Discorsi 2005-13 18238

A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR NASER MUHAMED YOUSSEF AL BELOOSHI, PRIMO AMBASCIATORE DEL BAHREIN PRESSO LA SANTA SEDE Sala Clementina Giovedì, 18 dicembre 2008

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Signor Ambasciatore,

È con grande gioia che l'accolgo in Vaticano mentre presenta le lettere che l'accreditano come primo Ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Regno del Bahrein presso la Santa Sede. La ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto e anche per i saluti e l'invito che mi ha trasmesso da parte di Sua Maestà il Re Hamad Bin Isa Al-Khalifa. Desidero in cambio assicurarlo dei miei voti migliori per la sua persona, come pure per gli abitanti del Regno, perché tutti vivano nella pace e nella prosperità.

La visita che Sua Maestà il Re mi ha reso a Castel Gandolfo lo scorso luglio, e anche la sua designazione, Eccellenza, come primo Ambasciatore del Regno di Bahrein, sono il segno delle buone relazioni che il suo Paese desidera intrattenere con la Santa Sede. Me ne rallegro vivamente e auspico che si possano approfondire ulteriormente.

I cambiamenti che il Regno ha conosciuto nel corso degli ultimi anni mostrano la preoccupazione costante di progredire verso l'instaurazione di una società aperta al mondo e di relazioni sempre più fraterne con le altre nazioni, restando comunque fedele ai suoi valori tradizionali legittimi. La partecipazione di molti agli orientamenti e alla gestione della vita del Paese non può che contribuire a mantenere l'unità e la solidarietà fra le diverse componenti, e anche a favorire il bene comune.

Desidero rendere omaggio all'impegno del suo Paese che, come lei ha sottolineato, signor Ambasciatore, è di promuovere una politica di pace e di dialogo. Il Regno del Bahrein ha in effetti una lunga tradizione di tolleranza e di accoglienza, ospitando in particolare numerosi lavoratori stranieri, che partecipano allo sviluppo del Paese. Lontani dalla loro nazione d'origine e dalle loro famiglie, il che non può che rendere la loro vita più difficile, possano sentirsi a casa propria nel vostro Paese, grazie alla benevola accoglienza riservata loro!

Fra i lavoratori stranieri molti sono di religione cattolica. Desidero ringraziare qui le autorità del Regno per l'accoglienza che ricevono e anche per la possibilità che viene data loro di praticare il proprio culto. Sono lieto di ricordare che la chiesa eretta nel 1939 su un terreno offerto dall'Emiro di quell'epoca è stata la prima chiesa costruita nei paesi del Golfo. Tuttavia, tutti sono oggi consapevoli che, con l'aumento del numero dei cattolici, sarebbe auspicabile che potessero disporre di altri luoghi di culto.

Il rispetto della libertà religiosa, che figura fra i diritti garantiti dalla costituzione del suo Paese, è di un'importanza primordiale, poiché riguarda ciò che di più profondo e di più sacro vi è nell'uomo: il suo rapporto con Dio. La religione dà la risposta alla domanda del vero senso dell'esistenza nell'ambito personale e sociale. La libertà religiosa, che permette a ognuno di vivere il suo credo da solo o con gli altri, in privato o in pubblico, comporta anche la possibilità per la persona di cambiare religione se la sua coscienza lo richiede. Del resto, durante il Concilio Vaticano ii, la Chiesa cattolica ha voluto sottolineare solennemente l'obbligo per l'uomo di seguire la propria coscienza in ogni circostanza e il fatto che nessuno può essere costretto ad agire contro di essa (cfr. Dichiarazione sulla libertà religiosa, Dignitatis humanae
DH 3).

Il suo Paese si preoccupa anche di instaurare un autentico dialogo fra le culture e fra i membri delle religioni. È in effetti indispensabile che vi sia una comprensione sempre più sincera fra le persone e fra i gruppi umani e religiosi al fine di stabilire relazioni sempre più fraterne. Ciò inizia con un ascolto rispettoso gli uni degli altri, basato sulla stima reciproca. Pur riconoscendo le divergenze che ci separano, cristiani e musulmani, e anche le posizioni diverse che abbiamo su vari punti, è importante che nel mondo di oggi possiamo collaborare per difendere e promuovere i valori fondamentali della vita e della famiglia che permettono all'uomo di vivere nella fedeltà al Dio unico e alla società di instaurarsi nella pace e nella solidarietà.

Per mezzo di lei, signor Ambasciatore, desidero anche salutare molto cordialmente la comunità cattolica del suo Paese, e anche il suo Vicariato apostolico. Chiedo a Dio di sostenerli nella loro fede e di aiutarli a essere testimoni autentici della speranza che li fa vivere. Nel Regno del Bahrein, come in tutti i paesi, i cattolici cercano di contribuire al bene della società. Così la Sacred Hearth School, diretta dalle religiose carmelitane, che offre un insegnamento di alto livello qualitativo ai giovani, senza distinzioni di origine o di religione, è da molti anni un segno eloquente di tale impegno.

In questa prospettiva, auspico che la Chiesa locale e le sue istituzioni offrano sempre più il loro contributo per il bene della società, in dialogo fiducioso e in collaborazione efficace con le autorità del Paese.
Signor ambasciatore, mentre inizia la sua missione presso la Santa Sede, le formulo i miei voti cordiali di successo e l'assicuro della disponibilità dei miei collaboratori presso i quali troverà sempre comprensione e sostegno per il suo felice compimento.

Sulla sua persona, sulla sua famiglia, sui suoi collaboratori e anche su tutti gli abitanti del Bahrein e i loro dirigenti, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni dell'Altissimo.




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR PIO BOSCO TIKOISUVA, NUOVO AMBASCIATORE DELLE ISOLE FIJI PRESSO LA SANTA SEDE Sala Clementina Giovedì, 18 dicembre 2008

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Eccellenza,

sono lieto di accoglierla in Vaticano e di accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica delle Isole Fiji presso la Santa Sede. Desidero esprimere gratitudine per i buoni auspici che mi ha trasmesso da parte del Presidente Ratu Josefa Iloilo e del Primo Ministro Frank Bainimarama. La prego di trasmettere i miei saluti a ognuno di loro e assicurarli delle mie preghiere costanti per tutto il popolo delle Isole Fiji.

La Santa Sede trae sempre coraggio nel vedere segni di progresso verso una stabilità e una pace maggiori, e spera molto che le misure intraprese per il ripristino di una forma di governo democraticamente eletto nelle isole Fiji, attingendo energie e capacità da tutti gli abitanti, rechino frutto.

Infatti, uno dei principi chiave della visione cristiana dell'organizzazione politica e sociale è la virtù della solidarietà, attraverso la quale i differenti elementi della società cooperano per ottenere il bene comune di tutti, producendo in tal modo ciò che il mio predecessore, Papa Paolo VI descrisse in modo così bello come "civiltà dell'amore" (Omelia in occasione della chiusura dell'Anno Santo 1975). Per questo motivo, la Chiesa considera il sistema democratico come qualcosa che dà voce a tutti i diversi settori della società e incoraggia la responsabilità condivisa.

Resta però che "il benessere morale del mondo non può mai essere garantito semplicemente mediante strutture, per quanto valide esse siano" (Spe salvi ): la democrazia di per sé non è sufficiente a meno che non sia guidata e illuminata dai valori radicati nella verità sulla persona umana (cfr. Centesimus annus
CA 46).

È qui che le relazioni diplomatiche della Santa Sede con gli Stati possono rendere un contributo importante al bene comune. Mentre i governi si assumono la responsabilità dell'ordinamento politico dello Stato, la Chiesa proclama incessantemente la sua visione della dignità e dei diritti della persona umana donati da Dio. È su questa base che esorta i responsabili politici a garantire che tutto il loro popolo possa vivere in pace e libertà, senza temere discriminazioni o ingiustizie di qualunque tipo. Esorta le autorità civili a garantire il diritto più importante di tutti, ovvero il diritto alla vita dal momento del concepimento fino a quello della morte naturale.

Ne conseguono il diritto a vivere in una famiglia unita e in un ambiente morale che promuova la crescita personale, il diritto di cercare e conoscere la verità attraverso l'educazione, il diritto di lavorare e di godere dei frutti del proprio lavoro, il diritto di creare una famiglia e di allevare figli in modo responsabile. La sintesi di tutti questi diritti si trova nella libertà religiosa, intesa come "diritto a vivere nella verità della propria fede e in conformità alla trascendente dignità della propria persona" (Centesimus annus CA 47).

La comunità cattolica nelle Isole Fiji desidera svolgere il proprio ruolo nella promozione del rispetto dovuto alla persona umana, in particolare attraverso l'impegno nell'educazione e nell'attività caritativa. Infatti, la corretta formazione dei giovani e il servizio ai bisognosi sono parte integrante della missione ecclesiale nel mondo, e sono elementi chiave del suo contributo al bene comune della società. Le Isole Fiji, grazie alla presenza di cristiani di differenti tradizioni e di membri di altre religioni, sono un terreno fertile per lo sviluppo di iniziative ecumeniche e del dialogo interreligioso. La Chiesa cattolica è lieta di contribuire con la sua abilità in queste aree e di cooperare con tutti gli uomini e con tutte le donne di buona volontà per offrire una testimonianza comune dei valori che devono sottendere una "civiltà dell'amore". In particolare, si addice a quanti adorano Dio sostenere la causa dei poveri, degli umili e dei vulnerabili, di quanti sono sempre stati riconosciuti come particolarmente vicini a lui.

Signora Ambasciatore, come sa, la regione del Pacifico deve affrontare molte sfide in questo momento, non da ultimo gli effetti del mutamento climatico, in particolare sulle popolazioni insulari, e la necessità di tutelare le risorse naturali. La bellezza del Creato è particolarmente evidente per quanti vivono nel Sud del Pacifico. Spero sinceramente che attraverso la cooperazione regionale e globale, si possa raggiungere un "modello di sviluppo sostenibile, che garantisca il benessere di tutti nel rispetto degli equilibri ecologici" (Messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace 2008). In questo modo, le future generazioni nelle isole del Pacifico potranno ancora godere delle meraviglie del genio creativo di Dio e vivere in pace e armonia autentiche con la natura.

Eccellenza,

nel porgerle i miei migliori auspici per il buon esito della sua missione, desidero assicurarle che i vari dicasteri della Curia Romana sono pronti a offrirle aiuto e sostegno nello svolgimento dei suoi compiti. Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia, e su tutti gli abitanti della Repubblica delle Isole Fiji, invoco di tutto cuore abbondanti benedizioni divine.



AI NUOVI AMBASCIATORI PRESSO LA SANTA SEDE IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA DELLE LETTERE CREDENZIALI Sala Clementina Giovedì, 18 dicembre 2008

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Eccellenze,

È con gioia che vi ricevo questa mattina per la presentazione delle lettere che vi accreditano come ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri rispettivi Paesi presso la Santa Sede: il Malawi, la Svezia, la Sierra Leone, l'Islanda, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica del Madagascar, il Belize, la Tunisia, la Repubblica del Kazakhstan, il Regno del Bahrein e la Repubblica di Fiji. Vi ringrazio per le parole cortesi che mi avete rivolto da parte dei vostri Capi di Stato. Vi sarei grato se poteste trasmettere loro in cambio i miei saluti cordiali e i miei voti deferenti per le loro persone e per l'alta missione che svolgono al servizio del loro Paese e del loro popolo. Desidero altresì salutare, per mezzo di voi, tutte le Autorità civili e religiose delle vostre nazioni, e anche i vostri concittadini.

Le mie preghiere e i miei pensieri vanno in particolare alle comunità cattoliche presenti nei vostri Paesi, dove sono desiderose di vivere il Vangelo e di testimoniarlo in uno spirito di collaborazione fraterna.

La diversità dei vostri luoghi di provenienza mi permette di rendere grazie a Dio per il suo amore creatore e per la molteplicità dei suoi doni, che non smettono di destare meraviglia negli uomini. Essa è un insegnamento. A volte la diversità può far paura, per questo non sorprende costatare che spesso l'uomo preferisce la monotonia dell'uniformità. Sistemi politico-economici che avevano una matrice pagana o religiosa o che si dichiaravano tali hanno afflitto l'umanità per troppo tempo e hanno cercato di uniformarla con demagogia e violenza. Hanno ridotto e, purtroppo, riducono ancora l'uomo a una schiavitù indegna al servizio di un'ideologia unica o di un'economia disumana e pseudo-scientifica. Tutti sappiamo che non esiste un modello politico unico come un ideale da realizzare in assoluto, e che la filosofia politica si evolve nel tempo e nella sua espressione con l'affinamento dell'intelligenza umana e le lezioni tratte dalla sua esperienza politica ed economica. Ogni popolo ha il suo genio e anche i "suoi demoni". Ogni popolo avanza attraverso un parto a volte doloroso che gli è proprio, verso un futuro che desidera luminoso. Auspico dunque che ogni popolo coltivi il suo genio che lo arricchirà al meglio per il bene di tutti, e che si purifichi dei suoi "demoni" che controllerà al meglio fino ad eliminarli trasformandoli in valori positivi e creatori di armonia, di prosperità e di pace al fine di difendere la grandezza della dignità umana!

Riflettendo sulla bella missione dell'ambasciatore, mi è venuto in mente in modo spontaneo uno degli aspetti essenziali della sua attività: la ricerca e la promozione della pace che ho appena ricordato. È opportuno citare qui la Beatitudine pronunciata da Cristo nel suo Discorso della Montagna: "Beati gli artefici di pace perché saranno chiamati figli di Dio" (
Mt 5,9).

L'ambasciatore può e deve essere un costruttore di pace. L'artefice di pace, di cui si parla qui, non è solo la persona dal temperamento calmo e conciliante che desidera vivere in buona intensa con tutti ed evitare se possibile i conflitti, ma è anche la persona che si mette completamente al servizio della pace e s'impegna attivamente per costruirla, a volte fino al dono della propria vita. Gli esempi storici non mancano. La pace non implica solamente lo stato politico o militare di non-conflitto, ma rimanda anche complessivamente all'insieme delle condizioni che permettono la concordia fra tutti e lo sviluppo personale di ognuno. La pace è voluta da Dio che la propone all'uomo e gliela offre in dono. Questo intervento divino nell'umanità ha il nome di "alleanza di pace" (Is 54,10). Quando Cristo chiama l'artefice di pace figlio di Dio, significa che quest'ultimo partecipa e lavora, in maniera consapevole o inconsapevole, all'opera di Dio e prepara, attraverso la sua missione, le condizioni necessarie ad accogliere la pace venuta dall'alto. La vostra missione, Eccellenze, è alta e nobile. Richiede tutte le vostre energie che saprete utilizzare per raggiungere questo alto ideale che onorerà le vostre persone, i vostri governi e i vostri rispettivi Paesi.

Come me, sapete che la pace autentica è possibile solo se regna la giustizia. Il nostro mondo ha sete di pace e di giustizia. La Santa Sede ha fra l'altro pubblicato, alla vigilia della Conferenze di Doha conclusasi qualche giorno fa, una nota sull'attuale crisi finanziaria e le sue ripercussioni sulla società e sugli individui. Si tratta di alcuni punti di riflessione volti a promuovere il dialogo su vari aspetti etici che dovrebbero reggere i rapporti fra la finanza e lo sviluppo, e a incoraggiare i governi e gli attori economici a ricercare soluzioni durature e solidali per il bene di tutti, e più in particolare per coloro che sono più esposti alle drammatiche conseguenze della crisi. La giustizia, per ritornare ad essa, non ha solo un valore sociale o etico. Non rimanda solo a ciò che è equo o conforme al diritto. L'etimologia ebraica della parola "giustizia" (justice) fa riferimento a ciò che è "ordinato" ("aggiustato", ajusté). La giustizia di Dio si manifesta dunque attraverso la sua "giustezza" (justesse). Essa rimette ogni cosa al suo posto, tutto in ordine, affinché il mondo sia conforme al disegno di Dio e al suo ordine (cfr. Is Is 11,3-5). Il nobile compito dell'ambasciatore consiste dunque nell'utilizzare la sua arte affinché tutto sia "ordinato" (ajusté), perché la nazione che serve viva non solo in pace con gli altri Paesi ma anche secondo la giustizia che si esprime attraverso l'equità e la solidarietà nei rapporti internazionali, e perché i cittadini, godendo della pace sociale, possano vivere liberamente e serenamente il loro credo e raggiungere così la "giustezza" (justesse)di Dio.

State per iniziare, signore e signori ambasciatori, la vostra missione presso la Santa Sede. Formulo nuovamente i miei voti più cordiali per il felice esito della funzione tanto delicata che siete chiamati a svolgere. Imploro l'Onnipotente di sostenere e di accompagnare voi, i vostri cari, i vostri collaboratori e tutti i vostri concittadini, al fine di contribuire all'avvento di un mondo più pacifico e più giusto. Che Dio vi colmi dell'abbondanza delle sue Benedizioni!





AI DIRIGENTI E DIPENDENTI DEL CENTRO TELEVISIVO VATICANO, CON I FAMILIARI Sala del Concistoro Giovedì, 18 dicembre 2008

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Carissimi fratelli e sorelle,

sono lieto di incontrarmi con voi, dipendenti, collaboratori e consiglieri del Centro Televisivo Vaticano, accompagnati dai vostri familiari, per commemorare il 25° anniversario della fondazione del vostro Centro. Saluto, in particolare, il Signor Cardinale John P. Foley e il Direttore Generale Padre Federico Lombardi, che ringrazio per l’indirizzo che mi ha rivolto illustrando la realtà del Centro. Desidero anche ricordare il compianto Dott. Emilio Rossi, che per diversi anni è stato Presidente del Centro e poi Presidente del suo Consiglio di Amministrazione, offrendo la testimonianza di un generoso e competente servizio alla Chiesa e alla società. Il Centro è stato voluto nel 1983 dal mio Predecessore Giovanni Paolo II, nella consapevolezza che la Santa Sede, oltre agli strumenti di comunicazione di cui già disponeva, dovesse ormai anche dotarsi di una propria struttura televisiva, perché il servizio del Papa alla Chiesa universale e all’umanità potesse avvalersi anche di questo mezzo, la cui efficacia andava manifestandosi con sempre maggiore evidenza.

Videre Petrum, vedere il Papa, è stato il desiderio che ha condotto a Roma innumerevoli pellegrini. Questo desiderio oggi può, almeno in parte, essere soddisfatto anche grazie alla radio e alla televisione, che hanno permesso a tantissime persone, dapprima mediante la voce e ora anche mediante le immagini, di partecipare alle celebrazioni e agli eventi che si verificano in Vaticano o negli altri luoghi in cui il Papa si reca nell’adempimento del suo ministero. Il vostro è quindi anzitutto un servizio prezioso per la comunione nella Chiesa. La collaborazione con le televisioni cattoliche ha caratterizzato il vostro Centro fin dalle sue origini. In Italia, Telepace e SAT2000 trasmettono quasi tutte le vostre riprese, ma è molto incoraggiante sapere che non poche televisioni cattoliche in diverse regioni del mondo sono in collegamento con voi. In questo modo, un numero sempre più grande di fedeli può seguire, in diretta o in differita, ciò che avviene al centro della Chiesa.

Ma la televisione non raggiunge solo i fedeli cattolici. Mettendo le immagini a disposizione delle più grandi agenzie televisive mondiali e delle grandi televisioni nazionali o commerciali, voi favorite un’adeguata e tempestiva informazione sulla vita e sull’insegnamento della Chiesa nel mondo di oggi, a servizio della dignità della persona umana, della giustizia, del dialogo e della pace. I rapporti di buona collaborazione che vi siete impegnati a stabilire nel vasto mondo della comunicazione televisiva, in particolare in occasione dei viaggi internazionali del Papa, hanno allargato il campo del vostro servizio fino, si può ben dire, ai confini del mondo, rispondendo alle attese umane e spirituali di innumerevoli nostri contemporanei.

Nel vostro servizio siete chiamati molto frequentemente a riprendere e diffondere le immagini di importanti e splendide celebrazioni liturgiche che hanno luogo al centro della cristianità. La liturgia è veramente il culmine della vita della Chiesa, tempo e luogo di rapporto profondo con Dio. Seguire l’evento liturgico attraverso l’occhio attento della telecamera, per permettere una vera partecipazione spirituale anche a coloro che non possono essere fisicamente presenti, è compito alto e impegnativo, che richiede anche da voi una preparazione seria e una vera sintonia spirituale con ciò di cui siete – in certo modo – il tramite. La buona collaborazione con l’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche, che coltivate da molto tempo, vi aiuterà a crescere sempre più in questo prezioso servizio spirituale ai telespettatori di tutto il mondo.

Le immagini che avete ripreso nel corso degli anni e ora gelosamente custodite, fanno del vostro archivio una risorsa preziosa, non solo per la produzione di programmi televisivi attuali e futuri, ma possiamo ben dire per la storia della Santa Sede e della Chiesa. Conservare adeguatamente la registrazione delle voci e delle immagini è una impresa tecnicamente difficile ed economicamente costosa, ma è uno dei vostri compiti istituzionali che vi incoraggio ad affrontare con fiducia. Affinché la Chiesa continui ad essere presente con il suo messaggio “nel grande areopago” della comunicazione sociale – come lo definiva Giovanni Paolo II – e non si trovi estranea agli spazi in cui innumerevoli giovani navigano alla ricerca di risposte e di senso per la loro vita, dovete cercare le vie per diffondere, in forme nuove, voci e immagini di speranza attraverso la rete telematica che avvolge il nostro pianeta con maglie sempre più fitte.

Del resto, non siete soli nell’affrontare la vostra missione. Oggi giustamente si parla della “convergenza” fra i diversi media. I confini fra l’uno e l’altro si sfumano e le sinergie aumentano. Anche gli strumenti della comunicazione sociale al servizio della Santa Sede sperimentano naturalmente questa evoluzione e vi si devono inserire consapevolmente e attivamente. Già da sempre la collaborazione fra il vostro Centro e la Radio Vaticana è stata molto stretta ed è andata crescendo, perché nelle trasmissioni l’immagine e il suono non possono venire separati. Ma oggi Internet chiama a una integrazione sempre crescente della comunicazione scritta, sonora e visiva, e sfida quindi ad allargare e intensificare le forme di collaborazione fra i media che sono al servizio della Santa Sede. A ciò contribuirà in particolare anche il positivo rapporto con il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, con cui vi incoraggio a sviluppare iniziative e approfondimenti fruttuosi.

Coraggio, dunque! La modesta entità della vostra struttura in confronto alla grandezza dei compiti non vi spaventi. Tante persone, grazie al vostro lavoro, possono sentirsi più vicine al cuore della Chiesa. Siate consapevoli anche della gratitudine del Papa, il Quale sa che vi dedicate generosamente a un lavoro che contribuisce all’ampiezza e alla efficacia del suo servizio quotidiano. Il Signore che viene, e la cui salvezza volete annunciare attraverso le vostre immagini, vi accompagni. Con questo auspicio e con uno speciale augurio di Buon Natale che estendo a tutti i vostri cari, di cuore vi benedico.




AI MEMBRI DELL'UFFICIO DEL LAVORO DELLA SEDE APOSTOLICA Sala dei Papi Venerdì, 19 dicembre 2008

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Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di dare il mio benvenuto a tutti voi che prendete parte a questo incontro, a pochi giorni dal 20° anniversario dell’istituzione dell’Ufficio del lavoro della Sede Apostolica (ULSA) da parte del mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, con il Motu ProprioNel primo anniversario” del 1° gennaio 1989. Saluto il Signor Cardinale Francesco Marchisano, Presidente dell’ULSA, lo ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto, e colgo l’occasione per esprimergli viva gratitudine per il lungo servizio che ha reso alla Santa Sede. Saluto il Vice Presidente, il Vescovo Franco Croci, il Direttore, Dottor Massimo Bufacchi, i componenti della Presidenza, del Consiglio, del Collegio di conciliazione e arbitrato insieme agli altri vostri collaboratori.

Nel Motu Proprio istitutivo dell’ULSA, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, come ha ricordato il vostro Presidente, formulava l’auspicio che “sia fattivamente onorata la dignità di ciascun collaboratore; siano riconosciuti, tutelati e promossi i diritti sociali ed economici di ogni membro; siano sempre più fedelmente adempiuti i rispettivi doveri; sia stimolato un vivo senso di responsabilità; sia reso sempre migliore il servizio”. Nel successivo Motu Proprio del 1994 dal titolo “La sollecitudine”, con cui egli approvò lo Statuto definitivo dell’Ufficio, volle scrivere: “Desidero ora riaffermare la funzione, attribuita all'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, di Organo della medesima che ha specifica identità istituzionale ed è preposto alla tutela dei legittimi interessi degli appartenenti alla comunità di lavoro della Santa Sede, per assicurare armonia e perequazione, nella pluralità, diversità e specificità delle mansioni, favorendo una corretta applicazione dei principi della giustizia sociale, a garanzia dell'unità di tale comunità e della crescita dei rapporti interpersonali in seno alla medesima”.

Si tratta di orientamenti ben chiari, che mi piace ribadire, ponendo in luce il peculiare compito che l’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica è chiamato a svolgere nella formazione del personale, per rendere l’attività della comunità lavorativa della Santa Sede sempre più efficiente e solidale. Altro importante servizio del vostro Ufficio è quello di prevenire ogni eventuale dissidio concernente i lavoratori alle dipendenze della Sede Apostolica, e cercarne, se necessario, il sollecito componimento mediante un dialogo sincero ed oggettivo, ponendo in essere le previste procedure di conciliazione e di arbitrato. Tutto ciò al fine di consolidare detta comunità di lavoro, esplicando opportuni interventi volti al pieno adempimento delle norme poste a salvaguardia della medesima, e componendo eventuali questioni di carattere amministrativo o sociale-economico che si verificassero nei vari organismi della Santa Sede. Proprio così, cooperando alla migliore organizzazione della comunità di lavoro della Sede Apostolica, il vostro Ufficio consegue il raggiungimento dei fini per cui è stato costituito.

In questa circostanza, vorrei sottolineare come la comunità di lavoro costituita da quanti operano nei vari uffici ed organismi della Santa Sede, formi una singolare “famiglia”, i cui membri sono uniti, oltre che da vincoli funzionali, da una stessa missione, che è quella di aiutare il Successore di Pietro nel suo ministero al servizio della Chiesa universale. L’attività professionale che essi svolgono costituisce pertanto una “vocazione” da coltivare con cura e spirito evangelico, vedendo in essa una concreta via alla santità. Questo domanda che l’amore per Cristo e per i fratelli, insieme a un condiviso senso ecclesiale, animi e vivifichi la competenza e la dedizione, la professionalità, l’impegno onesto e corretto, la responsabilità attenta e matura, rendendo in questo modo preghiera il lavoro stesso, qualunque esso sia. Potremmo qualificare tutto ciò come un permanente compito formativo e spirituale, a cui possono offrire il loro apporto tutti: cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici. Se infatti è importante il rispetto dei principi della giustizia e della solidarietà ben enucleati dalla dottrina sociale della Chiesa, è indispensabile soprattutto il comune sforzo sorretto dalla convinta adesione a Cristo e dall’amore sincero per la sua Chiesa.

Ben volentieri, quindi, mentre colgo l’odierna opportunità per ringraziare quanti prestano la loro opera nei vari Dicasteri ed Uffici, formulo l’auspicio che in tutti e ciascuno non venga mai meno la ricerca della giustizia e la costante tensione verso la santità. Auguro al tempo stesso che l’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, per quanto è di sua competenza, contribuisca al conseguimento di tale scopo. Inoltre, l’approssimarsi del Santo Natale porta quasi naturalmente il mio pensiero alla crisi del lavoro che preoccupa oggi l’intera umanità. Chi ha la possibilità di lavorare sia riconoscente al Signore e apra con generosità l’animo a chi invece si trova in difficoltà lavorative ed economiche. Il Bambino Gesù, che nella Notte Santa di Betlemme si è fatto uomo per venire incontro alle nostre difficoltà, guardi con bontà a quanti sono duramente provati da questa crisi mondiale e susciti in tutti sentimenti di autentica solidarietà. Nel messaggio per la prossima Giornata Mondiale della Pace ricordo che “la lotta alla povertà ha bisogno di uomini e donne che vivano in profondità la fraternità e siano capaci di accompagnare persone, famiglie e comunità in percorsi di autentico sviluppo umano” (n. 13).

Formulo volentieri questo auspicio, che pongo nelle mani della Madonna e di san Giuseppe, per il vostro Ufficio, per i dipendenti della Sede Apostolica, allargandolo all’intero mondo del lavoro, e, mentre a tutti auguro un santo e sereno Natale, di cuore vi benedico insieme alle vostre famiglie e alle persone a voi care. Buon Natale!




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR GRAZIANO LUIGI TRIBOLDI, NUOVO AMBASCIATORE DELLE SEYCHELLES PRESSO LA SANTA SEDE Sala Clementina Venerdì, 19 dicembre 2008

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Signor Ambasciatore,

Sono lieto di riceverla, Eccellenza, e di accreditarla come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica delle Seychelles presso la Santa Sede. La ringrazio per avermi trasmesso i saluti di Sua Eccellenza il signor James Alix Michel, Presidente della Repubblica. Le sarei grato se potesse esprimergli in cambio i voti cordiali che formulo per la sua persona, e anche per tutto il popolo delle Seychelles.

Nel ricordare il suo paese, è sempre un piacere parlare della sua bellezza e potere enumerare i numerosi vantaggi di cui gode. Per accrescere le sue potenzialità, il suo paese sta oggi compiendo sforzi importanti al fine di ridurre il suo indebitamento. In un contesto mondiale divenuto difficile, desidero rendere omaggio a questi sforzi che devono poter incontrare il sostegno delle istituzioni internazionali conformemente alla serietà e all'impegno profusi. È una sfida importante nei confronti delle generazioni future. In effetti, sarebbe ingiusto che gli uomini di oggi evitassero le proprie responsabilità e facessero gravare le conseguenze delle loro scelte o della loro inerzia sulle generazioni che verranno dopo di loro. Si tratta dunque non solo di risanare l'economia, ma anche e soprattutto di affrontare una sfida di giustizia sociale. Inoltre, sistemare i conti della nazione è anche offrire un quadro più sicuro per l'attività economica e dunque proteggere maggiormente le popolazioni più povere e più vulnerabili.

Questo lodevole obiettivo necessita della cooperazione di tutti per la quale è fondamentale il senso della solidarietà. Noi verifichiamo qui quanto l'armonia sociale sia legata non solo a un quadro legislativo giusto e adeguato, ma anche alla qualità morale di ogni cittadino poiché "la solidarietà si presenta, dunque, sotto due aspetti complementari: quello di principio sociale e quello di virtù morale" (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, n. 193). La solidarietà si eleva al rango di virtù sociale quando si può fondare su strutture di solidarietà ma insieme sulla determinazione ferma e perseverante di ogni persona ad adoperarsi per il bene comune, poiché tutti noi siamo responsabili di tutti.

Per suscitare questo senso duraturo della solidarietà, l'educazione dei giovani è sicuramente la via migliore. Da questo punto di vista mi compiaccio di poter sottolineare ancora una volta gli sforzi che da lungo tempo il vostro paese sta compiendo per costruire un sistema educativo di qualità. Qualunque sia il suo livello di responsabilità, incoraggio ognuno a proseguire lungo questa via e a seminare generosamente per il futuro.

Questa preoccupazione per l'educazione tuttavia resterebbe vana se l'istituzione familiare fosse eccessivamente indebolita. Le famiglie hanno costantemente bisogno di essere incoraggiate e sostenute dai poteri pubblici. Vi è un'armonia profonda fra i compiti della famiglia e i doveri dello Stato. Favorire una felice sinergia fra di loro significa operare efficacemente per un futuro di prosperità e di pace sociale.

Da parte sua la Chiesa locale non lesina sforzi per assistere le famiglie, offrendo loro la luce del Vangelo, che mette in risalto tutta la grandezza e la bellezza del "mistero" della famiglia, e aiutandole ad assumersi le proprie responsabilità educative. Rispetto a quelle che sono in difficoltà, essa si preoccupa di contribuire alla pacificazione delle relazioni e di educare i cuori alla riconciliazione.

Colgo l'occasione di questo incontro, signor Ambasciatore, per salutare calorosamente, attraverso di lei, il vescovo delle Seychelles e i suoi collaboratori, e anche tutti i fedeli cattolici che vivono nel suo paese. Che si preoccupino, insieme a tutti gli altri cittadini, di costruire una vita sociale in cui ognuno possa trovare le vie di una crescita personale e collettiva! Testimonieranno così la fecondità sociale della Parola di Dio.

Mentre inaugura la sua nobile missione di rappresentanza presso la Santa Sede, desidero ribadire la mia soddisfazione per le eccellenti relazioni che intrattengono la Repubblica delle Seychelles e la Santa Sede e le formulo, signor ambasciatore, i miei voti migliori per il buon svolgimento della sua missione. Sia certo che troverà sempre presso i miei collaboratori l'accoglienza e la comprensione di cui potrà aver bisogno.

Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e sui suoi collaboratori, come pure su tutto il popolo delle Isole Seychelles e sui suoi dirigenti, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni divine.





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