Discorsi 2005-13 27168

AGLI OFFICIALI DEL VICARIATO DI ROMA PER IL CONGEDO DELL'EM.MO CARD. CAMILLO RUINI Sala Clementina Venerdì, 27 giugno 2008

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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Sono molto lieto di accogliervi e di porgere a ciascuno di voi il mio cordiale benvenuto. Lo rivolgo in primo luogo e specialmente a Lei, caro Cardinale Camillo Ruini, che oggi voglio pubblicamente ringraziare, al termine del Suo lungo servizio quale Vicario Generale per la Diocesi di Roma. Ho già avuto occasione di manifestarLe i miei sentimenti nei giorni scorsi con una lettera, nella quale ho avuto modo di ricordare i molteplici aspetti di tale diuturno e apprezzato ministero, iniziato nel gennaio 1991, quando il Servo di Dio Giovanni Paolo II La chiamò a succedere al Cardinale Ugo Poletti. Ora ho l’opportunità di rinnovarLe l’espressione della mia riconoscenza dinanzi ai Vescovi Ausiliari, ai Parroci Prefetti, alle altre rappresentanze della realtà diocesana e alla comunità di lavoro del Vicariato di Roma.

Gli ultimi anni del secolo scorso e i primi del nuovo sono stati un tempo davvero straordinario, tanto più per chi, come noi, ha avuto in sorte di viverli al fianco di un autentico gigante della fede e della missione della Chiesa, il venerato mio Predecessore. Egli ha guidato il Popolo di Dio verso lo storico traguardo dell’anno Duemila e, attraverso il Grande Giubileo, l’ha introdotto nel terzo millennio dell’era cristiana. Collaborando strettamente con lui siamo stati “trascinati” dalla sua eccezionale forza spirituale, radicata nella preghiera, nell’unione profonda con il Signore Gesù Cristo e nell’intimità filiale con la sua Madre Santissima. Il carisma missionario del Papa Giovanni Paolo II ha avuto, come è giusto, un influsso determinante sul periodo del suo pontificato, in particolare sul tempo di preparazione al Giubileo del 2000; e questo lo si è potuto verificare direttamente nella Diocesi di Roma, la Diocesi del Papa, grazie all’impegno costante del Cardinale Vicario e dei suoi collaboratori. Come esempio di questo mi limito a ricordare la Missione cittadina di Roma e i cosiddetti “Dialoghi in Cattedrale”, espressione di una Chiesa che, nel momento stesso in cui andava prendendo maggiore coscienza della sua identità diocesana e ne assumeva progressivamente la fisionomia, si apriva decisamente a una mentalità missionaria e ad uno stile coerente con essa, mentalità e stile destinati a non durare solo il tempo di una stagione, bensì, come è stato spesso ribadito, a diventare permanenti. Questo, venerato Fratello, è un aspetto particolarmente importante, di cui desidero renderLe merito, tanto più che Lei lo ha promosso e curato, oltre che qui a Roma, anche a livello dell’intera Nazione italiana, quale Presidente della Conferenza Episcopale.

La sollecitudine per la missione è stata sempre accompagnata e sostenuta da un’eccellente capacità di riflessione teologica e filosofica, che Ella ha manifestato ed esercitato fin dagli anni giovanili. L’apostolato, specialmente nel nostro tempo, deve nutrirsi costantemente di pensiero, per motivare il significato dei gesti e delle azioni, altrimenti è destinato a ridursi a sterile attivismo. E Lei, Signor Cardinale, ha offerto in tal senso un contributo rilevante, ponendo al servizio del Santo Padre, della Santa Sede e della Chiesa intera le Sue ben note doti di intelligenza e di sapienza. Io stesso ne sono stato testimone nel mio precedente ufficio e a maggior ragione in questi ultimi anni, in cui ho potuto avvalermi della Sua vicinanza nel servire la Chiesa che è in Italia e particolarmente in Roma. Mi piace ricordare al riguardo la nostra collaborazione sui temi dei Convegni ecclesiali diocesani, tesi a rispondere alle principali urgenze pastorali tenendo conto del contesto sociale e culturale della Città. Tutti sappiamo che il “progetto culturale” è una particolare iniziativa della Chiesa italiana dovuta allo zelo e alla lungimiranza del Cardinale Ruini, ma questa espressione, “progetto culturale”, più in generale e radicalmente richiama il modo di porsi della Chiesa nella società: il desiderio cioè della Comunità cristiana – rispondente alla missione del suo Signore – di essere presente in mezzo agli uomini e alla storia con un progetto di uomo, di famiglia, di relazioni sociali ispirato alla Parola di Dio e declinato in dialogo con la cultura del tempo. Caro Signor Cardinale, in questo Lei ha dato un esempio che rimane al di là delle iniziative del momento, un esempio nell’impegno di “pensare la fede”, in assoluta fedeltà al Magistero della Chiesa, con puntuale attenzione agli insegnamenti del Vescovo di Roma e, al tempo stesso, in costante ascolto delle domande che emergono dalla cultura contemporanea e dai problemi dell’attuale società.

Mentre esprimo la mia riconoscenza al Cardinale Camillo Ruini, sono lieto di comunicare che, al suo posto, quale Vicario per la Diocesi di Roma, ho nominato il Cardinale Agostino Vallini, fino ad ora Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Lo saluto con grande affetto e lo accolgo nel nuovo incarico, che gli affido tenendo conto della sua esperienza pastorale, maturata dapprima quale Ausiliare nella grande Diocesi di Napoli e poi come Vescovo di Albano; esperienze a cui egli unisce provate doti di saggezza e di affabilità. Contestualmente l’ho nominato Arciprete della Basilica di San Giovanni in Laterano e Gran Cancelliere della Pontificia Università Lateranense. Caro Signor Cardinale, da oggi la mia preghiera per Lei si farà particolarmente intensa, affinché il Signore Le conceda tutte le grazie necessarie a questo nuovo compito. La incoraggio ad esprimere in pienezza il Suo zelo pastorale e Le auguro un sereno e proficuo ministero, nel quale – sono certo – potrà avvalersi della costante e generosa collaborazione dei Vescovi ausiliari e di tutti i sacerdoti, i religiosi e i laici che lavorano nel Vicariato di Roma. Approfitto anzi di questa felice circostanza, cari fratelli e sorelle, per manifestare a tutti voi, che operate negli uffici centrali della diocesi, la mia viva riconoscenza e il mio incoraggiamento a fare sempre meglio, per il bene della Chiesa che è a Roma.

Cari Signori Cardinali, Dio vi ricolmi in abbondanza dei suoi doni. Ricompensi chi si congeda e sostenga chi subentra. Moltiplichi in tutti il rendimento di grazie alla sua infinita bontà e conceda sempre a ciascuno la gioia di servire Cristo lavorando umilmente per la sua Chiesa. La Vergine Maria, Salus Populi Romani, vegli dal cielo su di noi e ci accompagni. Invocando la sua intercessione, imparto di cuore a tutti voi qui presenti e all’intera città di Roma la Benedizione Apostolica.





SALUTO AL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO I IN OCCASIONE DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO E DELL’APERTURA DELL’ANNO PAOLINO Sabato, 28 giugno 2008

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Santità,

con profonda e sincera gioia saluto Lei e il distinto seguito che L’accompagna e mi è gradito farlo con le parole tratte dalla seconda Lettera di San Pietro: "A coloro che hanno ricevuto in sorte con noi la stessa preziosa fede per la giustizia del nostro Dio e salvatore Gesù Cristo: grazia e pace sia concessa a voi in abbondanza nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro" (1,1-2). La celebrazione dei Santi Pietro e Paolo, Patroni della Chiesa di Roma, così come quella di Sant’Andrea, Patrono della Chiesa di Costantinopoli, ci offrono annualmente la possibilità di uno scambio di visite, che sono sempre occasioni importanti per fraterne conversazioni e comuni momenti di preghiera. Cresce così la conoscenza personale reciproca; si armonizzano le iniziative e aumenta la speranza, che tutti ci anima, di poter giungere presto alla piena unità, in obbedienza al mandato del Signore.

Quest'anno, qui a Roma, alla festa patronale si aggiunge la felice circostanza dell'inaugurazione dell'Anno Paolino, che ho voluto indire per commemorare il secondo millennio della nascita di San Paolo, con l’intento di promuovere una sempre più approfondita riflessione sull'eredità teologica e spirituale lasciata alla Chiesa dall’Apostolo delle genti, con la sua vasta e profonda opera di evangelizzazione. Ho appreso con piacere che anche Vostra Santità ha indetto un Anno Paolino. Questa felice coincidenza pone in evidenza le radici della nostra comune vocazione cristiana e la significativa sintonia, che stiamo vivendo, di sentimenti e di impegni pastorali. Per questo rendo grazie al Signore Gesù Cristo, che con la forza del suo Spirito guida i nostri passi verso l’unità.

San Paolo ci ricorda che la piena comunione tra tutti i cristiani trova il suo fondamento in "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (
Ep 4,5). La fede comune, l’unico Battesimo per la remissione dei peccati e l'obbedienza all'unico Signore e Salvatore, possano pertanto quanto prima esprimersi appieno nella dimensione comunitaria ed ecclesiale. "Un solo corpo ed un solo Spirito", afferma l’Apostolo delle genti, ed aggiunge: "come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati" (Ep 4,4). San Paolo ci indica inoltre una via sicura per mantenere l’unità e, nel caso della divisione, per ricomporla. Il Decreto sull'Ecumenismo del Concilio Vaticano II ha ripreso l’indicazione paolina e la ripropone nel contesto dell’impegno ecumenico, facendo riferimento alle parole dense e sempre attuali della Lettera agli Efesini: "Vi esorto dunque io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (4,1-3).

Ai cristiani di Corinto, in mezzo ai quali erano sorti dissensi, San Paolo non ha timore di indirizzare un forte richiamo perché siano unanimi nel parlare, scompaiano le divisioni tra loro e coltivino una perfetta unione di pensiero e di intenti (cfr 1Co 1,10). Nel nostro mondo, in cui si va consolidando il fenomeno della globalizzazione ma continuano ciononostante a persistere divisioni e conflitti, l’uomo avverte un crescente bisogno di certezze e di pace. Allo stesso tempo, però, egli resta smarrito e quasi irretito da una certa cultura edonistica e relativistica, che pone in dubbio l’esistenza stessa della verità. Le indicazioni dell’Apostolo sono, al riguardo, quanto mai propizie per incoraggiare gli sforzi tesi alla ricerca della piena unità tra i cristiani, tanto necessaria per offrire agli uomini del terzo millennio una sempre più luminosa testimonianza di Cristo, Via, Verità e Vita. Solo in Cristo e nel suo Vangelo l’umanità può trovare risposta alle sue più intime attese.

Possa l'Anno Paolino, che questa sera inizierà solennemente, aiutare il popolo cristiano a rinnovare l'impegno ecumenico, e si intensifichino le iniziative comuni nel cammino verso la comunione fra tutti i discepoli di Cristo. Di questo cammino la vostra presenza qui, oggi, è certamente un segno incoraggiante. Per questo esprimo ancora una volta a tutti voi la mia gioia, mentre insieme innalziamo al Signore la nostra grata preghiera.



AGLI ARCIVESCOVI METROPOLITI CHE HANNO RICEVUTO IL PALLIO NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO Aula Paolo VI Lunedì, 30 giugno 2008

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Venerati Fratelli,
distinte Autorità,
cari fratelli e sorelle!

Dopo la solenne celebrazione di ieri, nella quale ho avuto la gioia di imporre il Pallio agli Arcivescovi Metropoliti nominati nel corso dell’ultimo anno, l’incontro odierno mi offre la gradita opportunità di rinnovare a tutti voi il mio cordiale saluto e di prolungare il clima di comunione – gerarchica e al tempo stesso familiare – che si sperimenta in questa particolare circostanza. L’immagine del corpo organico applicata alla Chiesa è uno degli elementi forti e caratteristici della dottrina di san Paolo, e perciò, in questo anno giubilare a lui dedicato desidero affidare ciascuno di voi, cari Arcivescovi, alla sua celeste protezione. L’Apostolo delle genti vi aiuti a far crescere le Comunità a voi affidate unite e missionarie, concordi e coordinate nell’azione pastorale animate da costante slancio apostolico.

Desidero ora rivolgere un cordiale saluto a ciascuno di voi, cari Arcivescovi Metropoliti, come pure ai vostri familiari ed alle personalità che hanno voluto presenziare a questo appuntamento, estendendo il pensiero e la preghiera alle vostre Chiese particolari. Sono lieto di poter incominciare dalla Terra Santa, salutando il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Mons. Fouad Twal, e quanti lo accompagnano. Saluto con affetto Mons. Giancarlo Maria Bregantini, Mons. Paolo Benotto e Mons. Francesco Montenegro, Metropoliti rispettivamente di Campobasso-Boiano, Pisa e Agrigento. Il Signore benedica sempre voi e vi guidi nel vostro quotidiano ministero pastorale!

Saluto con gioia i pellegrini venuti dal Niger, dalla Repubblica Democratica del Congo, da Haïti e dalla Francia. Voi accompagnate i nuovi arcivescovi metropoliti ai quali sono lieto di aver imposto il pallio, segno di una grande comunione con la Sede apostolica. I miei saluti particolari vanno a monsignor Michel Christian Cartatéguy, arcivescovo di Niamey (Niger), a monsignor Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo), a monsignor Louis Kébreau, arcivescovo di Cap Haïtien (Haïti), a monsignor Serge Miot, arcivescovo di Port au Prince (Haïti) e a monsignor Laurent Ulrich, arcivescovo di Lille (Francia). Trasmettete i miei saluti ai sacerdoti e a tutti i fedeli delle vostre diocesi. Assicurateli della mia preghiera fervente. Il pallio simboleggia la profonda unione del loro pastore con il Successore di Pietro, e anche la sollecitudine pastorale dell'arcivescovo verso il suo popolo. Possano i fedeli unirsi maggiormente a Cristo in questa comunione di carità per testimoniarla con coraggio e verità!.

Eccellenze, Cari amici in Cristo, estendo il mio saluto cordiale agli arcivescovi metropoliti anglofoni ai quali ieri ho imposto il pallio: il cardinale John Nyue, arcivescovo di Nairobi (Kenya), arcivescovo Edwin O'Brien di Baltimora (Usa), arcivescovo Anthony Mancini di Halifax (Canada), arcivescovo Martin Currie di Saint John's, Newfounland (Canada), arcivescovo John Hung Shan-chuan di Taipei (Taiwan), arcivescovo Matthew Man-Oso Ndagoso di Kaduna (Nigeria), arcivescovo Richard Anthony Burke di Benin City (Nigeria), arcivescovo Robert Rivas di Castries (Saint Lucia), arcivescovo John Ribat di Port Moresby (Papua Nuova Guinea), arcivescovo Thomas Kwaku Mensah di Kumasi (Ghana), arcivescovo Thomas Rodi di Mobile (Usa), arcivescovo Donald Reese di Kingston in Jamaica (Jamaica), arcivescovo Peter Kairo di Nyeri (Kenya), arcivescovo John Nienstedt di Saint Paul and Minneapolis (Usa) e arcivescovo John Lee Hiong Fun-Yit Yaw di Kota Kinabalu (Malaysia).

Porgo il benvenuto anche ai familiari e agli amici dei nuovi metropoliti e ai fedeli di tutte le archidiocesi che li hanno accompagnati a Roma. Il pallio viene indossato dagli arcivescovi metropoliti quale simbolo della loro comunione gerarchica con il Successore di Pietro nel governo del popolo di Dio. È fatto di lana di pecora quale simbolo di Gesù Cristo, l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo e il Buon Pastore che veglia sul suo gregge. Il pallio ricorda ai Vescovi che, come vicari di Cristo nelle loro Chiese locali, sono chiamati a essere pastori secondo l'esempio di Gesù. Quale simbolo del fardello dell'ufficio episcopale, ricorda anche ai fedeli il dovere di sostenere i Pastori della Chiesa con le preghiere e di cooperare con loro alla diffusione del Vangelo e alla crescita della Chiesa di Cristo in santità, unità e amore. Cari amici: che il vostro pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo vi confermi nella fede cattolica che proviene dagli Apostoli. A tutti voi imparto cordialmente la mia Benedizione Apostolica quale pegno di gioia e di pace nel Signore.

Rivolgo un gioioso "Grüß Gott" a voi tutti che siete giunti dalla mia diocesi di München und Freising per accompagnare a Roma il nuovo arcivescovo Reinhard Marx per il ricevimento del pallio. Saluto anche di tutto cuore gli ospiti dell'arcivescovo Willem Jacobus Eijk di Utrecht. Ai vostri Pastori ho imposto oggi il pallio, che ci indica il Buon Pastore, che porta sulle spalle la pecorella smarrita e dá la vita per il suo gregge. Il Signore ha chiamato gli Apostoli a seguirlo nell'amore. Per tre volte Cristo risorto chiede a Pietro se lo ama. E per tre volte gli ripete il compito di pascolare le pecore del Signore. Quindi anche oggi i Pastori devono essere pervasi dalla volontà di garantire l'unità con il Signore e con il gregge. Vi invito a sostenere il servizio dei vostri arcivescovi in armonia e con le preghiere. Il vero Dio sia con voi con la sua Grazia!

Mi rivolgo con affetto agli arcivescovi metropoliti di lingua spagnola, Francisco Pérez González, di Pamplona e Tudela, Lorenzo Voltolini Esti, di Portoviejo, Andrés Stanovnik, di Corrientes, Óscar Urbina Ortega, di Villavicencio, Antonio José López Castillo, di Barquisimeto che sono venuti a Roma per la solenne cerimonia dell'imposizione del pallio, accompagnati da familiari, amici e una rappresentanza delle loro rispettive Chiese particolari. Cari fratelli nell'episcopato, che il pallio, ornamento liturgico di venerabile tradizione, tessuto in lana bianca, vi ricordi sempre Gesù Cristo, il Buon Pastore, e, allo stesso tempo, Agnello immolato per la nostra salvezza! Fedeli al vostro ministero, cercate in ogni momento di promuovere la comunione fra i vescovi della provincia ecclesiastica che presiedete, e con il vescovo di Roma. Incoraggio tutti coloro che sono voluti venire con voi in questa bella circostanza a non smettere di ricordarvi nella loro preghiera, affinché continuiate a guidare il gregge che è stato affidato alla vostra cura pastorale con ardente carità, di modo che Cristo, per il quale versarono il loro sangue i santi Apostoli Pietro e Paolo, sia sempre più conosciuto, amato e imitato. Chiedo alla Vergine Maria, che con tanto fervore viene invocata nei vostri Paesi - Spagna, Ecuador, Argentina, Colombia, Venezuela -, di proteggere e di sostenere con il suo amore di Madre i vostri vescovi suffraganei, i sacerdoti, le comunità religiose e i fedeli diocesani. Con questi sentimenti, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, pegno di copiosi doni celesti.

Saluto, con fraterna stima, gli arcivescovi metropoliti di lingua portoghese che ieri hanno ricevuto il pallio: monsignor Mauro Aparecido dos Santos, di Cascavel, monsignor Luís Gonzaga Silva Pepeu, di Vitória da Conquista, e monsignor José Francisco Sanches Alves, di Évora. Stimati fratelli, siate sempre solleciti verso il gregge di Cristo che vi è stato affidato, cercando di rafforzare sempre più i vincoli di comunione con il Successore di Pietro e fra le vostre diocesi suffraganee. E voi, amati amici che li accompagnate, seguite con docilità i loro insegnamenti, cooperando con essi generosamente per la realizzazione del Regno di Dio. Invocando la protezione della Vergine Madre di Dio, imparto a voi qui presenti e alle vostre comunità arcidiocesane la Benedizione Apostolica.



[Saluto i pellegrini polacchi. In modo particolare saluto il nuovo Metropolita di Gdansk, l’Arcivescovo Leszek Slawoj Glódz, che ieri, nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, ha ricevuto il pallio, un segno dello stretto legame di ogni Metropolita con il Successore di Pietro. Saluto tutti coloro che lo seguono in questo solenne momento, particolarmente i suoi cari e i fedeli dalla Metropoli di Gdansk. Auguro che l’Anno Paolino appena iniziato rafforzi la vostra fede, il vostro legame con la Chiesa e con i suoi Pastori. Nella mia preghiera affido a Dio il servizio pastorale di Vostra Eccellenza. Benedico di cuore tutti i pellegrini qui presenti. Sia lodato Gesù Cristo.]



[Saluto con affetto l’Arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Mons. Paolo Pezzi. Ringrazio le Autorità presenti e assicuro la mia speciale preghiera.]



[Rivolgo il mio cordiale saluto a Mons. Tadeusz Kondrusiewicz, Arcivescovo di Minsk-Mohilev, e a quanti lo accompagnano, con i migliori auguri per il suo ministero.]



[Saluto cordialmente i pellegrini provenienti dalla Slovacchia, che accompagnano i nuovi arcivescovi – metropoliti: Stanislav da Bratislava e Ján da Prešov. Fratelli e sorelle, il Pallio che hanno ricevuto ieri questi Presuli è segno dell’unione con il Vescovo di Roma. Con affetto benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!]



[Un cordiale saluto rivolgo a Mons. Marin Srakic, il nuovo Arcivescovo e Metropolita di Ðakovo-Osijek, ai suoi famigliari e agli ospiti pervenuti a Roma dalla Croazia sempre fedele. Il Pallio è segno del particolare legame dei Pastori della Chiesa con il Successore di Pietro. Mentre auspico che il Signore guidi e protegga te venerato Fratello e la comunità dei fedeli della cara Slavonija, imparto a tutti una speciale benedizione. Siano lodati Gesù e Maria!]

Cari amici, rendiamo grazie a Dio che non cessa di assicurare Pastori alla sua Chiesa, per condurla saldamente nel suo pellegrinaggio terreno. Ricordiamo sempre che per ogni Pastore la condizione del suo servizio è l’amore per Cristo, a cui nulla deve essere anteposto. “Simone di Giovanni, mi ami?”. La domanda di Gesù a Pietro risuoni sempre nel nostro cuore, cari Fratelli, e susciti, ogni volta nuova e commossa, la nostra risposta: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo”. Da questo amore per Cristo scaturisce la missione: “Pasci le mie pecorelle” (
Jn 21,16 Jn 21,17); missione che si riassume anzitutto nella testimonianza a Lui, il Maestro e il Signore: “Seguimi” (Jn 21,19). Sia questa la nostra gioia, mentre è certamente la nostra croce: soave e leggera, perché croce d’amore. Vegli sempre su di voi e vi sostenga la Vergine Maria, Madre della speranza, e vi accompagni la mia Apostolica Benedizione, che di cuore rinnovo a ciascuno di voi, ai vostri cari e a quanti sono affidati al vostro ministero.



SALUTO A UN GRUPPO DI PELLEGRINI DI REGENSBURG Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo Sabato, 5 luglio 2008

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Cari amici, sono lieto di questa vostra visita. Essa ravviva in me il ricordo della meravigliosa giornata, in cui ho potuto benedire il nuovo organo, il "Benedikt-Orgel", nella "Vecchia Cappella". Resta indimenticabile nella mia memoria come, nell’armonia dell’eccellente organo, del coro guidato dal Signor Kohlhäufl e della bellezza di quella chiesa luminosa, abbiamo sperimentato la gioia che viene da Dio – non soltanto una "scintilla degli dèi", di cui parla Schiller, ma veramente lo splendore della fiamma dello Spirito Santo, che ci ha fatto sentire nel nostro intimo ciò che sappiamo anche dal Vangelo di Giovanni: che cioè Egli stesso è la gioia. E questa gioia veniva comunicata a noi.

Sono lieto che quest’organo continui a suonare ed aiuti così la gente a percepire qualcosa dello splendore della nostra fede – uno splendore acceso dallo stesso Spirito Santo. Con ciò l’organo svolge una funzione evangelizzatrice, annuncia il Vangelo a modo suo.

Noi non possiamo qui offrire né un organo, né un coro, ma abbiamo la bellezza del "Castello" e la bellezza del Sud che si diffonde tutt’intorno. Anche se il sole in questo momento irradia il suo calore in modo forse un po’ troppo abbondante, resta tuttavia la luce del Sud come una piccola festa che sarà per tutti voi un bel ricordo da portare a casa.

Vedo anche che riceveremo dei doni, e posso quindi già subito esprimere in anticipo il mio ringraziamento, perché non siete arrivati a mani vuote. Vi auguro delle giornate bellissime e ricche qui a Roma. E portate poi i miei cordialissimi saluti a Ratisbona e alla "Vecchia Cappella"!




VIAGGIO APOSTOLICO A SYDNEY (AUSTRALIA) IN OCCASIONE DELLA XXIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

(13 - 21 LUGLIO 2008)



INTERVISTA CONCESSA DAL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AI GIORNALISTI DURANTE IL VOLO VERSO L’AUSTRALIA Volo Papale, sabato 12 luglio 2008

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P. Lombardi: Santità, grazie mille di essere qui con noi all’inizio di questo lungo viaggio. Le facciamo i nostri migliori auguri e siamo veramente onorati di questa disponibilità che Lei ha sempre nel rispondere alle nostre domande. Le domande che Le facciamo sono state espresse dalle persone che sono qui presenti. Io ho raccolto quelle che rispondevano un po’ ad un interesse più ampio. Siamo molto internazionali, come in tutti i viaggi. Se possibile, Le chiediamo di rispondere in lingua inglese alle due domande che saranno fatte dai nostri colleghi australiani, mentre alle altre domande ci aspettiamo che risponda anche in lingua italiana.

La prima domanda che le facciamo viene proposta dal collega Lucio Brunelli, della RAI:

Domanda: Santità, questa è la sua seconda GMG, la prima – diciamo così – interamente Sua. Con quali sentimenti si appresta a viverla e qual è il messaggio principale che desidera dare ai giovani? Poi, pensa che le GMG influiscano profondamente sulla vita della Chiesa che le ospita? E infine, pensa che la formula di questi raduni giovanili di massa sia ancora attuale?

Papa: Io vado con sentimenti di grande gioia in Australia. Ho bellissimi ricordi della GMG di Colonia: non è stata semplicemente un avvenimento di massa, è stata soprattutto una grande festa della fede, un incontro umano della comunione in Cristo. Abbiamo visto come la fede apra le frontiere e abbia realmente una capacità di unione tra le diverse culture, e crei gioia. E spero la stessa cosa avvenga adesso in Australia. Perciò sono gioioso di vedere molti giovani, e di vederli uniti nel desiderio di Dio e nel desiderio di un mondo realmente umano. Il messaggio essenziale è indicato dalle parole che costituiscono lo slogan di questa GMG: parliamo dello Spirito Santo che ci fa testimoni di Cristo. Quindi vorrei concentrare il mio messaggio proprio su questa realtà dello Spirito Santo, che appare in diverse dimensioni: è lo Spirito operante nella Creazione. La dimensione della Creazione è molto presente, perché lo Spirito è creatore. Mi sembra un tema molto importante nel nostro momento attuale. Ma lo Spirito è anche l’ispiratore della Scrittura: nel nostro cammino, alla luce della Scrittura, possiamo andare insieme con lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è Spirito di Cristo, quindi ci guida in comunione con Cristo e finalmente si mostra secondo San Paolo nei carismi, cioè in un grande numero di doni inaspettati che cambiano i diversi tempi e danno nuova forza alla Chiesa. E quindi, queste dimensioni ci invitano a vedere le tracce dello Spirito e a rendere visibile lo Spirito anche agli altri. Una GMG non è semplicemente un avvenimento di questo momento: è preparato da un lungo cammino con la Croce e con l’icona della Madonna, che, tra l’altro, è preparato dal punto di vista organizzativo, ma anche spirituale. Quindi, questi giorni sono soltanto il momento culminante di un lungo cammino precedente. Tutto è frutto di un cammino, di un essere insieme in cammino verso Cristo. La GMG poi crea una storia, cioè si creano amicizie, si creano nuove ispirazioni: così la GMG continua. Mi sembra questo molto importante: non vedere soltanto questi tre-quattro giorni, ma vedere tutto il cammino che precede e quello che segue. In questo senso, mi sembra, la GMG – almeno per il prossimo nostro futuro – è una formula valida che ci prepara a capire che da diversi punti di vista e da diverse parti della terra andiamo avanti verso Cristo e verso la comunione. Impariamo così un nuovo andare insieme. In questo senso, spero sia anche una formula per il futuro.

P. Lombardi: Grazie, Santità. La seconda domanda viene proposta da Mr Paul John Kelly, giornalista di "The Australian", uno dei grandi quotidiani dell’Australia:

Domanda: "The Australian Newspaper": Holy Father, I’d like to ask my question in English: Australia is a very secular land, with low religious practice and much religious indifference. I’d like to ask whether you are optimistic about the future of the Church in Australia, or are worried and alarmed that the Australian Church may follow the European path to decline? What message would you offer Australia to overcome its religious indifference?

["The Australian Newspaper", Santità, desidero porre la mia domanda in inglese: l'Australia è una terra molto laica, caratterizzata da una pratica religiosa debole e da indifferenza verso la religione. Lei, Santità, è ottimista sul futuro della Chiesa in Australia oppure è preoccupato e teme che la Chiesa in Australia possa seguire il declino di quella in Europa? Quale messaggio offre all'Australia per farle superare la sua indifferenza verso la religione?].

Papa: I will do my best in English, but I beg your pardon for my insufficiencies in English. I think Australia in its present historical configuration is a part of the "Western world", economically and politically, and so it is clear that Australia shares also the successes and the problems of the Western world. The Western world has had in the last 50 years great successes: economic successes, technical successes; yet religion - Christian faith - is in a certain sense in crisis. This is clear because there is the impression that we do not need God, we can do all on our own, that we do not need God to be happy, we do not need God to create a better world, that God is not necessary, we can do all by ourselves. On the other hand we see that religion is always present in the world and will always be present because God is present in the heart of the human being and can never disappear. We see how religion is really a force in this world and in countries. I would not simply speak about a decline of religion in Europe: certainly there is a crisis in Europe, not so much in America but nevertheless there too, and in Australia.

But on the other hand, there’s always a presence of the faith in new forms, and in new ways; in the minority, perhaps, but always present for all the society to see. And now in this historical moment, we begin to see that we do need God. We can do so many things, but we cannot create our climate. We thought we could do it, but we cannot do it. We need the gift of the Earth, the gift of water, we need the Creator; the Creator re-appears in His creation. And so we also come to understand that we cannot be really happy, cannot be really promoting justice for all the world, without a criterion at work in our own ideas, without a God who is just, and gives us the light, and gives us life. So, I think there will be in a certain sense in this "Western world" a crisis of our faith, but we will always also have a revival of the faith, because Christian faith is simply true, and the truth will always be present in the human world, and God will always be truth. In this sense, I am in the end optimistic.

[Farò del mio meglio in Inglese e mi scuso per le mie lacune in questa lingua. Penso che l'Australia per la sua storia sia economicamente e politicamente parte del mondo occidentale e che quindi ne condivida anche i successi e i fallimenti. Negli ultimi 50 anni, il mondo occidentale ha compiuto grandi progressi, economici e tecnici. La religione e la fede cristiana sono in crisi. Questo è tipico: non abbiamo bisogno di Dio, possiamo fare tutto da soli; non abbiamo bisogno di Dio per essere felici, non abbiamo bisogno di Dio per creare un mondo migliore; Dio non è necessario, possiamo fare tutto da soli. Tuttavia, osserviamo che la religione è sempre presente nel mondo e lo sarà sempre perché Cristo è presente nel cuore dell'essere umano e non può scomparire. La religione è veramente una forza in questo mondo e nei vari paesi. Non parlerei veramente di declino della religione in Europa: di certo c'è una crisi, non tanto in America, ma anche in America e in Australia.

Tuttavia, la fede è sempre presente sotto nuove forme, in nuovi modi, forse in maniera minoritaria, ma è sempre presente in tutta la società. E ora, in questo momento storico, cominciamo a capire di avere bisogno di Dio. Possiamo fare molte cose, ma non creare il nostro clima. Pensavamo di poterlo fare, ma non possiamo. Abbiamo bisogno del dono della terra, del dono dell'acqua, abbiamo bisogno del Creatore. Il Creatore riappare nel Suo Creato, e, in tal modo, possiamo comprendere che non possiamo essere veramente felici, non possiamo veramente cercare la giustizia per tutto il mondo, senza un criterio nelle nostre idee, senza un Dio che sia giusto e ci doni la luce e la vita... così, penso che in questo mondo occidentale ci sarà veramente una crisi della nostra fede, ma poi si verificherà sempre un ritorno alla fede, perché la fede cristiana è semplicemente vera e la verità sarà sempre presente nel mondo umano e Dio sarà sempre la verità. In questo senso, sono decisamente ottimista].

P. Lombardi: Thank you, Holy Father. The next question is formed by Mr Auskar Surbakti of SBS, the Australian television.

Domanda: Holy Father, mi dispiace ma non parlo bene l’italiano. So I’ll be asking my question in English. There has been a call from Australian victims of sexual abuse by clergy for Your Holiness to address the issue and to offer an apology to the victims during your visit to Australia. Cardinal Pell himself has said that it would be appropriate for the Pope to address the issue, and yourself made a similar gesture on your recent trip to the United States. Will Your Holiness be speaking on the issue of sexual abuse and will you be offering an apology?

[Santità, mi dispiace, ma non parlo bene l'italiano e quindi porrò la mia domanda in inglese. Le vittime australiane degli abusi da parte del clero le hanno chiesto di affrontare la questione e anche di scusarsi con loro durante la sua visita in Australia. Lo stesso Cardinale Pell ha affermato che sarebbe opportuno per lei affrontare la questione e lei stesso ha compiuto un gesto simile nel suo recente viaggio negli Stati Uniti. Parlerà del problema degli abusi sessuali e si scuserà?].

Papa: Yes, the problem is essentially the same as in the United States. I felt obliged to speak about it in the United States because it is essential for the Church to reconcile, to prevent, to help and also to see guilt in these problems, so I will essentially say the same things as I said in America. As I said we have three dimensions to clarify: the first, I mention, is our moral teaching. It must be clear, it was always clear from the first centuries that priesthood, to be a priest, is incompatible with this behaviour, because the priest is in the service of Our Lord, and Our Lord is holiness in person, and always teaching us – the Church has always insisted on this. We have to reflect on what was insufficient in our education, in our teaching in recent decades: there was, in the 50s, 60s and 70s, the idea of proportionalism in ethics: it held that no thing is bad in itself, but only in proportion to others; with proportionalism it was possible to think for some subjects – one could also be paedophilia – that in some proportion they could be a good thing. Now, it must be stated clearly, this was never Catholic doctrine. There are things which are always bad, and paedophilia is always bad. In our education, in the seminaries, in our permanent formation of the priests, we have to help priests to really be close to Christ, to learn from Christ, and so to be helpers, and not adversaries of our fellow human beings, of our Christians. So, we will do everything possible to clarify what is the teaching of the Church and help in the education and in the preparation of priests, in permanent formation, and we will do all possible to heal and to reconcile the victims. I think this is the essential content of what the word "apologize" says. I think it is better, more important to give the content of the formula, and I think the content has to say what was insufficient in our behaviour, what we must do in this moment, how we can prevent and how we all can heal and reconcile.

[Sì, il problema qui è fondamentalmente analogo a quello degli Stati Uniti. Mi sono sentito in dovere di parlarne lì perché è di fondamentale importanza per la Chiesa riconciliare, prevenire, aiutare e anche riconoscere le colpe in questi problemi. Dirò l'essenziale, le stesse cose che ho detto in America. Come ho affermato dobbiamo chiarire tre aspetti: il primo è il nostro insegnamento morale. Deve essere chiaro ed è sempre stato chiaro fin dai primi secoli che il sacerdozio, essere un sacerdote, è incompatibile con questo comportamento, perché il sacerdote è al servizio di Nostro Signore, e Nostro Signore è la Santità in persona che sempre ci insegna.... Dobbiamo riflettere su quanto è mancato nella nostra educazione, nel nostro insegnamento negli ultimi decenni: negli anni '50, '60 e '70 si è affermato il proporzionalismo etico, secondo cui non esiste una cosa cattiva in sé, ma sempre proporzionalmente ad altre. Così si pensava che alcune cose, anche la pedofilia, potessero in una certa proporzione essere buone. Ora, chiariamo che la dottrina cattolica non ha mai fatto sua questa idea. Esistono cose che sono sempre cattive, e la pedofilia è sempre cattiva. Nella nostra educazione, nei seminari, nella formazione permanente che offriamo ai sacerdoti dobbiamo aiutarli a essere veramente vicini a Cristo, a imparare da Lui e quindi ad aiutare e non a combattere i nostri amici umani, i cristiani. Quindi, faremo tutto il possibile per chiarire qual è l'insegnamento della Chiesa e per aiutare nell'educazione, nella preparazione al sacerdozio, nell'informazione e faremo tutto il possibile per guarire e riconciliare le vittime. Penso che questo sia il senso fondamentale del "chiedere scusa". Penso che sia meglio e più importante il contenuto della formula e penso che il contenuto debba spiegare in cosa il nostro comportamento è stato carente, che cosa dobbiamo fare in questo momento, in che modo prevenire e come guarire e riconciliare].

P. Lombardi: Grazie, Santo Padre. Ora un’altra domanda posta dalla Signora Martine Nouaille, dell’Agence France Presse:

Domanda: Faccio la domanda in italiano: uno degli argomenti dell’ultimo G8 in Giappone è stato la lotta contro i cambiamenti climatici. L’Australia è un Paese molto sensibile a questa tematica per la forte siccità e per gli eventi climatici drammatici in questa regione del mondo. Lei pensa che le decisioni prese in questo campo siano all’altezza della sfida? Lei parlerà di questo argomento durante il viaggio?

Papa: Come ho già accennato nella prima risposta, certamente questo problema sarà molto presente in questa GMG, perché parliamo dello Spirito Santo e di conseguenza parliamo della Creazione e delle nostre responsabilità nei confronti della Creazione. Non è mia pretesa di entrare nelle questioni tecniche che politici e specialisti devono risolvere, ma di dare gli impulsi essenziali per vedere le responsabilità, per essere capaci di rispondere a questa grande sfida: riscoprire nella Creazione la faccia del Creatore, riscoprire la nostra responsabilità davanti al Creatore per la sua Creazione che Egli ha affidata a noi, formare la capacità etica per uno stile di vita che è necessario assumere se vogliamo affrontare i problemi di questa situazione e se vogliamo realmente arrivare a soluzioni positive. Quindi, svegliare le coscienze e vedere il grande contesto di questo problema, nel quale poi si collocano le risposte dettagliate che non siamo noi a dover dare, ma la politica e gli specialisti.

P. Lombardi: La prossima domanda viene posta da Cindy Wooden del CNS, Catholic News Service, l’agenzia cattolica degli Stati Uniti:

Domanda: Santo Padre, mentre Lei si trova in Australia, i vescovi della Comunione Anglicana, che è molto diffusa anche in Australia, si incontrano nella Lambeth Conference. Uno degli argomenti principali riguarda i modi possibili per rinsaldare la comunione fra le province e trovare un modo per assicurare che una o più province non prendano iniziative che altri vedono come contrarie al Vangelo o alla tradizione. Vi è il rischio di una frammentazione della Comunione anglicana e la possibilità che alcuni chiedano di essere accolti nella Chiesa cattolica. Qual è il suo augurio per la Lambeth Conference e per l’arcivescovo di Canterbury? Grazie.

Papa: Il mio essenziale contributo può essere solo la preghiera e con la mia preghiera sarò molto vicino ai vescovi anglicani che si riuniscono nella Lambeth Conference. Noi non possiamo e non dobbiamo intervenire immediatamente nelle loro discussioni, rispettiamo la loro propria responsabilità e il nostro desiderio è che possano essere evitati scismi o nuove fratture e che si trovi una soluzione nella responsabilità davanti al nostro tempo, ma anche nella fedeltà al Vangelo. Queste due cose devono andare insieme. Il cristianesimo è sempre contemporaneo e vive in questo mondo, in un certo tempo, ma rende presente in questo tempo il messaggio di Gesù Cristo e, quindi, offre un vero contributo per questo tempo solo essendo fedele in modo maturo, in modo creativo ma fedele al messaggio di Cristo. Speriamo, e io personalmente prego, che trovino insieme la strada del Vangelo nel nostro oggi. Questo è il mio augurio per l’arcivescovo di Canterbury: che la Comunione Anglicana, nella comunione del Vangelo di Cristo e nella Parola del Signore, trovi le risposte alle sfide attuali.

P. Lombardi: Santità, noi La ringraziamo moltissimo di questo intervento, di questa conversazione e per le risposte che ci ha dato. Le rinnoviamo l’augurio per questo lungo viaggio, sperando che colga veramente tutti i frutti che Lei si aspetta. Noi cercheremo di collaborare con Lei nel far conoscere il Suo messaggio, nel farlo capire nel modo migliore. Grazie ancora.




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