Discorsi 2005-13 28119

ALLE DELEGAZIONI DELL’ARGENTINA E DEL CILE IN OCCASIONE DEL XXV ANNIVERSARIO DEL TRATTATO DI PACE E DI AMICIZIA FRA I DUE PAESI Sala Clementina Sabato, 28 novembre 2009

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Signore Presidenti
di Argentina e Cile,
Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell'Episcopato,
Signori Ambasciatori,
Amici tutti,

1. Con sommo piacere vi ricevo e vi do il benvenuto in questa Sede di Pietro, in occasione della celebrazione del 25º anniversario del Trattato di Pace e Amicizia, che ha posto fine alla controversia territoriale che i vostri rispettivi Paesi hanno mantenuto per lungo tempo nella zona australe. Di fatto, è un'opportuna e felice commemorazione di quegli intensi negoziati che, con la mediazione pontificia, si conclusero con una soluzione degna, ragionevole ed equanime, evitando così il conflitto armato che stava per contrapporre due popoli fratelli.

2. Il Trattato di Pace e Amicizia, e la mediazione che lo rese possibile, è inscindibilmente legato all'amata figura di Papa Giovanni Paolo II, il quale, mosso da sentimenti di affetto verso quelle amate Nazioni, e in sintonia con il suo instancabile lavoro di messaggero e artefice di pace, non esitò ad accettare il delicato e cruciale compito di essere mediatore in quel contenzioso. Con l'inestimabile aiuto del Cardinale Antonio Samoré, seguì personalmente tutte le vicissitudini di quei lunghi e complessi negoziati, fino alla definizione della proposta che portò alla firma del Trattato, alla presenza delle delegazioni di entrambi i Paesi, e dell'allora segretario di Stato di Sua Santità e Prefetto del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, il Cardinale Agostino Casaroli.

L'intervento pontificio fu anche una risposta a un'espressa richiesta degli Episcopati di Cile e Argentina, i quali, in comunione con la Santa Sede, offrirono la loro decisiva collaborazione per il raggiungimento di tale accordo. Bisogna inoltre essere grati per gli sforzi di tutte le persone che, nei Governi e nelle delegazioni diplomatiche di entrambi i Paesi, diedero il loro positivo contributo per portare avanti quel cammino di risoluzione pacifica, realizzando così i profondi aneliti di pace della popolazione argentina e di quella cilena.

3. A venticinque anni di distanza, possiamo constatare con soddisfazione come quello storico evento abbia contribuito beneficamente a rafforzare in entrambi i Paesi i sentimenti di fraternità, come pure una più decisa cooperazione e integrazione, concretizzata in numerosi progetti economici, scambi culturali e importanti opere di infrastruttura, superando in tal modo pregiudizi, sospetti e reticenze del passato. In realtà, il Cile e l'Argentina non sono solo due Nazioni vicine ma molto di più: sono due popoli fratelli con una vocazione comune di fraternità, di rispetto e di amicizia, che è frutto in gran parte della tradizione cattolica che è alla base della loro storia e del loro ricco patrimonio culturale e spirituale.

L'evento che oggi commemoriamo fa già parte della grande storia di due nobili Nazioni, ma anche di tutta l'America Latina. Il Trattato di Pace e Amicizia è un esempio luminoso della forza dello spirito umano e della volontà di pace di fronte alla barbarie e all'assurdità della violenza e della guerra come mezzo per risolvere le divergenze. Ancora una volta, occorre tener presente le parole che il mio Predecessore, Papa Pio XII, pronunciò in un momento particolarmente difficile della storia: "Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra" (Radiomessaggio, 24 agosto 1939).

È quindi necessario perseverare in ogni momento, con volontà ferma e fino alle estreme conseguenze, nel cercare di risolvere le controversie con vera volontà di dialogo e di accordo, attraverso pazienti negoziati e necessari impegni, e tenendo sempre conto delle giuste esigenze e dei legittimi interessi di tutti.

4. Affinché la causa della pace si faccia strada nella mente e nel cuore di tutti gli uomini e, in modo particolare, di quelli che sono chiamati a servire i propri concittadini dalle più alte magistrature delle nazioni, è necessario che si fondi su salde convinzioni morali, nella serenità degli animi, a volte tesi e polarizzati, e nella ricerca costante del bene comune nazionale, regionale e mondiale. Il conseguimento della pace, in effetti, richiede la promozione di un'autentica cultura della vita, che rispetti pienamente la dignità dell'essere umano, unita al rafforzamento della famiglia come cellula primaria della società. Richiede anche la lotta contro la povertà e la corruzione, l'accesso a un'educazione di qualità per tutti, una crescita economica solidale, il consolidamento della democrazia e lo sradicamento della violenza e dello sfruttamento, soprattutto nei riguardi delle donne e dei bambini.

5. La Chiesa cattolica, che continua sulla terra la missione di Cristo, il quale con la sua morte sulla croce portò la pace al mondo (cfr
Ep 2,14-17), non smette di proclamare a tutti il suo messaggio di salvezza e di riconciliazione e, unendo i suoi sforzi a quelli di tutti gli uomini di buona volontà, si dedica con impegno a realizzare le aspirazioni di pace e di concordia di tutta l'umanità.

Eccellentissime Signore Presidenti, cari amici, ringraziandovi nuovamente per la vostra significativa visita, rivolgo il mio sguardo al Cristo delle Ande, sulla cima della Cordigliera, e gli chiedo che, come dono costante della sua grazia, suggelli per sempre la pace e l'amicizia fra argentini e cileni, e, nello stesso tempo, come pegno del mio affetto vi imparto una speciale Benedizione Apostolica.




A SUA BEATITUDINE ANASTAS, ARCIVESCOVO DI TIRANA, DURAZZO E DI TUTTA L'ALBANIA Venerdì, 4 dicembre 2009

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Beatitudine,

“a voi, grazia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo” (
2Th 1,2). Sono lieto di porgere un fraterno benvenuto a Vostra Beatitudine ed agli altri distinti rappresentanti della Chiesa Ortodossa Autocefala di Albania, che l’accompagnano oggi. Ricordo con gratitudine, nonostante le tristi circostanze, il nostro incontro al funerale del Papa Giovanni Paolo II. Ricordo anche, con soddisfazione, che quello stesso mio Predecessore ebbe l’occasione di incontrarLa a Tirana, durante la Visita Apostolica in Albania.

Come è noto, l’Illirico accolse il Vangelo sin dai tempi apostolici (cfr Ac 17,1 Rm 15,19). Da allora, il messaggio salvifico di Cristo ha portato frutto nella vostra patria sino ai giorni nostri. Come testimoniano i primissimi scritti della vostra cultura, un’antica formula battesimale latina e un inno bizantino sulla risurrezione del Signore giunti fino a noi, la fede dei nostri antichi padri cristiani ha lasciato tracce splendide ed indelebili sin dalle prime righe della storia, della letteratura e delle arti del vostro popolo.

E tuttavia la testimonianza più straordinaria si trova sicuramente nella vita stessa. Durante la seconda parte del secolo scorso, i cristiani in Albania, sia ortodossi che cattolici, vi hanno mantenuto viva la fede nonostante un regime ateo estremamente repressivo ed ostile; e, come è ben noto, molti cristiani hanno crudelmente pagato quella fede con la propria vita. La caduta di quel regime ha felicemente lasciato il posto alla ricostruzione delle comunità cattoliche ed ortodosse in Albania. L’attività missionaria di Vostra Beatitudine è conosciuta, in particolare nella ricostruzione dei luoghi di culto, nella formazione del clero e nell’opera di catechesi che vengono ora permesse: un movimento di rinnovamento che Vostra Beatitudine ha giustamente descritto come Ngjallja (Risurrezione).

Da quando ha ottenuto la libertà, la Chiesa Ortodossa di Albania è stata in grado di partecipare con frutto al dialogo teologico internazionale cattolico-ortodosso. Il vostro impegno a questo riguardo rispecchia felicemente le fraterne relazioni fra cattolici e ortodossi nel vostro Paese ed offre ispirazione all’intero popolo albanese, mostrando come sia possibile per i cristiani vivere in armonia.

In questa luce, dovremmo sottolineare gli elementi di fede che le nostre Chiese condividono: la comune professione del credo niceno-costantinopolitano; il comune Battesimo per la remissione dei peccati e per incorporarci in Cristo e nella Chiesa; l’eredità dei primi Concili ecumenici; la comunione reale, anche se imperfetta, che già condividiamo ed il comune desiderio, nonché gli sforzi di collaborazione, di edificare su ciò che già esiste. Mi piace ricordare a tale proposito due iniziative importanti in Albania: la fondazione della Società biblica interconfessionale e la creazione del Comitato per le relazioni interconfessionali. Si tratta di sforzi puntuali per promuovere la reciproca comprensione e la concreta cooperazione, non solo fra cattolici e ortodossi, ma anche fra cristiani, mussulmani e bektashi.

Mi rallegro con Vostra Beatitudine e con tutti gli albanesi per questo rinnovamento spirituale. Al contempo, è con gratitudine a Dio Altissimo che rifletto sul Suo servizio alla Sua Nazione e sul Suo personale contributo nel promuovere relazioni fraterne con la Chiesa cattolica. Sia certo che noi, per parte nostra, faremo tutto il possibile al fine di dare una comune testimonianza di fraternità e di pace, e di perseguire insieme con voi un rinnovato impegno per l’unità delle nostre Chiese, in obbedienza al comandamento nuovo del Signore.

Vostra Beatitudine, è in questo spirito di comunione che ho la gioia di darLe il benvenuto nella città degli Apostoli Pietro e Paolo.





CONCERTO IN ONORE DEL SANTO PADRE OFFERTO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA, S.E. IL SIG. HORST KÖHLER, Cappella Sistina Venerdì, 4 dicembre 2009

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IN OCCASIONE DELLA RICORRENZA DEL 60° DELLA FONDAZIONE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA E NEL 20° ANNIVERSARIO DELLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO

Cari amici,

riesce difficile parlare ancora dopo una musica tanto maestosa e profondamente toccante. Ma per quanto povera essa possa essere, ritengo sia opportuna una parola di saluto, di ringraziamento e di riflessione. Vorrei così salutare di cuore tutti Voi qui convenuti nella Cappella Sistina. Innanzitutto sono grato al Signor Presidente Federale e alla sua gentile Consorte perché ci onorano stasera della loro presenza. Caro Signor Presidente Federale, la Sua visita è un vero piacere per me. Con ciò, Ella esprime la vicinanza e l'affetto del Popolo tedesco al Successore di Pietro, che è Suo connazionale. Un sentito Vergelt's Gott ("Dio Vi renda merito") anche per le Sue gentili parole che entrano in profondità, e per il fatto che Ella ha reso possibile questa serata per noi. Parimenti ringrazio di cuore il Domkapellmeister, Signor Reinhard Kammler, gli Augsburger Domsingknaben e la Residenz-Kammerorchester München per la magistrale esecuzione di questo magnifico Oratorio. Grazie per questo meraviglioso dono!

L'occasione di questa serata solenne è - come abbiamo sentito - duplice. Da un lato, quest'anno celebriamo i 60 anni della fondazione della Repubblica Federale di Germania, con la firma della Legge Fondamentale il 23 maggio 1949; dall'altro, ricordiamo il 20° anniversario della caduta del Muro di Berlino, quella frontiera di morte che per tanti anni aveva diviso la nostra patria e aveva separato a forza uomini, famiglie, vicini e amici. Molti allora avevano avvertito gli avvenimenti del 9 novembre 1989 come gli albori inaspettati della libertà, dopo una lunga e sofferta notte di violenza ed oppressione per un sistema totalitario che, alla fin fine, conduceva in un nichilismo, in uno svuotamento delle anime. Nella dittatura comunista, non vi era azione alcuna che sarebbe stata ritenuta male in sé e sempre immorale. Ciò che serviva agli obiettivi del partito era buono - per quanto disumano poteva pur essere. Oggi, qualcuno si domanda se l'ordine sociale occidentale sia tanto migliore e più umanitario. Di fatto, la storia della Repubblica Federale di Germania ne è una prova. E ciò lo dobbiamo in buona parte alla Legge Fondamentale. Tale Costituzione ha contribuito essenzialmente allo sviluppo pacifico della Germania nei sei decenni trascorsi. Perché essa esorta gli uomini a dare, in responsabilità davanti a Dio Creatore, alla dignità umana la priorità in ogni legislazione statale, a rispettare il matrimonio e la famiglia quali fondamento di ogni società, nonché ad avere riguardo e profondo rispetto per quanto è sacro agli altri.

Che i cittadini della Germania, nell'adempiere il dovere del rinnovamento spirituale-politico, dopo il nazionalsocialismo e dopo il Secondo Conflitto Mondiale, come è stato espresso nella Legge Fondamentale, possano continuare a collaborare per la costruzione di una società libera e sociale.

Cari amici, guardando la storia della nostra Patria negli ultimi sessant'anni, abbiamo motivo di ringraziare Dio con tutta l'anima. E con questo siamo consapevoli che tale sviluppo non è nostro merito. Esso è stato reso possibile da uomini che hanno agito con una profonda convinzione cristiana nella responsabilità davanti a Dio, avviando così processi di riconciliazione che hanno permesso un nuovo rapporto vicendevole e comunitario dei Paesi europei. La storia dell'Europa nel XX secolo dimostra che la responsabilità davanti a Dio è di importanza decisiva per il retto agire politico (cfr. l'Enciclica Caritas in veritate ). Dio ricongiunge gli uomini in una vera comunione, ed Egli fa capire al singolo che nella comunione con l'altro è pur presente Uno più grande, il Quale è la causa originaria della nostra vita e del nostro essere insieme. Ciò si manifesta a noi, in modo particolare, anche nel mistero del Natale, dove questo Dio si avvicina nel suo amore, dove Egli stesso da uomo, da bambino chiede il nostro amore.

Un passo dell'Oratorio di Natale illustra in modo impressionante questa comunione che si fonda nell'amore e aspira all'amore eterno: Maria si trattiene presso la mangiatoia e ascolta le parole dei pastori diventati testimoni e annunciatori del messaggio degli angeli su quel bambino. Questo momento, nel quale Ella serba quanto avvenuto meditandolo nel cuore (cfr. Lc
Lc 2,19), Bach lo trasforma, con la stupenda aria per contralto, in un invito a ciascuno:
Racchiudi, o mio cuore,
questo miracolo di beatitudine
saldamente nella tua fede!
Che questo miracolo,
quest'opera divina
sempre rafforzi la tua debole fede!

Ogni uomo, nella comunione con Gesù Cristo, può essere per l'altro un mediatore verso Dio. Nessuno crede per sé solo, ognuno vive nella propria fede anche grazie a mediazioni umane. Da sola, però, nessuna di esse sarebbe sufficiente per gettare il ponte verso Dio, perché nessun uomo può ricavare da ciò che è assoluta garanzia dell'esistenza e della vicinanza di Dio. Ma nella comunione con Colui che in se stesso è tale vicinanza, noi uomini possiamo essere - e lo siamo - mediatori gli uni per gli altri. Come tali saremo capaci di suscitare un nuovo modo di pensare e di generare nuove energie nel servizio di un umanesimo integrale.

Il mio ringraziamento va ancora ai promotori di questa bella serata, ai musicisti e a tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo concerto tramite il loro generoso contributo. La splendida musica che abbiamo ascoltato nel singolare ambiente della Cappella Sistina rafforzi la nostra fede e la nostra gioia nel Signore, affinché possiamo essere Suoi testimoni nel mondo. A tutti imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.




AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL BRASILE (REGIONI SUL 3 E SUL 4) IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM» Sala del Concistoro Sabato, 5 dicembre 2009

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Venerati fratelli nell'episcopato,

Do il benvenuto e saluto tutti e ciascuno di voi, nel ricevervi collegialmente nell'ambito della vostra visita ad limina. Ringrazio monsignor Murilo Krieger per le parole di devota stima che mi ha rivolto a nome di tutti voi e del popolo affidato alle vostre cure pastorali nelle regioni ecclesiastiche Sul 3 e 4, esponendo anche le vostre sfide e le vostre speranze. Nell'ascoltare queste cose, sento levarsi dal mio cuore azioni di rendimento di grazie al Signore per il dono della fede misericordiosamente concesso alle vostre comunità ecclesiali e da esse zelantemente conservato e coraggiosamente trasmesso, in obbedienza al mandato che Gesù ci ha lasciato di portare la sua Buona Novella a ogni creatura, cercando di pervadere di umanesimo cristiano la cultura attuale.

Riguardo alla cultura, il pensiero si volge a due ambiti classici in cui essa si forma e comunica - l'università e la scuola -, fissando l'attenzione principalmente sulle comunità accademiche che sono nate all'ombra dell'umanesimo cristiano e che s'ispirano a esso, onorandosi del nome di "cattoliche". Ora "è proprio nel riferimento esplicito e condiviso da tutti i membri della comunità scolastica - sia pure in grado diverso - alla visione cristiana, che la scuola è "cattolica", poiché i principi evangelici diventano in essa norme educative, motivazioni interiori e insieme mete finali" (Congregazione per l'Educazione Cattolica, La scuola cattolica, n. 34).

Possa essa, in una convinta sinergia con le famiglie e con la comunità ecclesiale, promuovere quella unità fra fede, cultura e vita che costituisce l'obiettivo fondamentale dell'educazione cristiana.

Anche le scuole statali, secondo diverse forme e modi, possono essere aiutate nel loro compito educativo dalla presenza di professori credenti - in primo luogo, ma non esclusivamente, i professori di religione cattolica - e di alunni formati cristianamente, come pure dalla collaborazione delle famiglie e della stessa comunità cristiana. In effetti, una sana laicità della scuola non implica la negazione della trascendenza, e neppure una mera neutralità dinanzi a quei requisiti e valori morali che si trovano alla base di un'autentica formazione della persona, includendo l'educazione religiosa.

La scuola cattolica non può essere pensata né vivere separata dalle altre istituzioni educative. Essa è al servizio della società: svolge una funzione pubblica e un servizio di pubblica utilità, non riservato solo ai cattolici, ma aperto a tutti coloro che desiderano usufruire di una proposta educativa qualificata. Il problema della sua equiparazione giuridica ed economica alla scuola statale potrà essere correttamente impostato solo se partiamo dal riconoscimento del ruolo primario delle famiglie e da quello sussidiario delle altre istituzioni educative. Nell'articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo si legge: "I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli". L'impegno plurisecolare della scuola cattolica va in questa direzione, spinto da una forza ancora più radicale, ossia dalla forza che fa di Cristo il centro del processo educativo.

Questo processo, che ha inizio nelle scuole primaria e secondaria, si realizza in modo più alto e specializzato nelle università. La Chiesa è stata sempre solidale con l'università e con la sua vocazione di condurre l'uomo ai più alti livelli della conoscenza della verità e del dominio del mondo in tutti i suoi aspetti. Mi compiaccio di esprimere la mia viva gratitudine ecclesiale alle diverse congregazioni religiose che fra di voi hanno fondato e sostenuto rinomate università, ricordando loro tuttavia che queste non sono proprietà di chi le ha fondate o di chi le frequenta, ma espressione della Chiesa e del suo patrimonio di fede.

In tal senso, amati fratelli, vale la pena ricordare che, lo scorso agosto, ha compiuto venticinque anni l'Istruzione Libertatis nuntius della Congregazione per la Dottrina della Fede, su alcuni aspetti della teologia della liberazione; in essa si sottolineava il pericolo che comportava l'accettazione acritica da parte di alcuni teologi di tesi e metodologie provenienti dal marxismo. Le sue conseguenze più o meno visibili fatte di ribellione, divisione, dissenso, offesa, anarchia, si fanno ancora sentire, creando nelle vostre comunità diocesane grande sofferenza e una grave perdita di forze vive. Supplico quanti in qualche modo si sono sentiti attratti, coinvolti e toccati nel proprio intimo da certi principi ingannatori della teologia della liberazione, di confrontarsi nuovamente con la suddetta Istruzione, accogliendo la luce benigna che essa offre a mani tese; a tutti ricordo che "la "regola suprema della propria fede" (della Chiesa) ... proviene dall'unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il magistero della Chiesa in una reciprocità tale per cui i tre non possono sussistere in maniera indipendente" (Giovanni Paolo II, Fides et ratio
FR 55). Che, nell'ambito degli organismi e comunità ecclesiali, il perdono offerto e accolto in nome e per amore della Santissima Trinità, che adoriamo nei nostri cuori, ponga fine alla sofferenza dell'amata Chiesa che peregrina nelle terre della Santa Croce.

Venerati fratelli nell'episcopato, nell'unione con Cristo ci precede e ci guida la Vergine Maria, tanto amata e venerata nelle vostre diocesi e in tutto il Brasile. In Lei troviamo, pura e non deformata, la vera essenza della Chiesa e così, attraverso di Lei, impariamo a conoscere e ad amare il mistero della Chiesa che vive nella storia, ci sentiamo profondamente parte di essa, diveniamo a nostra volta "anime ecclesiali", imparando a resistere a quella "secolarizzazione interna" che minaccia la Chiesa e i suoi insegnamenti.

Mentre chiedo al Signore di effondere l'abbondanza della sua luce su tutto il mondo brasiliano della scuola, affido i suoi protagonisti alla protezione della Vergine Santissima e imparto a voi, ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai laici impegnati, e a tutti i fedeli delle vostre diocesi, una paterna benedizione apostolica.





ATTO DI VENERAZIONE ALL’IMMACOLATA A PIAZZA DI SPAGNA Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria Martedì, 8 dicembre 2009

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Cari fratelli e sorelle!

Nel cuore delle città cristiane, Maria costituisce una presenza dolce e rassicurante. Con il suo stile discreto dona a tutti pace e speranza nei momenti lieti e tristi dell’esistenza. Nelle chiese, nelle cappelle, sulle pareti dei palazzi: un dipinto, un mosaico, una statua ricorda la presenza della Madre che veglia costantemente sui suoi figli. Anche qui, in Piazza di Spagna, Maria è posta in alto, quasi a vegliare su Roma.

Cosa dice Maria alla città? Cosa ricorda a tutti con la sua presenza? Ricorda che “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (
Rm 5,20) – come scrive l’apostolo Paolo. Ella è la Madre Immacolata che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio.

Quanto abbiamo bisogno di questa bella notizia! Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Per questo la città ha bisogno di Maria, che con la sua presenza ci parla di Dio, ci ricorda la vittoria della Grazia sul peccato, e ci induce a sperare anche nelle situazioni umanamente più difficili.

Nella città vivono – o sopravvivono – persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all’ultimo, finché la notizia e l’immagine attirano l’attenzione. E’ un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La città prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pietà, o con una falsa pietà. C’è invece in ogni uomo il desiderio di essere accolto come persona e considerato una realtà sacra, perché ogni storia umana è una storia sacra, e richiede il più grande rispetto.

La città, cari fratelli e sorelle, siamo tutti noi! Ciascuno contribuisce alla sua vita e al suo clima morale, in bene o in male. Nel cuore di ognuno di noi passa il confine tra il bene e il male e nessuno di noi deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri, ma piuttosto ciascuno deve sentire il dovere di migliorare se stesso! I mass media tendono a farci sentire sempre “spettatori”, come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti “attori” e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri.

Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria, che in certi luoghi della città è irrespirabile. E’ vero: ci vuole l’impegno di tutti per rendere più pulita la città. E tuttavia c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. E’ l’inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia… La città è fatta di volti, ma purtroppo le dinamiche collettive possono farci smarrire la percezione della loro profondità. Vediamo tutto in superficie. Le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l’anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili.

Maria Immacolata ci aiuta a riscoprire e difendere la profondità delle persone, perché in lei vi è perfetta trasparenza dell’anima nel corpo. E’ la purezza in persona, nel senso che spirito, anima e corpo sono in lei pienamente coerenti tra di loro e con la volontà di Dio. La Madonna ci insegna ad aprirci all’azione di Dio, per guardare gli altri come li guarda Lui: a partire dal cuore. E a guardarli con misericordia, con amore, con tenerezza infinita, specialmente quelli più soli, disprezzati, sfruttati. “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia”.

Voglio rendere omaggio pubblicamente a tutti coloro che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare questa legge evangelica dell’amore, che manda avanti il mondo. Sono tanti, anche qui a Roma, e raramente fanno notizia. Uomini e donne di ogni età, che hanno capito che non serve condannare, lamentarsi, recriminare, ma vale di più rispondere al male con il bene. Questo cambia le cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la società.

Cari amici Romani, e voi tutti che vivete in questa città! Mentre siamo affaccendati nelle attività quotidiane, prestiamo orecchio alla voce di Maria. Ascoltiamo il suo appello silenzioso ma pressante. Ella dice ad ognuno di noi: dove ha abbondato il peccato, possa sovrabbondare la grazia, a partire proprio dal tuo cuore e dalla tua vita! E la città sarà più bella, più cristiana, più umana.

Grazie, Madre Santa, di questo tuo messaggio di speranza. Grazie della tua silenziosa ma eloquente presenza nel cuore della nostra città. Vergine Immacolata, Salus Populi Romani, prega per noi!




A S.E. IL SIGNOR EDUARDO DELGADO BERMÚDEZ, AMBASCIATORE DI CUBA PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 10 dicembre 2009

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Signor Ambasciatore,

1. Con immenso piacere la ricevo in questo solenne atto in cui presenta le Lettere che l'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica di Cuba presso la Santa Sede, dando così avvio all'importante missione che il suo Governo le ha affidato. La ringrazio per le sue attente parole e per il saluto che mi ha trasmesso da parte dell'Eccellentissimo signor Raúl Castro Ruz, Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, che contraccambio con i miei migliori auguri per la sua alta responsabilità.

2. Fra speranze e difficoltà, Cuba ha raggiunto un deciso protagonismo, principalmente nel contesto economico e politico dei Caraibi e dell'America Latina. D'altro canto, alcuni segni di distensione nelle sue relazioni con i vicini Stati Uniti lascerebbero presagire nuove opportunità per un avvicinamento reciprocamente proficuo, nel pieno rispetto della sovranità e del diritto degli Stati e dei suoi cittadini. Cuba, che continua a offrire a numerosi paesi la sua collaborazione in aree vitali come l'alfabetizzazione e la salute, favorisce così la cooperazione e la solidarietà internazionali, senza che queste siano subordinate ad altri interessi se non l'aiuto alle popolazioni bisognose. È auspicabile che tutto ciò possa contribuire a trasformare in realtà l'appello che il mio venerato Predecessore, Papa Giovanni Paolo II, lanciò nel suo storico viaggio nell'isola: "Possa Cuba aprirsi con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e possa il mondo aprirsi a Cuba" (Discorso nella cerimonia di benvenuto a La Habana, 21 gennaio 1998).

3. Come molti altri paesi, anche la sua Patria subisce le conseguenze della grave crisi mondiale che, in aggiunta ai devastanti effetti dei disastri naturali e all'embargo economico, colpisce in modo particolare le persone e le famiglie più povere. In questa complessa situazione generale, si sente sempre più l'urgente bisogno di un'economia che, edificata su solide basi etiche, ponga la persona e i suoi diritti, il suo bene materiale e spirituale, al centro dei propri interessi. In effetti, il primo capitale che si deve salvaguardare e salvare è l'uomo, la persona nella sua integrità (cfr . Caritas in veritate ).

È importante che i Governi si sforzino per porre rimedio ai gravi effetti della crisi finanziaria, senza trascurare per questo i bisogni primari dei cittadini. La Chiesa cattolica a Cuba, che in questo momento, e come sempre, si sente vicina alla popolazione, vuole contribuire con il suo modesto ed effettivo aiuto. Desidero altresì sottolineare come la maggiore cooperazione raggiunta con le Autorità del suo Paese abbia permesso la realizzazione di importanti progetti di assistenza e di ricostruzione, specialmente in occasione delle catastrofi naturali.

4. Spero che continuino a moltiplicarsi i segni concreti di apertura all'esercizio della libertà religiosa, così come è accaduto negli ultimi anni, ad esempio, la possibilità di celebrare la Santa Messa in alcune carceri, lo svolgimento di processioni religiose, il restauro e la restituzione di alcuni templi e la costruzione di case religiose, o il poter contare sulla sicurezza sociale da parte dei sacerdoti e dei religiosi. Così la comunità cattolica svolgerà più agilmente il suo specifico compito pastorale.
Al fine di avanzare lungo questo cammino, soprattutto a beneficio dei cittadini cubani, sarebbe anche auspicabile che si potesse continuare a dialogare per fissare insieme, seguendo forme simili a quelle che si stabiliscono con altre Nazioni e rispettando le caratteristiche proprie del suo Paese, un quadro giuridico che definisca convenientemente le relazioni esistenti e mai interrotte fra la Santa Sede e Cuba, e che garantisca un adeguato sviluppo della vita e dell'azione pastorale della Chiesa in questa Nazione.

5. La Chiesa cattolica si sta preparando con grande ardore, nella sua Patria, alla celebrazione, nell'anno 2012, del Quarto Centenario del ritrovamento e della presenza della benedetta immagine della Virgen de la Caridad del Cobre, Madre e Patrona di Cuba. Questo amato titolo mariano è un simbolo luminoso della religiosità del popolo cubano e delle radici cristiane della sua cultura. In effetti, la Chiesa, che non si può confondere con la comunità politica (cfr. Gaudium et spes
GS 76), è depositaria di uno straordinario patrimonio spirituale e morale che ha contribuito a forgiare in modo decisivo l'"anima" cubana, dandole un carattere e una personalità propri.
A tale proposito, tutti gli uomini e le donne, e soprattutto i giovani, hanno bisogno oggi, come in qualsiasi altra epoca, di riscoprire quei valori morali, umani e spirituali, come ad esempio il rispetto per la vita dal suo concepimento fino al suo termine naturale, che rendono l'esistenza dell'uomo più degna. In tal senso, il principale servizio che la Chiesa presta ai cubani è l'annuncio di Gesù Cristo e del suo messaggio di amore, di perdono e di riconciliazione nella verità. Un popolo che percorre questo cammino di concordia è un popolo con una speranza di un futuro migliore.

La Chiesa, inoltre, consapevole del fatto che la sua missione sarebbe incompleta senza la testimonianza della carità che nasce dal Cuore di Cristo, ha messo in atto nella sua Patria numerose iniziative di assistenza sociale che, sebbene di dimensioni ridotte, hanno raggiunto molti malati, anziani e disabili. Una dimostrazione evidente di questo amore è anche la vita e il lavoro di tante persone che si sono lasciate illuminare e trasformare dal messaggio di Cristo, come il Beato José Olallo Valdés, alla cui beatificazione, la prima celebrata in terra cubana, ha assistito l'Eccellentissimo signor Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri.

Confido inoltre che questo clima, che ha permesso alla Chiesa di dare il suo modesto contributo caritativo, favorisca anche la sua partecipazione ai mezzi di comunicazione sociale e alla realizzazione di compiti educativi complementari, conformemente alla sua specifica missione pastorale e spirituale.

6. Non voglio concludere il mio discorso senza rivolgere un ultimo pensiero al sempre nobile, lottatore, sofferente e lavoratore popolo cubano, esprimendogli di cuore la mia vicinanza e il mio affetto, mentre non smetto di affidarlo nella mia preghiera al Signore, autore di ogni dono.
Signor Ambasciatore, la prego di voler trasmettere il mio deferente saluto alle più Alte Autorità della Repubblica di Cuba, mentre le formulo, Eccellenza, i miei migliori auspici affinché compia felicemente e proficuamente l'alta Missione che oggi inizia presso la Santa Sede, e invoco su di lei, sulla sua famiglia e sui suoi collaboratori, abbondanti doni dell'Altissimo, per intercessione di Nuestra Señora de la Caridad del Cobre.






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