Discorsi 2005-13 28028

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI EL SALVADOR IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Giovedì, 28 febbraio 2008

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Cari fratelli nell'episcopato,

1. Con grande gioia vi ricevo in questo giorno in cui, in occasione della vostra visita ad limina, siete venuti fino alle tombe degli Apostoli per rafforzare i vincoli di comunione delle vostre rispettive Chiese particolari con la Sede Apostolica. La mia gioia è ancora più grande perché questa è la prima volta che ho l'opportunità di incontrarmi con voi come Successore di Pietro. Ringrazio monsignor Fernando Sáenz Lacalle, arcivescovo di San Salvador e Presidente della Conferenza episcopale, per le gentili parole che mi ha rivolto a nome vostro. Attraverso di voi, invio un saluto particolare ai vostri sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli laici che, con generosità e infaticabile sforzo, vivono e annunciano la Buona Novella della Redenzione che Cristo ci ha portato, vera e unica speranza per tutte le genti.

Il popolo salvadoregno si caratterizza, in maggioranza, per la sua fede viva e per il suo profondo sentimento religioso. Il Vangelo, portato lì dai primi missionari e predicato con fervore da pastori pieni di amore di Dio, come monsignor Óscar Arnulfo Romero, si è ampiamente radicato in questa bella terra, recando frutti abbondanti di vita cristiana e di santità. Ancora una volta, cari fratelli vescovi, è diventata realtà la capacità trasformatrice del messaggio di salvezza, che la Chiesa è chiamata ad annunciare, poiché certamente "la parola di Dio non è incatenata" (
2Tm 2,9) ed è viva ed efficace (cfr He 4,21).

2. Come Pastori della Chiesa, i vostri cuori si commuovono nel contemplare i gravi bisogni del popolo che vi è stato affidato e che desiderate servire con amore e dedizione. A causa della situazione di povertà, molti si vedono obbligati a emigrare alla ricerca di migliori condizioni di vita, il che provoca spesso conseguenze negative per la stabilità del matrimonio e della famiglia. Conosco anche gli sforzi che state compiendo per promuovere la riconciliazione e la pace nel vostro Paese, e per superare eventi tanto dolorosi del passato.

Allo stesso modo, nel 2005 avete dedicato una lettera pastorale al problema della violenza, considerato il più grave della vostra nazione. Nell'analizzarne le cause, riconoscete che l'incremento della violenza è conseguenza immediata di altre piaghe sociali più profonde, come la povertà, la mancanza di educazione, la progressiva perdita di quei valori che da sempre hanno forgiato l'anima salvadoregna, e la disgregazione familiare. In effetti, la famiglia è un bene indispensabile per la Chiesa e per la società, e anche un fattore fondamentale per costruire la pace (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, n. 3). Per questo sentite il bisogno di rivitalizzare e di rafforzare in tutte le diocesi un'adeguata ed efficace pastorale familiare, che offra ai giovani una salda formazione spirituale e affettiva, che li aiuti a scoprire la bellezza del piano di Dio sull'amore umano e permetta loro di vivere con coerenza gli autentici valori del matrimonio e della famiglia, quali la tenerezza e il rispetto reciproco, il dominio di sé, la dedizione totale e la fedeltà costante.

3. Dinanzi alla povertà di tante persone, appare come un bisogno ineludibile migliorare le strutture e le condizioni economiche, affinché tutti possano condurre una vita degna. Non bisogna però dimenticare che l'uomo non è un semplice prodotto delle condizioni materiali o sociali in cui vive. Ha bisogno di qualcosa di più, aspira a più di quello che la scienza o qualsiasi iniziativa umana può dargli. Vi è in lui un'immensa sete di Dio, sì, cari fratelli vescovi, gli uomini anelano a Dio nel più intimo del loro cuore, ed Egli è l'unico che può appagare la loro sete di pienezza e di vita, poiché solo Lui ci può dare la certezza di un amore incondizionato, di un amore più forte della morte (cfr Spe salvi ). "L'uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza" (Ibidem, n. 23).

Per questo occorre dare impulso a un ambizioso e audace sforzo di evangelizzazione nelle vostre comunità diocesane, volto a facilitare in tutti i fedeli quell'incontro intimo con Cristo vivo che è alla base e all'origine dell'essere cristiano (cfr Deus caritas est ). A una pastorale, quindi, che sia incentrata "in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste" (Novo Millennio ineunte NM 29). Bisogna aiutare i fedeli laici a scoprire sempre più la ricchezza spirituale del loro battesimo, attraverso il quale sono "chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità" (Lumen gentium LG 40) e che illuminerà il loro impegno di rendere testimonianza a Cristo in mezzo alla società umana (cfr Gaudium et spes GS 43). Per realizzare questa altissima vocazione hanno bisogno di essere ben radicati in un'intensa vita di preghiera, di ascoltare in modo assiduo e umile la Parola di Dio e di partecipare spesso ai sacramenti, e anche di acquisire un profondo senso di appartenenza ecclesiale e una salda formazione dottrinale, soprattutto per quanto riguarda la dottrina sociale della Chiesa, dove troveranno criteri e orientamenti chiari per poter illuminare cristianamente la società in cui vivono.

4. Nella vostra sollecitudine pastorale i sacerdoti devono occupare un posto particolare. Vi uniscono a loro vincoli strettissimi in virtù del sacramento dell'Ordine che hanno ricevuto e della partecipazione alla stessa missione evangelizzatrice. Meritano i vostri sforzi migliori e la vostra vicinanza, per conoscere la loro situazione personale, per assisterli in tutti i loro bisogni spirituali e materiali e per incoraggiarli a proseguire con gioia il loro cammino di santità sacerdotale. Imitate in questo l'esempio di Gesù, che considerava suoi amici quanti erano con Lui (cfr Giovanni, Jn 15,15).
Come fondamento e principio visibile di unità nelle vostre Chiese particolari (cfr Lumen gentium LG 23), vi incoraggio a essere promotori e modelli di comunione nello stesso presbiterio e a raccomandare di vivere la concordia e l'unione di tutti i sacerdoti fra di loro e attorno al vescovo, come manifestazione del vostro affetto di padri e fratelli, senza smettere di correggere le situazioni irregolari quando è necessario.

L'amore e la fedeltà del sacerdote alla sua vocazione sarà la migliore e più efficace pastorale vocazionale, e anche un esempio e uno sprone per i vostri seminaristi, che sono il cuore delle vostre diocesi, e ai quali dovete dedicare le vostre risorse ed energie migliori (cfr Optatam totius OT 5), poiché sono speranza per le vostre Chiese.

Seguite altresì con attenzione la vita e l'operato degli istituti religiosi, valorizzando e promuovendo nelle vostre comunità diocesane la vocazione e la missione specifiche della vita consacrata (cfr Lumen gentium LG 44) e incoraggiandoli a collaborare all'attività pastorale diocesana per arricchire "con la loro presenza e il loro ministero, la comunione ecclesiale" (Esortazione Apostolica Pastores gregis ).

5. Sebbene le sfide che avete dinanzi a voi siano enormi e sembrino superiori alle vostre forze e capacità, sapete di poter ricorrere alla fiducia nel Signore, per il Quale nulla è impossibile (cfr Lc 1,37) e aprire il vostro cuore all'impulso della grazia divina. In questo contatto costante con Gesù, il Buon Pastore, nella preghiera matureranno i migliori progetti pastorali per le vostre comunità e sarete veramente ministri di speranza per tutti i vostri fratelli (cfr Pastores gregis ), poiché è Gesù a rendere fecondo il vostro ministero episcopale che, a sua volta, deve essere un riflesso autentico della vostra carità pastorale, a immagine di Colui che è venuto non "per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45).

6. Cari fratelli, al termine del nostro incontro vi ringrazio di nuovo per la vostra dedizione generosa alla Chiesa e vi accompagno con la mia preghiera, affinché in tutte le vostre sfide pastorali vi colmino di speranza e vi incoraggino le parole del Signore Gesù: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Vi stringo al mio cuore con un abbraccio di pace, nel quale includo i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici delle vostre Chiese locali. Su ognuno di voi e dei vostri fedeli diocesani imploro la costante protezione della Vergine Maria Reina de la Paz, Patrona di El Salvador, e al contempo vi imparto con grande affetto la Benedizione Apostolica.



A S.E. LA SIGNORA MARY ANN GLANDON NUOVO AMBASCIATORE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 29 febbraio 2008

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Eccellenza,

è un piacere per me accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario degli Stati Uniti d'America e offrire i miei cordiali buoni auspici mentre assume nuove responsabilità al servizio del suo Paese. Ho fiducia nel fatto che la conoscenza e l'esperienza scaturite dalla sua distinta partecipazione all'opera della Santa Sede si riveleranno di beneficio nell'adempimento dei suoi doveri e arricchiranno l'attività della comunità diplomatica alla quale lei ora appartiene. La ringrazio anche per i saluti cordiali che mi ha trasmesso da parte del presidente George W. Bush a nome del popolo americano, mentre attendo con ansia la mia visita pastorale negli Stati Uniti ad aprile.

Dall'alba della Repubblica, l'America è stata, come ha osservato, una nazione che apprezza il ruolo del credo religioso nel garantire un ordine democratico vibrante ed eticamente sano. L'esempio della sua nazione che riunisce persone di buona volontà, indipendentemente dalla razza, dalla nazionalità o dal credo, in una visione condivisa e in una ricerca disciplinata del bene comune, ha incoraggiato molte nazioni più giovani nei loro sforzi tesi a creare un ordine sociale armonioso, libero e giusto. Oggi, questo compito di riconciliare unità e diversità, di forgiare una visione comune e di raccogliere l'energia morale per acquisirla, è divenuto una priorità urgente per tutta la famiglia umana, sempre più consapevole della sua interdipendenza e della necessità di una solidarietà efficace nel soddisfare le sfide globali e nell'edificare un futuro di pace per le prossime generazioni.

L'esperienza dello scorso secolo, con il suo pesante tributo di guerra e di violenza, culminate nello sterminio pianificato di interi popoli, ha reso evidente che il futuro dell'umanità non può dipendere dal mero compromesso politico. Piuttosto, deve essere il frutto di un consenso più profondo, basato sul riconoscimento di verità universali, radicate nella riflessione ponderata dei postulati della nostra umanità comune (cfr Messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace 2008, n. 13).

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, della quale celebriamo quest'anno il sessantesimo anniversario, è stata il prodotto del convincimento mondiale del fatto che un giusto ordine globale può basarsi soltanto sul riconoscimento e sulla difesa della dignità e dei diritti inviolabili di ogni uomo e di ogni donna. Questo riconoscimento, a sua volta, deve motivare ogni decisione relativa al futuro della famiglia umana e di tutti i suoi membri. Confido nel fatto che il suo Paese, fondato sulla verità evidente che il Creatore ha dotato ogni essere umano di certi diritti inalienabili, continui a trovare nei principi della legge morale comune, consacrata nei suoi documenti fondanti, un orientamento certo per esercitare la sua guida in seno alla comunità internazionale.

L'edificazione di una cultura giuridica globale ispirata dai più alti ideali di giustizia, solidarietà e pace richiede un impegno fermo, speranza e generosità da parte di ogni nuova generazione (cfr Spe salvi ). Apprezzo il suo riferimento agli sforzi significativi compiuti dall'America per elaborare metodi creativi per alleviare i gravi problemi che così tante nazioni e popolazioni del mondo devono affrontare. La costruzione di un futuro più sicuro per la famiglia umana significa innanzitutto operare per lo sviluppo integrale dei popoli, in particolare mediante l'offerta di un'adeguata assistenza sanitaria, l'eliminazione di pandemie come l'Aids, più ampie opportunità educative per i giovani, la promozione delle donne e il porre un freno alla corruzione e alla militarizzazione che sottraggono risorse preziose a molti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle nei Paesi più poveri. Il progresso della famiglia umana è messo a repentaglio non solo dalla piaga del terrorismo internazionale, ma anche da alcune minacce alla pace quali il ritmo crescente della corsa agli armamenti e il perdurare delle tensioni in Medio Oriente. Colgo questa occasione per esprimere la speranza che negoziati pazienti e trasparenti portino alla riduzione e all'eliminazione delle armi nucleari e che la recente Conferenza di Annapolis sia solo la prima di una serie di iniziative volte a una pace duratura nella regione. La risoluzione di questi e di simili problemi richiede impegno e fiducia nell'opera degli organismi internazionali, come l'Organizzazione delle Nazioni Unite. Essi per loro natura sono in grado di promuovere dialogo e comprensione autentici, di riconciliare opinioni divergenti e di sviluppare politiche e strategie multilaterali capaci di affrontare le molteplici sfide del nostro mondo complesso e in rapido mutamento.

Non posso non osservare con gratitudine l'importanza che gli Stati Uniti hanno attribuito al dialogo interreligioso e interculturale come concreta forza portatrice di pace.

La Santa Sede è convinta del grande potenziale spirituale rappresentato da questo dialogo, in particolare a proposito della promozione della non violenza e del rifiuto di ideologie che manipolano e deturpano la religione per scopi politici e giustificano la violenza in nome di Dio. Lo storico apprezzamento del popolo americano per il ruolo della religione nel forgiare il dibattito pubblico e nell'illuminare l'intrinseca dimensione morale delle questioni sociali, un ruolo a volte contestato in nome di una comprensione limitata della vita politica e del dibattito pubblico, si riflette negli sforzi di così tanti suoi concittadini e responsabili di governo per garantire la tutela legale del dono divino della vita dal concepimento alla morte naturale e la salvaguardia dell'istituzione del matrimonio, riconosciuto come unione stabile tra un uomo e una donna, e quella della famiglia.

Signora Ambasciatore, nel momento in cui assume le sue alte responsabilità al servizio del suo Paese, rinnovo i miei migliori auspici per il buon esito della sua opera. Sia certa del fatto che potrà sempre contare sugli uffici della Santa Sede per assistenza e sostegno nell'adempimento dei suoi doveri. Su di lei, sulla sua famiglia e su tutto l'amato popolo americano, invoco di cuore le benedizioni di Dio, di saggezza, forza e pace.





AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM Sala Clementina Venerdì, 29 febbraio 2008

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Signor Cardinale,
venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di incontrarvi in occasione dell’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio Cor Unum. A ciascuno di voi che prendete parte a quest’Incontro rivolgo il mio cordiale saluto. In particolare saluto il Cardinale Paul Josef Cordes, che ringrazio per le cortesi parole, Mons. Segretario e tutti i Membri e Officiali del Pontificio Consiglio Cor Unum.La tematica sulla quale state riflettendo in questi giorni - “Le qualità umane e spirituali di chi opera nell’attività caritativa della Chiesa” - tocca un elemento importante della vita ecclesiale. Si tratta, infatti, di coloro che svolgono nel Popolo di Dio un servizio indispensabile, la diakonia della carità. E proprio al tema della carità ho voluto dedicare la mia prima Enciclica Deus caritas est.

Colgo, pertanto, volentieri quest’occasione per esprimere particolare riconoscenza a coloro che, a diverso titolo, operano nel settore caritativo, manifestando con i loro interventi che la Chiesa si rende presente, in maniera concreta, accanto a quanti si trovano coinvolti in qualche forma di disagio e di sofferenza. Di quest’azione ecclesiale i Pastori hanno la responsabilità globale ed ultima, per quanto concerne sia la sensibilizzazione che la realizzazione di progetti di promozione umana, specialmente a favore di Comunità meno abbienti. Rendiamo grazie a Dio poiché sono molti i cristiani che spendono tempo ed energie per far giungere non solo aiuti materiali, ma anche un sostegno di consolazione e di speranza a chi versa in condizioni difficili, coltivando una costante sollecitudine per il vero bene dell’uomo. L’attività caritativa occupa così un posto centrale nella missione evangelizzatrice della Chiesa. Non dobbiamo dimenticare che le opere di carità costituiscono un terreno privilegiato di incontro anche con persone che ancora non conoscono Cristo o lo conoscono solo parzialmente. Giustamente, dunque, i Pastori e i responsabili della pastorale della carità dedicano un’attenzione costante a chi lavora nell’ambito della diakonia, preoccupandosi di formarli dal punto di vista sia umano e professionale, che teologico-spirituale e pastorale.

In questo nostro tempo si dà una grande rilevanza alla formazione continua tanto nella società quanto nella Chiesa, come dimostra la fioritura di apposite istituzioni e centri creati allo scopo di fornire utili strumenti per acquisire competenze tecniche specifiche. Indispensabile per chi opera negli organismi caritativi ecclesiali è però quella “formazione del cuore”, di cui ho parlato nella citata Enciclica Deus caritas est (n. 31 a): formazione intima e spirituale che, dall’incontro con Cristo, fa scaturire quella sensibilità d’animo che sola permette di conoscere fino in fondo e soddisfare le attese e i bisogni dell’uomo. E’ proprio questo che rende possibile l’acquisizione degli stessi sentimenti di amore misericordioso che Dio nutre per ogni essere umano. Nei momenti di sofferenza e di dolore è questo l’approccio necessario. Chi opera nelle molteplici forme dell’attività caritativa della Chiesa non può, pertanto, contentarsi solo della prestazione tecnica o di risolvere problemi e difficoltà materiali. L’aiuto che offre non deve mai ridursi a gesto filantropico, ma deve essere tangibile espressione dell’amore evangelico. Chi poi presta la sua opera a favore dell’uomo in organismi parrocchiali, diocesani e internazionali la compie a nome della Chiesa ed è chiamato a lasciar trasparire nella sua attività un’autentica esperienza di Chiesa.

Una valida ed efficace formazione in questo settore vitale non può allora non mirare a qualificare sempre meglio gli operatori delle diverse attività caritative, perché siano anche e soprattutto testimoni di amore evangelico. Tali essi sono se la loro missione non si esaurisce nell’essere operatori di servizi sociali, ma nell’annuncio del Vangelo della carità. Seguendo le orme di Cristo, essi sono chiamati ad essere testimoni del valore della vita, in tutte le sue espressioni, difendendo specialmente la vita dei deboli e dei malati, seguendo l’esempio della Beata Madre Teresa di Calcutta, che amava e si prendeva cura dei moribondi, perché la vita non si misura a partire dalla sua efficienza, ma ha valore sempre e per tutti. In secondo luogo, questi operatori ecclesiali sono chiamati ad essere testimoni dell’amore, del fatto cioè che siamo pienamente uomini e donne quando viviamo protesi verso l’altro; che nessuno può morire e vivere per se stesso; che la felicità non si trova nella solitudine di una vita ripiegata su se stessa, ma nel dono di sé. Infine, chi lavora nell’ambito delle attività ecclesiali, deve essere testimone di Dio, che è pienezza di amore ed invita ad amare. La fonte di ogni intervento dell’operatore ecclesiale è in Dio, amore creatore e redentore. Come ho scritto nella Deus caritas est, noi possiamo praticare l’amore perché siamo stati creati a immagine e somiglianza divina per “vivere l’amore e in questo modo far entrare la luce di Dio nel mondo” (n. 39): ecco ciò a cui ho voluto invitare con questa Enciclica.

Quanta pienezza di significato potete quindi cogliere nella vostra attività! E quanto essa è preziosa per la Chiesa! Mi rallegro che, proprio per renderla sempre più testimonianza del Vangelo, il Pontificio Consiglio Cor Unum abbia promosso per il prossimo mese di giugno un corso di Esercizi Spirituali a Guadalajara per Presidenti e Direttori di organismi caritativi del Continente americano. Esso servirà a recuperare appieno la dimensione umana e cristiana a cui ho appena accennato, e spero che in futuro l’iniziativa si possa ampliare anche ad altre regioni del mondo. Cari amici, ringraziandovi per quel che voi fate, vi assicuro il mio affettuoso ricordo nella preghiera e su ciascuno di voi e sul vostro lavoro imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.


SANTO ROSARIO CON GLI UNIVERSITARI DISCORSO Aula Paolo VI Sabato, 1° marzo 2008

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Cari giovani universitari!

Al termine di questa veglia mariana, con grande gioia rivolgo il mio saluto a tutti voi, a quanti siete qui presenti e a quanti partecipate alla preghiera mediante i collegamenti via satellite. Saluto con riconoscenza i venerati Cardinali e Vescovi, in particolare quelli che hanno presieduto la recita del Rosario nelle sedi collegate: Aparecida in Brasile, Avignone in Francia, Bucarest in Romania, Città del Messico in Messico, L’Avana a Cuba, Loja in Ecuador, Minsk in Bielorussia, Napoli in Italia, Toledo in Spagna e Washington negli Stati Uniti d’America. Cinque sedi in Europa e cinque nelle Americhe. Infatti questa iniziativa ha per tema: "L’Europa e le Americhe insieme per costruire la civiltà dell’amore". E proprio su questo tema si è svolto in questi giorni presso l’Università Gregoriana un convegno, ai cui partecipanti rivolgo un cordiale saluto.

E’ felice la scelta di evidenziare di volta in volta il rapporto tra l’Europa e un altro continente, in una prospettiva di speranza. Due anni fa Europa e Africa; l’anno scorso Europa e Asia; quest’anno Europa e America. Il cristianesimo costituisce un legame forte e profondo tra il cosiddetto vecchio continente e quello che è stato chiamato il "nuovo mondo". Basta pensare al posto fondamentale che occupano la Sacra Scrittura e la Liturgia cristiana nella cultura e nell’arte dei popoli europei e di quelli americani. Purtroppo però la cosiddetta "civiltà occidentale" ha anche in parte tradito la sua ispirazione evangelica. Si impone pertanto un’onesta e sincera riflessione, un esame di coscienza. Occorre discernere tra ciò che costruisce la "civiltà dell’amore", secondo il disegno di Dio rivelato in Gesù Cristo, e ciò che invece ad essa si oppone.

Mi rivolgo ora a voi, cari giovani. I giovani sono sempre stati, nella storia dell’Europa e delle Americhe, portatori di spinte evangeliche. Pensiamo a giovani come san Benedetto da Norcia, san Francesco d’Assisi e il beato Karl Leisner, in Europa; come san Martín de Porres, santa Rosa da Lima e la beata Kateri Tekakwitha, in America. Giovani costruttori della civiltà dell’amore! Oggi, voi, giovani europei e americani, Iddio vi chiama a cooperare, insieme con i vostri coetanei del mondo intero, perché la linfa del Vangelo rinnovi la civiltà di questi due continenti e di tutta l’umanità. Le grandi città europee e americane sono sempre più cosmopolite, ma spesso manca in esse questa linfa, capace di far sì che le differenze non siano motivo di divisione o di conflitto, bensì di arricchimento reciproco. La civiltà dell’amore è "convivialità", cioè convivenza rispettosa, pacifica e gioiosa delle differenze in nome di un progetto comune, che il beato Papa Giovanni XXIII fondava sopra i quattro pilastri dell’amore, della verità, della libertà e della giustizia. Ecco, cari amici, la consegna che oggi vi affido: siate discepoli e testimoni del Vangelo, perché il Vangelo è il buon seme del Regno di Dio, cioè della civiltà dell’amore! Siate costruttori di pace e di unità! Segno di quest’unità cattolica, cioè universale e integra nei contenuti della fede cristiana che tutti ci lega, è anche l’iniziativa di consegnare a ciascuno di voi il testo dell’Enciclica Spe salvi su un CD in 5 lingue. La Vergine Maria vegli su voi, sulle vostre famiglie e su tutti i vostri cari.

Vorrei ora salutare nelle diverse lingue quanti sono uniti a noi dalle altre città attraverso i collegamenti radiotelevisivi.

Queridos jóvenes reunidos en las ciudades de México, La Habana, Loja, y Toledo, sed testimonios de la gran esperanza que Cristo ha traído al mundo. Que el Señor os bendiga y os acompañe en vuestros compromisos de estudio.

Dear University students of Washington DC, I send warm greetings to you! With the help of God, I will be in your city in April. With your assistance, may America remain faithful to its Christian roots and to its high ideals of freedom in truth and justice!

Chers amis réunis à Avignon, l’Europe a besoin de la jeunesse de l’esprit dont vous êtes porteurs et que vous, jeunes chrétiens, pouvez lui donner, en vous efforçant de vivre vraiment l’Évangile. Cela constituera pour tous un témoignage. C’est ce que je vous souhaite de tout coeur.

Amados jovens, reunidos em Aparecida: ainda está viva no meu coração a lembrança da Viagem Pastoral que realizei no Brasil, especialmente no Santuário de Nossa Senhora da Conceição Aparecida. Peço à Virgem Mãe que obtenha para todos vocês a graça de ser sempre testemunhas de esperança!

[bielorusso]

[Cari universitari di Minsk, vi saluto con affetto! Affido anche a voi l’Enciclica sulla speranza e vi esorto a costruire la civiltà dell’amore, mediante comportamenti quotidiani pieni di fede e di coraggio evangelico.]

[rumeno]

[Cari amici riuniti a Bucarest, il Signore vi benedica! Per diffondere la civiltà dell’amore i cristiani devono essere uniti in spirito ecumenico. Date voi stessi esempio di sincera collaborazione tra tutti i discepoli di Gesù.]

E infine saluto voi, che siete nel Duomo di Napoli! La vostra città e l’Italia intera hanno bisogno di ritrovare il gusto dell’impegno condiviso per una società più giusta e solidale. Siate di esempio anche in questo, nutrendovi di preghiera e lasciandovi guidare dalla luce e dalla forza del Vangelo.

Ringrazio il Cardinale Ruini e Mons. Leuzzi e quanti hanno collaborato all’organizzazione di questo incontro. Ringrazio il coro e l’orchestra che hanno sostenuto la nostra preghiera, come pure il Centro Televisivo Vaticano, la Radio Vaticana e Telespazio per i collegamenti. A voi, cari giovani, auguro un sereno e proficuo lavoro e una buona Pasqua, e a tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.



AI VESCOVI DEL GUATEMALA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Giovedì, 6 marzo 2008

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Signor Cardinale,
Cari fratelli nell'Episcopato,

È per me motivo di gioia ricevervi questa mattina in occasione della visita ad limina con la quale rinnovate i vincoli di comunione delle vostre Chiese particolari con il Vescovo di Roma. Ringrazio per le parole che, a nome vostro, mi ha rivolto monsignor Pablo Vizcaíno Prado, vescovo di Suchipétequez-Retalhuleu e Presidente della Conferenza episcopale, e vi saluto tutti con affetto, chiedendovi di trasmettere la mia stima all'amato popolo guatemalteco. Gli incontri che ho avuto con ognuno di voi mi hanno avvicinato alla vita quotidiana e alle aspirazioni dei vostri concittadini, e anche al sollecito lavoro pastorale che state portando avanti nella vostra nazione.

Serbate nel vostro cuore di pastori la preoccupazione per l'aumento della violenza e della povertà che colpisce grandi settori della popolazione, provocando una forte emigrazione in altri paesi, con gravi conseguenze nell'ambito personale e familiare. È una situazione che invita a rinnovare i vostri sforzi per mostrare a tutti il volto misericordioso del Signore, del quale la Chiesa è chiamata a essere immagine, accompagnando e servendo con generosità e dedizione soprattutto quelli che soffrono e i più indifesi. In effetti, la carità e l'assistenza ai fratelli bisognosi "appartengono alla natura della Chiesa e sono espressione irrinunciabile della sua stessa essenza" (cfr Deus caritas est ).

Dio ha benedetto il popolo guatemalteco con un profondo sentimento religioso, ricco di espressioni popolari, che devono maturare in comunità cristiane salde, che celebrino con gioia la loro fede come membra vive del Corpo di Cristo (cfr
1Co 12,27), e siano fedeli al fondamento degli Apostoli. Sapete molto bene che la fermezza della fede e la partecipazione ai sacramenti rendono forti i vostri fedeli dinanzi al rischio delle sette o di gruppi che si dicono carismatici, che creano disorientamento e giungono a mettere in pericolo la comunione ecclesiale.

La tradizione della vostre culture trova nella famiglia, cellula primaria della società, il nucleo essenziale dell'esistenza e della trasmissione della fede e dei valori, ma che oggi si scontra con serie sfide pastorali e umane. Per questo la Chiesa si dedica sempre con particolare attenzione a formare saldamente quanti si preparano a contrarre matrimonio, infondendo costantemente fede e speranza nelle famiglie e vegliando affinché, con gli aiuti necessari, possano adempiere le loro responsabilità.
Nel vostro ministero contate sull'inestimabile collaborazione dei sacerdoti, che devono vedere nel proprio vescovo un vero padre e maestro, molto vicino a loro, nel quale trovare aiuto nei loro bisogni spirituali e materiali, e anche un consiglio appropriato nei momenti di difficoltà. Hanno sempre bisogno di incoraggiamento per perseverare nel cammino dell'autentica santità sacerdotale, come veri uomini di preghiera (cfr Novo millennio ineunte NM 32), e anche di mezzi adeguati per ampliare la loro formazione umana e teologica, che permetta loro di assumere compiti particolarmente delicati, come quelli di professori, formatori o direttori spirituali nei vostri seminari. Con il loro esempio e il loro zelo pastorale, devono essere una chiamata vivente per i giovani e i meno giovani a dedicarsi interamente al Signore, collaborando con la grazia divina perché il Signore "mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38).

Il II Congresso Missionario Americano celebrato in Guatemala nel 2003 ha implicato una sfida a portare nelle diocesi e nei vicariati un'esperienza vissuta più intensa dell'impegno missionario, includendola nel nuovo piano globale della Conferenza episcopale. Ora, alla luce anche delle conclusioni della V Conferenza dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi, ad Aparecida, dovete rafforzare la vostra identità e portare a termine gli impegni evangelizzatori che lì avete assunto. A tal fine, così come ha fatto il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II nella sua prima visita nel vostro paese, vi incoraggio a continuare con spirito rinnovato la missione evangelizzatrice della Chiesa nel quadro dei cambiamenti culturali attuali e della globalizzazione, conferendo nuovo vigore alla predicazione e alla catechesi, proclamando Gesù Cristo, il Figlio di Dio, come fondamento e ragione d'essere di ogni credente. L'evangelizzazione delle culture è un compito prioritario affinché la Parola di Dio divenga accessibile a tutti e, accolta nella mente e nel cuore, sia luce che le illumini e acqua che le purifichi con il messaggio del Vangelo che porta la salvezza per tutto il genere umano.

Nel concludere il nostro incontro, desidero incoraggiarvi a continuare a guidare il Popolo di Dio che vi è stato affidato. Che, con la vostra parola e il vostro esempio, la Chiesa continui a risplendere come fonte di speranza per tutti! Portate il mio saluto affettuoso e la mia benedizione ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose e agli altri fedeli, specialmente a quanti collaborano con maggiore dedizione all'opera dell'evangelizzazione. Invoco su di loro e su di voi la materna protezione di Nuestra Señora del Rosario, Patrona del Guatemala, e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.




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