Discorsi 2005-13 13129

VISITA ALL'HOSPICE "SACRO CUORE" - FONDAZIONE ROMA Domenica, 13 dicembre 2009

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Cari fratelli e sorelle!

Ho accolto volentieri l’invito a rendere visita all’Hospice Fondazione Roma e sono molto lieto di essere in mezzo a voi. Rivolgo il mio cordiale pensiero al Cardinale Vicario Agostino Vallini, agli Eccellentissimi Vescovi Ausiliari ed ai Sacerdoti presenti. Ringrazio vivamente il Professor Emmanuele Emanuele, Presidente della Fondazione Roma, e Don Leopoldo dei Duchi Torlonia, Presidente del Circolo San Pietro, per le significative parole che mi hanno cortesemente rivolto. Con loro saluto la Dirigenza dell’Hospice Fondazione Roma, il suo Presidente, Ing. Alessandro Falez, il Personale sanitario, infermieristico e amministrativo, le Suore e quanti prestano in diverso modo la loro opera in questa benemerita istituzione. Rivolgo poi un particolare apprezzamento ai Volontari del Circolo San Pietro, dei quali mi è noto lo zelo e la generosità con cui portano aiuto e conforto ai malati ed ai loro familiari. L’Hospice Fondazione Roma è nato nel 1998, con la denominazione di Hospice Sacro Cuore, per iniziativa dell’allora Presidente Generale del Circolo San Pietro, Don Marcello dei Marchesi Sacchetti, che saluto con viva e grata deferenza. Compito di tale istituzione è la cura dei pazienti terminali, per alleviarne il più possibile le sofferenze e accompagnarli amorevolmente nel decorso della malattia. I ricoverati nell’Hospice, in undici anni, sono passati da tre a più di trenta, seguiti quotidianamente dai medici, dagli infermieri e dai volontari. A questi dobbiamo aggiungere i novanta assistiti a domicilio. Tutto ciò contribuisce a fare dell’Hospice Fondazione Roma, che nel tempo si è arricchito dell’Unità Alzheimer e di un progetto di assistenza sperimentale rivolto a persone affette da Sclerosi Laterale Amiotrofica, una realtà particolarmente significativa, nel panorama della sanità romana.

Cari amici! Sappiamo come alcune gravi patologie producano inevitabilmente nei malati momenti di crisi, di smarrimento e un serio confronto con la propria situazione personale. I progressi nelle scienze mediche spesso offrono gli strumenti necessari ad affrontare questa sfida, almeno relativamente agli aspetti fisici. Tuttavia, non sempre è possibile trovare una cura per ogni malattia, e, di conseguenza, negli ospedali e nelle strutture sanitarie di tutto il mondo ci si imbatte sovente nella sofferenza di tanti fratelli e sorelle incurabili, e spesso in fase terminale. Oggi, la prevalente mentalità efficientistica tende spesso ad emarginare queste persone, ritenendole un peso ed un problema per la società. Chi ha il senso della dignità umana sa, invece, che esse vanno rispettate e sostenute mentre affrontano le difficoltà e la sofferenza legate alle loro condizioni di salute. A tale scopo, oggi si ricorre sempre più all’utilizzo di cure palliative, le quali sono in grado di lenire le pene che derivano dalla malattia e di aiutare le persone inferme a viverla con dignità. Tuttavia, accanto alle indispensabili cure cliniche, occorre offrire ai malati gesti concreti di amore, di vicinanza e di cristiana solidarietà per venire incontro al loro bisogno di comprensione, di conforto e di costante incoraggiamento. E’ quanto viene felicemente realizzato qui, all’Hospice Fondazione Roma, che pone al centro del proprio impegno la cura e l’accoglienza premurosa dei malati e dei loro familiari, in consonanza con quanto insegna la Chiesa, la quale, attraverso i secoli, si è mostrata sempre come madre amorevole di coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Nel compiacermi per la lodevole opera svolta, desidero incoraggiare quanti, facendosi icone concrete del buon samaritano, che “prova compassione e si prende cura del prossimo” (cfr
Lc 10,34), offrono quotidianamente agli ospiti ed ai loro congiunti un’assistenza adeguata e attenta alle esigenze di ciascuno.

Cari malati, cari familiari, vi ho appena incontrato singolarmente, e ho visto nei vostri occhi la fede e la forza che vi sostengono nelle difficoltà. Sono venuto per offrire a ciascuno una concreta testimonianza di vicinanza e di affetto. Vi assicuro la mia preghiera, e vi invito a trovare in Gesù sostegno e conforto, per non perdere mai la fiducia e la speranza. La vostra malattia è una prova ben dolorosa e singolare, ma davanti al mistero di Dio, che ha assunto la nostra carne mortale, essa acquista il suo senso e diventa dono e occasione di santificazione. Quando la sofferenza e lo sconforto si fanno più forti, pensate che Cristo vi sta associando alla sua croce perché vuole dire attraverso voi una parola di amore a quanti hanno smarrito la strada della vita e, chiusi nel proprio vuoto egoismo, vivono nel peccato e nella lontananza da Dio. Infatti, le vostre condizioni di salute testimoniano che la vita vera non è qui, ma presso Dio, dove ognuno di noi troverà la sua gioia se avrà umilmente posto i suoi passi dietro a quelli dell’uomo più vero: Gesù di Nazaret, Maestro e Signore.

Il tempo dell’Avvento, nel quale siamo immersi, ci parla della visita di Dio e ci invita a preparagli la strada. Alla luce della fede possiamo leggere nella malattia e nella sofferenza una particolare esperienza dell’Avvento, una visita di Dio che in modo misterioso viene incontro per liberare dalla solitudine e dal non-senso e trasformare il dolore in tempo di incontro con Lui, di speranza e di salvezza. Il Signore viene, è qui, accanto a noi! Questa certezza cristiana ci aiuti a comprendere anche la “tribolazione” come il modo con cui Egli può venire incontro e diventare per ciascuno il “Dio vicino” che libera e salva. Il Natale, al quale ci stiamo preparando, ci offre la possibilità di contemplare il Santo Bambino, la luce vera che viene in questo mondo per manifestare “la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini” (Tt 2,11). A lui, con i sentimenti di Maria, tutti affidiamo noi stessi, la nostra vita e le nostre speranze. Cari fratelli e sorelle! Con questi pensieri invoco su ciascuno di voi la materna protezione della Madre di Gesù, che il popolo cristiano nella tribolazione invoca come Salus infirmorum e vi imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica, pegno di spirituale ed intima letizia e di autentica pace nel Signore.





CONFERIMENTO DELLA CITTADINANZA ONORARIA DI INTROD (AOSTA) Saletta dell'Aula Paolo VI Mercoledì, 16 dicembre 2009

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Signor Presidente della Regione,
Signor Sindaco,
Reverendo Parroco,
Signori Consiglieri comunali,
Signore e Signori!

È per me motivo di grande gioia ricevere la cittadinanza onoraria del Comune di Introd, dove ho potuto trascorre indimenticabili periodi di riposo, circondato dallo splendido panorama alpino, che favorisce l’incontro con il Creatore e ritempra lo spirito. Nel rivolgere a ciascuno di voi il mio cordiale saluto, desidero ringraziare in particolare il Presidente della Regione Autonoma Valle d’Aosta, Sig. Augusto Rollandin, e il Sindaco di Introd, Sig. Osvaldo Naudin, per le cortesi espressioni che hanno voluto indirizzarmi, a nome dei presenti e di quanti rappresentano.

Considero la decisione del Consiglio Comunale di Introd, che ha voluto annoverarmi tra i cittadini onorari della propria Comunità, come un segno di affetto di tutti gli Introleins e degli abitanti dell’intera Valle d’Aosta, che sempre mi hanno riservato un’accoglienza calorosa e cordiale e, al tempo stesso, discreta e rispettosa del mio riposo estivo. Ora posso dire, a maggior titolo di essere di casa ad Introd, questa deliziosa località alpina, cui mi legano lieti e grati ricordi e un sentimento di particolare vicinanza spirituale.

Sono contento di apprendere dalle parole del Sindaco che la mia presenza in Valle d’Aosta, e ancor prima quella del mio amato predecessore Giovanni Paolo II, ha favorito la crescita nella fede di quelle popolazioni a me tanto care e ricche di tradizioni cristiane e di tanti segni di vitalità religiosa. Mi è noto altresì che nel tronco antico di tale patrimonio spirituale, la Chiesa che è in Valle d’Aosta, sotto la solerte guida del suo Pastore, il caro Mons. Giuseppe Anfossi, non si stanca di innestare la “notizia” sempre nuova di Gesù, Verbo di Dio, che s’è fatto uomo per offrire agli uomini la gioia di vivere, già su questa terra, l’esaltante esperienza di essere figli amati da Dio. Tale compito appare particolarmente urgente in una società che alimenta, soprattutto nelle nuove generazioni, illusioni e false speranze, ma che il Signore anche oggi chiama a trasformarsi in “famiglia” dei figli di Dio, che vivono con “un cuore solo e un’anima sola” (
Ac 4,32) per testimoniare l’amore alla vita e ai poveri.

Cari amici, nel rinnovarvi sentimenti di affetto e di gratitudine, invoco su di voi, sulle vostre famiglie e sull’intera Valle d’Aosta la benedizione di Dio. Il Signore continui a proteggere le vostre Comunità e la vostra Regione e l’aiuti a costruire un futuro che, mettendo Dio al primo posto, sarà sempre più giusto, solidale e colmo di speranze!




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR HANS KLINGENBERG, NUOVO AMBASCIATORE DEL REGNO DI DANIMARCA PRESSO LA SANTA SEDE Sala Clementina Giovedì, 17 dicembre 2009

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Eccellenza,

Con piacere la accolgo in Vaticano e accetto le Lettere Credenziali con le quali viene nominato Ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Regno di Danimarca presso la Santa Sede. La ringrazio per i cordiali saluti che mi porta da parte di Sua Maestà la Regina Margrethe II, e le chiedo di voler trasmettere a Sua Maestà, al governo e al popolo del suo Paese il mio ringraziamento per i loro auguri e di assicurarli della mia preghiera per il benessere spirituale della nazione.

Le relazioni diplomatiche della Chiesa fanno parte della sua missione di servizio alla comunità internazionale. Questo impegno con la società civile è caratterizzato dalla sua convinzione che, in un mondo sempre più globalizzato, gli sforzi per promuovere uno sviluppo umano integrale e un ordine economico sostenibile devono tener conto del rapporto fondamentale tra Dio, il creato e le sue creature. In questa prospettiva, le tendenze verso la frammentazione sociale e le iniziative di sviluppo incomplete possono essere superate attraverso il riconoscimento della dimensione morale unificatrice costitutiva di ogni essere umano e delle conseguenze di carattere morale proprie di ogni decisione economica (cfr Caritas in veritate, ). In effetti, lo scetticismo contemporaneo dinanzi alla retorica politica e il crescente disagio per la mancanza di punti di riferimento etici che governano il progresso tecnologico e i mercati commerciali, indicano le imperfezioni e i limiti che si riscontrano sia negli individui sia nella società e il bisogno di una riscoperta dei valori fondamentali e di un rinnovamento culturale profondo, in armonia con il disegno di Dio per il mondo (cfr. ibidem, n. 21).

Eccellenza, l'attenzione del mondo è al momento rivolta alla Danimarca, mentre ospita il vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. I dibattiti politici e diplomatici in atto per affrontare le esigenze di una questione tanto complessa mettono alla prova la determinazione dei partecipanti a rinunciare a presunti vantaggi nazionalistici o a breve termine a favore di benefici a più lungo termine per l'intera famiglia umana internazionale. Mentre certamente si può ottenere un certo consenso attraverso l'elaborazione delle aspirazioni condivise, abbinate a politiche e obiettivi, il cambiamento fondamentale di qualsiasi forma di comportamento umano - individuale o collettivo - esige la conversione del cuore. Coraggio e sacrificio, frutto di un risveglio etico, ci permettono di prefigurare un mondo migliore e ci spingono a perseguire con speranza tutto quanto è necessario fare per assicurare che le generazioni future ricevano l'intero creato in condizioni tali da poter anche loro definirlo casa. Tuttavia, quando la "tenuta morale della società" (ibidem, n. 51) diminuisce, le sfide che i leader attuali devono affrontare non possono che aumentare.

Questo bisogno urgente di evidenziare il dovere morale di distinguere tra bene e male in ogni azione umana al fine di riscoprire e alimentare il vincolo di comunione che unisce la persona umana e il creato, è stato un tema centrale del mio recente discorso alla Fao. In tale occasione, la comunità internazionale ha affrontato la pressante questione della sicurezza alimentare. Ancora una volta ho affermato che, per quanto possano essere importanti, i piani di sviluppo, gli investimenti e la legislazione non bastano. Piuttosto, gli individui e le comunità devono cambiare i loro comportamenti e la loro percezione del bisogno. Per gli Stati ciò comprende una ridefinizione dei concetti e dei principi che hanno finora governato le relazioni internazionali, al fine di includere il principio dell'altruismo e la determinazione a cercare nuovi parametri - sia etici, sia giuridici ed economici - capaci di costruire relazioni di maggiore equità ed equilibrio tra i Paesi in via di sviluppo e i Paesi sviluppati (cfr. Discorso alla Fao, 16 novembre 2009).

In questo quadro può emergere una comprensione olistica della salute della società, in cui i nostri doveri nei confronti dell'ambiente non sono mai separati dai nostri doveri verso la persona umana, e in cui una critica morale delle norme culturali che forgiano la coesistenza umana, con una particolare sollecitudine per i giovani, è considerata centrale per il benessere della società. Troppo spesso gli sforzi per promuovere una comprensione integrale dell'ambiente si sono ritrovati accanto a una comprensione riduzionistica della persona. Di solito, quest'ultima è priva del rispetto per la dimensione spirituale degli individui e talvolta è ostile verso la famiglia, contrapponendo i coniugi tra loro attraverso un'immagine distorta della complementarità fra l'uomo e la donna, e contrapponendo la madre al nascituro attraverso un'immagine travisata della "salute riproduttiva". La responsabilità nei rapporti, compresa la responsabilità di una genitorialità attenta (cfr. Caritas in veritate Caritas in veritate, n. 44; Familiaris consortio
FC 35) non potrà mai essere veramente alimentata senza un profondo rispetto per l'unità della vita familiare, conformemente al disegno amorevole del nostro Creatore.

Il sostegno della Danimarca alle cause umanitarie è vasto e molteplice. L'impegno del Regno nel sostenere le operazioni per il mantenimento della pace e i progetti di sviluppo, insieme al crescente impegno verso il continente africano, sono prontamente riconosciuti dalla Santa Sede per la generosità e la professionalità. Tra i principi che condividiamo riguardo allo sviluppo vi è la convinzione che qualsiasi forma di corruzione è sempre un'offesa alla dignità della persona umana e sarà sempre un grave ostacolo al progresso giusto ed equo dei popoli. La situazione interna della Danimarca da questo punto di vista è lodevole e le vostre politiche estere di aiuto finanziario giustamente insistono sulla responsabilità e sulla trasparenza da parte delle nazioni riceventi.

Signor Ambasciatore, i membri della Chiesa cattolica nel suo Paese continueranno a pregare e a lavorare per lo sviluppo spirituale, sociale e culturale di tutto il popolo danese. Nella collaborazione ecumenica con gli altri cristiani, essi sono attenti ai bisogni delle comunità di migranti presenti nel suo Paese, come pure a quelli di altri gruppi vulnerabili sotto diversi aspetti. Inoltre, le scuole della Chiesa, i cui studenti accolgo regolarmente nelle mie Udienze generali settimanali, servono la nazione mentre cercano di rendere testimonianza dell'amore e della verità di Cristo.
Eccellenza, nel suo incarico come rappresentante della Danimarca presso la Santa Sede, i diversi dicasteri della Curia Romana faranno tutto il possibile per aiutarla nello svolgimento dei suoi doveri. Le porgo i migliori auguri per il successo dei suoi sforzi per rafforzare le cordiali relazioni già esistenti tra noi. Su di lei, sulla sua famiglia e su tutti i suoi concittadini invoco le abbondanti benedizioni di Dio Onnipotente.




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR FRANCIS K. BUTAGIRA, NUOVO AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA DI UGANDA PRESSO LA SANTA SEDE Sala Clementina Giovedì, 17 dicembre 2009

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Eccellenza,

sono lieto di porgerle il benvenuto in Vaticano mentre presenta le Lettere Credenziali con le quali viene nominato Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica di Uganda presso la Santa Sede. Sono grato per i saluti cortesi e i buoni auspici che ha espresso a nome di Sua Eccellenza, il Presidente Yoweri Kaguta Museveni. Li ricambio volentieri e le chiedo cortesemente di trasmettere a Sua Eccellenza e al popolo dell'Uganda l'assicurazione delle mie preghiere per il loro benessere.

Le relazioni diplomatiche fra la Santa Sede e la Repubblica di Uganda continuano a offrire molte opportunità di assistenza e cooperazione reciproche per il bene spirituale e la prosperità delle persone della sua nazione. Parimenti, il clima di libertà e di rispetto nella sua nazione verso la Chiesa cattolica ha permesso a quest'ultima di essere fedele alla missione che le è propria. I frutti della cooperazione fra la Chiesa e lo Stato, in particolare in aree legate allo sviluppo, all'educazione e alla sanità, sono ampiamente riconosciuti. Infatti, questo saldo fondamento dovrebbe promuovere l'integrità personale, la giustizia e la correttezza nelle comunità locali e suscitare speranza per tutta la nazione, sia fra i governanti sia fra la popolazione comune e dovrebbe essere un fattore importante di stabilità e crescita.

Signor Ambasciatore, nel suo discorso ha menzionato la costante crescita economica della nazione. Il progresso compiuto per contrastare le cause del sottosviluppo è certamente incoraggiante. Sono ben accolte anche iniziative volte a promuovere forme produttive di agricoltura, l'uso appropriato delle risorse del Paese, la realizzazione di politiche concrete di cooperazione regionale. Questi e altri sforzi in vari settori, come la fornitura a tutti di acqua potabile, la tutela dell'ambiente, la promozione di una sana educazione universale e la lotta contro la corruzione nelle sue varie forme, sono parte di un ambizioso programma che richiederà un buon governo.

La campagna di violenza nel nord del Paese ha devastato aree estese. La tragedia per le popolazioni locali è evidente a tutti. I figli di alcuni sono stati traumatizzati e costretti a commettere crimini deplorevoli. Molte proprietà sono state ampiamente distrutte, vedove e orfani sono rimasti in condizioni di estrema povertà, e molte persone dislocate sono ancora incapaci o timorose di ritornare ai propri villaggi e campi. Pare che, fino a a un certo punto, questa situazione sia migliorata e spero che la mancanza di sicurezza sarà alla fine sostituita da una pace e da una prosperità stabili per la popolazione duramente provata di quest'area. Mentre il mondo attende risultati concreti dall'incontro che si è svolto di recente in Uganda sulla piaga delle persone dislocate, dei rifugiati e dei rimpatriati, prego affinché la Dichiarazione di Kampala possa condurre quanti hanno incarichi di responsabilità nella vostra nazione e altrove a offrire il sostegno e l'assistenza dovuti a tutti coloro che, non per loro colpa, sono stati costretti a lasciare le loro abitazioni.

In tale contesto, desidero ricordare che la riconciliazione e la pace sono stati i temi principali del recente Sinodo speciale per l'Africa, svoltosi qui, in Vaticano, proprio pochi mesi fa. L'esperienza della Chiesa nel suo continente ha dimostrato che la mera assenza di conflitto non costituisce la pace. È solo attraverso l'instaurazione della giustizia, della riconciliazione e della solidarietà che si possono ottenere pace e stabilità autentiche e durature. La Chiesa continuerà anche a operare per la giustizia per tutti, accompagnata dalla preghiera fervida affinché un dono così prezioso possa divenire una realtà per tutti i cittadini, indipendentemente dall'appartenenza etnica, regionale o religiosa.

Eccellenza, sono certo che il suo periodo come Ambasciatore contribuirà a consolidare le relazioni cordiali già esistenti fra la Santa Sede e l'Uganda. I vari dicasteri della Curia Romana sono pronti ad aiutarla e, mentre comincia la sua alta missione, sono lieto di assicurarla delle mie preghiere. Invoco le abbondanti benedizioni di Dio Onnipotente su di lei, sulla sua famiglia e su tutto il popolo dell'Uganda.


A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR SULIEMAN MOHAMED MUSTAFA, NUOVO AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA DEL SUDAN PRESSO LA SANTA SEDE Sala Clementina Giovedì, 17 dicembre 2009

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Eccellenza,

sono lieto di accoglierla in Vaticano oggi e di ricevere le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica del Sudan presso la Santa Sede. Sono grato per i saluti che mi ha espresso a nome di Sua Eccellenza Omar al-Bashir, Presidente della Repubblica, e le chiedo gentilmente di trasmettere i miei buoni auspici a tutti i suoi amati concittadini.

La Santa Sede instaura di buon grado relazioni diplomatiche con differenti Paesi come veicolo di promozione del dialogo e della cooperazione nel mondo. Questo dialogo può essere di grande aiuto nel superare tensioni, errate rappresentazioni e incomprensioni, in particolare quando queste mettono a repentaglio la causa della pace e dello sviluppo. Nel caso del Sudan, la Santa Sede è stata profondamente gratificata quattro anni fa dalla firma del Comprehensive Peace Agreement, che ha posto fine a un periodo tragico di immensa sofferenza, lutti e distruzione. Le aspettative generate da tale accordo, negoziate da parti importanti nel Paese e con il sostegno della comunità internazionale, devono essere mantenute in vita. I risultati positivi, basati su una ricerca autentica di soluzioni giuste alle tensioni e su una cooperazione pluripartitica, dovrebbero ispirare ulteriori miglioramenti nel processo di attuazione. Parimenti, in questo periodo delicato, il buon lavoro svolto dai tutori internazionali della pace nelle aree sensibili e dalle agenzie umanitarie merita il sostegno e l'assistenza di tutte le autorità nazionali e regionali.

Signor Ambasciatore, il Paese che lei rappresenta ha le risorse e la popolazione per divenire un protagonista importante nel Continente africano. Prospererà quando i cittadini della nazione vivranno in una terra in cui prevarranno armonia e buona volontà, sulla base di una giusta risoluzione dei conflitti esistenti, accettabile da tutte le parti in causa. La violenza frena "lo sviluppo autentico e" impedisce "l'evoluzione dei popoli verso un maggiore benessere socio-economico e spirituale" (Caritas in veritate ). Pace e sviluppo, due elementi essenziali per il benessere di qualsiasi nazione, non possono esistere senza la tutela dei diritti umani per tutti i cittadini senza eccezione.

In tale contesto, bisogna osservare che le persone del Darfur continuano a soffrire molto. Gli accordi negoziati fra gruppi armati sono stati lenti e incerti e hanno un bisogno urgente di sostegno da tutte le parti. Il rispetto per le popolazioni civili e per i loro diritti umani fondamentali, e i doveri legati alla stabilità regionale e nazionale richiedono evidentemente rinnovati tentativi per raggiungere accordi duraturi. Spero sinceramente che tutte le parti possano cogliere ogni opportunità di accomodamento attraverso il dialogo e la risoluzione pacifica dei conflitti. Questa è l'unica via che porterà alla stabilità, sostenuta da verità, giustizia e riconciliazione, per la regione del Darfur e per il resto del Paese.

Signor Ambasciatore, la Chiesa cattolica nel suo Paese è impegnata per il benessere spirituale e umano dei suoi membri e, di fatto, di tutti i cittadini della nazione, in particolare attraverso l'educazione, la sanità e i progetti di sviluppo e la promozione di uno spirito di tolleranza, pace e rispetto per gli altri grazie al dialogo e alla cooperazione. I cattolici aspirano solo alla libertà, al riconoscimento e al rispetto propri dell'identità e della missione della Chiesa. Il Sudan, come numerosi Paesi deve affrontare la sfida di ricercare un equilibrio autentico e giusto fra il mantenimento dei valori culturali che caratterizzano l'identità della maggioranza della popolazione e il rispetto dei diritti e della libertà delle minoranze. Le autorità pubbliche devono garantire che persone di tutte le fedi godano veramente del diritto umano fondamentale alla libertà religiosa. Parimenti, famiglie di una minoranza religiosa che vivono dove le scuole hanno programmi pedagogici adatti alla maggioranza religiosa, desiderano giustamente il riconoscimento dei loro diritti genitoriali a determinare l'educazione dei loro figli, senza ostacoli da parte della legge. I genitori, sia cristiani sia musulmani, nutrono lo stesso affetto e la stessa sollecitudine per i propri figli e per la loro prosperità, in particolare a proposito dell'educazione religiosa.

Eccellenza, la invito ad avvalersi della volenterosa cooperazione dei Dicasteri della Curia Romana mentre le auguro ogni successo nella sua missione volta a promuovere le relazioni cordiali esistenti fra il Sudan e la Santa Sede. Che Dio Onnipotente conceda le sue benedizioni a lei, Eccellenza, alla sua famiglia e alla nazione che rappresenta.




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR ELKANAH ODEMBO, NUOVO AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA DEL KENYA PRESSO LA SANTA SEDE Sala Clementina Giovedì, 17 dicembre 2009

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Eccellenza,

sono lieto di accoglierla in Vaticano e di accettare le Lettere che l'accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica del Kenya presso la Santa Sede. La ringrazio per i saluti che mi porge da parte del suo Presidente, Sua Eccellenza Mwai Kibaki, e le chiedo di trasmettergli la mia rispettosa gratitudine e di assicurarlo delle mie costanti preghiere per il benessere di tutto il suo popolo.
Come sa, la seconda Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi si è svolta a Roma nell'ottobre di quest'anno, e circa sei mesi prima ho compiuto la mia prima visita apostolica in Africa. Questi sono segni dell'impegno costante della Santa Sede per mantenere e rafforzare le sue relazioni cordiali con i popoli e le nazioni del suo continente e per garantire che la dimensione africana delle pressanti preoccupazioni che lei menziona, ovvero libertà religiosa, dialogo interreligioso, pace e giustizia internazionali e tutte le aree di sviluppo umano, resti fermamente sull'agenda della comunità internazionale. Come ho detto lo scorso marzo, al mio arrivo, l'Africa ha sofferto sproporzionatamente "in un tempo di globale scarsità di cibo, di scompiglio finanziario, di modelli disturbati, di cambiamenti climatici" (Discorso in occasione della cerimonia di benvenuto, 17 marzo 2009) ed è essenziale che i tentativi per risolvere questi problemi tengano nella dovuta considerazione le esigenze e i diritti dei popoli africani.

Lei, signor Ambasciatore, ha parlato del momento buio vissuto dal Kenya circa due anni fa, nel periodo immediatamente successivo ai controversi risultati elettorali. Mi permetta di cogliere quest'occasione per assicurarla di nuovo della mia sollecita compassione per tutti coloro che hanno subito danni o lutti nel corso della violenza e della mia più sincera speranza che l'agenda di riforma che il suo Governo ha intrapreso possa avere buon esito nel ripristinare la pace e la stabilità per le quali il Kenya è stato giustamente noto per molti anni. Il dialogo e il consenso popolare, uniti alla affidabilità e alla trasparenza, sono i tratti distintivi di un Governo democratico stabile e sano. Nel perseguire questi obiettivi, le autorità kenyane getteranno le fondamenta di una società giusta e pacifica per molto tempo.

In considerazione delle abbondanti risorse umane e naturali con le quali il Kenya è benedetto, l'obiettivo della prosperità per tutti i suoi cittadini dovrebbe essere alla sua portata. Naturalmente, il rovescio economico globale degli scorsi dodici mesi ha esatto il suo tributo e la Santa Sede continuerà a evidenziare "l'urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà" fra Paesi, a differenti livelli di sviluppo (Caritas in veritate ), nell'interesse della giustizia economica. Tuttavia, la responsabilità di lottare per superare la povertà deve anche essere assunta dalle società interessate che devono dare priorità alla lotta contro la corruzione e allo sforzo di distribuire la ricchezza in maniera più equa. Correggendo le disfunzioni che causano divisioni fra i popoli e all'interno di essi, dovrebbe essere possibile acquisire il potenziale positivo del processo di globalizzazione per garantire la ridistribuzione della ricchezza e quindi "orientare la globalizzazione in termini di relazionalità, di comunione e di condivisione" (Ibidem, n. 42).

È qui che la Chiesa locale offre il contributo più prezioso, evidenziando la dimensione etica delle questioni che si presentano nella vita della nazione. La ringrazio per l'apprezzamento che ha espresso per l'opera della comunità cattolica in Kenya, nelle aree della sanità, dell'educazione e dei diritti umani, e in particolare nella promozione di iniziative di pace e riconciliazione nel momento della crisi post-elettorale. Le posso assicurare che i cattolici in Kenya sono desiderosi di proseguire questa missione di servizio alla più ampia comunità, soprattutto alla luce dell'impegno rinnovato per la riconciliazione, la giustizia e la pace che è stato il centro particolare della recente Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Quell'evento solenne è stato un appello alla Chiesa in Africa a proclamare con gioia la buona novella della sua fede donatrice di vita per portare speranza ai cuori di tutte le persone del continente.
Eccellenza, ho fiducia nel fatto che la missione diplomatica che lei oggi inizia consoliderà le buone relazioni esistenti fra la Santa Sede e la Repubblica del Kenya. Nell'offrire i miei migliori auspici per i prossimi anni, desidero assicurarla del fatto che i vari Dicasteri della Curia Romana saranno sempre lieti di offrirle aiuto e sostegno nello svolgimento dei suoi compiti. Su di lei, sulla sua famiglia e su tutto il popolo del Kenya invoco di tutto cuore le abbondanti benedizioni di Dio.




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR MUKHTAR B. TILEUBERDI, NUOVO AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA DEL KAZAKHSTAN PRESSO LA SANTA SEDE Sala Clementina Giovedì, 17 dicembre 2009

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Eccellenza,

sono lieto di darle il benvenuto in Vaticano e di accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica di Kazakhstan presso la Santa Sede. In questa occasione, le chiedo di trasmettere i miei saluti a Sua Eccellenza il Presidente Nursultan Nazarbayev, che di recente mi ha reso visita qui, in Vaticano, e i miei buoni auspici a tutti gli abitanti del Kazakhstan. Gentilmente assicuri il Presidente delle mie preghiere per il suo benessere e per quello dei cittadini della nazione e gli trasmetta la mia gratitudine per i buoni auspici che lei mi ha appena espresso a suo nome.

Come ricorderà, il mio venerabile predecessore, il compianto Papa Giovanni Paolo II, visitò il Kazakhstan nel settembre 2001. Diede testimonianza, nell'incertezza mondiale e nella mestizia del tempo, del fatto che la Chiesa, in fedeltà agli insegnamenti di Cristo, sostiene la pace e la comprensione fra popoli e lotta per promuovere il progresso umano autentico.

La Santa Sede incoraggia le nazione a rispettare la persona umana nella sua totalità, riconoscendo le esigenze spirituali e materiali di tutti. L'uomo è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economica e sociale (cfr. Caritas in veritate ). Quindi, la Chiesa opera come lievito in tutta la società per evidenziare la dignità dell'uomo, per conferirgli la forza necessaria per generare una visione più chiara di se stessi e per raccogliere nuova energia nel servizio dello sviluppo umano autentico.

Signor Ambasciatore, sebbene i cristiani del Kazakhstan siano una piccola percentuale della popolazione totale, possono far risalire le loro origini a secoli fa. Quindi rappresentano una parte importante della ricca diversità di religioni e di tradizioni da cui la sua nazione è composta. La circostanza di questi vari gruppi che vivono fianco a fianco nel suo Paese, insieme al suo essere un ponte geografico fra Europa e Asia e fra Paesi con grandi popolazioni rispettivamente cristiane e musulmane, offre una preziosa opportunità di promuovere scambio e fraternità. La cooperazione allo sviluppo offre anche una meravigliosa opportunità per un incontro fra culture e popoli (cfr. Caritas in veritate ). Affinché questo incontro avvenga in modo autentico, deve esserci un impegno costante da parte degli Stati a rispettare i diritti umani fondamentali, non da ultima la libertà di religione. Le religioni hanno molto da offrire allo sviluppo, in particolare quando il posto di Dio è riconosciuto nella sfera pubblica, con specifico riferimento alle dimensioni culturale, economica, e, in particolare, politica (cfr. ibidem n. 56).

Da parte sua, la Santa Sede, insieme con la comunità cattolica in Kazakhstan, sostiene quelle iniziative che promuovono la pace e l'amicizia autentiche fra popoli, basate su un mutuo riconoscimento delle differenze legittime, ma soprattutto su un impegno per il bene comune. L'Accordo firmato fra la Santa Sede e il Kazakhstan nel 1998, il primo del genere nella sua regione, è basato su fiducia e rispetto reciproci. La garanzia giuridica di diritti e doveri nell'Accordo offre uno strumento per maggiori cooperazione e buona volontà. Posso assicurarle che la comunità cattolica nel suo Paese desidera contribuire al consolidamento di buone relazioni e comprensione reciproca fra mondo cristiano e mondo islamico, a beneficio di tutti. Che la cooperazione e la buona volontà siano abbondantemente benedette giorno per giorno!

Eccellenza, poiché il 1° gennaio 2010 il Kazakhstan assumerà la presidenza dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, sono lieto di offrire i miei buoni auspici per il mandato del suo Paese. La comunità internazionale ha recentemente ricordato il ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. In questa luce, la presidenza dell'Osce della sua nazione rappresenta una testimonianza eloquente di quanto il mondo è progredito ed è maturato. La celebrazione di questo anniversario offre anche un nuovo impulso a consolidare quelle acquisizioni democratiche guardando al futuro stabile della regione e di fatto di tutto il mondo. La Santa Sede si impegna a consolidare le libertà politiche conquistate vent'anni fa in Europa, la cui espressione esterna può prosperare solo quando il dono divino della libertà interiore viene rappresentato e promosso.

Signor Ambasciatore, nell'offrirle i miei migliori auguri per il successo della sua missione, le assicuro che i vari Dicasteri della Curia Romana sono pronti a offrirle aiuto e sostegno nello svolgimento dei suoi doveri. La Chiesa desidera sviluppare e approfondire le relazioni armoniose che esistono fra la Santa Sede e la Repubblica del Kazakhstan. Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e su tutto il popolo della Repubblica, invoco di cuore abbondanti benedizioni divine.





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