Discorsi 2005-13 17078

CERIMONIA DI BENVENUTO Government House di Sydney Giovedì, 17 luglio 2008

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Illustri Signori e Signore,
Cari amici Australiani,

è con grande gioia che oggi vi saluto: desidero ringraziare il Governatore Generale, il Generale Maggiore Michael Jeffery, e il Primo Ministro Rudd per l’onore che mi fanno con la loro presenza a questa cerimonia e per il benvenuto che mi hanno rivolto in modo così cortese. Come sapete, ho potuto disporre di qualche giorno di quiete dal momento del mio arrivo in Australia domenica scorsa. Sono veramente molto grato per l’ospitalità che mi è stata offerta. Sono ora in attesa di poter partecipare questa sera al “Benvenuto nel Paese” da parte della popolazione indigena e di celebrare poi i grandi eventi che costituiscono lo scopo della mia Visita Apostolica in questa Nazione: la 23ª Giornata Mondiale della Gioventù.

Qualcuno potrebbe chiedersi che cosa spinga migliaia di giovani a intraprendere un viaggio che per molti di loro è lungo e faticoso, al fine di poter partecipare ad un evento di questo tipo. Sin dalla prima Giornata Mondiale della Gioventù, nel 1986, è stato evidente che un gran numero di giovani apprezza l’opportunità di ritrovarsi insieme per approfondire la propria fede in Cristo e condividere l’un l’altro un’esperienza gioiosa di comunione nella sua Chiesa. Essi anelano di ascoltare la parola di Dio e di imparare di più sulla loro fede cristiana. Sono desiderosi di prendere parte ad un evento che pone in evidenza i grandi ideali che li ispirano, e tornano alle loro case colmi di speranza, rinnovati nella decisione di costruire un mondo migliore. Per me è una gioia essere con loro, pregare con loro e celebrare l’Eucaristia insieme con loro. La Giornata Mondiale della Gioventù mi riempie di fiducia per il futuro della Chiesa e per il futuro del nostro mondo.

Appare particolarmente opportuno celebrare qui la Giornata Mondiale della Gioventù, dato che la Chiesa in Australia, oltre ad essere la più giovane tra le Chiese dei vari Continenti, è anche una delle più cosmopolite. Fin dal primo insediamento europeo qui sul finire del XVIII secolo, questo Paese è divenuto la dimora non solo di generazioni di emigranti dall’Europa, ma anche di persone di ogni parte del mondo. L’immensa diversità della popolazione australiana di oggi conferisce un vigore particolare a quella che potrebbe essere ancora considerata, a confronto con la maggior parte del resto del mondo, una Nazione giovane. Già per migliaia di anni prima dell’arrivo dei coloni occidentali, tuttavia, i soli abitanti di questo suolo erano persone originarie del Paese, aborigeni e isolani dello Stretto di Torres. Il loro antico retaggio forma parte essenziale del panorama culturale dell’Australia moderna. Grazie alla coraggiosa decisione del Governo australiano di riconoscere le ingiustizie commesse nel passato nei confronti dei popoli indigeni, si stanno ora facendo passi concreti al fine di raggiungere una riconciliazione basata sul rispetto reciproco. Giustamente voi state cercando di colmare il divario fra Australiani indigeni e non indigeni circa le aspettative di vita, i traguardi educativi e le opportunità economiche. Questo esempio di riconciliazione offre speranza in tutto il mondo a quei popoli che anelano di vedere affermati i loro diritti e riconosciuto e promosso il loro contributo alla società.

I coloni che giungevano qui dall’Europa comprendevano sempre una proporzione significativa di cattolici, e dovremmo essere giustamente fieri del contributo da loro offerto alla costruzione della Nazione, particolarmente nei campi dell’educazione e della sanità. Una delle figure eminenti della storia di questo Paese è la Beata Mary MacKillop, sulla cui tomba pregherò più tardi oggi stesso. So che la sua perseveranza di fronte alle avversità, i suoi interventi a difesa di quanti erano trattati ingiustamente e l’esempio concreto di santità sono divenuti sorgente di ispirazione per tutti gli Australiani. Generazioni di Australiani hanno motivo di essere grati a lei, alle Suore di san Giuseppe del Sacro Cuore e ad altre Congregazioni religiose per la rete di scuole che qui hanno fondato, come pure per la testimonianza della loro vita consacrata. Nell’odierno contesto più secolarizzato, la comunità cattolica continua ad offrire un contributo importante alla vita nazionale, non soltanto attraverso l’educazione e la sanità, ma specialmente indicando la dimensione spirituale delle questioni che sono maggiormente in evidenza nel dibattito contemporaneo.

Date le molte migliaia di giovani che visitano l’Australia in questi giorni, è doveroso riflettere su quale tipo di mondo noi stiamo consegnando alle future generazioni. Secondo le parole del vostro inno nazionale, questa terra “abbonda nei doni della natura, di una bellezza ricca e rara”. Le meraviglie della creazione di Dio ci ricordano la necessità di proteggere l’ambiente ed esercitare un’amministrazione responsabile dei beni della terra. A questo riguardo, noto che l’Australia si sta seriamente impegnando per affrontare la propria responsabilità nel prendersi cura dell’ambiente naturale. Alla stessa maniera, nei confronti dell’ambiente umano, questo Paese ha sostenuto generosamente operazioni internazionali per il mantenimento della pace, contribuendo alla risoluzione di conflitti nel Pacifico, nel Sud-Est Asiatico e altrove. A motivo delle molte tradizioni religiose rappresentate in Australia, questo è un terreno particolarmente fertile per il dialogo ecumenico e interreligioso. Attendo con piacere di incontrare i rappresentanti locali delle diverse comunità cristiane e delle altre religioni durante la mia permanenza, per incoraggiare quest’impegno importante, segno dell’azione riconciliatrice dello Spirito, che ci sospinge a ricercare l’unità nella verità e nella carità.

Ma prima di ogni altra cosa, tuttavia, sono qui per incontrare i giovani, sia dell’Australia che di ogni parte del mondo, e per pregare per una rinnovata effusione dello Spirito Santo su quanti prenderanno parte alle nostre celebrazioni. Il tema scelto per la Giornata Mondiale della Gioventù 2008 è preso dalle parole rivolte dallo stesso Gesù ai suoi discepoli, come sono state registrate negli Atti degli Apostoli: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni… fino agli estremi confini della terra” (1,8). Prego perché lo Spirito Santo rechi un rinnovamento spirituale a questo Paese, al popolo australiano, alla Chiesa in Oceania e in verità fino all’estremità della terra. I giovani oggi sono di fronte ad una sconcertante varietà di scelte di vita, così che per essi talvolta è arduo sapere come meglio orientare il loro idealismo e la loro energia. È lo Spirito che dona la saggezza per discernere il cammino giusto ed il coraggio per percorrerlo. Egli corona i nostri poveri sforzi con i suoi doni divini, come il vento, riempiendo le vele, spinge la nave in avanti, superando di molto ciò che i vogatori possano ottenere mediante il loro faticoso remare. Così, lo Spirito rende possibile a uomini e donne di ogni terra e di ogni generazione di diventare santi. Mediante l’azione dello Spirito possano i giovani riuniti qui per la Giornata Mondiale della Gioventù avere il coraggio di divenire santi! Questo è ciò di cui il mondo ha bisogno, più di qualunque altra cosa.

Cari amici Australiani, ancora una volta vi ringrazio per il caloroso benvenuto e mi dispongo con gioia a trascorrere questi giorni con voi e con i giovani di tutto il mondo. Dio benedica quanti siete presenti, tutti i pellegrini e gli abitanti di questo Paese. E benedica sempre e protegga il Commonwealth dell’Australia.





FESTA DI ACCOGLIENZA DEI GIOVANI Molo di Barangaroo di Sydney Giovedì, 17 luglio 2008

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Cari giovani,

quale gioia è potervi salutare qui a Barangaroo, sulle sponde della magnifica baia di Sydney, con il famoso ponte e l’Opera House. Molti di voi sono di questo Paese, dall’interno o dalle dinamiche comunità multiculturali delle città australiane. Altri di voi sono giunti dalle isole sparse dell’Oceania, altri ancora dall’Asia, dal Medio Oriente, dall’Africa e dalle Americhe. Un certo numero di voi, in verità, è arrivato da così lontano quanto me, dall’Europa! Qualunque sia il Paese da cui proveniamo, finalmente siamo qui, a Sydney! E insieme siamo presenti in questo nostro mondo come famiglia di Dio, quali discepoli di Cristo, confermati dal suo Spirito per essere testimoni del suo amore e della sua verità davanti a tutti.

Desidero anzitutto ringraziare gli Anziani degli Aborigeni che mi hanno dato il benvenuto prima che io salissi sul battello nella Rose Bay. Sono profondamente commosso di trovarmi nella vostra terra, sapendo delle sofferenze e delle ingiustizie che essa ha sopportato, ma cosciente anche del risanamento e della speranza ora in atto, di cui giustamente tutti i cittadini australiani possono essere fieri. Ai giovani indigeni – aborigeni e abitanti delle Isole dello Stretto di Torres – e Tokelauani esprimo il mio grazie per il toccante benvenuto. Attraverso di voi, invio cordiali saluti ai vostri popoli.

Signor Cardinale Pell e Mons. Arcivescovo Wilson: vi ringrazio per le vostre calde espressioni di benvenuto. So che i vostri sentimenti riecheggiano nel cuore dei giovani qui radunati questa sera, e perciò vi ringrazio tutti. Di fronte a me vedo un’immagine vibrante della Chiesa universale. La varietà di Nazioni e di culture dalle quali voi provenite dimostra che davvero la Buona Novella di Cristo è per tutti e per ciascuno; essa ha raggiunto i confini della terra. E tuttavia so anche che un buon numero fra voi è tuttora alla ricerca di una patria spirituale. Alcuni fra voi, assolutamente benvenuti tra noi, non sono cattolici o cristiani. Altri tra voi, forse, si muovono ai confini della vita della parrocchia e della Chiesa. A voi desidero offrire il mio incoraggiamento: avvicinatevi all’amorevole abbraccio di Cristo; riconoscete la Chiesa come vostra casa. Nessuno è obbligato a rimanere all’esterno, poiché dal giorno di Pentecoste la Chiesa è una e universale.

Questa sera desidero includere anche quanti non sono presenti fra di noi. Penso specialmente ai malati o ai disabili psichici, ai giovani in prigione, a quanti faticano ai margini delle nostre società ed a coloro che per una qualche ragione si sentono alienati dalla Chiesa. A loro dico: Gesù ti è vicino! Sperimenta il suo abbraccio che guarisce, la sua compassione, la sua misericordia!

Quasi duemila anni orsono gli Apostoli, radunati nella sala superiore della casa insieme con Maria (cfr
Ac 1,14) e con alcune donne fedeli, furono riempiti di Spirito Santo (cfr Ac 2,4). In quello straordinario momento, che segnò la nascita della Chiesa, la confusione e la paura che avevano afferrato i discepoli di Cristo si trasformarono in una vigorosa convinzione e in consapevolezza di uno scopo. Si sentirono spinti a parlare del loro incontro con Gesù risorto, che oramai chiamavano affettuosamente il Signore. In molti modi gli Apostoli erano persone ordinarie. Nessuno poteva affermare di essere il discepolo perfetto. Avevano mancato di riconoscere Cristo (cfr Lc 24,13-32), avevano dovuto vergognarsi della loro ambizione (cfr Lc 22,24-27), lo avevano anche rinnegato (cfr Lc 22,54-62). E tuttavia, quando furono ripieni di Spirito Santo, furono trafitti dalla verità del Vangelo di Cristo e ispirati a proclamarlo senza timore. Rinfrancati, gridarono: pentitevi, fatevi battezzare, ricevete lo Spirito Santo (cfr Ac 2,37-38)! Fondata sull’insegnamento degli Apostoli, sull’adesione a loro, sullo spezzare il pane e sulla preghiera (cfr Ac 2,42), la giovane comunità cristiana si fece avanti per opporsi alla perversità della cultura che la circondava (cfr Ac 2,40), per prendersi cura dei propri membri (cfr Ac 2,44-47), per difendere la propria fede in Gesù di fronte alle ostilità (cfr Ac 4,33) e per guarire i malati (cfr Ac 5,12-16). E in adempimento del comando di Cristo stesso, partirono, testimoniando la storia più grande di tutti i tempi: quella che Dio si è fatto uno di noi, che il divino è entrato nella storia umana per poterla trasformare, e che siamo chiamati ad immergerci nell’amore salvifico di Cristo che trionfa sul male e sulla morte. Nel suo famoso discorso all’areopago, san Paolo introdusse il messaggio così: Dio dona ogni cosa, compresa la vita e il respiro, a ciascuno, così che tutte le Nazioni possano ricercare Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni. Infatti egli non è lontano da ciascuno di noi, poiché in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (cfr Ac 17,25-28).

Da quel momento, uomini e donne sono usciti fuori per raccontare la stessa vicenda, testimoniando l’amore e la verità di Cristo, e contribuendo alla missione della Chiesa. Oggi pensiamo a quei pionieri – sacerdoti, suore e frati - che giunsero a questi lidi e in altre parti del Pacifico, dall’Irlanda, dalla Francia, dalla Gran Bretagna e da altre parti d’Europa. La maggior parte di loro erano giovani, alcuni persino non ancora ventenni, e quando salutarono per sempre i genitori, i fratelli, le sorelle, gli amici, ben sapevano che sarebbe stato improbabile per loro ritornare a casa. Le loro vite furono una testimonianza cristiana priva di interessi egoistici. Divennero umili ma tenaci costruttori di così gran parte dell’eredità sociale e spirituale che ancora oggi reca bontà, compassione e scopo a queste Nazioni. E furono capaci di ispirare un’altra generazione. Viene alla mente immediatamente la fede che sostenne la beata Mary MacKillop nella sua decisa determinazione di educare specialmente i poveri, e il beato Peter To Rot nella sua ferma convinzione che la guida di una comunità deve sempre rifarsi al Vangelo. Pensate anche ai vostri nonni e ai vostri genitori, i vostri primi maestri nella fede. Anch’essi hanno fatto innumerevoli sacrifici di tempo e di energia, mossi dall’amore per voi. Con il sostegno dei sacerdoti e degli insegnanti della vostra parrocchia, essi hanno il compito, non sempre facile ma altamente gratificante, di guidarvi verso tutto ciò che è buono e vero, mediante il loro esempio personale, il loro modo di insegnare e di vivere la fede cristiana.

Oggi è il mio turno. Ad alcuni di noi può sembrare di essere giunti alla fine del mondo! Per le persone della vostra età, comunque, ogni volo è una prospettiva eccitante. Ma per me, questo volo è stato in qualche misura causa di apprensione. E tuttavia la vista del nostro pianeta dall’alto è stata davvero magnifica. Il luccichio del Mediterraneo, la magnificenza del deserto nordafricano, la lussureggiante foresta dell’Asia, la vastità dell’Oceano Pacifico, l’orizzonte sul quale il sole sorge e cala, il maestoso splendore della bellezza naturale dell’Australia, di cui ho potuto godere nei giorni scorsi; tutto ciò suscita un profondo senso di reverente timore. È come se uno catturasse rapide immagini della storia della creazione raccontata nella Genesi: la luce e le tenebre, il sole e la luna, le acque, la terra e le creature viventi. Tutto ciò è “buono” agli occhi di Dio (cfr Gn 1,1–2,4). Immersi in simile bellezza, come si potrebbe non far eco alle parole del Salmista nel lodare il Creatore: “Quanto è grande il tuo nome su tutta la terra” (Ps 8,2)?

Ma vi è di più, qualcosa di difficile percezione dall’alto dei cieli: uomini e donne creati niente di meno che ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,26). Al cuore della meraviglia della creazione ci siamo voi ed io, la famiglia umana “coronata di gloria e di onore” (cfr Ps 8,6). Quale meraviglia! Con il Salmista sussurriamo: “Che cosa è l’uomo perché te ne curi?” (cfr Ps 8,5). Introdotti nel silenzio, in uno spirito di gratitudine, nella potenza della santità, noi riflettiamo.

Che cosa scopriamo? Forse con riluttanza giungiamo ad ammettere che vi sono anche delle ferite che segnano la superficie della terra: l’erosione, la deforestazione, lo sperpero delle risorse minerali e marine per alimentare un insaziabile consumismo. Alcuni di voi giungono da isole-Stato, la cui esistenza stessa è minacciata dall’aumento dei livelli delle acque; altri da Nazioni che soffrono gli effetti di siccità devastanti. La meravigliosa creazione di Dio viene talvolta sperimentata come una realtà quasi ostile per i suoi custodi, persino come qualcosa di pericoloso. Come può ciò che è “buono” apparire così minaccioso?

E c’è di più. Che dire dell’uomo, del vertice della creazione di Dio? Ogni giorno incontriamo il genio delle conquiste umane. Dai progressi nelle scienze mediche e dalla sapiente applicazione della tecnologia fino alla creatività riflessa nelle arti, in molti modi cresce costantemente la qualità e la soddisfazione della vita della gente. Anche tra voi vi è una pronta disponibilità ad accogliere le abbondanti opportunità che vi vengono offerte. Alcuni di voi eccellono negli studi, nello sport, nella musica, o nella danza e nel teatro, altri tra voi hanno un acuto senso della giustizia sociale e dell’etica e molti di voi si assumono impegni di servizio e di volontariato. Tutti noi, giovani e vecchi, abbiamo momenti nei quali la bontà innata della persona umana - percepibile forse nel gesto di un piccolo bambino o nella disponibilità di un adulto a perdonare - ci riempie di profonda gioia e gratitudine.

E tuttavia tali momenti non durano a lungo. Perciò, ancora, riflettiamo. E scopriamo che non soltanto l’ambiente naturale, ma anche quello sociale - l’habitat che ci creiamo noi stessi - ha le sue cicatrici; ferite che stanno ad indicare che qualcosa non è a posto. Anche qui nelle nostre vite personali e nelle nostre comunità possiamo incontrare ostilità a volte pericolose; un veleno che minaccia di corrodere ciò che è buono, riplasmare ciò che siamo e distorcere lo scopo per il quale siamo stati creati. Gli esempi abbondano, come voi ben sapete. Fra i più in evidenza vi sono l’abuso di alcool e di droghe, l’esaltazione della violenza e il degrado sessuale, presentati spesso dalla televisione e da internet come divertimento. Mi domando come potrebbe uno che fosse posto faccia a faccia con persone che soffrono realmente violenza e sfruttamento sessuale spiegare che queste tragedie, riprodotte in forma virtuale, sono da considerare semplicemente come “divertimento”.

Vi è anche qualcosa di sinistro che sgorga dal fatto che libertà e tolleranza sono così spesso separate dalla verità. Questo è alimentato dall’idea, oggi ampiamente diffusa, che non vi sia una verità assoluta a guidare le nostre vite. Il relativismo, dando valore in pratica indiscriminatamente a tutto, ha reso l’“esperienza” importante più di tutto. In realtà, le esperienze, staccate da ogni considerazione di ciò che è buono o vero, possono condurre non ad una genuina libertà, bensì ad una confusione morale o intellettuale, ad un indebolimento dei principi, alla perdita dell’autostima e persino alla disperazione.

Cari amici, la vita non è governata dalla sorte, non è casuale. La vostra personale esistenza è stata voluta da Dio, benedetta da lui e ad essa è stato dato uno scopo (cfr Gn 1,28)! La vita non è un semplice succedersi di fatti e di esperienze, per quanto utili molti di tali eventi possano essere. È una ricerca del vero, del bene e del bello. Proprio per tale fine compiamo le nostre scelte, esercitiamo la nostra libertà e in questo, cioè nella verità, nel bene e nel bello, troviamo felicità e gioia. Non lasciatevi ingannare da quanti vedono in voi semplicemente dei consumatori in un mercato di possibilità indifferenziate, dove la scelta in se stessa diviene il bene, la novità si contrabbanda come bellezza, l’esperienza soggettiva soppianta la verità.

Cristo offre di più! Anzi, offre tutto! Solo lui, che è la Verità, può essere la Via e pertanto anche la Vita. Così la “via” che gli Apostoli recarono sino ai confini della terra è la vita in Cristo. È la vita della Chiesa. E l’ingresso in questa vita, nella via cristiana, è il Battesimo.

Questa sera desidero pertanto ricordare brevemente qualcosa della nostra comprensione del Battesimo, prima di considerare domani lo Spirito Santo. Nel giorno del Battesimo Dio vi ha introdotto nella sua santità (cfr 2P 1,4). Siete stati adottati quali figli e figlie del Padre e siete stati incorporati in Cristo. Siete divenuti abitazione del suo Spirito (cfr 1Co 6,19). Perciò, verso la fine del rito del Battesimo, il sacerdote si è rivolto ai vostri genitori e ai partecipanti, e chiamandovi per nome ha detto: “Sei diventato nuova creatura” (Rito del Battesimo, 99).

Cari amici, a casa, a scuola, all’università, nei luoghi di lavoro e di svago, ricordatevi che siete creature nuove. Come cristiani, voi siete in questo mondo sapendo che Dio ha un volto umano – Gesù Cristo – la “via” che soddisfa ogni anelito umano, e la “vita” della quale siamo chiamati a dare testimonianza, camminando sempre nella sua luce (cfr ibid., 100). Il compito di testimone non è facile. Vi sono molti, oggi, i quali pretendono che Dio debba essere lasciato “in panchina” e che la religione e la fede, per quanto accettabili sul piano individuale, debbano essere o escluse dalla vita pubblica o utilizzate solo per perseguire limitati scopi pragmatici. Questa visione secolarizzata tenta di spiegare la vita umana e di plasmare la società con pochi riferimenti o con nessun riferimento al Creatore. Si presenta come una forza neutrale, imparziale e rispettosa di ciascuno. In realtà, come ogni ideologia, il secolarismo impone una visione globale. Se Dio è irrilevante nella vita pubblica, allora la società potrà essere plasmata secondo un’immagine priva di Dio. Ma quando Dio viene eclissato, la nostra capacità di riconoscere l’ordine naturale, lo scopo e il “bene” comincia a svanire. Ciò che ostentatamente è stato promosso come umana ingegnosità si è ben presto manifestato come follia, avidità e sfruttamento egoistico. E così ci siamo resi sempre più conto del bisogno di umiltà di fronte alla delicata complessità del mondo di Dio.

E che dire del nostro ambiente sociale? Siamo ugualmente vigili quanto ai segni del nostro volgere le spalle alla struttura morale di cui Dio ha dotato l’umanità (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2007, 8)? Sappiamo riconoscere che l’innata dignità di ogni individuo poggia sulla sua più profonda identità, quale immagine del Creatore, e che perciò i diritti umani sono universali, basati sulla legge naturale, e non qualcosa dipendente da negoziati o da condiscendenza, men che meno da compromesso? E così siamo condotti a riflettere su quale posto hanno nelle nostre società i poveri, i vecchi, gli immigranti, i privi di voce. Come può essere che la violenza domestica tormenti tante madri e bambini? Come può essere che lo spazio umano più mirabile e sacro, il grembo materno, sia diventato luogo di violenza indicibile?

Cari amici, la creazione di Dio è unica ed è buona. Le preoccupazioni per la non violenza, lo sviluppo sostenibile, la giustizia e la pace, la cura del nostro ambiente sono di vitale importanza per l’umanità. Tutto ciò non può però essere compreso a prescindere da una profonda riflessione sull’innata dignità di ogni vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, una dignità che è conferita da Dio stesso e perciò inviolabile. Il nostro mondo si è stancato dell’avidità, dello sfruttamento e della divisione, del tedio di falsi idoli e di risposte parziali, e della pena di false promesse. Il nostro cuore e la nostra mente anelano ad una visione della vita dove regni l’amore, dove i doni siano condivisi, dove si edifichi l’unità, dove la libertà trovi il proprio significato nella verità, e dove l’identità sia trovata in una comunione rispettosa. Questa è opera dello Spirito Santo! Questa è la speranza offerta dal Vangelo di Gesù Cristo! È per rendere testimonianza a questa realtà che siete stati ricreati nel Battesimo e rafforzati mediante i doni dello Spirito nella Cresima. Sia questo il messaggio che voi portate da Sydney al mondo!

Mi rivolgo ora con affetto ai giovani di lingua italiana. Cari amici, anche questa volta avete risposto numerosi al mio invito, nonostante le difficoltà dovute alla distanza. Vi ringrazio, e voglio salutare anche i vostri coetanei che dall’Italia sono spiritualmente uniti a noi. Vi invito a vivere con grande impegno interiore queste giornate: aprite il cuore al dono dello Spirito Santo, per essere rafforzati nella fede e nella capacità di rendere testimonianza al Signore risorto. Arrivederci!

[Chers jeunes francophones, poussés par le désir d’approfondir votre foi, vous êtes venus des extrémités de la terre pour vivre à Sydney l’expérience unique et communautaire d’une rencontre privilégiée avec le Seigneur. C’est l’Esprit Saint qui vous a rassemblés ici. Puisse-t-Il vous permettre de expérimenter sa présence dans votre coeur et vous pousser à rendre témoignage avec ardeur de Jésus-Christ mort et ressuscité pour vous!

Liebe Freunde, die ihr mich in meiner Muttersprache versteht, von Herzen grüße ich euch alle. Erweist euch überall als freudige Zeugen der frohmachenden Botschaft Jesu! Sprecht mutig von eurem Glauben, auch wenn ihr zuweilen auf Widerspruch stößt und das Kreuz der Ablehnung erfährt. Der Herr, der für uns ein größeres Kreuz getragen hat, wird euch beistehen. Gott schenke euch eine gute, gesegnete Zeit hier in Australien.

Queridos jóvenes de lengua española, la misión de ser testigos del Señor en todos los lugares de la tierra es una apasionante tarea, que exige acoger su Palabra e identificarse con Él, compartiendo con los demás la alegría de haber encontrado al verdadero amigo que nunca defrauda. Que este reto agrande vuestra generosidad. Un saludo muy cordial a todos.

Queridos amigos dos vários países de língua oficial portuguesa, bem-vindos a Sidney! A todos saúdo com afecto: os de perto e os de longe. Lá, na vossa Pátria, tereis ouvido Jesus segredar-vos: «Sereis minhas testemunhas… até aos confins do mundo» (Ac 1,8). A viagem mais ou menos longa que enfrentastes para chegar até aqui, à Austrália ou – de seu nome cristão completo – «Terra Austral do Espírito Santo», não deixou em vós a sensação de terdes chegado aos confins do mundo? Pois bem! É com grande alegria que o Papa vos acolhe para vos confirmar como testemunhas de Jesus, por Ele acreditadas com o dom do seu próprio Espírito.]



INCONTRO ECUMENICO Cripta della Saint Mary's Cathedral di Sydney Venerdì, 18 luglio 2008

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Cari fratelli e sorelle in Cristo,

elevo fervide grazie a Dio per l’opportunità di incontrarvi e di pregare insieme con voi, che siete giunti qui in rappresentanza di varie comunità cristiane in Australia. Riconoscente per le cordiali parole di benvenuto del Vescovo Forsyth e del Cardinale Pell, con sentimenti di gioia vi saluto nel nome del Signore Gesù, “la pietra angolare” della “casa di Dio” (cfr
Ep 2,19-20). Sono particolarmente lieto di rilevare la presenza del Cardinale Edward Cassidy, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Ricordo con gratitudine il suo deciso impegno nel promuovere la reciproca comprensione fra tutti i cristiani.

L’Australia è un Paese contrassegnato da grande diversità etnica e religiosa. Gli immigranti giungono ai lidi di questa maestosa terra con la speranza di trovarvi felicità e buone opportunità di occupazione. Anche la vostra è una Nazione che riconosce l’importanza della libertà religiosa. Questo è un diritto fondamentale che, se rispettato, consente ai cittadini di agire sulla base di valori radicati nelle loro più profonde convinzioni, contribuendo così al benessere dell’intera società. In questo modo i cristiani contribuiscono, insieme con i membri delle altre religioni, alla promozione della dignità umana e all’amicizia fra le nazioni.

Gli australiani amano la discussione franca e cordiale. Ciò ha reso un buon servizio al movimento ecumenico. Un esempio può essere l’Accordo siglato nel 2004 dai membri del Consiglio Nazionale delle Chiese in Australia. Questo documento riconosce un comune impegno, indica degli obiettivi, dichiara punti di convergenza, senza passare frettolosamente sopra alle differenze. Un simile approccio dimostra non solo che è possibile trovare risoluzioni concrete per una collaborazione fruttuosa nel presente, ma anche che abbiamo bisogno di continuare pazienti discussioni sui punti teologici di divergenza. Possano le deliberazioni, che intraprenderete nel Consiglio delle Chiese ed in altri forum locali, essere sostenute dai risultati che avete già raggiunti.

Quest’anno celebriamo il bimillenario della nascita di san Paolo, lavoratore instancabile a favore dell’unità nella Chiesa primitiva. Nel brano della Scrittura che abbiamo appena udito, Paolo ci ricorda l’enorme grazia che abbiamo ricevuto nel divenire membra del Corpo di Cristo mediante il Battesimo. Questo Sacramento, che è la porta d’ingresso nella Chiesa e il “vincolo di unità” per quanti grazie ad esso sono rinati (cfr Unitatis redintegratio UR 22), è conseguentemente il punto di partenza dell’intero movimento ecumenico. E tuttavia non è la destinazione finale. Il cammino dell’Ecumenismo mira in definitiva ad una comune celebrazione dell’Eucaristia (cfr Ut unum sint UUS 23-24 UUS 45), che Cristo ha affidato ai suoi Apostoli come il Sacramento per eccellenza dell’unità della Chiesa. Anche se vi sono ancora ostacoli da superare, noi possiamo essere sicuri che un giorno una comune Eucaristia non farà che sottolineare la nostra decisione di amarci e servirci gli uni gli altri a imitazione del nostro Signore: il comandamento di Gesù di “fare questo in memoria di me” (Lc 22,19) è, infatti, intrinsecamente ordinato al suo monito di “lavarci i piedi gli uni gli altri” (Jn 13,14). Per questa ragione un sincero dialogo concernente il posto dell’Eucaristia – stimolato da un rinnovato ed attento studio della Scrittura, degli scritti patristici e dei documenti dei due millenni della storia cristiana (cfr Ut unum sint UUS 69-70) – gioverà indubbiamente a far avanzare il movimento ecumenico e ad unificare la nostra testimonianza davanti al mondo.

Cari amici in Cristo, penso sarete d’accordo nel ritenere che il movimento ecumenico sia giunto ad un punto critico. Per andare avanti, dobbiamo continuamente chiedere a Dio di rinnovare le nostre menti con la grazia dello Spirito Santo (cfr Rm 12,2), che ci parla attraverso le Scritture e ci guida alla verità tutta intera (cfr 2P 1,20-21 Jn 16,13). Dobbiamo stare in guardia contro ogni tentazione di considerare la dottrina come fonte di divisione e perciò come impedimento a quello che sembra essere il più urgente ed immediato compito per migliorare il mondo nel quale viviamo. In realtà, la storia della Chiesa dimostra che la praxis non solo è inseparabile dalla didaché, dall’insegnamento, ma anzi ne promana. Quanto più assiduamente ci dedichiamo a raggiungere una comune comprensione dei divini misteri, tanto più eloquentemente le nostre opere di carità parleranno dell’immensa bontà di Dio e del suo amore verso tutti (cfr 2Tm 1,8-10). Sant’Agostino espresse l’interconnessione tra il dono della conoscenza e la virtù della carità quando scrisse che la mente ritorna a Dio attraverso l’amore (cfr De moribus Ecclesiae catholicae, XII,21), e che dovunque si vede la carità, si vede la Trinità (cfr De Trinitate, VIII,8,12).

Per questa ragione, il dialogo ecumenico avanza non soltanto mediante uno scambio di idee, ma condividendo doni che ci arricchiscono mutuamente (cfr Ut unum sint UUS 28,57). Un’‘idea’ è finalizzata al raggiungimento della verità; un ‘dono’ esprime l’amore. Ambedue sono essenziali al dialogo. L’aprire noi stessi ad accettare doni spirituali da altri cristiani stimola la nostra capacità di percepire la luce della verità che viene dallo Spirito Santo. San Paolo insegna che è nella koinonia della Chiesa che noi abbiamo la facoltà di difendere la verità del Vangelo e i mezzi per tale difesa, perché la Chiesa è edificata “sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti”, avendo lo stesso Gesù quale pietra angolare (Ep 2,20).

In questa luce, possiamo forse prendere in considerazione le immagini bibliche complementari di “corpo” e di “tempio” usate per descrivere la Chiesa. Nell’adoperare l’immagine del corpo (cfr 1Co 12,12-31), Paolo attira l’attenzione sull’unità organica e sulla diversità che permette alla Chiesa di respirare e di crescere. Ugualmente significativa, tuttavia, è l’immagine di un tempio solido e ben strutturato, composto di pietre vive, poggianti su un fondamento sicuro. Gesù stesso raccoglie in sé in perfetta unità queste immagini di “corpo” e di “tempio” (cfr Jn 2,21-22 Lc 23,45 Ap 21,22).

Ogni elemento della struttura della Chiesa è importante; ma tutti vacillerebbero e crollerebbero senza la pietra angolare che è Cristo. Quali “concittadini” di questa “casa di Dio”, i cristiani devono operare insieme per far sì che l’edificio rimanga saldo così che altre persone siano attratte ad entrarvi e a scoprire gli abbondanti tesori di grazia che si trovano al suo interno. Nel promuovere i valori cristiani, non dobbiamo temere di proclamarne la fonte dando comune testimonianza a Gesù Cristo Signore. È lui che ha affidato la missione agli “apostoli”, è lui del quale i “profeti” hanno parlato, ed è lui che noi offriamo al mondo.

Cari amici, la vostra presenza qui oggi mi riempie di ardente speranza che, come proseguiamo insieme nell’ardua via verso la piena unità, avremo il coraggio di offrire una comune testimonianza a Cristo. Paolo parla dell’importanza dei profeti nella Chiesa degli inizi; anche noi abbiamo ricevuto una chiamata profetica mediante il Battesimo. Confido che lo Spirito apra i nostri occhi per vedere i doni spirituali degli altri, apra il nostri cuori per ricevere la sua potenza e spalanchi le nostre menti per accogliere la luce della verità di Cristo. Esprimo la mia fervida gratitudine a ciascuno di voi per l’impegno di tempo, d’insegnamento e di talento che avete profuso a servizio dell’“unico corpo e dell’unico spirito” (Ep 4,4 cfr 1Co 12,13), che il Signore ha voluto per il suo popolo e per il quale ha dato la sua stessa vita. Gloria e potenza siano a lui nei secoli dei secoli. Amen!





Discorsi 2005-13 17078