Discorsi 2005-13 25049


VISITA ALLE ZONE TERREMOTATE DELL'ABRUZZO



PAROLE DI SALUTO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI E PREGHIERA PER I DEFUNTI Tendopoli di Onna Martedì, 28 aprile 2009

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Cari amici!

Sono venuto di persona in questa vostra terra splendida e ferita, che sta vivendo giorni di grande dolore e precarietà, per esprimervi nel modo più diretto la mia cordiale vicinanza. Vi sono stato accanto fin dal primo momento, fin da quando ho appreso la notizia di quella violenta scossa di terremoto che, nella notte del 6 aprile scorso, ha provocato quasi 300 vittime, numerosi feriti e ingenti danni materiali alle vostre case. Ho seguito con apprensione le notizie condividendo il vostro sgomento e le vostre lacrime per i defunti, insieme con le vostre trepidanti preoccupazioni per quanto in un attimo avete perso. Ora sono qui, tra voi: vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno. La Chiesa tutta è qui con me, accanto alle vostre sofferenze, partecipe del vostro dolore per la perdita di familiari ed amici, desiderosa di aiutarvi nel ricostruire case, chiese, aziende crollate o gravemente danneggiate dal sisma. Ho ammirato e ammiro il coraggio, la dignità e la fede con cui avete affrontato anche questa dura prova, manifestando grande volontà di non cedere alle avversità. Non è infatti il primo terremoto che la vostra regione conosce, ed ora, come in passato, non vi siete arresi; non vi siete persi d'animo. C'è in voi una forza d'animo che suscita speranza. Molto significativo, al riguardo, è un detto caro ai vostri anziani: "Ci sono ancora tanti giorni dietro il Gran Sasso".

Venendo qui, ad Onna, uno dei centri che ha pagato un alto prezzo in termini di vite umane, posso immaginare tutta la tristezza e la sofferenza che avete sopportato in queste settimane. Se fosse stato possibile, avrei desiderato recarmi in ogni paese e in ogni quartiere, venire in tutte le tendopoli e incontrare tutti. Mi rendo ben conto che, nonostante l'impegno di solidarietà manifestato da ogni parte, sono tanti e quotidiani i disagi che comporta vivere fuori casa, o nelle automobili, o nelle tende, ancor più a causa del freddo e della pioggia. Penso poi ai tanti giovani costretti bruscamente a misurarsi con una dura realtà, ai ragazzi che hanno dovuto interrompere la scuola con le sue relazioni, agli anziani privati delle loro abitudini.

Si potrebbe dire, cari amici, che vi trovate, in un certo modo, nello stato d'animo dei due discepoli di Emmaus, di cui parla l'evangelista Luca. Dopo l'evento tragico della croce, rientravano a casa delusi e amareggiati, per la "fine" di Gesù. Sembrava che non ci fosse più speranza, che Dio si fosse nascosto e non fosse più presente nel mondo. Ma, lungo la strada, Egli si accostò e si mise a conversare con loro. Anche se non lo riconobbero con gli occhi, qualcosa si risvegliò nei loro cuori: le parole di quello "Sconosciuto" riaccesero in loro quell'ardore e quella fiducia che l'esperienza del Calvario aveva spento. Ecco, cari amici: la mia povera presenza tra voi vuole essere un segno tangibile del fatto che il Signore crocifisso vive, che è con noi, che è realmente risorto e non ci dimentica, non vi abbandona; non lascerà inascoltate le vostre domande circa il futuro, non è sordo al grido preoccupato di tante famiglie che hanno perso tutto: case, risparmi, lavoro e a volte anche vite umane. Certo, la sua risposta concreta passa attraverso la nostra solidarietà, che non può limitarsi all'emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto nel tempo.

Incoraggio tutti, istituzioni e imprese, affinché questa città e questa terra risorgano. Il Papa è qui, oggi, tra di voi per dirvi anche una parola di conforto circa i vostri morti: essi sono vivi in Dio e attendono da voi una testimonianza di coraggio e di speranza. Attendono di veder rinascere questa loro terra, che deve tornare ad ornarsi di case e di chiese, belle e solide. È proprio in nome di questi fratelli e sorelle che ci si deve impegnare nuovamente a vivere facendo ricorso a ciò che non muore e che il terremoto non ha distrutto e non può distruggere: l'amore. L'amore rimane anche al di là del guado di questa nostra precaria esistenza terrena, perché l'Amore vero è Dio. Chi ama vince, in Dio, la morte e sa di non perdere coloro che ha amato.

Vorrei concludere queste mie parole rivolgendo al Signore una particolare preghiera per le vittime del terremoto.

Affidiamo questi nostri cari a Te, Signore, sapendo
che ai tuoi fedeli Tu non togli la vita ma la trasformi,
e nel momento stesso in cui viene distrutta
la dimora di questo nostro esilio sulla terra,
Ti preoccupi di prepararne una eterna ed immortale in Paradiso.
Padre Santo, Signore del cielo e della terra,
ascolta il grido di dolore e di speranza,
che si leva da questa comunità duramente provata dal terremoto!
È il grido silenzioso del sangue di madri, di padri, di giovani
e anche di piccoli innocenti che sale da questa terra.
Sono stati strappati all'affetto dei loro cari,
accoglili tutti nella tua pace, Signore, che sei il Dio-con-noi,
l'Amore capace di donare la vita senza fine.
Abbiamo bisogno di Te e della Tua forza,
perché ci sentiamo piccoli e fragili di fronte alla morte;
Ti preghiamo, aiutaci, perché soltanto il Tuo sostegno
può farci rialzare e indurci a riprendere insieme,
tenendoci fiduciosi l'un l'altro per mano, il cammino della vita.
Te lo chiediamo per Gesù Cristo, nostro Salvatore,
in cui rifulge la speranza della beata risurrezione.
Amen!

Preghiamo adesso con la preghiera che il Signore ci ha insegnato: "Padre Nostro...".

La mia preghiera è con voi; siamo insieme e il Signore ci aiuterà. Grazie per il vostro coraggio, la vostra fede e la vostra speranza.



INCONTRO CON I FEDELI ED IL PERSONALE IMPIEGATO NEI SOCCORSI DISCORSO E PREGHIERA Piazzale della Scuola della Guardia di Finanza, Coppito - L'Aquila Martedì, 28 aprile 2009

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Cari fratelli e sorelle!

Grazie per la vostra accoglienza, che mi commuove profondamente. Vi abbraccio tutti con affetto nel nome di Cristo, nostra salda Speranza. Saluto il vostro Arcivescovo, il caro Mons. Giuseppe Molinari, che come Pastore ha condiviso e sta condividendo con voi questa dura prova; a lui va il mio ringraziamento per le toccanti parole piene di fede e di fiducia evangelica con cui si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto il Sindaco dell'Aquila, Onorevole Massimo Cialente, che con grande impegno sta operando per la rinascita di questa città; come pure il Presidente della Regione, Onorevole Gianni Chiodi. Ringrazio entrambi per le loro profonde parole. Saluto la Guardia di Finanza, che ci ospita in questo luogo. Saluto i Parroci, gli altri sacerdoti e le religiose. Saluto i Sindaci dei paesi colpiti da questa sciagura, e tutte le Autorità civili e militari: la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco, la Croce Rossa, le Squadre di Soccorso, e i tanti volontari di molte e diverse associazioni. Nominarle tutte mi sarebbe difficile, ma a ciascuno vorrei far giungere una speciale parola di apprezzamento. Grazie di ciò che avete fatto e soprattutto dell'amore con cui l'avete fatto. Grazie dell'esempio che avete dato. Andate avanti uniti e ben coordinati, così che si possano attuare quanto prima soluzioni efficaci per chi oggi vive nelle tendopoli. Lo auguro di cuore, e prego per questo.

Ho iniziato questa mia visita da Onna, tanto fortemente colpita dal sisma, pensando anche alle altre comunità terremotate. Ho nel cuore tutte le vittime di questa catastrofe: bambini, giovani, adulti, anziani, sia abruzzesi che di altre regioni d'Italia o anche di nazioni diverse. La sosta nella Basilica di Collemaggio, per venerare le spoglie del santo Papa Celestino V, mi ha dato modo di toccare con mano il cuore ferito di questa città. Il mio ha voluto essere un omaggio alla storia e alla fede della vostra terra, e a tutti voi, che vi identificate con questo Santo. Sulla sua urna, come Ella Signor Sindaco ha ricordato, ho lasciato quale segno della mia partecipazione spirituale il Pallio che mi è stato imposto nel giorno dell'inizio del mio Pontificato. Inoltre, assai toccante è stato per me pregare davanti alla Casa dello studente, dove non poche giovani vite sono state stroncate dalla violenza del sisma. Attraversando la città, mi sono reso ancor più conto di quanto gravi siano state le conseguenze del terremoto.

Eccomi ora qui, in questa Piazza su cui s'affaccia la Scuola della Guardia di Finanza, che praticamente sin dal primo momento funziona come quartiere generale di tutta l'opera di soccorso. Questo luogo, consacrato dalla preghiera e dal pianto per le vittime, costituisce come il simbolo della vostra volontà tenace di non cedere allo scoraggiamento. "Nec recisa recedit": il motto del Corpo della Guardia di Finanza, che possiamo ammirare sulla facciata della struttura, sembra bene esprimere quella che il Sindaco ha definito la ferma intenzione di ricostruire la città con la costanza caratteristica di voi abruzzesi. Questo ampio piazzale, che ha ospitato le salme delle tante vittime per la celebrazione delle esequie presiedute dal Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato, raccoglie quest'oggi le forze impegnate ad aiutare L'Aquila e l'Abruzzo a risorgere presto dalle macerie del terremoto. Come ha ricordato l'Arcivescovo, la mia visita in mezzo a voi, da me desiderata sin dal primo momento, vuole essere un segno della mia vicinanza a ciascuno di voi e della fraterna solidarietà di tutta la Chiesa. In effetti, come comunità cristiana, costituiamo un solo corpo spirituale, e se una parte soffre, tutte le altre parti soffrono con lei; e se una parte si sforza di risollevarsi, tutte partecipano al suo sforzo. Devo dirvi che manifestazioni di solidarietà mi sono giunte per voi da tutte le parti del mondo. Numerose alte personalità delle Chiese Ortodosse mi hanno scritto per assicurare la loro preghiera e vicinanza spirituale, inviando anche aiuti economici.

Desidero sottolineare il valore e l'importanza della solidarietà, che, sebbene si manifesti particolarmente in momenti di crisi, è come un fuoco nascosto sotto la cenere. La solidarietà è un sentimento altamente civico e cristiano e misura la maturità di una società. Essa in pratica si manifesta nell'opera di soccorso, ma non è solo una efficiente macchina organizzativa: c'è un'anima, c'è una passione, che deriva proprio dalla grande storia civile e cristiana del nostro popolo, sia che avvenga nelle forme istituzionali, sia nel volontariato. Ed anche a questo, oggi, voglio rendere omaggio.

Il tragico evento del terremoto invita la Comunità civile e la Chiesa ad una profonda riflessione. Come cristiani dobbiamo chiederci: "Che cosa vuole dirci il Signore attraverso questo triste evento?". Abbiamo vissuto la Pasqua confrontandoci con questo trauma, interrogando la Parola di Dio e ricevendo dalla crocifissione e dalla risurrezione del Signore nuova luce. Abbiamo celebrato la morte e la risurrezione di Cristo portando nella mente e nel cuore il vostro dolore, pregando perché non venisse meno nelle persone colpite la fiducia in Dio e la speranza. Ma anche come Comunità civile occorre fare un serio esame di coscienza, affinché il livello delle responsabilità, in ogni momento, mai venga meno. A questa condizione, L'Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare.

Vi invito ora, cari fratelli e sorelle, a volgere lo sguardo verso la statua della Madonna di Roio, venerata in un Santuario a voi molto caro, per affidare a Lei, Nostra Signora della Croce, la città e tutti gli altri paesi toccati dal terremoto. A Lei, la Madonna di Roio, lascio una Rosa d'oro, quale segno della mia preghiera per voi, mentre raccomando alla sua materna e celeste protezione tutte le località colpite.

Ed ora preghiamo:

O Maria, Madre nostra amatissima!
Tu, che stai vicino alle nostre croci,
come rimanesti accanto a quella di Gesù,
sostieni la nostra fede, perché pur affranti dal dolore,
conserviamo lo sguardo fisso sul volto di Cristo
in cui, nell'estrema sofferenza della croce,
si è mostrato l'amore immenso e puro di Dio.
Madre della nostra speranza, donaci i tuoi occhi per vedere,
oltre la sofferenza e la morte, la luce della risurrezione;
donaci il tuo cuore per continuare,
anche nella prova, ad amare e a servire.
O Maria, Madonna di Roio,
Nostra Signora della Croce, prega per noi!

Regina Caeli…




AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI ARGENTINA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala del Concistoro Giovedì, 30 aprile 2009

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Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È per me motivo di grande gioia riunirmi con questo gruppo con il quale i Pastori della Chiesa in Argentina concludono la loro visita ad Limina. Vi saluto con affetto e vi auguro che questo incontro fraterno con il Successore di Pietro vi aiuti a sentire il battito della Chiesa universale e a consolidare i vincoli di fede, comunione e disciplina che uniscono le vostre Chiese particolari a questa Sede Apostolica. Allo stesso tempo, rendo grazie al Signore per questa nuova occasione di confermare i miei fratelli nella fede (cfr
Lc 22,32) e di partecipare alle loro gioie e alle loro preoccupazioni, ai loro successi e alle loro difficoltà.

Ringrazio di cuore monsignor Luis Héctor Villalba, Arcivescovo di Tucumán e Vicepresidente della Conferenza Episcopale Argentina, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti, e nelle quali mi ha manifestato i vostri sentimenti di affetto e di adesione, come pure quelli dei sacerdoti, dei religiosi e dei fedeli laici delle vostre comunità.

2. Cari Fratelli, il Signore Gesù ci ha affidato un ministero di altissimo valore e dignità: portare il suo messaggio di pace e di riconciliazione a tutte le genti, assistere con amore paterno il Popolo santo di Dio e condurlo lungo la via della salvezza. Questo è un compito che va ben oltre i nostri meriti personali e la nostra povera capacità umana, ma al quale ci dedichiamo con semplicità e speranza, sostenuti dalle parole di Cristo, "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Jn 15,16). Gesù, il Maestro, guarda a voi con amore di fratello e di amico, vi ha chiamati a entrare nella sua intimità e, consacrandovi con l'olio sacro dell'unzione sacerdotale, ha posto nelle vostre mani il potere redentore del suo sangue, affinché, con la sicurezza di agire sempre in persona Christi capitis, siate in mezzo al Popolo che vi è stato affidato "segno vivente del Signore Gesù pastore e Sposo, Maestro e Pontefice della Chiesa" (Giovanni Paolo II, Pastores gregis ).

Nell'esercizio del suo ministero episcopale, il Vescovo deve comportarsi sempre fra i suoi fedeli come chi serve (cfr. Lumen gentium LG 27), ispirandosi costantemente all'esempio di Colui che non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (cfr. Mc 10,45). In realtà, essere Vescovo è un titolo di onore quando si vive con questo spirito di servizio agli altri e si partecipa in modo umile e disinteressato alla missione di Cristo. La contemplazione frequente dell'immagine del Buon Pastore vi servirà da modello e da incoraggiamento nei vostri sforzi per annunciare e diffondere il Vangelo, vi spingerà a prendervi cura dei fedeli con tenerezza e misericordia, a difendere i deboli e a spendere la vita in una costante e generosa dedizione al Popolo di Dio (cfr Pastores gregis ).

3. Quale parte essenziale del vostro ministero episcopale nella Chiesa, vero amoris officium (cfr sant'Agostino, In Io. Ev. 123, 5), desidero esortarvi vivamente a promuovere nelle vostre comunità diocesane l'esercizio della carità, in modo particolare verso i più bisognosi. Con la vostra vicinanza e la vostra parola, con l'aiuto materiale e la preghiera, con la chiamata al dialogo e allo spirito di intesa che ricerca sempre il bene comune del popolo, e con la luce che viene dal Vangelo, volete rendere una testimonianza concreta e visibile dell'amore di Cristo fra gli uomini, per costruire continuamente la Chiesa come famiglia di Dio, sempre accogliente e misericordiosa verso i più poveri, di modo che in tutte le diocesi regni la carità, nel compimento del mandato di Gesù Cristo (cfr Christus Dominus CD 16). Inoltre, desidero insistere anche sull'importanza della preghiera di fronte all'attivismo o a una visione secolarizzata del servizio caritativo dei cristiani (cfr Deus caritas est ). Questo contatto assiduo con Cristo nella preghiera trasforma il cuore dei credenti, aprendolo ai bisogni degli altri, senza tuttavia ispirarsi alle "ideologie del miglioramento del mondo, ma farsi guidare dalla fede che nell'amore diventa operante" (Ibidem, n. 33).

4. Desidero affidarvi in modo particolare i presbiteri, vostri più stretti collaboratori. Che l'abbraccio di pace, con il quale li accogliete nel giorno della loro ordinazione sacerdotale, sia una realtà viva ogni giorno e contribuisca ad approfondire sempre più i vincoli di affetto, di rispetto e di fiducia che vi uniscono a loro in virtù del sacramento dell'Ordine. Riconoscendo l'abnegazione e la dedizione al ministero dei vostri sacerdoti, desidero invitarli anche a identificarsi sempre più con il Signore, dimostrandosi veri modelli del gregge con le loro virtù e il buon esempio, e pascendo con amore il gregge di Dio (cfr. 1P 5,2-3).

5. La vocazione specifica dei fedeli laici li porta a cercare di configurare rettamente la vita sociale e a illuminare le realtà terrene con la luce del Vangelo. Che i laici, consapevoli degli impegni assunti nel Battesimo, e animati dalla carità di Cristo, partecipino attivamente alla missione della Chiesa, come pure alla vita sociale, politica, economica e culturale del loro Paese! In tal senso, i cattolici dovranno distinguersi fra i loro concittadini per il compimento esemplare dei loro doveri civili, così come per l'esercizio delle virtù umane e cristiane che contribuiscono a migliorare le relazioni personali, sociali e lavorative. Il loro impegno li porterà anche a promuovere in modo particolare quei valori che sono essenziali al bene comune della società, come la pace, la giustizia, la solidarietà, il bene della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, la tutela della vita umana dal suo concepimento fino alla sua morte naturale, e il diritto e l'obbligo dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni morali e religiose.

Desidero concludere chiedendovi di portare il mio saluto affettuoso a tutti i membri delle vostre Chiese diocesane. Ai Vescovi emeriti, ai sacerdoti, ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, e a tutti i fedeli laici, dite che il Papa li ringrazia per la loro opera per il Signore e la causa del Vangelo, che spera e confida nella loro fedeltà alla Chiesa. Cari Vescovi dell'Argentina, vi ringrazio per la vostra sollecitudine pastorale e vi assicuro della mia vicinanza spirituale e della mia costante preghiera. Vi affido di cuore alla protezione di Nuestra Señora de Luján e vi imparto una speciale Benedizione Apostolica.





CONCERTO OFFERTO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA, GIORGIO NAPOLITANO, IN OCCASIONE DEL IV ANNIVERSARIO DI PONTIFICATO Aula Paolo VI Giovedì, 30 aprile 2009

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Signor Presidente della Repubblica,
Signori Cardinali,
Onorevoli Ministri,
venerati Fratelli,
gentili Signori e Signore!

Nel rivolgere a tutti il mio cordiale saluto, esprimo la più viva gratitudine al Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napolitano, che, in occasione del quarto anniversario dell'inizio del mio Pontificato, ha voluto offrirmi questo eccellente omaggio musicale. Grazie, Signor Presidente, anche per le cortesi parole che mi ha indirizzato poc'anzi, e un caro saluto alla Sua gentile Signora. Sono lieto di salutare i Ministri e le altre Autorità dello Stato italiano, come pure i Signori Ambasciatori e le diverse Personalità che ci onorano della loro presenza.

Ho molto gradito il ritorno dell'Orchestra e del Coro "Giuseppe Verdi" di Milano, che abbiamo già molto apprezzato un anno fa. Mentre dunque ringrazio l'omonima Fondazione e quanti in diversi modi hanno collaborato all'organizzazione, rinnovo le mie congratulazioni a tutti gli Orchestrali e Coristi, in particolare al Direttore, Signorina Zhang Xian, al Maestro del Coro, Signora Erina Gambarini, e alle tre Soliste. La maestria e l'entusiasmo di ciascuno ha contribuito ad un'esecuzione che ha dato veramente nuova vita ai brani proposti, opera di tre Autori di prima grandezza: Vivaldi, Haydn e Mozart. Ho trovato la scelta delle composizioni molto adatta al tempo liturgico che stiamo vivendo: il tempo di Pasqua. La Sinfonia 95 di Haydn - che abbiamo ascoltata per prima - sembra contenere in sé un itinerario che potremmo dire "pasquale".

Comincia infatti in tonalità minore di Do, e attraverso un percorso sempre perfettamente equilibrato, ma non privo di drammaticità, giunge alla conclusione in Do maggiore. Questo fa pensare all'itinerario dell'anima - rappresentata in modo particolare dal violoncello - verso la pace e la serenità. Subito dopo, la Sinfonia 35 di Mozart è giunta quasi ad amplificare e coronare l'affermazione della vita sulla morte, della gioia sulla mestizia. In essa, infatti, prevale decisamente il senso della festa. L'andamento è molto dinamico, nel finale addirittura travolgente - e qui i nostri virtuosi orchestrali ci hanno fatto sentire come la forza può armonizzarsi con la grazia. È ciò che avviene al massimo grado - se mi si consente questo accostamento - nell'amore di Dio, in cui potenza e grazia coincidono.

Poi sono entrate, per così dire, in scena le voci umane - il coro -, quasi per dare parola a quanto la musica aveva già voluto esprimere. E non a caso la prima parola è stata "Magnificat". Uscita dal cuore di Maria - prediletta da Dio per la sua umiltà -, questa parola è diventata il canto quotidiano della Chiesa, proprio in quest'ora del vespro, l'ora che invita alla meditazione sul senso della vita e della storia. Chiaramente il Magnificat presuppone la Risurrezione, cioè la vittoria di Cristo: in Lui Dio ha realizzato le sue promesse, e la sua misericordia si è rivelata in tutta la sua paradossale potenza. Fin qui la "parola". E la musica di Vivaldi? Prima di tutto è degno di nota il fatto che le arie solistiche egli le abbia composte espressamente per alcune cantanti sue allieve nell'Ospedale veneziano della Pietà: cinque orfane dotate di straordinarie qualità canore. Come non pensare all'umiltà della giovane Maria, da cui Dio trasse "grandi cose"? Così, questi cinque "assoli" stanno quasi a rappresentare la voce della Vergine, mentre le parti corali esprimono la Chiesa-Comunità. Entrambe, Maria e la Chiesa, sono unite nell'unico cantico di lode al "Santo", al Dio che, con la potenza dell'amore, realizza nella storia il suo disegno di giustizia. E infine, il Coro ha dato voce a quel sublime capolavoro che è l'Ave verum Corpus di Mozart. Qui la meditazione cede il passo alla contemplazione: lo sguardo dell'anima si posa sul Santissimo Sacramento, per riconoscervi il Corpus Domini, quel Corpo che veramente è stato immolato sulla croce e da cui è scaturita la sorgente della salvezza universale. Mozart compose questo mottetto poco prima della morte, e in esso si può dire che la musica diventa veramente preghiera, abbandono del cuore a Dio, con un senso profondo di pace.

Signor Presidente, il Suo cortese e generoso omaggio è riuscito ampiamente non solo a gratificare il senso estetico, ma al tempo stesso a nutrire il nostro spirito, e dunque Le sono doppiamente grato. Formulo i migliori auspici per il proseguimento della Sua alta missione, e li estendo volentieri a tutte le Autorità presenti. Cari amici, grazie di essere venuti! Ricordatemi nelle vostre preghiere, perché possa compiere sempre il mio Ministero come vuole il Signore. Egli, che è la nostra pace e la nostra vita, benedica tutti voi e le vostre famiglie. Buona serata a tutti!



AI MEMBRI DELLA "PAPAL FOUNDATION" Sala Clementina Sabato, 2 maggio 2009

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Caro Cardinale Keeler,
Cari Fratelli Vescovi,
Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

È per me un grande piacere avere l'opportunità di salutare ancora una volta voi membri della Papal Foundation in occasione della vostra visita annuale a Roma. In questo Anno Paolino vi accolgo con le parole dell'Apostolo dei Gentili, "grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (
Rm 1,7).

San Paolo ci ricorda come l'intera umanità aneli alla grazia della pace di Dio. Il mondo attuale ha davvero bisogno della sua pace, specialmente mentre affronta le tragedie della guerra, della divisione, della povertà e della disperazione. Tra qualche giorno avrò il privilegio di visitare la Terra Santa. Andrò come pellegrino di pace. Come ben sapete, per oltre sessant'anni questa regione - la terra che ha visto la nascita, la morte e la risurrezione di nostro Signore; un luogo sacro per le tre grandi religioni monoteistiche del mondo - è stata martoriata dalla violenza e dall'ingiustizia. Ciò ha portato a un clima generale di diffidenza, incertezza e paura, spesso opponendo vicino a vicino, fratello a fratello. Mentre mi preparo per questo significativo viaggio, vi chiedo in modo speciale di unirvi a me nella preghiera per tutti i popoli della Terra Santa e della regione. Possano essi ricevere i doni della riconciliazione, della speranza e della pace!

Quest'anno il nostro incontro avviene in un tempo in cui il mondo intero è alle prese con una situazione economica molto preoccupante. In momenti simili, è forte la tentazione di ignorare coloro che non hanno voce e pensare solo alle proprie difficoltà. Come cristiani, però, siamo consapevoli che, specialmente quando i tempi sono difficili, dobbiamo impegnarci più a fondo per far sì che il messaggio consolatore del Signore venga udito. Invece di chiuderci in noi stessi dobbiamo continuare a essere fari di speranza, di forza e di sostegno per gli altri, specialmente per quelli che non hanno nessun altro che si prenda cura di loro o li assista. Per questo sono lieto che siate qui oggi. Voi siete un esempio di uomini e donne, buoni cristiani che continuano ad affrontare le sfide che ci si presentano con coraggio e fiducia. Infatti, la Papal Foundation stessa, attraverso la generosità di tante persone, consente di prestare una preziosa assistenza in nome di Cristo e della sua Chiesa. Vi sono molto grato per il vostro sacrificio e la vostra dedizione: attraverso il vostro sostegno, il messaggio pasquale di gioia, speranza, riconciliazione e pace viene proclamato in maniera più ampia.

Affidando tutti voi all'amorevole intercessione della Beata Vergine Maria, colei che rimane sempre in mezzo a noi come nostra Madre, la Madre della Speranza (cfr. Spe salvi ), di cuore imparto la mia Benedizione Apostolica a voi e alla vostre famiglie come pegno di gioia e di pace nel Salvatore Risorto.




AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE SOCIALI Sala del Concistoro Lunedì, 4 maggio 2009

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Cari Fratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio,
Signore e Signori,

che siete qui riuniti, in occasione della Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, sono lieto di avere quest'occasione per incontrarvi e incoraggiarvi nella vostra missione di promuovere la dottrina sociale della Chiesa, estendendola alle aree del diritto, dell'economia e della politica e delle varie altre scienze sociali. Ringraziando la professoressa Mary Ann Glendon per le sue cordiali parole di saluto, vi assicuro delle mie preghiere affinché il frutto delle vostre deliberazioni continui a testimoniare la pertinenza duratura della dottrina sociale della Chiesa in un mondo in rapido mutamento.

Dopo aver studiato il lavoro, la democrazia, la globalizzazione, la solidarietà e la sussidiarietà in relazione alla dottrina sociale della Chiesa, la vostra accademia ha scelto di tornare alla questione centrale della dignità della persona umana e dei diritti umani, un punto di incontro fra la dottrina della Chiesa e la società contemporanea.

Le grandi religioni e filosofie del mondo hanno illuminato alcuni aspetti di questi diritti umani, esposti brevemente nella "regola d'oro" nel Vangelo: "E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro" (
Lc 6,31 cfr. Mt Mt 7,12). La Chiesa ha sempre affermato che i diritti fondamentali, al di là delle loro differenti formulazioni e dei differenti gradi di importanza che possono avere nei vari contesti culturali, devono essere sostenuti e riconosciuti universalmente perché sono inerenti alla natura stessa dell'uomo che è creato a immagine e somiglianza di Dio. Se tutti gli esseri umani sono creati a immagine e somiglianza di Dio, allora condividono una natura comune che li unisce gli uni agli altri e richiede rispetto universale. La Chiesa, assimilando la dottrina di Cristo, considera la persona "la più degna della natura" (San Tommaso d'Aquino, De potentia, 9, 3) e insegna che l'ordine etico e politico che governa i rapporti fra le persone ha origine nella struttura stessa dell'essere dell'uomo. La scoperta dell'America e il conseguente dibattito antropologico nell'Europa dei secoli sedicesimo e diciassettesimo hanno portato a una maggiore consapevolezza dei diritti umani in quanto tali e della loro universalità (ius gentium). Il periodo moderno ha contribuito a forgiare l'idea che il messaggio di Cristo, poiché proclama che Dio ama ogni uomo e ogni donna e che ogni essere umano è chiamato ad amare Dio liberamente, dimostra che ognuno, indipendentemente dalla sua condizione sociale e culturale, per natura merita libertà. Al contempo, dobbiamo sempre ricordare che "la libertà, quindi, ha bisogno di essere liberata. Cristo ne è il liberatore" (Veritatis splendor VS 86).

A metà dello scorso secolo, dopo la grande sofferenza causata da due terribili guerre mondiali e da crimini inenarrabili perpetrati da ideologie totalitarie, la comunità internazionale ha acquisito un nuovo sistema di diritto internazionale basato sui diritti umani. In questo, sembra aver agito in conformità al messaggio del mio predecessore Benedetto XV, quando esortò i belligeranti della prima guerra mondiale a "trasformare la forza materiale delle armi nella forza morale del diritto" ("Nota ai capi dei popoli belligeranti", 1 agosto 1917).

I diritti umani sono divenuti il punto di riferimento di un ethos universale condiviso, almeno a livello di aspirazione, dalla maggior parte dell'umanità. Questi diritti sono stati ratificati da quasi tutti gli Stati del mondo. Il Vaticano II, nella dichiarazione Dignitatis humanae, e i miei predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, hanno fatto riferimento con vigore ai diritti di libertà di coscienza e di religione che devono essere al centro di quei diritti che scaturiscono dalla natura umana stessa.
In senso stretto, questi diritti umani non sono verità di fede, sebbene si possano scoprire, e di fatto acquistano piena luce, nel messaggio di Cristo che "rivela l'uomo all'uomo stesso" (Gaudium et spes GS 22). Essi ricevono ulteriore conferma dalla fede. Tuttavia non si può negare che, vivendo e agendo nel mondo fisico come esseri spirituali, uomini e donne constatano la presenza pervasiva di un logos che permette loro di distinguere non solo fra vero e falso, ma anche fra buono e cattivo, migliore e peggiore, giustizia e ingiustizia. Quest'abilità di discernere, questo intervento radicale, rende ogni persona in grado di cogliere la "legge naturale", che non è altro che una partecipazione alla legge eterna: "unde... lex universalis nihil aliud est quam participatio legis aeternae in rationali creatura" (San Tommaso d'Aquino, ST I-II, I-II 91,2). La legge naturale è una guida riconoscibile da tutti, sulla base della quale tutti possono reciprocamente comprendersi e amarsi. I diritti umani, quindi, sono definitivamente radicati in una partecipazione di Dio, che ha creato ogni persona umana con intelligenza e libertà. Se si ignora questa solida base etica e politica, i diritti umani restano fragili perché privi del loro saldo fondamento.

L'azione della Chiesa nella promozione dei diritti umani è dunque sostenuta dalla riflessione razionale, in modo tale che questi diritti si possano presentare a tutte le persone di buona volontà, indipendentemente dalla loro affiliazione religiosa. Ciononostante, come ho osservato nelle mie encicliche, la ragione umana deve subire una purificazione costante da parte della fede, da un lato perché corre sempre il pericolo di una certa cecità etica provocata da passioni disordinate e dal peccato, dall'altro perché, dovendo ogni generazione e ogni individuo riappropriarsi dei diritti umani ed essendo la libertà umana, che procede per libere scelte, sempre fragile, la persona umana ha bisogno della speranza e dell'amore incondizionati che si possono trovare solo in Dio e che portano alla partecipazione alla giustizia e alla generosità di Dio verso altri (cfr. Deus caritas est Deus caritas est, n. 18; e Spe salvi )

Questa prospettiva richiama l'attenzione su alcuni dei più gravi problemi sociali degli ultimi decenni, come la crescente consapevolezza, sorta in parte con la globalizzazione e con l'attuale crisi economica, di un contrasto stridente fra l'attribuzione uguale di diritti e l'accesso diseguale ai mezzi per ottenerli. Per i cristiani che regolarmente chiedono a Dio "donaci ogni giorno il nostro pane quotidiano", è una tragedia vergognosa che un quinto dell'umanità soffra ancora la fame. Per garantire una scorta di cibo adeguata e la protezione di risorse vitali quali acqua ed energia, tutti i responsabili internazionali devono collaborare dimostrando una disponibilità a lavorare in buona fede, rispettando il diritto naturale e promuovendo la solidarietà e la sussidiarietà con le regioni e le popolazioni più povere del pianeta come la strategia più efficace per eliminare le ineguaglianze sociali fra Paesi e società e per aumentare la sicurezza globale.

Cari amici, cari accademici, esortandovi nella vostra ricerca e nelle vostre deliberazioni a essere testimoni credibili e coerenti della difesa e della promozione di questi diritti umani non negoziabili che si fondano sulla legge divina, vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.





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