Discorsi 2005-13 51408

AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA Sala Clementina Sabato, 5 aprile 2008

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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di incontrarvi al termine della XVIII Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che ha avuto per tema: "I nonni: la loro testimonianza e presenza nella famiglia". Vi ringrazio per aver accolto la mia proposta di Valencia, dove dissi: "Mai, per nessuna ragione, i nonni siano esclusi dall’ambito familiare. Essi sono un tesoro che non possiamo strappare alle nuove generazioni, soprattutto quando danno testimonianza di fede". Saluto in particolare il Cardinale Ricardo Vidal, Arcivescovo di Cebu, membro del Comitato di Presidenza, che si è fatto interprete dei sentimenti di tutti voi, e rivolgo un affettuoso pensiero al caro Cardinale Alfonso López Trujillo, che da 18 anni guida il Dicastero con passione e competenza. Sentiamo la sua mancanza in mezzo a noi. A lui il nostro augurio di pronta guarigione e la nostra preghiera.

Il tema che avete affrontato è a tutti molto familiare. Chi non ricorda i suoi nonni? Chi può dimenticare la loro presenza e la loro testimonianza nel focolare domestico? Quanti tra di noi ne portano il nome in segno di continuità e di riconoscenza! E’ consuetudine nelle famiglie, dopo la loro dipartita, ricordarne l’anniversario con la celebrazione della Messa in loro suffragio e, se possibile, con una visita al cimitero. Questi ed altri gesti di amore e di fede sono la manifestazione della nostra gratitudine nei loro confronti. Essi per noi si sono donati, si sono sacrificati, in certi casi si sono anche immolati.

La Chiesa ha sempre avuto nei riguardi dei nonni un’attenzione particolare, riconoscendo loro una grande ricchezza sotto il profilo umano e sociale, come pure sotto quello religioso e spirituale. I miei venerati Predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II – di quest’ultimo abbiamo appena celebrato il terzo anniversario della morte – sono intervenuti più volte sottolineando la considerazione che la comunità ecclesiale ha per gli anziani, per la loro dedizione e la loro spiritualità. In particolare, Giovanni Paolo II, durante il Giubileo dell’Anno 2000, convocò nel settembre in Piazza San Pietro il mondo della "terza età" e in quella circostanza ebbe a dire: "Nonostante le limitazioni sopraggiunte con l’età, conservo il gusto della vita. Ne ringrazio il Signore. E’ bello potersi spendere fino alla fine per la causa del Regno di Dio". Sono parole contenute nel messaggio che circa un anno prima, nell’ottobre del 1999, egli aveva indirizzato agli anziani e che conserva intatta la sua attualità umana, sociale e culturale.

La vostra Assemblea Plenaria ha affrontato il tema della presenza dei nonni nella famiglia, nella Chiesa e nella società, con uno sguardo capace di comprendere il passato, il presente e il futuro. Analizziamo brevemente questi tre momenti. In passato i nonni avevano un ruolo importante nella vita e nella crescita della famiglia. Anche quando l’età avanzava, essi continuavano ad essere presenti con i loro figli, con i nipoti e magari i pronipoti, dando viva testimonianza di premura, di sacrificio e di un quotidiano donarsi senza riserve. Erano testimoni di una storia personale e comunitaria che continuava a vivere nei loro ricordi e nella loro saggezza. Oggi, l’evoluzione economica e sociale ha portato profonde trasformazioni nella vita delle famiglie. Gli anziani, tra cui molti nonni, si sono trovati in una sorta di "zona di parcheggio": alcuni si accorgono di essere un peso in famiglia e preferiscono vivere soli o in case di riposo, con tutte le conseguenze che queste scelte comportano.

Da più parti poi sembra purtroppo avanzare la "cultura della morte", che insidia anche la stagione della terza età. Con crescente insistenza si giunge persino a proporre l’eutanasia come soluzione per risolvere certe situazioni difficili. La vecchiaia, con i suoi problemi legati anche ai nuovi contesti familiari e sociali a causa dello sviluppo moderno, va valutata con attenzione e sempre alla luce della verità sull’uomo, sulla famiglia e sulla comunità. Occorre sempre reagire con forza a ciò che disumanizza la società. Le comunità parrocchiali e diocesane sono fortemente interpellate da queste problematiche e stanno cercando di venire incontro alle moderne esigenze degli anziani. Ci sono associazioni e movimenti ecclesiali che hanno abbracciato questa causa importante e urgente. Occorre unirsi per sconfiggere insieme ogni emarginazione, perché ad essere travolti dalla mentalità individualistica non sono solo loro – i nonni, le nonne, gli anziani – ma tutti. Se i nonni, come spesso e da più parti si dice, costituiscono una preziosa risorsa, occorre mettere in atto scelte coerenti che permettano di valorizzarla al meglio.

Ritornino i nonni ad essere presenza viva nella famiglia, nella Chiesa e nella società. Per quanto riguarda la famiglia, i nonni continuino ad essere testimoni di unità, di valori fondati sulla fedeltà ad un unico amore che genera la fede e la gioia di vivere. I cosiddetti nuovi modelli di famiglia ed il relativismo dilagante hanno indebolito questi valori fondamentali del nucleo familiare. I mali della nostra società – come giustamente avete osservato nel corso dei vostri lavori – hanno bisogno di urgenti rimedi. Di fronte alla crisi della famiglia non si potrebbe forse proprio ripartire dalla presenza e dalla testimonianza di coloro – i nonni – che hanno una maggiore robustezza di valori e di progetti? Non si può, infatti, progettare il futuro senza rifarsi ad un passato carico di esperienze significative e di punti di riferimento spirituale e morale. Pensando ai nonni, alla loro testimonianza di amore e di fedeltà alla vita, vengono in mente le figure bibliche di Abramo e Sara, di Elisabetta e Zaccaria, di Gioacchino e Anna, come pure gli anziani Simeone e Anna, o anche Nicodemo: tutti costoro ci ricordano come in ogni età il Signore chiede a ciascuno l’apporto dei propri talenti.

Rivolgiamo ora lo sguardo verso il VI Incontro Mondiale delle Famiglie, che si celebrerà in Messico nel gennaio del 2009. Saluto e ringrazio il Cardinale Norberto Rivera Carrera, Arcivescovo di México, qui presente, per quanto ha già realizzato in questi mesi di preparazione insieme con i suoi collaboratori. Tutte le famiglie cristiane del mondo guardano a questa nazione "sempre fedele" alla Chiesa, che aprirà le porte a tutte le famiglie del mondo. Invito le comunità ecclesiali, specialmente i gruppi familiari, i movimenti e le associazioni di famiglie, a preparasi spiritualmente a questo evento di grazia. Venerati e cari Fratelli, vi ringrazio di nuovo per la vostra visita e per il lavoro svolto in questi giorni; vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e di cuore imparto a voi e ai vostri cari la Benedizione Apostolica.



AI VESCOVI DELLE ANTILLE IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Lunedì, 7 aprile 2008

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Cari Fratelli Vescovi,

"Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori" (
2Co 4,5). Con queste parole entusiasmanti di san Paolo vi porgo di tutto cuore il benvenuto, Vescovi delle Antille. Ringrazio l'Arcivescovo Burke per i cordiali sentimenti espressi a vostro nome e li ricambio con affetto, assicurandovi delle mie preghiere per voi e per quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale. La vostra visita ad limina Apostolorum è un'occasione per rafforzare il vostro impegno per rendere il volto di Gesù sempre più visibile nella Chiesa e nella società attraverso una testimonianza coerente del Vangelo.

Il grande "dramma" della Settimana Santa e il gioioso tempo liturgico della Pasqua esprimono l'essenza autentica della speranza che ci definisce come cristiani. Gesù, che ci indica la vita oltre la morte, è colui che ci mostra in che modo superare prove e paure. È il vero maestro di vita (cfr Spe salvi ).

Infatti, colmi della luce di Cristo anche noi illuminiamo la via che elimina tutto il male, bandisce l'odio, ci reca la pace e rende umile l'orgoglio terreno (cfr Exsultet).

Ho fiducia nel fatto che l'immagine della luce pasquale, cari Fratelli, vi spronerà mentre vi impegnate nelle sfide importanti che dovete affrontare. I vostri resoconti descrivono con sincerità sia le luci sia le ombre delle vostre Diocesi. Senza dubbio, l'anima religiosa dei popoli della vostra regione è capace di grandi cose! La generosità di cuore e l'apertura di mente attestano uno spirito desideroso di essere plasmato dalla verità e dall'amore di nostro Signore. Tuttavia, ancora molto cerca di spegnere uno stoppino dalla fiamma smorta (cfr Is 42,3). A vari gradi, le vostre spiagge sono state battute da aspetti negativi dell'industria dell'intrattenimento, dal turismo basato sullo sfruttamento e dalla piaga del traffico di armi e di droga. Questi influssi non solo minano la famiglia e le fondamenta dei tradizionali valori culturali, ma tendono anche a colpire negativamente la politica locale.
Fratelli, contro questo sfondo inquietante, siate fieri araldi di speranza!

Siate testimoni audaci della luce di Cristo, che dona alle famiglie orientamento e scopo! Siate predicatori orgogliosi della forza del Vangelo, che deve permeare il loro modo di pensare, i loro criteri di giudizio e le norme di comportamento! Confido nel fatto che la vostra testimonianza viva dello straordinario "sì" di Dio all'umanità (cfr 2Co 1,20) incoraggerà i vostri popoli a rifiutare le tendenze sociali distruttive e a cercare la "fede in azione", accogliendo tutto ciò che genera la nuova vita di Pentecoste!

Il rinnovamento pastorale è un compito indispensabile per ognuna delle vostre Diocesi. Esistono già esempi di accoglimento entusiasta di questa sfida. Deve includere i sacerdoti, i religiosi e i laici. Di vitale importanza è la promozione instancabile delle vocazioni insieme alla guida e alla formazione permanente dei sacerdoti. Siete i primi formatori dei vostri sacerdoti e, sostenuti dai laici, avete la responsabilità di incoraggiare in modo assiduo e prudente le vocazioni. La vostra sollecitudine per la formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale dei vostri seminaristi e sacerdoti è un'espressione certa della vostra preoccupazione per il costante approfondimento del loro impegno pastorale (cfr Pastores dabo vobis PDV 2). Vi esorto a sostenere attivamente il Seminario San Giovanni Vianney e Martiri Ugandesi, a vigilare in modo paterno sui vostri giovani sacerdoti e a offrire programmi regolari di formazione permanente, necessaria per edificare l'identità sacerdotale (cfr ibidem n. 71). A loro volta, i sacerdoti alimenteranno sicuramente le loro comunità parrocchiali con crescente maturità e saggezza spirituale. La creazione di un seminario francofono nella regione è un segno positivo di speranza. Vi prego di trasmettere ai membri del suo personale e ai seminaristi l'assicurazione delle mie preghiere.

Il contributo dei religiosi, dei sacerdoti e delle suore alla missione della Chiesa e all'edificazione di una società civile ha avuto un valore inestimabile nei vostri Paesi. Innumerevoli ragazzi, ragazze e famiglie hanno beneficiato dell'impegno abnegato dei religiosi nella guida spirituale, nell'educazione e nell'opera sociale e sanitaria. Di particolare valore e bellezza è la vita di preghiera delle comunità contemplative della regione. La vostra sollecitudine pastorale per il calo delle vocazioni religiose esemplifica il vostro profondo apprezzamento della vita consacrata. Anche io mi rivolgo alle comunità religiose, incoraggiandole a riaffermare la propria vocazione con fiducia e, guidate dallo Spirito Santo, a proporre di nuovo ai giovani l'ideale di consacrazione e di missione. I tesori spirituali dei loro rispettivi carismi illuminano splendidamente i modi in cui il Signore chiama i giovani a intraprendere la vita di amore per Gesù e, in Lui, per ogni componente della famiglia umana (cfr Vita consecrata VC 3).

Cari fratelli, ognuno di voi sente la grande responsabilità di fare tutto il possibile per sostenere il matrimonio e la vita familiare, fonte primaria di coesione all'interno delle comunità e dunque di un'importanza capitale agli occhi delle autorità civili. A tale proposito, l'ampia rete di scuole cattoliche in tutta la vostra regione apporta un grande contributo. I valori radicati nel cammino di verità offerto da Cristo illuminano la mente e il cuore dei giovani e li portano a seguire la via della fedeltà, della responsabilità e della libertà vera. Buoni giovani cristiani costituiscono buoni cittadini! Sono certo che sarà fatto tutto il possibile per incoraggiare la specificità cattolica delle vostre scuole che, nel corso delle generazioni passate, hanno reso importanti servizi ai vostri popoli. Pertanto non dubito che i giovani adulti delle vostre diocesi sapranno discernere che spetta loro, in modo urgente, contribuire allo sviluppo economico e sociale della regione, poiché si tratta di una dimensione essenziale della loro testimonianza cristiana.

Con affetto fraterno offro queste riflessioni, volendo confermarvi nel vostro desiderio di intensificare gli appelli alla testimonianza e all'evangelizzazione che scaturiscono dall'incontro con Cristo. Uniti nella proclamazione della Buona Novella di Gesù Cristo, andate avanti nella speranza! Vi prego di assicurare tutti i vostri seminaristi e sacerdoti, religiosi e laici, incluse in particolare le considerevoli comunità di immigrati, delle mie preghiere e della mia comunione spirituale.

A voi tutti, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.




MEMORIA DEI TESTIMONI DELLA FEDE DEL XX E XXI SECOLO - SALUTO Basilica di San Bartolomeo all'Isola Tiberina Lunedì, 7 aprile 2008

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Al termine dell’incontro di preghiera in memoria dei testimoni della fede dei tempi recenti, volentieri rivolgo un saluto a voi tutti, soprattutto a voi che avete seguito la liturgia sulla piazza o in collegamento radiotelevisivo. Nel venticinquesimo anniversario della Comunità, venendo a Santa Maria in Trastevere il Servo di Dio Giovanni Paolo II affidò alla Comunità di Sant’Egidio questa basilica di San Bartolomeo e nel 2000 stabilì che in essa si alimentasse il ricordo dei nuovi martiri.


Cari amici della Comunità di Sant'Egidio, voi avete mosso i primi passi proprio qui a Roma negli anni difficili dopo il ‘68. Figli di questa Chiesa che presiede nella carità, avete poi diffuso il vostro carisma in tante parti del mondo. La Parola di Dio, l’amore per la Chiesa, la predilezione per i poveri, la comunicazione del Vangelo sono state le stelle che vi hanno guidato testimoniando, sotto cieli diversi, l’unico messaggio di Cristo. Vi ringrazio per questa vostra opera apostolica; vi ringrazio per l’attenzione agli ultimi e per la ricerca della pace, che contraddistinguono la vostra Comunità. L'esempio dei martiri, che abbiamo ricordato, continui a guidare i vostri passi, perché siate veri amici di Dio e autentici amici dell’umanità. E non temete le difficoltà e le sofferenze che questa azione missionaria comporta: rientrano nella “logica” della coraggiosa testimonianza dell’amore cristiano.

Desidero, infine, rivolgere a voi e, tramite voi, a tutte le vostre Comunità sparse per il mondo il mio più cordiale augurio nel quarantesimo anniversario della vostra nascita. Estendo il mio saluto agli ammalati, al personale sanitario, ai religiosi e ai volontari dell’attiguo Ospedale Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina. Per tutti e per ciascuno assicuro un ricordo nella preghiera, mentre, invocando la materna protezione della Vergine Santa, imparto a tutti la Benedizione Apostolica.




VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI D'AMERICA

E VISITA ALLA SEDE DELL'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE



INTERVISTA AI GIORNALISTI DURANTE IL VOLO DIRETTO NEGLI STATI UNITI D'AMERICA Martedì, 15 aprile 2008

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P. Lombardi: Santità, benvenuto! A nome di tutti i colleghi che sono qui presenti, La ringrazio di questa disponibilità così gentile nel venire a salutarci e anche a darci alcune indicazioni ed idee per seguire questo viaggio. È il Suo secondo viaggio intercontinentale; il primo come Santo Padre in America, Stati Uniti e alle Nazioni Unite. Un viaggio importante e molto atteso. Per incominciare, vuole dirci qualche cosa sui sentimenti, sulle speranze con cui affronta questo viaggio e qual è il Suo obiettivo fondamentale, dal Suo punto di vista?

Papa: Il mio viaggio ha soprattutto due obiettivi. Il primo obiettivo è la visita alla Chiesa in America, negli Stati Uniti. C’è un motivo particolare: la diocesi di Baltimora, 200 anni fa, è stata elevata a metropolia e nello stesso tempo sono nate quattro altre diocesi: New York, Philadelphia, Boston e Louisville. Così è un grande giubileo per questo nucleo della Chiesa negli Stati Uniti, un momento di riflessione sul passato e soprattutto di riflessione sul futuro, su come rispondere alle grandi sfide del nostro tempo, nel presente e in vista del futuro. E naturalmente, fa parte di questa visita anche l’incontro interreligioso e l’incontro ecumenico, particolarmente anche un incontro nella Sinagoga con i nostri amici ebrei, nella vigilia della loro festa di Pasqua. Quindi, questo è l’aspetto religioso-pastorale della Chiesa negli Stati Uniti in questo momento della nostra storia, e l’incontro con tutti gli altri in questa fraternità comune che ci collega in una comune responsabilità. Vorrei in questo momento anche ringraziare il Presidente Bush che verrà all’aeroporto, mi riserverà molto tempo per colloqui e mi riceverà in occasione del mio genetliaco. Secondo obiettivo, la visita alle Nazioni Unite. Anche qui c’è un motivo particolare: sono passati 60 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Questa è la base antropologica, la filosofia fondante delle Nazioni Unite, il fondamento umano e spirituale sul quale sono costruite. Quindi, è realmente un momento di riflessione, il momento di riprendere coscienza di questa tappa importante della storia. Nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo sono confluite diverse tradizioni culturali, soprattutto una antropologia che riconosce nell’Uomo un soggetto di diritto precedente a tutte le Istituzioni, con valori comuni da rispettare da parte di tutti. Quindi, questa visita, che avviene proprio in un momento di crisi dei valori, mi sembra importante per riconfermare insieme che tutto è incominciato in quel momento e per recuperarlo per il nostro futuro.

P. Lombardi: Adesso passiamo alle domande che voi stessi avete presentato nei giorni scorsi e che alcuni di voi presenteranno al Santo Padre. Cominciamo con la domanda che fa John Allen, che non credo abbia bisogno di presentazione, perché è molto noto come commentatore dei fatti vaticani negli Stati Uniti.

Domanda: Santo Padre, io faccio la domanda in inglese, se posso, e forse, se fosse possibile, se potessimo avere una frase, una parola in inglese, saremmo molto riconoscenti. La domanda: la Chiesa che troverà negli Stati Uniti è una Chiesa grande, una Chiesa vivace, ma anche una Chiesa sofferente, in un certo senso, soprattutto a causa della recente crisi dovuta agli abusi sessuali. La gente americana sta aspettando una parola da Lei, un messaggio da Lei su questa crisi. Quale sarà il Suo messaggio per questa Chiesa sofferente?

Papa: It is a great suffering for the Church in the United States and for the Church in general, for me personally, that this could happen. If I read the history of these events, it is difficult for me to understand how it was possible for priests to fail in this way the mission to give healing, to give God’s love to these children. I am ashamed and we will do everything possible to ensure that this does not happen in future. I think we have to act on three levels: the first is at the level of justice and the political level. I will not speak at this moment about homosexuality: this is another thing. We will absolutely exclude paedophiles from the sacred ministry; it is absolutely incompatible and who is really guilty of being a paedophile cannot be a priest. So at this first level we can do justice and help the victims, because they are deeply affected; these are the two sides of justice: one, that paedophiles cannot be priests and the other, to help in any possible way the victims. Then, there’s a pastoral level. The victims will need healing and help and assistance and reconciliation: this is a big pastoral engagement and I know that the bishops and the priests and all Catholic people in the United States will do whatever possible to help, to assist, to heal. We have made a visitation of the seminaries and we will do all that is possible in the education of seminarians for a deep spiritual, human and intellectual formation for the students. Only sound persons can be admitted to the priesthood and only persons with a deep personal life in Christ and who have a deep sacramental life. So, I know that the bishops and directors of seminarians will do all possible to have a strong, strong discernment because it is more important to have good priests than to have many priests. This is also our third level, and we hope that we can do and we have done and we will do in the future all that is possible to heal these wounds.

[È una grande sofferenza per la Chiesa negli Stati Uniti e per la Chiesa in generale, e per me personalmente, il fatto che tutto ciò sia potuto accadere. Se leggo i resoconti di questi avvenimenti, mi riesce difficile comprendere come sia stato possibile che alcuni sacerdoti abbiano potuto fallire in questo modo nella missione di portare sollievo, di portare l’amore di Dio a questi bambini. Sono mortificato e faremo tutto il possibile per assicurare che questo non si ripeta in futuro. Credo che dovremo agire su tre piani: il primo è il piano della giustizia e il piano politico. Non voglio in questo momento parlare dell’omosessualità: questo è un altro discorso. Escluderemo rigorosamente i pedofili dal sacro ministero: è assolutamente incompatibile e chi è veramente colpevole di essere pedofilo non può essere sacerdote. Ecco, a questo primo livello possiamo fare giustizia ed aiutare le vittime, che sono profondamente provate. Questi sono i due aspetti della giustizia: uno è che i pedofili non possono essere sacerdoti e l’altro è aiutare in ogni modo possibile le vittime. Poi, c’è il piano pastorale. Le vittime avranno bisogno di guarire e di aiuto e di assistenza e di riconciliazione. Questo è un grande impegno pastorale e io so che i Vescovi ed i sacerdoti e tutti i cattolici negli Stati Uniti faranno il possibile per aiutare, assistere, guarire. Abbiamo fatto delle ispezioni nei seminari e faremo quanto è possibile perché i seminaristi ricevano una profonda formazione spirituale, umana ed intellettuale. Solo persone sane potranno essere ammesse al sacerdozio e solo persone con una profonda vita personale in Cristo e che abbiano anche una profonda vita sacramentale. Io so che i Vescovi ed i rettori dei seminari faranno il possibile per esercitare un discernimento molto, molto severo, perché è più importante avere buoni sacerdoti che averne molti. Questo è il nostro terzo punto, e speriamo di potere fare e di avere fatto e di fare in futuro ogni cosa sia in nostro potere per guarire queste ferite.]

P. Lombardi: Grazie, Santità. Un altro dei temi su cui abbiamo avuto molte domande da parte dei nostri colleghi è stato quello dell’immigrazione, della presenza nella società statunitense anche delle componenti di lingua spagnola. E per questo, la domanda viene fatta dal nostro collega Andrés Leonardo Beltramo Alvarez che è dell’Agenzia di informazione del Messico:

Domanda: Santità, faccio la domanda in italiano e poi, se Lei vuole, può fare il commento in spagnolo. Un saluto, soltanto un saluto. Vi è una crescita enorme della presenza ispanica anche nella Chiesa degli Stati Uniti in generale: la comunità cattolica diventa sempre più bilingue e sempre più bi-culturale. Allo stesso tempo, vi è nella società un crescente movimento anti-immigrazione: la situazione degli immigrati è caratterizzata da forme di precarietà e discriminazione. Lei ha intenzione di parlare di questo problema e di invitare l’America ad accogliere bene gli immigrati, molti dei quali sono cattolici?

Papa: Non sono in grado di parlare in spagnolo, ma mis saludos y mi bendición para todos los hispánicos.Certamente parlerò di questo punto. Io ho avuto diverse visite "ad Limina" dei Vescovi dell’America Centrale, anche dell’America del Sud, e ho visto l’ampiezza di questo problema, soprattutto il grave problema della separazione delle famiglie. E questo veramente è pericoloso per il tessuto sociale, morale e umano di questi Paesi. Bisogna però distinguere tra misure da prendere subito e soluzioni a lunga scadenza. La soluzione fondamentale è che non ci sia più bisogno di emigrare, perché ci sono in Patria posti di lavoro sufficienti, un tessuto sociale sufficiente, così che nessuno abbia più bisogno di emigrare. Quindi, dobbiamo lavorare tutti per questo obiettivo, per uno sviluppo sociale che consenta di offrire ai cittadini lavoro ed un futuro nella terra d’origine. E anche su questo punto vorrei parlare con il Presidente, perché soprattutto gli Stati Uniti devono aiutare perché i Paesi possano così svilupparsi. È nell’interesse di tutti, non solo di questi Paesi, ma del mondo e anche degli Stati Uniti. Poi, misure a breve scadenza: è molto importante aiutare soprattutto le famiglie. Alla luce dei colloqui che ho avuto con i Vescovi, il problema primario è che le famiglie siano protette, non siano distrutte. Quanto si può fare, si deve fare. Poi, naturalmente, bisogna fare il possibile contro la precarietà e contro tutte le violenze e aiutare perché possano avere realmente una vita degna lì dove sono attualmente. Vorrei anche dire che ci sono tanti problemi, tante sofferenze, ma c’è anche tanta ospitalità! Io so che soprattutto la Conferenza Episcopale Americana collabora moltissimo con le Conferenze Episcopali dell’America Latina in vista degli aiuti necessari. Con tutte le cose dolorose, non dimentichiamo anche tanta vera umanità, tante azioni positive che pure ci sono.

P. Lombardi: Grazie, Santità. Adesso, una domanda che si riferisce alla società americana: esattamente al posto dei valori religiosi nella società americana. Diamo la parola al nostro collega Andrea Tornielli, che è vaticanista di un giornale italiano:

Domanda: Santo Padre, ricevendo la nuova Ambasciatrice degli Stati Uniti d’America, Ella ha messo in luce come valore positivo il riconoscimento pubblico della religione negli Stati Uniti. Volevo chiederLe se considera questo un possibile modello anche per l’Europa secolarizzata, o se non crede che ci possa essere anche il rischio che la religione e il nome di Dio possano venire usati per fare passare certe politiche e persino la guerra ...

Papa: Certamente, in Europa non possiamo semplicemente copiare gli Stati Uniti: abbiamo la nostra storia. Ma dobbiamo tutti imparare l’uno dall’altro. Quanto trovo io affascinante negli Stati Uniti è che hanno incominciato con un concetto positivo di laicità, perché questo nuovo popolo era composto da comunità e persone che erano fuggite dalle Chiese di Stato e volevano avere uno Stato laico, secolare che aprisse possibilità a tutte le confessioni, per tutte le forme di esercizio religioso. Così è nato uno Stato volutamente laico: erano contrari ad una Chiesa di Stato. Ma laico doveva essere lo Stato proprio per amore della religione nella sua autenticità, che può essere vissuta solo liberamente. E così troviamo questo insieme di uno Stato volutamente e decisamente laico, ma proprio per una volontà religiosa, per dare autenticità alla religione. E sappiamo che Alexis de Toqueville, studiando l’America, ha visto che le istituzioni laiche vivono con un consenso morale di fatto che esiste tra i cittadini. Questo mi sembra un modello fondamentale e positivo. È da considerare che in Europa, nel frattempo, sono passati duecento anni, più di duecento anni, con tanti sviluppi. Adesso c’è anche negli Stati Uniti l’attacco di un nuovo secolarismo, del tutto diverso, e quindi prima i problemi erano l’immigrazione, ma la situazione si è complicata e differenziata nel corso della storia. Tuttavia il fondamento, il modello fondamentale mi sembra anche oggi degno di essere tenuto presente anche in Europa.

P. Lombardi: Grazie, Santità. E allora, un ultimo tema riguarda la Sua visita alle Nazioni Unite, e su questo la domanda ce la fa John Thavis, che è il responsabile a Roma dell’Agenzia cattolica di notizie degli Stati Uniti.

Domanda: Santo Padre, il Papa spesso è considerato la coscienza dell’umanità, e anche per questo il suo discorso alle Nazioni Unite è molto atteso. Vorrei chiedere: Lei pensa che un’istituzione multilaterale come le Nazioni Unite possa salvaguardare i principi ritenuti "non negoziabili" dalla Chiesa Cattolica, cioè i principi fondati sulla legge naturale?

Papa: È proprio questo l’obiettivo fondamentale delle Nazioni Unite: che salvaguardino i valori comuni dell’umanità, sui quali è basata la convivenza pacifica delle Nazioni: l’osservanza della giustizia e lo sviluppo della giustizia. Ho già brevemente accennato che a me sembra molto importante che il fondamento delle Nazioni Unite sia proprio l’idea dei diritti umani, dei diritti che esprimono valori non negoziabili, che precedono tutte le istituzioni e sono il fondamento di tutte le istituzioni. Ed è importante che ci sia questa convergenza tra le culture che hanno trovato un consenso sul fatto che questi valori sono fondamentali, che sono iscritti nello stesso essere Uomo. Rinnovare questa coscienza che le Nazioni Unite, con la loro funzione pacificatrice, possono lavorare soltanto se hanno il fondamento comune dei valori che si esprimono poi in "diritti" che devono essere osservati da tutti. Confermare questa concezione fondamentale e aggiornarla in quanto possibile, è un obiettivo della mia missione.

Alla fine, dal momento che inizialmente Padre Lombardi mi aveva posto una domanda anche sui miei sentimenti, vorrei dire: vado negli Stati Uniti proprio con gioia! Sono stato in precedenza diverse volte negli Stati Uniti, conosco questo grande Paese, conosco la grande vivacità della Chiesa nonostante tutti i problemi, e sono contento di poter incontrare, in questo momento storico sia per la Chiesa che per le Nazioni Unite, questo grande popolo e questa grande Chiesa. Grazie a tutti!

P. Lombardi: Grazie a Lei, Santità, da parte di tutti noi. Veramente rinnoviamo l’augurio per questo viaggio: possa avere tutti i frutti che Lei se ne attende e che anche tutti noi, con Lei, attendiamo. Grazie e buon viaggio!






CERIMONIA DI BENVENUTO South lawn della White House, Washington D.C. Mercoledì, 16 aprile 2008

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Signor Presidente,

grazie per le gentili espressioni di benvenuto formulatemi a nome del popolo degli Stati Uniti d’America. Apprezzo profondamente il Suo invito a visitare questo grande Paese. La mia venuta coincide con un momento importante della vita della Comunità cattolica in America, cioè la celebrazione del secondo centenario della elevazione a metropolia arcidiocesana della prima diocesi del Paese, Baltimora, e la fondazione delle sedi di New York, Boston, Filadelfia e Louisville. Sono inoltre felice di essere ospite di tutti gli Americani. Vengo come amico e annunciatore del Vangelo, come uno che rispetta grandemente questa vasta società pluralistica. I cattolici americani hanno offerto, e continuano ad offrire, un eccellente contributo alla vita del loro Paese. Nell’accingermi a dare inizio alla mia visita, confido che la mia presenza possa essere fonte di rinnovamento e di speranza per la Chiesa negli Stati Uniti e rafforzi la determinazione dei cattolici a contribuire ancor più responsabilmente alla vita della Nazione, della quale sono fieri di essere cittadini.

Sin dagli albori della Repubblica, la ricerca di libertà dell’America è stata guidata dal convincimento che i principi che governano la vita politica e sociale sono intimamente collegati con un ordine morale, basato sulla signoria di Dio Creatore. Gli estensori dei documenti costitutivi di questa Nazione si basarono su tale convinzione, quando proclamarono la “verità evidente per se stessa” che tutti gli uomini sono creati eguali e dotati di inalienabili diritti, fondati sulla legge di natura e sul Dio di questa natura. Il cammino della storia americana evidenzia le difficoltà, le lotte e la grande determinazione intellettuale e morale che sono state necessarie per formare una società che incorporasse fedelmente tali nobili principi. Lungo quel processo, che ha plasmato l’anima della Nazione, le credenze religiose furono un’ispirazione costante e una forza orientatrice, come ad esempio nella lotta contro la schiavitù e nel movimento per i diritti civili. Anche nel nostro tempo, particolarmente nei momenti di crisi, gli Americani continuano a trovare la propria energia nell’aderire a questo patrimonio di condivisi ideali ed aspirazioni.

Nei prossimi giorni, attendo con gioia di incontrare non soltanto la comunità cattolica d’America, ma anche altre comunità cristiane e rappresentanze delle molte tradizioni religiose presenti in questo Paese. Storicamente, non solo i cattolici, ma tutti i credenti hanno qui trovato la libertà di adorare Dio secondo i dettami della loro coscienza, essendo al tempo stesso accettati come parte di una confederazione nella quale ogni individuo ed ogni gruppo può far udire la propria voce. Ora che la Nazione deve affrontare sempre più complesse questioni politiche ed etiche, confido che gli americani potranno trovare nelle loro credenze religiose una fonte preziosa di discernimento ed un’ispirazione per perseguire un dialogo ragionevole, responsabile e rispettoso nello sforzo di edificare una società più umana e più libera.

La libertà non è solo un dono, ma anche un appello alla responsabilità personale. Gli americani lo sanno per esperienza - quasi ogni città di questo Paese possiede i suoi monumenti che rendono omaggio a quanti hanno sacrificato la loro vita in difesa della libertà, sia nella propria terra che altrove. La difesa della libertà chiama a coltivare la virtù, l’autodisciplina, il sacrificio per il bene comune ed un senso di responsabilità nei confronti dei meno fortunati. Esige inoltre il coraggio di impegnarsi nella vita civile, portando nel pubblico ragionevole dibattito le proprie credenze religiose e i propri valori più profondi. In una parola, la libertà è sempre nuova. Si tratta di una sfida posta ad ogni generazione, e deve essere costantemente vinta a favore della causa del bene (cfr Spe salvi ). Pochi hanno compreso ciò così lucidamente come Papa Giovanni Paolo II, di venerata memoria. Nel riflettere sulla vittoria spirituale della libertà sul totalitarismo nella sua natia Polonia e in Europa orientale, egli ci ricordò come la storia evidenzi, in tante occasioni, che “in un mondo senza verità, la libertà perde il proprio fondamento” e una democrazia senza valori può perdere la sua stessa anima (cfr Centesimus annus
CA 46). Queste parole profetiche fanno eco in qualche modo alla convinzione del Presidente Washington, espressa nel suo discorso d’addio, che la religione e la moralità costituiscono “sostegni indispensabili” per la prosperità politica.

La Chiesa, per parte sua, desidera contribuire alla costruzione di un mondo sempre più degno della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,26-27). Essa è convinta che la fede getta una luce nuova su tutte le cose, e che il Vangelo rivela la nobile vocazione e il sublime destino di ogni uomo e di ogni donna (cfr Gaudium et spes GS 10). La fede, inoltre, ci offre la forza per rispondere alla nostra alta vocazione e la speranza che ci ispira ad operare per una società sempre più giusta e fraterna. La democrazia può fiorire soltanto, come i vostri Padri fondatori ben sapevano, quando i leader politici e quanti essi rappresentano sono guidati dalla verità e portano la saggezza, generata dal principio morale, nelle decisioni che riguardano la vita e il futuro della Nazione.

Da ben oltre un secolo, gli Stati Uniti d’America hanno svolto un ruolo importante nella comunità internazionale. Venerdì prossimo, a Dio piacendo, avrò l’onore di rivolgere la parola all’Organizzazione delle Nazioni Unite, dove spero di incoraggiare gli sforzi in atto per rendere quella istituzione una voce ancor più efficace per le legittime aspettative di tutti i popoli del mondo. A questo riguardo, nel 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, l’esigenza di una solidarietà globale è più urgente che mai, se si vuole che tutti possano vivere in modo adeguato alla loro dignità, come fratelli e sorelle che abitano in una stessa casa, attorno alla mensa che la bontà di Dio ha preparato per tutti i suoi figli. L’America si è sempre dimostrata generosa nel venire incontro ai bisogni umani immediati, promuovendo lo sviluppo e offrendo sollievo alle vittime delle catastrofi naturali. Ho fiducia che tale preoccupazione per l’ampia famiglia umana continuerà a trovare espressione nel sostenere gli sforzi pazienti della diplomazia internazionale volti a risolvere i conflitti e a promuovere il progresso. Così, le generazioni future saranno in grado di vivere in un mondo dove la verità, la libertà e la giustizia possano fiorire – un mondo dove la dignità e i diritti dati da Dio ad ogni uomo, donna e bambino, vengano tenuti in considerazione, protetti e promossi efficacemente.

Signor Presidente, cari amici: mentre mi accingo a dar inizio alla visita negli Stati Uniti, voglio esprimere ancora una volta la mia gratitudine per l’invito formulatomi, la gioia di essere in mezzo a voi, e la mia fervente preghiera che Dio Onnipotente confermi questa Nazione e il suo popolo nelle vie della giustizia, della prosperità e della pace. Dio benedica l’America!




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