Discorsi 2005-13 30058

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL MYANMAR IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì, 30 maggio 2008

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Miei cari fratelli Vescovi,

sono lieto di accogliervi, Vescovi del Myanmar, giunti nella città di Roma per venerare le tombe dei santi apostoli e per rafforzare la vostra comunione con il Successore di Pietro. Il nostro incontro di oggi rende testimonianza dell'unità, della carità e della pace che ci uniscono e animano la nostra missione di insegnare, guidare e santificare il popolo di Dio (cfr Lumen gentium
LG 22). Sono grato per i cordiali saluti e l'assicurazione delle preghiere che l'Arcivescovo Paul Grawng mi ha espresso a vostro nome e a nome del clero, dei religiosi e dei laici delle vostre rispettive diocesi. Desidero ricambiare con saluti cordiali e con la sincera preghiera che "Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace sempre e in ogni modo" (cfr Ts 3, 16).

La Chiesa in Myanmar è nota e ammirata per la sua solidarietà con i poveri e i bisognosi. Ciò è stato particolarmente evidente dopo il ciclone Nargis. Le numerose agenzie e associazioni cattoliche nel vostro Paese mostrano che le persone a voi affidate hanno ascoltato il grido del Battista: "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto" (Lc 3,11). Ho fiducia nel fatto che con la vostra guida, i fedeli continueranno a dimostrare la possibilità di stabilire "un vincolo fecondo fra evangelizzazione opere di carità" (Deus caritas est ) cosicché gli altri "sperimentino la ricchezza della loro umanità" (Ibidem 31; cfr 1P 4,8-11).

Durante queste difficili giornate, so quanto il popolo birmano sia grato per gli sforzi della Chiesa nell'offrire riparo, cibo, acqua e medicine a quanti sono ancora in difficoltà. Auspico che, dopo l'accordo recentemente raggiunto sugli aiuti della comunità internazionale, quanti sono pronti ad aiutare possano fornire il tipo di assistenza richiesta e avere effettivo accesso ai luoghi in cui è più necessaria. In questo momento difficile, rendo grazie a Dio Onnipotente che ci ha fatto riunire (cfr 1Th 2,17) perché mi offre l'occasione di assicurarvi ancora una volta che la Chiesa universale è unita spiritualmente a quanti piangono la perdita dei propri cari (cfr Rm 12,15) mentre ricorda loro la promessa del Signore di conforto e di consolazione (cfr Mt 5,4). Che Dio apra il cuore di tutti affinché si possa compiere concordemente uno sforzo per facilitare e coordinare l'attività di recare sollievo ai sofferenti e ricostruire le infrastrutture del Paese.

La missione di carità della Chiesa risplende in modo particolare attraverso la vita religiosa, nella quale uomini e donne si dedicano con cuore "indiviso" al servizio di Dio e del prossimo (cfr 1Co 7,34 cfr Vita consecrata VC 3). Sono lieto di osservare che un numero sempre maggiore di donne risponde alla chiamata alla vita consacrata nel vostro Paese. Prego affinché la loro accettazione libera e radicale dei consigli evangelici inspiri altri a scegliere la vita di castità, povertà e obbedienza per la salvezza del regno. Formare i candidati a questo servizio di preghiera e di opera apostolica richiede un investimento di tempo e di risorse. I corsi di formazione offerti dalla Conferenza Religiosa cattolica del Myanmar attestano la cooperazione possibile fra diverse comunità religiose con il dovuto rispetto per il carisma particolare di ognuno e rispondono alla necessità di una sana formazione accademica, spirituale e umana.

Un segno simile di speranza è il numero crescente di vocazioni al sacerdozio. Questi uomini sono "chiamati" e "mandati ad annunziare" (cfr Lc 9,1-2) per essere esempi di fedeltà e santità per il popolo di Dio. Colmi dello Spirito Santo e guidati dalla sollecitudine paterna, i sacerdoti possano svolgere i propri doveri sacri con umiltà, semplicità e obbedienza (cfr Presbyterorum ordinis PO 15). Come sapete, ciò richiede una formazione completa in sintonia con la dignità del loro ministero sacerdotale. Quindi vi incoraggio a continuare a fare i sacrifici necessari per garantire che i seminaristi ricevano la formazione integrale che permetterà loro di divenire autentici araldi della nuova evangelizzazione (cfr Pastores dabo vobis PDV 2).

Miei cari fratelli, la missione della Chiesa di diffondere la Buona Novella dipende dalla risposta generosa e pronta dei laici a divenire operai nella vigna (cfr Mt 20,1-16 Mt 9,37-38). Anche loro hanno bisogno di una robusta e dinamica formazione cristiana che li ispiri a portare il messaggio evangelico nei posti di lavoro, in famiglia e nella società in generale (cfr Ecclesia in Asia ). I vostri resoconti fanno riferimento all'entusiasmo con cui i laici organizzano numerose e nuove iniziative catechetiche e spirituali, spesso coinvolgendo un gran numero di giovani. Mentre promuovete e seguite tali iniziative, vi incoraggio a ricordare a quanti sono a voi affidati di rivolgersi sempre al nutrimento dell'Eucaristia mediante la partecipazione alla liturgia e la contemplazione silenziosa (cfr Ecclesia de Eucharistia EE 6). Anche programmi efficaci di evangelizzazione e catechesi devono essere ben elaborati e organizzati se devono raggiungere il fine desiderato di insegnare la verità cristiana e di portare le persone all'amore di Cristo. È auspicabile che si avvalgano di strumenti appropriati come opuscoli e materiale audiovisivo per integrare l'istruzione orale e fornire punti di riferimento comuni per la dottrina autentica della Chiesa. Sono certo che altre Chiese locali nel mondo faranno del loro meglio per fornire materiale quando possibile.

La vostra attiva partecipazione al primo congresso missionario asiatico ha portato a promuovere nuove iniziative basate sulla buona volontà nei rapporti con i buddisti nel vostro Paese. A questo proposito, vi incoraggio a sviluppare relazioni ancora migliori con i buddisti per il bene delle vostre comunità e dell'intera nazione.

Infine, miei cari fratelli, desidero esprimere sincera gratitudine per il vostro fedele ministero in circostanze e momenti difficili che vanno oltre il vostro controllo. Il prossimo mese, la Chiesa inaugurerà uno speciale anno giubilare in onore di san Paolo. Questo "Apostolo dei Gentili" è stato ammirato nel corso dei secoli per la sua imperterrita perseveranza nelle prove e nelle tribolazioni narrate vividamente nelle sue Lettere e negli Atti degli Apostoli (cfr 2Tm 1,8-13 At Ac 27,13-44). Paolo ci esorta a tenere lo sguardo fisso sulla gloria che ci attende per non disperarsi mai nella pena e nella sofferenza dell'oggi. Il dono della speranza che abbiamo ricevuto e per mezzo del quale siamo salvati (cfr Rm 8,24) reca pace e trasforma la nostra vita (cfr Spe salvi ). Illuminato dallo Spirito Santo vi invito a unirvi a san Paolo nell'assoluta fiducia che nulla, né la miseria, né la persecuzione o la carestia, né il presente né il passato, possono separarci dall'amore di Dio in Cristo Gesù il Signore (cfr Rm 8,35-39).

Affidandovi all'intercessione di Maria, Regina degli Apostoli, imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica a voi e al clero, ai religiosi e ai laici.



A S.E. IL SIGNOR ACISCLO VALLADARES MOLINA, AMBASCIATORE DEL GUATEMALA PRESSO LA SANTA SEDE Sabato, 31 maggio 2008

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Signor ambasciatore,

1. ricevo con gioia le lettere che la accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica del Guatemala presso la Santa Sede. Sono lieto di porgerle il mio cordiale benvenuto in questo atto solenne con cui ha inizio la missione che le è stata affidata, e al contempo le esprimo la mia gratitudine per le parole che mi ha rivolto, e anche per il deferente saluto che mi ha fatto pervenire il presidente del suo nobile Paese, l'ingegnere Álvaro Colom Caballeros. Le chiedo di trasmettergli i miei migliori voti per lui e per il suo governo, assicurandolo delle mie preghiere per la sicurezza, il progresso e l'armoniosa convivenza dell'amato popolo guatemalteco.

2. Si compie quest'anno il venticinquesimo anniversario della prima visita pastorale che il mio venerato Predecessore ha realizzato in questa bella terra "dell'eterna primavera". In quella memorabile occasione, il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha potuto manifestare la sollecitudine con cui la Santa Sede ha accompagnato questa Nazione nelle sue diverse vicissitudini, dimostrandosi particolarmente vicina a essa nei momenti più delicati, per condividere le preoccupazioni del suo popolo e, soprattutto, per incoraggiarlo ad adoperarsi con abnegazione per il bene comune.
Signor ambasciatore, so che i guatemaltechi ricambiano questa sollecitudine con una profonda adesione al Vescovo di Roma, il che contribuisce a stringere i vincoli di amicizia che uniscono da tempo il suo Paese alla Santa Sede, che tiene in grande considerazione queste relazioni fluide e formula i voti migliori affinché le circostanze in cui vive il Guatemala permettano un presente colmo di successi nei diversi ambiti della società e consolidino una base salda per affrontare un futuro promettente.

3. La recente visita ad limina dei vescovi guatemaltechi ci ha offerto un'opportunità magnifica per conoscere più da vicino la vitalità con cui la Chiesa nella sua Nazione annuncia il Vangelo, apre vie di speranza e tende una mano fraterna a tutti i cittadini, in particolare ai più bisognosi.
In questa ottica, la Chiesa condivide la preoccupazione delle autorità del Guatemala, come sua eccellenza ha fatto notare, dinanzi a fenomeni che affliggono una gran parte della popolazione, quali la povertà e l'emigrazione. La ricca esperienza ecclesiale, accumulata nel corso della storia, può contribuire a trovare le misure per affrontare questi problemi in una prospettiva umanitaria e per rafforzare la solidarietà, indispensabile per raggiungere soluzioni effettive e durature. In tal senso, agli imprescindibili programmi tecnici ed economici bisogna aggiungere gli altri aspetti che promuovono la dignità della persona, la stabilità della famiglia e un'educazione che tenga conto dei valori umani e cristiani più importanti. Non bisogna neppure dimenticare quanti hanno dovuto abbandonare la propria terra, senza smettere di portarla nel cuore. Questo è un dovere di gratitudine e di giustizia verso quelli che, di fatto, sono anche una fonte di risorse significative per la Patria che li ha visti nascere.

4. Un'altra sfida per il Guatemala è quella di porre rimedio alla denutrizione di numerosi bambini. Il diritto all'alimentazione risponde principalmente a una motivazione etica "dare da mangiare agli affamati" (cfr
Mt 25,35), che spinge a condividere i beni materiali quale segno dell'amore di cui tutti abbiamo bisogno. Come ho già indicato in un'altra occasione "l'obiettivo di sradicare la fame e, allo stesso tempo, di poter contare su un'alimentazione sana e sufficiente, richiede anche metodi e azioni specifici che consentano uno sfruttamento delle risorse che rispetti il patrimonio del creato. Lavorare in questa direzione è una priorità che comporta non solo il beneficiare dei risultati della scienza, della ricerca e delle tecnologie, ma anche il tenere conto dei cicli e del ritmo della natura conosciuti dagli abitanti delle aree rurali così come il proteggere gli usi tradizionali delle comunità indigene, mettendo da parte motivazioni egoistiche ed esclusivamente economiche" (Messaggio al direttore generale della F.A.O. in occasione della Giornata mondiale dell'alimentazione, 4 ottobre 2007, n. 3).

5. Questo diritto primario all'alimentazione è intrinsecamente vincolato alla tutela e alla difesa della vita umana, roccia salda e inviolabile su cui si fonda tutto l'edificio dei diritti umani. Non sarà mai, quindi, sufficiente lo sforzo che occorre compiere per assistere le madri, soprattutto quelle che si trovano in gravi difficoltà, in modo che possano mettere al mondo la propria prole con dignità, evitando così l'ingiustificabile ricorso all'aborto. In tal senso, salvaguardare la vita umana, in particolare quella del nascituro, la cui innocenza e vulnerabilità sono maggiori, è un compito sempre attuale, con il quale è relazionato, per sua propria natura, il far sì che l'adozione dei bambini sia garantita in ogni momento dalla legalità dei procedimenti utilizzati a tal fine.

6. Il flagello della violenza sociale si aggrava spesso per la mancanza di dialogo e di coesione nei focolari domestici, le laceranti disuguaglianze economiche, le gravi negligenze e deficienze sanitarie, il consumo e il traffico della droga e la piaga della corruzione. Constato con soddisfazione i passi che sono stati compiuti nella sua Nazione nella lotta contro queste tragedie, sforzi che devono continuare, promuovendo la cooperazione di tutti per porvi fine attraverso lo sviluppo dei retti valori e la lotta all'illegalità, all'impunità e alla corruzione.

7. Signor ambasciatore, prima di concludere questo incontro, vorrei felicitarmi con lei e con la sua famiglia, come pure con gli altri membri di questa Missione diplomatica e formularvi i miei voti migliori nel momento in cui sua eccellenza assume nuovamente l'onorevole responsabilità di rappresentare il suo Paese presso la Santa Sede. Sia certo che troverà sempre l'aiuto di cui avrà bisogno presso i miei collaboratori in un così alto compito.

Mentre affido alla materna intercessione di Nuestra Señora del Rosario il popolo e le autorità guatemalteche, supplico ferventemente Dio di benedire e di accompagnare il cammino che la sua Patria sta percorrendo, affinché in essa risplendano continuamente le stelle della pace, della giustizia, della prosperità e della concordia fraterna.





ALLA FONDAZIONE "CENTESIMUS ANNUS - PRO PONTIFICE" Sala Clementina Sabato, 31 maggio 2008

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Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
Gentili Signore e Signori,

è con piacere che quest’oggi mi incontro con voi e vi porgo il mio cordiale benvenuto. Ringrazio il Conte Lorenzo Rossi di Montelera, che in qualità di Presidente della Fondazione ha interpretato i vostri sentimenti, esponendo anche le linee di azione seguite durante l’anno. Saluto il Signor Cardinale Attilio Nicora e gli Arcivescovi Claudio Maria Celli e Domenico Calcagno, come pure ognuno di voi, a cui rinnovo l’espressione della mia riconoscenza per il servizio che rendete alla Chiesa, offrendo un generoso apporto alle molteplici iniziative della Santa Sede a servizio dei poveri in tante parti del mondo. In questo senso vi ringrazio, in particolare, del dono che avete voluto recarmi in occasione di questo incontro.

Quest’anno, per il vostro consueto raduno, avete scelto come tema "Il capitale sociale e lo sviluppo umano". Vi siete così soffermati a riflettere sul bisogno, avvertito da molti, di promuovere uno sviluppo globale attento alla promozione integrale dell’uomo, ponendo in luce anche il contributo che possono dare associazioni di volontariato, fondazioni senza scopo di lucro ed altri soggetti comunitari sorti con l’obiettivo di rendere il tessuto sociale sempre più solidale. E’ possibile uno sviluppo armonico, se le scelte economiche e politiche poste in atto tengono conto di quei principi fondamentali che lo rendono accessibile a tutti: mi riferisco, in particolare, ai principi della sussidiarietà e della solidarietà. Al centro di ogni programmazione economica, specialmente considerando la vasta e complessa rete di relazioni che caratterizza l’epoca post-moderna, occorre che ci sia sempre la persona, creata a immagine di Dio e da Lui voluta per custodire ed amministrare le immense risorse del creato. Solo una condivisa cultura della partecipazione responsabile e attiva può permettere ad ogni essere umano di sentirsi non fruitore o passivo testimone, ma attivo collaboratore nel processo di sviluppo mondiale.

L’uomo, al quale Iddio nella Genesi ha affidato la terra, ha il compito di far fruttificare tutti i beni terreni, impegnandosi ad impiegarli per soddisfare le molteplici necessità di ogni membro della famiglia umana. Una delle metafore ricorrenti nel Vangelo è, in effetti, proprio quella dell’amministratore. Con l’animo di un fedele amministratore l’uomo deve dunque gestire le risorse da Dio affidategli mettendole a disposizione di tutti. In altre parole, occorre evitare che il profitto sia solamente individuale o che forme di collettivismo opprimano la libertà personale. L’interesse economico e commerciale non deve mai divenire esclusivo, perché verrebbe a mortificare di fatto la dignità umana. Poiché il processo di globalizzazione, in atto nel mondo, investe sempre più il campo della cultura, dell’economia, delle finanze e della politica, la grande sfida oggi è "globalizzare" non solo gli interessi economici e commerciali, ma anche le attese di solidarietà, nel rispetto e nella valorizzazione dell’apporto di ogni componente della società. Come da voi opportunamente ribadito, la crescita economica non deve essere mai disgiunta dalla ricerca di un integrale sviluppo umano e sociale. A questo riguardo, la Chiesa nella sua dottrina sociale sottolinea l’importanza dell’apporto dei corpi intermedi secondo il principio della sussidiarietà, per contribuire liberamente ad orientare i cambiamenti culturali e sociali e finalizzarli ad un autentico progresso dell’uomo e della collettività. Nell’Enciclica Spe salvi ho, in proposito, riaffermato che "le strutture migliori funzionano soltanto se in una comunità sono vive delle convinzioni che siano in grado di motivare gli uomini ad una libera adesione all'ordinamento comunitario" (n. 24).

Cari amici, mentre vi rinnovo la mia gratitudine per il sostegno generoso che instancabilmente prestate alle attività di carità e di promozione umana della Chiesa, vi invito ad offrire il contributo della vostra riflessione anche per la realizzazione di un giusto ordine economico mondiale. A tale proposito, mi piace riprendere una eloquente affermazione del Concilio Vaticano II: "I cristiani – si legge nella Costituzione Gaudium et spes - niente possono desiderare più ardentemente che servire con maggiore generosità ed efficacia gli uomini del mondo contemporaneo. Perciò, aderendo al Vangelo e beneficiando della sua forza, uniti con tutti coloro che amano e praticano la giustizia, hanno assunto un compito immenso da adempiere su questa terra…" (n. 93). Proseguite con questo spirito la vostra azione a favore di tanti nostri fratelli. Nell’ultimo giorno, nel giorno del Giudizio universale, ci sarà chiesto se avremo utilizzato quanto Iddio ha posto a nostra disposizione per venire incontro alle attese legittime ed ai bisogni dei nostri fratelli, specialmente di quelli più piccoli e bisognosi.

La Vergine Maria, che oggi contempliamo nella sua visita all’anziana cugina Elisabetta, ottenga per ciascuno di voi di essere sempre premuroso verso il prossimo. Io vi assicuro un ricordo nella preghiera e con affetto imparto la mia Benedizione a voi qui presenti, alle vostre famiglie e a quanti collaborano con voi nelle vostre diverse attività professionali.




CELEBRAZIONE A CONCLUSIONE DEL MESE MARIANO Piazza San Pietro, Sagrato della Basilica Sabato, 31 maggio 2008

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Cari fratelli e sorelle!

Concludiamo il mese di maggio con questo suggestivo incontro di preghiera mariana. Vi saluto con affetto e vi ringrazio della vostra partecipazione. Saluto, in primo luogo, il Signor Cardinale Angelo Comastri; con lui saluto gli altri Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e sacerdoti, intervenuti a questa celebrazione serale. Estendo il mio saluto alle persone consacrate e a tutti voi, cari fedeli laici, che con la vostra presenza avete voluto rendere omaggio alla Vergine Santissima.

Celebriamo quest’oggi la festa della Visitazione della Beata Vergine e la memoria del Cuore Immacolato di Maria. Tutto pertanto ci invita a volgere lo sguardo con fiducia a Maria. A Lei, anche questa sera, ci siamo rivolti con l’antica e sempre attuale pia pratica del Rosario. Il Rosario, quando non è meccanica ripetizione di formule tradizionali, è una meditazione biblica che ci fa ripercorrere gli eventi della vita del Signore in compagnia della Beata Vergine, conservandoli, come Lei, nel nostro cuore. In tante comunità cristiane, durante il mese di maggio, esiste la bella consuetudine di recitare in modo più solenne il Santo Rosario in famiglia e nelle parrocchie. Ora, che termina il mese, non cessi questa buona abitudine; anzi prosegua con ancor maggiore impegno, affinché, alla scuola di Maria, la lampada della fede brilli sempre più nel cuore dei cristiani e nelle loro case.

Nell’odierna festa della Visitazione la liturgia ci fa riascoltare il brano del Vangelo di Luca, che racconta il viaggio di Maria da Nazareth alla casa dell’anziana cugina Elisabetta. Immaginiamo lo stato d’animo della Vergine dopo l’Annunciazione, quando l’Angelo partì da Lei. Maria si ritrovò con un grande mistero racchiuso nel grembo; sapeva che qualcosa di straordinariamente unico era accaduto; si rendeva conto che era iniziato l’ultimo capitolo della storia della salvezza del mondo. Ma tutto, intorno a Lei, era rimasto come prima e il villaggio di Nazareth era completamente ignaro di ciò che Le era accaduto.

Prima di preoccuparsi di se stessa, Maria pensa però all’anziana Elisabetta, che ha saputo essere in gravidanza avanzata e, spinta dal mistero di amore che ha appena accolto in se stessa, si mette in cammino "in fretta" per andare a portarle il suo aiuto. Ecco la grandezza semplice e sublime di Maria! Quando giunge alla casa di Elisabetta, accade un fatto che nessun pittore potrà mai rendere con la bellezza e la profondità del suo realizzarsi. La luce interiore dello Spirito Santo avvolge le loro persone. Ed Elisabetta, illuminata dall’Alto, esclama: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore" (
Lc 1,42-45).

Queste parole potrebbero apparirci sproporzionate rispetto al contesto reale. Elisabetta è una delle tante anziane di Israele e Maria una sconosciuta fanciulla di uno sperduto villaggio della Galilea. Che cosa possono essere e che cosa possono fare in un mondo nel quale contano altre persone e pesano altri poteri? Tuttavia, Maria ancora una volta ci stupisce; il suo cuore è limpido, totalmente aperto alle luce di Dio; la sua anima è senza peccato, non appesantita dall’orgoglio e dall’egoismo. Le parole di Elisabetta accendono nel suo spirito un cantico di lode, che è un’autentica e profonda lettura "teologica" della storia: una lettura che noi dobbiamo continuamente imparare da Colei la cui fede è senza ombre e senza incrinature. "L’anima mia magnifica il Signore". Maria riconosce la grandezza di Dio. Questo è il primo indispensabile sentimento della fede; il sentimento che dà sicurezza all’umana creatura e la libera dalla paura, pur in mezzo alle bufere della storia.

Andando oltre la superficie, Maria "vede" con gli occhi della fede l’opera di Dio nella storia. Per questo è beata, perché ha creduto: per la fede, infatti, ha accolto la Parola del Signore e ha concepito il Verbo incarnato. La sua fede Le ha fatto vedere che i troni dei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio è l’unica roccia che non muta e non cade. E il suo Magnificat, a distanza di secoli e millenni, resta la più vera e profonda interpretazione della storia, mentre le letture fatte da tanti sapienti di questo mondo sono state smentite dai fatti nel corso dei secoli.

Cari fratelli e sorelle! Torniamo a casa con il Magnificat nel cuore. Portiamo in noi i medesimi sentimenti di lode e di ringraziamento di Maria verso il Signore, la sua fede e la sua speranza, il suo docile abbandono nelle mani della Provvidenza divina. Imitiamo il suo esempio di disponibilità e generosità nel servire i fratelli. Solo, infatti, accogliendo l’amore di Dio e facendo della nostra esistenza un servizio disinteressato e generoso al prossimo, potremo elevare con gioia un canto di lode al Signore. Ci ottenga questa grazia la Madonna, che questa sera ci invita a trovare rifugio nel suo Cuore Immacolato.





AL PELLEGRINAGGIO DELL'ARCIDIOCESI DI TORINO Aula Paolo VI Lunedì, 2 giugno 2008

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Signor Cardinale,
cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle dell’Arcidiocesi di Torino!

A ciascuno di voi il mio cordiale saluto; benvenuti nella casa del Successore di Pietro! Vi incontro volentieri al termine del vostro pellegrinaggio a Roma, che corona il cammino spirituale e pastorale compiuto dalla vostra comunità diocesana in questi anni. Mentre con gioia vi accolgo, rivolgo il mio saluto in primo luogo al vostro Arcivescovo, ringraziandolo anche per le gentili parole con cui ha illustrato l’itinerario ecclesiale da voi sinora percorso e le future prospettive missionarie che vi attendono. Saluto il Vescovo Ausiliare, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i catechisti e i rappresentanti delle parrocchie e dei diversi organismi della vostra Arcidiocesi. Saluto le Autorità e quanti hanno voluto unirsi a voi in questo incontro. Attraverso di voi qui presenti, vorrei far giungere il mio saluto all’intera popolazione di Torino, città ricca di storia civile e religiosa. E una parola di particolare vicinanza spirituale e di solidarietà sento il bisogno di rivolgere anche alle popolazioni del Pinerolese e del Cuneese, colpite in questi giorni dalle conseguenze del maltempo. Assicuro una speciale preghiera al Signore, perché accolga nella sua pace le vittime e sostenga quanti lottano per far fronte alla grave calamità naturale.

Cari fratelli e sorelle, dopo aver celebrato ieri l’Eucaristia nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, questa mattina è presso la Tomba del Principe degli Apostoli che avete rinnovato insieme la solenne professione di fede. E quale luogo poteva essere più indicato per un gesto tanto significativo quale la Redditio fidei? Nella Basilica di San Pietro, dove tutto parla dell’eroismo degli inizi del cristianesimo, il sangue dei martiri continua ad essere eloquente invito a seguire Cristo senza compromessi. In Basilica e nelle Grotte Vaticane sostano cattolici di ogni parte del mondo che, pur appartenendo a culture e lingue differenti, professano la medesima fede e fanno parte dell’unica Chiesa di Cristo. Anche voi avete potuto immergervi in questo clima di santità e di cattolicità ed ora, prima di far ritorno nelle vostre comunità, attendete dal Papa una parola che vi incoraggi ad essere coerenti testimoni del Vangelo in questa nostra epoca.

Il vostro Arcivescovo ha voluto gentilmente informarmi circa il cammino percorso dalla vostra Comunità diocesana da quando, nel 1999, egli è stato chiamato dal Signore ad esserne il Pastore e, ancor più, da quando, nel settembre del 2003, ha intrapreso la sua Visita Pastorale, che si concluderà, a Dio piacendo, domenica prossima. Questo itinerario ecclesiale vi ha visti protagonisti di una vasta azione apostolica e missionaria, partendo da un intenso movimento spirituale centrato soprattutto sull’Eucaristia domenicale, sull’adorazione eucaristica settimanale e sulla riscoperta dell’importanza del Sacramento della Riconciliazione. Animati dal sincero anelito di una “rinnovata prima evangelizzazione”, vi siete preoccupati di avvicinare i cosiddetti “lontani”, allargando i confini della carità pastorale di ogni comunità parrocchiale. Questo impegno missionario è divenuto ancor più condiviso nel presente anno pastorale, anno della Redditio fidei, e trova il suo momento culminante proprio nella solenne professione di fede che avete proclamato insieme questa mattina presso la Tomba del Principe degli Apostoli.

Ma non tutto termina qui: dopo questa ristoratrice pausa romana, occorre riprendere la strada e nuovi impegni vi attendono. Il prossimo anno pastorale, infatti, lo dedicherete alla Parola di Dio e quello successivo vi vedrà orientati verso una più attenta contemplazione del mistero della Passione di Cristo. In tale contesto, sono lieto di venire incontro alla vostra grande attesa e di accogliere il desiderio del vostro Arcivescovo, consentendo che nella primavera del 2010 abbia luogo un’altra solenne “Ostensione della Sindone”. Se il Signore mi dona la vita e la salute, spero di venire anch'io per questa Ostensione. Sarà un’occasione quanto mai propizia – ne sono certo - per contemplare quel misterioso Volto, che silenziosamente parla al cuore degli uomini, invitandoli a riconoscervi il volto di Dio, il quale “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (
Jn 3,16).

Cari fratelli e sorelle, non abbiate paura di affidarvi a Cristo: solo Lui può soddisfare le attese più profonde dell’animo umano. Nessuna difficoltà, nessun ostacolo rallenti il vostro amore per il suo Vangelo! Se sarà Gesù il centro delle vostre famiglie, delle vostre parrocchie e di ogni comunità sentirete viva la sua presenza e cresceranno l’unità e la comunione tra tutte le varie articolazioni della Diocesi. Alimentate pertanto costantemente l’unione con il Signore nella preghiera e con la frequente pratica dei Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Confessione. Tra le vostre preoccupazioni pastorali ci sia quella di assicurare una formazione cristiana continua dei giovani e degli adulti. Sulla scia dei vostri Santi, attenti alle esigenze dei giovani ed ai poveri, come don Bosco, il Murialdo, il Cottolengo, il Cafasso ed altri ancora, possa la vostra Diocesi brillare per le opere di carità e per uno sforzo corale nell’affrontare la grande “sfida educativa” delle nuove generazioni. La celeste Madre di Cristo, che voi invocate come Consolata e Ausiliatrice, protegga i sacerdoti e gli operatori pastorali; ottenga alle vostre comunità numerose e sante vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata; susciti nei ragazzi e nelle ragazze il desiderio di seguire l’alto ideale della santità; sia per tutti conforto e sostegno, specialmente per gli anziani, i malati, i sofferenti, le persone sole e abbandonate. Ed io, mentre vi assicuro uno speciale ricordo nella preghiera, con affetto benedico voi qui presenti, ed estendo il mio pensiero a tutte le persone a voi care.




AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI MALAYSIA-BRUNEI-SINGAPORE IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì, 6 giugno 2008

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Cari Fratelli Vescovi,

sono lieto di accogliervi in occasione della vostra visita ad limina mentre rinnovate i vincoli di comunione nella fede e nell'amore fra voi come Pastori del popolo di Dio in Malaysia, nel Brunei e a Singapore, e il Successore di Pietro nella Sede di Roma. Vi ringrazio per le cordiali parole che l'arcivescovo Pakiam mi ha rivolto a vostro nome e vi offro l'assicurazione delle mie preghiere e dei miei buoni auspici per tutti voi e per quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale.

Per una lieta coincidenza svolgete la vostra visita nella città degli Apostoli Pietro e Paolo quando la Chiesa in tutto il mondo si prepara a celebrare un anno dedicato a san Paolo, il Grande Apostolo dei Gentili, nel bimillenario della nascita. Prego affinché possiate trarre ispirazione dall'esempio di questo zelante apostolo, eccezionale maestro e coraggioso testimone della fede del Vangelo. Per sua intercessione possiate sperimentare un rinnovato fervore nel grande compito missionario per il quale voi, come san Paolo, siete stati scelti e chiamati (cfr
Ga 1,15-16), quello di annunciare il Vangelo di Gesù Cristo in Malaysia, nel Brunei e a Singapore. Riprendendo le parole rivolte da san Paolo agli anziani di Efeso vi esorto a "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue" (Atti 20, 28).

"La fede della Chiesa in Gesù è un dono ricevuto e un dono da condividere; è il dono più grande che essa può offrire all'Asia" (Ecclesia in Asia ). I popoli asiatici mostrano un intenso desiderio di Dio (cfr ibidem n. 9). Nel trasmettere loro il messaggio che voi stessi avete ricevuto (cfr 1Co 15,3) piantate i semi dell'evangelizzazione in un terreno fertile. Se la fede deve fiorire, tuttavia, deve mettere forti radici nel suolo asiatico in modo da non essere percepita come un prodotto estero, alieno alla cultura e alle tradizioni del vostro popolo. Memori del modo in cui san Paolo predicò la Buona Novella agli Ateniesi (cfr Atti 17, 22-34), siete chiamati a presentare la fede cristiana in modi che richiamino "l'innato intuito spirituale e una saggezza morale tipica dell'animo asiatico" (Ecclesia in Asia ) cosicché le persone la accolgano e la facciano propria.
In particolare, dovete garantire che nelle loro menti il Vangelo cristiano non venga confuso in alcun modo con i principi secolari associati all'Illuminismo. Al contrario, "vivendo secondo la verità nella carità" (Ep 4,15) potete aiutare i vostri concittadini a separare il grano del Vangelo dalla pula del materialismo e del relativismo. Potete aiutarli a rispondere alle sfide urgenti poste dall'Illuminismo, che è familiare al cristianesimo occidentale da più di due secoli, ma che solo ora comincia ad avere un impatto significativo su altre parti del mondo. Resistendo alla "dittatura della ragione positivista" che cerca di escludere Dio dal discorso pubblico, dovremmo accogliere "le vere conquiste dell'Illuminismo", in particolare l'enfasi sui diritti dell'uomo e sulla libertà di praticare la propria religione (cfr Discorso ai Membri della Curia Romana in occasione del tradizionale scambio di auguri natalizi, 22 dicembre 2006). Sottolineando il carattere universale dei diritti umani, basati sulla dignità della persona umana creata a immagine di Dio, svolgete un compito importante di evangelizzazione perché questo insegnamento costituisce un aspetto essenziale del Vangelo. Così facendo seguite le orme di san Paolo che sapeva come esprimere gli elementi essenziali della fede e della pratica cristiane in un modo che poteva essere assimilato dalle comunità di Gentili presso le quali veniva inviato.

Questo apostolato paolino richiede un impegno al dialogo interreligioso e vi incoraggio a svolgere questo compito importante, esplorando tutte le vie che avete a disposizione. Capisco che non tutti i territori che rappresentate offrono lo stesso grado di libertà religiosa e che molti di voi, per esempio, incontrano gravi difficoltà nel promuovere l'istruzione religiosa cristiana nelle scuole. Non scoraggiatevi, ma continuate a proclamare con convinzione le "imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8) cosicché tutti possano apprendere l'amore di Dio reso manifesto in Gesù. Nel contesto di un dialogo aperto e onesto con musulmani, buddisti, induisti e seguaci delle altre religioni presenti nei vostri rispettivi Paesi, aiutate i vostri concittadini a riconoscere e osservare la legge "scritta nei loro cuori" (Rm 2,15) articolando chiaramente la verità del Vangelo. In tal modo il vostro insegnamento potrà raggiungere un ampio pubblico e contribuire a promuovere una visione unificata del bene comune. Ciò, a sua volta, contribuirà a promuovere la libertà religiosa e una maggior coesione sociale fra i membri di differenti gruppi etnici, che potranno solo portare pace e benessere a tutta la comunità.

A proposito della sollecitudine pastorale che offrite al vostro popolo, vi incoraggio a mostrare un particolare interesse per i vostri sacerdoti. Utilizzando l'immagine evocata da san Paolo nello scrivere al giovane Timoteo, esortateli a riaccendere il dono di Dio che è in loro mediante l'imposizione delle mani (cfr 2Tm 1,6). Siate per loro padri, fratelli e amici come lo fu san Paolo per Timoteo e per Tito. Guidateli con l'esempio, mostrando loro la via per imitare Cristo, il Buon Pastore. San Paolo ha notoriamente proclamato: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Ga 2,20). Plasmando la vostra intera vita e la vostra condotta sul modello di Cristo, fate sì che i vostri sacerdoti vedano che cosa significa vivere come alter Christus in mezzo al vostro popolo! In questo modo, non solo li ispirerete a dedicare tutta la propria vita "come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio" (Rm 12,1), ma sempre più giovani aspireranno a questa vita sublime di servizio sacerdotale.

So che nei territori che rappresentate vi sono alcune regioni in cui è raro vedere un sacerdote e altre in cui le persone non conoscono ancora il Vangelo. Anche loro richiedono la vostra sollecitudine pastorale e le vostre preghiere perché "come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?" (Rm 10,14). In questo caso la formazione dei laici assume un'ulteriore importanza affinché mediante la catechesi i figli di Dio dispersi possano conoscere la speranza alla quale sono chiamati, al "tesoro di gloria che racchiude la sua eredità" (Ep 1,18). In tal modo saranno pronti ad accogliere il sacerdote quando giungerà fra loro. Dite ai vostri catechisti, sia laici sia religiosi, che li ricordo nelle mie preghiere e che apprezzo il contributo enorme che apportano alla vita delle comunità cristiane in Malaysia, nel Brunei e a Singapore. Grazie alla loro opera vitale, innumerevoli uomini, donne e bambini vengono messi in grado di "conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza" e quindi di essere "ricolmi di tutta la pienezza di Dio" (Ep 3,19).

Cari Fratelli Vescovi, prego affinché, una volta tornati nei vostri rispettivi Paesi, "State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie: questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi" (1Th 5,16). Affidando tutti voi, i vostri sacerdoti, religiosi e laici all'intercessione di Maria, Madre della Chiesa, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica quale pegno di gioia e di pace nel Signore.




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