pertanto ringraziare il Signore per la loro presenza in ogni Chiesa particolare.

Anche ai fedeli laici spetta partecipare a questa missione secondo la loro vocazione specifica, ed è bello constatare la loro efficace collaborazione nel mantenere e diffondere la fiamma della fede mediante la catechesi e la cooperazione con le parrocchie e le diverse organizzazioni pastorali delle diocesi. Meritano senza dubbio la gratitudine, l'incoraggiamento e l'attenzione costante dei loro pastori, perché ricevano sempre e in modo sistematico una formazione cristiana salda, tenendo conto anche del fatto che sono loro ad essere chiamati a portare i valori cristiani ai diversi settori della società, al mondo del lavoro, della convivenza civile o della politica. In effetti, l'ordine temporale è un loro obbligo (cfr Apostolicam actuositatem AA 7), a loro spetta "configurare rettamente la vita sociale, rispettandone la legittima autonomia e cooperando con gli altri cittadini secondo le rispettive competenze e sotto la propria responsabilità" (Deus caritas est ).

Riguardo ai catechisti e agli animatori delle comunità in particolare, è opportuno ricordare l'esigenza di accompagnare la trasmissione della retta dottrina con la testimonianza personale, con il fermo impegno di vivere secondo i mandati del Signore e con l'esperienza viva di essere membri fedeli e attivi della Chiesa. In effetti, questo esempio di vita è necessario affinché la loro istruzione non si riduca a una mera trasmissione di conoscenze teoriche sui misteri di Dio, ma conduca ad adottare uno stile di vita cristiano. Ciò è decisivo già nella Chiesa antica, quando si esamina alla fine se i catecumeni "hanno vissuto correttamente il loro catecumenato, se hanno onorato le vedove, se hanno visitato i malati, se hanno compiuto opere buone" (Traditio Apostolica, n. 20).

5. A giusto titolo ci preoccupa il crescente deterioramento dell'istituzione familiare, con gravi ripercussioni sia sul tessuto sociale sia sulla vita ecclesiale. A tale riguardo, è necessario promuovere il bene della famiglia e difendere i suoi diritti presso gli organismi pertinenti, come anche sviluppare un'attenzione pastorale che la tuteli e la aiuti in modo diretto nelle sue difficoltà. È pertanto di estrema importanza un'adeguata catechesi prematrimoniale, e anche una vicinanza quotidiana che rechi coraggio a ogni focolare domestico e faccia risuonare in esso il saluto di Gesù: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa" (Lc 19,9). Non bisogna dimenticare i gruppi di coniugi e di famiglie che devono aiutarsi reciprocamente a realizzare la loro alta e indispensabile vocazione, e neppure i servizi specifici che alleviano situazioni dolorose, create dall'abbandono della convivenza, dalla precarietà economica o dalla violenza domestica, di cui sono vittime soprattutto le donne.

6. Al termine di questo incontro, desidero assicurarvi della mia particolare vicinanza, insieme alle mie preghiere al Signore per il vostro ministero. Vi chiedo di essere forieri del mio affetto ai vostri fedeli, in particolare ai sacerdoti, alle comunità religiose e alle persone consacrate, e anche ai catechisti e a quanti sono impegnati nell'appassionante compito di portare e mantenere viva la luce di Cristo in questa benedetta terra di Costa Rica.

Chiedo alla Santissima Vergine Maria, che i costaricani invocano con tanta devozione con il titolo di Nuestra Señora de los Ángeles, di proteggere i suoi figli in questa amata Nazione, e di portarli con tenerezza a conoscere e ad amare sempre più il suo Figlio divino. A loro e a voi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.



AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE "DONNA E UOMO, L’HUMANUM NELLA SUA INTEREZZA" Sala Clementina Sabato, 9 febbraio 2008

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Cari fratelli e sorelle!

Con vero piacere accolgo e saluto tutti voi, che prendete parte al Convegno internazionale sul tema: "Donna e uomo, l'humanum nella sua interezza", organizzato in occasione del XX anniversario della pubblicazione della Lettera apostolica Mulieris dignitatem. Saluto il Signor Cardinale Stanislaw Rylko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, e gli sono grato per essersi fatto interprete dei comuni sentimenti. Saluto il Segretario, Mons. Josef Clemens, i membri e i collaboratori del Dicastero. In particolare, saluto le donne, che sono la grande maggioranza dei presenti, e che hanno arricchito con la loro esperienza e competenza i lavori congressuali.

L’argomento sul quale state riflettendo è di grande attualità: dalla seconda metà del XX secolo sino ad oggi, il movimento di valorizzazione della donna nelle varie istanze della vita sociale ha suscitato innumerevoli riflessioni e dibattiti, ed ha visto il moltiplicarsi di tante iniziative che la Chiesa Cattolica ha seguito e spesso accompagnato con attento interesse. Il rapporto uomo-donna nella rispettiva specificità, reciprocità e complementarità costituisce senz’altro un punto centrale della "questione antropologica", così decisiva nella cultura contemporanea. Numerosi gli interventi e i documenti pontifici che hanno toccato la realtà emergente della questione femminile. Mi limito a ricordare quelli dell’amato mio predecessore Giovanni Paolo II, il quale, nel giugno del 1995, volle scrivere una Lettera alle donne, mentre il 15 agosto del 1988, esattamente venti anni or sono, pubblicò la Lettera apostolica Mulieris dignitatem. Questo testo sulla vocazione e dignità della donna, di grande ricchezza teologica, spirituale e culturale, a sua volta ha ispirato la Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Nella Mulieris dignitatem, Giovanni Paolo II ha voluto approfondire le verità antropologiche fondamentali dell’uomo e della donna, l’uguaglianza in dignità e l’unità dei due, la radicata e profonda diversità tra il maschile e il femminile e la loro vocazione alla reciprocità e alla complementarità, alla collaborazione e alla comunione (cfr n. 6). Questa unità-duale dell’uomo e della donna si basa sul fondamento della dignità di ogni persona, creata a immagine e somiglianza di Dio, il quale "maschio e femmina li creò" (
Gn 1,27), evitando tanto una uniformità indistinta e una uguaglianza appiattita e impoverente quanto una differenza abissale e conflittuale (cfr Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, 8). Questa unità duale porta con sé, iscritta nei corpi e nelle anime, la relazione con l'altro, l'amore per l'altro, la comunione inter-personale che indica "che nella creazione dell'uomo è stata iscritta anche una certa somiglianza della comunione divina" (n. 7). Quando, pertanto, l'uomo o la donna pretendono di essere autonomi e totalmente auto-sufficienti, rischiano di restare rinchiusi in un’auto-realizzazione che considera come conquista di libertà il superamento di ogni vincolo naturale, sociale o religioso, ma che di fatto li riduce a una solitudine opprimente. Per favorire e sostenere la reale promozione della donna e dell’uomo non si può non tener conto di questa realtà.

Occorre certamente una rinnovata ricerca antropologica che, sulla base della grande tradizione cristiana, incorpori i nuovi progressi della scienza e il dato delle odierne sensibilità culturali, contribuendo in tal modo ad approfondire non solo l'identità femminile ma anche quella maschile, essa pure oggetto non raramente di riflessioni parziali e ideologiche. Di fronte a correnti culturali e politiche che cercano di eliminare, o almeno di offuscare e confondere, le differenze sessuali iscritte nella natura umana considerandole una costruzione culturale, è necessario richiamare il disegno di Dio che ha creato l'essere umano maschio e femmina, con un’unità e allo stesso tempo una differenza originaria e complementare. La natura umana e la dimensione culturale si integrano in un processo ampio e complesso che costituisce la formazione della propria identità, dove entrambe le dimensioni, quella femminile e quella maschile, si corrispondono e si completano.

Aprendo i lavori della V Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-Americano e dei Caraibi, nel maggio dello scorso anno in Brasile, ho avuto modo di ricordare come persista ancora una mentalità maschilista, che ignora la novità del cristianesimo, il quale riconosce e proclama l'uguale dignità e responsabilità della donna rispetto all'uomo. Ci sono luoghi e culture dove la donna viene discriminata o sottovalutata per il solo fatto di essere donna, dove si fa ricorso persino ad argomenti religiosi e a pressioni familiari, sociali e culturali per sostenere la disparità dei sessi, dove si consumano atti di violenza nei confronti della donna rendendola oggetto di maltrattamenti e di sfruttamento nella pubblicità e nell'industria del consumo e del divertimento. Dinanzi a fenomeni così gravi e persistenti ancor più urgente appare l’impegno dei cristiani perché diventino dovunque promotori di una cultura che riconosca alla donna, nel diritto e nella realtà dei fatti, la dignità che le compete.

Dio affida alla donna e all’uomo, secondo le proprie peculiarità, una specifica vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo. Penso qui alla famiglia, comunità di amore aperto alla vita, cellula fondamentale della società. In essa la donna e l’uomo, grazie al dono della maternità e della paternità, svolgono insieme un ruolo insostituibile nei confronti della vita. Sin dal loro concepimento i figli hanno il diritto di poter contare sul padre e sulla madre che si prendano cura di loro e li accompagnino nella loro crescita. Lo Stato, da parte sua, deve appoggiare con adeguate politiche sociali tutto ciò che promuove la stabilità e l'unità del matrimonio, la dignità e la responsabilità dei coniugi, il loro diritto e compito insostituibile di educatori dei figli. Inoltre, è necessario che anche alla donna sia reso possibile collaborare alla costruzione della società, valorizzando il suo tipico "genio femminile".

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio ancora una volta per questa vostra visita e, mentre auspico pieno successo ai lavori del Convegno, vi assicuro un ricordo nella preghiera, invocando la materna intercessione di Maria, perché aiuti le donne del nostro tempo a realizzare la loro vocazione e la loro missione nella comunità ecclesiale e civile. Con tali voti, imparto a voi qui presenti e alle persone a voi care una speciale Benedizione Apostolica.



AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE DELLA FEDERAZIONE ITALIANA ESERCIZI SPIRITUALI Sala Clementina Sabato, 9 febbraio 2008

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Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di incontrarvi al termine dell’Assemblea nazionale della Federazione Italiana Esercizi Spirituali (FIES). Saluto il Presidente, Cardinale Salvatore De Giorgi e lo ringrazio per le cortesi parole con cui si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto i Vescovi delegati delle Conferenze Episcopali regionali, i membri della Presidenza e del Consiglio Nazionale, i Delegati regionali e diocesani, i Direttori di alcune Case di Esercizi Spirituali e il gruppo di animatori di Esercizi per giovani. Il tema della vostra Assemblea, "Per una spiritualità cristiana autenticamente eucaristica", lo avete ricavato dal mio invito rivolto a tutti i Pastori della Chiesa nella conclusione dell’Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis (cfr n. 94), che è stata al centro delle diverse relazioni e dei gruppi di studio. Tale scelta tematica manifesta quanto vi stia a cuore accogliere, in spirito di fede, il Magistero del Papa, per integrarlo nelle iniziative di studio e tradurlo correttamente nella prassi pastorale. Per la stessa ragione, nei vostri lavori avete tenuto presenti le due Encicliche Deus caritas est e Spe salvi.

Lo Statuto della FIES afferma chiaramente che essa ha come fine di "far conoscere e promuovere in tutti i modi possibili e nel rispetto della normativa canonica gli Esercizi Spirituali, intesi come un’esperienza forte di Dio in un clima di ascolto della Parola di Dio in ordine a una conversione e donazione sempre più totale a Cristo e alla Chiesa" (art. 2). Per questo "riunisce con libera adesione quanti, in Italia, si occupano di Esercizi Spirituali nel contesto della pastorale dei tempi dello Spirito" (ibid.). La vostra Federazione intende dunque incrementare la spiritualità come fondamento e anima di tutta la pastorale. Essa è nata ed è cresciuta facendo tesoro delle esortazioni sulla necessità della preghiera e sul primato della vita spirituale, insistentemente offerte dai miei venerati Predecessori, i Servi di Dio Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Seguendo le loro orme anch’io, nell’Enciclica Deus caritas est ho voluto "riaffermare l’importanza della preghiera di fronte all’attivismo e all’incombente secolarismo di molti cristiani impegnati nel lavoro caritativo" (n. 37), e nella Spe salvi ho annoverato la preghiera al primo posto tra "i luoghi di apprendimento e di esercizio della speranza" (nn. 32-34). L’insistenza sulla necessità della preghiera è infatti sempre attuale e urgente.

In Italia, mentre crescono e si diffondono provvidenzialmente molteplici iniziative di spiritualità soprattutto tra i giovani, sembra invece decrescere il numero di coloro che partecipano a veri corsi di Esercizi Spirituali, e questo si verificherebbe anche tra i sacerdoti e i membri degli Istituti di Vita Consacrata. Vale pertanto la pena ricordare che gli "Esercizi" sono un’esperienza dello spirito con caratteristiche proprie e specifiche, ben riassunte in una vostra definizione, che mi piace richiamare: "Una forte esperienza di Dio, suscitata dall’ascolto della sua Parola, compresa e accolta nel proprio vissuto personale, sotto l’azione dello Spirito Santo, la quale, in un clima di silenzio, di preghiera e con la mediazione di una guida spirituale, dona capacità di discernimento in ordine alla purificazione del cuore, alla conversione della vita, alla sequela di Cristo, per il compimento della propria missione nella Chiesa e nel mondo". Accanto ad altre pur lodevoli forme di ritiro spirituale è bene che non venga meno la partecipazione agli Esercizi Spirituali, caratterizzati da quel clima di silenzio completo e profondo che favorisce l’incontro personale e comunitario con Dio e la contemplazione del volto di Cristo. Su questa esigenza, che i miei Predecessori ed io stesso abbiamo più volte richiamato, non si insisterà mai sufficientemente.

In un’epoca in cui sempre più forte è l’influenza della secolarizzazione e, d’altra parte, si avverte un diffuso bisogno di incontrare Dio, non venga meno la possibilità di offrire spazi di intenso ascolto della sua Parola nel silenzio e nella preghiera. Luoghi privilegiati per tale esperienza spirituale sono specialmente le case di Esercizi Spirituali, che vanno, a questo scopo, sostenute materialmente e fornite di personale adeguato. Incoraggio i Pastori delle varie comunità a preoccuparsi perché non manchino nelle Case di Esercizi responsabili ed operatori ben formati, guide, animatori ed animatrici disponibili e preparati, dotati di quelle qualità dottrinali e spirituali che ne facciano dei veri maestri di spirito, esperti e appassionati della Parola di Dio e fedeli al Magistero della Chiesa. Un buon corso di Esercizi Spirituali contribuisce a rinnovare in chi vi prende parte la gioia e il gusto della Liturgia, in particolare della dignitosa celebrazione delle Ore e soprattutto dell’Eucaristia; aiuta a riscoprire l’importanza del Sacramento della Penitenza, approdo del cammino di conversione e dono di riconciliazione, come pure il valore e il significato dell’Adorazione eucaristica. Durante gli Esercizi è possibile recuperare con frutto anche il senso pieno ed autentico del santo Rosario e della pia pratica della Via Crucis.

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per il servizio prezioso che rendete alla Chiesa e per l’impegno che dispiegate affinché in Italia la "rete" degli Esercizi Spirituali sia sempre più capillare e qualificata. Da parte mia assicuro un ricordo al Signore mentre, invocando l’intercessione di Maria Santissima, imparto a tutti voi ed ai vostri collaboratori la Benedizione Apostolica.




CONCLUSIONE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI DELLA CURIA ROMANA: Cappella "Redemptoris Mater" Sabato, 16 febbraio 2008

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Cari fratelli,

alla fine di questi giorni di Esercizi spirituali vorrei dire di tutto cuore grazie a Lei, Eminenza, per la Sua guida spirituale offerta con tanta competenza teologica e con tanta profondità spirituale. Dal mio angolo di visuale ho sempre avuto davanti agli occhi l'immagine di Gesù in ginocchio davanti a San Pietro per lavargli i piedi. Attraverso le Sue meditazioni questa immagine ha parlato a me. Ho visto che proprio qui, in questo comportamento, in questo atto di estrema umiltà si realizza il nuovo sacerdozio di Gesù. E si realizza proprio nell'atto della solidarietà con noi, con le nostre debolezze, la nostra sofferenza, le nostre prove, fino alla morte. Così ho visto con occhi nuovi anche le vesti rosse di Gesù, che ci parlano del suo sangue. Lei, Signor Cardinale, ci ha insegnato come il sangue di Gesù era, a causa della sua preghiera, "ossigenato" dallo Spirito Santo. E così è divenuto forza di risurrezione e fonte di vita per noi.

Ma non potevo non meditare anche la figura di San Pietro con il dito alla fronte. È il momento nel quale egli prega il Signore di lavargli non solo i piedi ma anche la testa e le mani. Mi sembra che esprima — al di là di quel momento — la difficoltà di san Pietro e di tutti i discepoli del Signore di capire la sorprendente novità del sacerdozio di Gesù, di questo sacerdozio che è proprio abbassamento, solidarietà con noi, e così ci apre l'accesso al vero santuario, il corpo risorto di Gesù.

In tutto il tempo del suo discepolato e, mi sembra, fino alla sua propria crocifissione, San Pietro ha dovuto ascoltare sempre di nuovo Gesù, per entrare più in profondità nel mistero del suo sacerdozio, del sacerdozio di Cristo comunicato agli apostoli e ai loro successori.

In questo senso, la figura di Pietro mi pare come la figura di noi tutti in questi giorni. Lei, Eminenza, ci ha aiutato ad ascoltare la voce del Signore, ad imparare così di nuovo che cosa è il suo e il nostro sacerdozio. Ci ha aiutato ad entrare nella partecipazione al sacerdozio di Cristo e così anche a ricevere il nuovo cuore, il cuore di Gesù, come centro del mistero della nuova Alleanza.

Grazie per tutto questo, Eminenza. Le Sue parole e le Sue meditazioni ci accompagneranno in questo tempo di Quaresima nel nostro cammino verso la Pasqua del Signore. In questo senso auguro a tutti voi, cari fratelli, una buona Quaresima, feconda spiritualmente, perché possiamo realmente arrivare nella Pasqua ad una sempre più profonda partecipazione al sacerdozio del nostro Signore.



AI MEMBRI DEL CONSIGLIO PER I RAPPORTI TRA LA CONGREGAZIONE PER GLI IVC E LE SVA E LE UNIONI INTERNAZIONALI DEI SUPERIORI E DELLE SUPERIORE GENERALI Sala del Concistoro Lunedì, 18 febbraio 2008

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Cari fratelli e sorelle,

al termine di questa mattinata di comune riflessione su alcuni aspetti particolarmente attuali e importanti della Vita Consacrata in questo nostro tempo, vorrei anzitutto ringraziare il Signore che ci ha offerto la possibilità di questo incontro molto proficuo per tutti. Abbiamo avuto modo di analizzare insieme le potenzialità e le attese, le speranze e le difficoltà che incontrano oggi gli Istituti di Vita Consacrata. Ho ascoltato con grande attenzione ed interesse le vostre testimonianze, le vostre esperienze ed ho preso nota delle vostre domande. Avvertiamo tutti come nella moderna società globalizzato divenga sempre più difficile annunciare e testimoniare il Vangelo. Se questo vale per tutti i battezzati, a più forte ragione è vero per le persone che Gesù chiama alla sua sequela in modo più radicale attraverso la consacrazione religiosa. Il processo di secolarizzazione che avanza nella cultura contemporanea non risparmia infatti purtroppo nemmeno le comunità religiose.

Non bisogna tuttavia lasciarsi prendere dallo scoraggiamento perché se oggi, come è stato opportunamente ricordato, non poche nubi si addensano all’orizzonte della vita religiosa, stanno emergendo,ed anzi sono in costante crescita, segnali di un provvidenziale risveglio, che suscita motivi di consolante speranza. Lo Spirito Santo soffia potentemente dappertutto nella Chiesa suscitando un nuovo impegno di fedeltà negli Istituti storici ed insieme a nuove forme di consacrazione religiosa in consonanza con le esigenze dei tempi. Oggi, come in ogni epoca, non mancano anime generose disposte ad abbandonare tutti e tutto per abbracciare Cristo e il suo Vangelo, consacrando al suo servizio la loro esistenza entro comunità segnate da entusiasmo, generosità e gioia. Quel che contraddistingue queste nuove esperienze di Vita Consacrata è il desiderio comune, condiviso con pronta adesione, di povertà evangelica praticata in modo radicale, di amore fedele alla Chiesa, di generosa dedizione verso il prossimo bisognoso, con speciale attenzione per quelle povertà spirituali che contraddistinguono in maniera marcata l’epoca contemporanea.

Più volte anch’io, come già i miei venerati Predecessori, ho voluto ribadire che gli uomini d’oggi avvertono un forte richiamo religioso e spirituale, ma sono pronti ad ascoltare e seguire solo chi testimonia con coerenza la propria adesione a Cristo. Ed è interessante notare che sono ricchi di vocazioni proprio quegli Istituti che hanno conservato o hanno scelto un tenore di vita, spesso molto austero, e comunque fedele al Vangelo vissuto “sine glossa”. Penso alle tante comunità fedeli ed alle nuove esperienze di Vita Consacrata che voi ben conoscete; penso al lavoro missionario di molti gruppi e movimenti ecclesiali da cui scaturiscono non poche vocazioni sacerdotali e religiose; penso alle ragazze e ai giovani che abbandonano tutto per entrare in monasteri e conventi di clausura. E’ vero – lo possiamo dire con gioia - anche oggi il Signore continua a mandare operai nella sua vigna e ad arricchire il suo popolo di tante e sante vocazioni. Di questo lo ringraziamo e lo preghiamo perché all’entusiasmo delle scelte iniziali - molti giovani infatti intraprendono il sentiero della perfezione evangelica ed entrano in nuove forme di Vita Consacrata a seguito di commoventi conversioni -, perché, dicevo, all’entusiasmo delle scelte iniziali segua l’impegno della perseveranza in un autentico cammino di perfezione ascetica e spirituale, in un cammino di vera santità.

Per quanto riguarda gli Ordini e le Congregazioni con una lunga tradizione nella Chiesa, non si può non notare, come voi stessi avete sottolineato, che negli ultimi decenni hanno attraversato quasi tutti - quelli maschili come quelli femminili - una difficile crisi dovuta all’invecchiamento dei membri, a una più o meno accentuata diminuzione delle vocazioni, e talora anche a una “stanchezza” spirituale e carismatica. Questa crisi, in certi casi, si è fatta persino preoccupante. Accanto però a situazioni difficili, che è bene guardare con coraggio e verità, vanno tuttavia registrati segni di positiva ripresa, specialmente quando le comunità hanno scelto di tornare alle origini per vivere in maniera più consona lo spirito del Fondatore. In quasi tutti i recenti Capitoli Generali degli Istituti religiosi il tema ricorrente è stato proprio la riscoperta del carisma fondazionale da incarnare ed attuare in modo rinnovato nel tempo presente. Riscoprire lo spirito delle origini, approfondire la conoscenza del Fondatore o della Fondatrice, ha aiutato ad imprimere agli Istituti un promettente nuovo impulso ascetico, apostolico e missionario. Ci sono opere ed attività secolari che sono state così rivitalizzante da nuova linfa; ci sono nuove iniziative di autentica attuazione del carisma dei Fondatori. E’ su questa strada che occorre continuare a camminare, pregando il Signore perché porti a pieno compimento l’opera da Lui iniziata.

Entrando nel terzo millennio, il mio venerato predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, ha invitato l’intera comunità ecclesiale a “ripartire da Cristo” (Lett. ap. Novo millennio ineunte, nn. 29 ss.). Sì! Anche gli Istituti di Vita Consacrata, se vogliono mantenere o ritrovare la loro vitalità ed efficacia apostolica, devono continuamente “ripartire da Cristo”. E’ Lui la salda roccia su cui dovete costruire le vostre comunità e ogni vostro progetto di rinnovamento comunitario ed apostolico. Cari fratelli e sorelle, grazie di cuore per la cura che voi ponete nel compiere il vostro gravoso servizio di guida delle vostre famiglie religiose. Il Papa vi è accanto, vi incoraggia ed assicura per ogni vostra comunità un quotidiano ricordo nella preghiera. Terminando questo nostro incontro, vorrei ancora una volta salutare con affetto il Cardinale Segretario di Stato e il Cardinale Franc Rodé, come pure ciascuno di voi. A voi chiedo inoltre di recare il mio saluto a tutti i vostri confratelli e vostre consorelle, con un pensiero speciale per gli anziani che hanno servito a lungo i vostri Istituti, gli ammalati che contribuiscono all’opera della redenzione con le loro sofferenze, i giovani che sono la speranza delle vostre diverse Famiglie religiose e della Chiesa. Tutti vi affido alla materna protezione di Maria, modello eccelso di vita consacrata, mentre cordialmente vi benedico.



A S.E. IL SIGNOR VLADETA JANKOVIC NUOVO AMBASCIATORE DI SERBIA PRESSO LA SANTA SEDE Giovedì, 21 febbraio 2008

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Eccellenza,

sono lieto di porgerle il benvenuto all'inizio della sua missione e di accettare le lettere che la accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica di Serbia presso la Santa Sede. La ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto e per i saluti che mi ha trasmesso da parte del presidente Boris Tadic. La prego di trasmettergli i miei rispettosi buoni auspici in occasione della sua recente rielezione e l'assicurazione delle mie preghiere per tutto il popolo della sua nazione.

La Santa Sede apprezza molto i suoi legami diplomatici con la Serbia e spera, quindi, di offrire incoraggiamento agli sforzi costanti di edificare un futuro di pace, prosperità, riconciliazione e coesistenza pacifica in tutta la regione, mentre la Serbia e i suoi vicini cercano di occupare il loro giusto posto in Europa. Pochi paesi nel continente europeo sono sfuggiti alle devastazioni della guerra nel secolo scorso e tutti possono imparare dalle lezioni del recente passato. Mentre ci si adopera per un futuro sicuro, è importante ricordare che l'identità e la ricca tradizione culturale della sua nazione, come di tutte le nazioni europee, sono profondamente radicate nell'eredità della fede cristiana e del Vangelo di amore. "Non c'è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell'amore" (Deus caritas est ). I seguaci di Cristo sono chiamati a offrire quel servizio di amore a tutti i loro fratelli e sorelle senza distinzione: solo così le annose tensioni potranno finalmente essere sepolte.

Se scegliamo di vivere in base ai valori che derivano dalle nostre radici cristiane, scopriamo il coraggio di perdonare e di accogliere il perdono altrui, di essere riconciliati con i nostri vicini e di edificare insieme una civiltà dell'amore in cui tutti siano accettati e rispettati. So quanto profondamente la popolazione serba ha sofferto nel corso dei recenti conflitti e desidero esprimere sincera sollecitudine per essa e per le altre nazioni dei Balcani colpite dai tristi eventi dell'ultimo decennio. La Santa Sede condivide il vostro più autentico desiderio che la pace raggiunta porti stabilità duratura alla regione. In particolare, in riferimento all'attuale crisi in Kosovo, esorto tutte le parti interessate ad agire con prudenza e moderazione e a ricercare soluzioni che favoriscano il rispetto reciproco e la riconciliazione.

Non meno importanti tra le varie divisioni tra i popoli d'Europa sono quelle derivanti dalla tragica perdita dell'unità dei cristiani negli ultimi mille anni. Mi rallegro per i progressi compiuti nelle relazioni fra i cristiani ortodossi e i cristiani cattolici e sono particolarmente grato alla Chiesa ortodossa serba per aver cortesemente ospitato l'incontro del 2006 della commissione mista per il dialogo teologico fra cattolici e ortodossi, con il supporto attivo dei membri più autorevoli del suo governo. Infatti, incoraggiati dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, si sono verificati numerosi sviluppi lusinghieri in quest'area, incluse le recenti iniziative congiunte fra la Pontificia Università Lateranense e la Facoltà ortodossa di Teologia del Patriarcato di Serbia a Belgrado, alle quali lei, Eccellenza, ha fatto riferimento. Spero sinceramente che questi sviluppi positivi continueranno a recare frutto, in particolare mediante lo studio congiunto della dottrina sociale cristiana, e, a questo proposito, ricordo con gratitudine la favorevole accoglienza riservata al cardinale Renato Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in occasione della sua recente visita alla Facoltà ortodossa di Teologia.

La posizione geografica della Serbia, al confine fra cristianesimo orientale e cristianesimo occidentale, le offre l'opportunità unica di promuovere il dialogo ecumenico, mentre la sua familiarità con l'Islam, sia per il suo incontro con l'Impero Ottomano sia per l'odierna presenza di numerosi musulmani nella regione, offre ricche possibilità di progresso nel dialogo interreligioso. Entrambi questi processi sono della massima importanza per stabilire comprensione e rispetto reciproci più ampi fra i popoli e le nazioni nel mondo contemporaneo. Sia certo del fatto che la Chiesa cattolica in Serbia desidera continuare ad agire sulla base dei suoi buoni rapporti con il Santo Sinodo e a fare la sua parte nelle iniziative congiunte volte a promuovere l'unità cristiana e un autentico riavvicinamento fra i credenti di diverse religioni, contribuendo in tal modo all'instaurazione della pace e dell'armonia nelle nazioni e fra di esse.

La libertà di religione è un elemento indispensabile nell'edificazione del tipo di società in cui questa armonia si può sviluppare e i passi mossi dalla Serbia negli ultimi anni per garantire questo diritto fondamentale sono molto apprezzati. Il progetto di restituire alle Chiese e alle comunità religiose le proprietà che erano state nazionalizzate dalla Federazione Jugoslava e l'introduzione dell'insegnamento religioso nelle scuole hanno contribuito al rinnovamento spirituale del suo paese, e, a questo proposito, hanno offerto un importante esempio dal quale altri governi possono imparare. Prego affinché questa apertura ai valori religiosi nella società continui ad aumentare, cosicché il dibattito pubblico possa nutrirsi veramente dei principi derivati dalla fede. Come ho indicato nella lezione che ho preparato di recente per l'Università di Roma "La Sapienza" (17 gennaio 2008), se però la ragione "diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita". Senza il nutrimento che deriva dalla fede viva, la cultura risulta profondamente impoverita e le prospettive di una civiltà autenticamente umana svaniscono rapidamente.

Eccellenza, prego affinché la missione diplomatica che comincia oggi consolidi ulteriormente i buoni rapporti già esistenti fra la Santa Sede e il suo paese. La assicuro del fatto che i vari dicasteri della Curia Romana saranno sempre pronti a offrirle aiuto e sostegno nell'adempimento dei suoi doveri. Con i miei sinceri buoni auspici, invoco su di lei, sulla sua famiglia e su tutto il popolo della Serbia le abbondanti benedizioni di Dio.




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