Discorsi 2005-13 7059

ALLA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA, CON I FAMILIARI, IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA DEL GIURAMENTO Sala Clementina Giovedì, 7 maggio 2009

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Egregio Comandante, reverendo Cappellano,
care Guardie Svizzere, carissimi loro familiari!

mi rallegro di potervi accogliere tutti nel Palazzo Apostolico in occasione del giuramento delle reclute della Guardia Svizzera. In particolare, porgo il benvenuto alle nuove guardie con i loro genitori, parenti e amici. Rivolgo un saluto affettuoso al nuovo comandante Oberts Anrig e lo ringrazio tanto per l'impegno responsabile verso il Successore di Pietro e la Chiesa. Parimenti, ringrazio anche il cappellano delle guardie Monsignor de Raemy, che con partecipazione emotiva segue la convivenza quotidiana delle guardie e il cammino di fede di ognuna di loro.

Care guardie, il vostro servizio, reso giorno e notte nel Palazzo Apostolico e nelle postazioni esterne della Città del Vaticano, è ben visibile e di certo anche universale. Imparerete velocemente le tre dimensioni che si formano intorno a voi come circoli concentrici: avete il compito di proteggere il Successore dell'Apostolo Pietro. Lo fate soprattutto nella casa del Papa. Lo fate a Roma, una città, che da sempre viene chiamata "città eterna". Qui, presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, dove vive il Papa, c'è il cuore della Chiesa cattolica e, laddove ci sono il cuore e il centro, c'è anche tutto il mondo.

Consideriamo prima di tutto la casa del Papa, il Palazzo apostolico. Voi dovete vegliare su questa casa, non solo sull'edificio stesso, e sui suoi prestigiosi appartamenti, ma ancora di più sulle persone che incrocerete e alle quali farete del bene con la vostra cortesia e la vostra attenzione. Ciò vale in primo luogo per il Papa stesso, per le persone che abitano con lui e per i suoi collaboratori nel Palazzo, come pure per i suoi ospiti. Riguarda altresì la vita in comune con i vostri commilitoni, quelli che condividono il vostro servizio e che hanno lo stesso obiettivo, ossia servire il Sommo Pontefice, "fedelmente, lealmente e in buona fede" e dare, se necessario, la propria vita per lui.

Rivolgiamo ora la nostra attenzione a Roma, la Città eterna, che si distingue per la sua ricca storia e per la sua cultura. La nostra ammirazione non va solo ai testimoni dell'Antichità. In questa città, in un certo senso, la fede stessa e la preghiera di molti secoli sono divenute pietre e forme. Questo luogo ci accoglie e ci ispira a prendere a modello gli innumerevoli santi che sono vissuti qui e, grazie a essi, noi possiamo avanzare nella nostra vita di fede.

In questa città di Roma, infine, nella quale si trova il centro della Chiesa universale, incontriamo cristiani di tutto l'orbe terrestre. La Chiesa cattolica è internazionale. Ma nella sua molteplicità essa è tuttavia un'unica Chiesa, che s'esprime nella stessa confessione di fede ed è unita anche molto concretamente nel suo legame a Pietro e al suo Successore, il Papa. La Chiesa raduna uomini e donne di culture molto diverse; tutti formano una comunità in cui si vive e si crede insieme e, nelle cose essenziali della vita, ci si comprende a vicenda. È questa un'esperienza molto importante, che qui la Chiesa vuol donare a voi, affinché voi la facciate vostra e la comunichiate ad altri - l'esperienza cioè che nella fede in Gesù Cristo e nel suo amore per gli uomini, anche mondi così diversi possono diventare una cosa sola, creando in tal modo ponti di pace e di solidarietà fra i popoli.

Nella speranza che la vostra permanenza qui a Roma sia spiritualmente e umanamente edificante, vi assicuro della mia preghiera e vi affido all'intercessione della Beata Vergine Maria e dei vostri Patroni, i santi Martino e Sebastiano, così come al santo protettore della vostra patria, fra' Nicola di Flüe. Imparto di cuore a voi, alle vostre famiglie, ai vostri amici e a tutti coloro che sono giunti a Roma in occasione del giuramento, la mia benedizione apostolica.



PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA

(8-15 MAGGIO 2009)



INTERVISTA AI GIORNALISTI DURANTE IL VOLO VERSO LA TERRA SANTA Volo Papale, Venerdì, 8 maggio 2009

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Padre Lombardi:

Santità, noi La ringraziamo molto di darci anche questa volta un’occasione di un incontro con Lei all’inizio di un viaggio così importante e impegnativo. Tra l’altro, ci dà anche modo di farLe gli auguri di buon viaggio e di dirLe che collaboreremo a diffondere i messaggi che Lei cercherà di darci. Come al solito, le domande che ora pongo sono il risultato di una raccolta di domande tra i colleghi qui presenti. Le pongo io per motivi di facilità logistica, ma in realtà sono il frutto del lavoro comune.

D.Santità, questo viaggio avviene in un periodo molto delicato per il Medio Oriente: vi sono forti tensioni - in occasione della crisi di Gaza, si era anche pensato che Lei forse vi rinunciasse. Allo stesso tempo, pochi giorni dopo il Suo viaggio, i principali responsabili politici di Israele e dell’Autorità palestinese, incontreranno anche il presidente Obama. Lei pensa di poter dare un contributo al processo di pace che ora sembra arenato?

R. - Buongiorno! Vorrei anzitutto ringraziare per il lavoro che fate e ci auguriamo tutti insieme un buon viaggio, un buon pellegrinaggio, un buon ritorno. Quanto alla domanda, certamente cerco di contribuire alla pace non come individuo ma in nome della Chiesa cattolica, della Santa Sede. Noi non siamo un potere politico, ma una forza spirituale e questa forza spirituale è una realtà che può contribuire ai progressi nel processo di pace. Vedo tre livelli. Il primo: da credenti, siamo convinti che la preghiera sia una vera forza: apre il mondo a Dio. Siamo convinti che Dio ascolti e che possa agire nella storia. Penso che se milioni di persone, di credenti, pregano, è realmente una forza che influisce e può contribuire ad andare avanti con la pace. Il secondo livello: noi cerchiamo di aiutare nella formazione delle coscienze. La coscienza è la capacità dell’uomo di percepire la verità, ma questa capacità è spesso ostacolata da interessi particolari. E liberare da questi interessi, aprire maggiormente alla verità, ai veri valori è un impegno grande: è un compito della Chiesa aiutare a conoscere i veri criteri, i valori veri, e a liberarci da interessi particolari. E così – terzo livello – parliamo anche – è proprio così! – alla ragione: proprio perché non siamo parte politica, possiamo forse più facilmente, anche alla luce della fede, vedere i veri criteri, aiutare nel capire quanto contribuisca alla pace e parlare alla ragione, appoggiare le posizioni realmente ragionevoli. E questo lo abbiamo già fatto e vogliamo farlo anche adesso e in futuro.

D.Grazie, Santità. La seconda domanda. Lei, come teologo, ha riflettuto in particolare sulla radice unica che accomuna cristiani ed ebrei. Come mai, nonostante sforzi di dialogo, si presentano spesso occasioni di malintesi? Come vede il futuro del dialogo tra le due comunità?

R. – Importante è che in realtà abbiamo la stessa radice, gli stessi Libri dell’Antico Testamento che sono – sia per gli ebrei, sia per noi – Libro della Rivelazione. Ma, naturalmente, dopo duemila anni di storie distinte, anzi, separate, non c’è da meravigliarsi che ci siano malintesi, perché si sono formate tradizioni di interpretazione, di linguaggio, di pensiero molto diverse, per così dire un “cosmo semantico” molto diverso, così che le stesse parole nelle due parti significano cose diverse; e con questo uso di parole che, nel corso della storia hanno assunto significati diversi, nascono ovviamente malintesi. Dobbiamo fare di tutto per imparare l’uno il linguaggio dell’altro, e mi sembra che facciamo grandi progressi. Oggi abbiamo la possibilità che i giovani, i futuri insegnanti di teologia, possono studiare a Gerusalemme, nell’Università ebraica, e gli ebrei hanno contatti accademici con noi: così c’è un incontro di questi “cosmi semantici” diversi. Impariamo vicendevolmente e andiamo avanti nella strada del vero dialogo, impariamo l’uno dall’altro e sono sicuro e convinto che facciamo progressi. E questo aiuterà anche la pace, anzi, l’amore reciproco.

D. - Santità questo viaggio ha due dimensioni essenziali di dialogo interreligioso, con l’islam e con l’ebraismo. Sono due direzioni completamente separate fra loro o vi sarà anche un messaggio comune che riguarda le tre religioni che si richiamano ad Abramo?

R. – Certo esiste anche un messaggio comune e vi sarà occasione di evidenziarlo; nonostante la diversità delle origini, abbiamo radici comuni perché, come già ho detto, il cristianesimo nasce dall’Antico Testamento e la Scrittura del Nuovo Testamento senza l’Antico non esisterebbe, perché si riferisce in permanenza alla “Scrittura”, cioè all’Antico Testamento, ma anche l’islam è nato in un ambiente dove erano presenti sia l’ebraismo sia i diversi rami del cristianesimo: giudeo-cristianesimo, cristianesimo-antiocheno, cristianesimo-bizantino, e tutte queste circostanze si riflettono nella tradizione coranica così che abbiamo tanto in comune fin dalle origini e anche nella fede nell’unico Dio, perciò è importante da una parte avere i dialoghi bilaterali – con gli ebrei e con l’Islam – e poi anche il dialogo trilaterale. Io stesso sono stato cofondatore di una fondazione per il dialogo tra le tre religioni, dove personalità come il metropolita Damaskinos e il Gran Rabbino di Francia René Samuel Sirat, ecc. eravamo insieme e questa fondazione ha curato anche un’edizione dei libri delle tre religioni: il Corano, il Nuovo Testamento e l’Antico Testamento. Quindi il dialogo trilaterale deve andare avanti, è importantissimo per la pace e anche – diciamo – per vivere bene ciascuno la propria religione.

D.Un’ultima domanda. Santità lei ha richiamato spesso il problema della diminuzione dei cristiani in Medio Oriente e anche in particolare nella Terra Santa. E’ un fenomeno con diverse ragioni di carattere politico, economico e sociale. Che cosa si può fare concretamente per aiutare la presenza cristiana nella regione. Quale contributo spera di dare con il suo viaggio? Ci sono speranze per questi cristiani nel futuro? Avrà un messaggio particolare anche per i cristiani di Gaza che verranno ad incontrarla a Betlemme?

R. – Certamente ci sono speranze perché è un momento adesso, come Lei ha detto, difficile, ma anche un momento di speranza di un nuovo inizio, di un nuovo slancio nella via verso la pace. Vogliamo soprattutto incoraggiare i cristiani in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente a rimanere, a dare il loro contributo nei Paesi delle loro origini: sono una componente importante della cultura e della vita di queste regioni. In concreto, la Chiesa, oltre a parole di incoraggiamento, alla preghiera comune, ha soprattutto scuole e ospedali. In questo senso abbiamo la presenza di realtà molto concrete. Le nostre scuole formano una generazione che avrà la possibilità di essere presente nella vita di oggi, nella vita pubblica. Stiamo creando una Università cattolica in Giordania: mi sembra questa una grande prospettiva, dove giovani – sia musulmani sia cristiani – si incontrano, imparano insieme dove si forma un’élite cristiana che è preparata proprio per lavorare per la pace. Ma generalmente le nostre scuole sono un momento molto importante per aprire un futuro ai cristiani e gli ospedali mostrano la nostra presenza. Inoltre ci sono molte associazioni cristiane che aiutano in diversi modi i cristiani e con aiuti concreti li incoraggiano a rimanere. Così spero che realmente i cristiani possano trovare il coraggio, l’umiltà, la pazienza di stare in questi Paesi, di offrire il loro contributo per il futuro di questi Paesi.

Padre Lombardi:

Grazie Santità, con queste risposte ci ha aiutato ad ambientare il nostro viaggio da un punto spirituale, da un punto di vista culturale e rinnovo gli auguri, anche da parte di tutti i colleghi che sono su questo volo, e anche gli altri che sono in volo verso la Terra Santa in queste ore, proprio per partecipare e aiutare anche da un punto di vista informativo un buon risultato di questa sua missione così impegnativa. Buon viaggio a Lei e a tutti i Suoi collaboratori e buon lavoro anche ai colleghi.




CERIMONIA DI BENVENUTO Aeroporto internazionale Queen Alia di Amman Venerdì, 8 maggio 2009

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Maestà,
Eccellenze,
Cari Fratelli Vescovi,
Cari Amici,

è con gioia che saluto tutti voi qui presenti, mentre inizio la mia prima visita in Medio Oriente dalla mia elezione alla Sede Apostolica, e sono lieto di posare i piedi sul suolo del Regno Hascemita di Giordania, una terra tanto ricca di storia, patria di così numerose antiche civiltà, e profondamente intrisa di significato religioso per Ebrei, Cristiani e Musulmani. Ringrazio Sua Maestà il re Abdullah II per le sue cortesi parole di benvenuto e Gli porgo le mie particolari congratulazioni in questo anno che segna il decimo anniversario della sua ascesa al trono. Nel salutare Sua Maestà, estendo di cuore i migliori auguri a tutti i membri della Famiglia Reale e del Governo, e a tutto il popolo del Regno. Saluto i Vescovi qui presenti, specialmente quelli con responsabilità pastorali in Giordania. Mi dispongo con gioia a celebrare la liturgia nella Cattedrale di San Giorgio domani sera e nello Stadio Internazionale domenica insieme con Voi, cari Vescovi, e con così tanti dei fedeli affidati alla vostra cura pastorale.

Vengo in Giordania come pellegrino, per venerare i luoghi santi che hanno svolto una parte così importante in alcuni degli eventi chiave della storia Biblica. Sul Monte Nebo, Mosè condusse la sua gente per contemplare da lontano la terra che sarebbe diventata la loro casa, e qui morì e fu sepolto. A Betania al di là del Giordano, Giovanni Battista predicò e rese testimonianza a Gesù, che egli stesso battezzò nelle acque del fiume che dà a questa terra il nome. Nei prossimi giorni visiterò entrambi questi luoghi santi e avrò la gioia di benedire le prime pietre delle chiese che saranno costruite sul sito tradizionale del Battesimo del Signore. Il fatto che la comunità cattolica di Giordania possa edificare luoghi di culto pubblici è un segno del rispetto di questo Paese per la religione e a nome dei Cattolici desidero esprimere quanto sia apprezzata questa apertura. La libertà religiosa è certamente un diritto umano fondamentale ed è mia fervida speranza e preghiera che il rispetto per i diritti inalienabili e la dignità di ogni uomo e di ogni donna giunga ad essere sempre più affermato e difeso, non solo nel Medio Oriente, ma in ogni parte del mondo.

La mia visita in Giordania mi offre la gradita opportunità di esprimere il mio profondo rispetto per la comunità Musulmana e di rendere omaggio al ruolo di guida svolto da Sua Maestà il Re nel promuovere una migliore comprensione delle virtù proclamate dall’Islam. Ora che sono passati alcuni anni dalla pubblicazione del Messaggio di Amman e del Messaggio Interreligioso di Amman, possiamo dire che queste nobili iniziative hanno ottenuto buoni risultati nel favorire un’alleanza di civiltà tra il mondo Occidentale e quello Musulmano, smentendo le predizioni di coloro che considerano inevitabili la violenza e il conflitto. In effetti, il Regno di Giordania è da tempo in prima linea nelle iniziative volte a promuovere la pace nel Medio Oriente e nel mondo, incoraggiando il dialogo inter-religioso, sostenendo gli sforzi per trovare una giusta soluzione al conflitto Israeliano-Palestinese, accogliendo i rifugiati dal vicino Iraq, e cercando di tenere a freno l’estremismo. Non posso lasciare cadere questa opportunità di richiamare alla mente gli sforzi da pioniere della pace nella regione compiuti dal defunto re Hussein. Come appare opportuno che il mio incontro di domani con i leader religiosi musulmani, il corpo diplomatico e i rettori dell’Università abbia luogo nella moschea che porta il suo nome. Possa il suo impegno per la soluzione dei conflitti della regione continuare a portar frutto negli sforzi in corso per promuovere una pace durevole e una vera giustizia per tutti coloro che vivono nel Medio Oriente.

Cari Amici, nel Seminario tenuto a Roma lo scorso autunno per iniziativa del Foro Cattolico-Musulmano, i partecipanti hanno esaminato il ruolo centrale svolto, nelle nostre rispettive tradizioni religiose, dal comandamento dell’amore. Spero vivamente che questa visita, come ogni altra iniziativa programmata per promuovere buone relazioni tra Cristiani e Musulmani, possa aiutarci a crescere nell’amore verso Dio Onnipotente e Misericordioso, come anche nel vicendevole amore fraterno. Grazie per la vostra accoglienza. Grazie per la vostra cortesia. Che Dio conceda alle Vostre Maestà felicità e lunga vita! Che Egli benedica la Giordania con la prosperità e la pace!




VISITA AL CENTRO "REGINA PACIS" Amman Venerdì, 8 maggio 2009

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Beatitudini,
Eccellenze,
Cari Amici,

sono molto contento di essere oggi qui con voi e di salutare ciascuno di voi, come anche i membri delle vostre famiglie, dovunque essi possano essere. Ringrazio Sua Beatitudine il Patriarca Fouad Twal per le gentili parole di saluto e in modo speciale desidero prendere atto della presenza fra noi del Vescovo Selim Sayegh, i cui progetti e sforzi per questo Centro, insieme con quelli di Sua Beatitudine il Patriarca emerito Michel Sabbah, sono oggi coronati con la benedizione dei nuovi ampliamenti appena terminati. Desidero anche salutare con grande affetto i membri del Comitato Centrale, le Suore Comboniane e tutto lo zelante personale laico, inclusi coloro che lavorano nelle varie branche ed unità comunitarie del Centro. L’apprezzamento per la vostra notevole competenza professionale, per la cura compassionevole e la risoluta promozione del giusto posto nella società di coloro che hanno necessità speciali è ben conosciuto qui e in tutto il Regno. Ringrazio i giovani presenti per il loro commovente benvenuto. È una grande gioia per me essere qui con voi.

Come sapete, la mia visita al Centro “Nostra Signora della Pace” qui in Amman è la prima tappa del mio pellegrinaggio. Come per innumerevoli pellegrini prima di me, è ora il mio turno di soddisfare il profondo desiderio di toccare, di trarre conforto dai luoghi dove Gesù visse e che furono santificati dalla sua presenza e di venerarli. Dai tempi apostolici, Gerusalemme è stata il principale luogo di pellegrinaggio per i Cristiani, ma ancora prima, nell’antico Vicino Oriente, i popoli Semitici costruirono luoghi sacri per indicare e commemorare una presenza o un’azione divina. E la gente comune soleva recarsi in questi centri portando una parte dei frutti della loro terra e del loro bestiame per farne offerta come atto di omaggio e di gratitudine.

Cari Amici, ognuno di noi è un pellegrino. Siamo tutti proiettati in avanti, risolutamente, sulla via di Dio. Naturalmente, tendiamo poi a volgere lo sguardo indietro al percorso della vita – talvolta con rimpianti o recriminazioni, spesso con gratitudine ed apprezzamento – ma guardiamo anche avanti - a volte con trepidazione o ansia, sempre con attesa e speranza, sapendo che ci sono anche altri ad incoraggiarci lungo la strada. So che i viaggi che hanno condotto molti di voi al Centro Regina Pacis sono stati segnati da sofferenza o prove. Alcuni di voi lottano coraggiosamente con forme di invalidità, altri hanno dovuto subire il rifiuto, ed alcuni di voi sono stati attratti a questo luogo di pace semplicemente per cercare incoraggiamento ed appoggio. Di particolare importanza, lo so bene, è il grande successo del Centro nel promuovere il giusto posto del disabile nella società e nell’assicurare che adeguati esercizi e strumenti siano forniti per facilitare una simile integrazione. Per questa lungimiranza e determinazione tutti voi meritate grande elogio ed incoraggiamento!

A volte è difficile trovare una ragione per ciò che appare solo come un ostacolo da superare o anche come prova – fisica o emotiva – da sopportare. Ma la fede e la ragione ci aiutano a vedere un orizzonte oltre noi stessi per immaginare la vita come Dio la vuole. L'amore incondizionato di Dio, che dà la vita ad ogni individuo umano, mira ad un significato e ad uno scopo per ogni vita umana. Il suo è un amore che salva (cfr
Jn 12,32). Come i cristiani professano, è attraverso la Croce, che Gesù di fatto ci introduce nella vita eterna e nel fare ciò ci indica la strada verso il futuro – la via della speranza che guida ogni passo che facciamo lungo la strada, così che noi pure diveniamo portatori di tale speranza e carità per gli altri.

Amici, diversamente dai pellegrini d’un tempo, io non vengo portando regali od offerte. Io vengo semplicemente con un'intenzione, una speranza: pregare per il regalo prezioso dell’unità e della pace, più specificamente per il Medio Oriente. La pace per gli individui, per i genitori e i figli, per le comunità, pace per Gerusalemme, per la Terra Santa, per la regione, pace per l’intera famiglia umana; la pace durevole generata dalla giustizia, dall’integrità e dalla compassione, la pace che sorge dall'umiltà, dal perdono e dal profondo desiderio di vivere in armonia come un’unica realtà.

La preghiera è speranza in azione. E di fatto la vera ragione è contenuta nella preghiera: noi entriamo in contatto amoroso con l’unico Dio, il Creatore universale, e nel fare così giungiamo a renderci conto della futilità delle divisioni umane e dei pregiudizi e avvertiamo le meravigliose possibilità che si aprono davanti a noi quando i nostri cuori sono convertiti alla verità di Dio, al suo progetto per ognuno di noi e per il nostro mondo.

Cari giovani amici, a voi in particolare desidero dire che stando in mezzo a voi io sento la forza che proviene da Dio. La vostra esperienza del dolore, la vostra testimonianza in favore della compassione, la vostra determinazione nel superare gli ostacoli che incontrate, mi incoraggiano a credere che la sofferenza può determinare un cambiamento in meglio. Nelle nostre personali prove, e stando accanto agli altri nelle loro sofferenze, cogliamo l'essenza della nostra umanità, diventiamo, per così dire, più umani. E incominciamo ad imparare che, su un altro piano, anche i cuori induriti dal cinismo o dall’ingiustizia o dalla riluttanza a perdonare non sono mai al di là del raggio d’azione di Dio, possono essere sempre aperti ad un nuovo modo di essere, ad una visione di pace.

Vi esorto tutti a pregare ogni giorno per il nostro mondo. Ed oggi voglio chiedervi di assumervi uno specifico compito: pregate, per favore, per me ogni giorno del mio pellegrinaggio; per il mio spirituale rinnovamento nel Signore e per la conversione dei cuori al modo di perdonare e di solidarizzare che è proprio di Dio, così che la mia speranza - la nostra speranza – per l’unità e la pace nel mondo porti frutti abbondanti.

Che Dio benedica ognuno di voi e le vostre famiglie, e gli insegnanti, gli infermieri, gli amministratori e i benefattori di questo Centro. Che Nostra Signora, Regina della Pace, vi protegga e vi guidi lungo il pellegrinaggio del Figlio suo, il Buon Pastore.




VISITA ALL'ANTICA BASILICA DEL MEMORIALE DI MOSÈ Monte Nebo Sabato, 9 maggio 2009

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Padre Ministro Generale,
Padre Custode,
Cari Amici,

in questo luogo santo, consacrato dalla memoria di Mosè, vi saluto tutti con affetto nel Signore nostro Gesù Cristo. Ringrazio il il P. José Rodríguez Carballo, per le cordiali parole di benvenuto. Colgo inoltre questa occasione per rinnovare l’espressione della mia gratitudine, e quella dell’intera Chiesa, ai Frati Minori della Custodia per la loro secolare presenza in queste terre, per la loro gioiosa fedeltà al carisma di san Francesco, come pure per la loro generosa sollecitudine per il benessere spirituale e materiale delle comunità cristiane locali e degli innumerevoli pellegrini che ogni anno visitano la Terra Santa. Qui desidero ricordare anche, con particolare gratitudine, il defunto P. Michele Piccirillo, che dedicò la sua vita allo studio delle antichità cristiane ed è sepolto in questo santuario che gli era così caro.

È giusto che il mio pellegrinaggio abbia inizio su questa montagna, dove Mosè contemplò da lontano la Terra Promessa. Il magnifico scenario che ci si apre dinanzi dalla spianata di questo santuario ci invita a considerare come quella visione profetica abbracciava misteriosamente il grande piano della salvezza che Dio aveva preparato per il suo Popolo. Nella Valle del Giordano, infatti, che si estende sotto di noi, nella pienezza dei tempi Giovanni Battista sarebbe venuto a preparare la via del Signore. Nelle acque del Giordano Gesù, dopo il battesimo ad opera di Giovanni, sarebbe stato rivelato come il Figlio diletto del Padre e, dopo essere stato unto di Spirito Santo, avrebbe inaugurato il proprio ministero pubblico. Fu ancora dal Giordano che il Vangelo si sarebbe diffuso, dapprima mediante la predicazione stessa e i miracoli di Cristo, e poi, dopo la sua risurrezione e l’effusione dello Spirito a Pentecoste, sarebbe stato portato dai suoi discepoli sino agli estremi confini della terra.

Qui, sulle alture del Monte Nebo, la memoria di Mosè ci invita ad “innalzare gli occhi” per abbracciare con gratitudine non soltanto le opere meravigliose di Dio nel passato, ma anche a guardare con fede e speranza al futuro che egli ha in serbo per noi e per il mondo intero. Come Mosè, anche noi siamo stati chiamati per nome, invitati ad intraprendere un quotidiano esodo dal peccato e dalla schiavitù verso la vita e la libertà, e ci vien data un’incrollabile promessa per guidare il nostro cammino. Nelle acque del Battesimo siamo passati dalla schiavitù del peccato ad una nuova vita e ad una nuova speranza. Nella comunione della Chiesa, Corpo di Cristo, noi pregustiamo la visione della città celeste, la nuova Gerusalemme, nella quale Dio sarà tutto in tutti. Da questa santa montagna Mosè orienta il nostro sguardo verso l’alto, verso il compimento di tutte le promesse di Dio in Cristo.

Mosè contemplò la Terra Promessa da lontano, al termine del suo pellegrinaggio terreno. Il suo esempio ci ricorda che anche noi facciamo parte del pellegrinaggio senza tempo del Popolo di Dio lungo la storia. Sulle orme dei Profeti, degli Apostoli e dei Santi, siamo chiamati a camminare con Dio, a portare avanti la sua missione, a rendere testimonianza al Vangelo dell’amore e della misericordia universali di Dio. Siamo chiamati ad accogliere la venuta del Regno di Cristo mediante la nostra carità, il nostro servizio ai poveri ed i nostri sforzi per essere lievito di riconciliazione, di perdono e di pace nel mondo che ci circonda. Sappiamo che, come Mosè, non vedremo il pieno compimento del piano di Dio nel corso della nostra vita. Eppure abbiamo fiducia che, facendo la nostra piccola parte, nella fedeltà alla vocazione che ciascuno ha ricevuto, contribuiremo a rendere diritte le vie del Signore e a salutare l’alba del suo Regno. Sappiamo che Dio, il quale ha rivelato il proprio nome a Mosè come promessa che sarebbe sempre stato al nostro fianco (cfr
Ex 3,14), ci darà la forza di perseverare in gioiosa speranza anche tra sofferenze, prove e tribolazioni.

Sin dai primi tempi i cristiani sono venuti in pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia del Popolo eletto, agli eventi della vita di Cristo e della Chiesa nascente. Questa grande tradizione, che il mio odierno pellegrinaggio intende continuare e confermare, è basata sul desiderio di vedere, toccare e gustare in preghiera e in contemplazione, i luoghi benedetti dalla presenza fisica del nostro Salvatore, della sua Madre benedetta, degli Apostoli e dei primi discepoli che lo videro risorto dai morti. Qui, sulle orme degli innumerevoli pellegrini che ci hanno preceduto lungo i secoli, siamo spinti, quasi come in una sfida, ad apprezzare più pienamente il dono della nostra fede e a crescere in quella comunione che trascende ogni limite di lingua, di razza e di cultura.

L’antica tradizione del pellegrinaggio ai luoghi santi ci ricorda inoltre l’inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo. Sin dagli inizi, la Chiesa in queste terre ha commemorato nella propria liturgia le grandi figure dei Patriarchi e dei Profeti, quale segno del suo profondo apprezzamento per l’unità dei due Testamenti. Possa l’odierno nostro incontro ispirare in noi un rinnovato amore per il canone della Sacra Scrittura ed il desiderio di superare ogni ostacolo che si frappone alla riconciliazione fra Cristiani ed Ebrei, nel rispetto reciproco e nella cooperazione al servizio di quella pace alla quale la Parola di Dio ci chiama!

Cari Amici, riuniti in questo santo luogo, eleviamo gli occhi e i cuori al Padre. Mentre ci apprestiamo a recitare la preghiera insegnataci da Gesù, invochiamolo perché affretti la venuta del suo Regno, così che possiamo vedere il compimento del suo piano di salvezza e sperimentare, insieme con san Francesco e tutti i pellegrini che ci hanno preceduto segnati con il segno della fede, il dono dell’indicibile pace – pax et bonum – che ci attende nella Gerusalemme celeste.




BENEDIZIONE DELLA PRIMA PIETRA DELL’UNIVERSITÀ DI MADABA DEL PATRIARCATO LATINO Madaba Sabato, 9 maggio 2009

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Cari Fratelli Vescovi,
Cari Amici,

è per me una grande gioia benedire la prima pietra dell’Università di Madaba. Ringrazio Sua Beatitudine l’Arcivescovo Fouad Twal, Patriarca Latino di Gerusalemme, per le gentili parole di benvenuto. Desidero estendere uno speciale saluto di apprezzamento a Sua Beatitudine il Patriarca Emerito, Michel Sabbah, alla cui iniziativa ed ai cui sforzi, unitamente a quelli del Vescovo Salim Sayegh, questa nuova istituzione tanto deve. Saluto inoltre le Autorità civili, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli, come pure quanti ci accompagnano in questa importante cerimonia.

Il Regno di Giordania ha giustamente dato priorità all’obiettivo di espandere e migliorare l’educazione. So che in questa nobile missione Sua Maestà la Regina Rania è particolarmente attiva e la sua dedizione è motivo di ispirazione per molti. Mentre plaudo agli sforzi delle persone di buona volontà impegnate nell’educazione, rilevo con soddisfazione la partecipazione competente e culturalmente qualificata delle istituzioni cristiane, specialmente cattoliche e ortodosse, in questo sforzo globale. È questo retroterra che ha condotto la Chiesa Cattolica, con il sostegno delle Autorità giordane, a porre in atto i propri sforzi nel promuovere l’educazione universitaria in questo Paese ed altrove. L’iniziativa risponde, inoltre, alla richiesta di molte famiglie che, soddisfatte per la formazione ricevuta nelle scuole rette da autorità religiose, chiedono di poter avere un’analoga opzione a livello universitario.

Plaudo ai promotori di questa nuova istituzione per la loro coraggiosa fiducia nella buona formazione quale primo passo per lo sviluppo personale e per la pace ed il progresso nella regione. In questo quadro l’università di Madaba saprà sicuramente tenere presenti tre importanti obiettivi. Nello sviluppare i talenti e le nobili predisposizioni delle successive generazioni di studenti, li preparerà a servire la comunità più ampia ed elevarne gli standard di vita. Trasmettendo conoscenza ed istillando negli studenti l’amore per la verità, promuoverà grandemente la loro adesione ai valori e la loro libertà personale. Da ultimo, questa stessa formazione intellettuale affinerà i loro talenti critici, disperderà l’ignoranza e il pregiudizio, e li assisterà nello spezzare gli incantesimi creati da ideologie vecchie e nuove. Il risultato di tale processo sarà un’università che non sia soltanto una tribuna per consolidare l’adesione alla verità e ai valori di una specifica cultura, ma anche un luogo di comprensione e di dialogo. Mentre assimilano la loro eredità culturale, i giovani della Giordania e gli altri studenti della regione saranno condotti ad una più profonda conoscenza delle conquiste dell’umanità, e saranno arricchiti da altri punti di vista e formati alla comprensione, alla tolleranza e alla pace.

Questo tipo di educazione “più ampia” è ciò che ci si aspetta dalle istituzioni dell’educazione superiore e dal loro contesto culturale, sia esso secolare o religioso. In realtà, la fede in Dio non sopprime la ricerca della verità; al contrario l’incoraggia. San Paolo esortava i primi cristiani ad aprire le proprie menti a tutto “quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode” (
Ph 4,8). Ovviamente la religione, come la scienza e la tecnologia, come la filosofia ed ogni espressione della nostra ricerca della verità, possono corrompersi. La religione viene sfigurata quando viene costretta a servire l’ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l’abuso. Qui non vediamo soltanto la perversione della religione, ma anche la corruzione della libertà umana, il restringersi e l’obnubilarsi della mente. Evidentemente, un simile risultato non è inevitabile. Senza dubbio, quando promuoviamo l’educazione proclamiamo la nostra fiducia nel dono della libertà. Il cuore umano può essere indurito da un ambiente ristretto, da interessi e da passioni. Ma ogni persona è anche chiamata alla saggezza e all’integrità, alla scelta basilare e più importante di tutte del bene sul male, della verità sulla disonestà, e può essere sostenuta in tale compito.

La chiamata all’integrità morale viene percepita dalla persona genuinamente religiosa dato che il Dio della verità, dell’amore e della bellezza non può essere servito in alcun altro modo. La fede matura in Dio serve grandemente per guidare l’acquisizione e la giusta applicazione della conoscenza. La scienza e la tecnologia offrono benefici straordinari alla società ed hanno migliorato grandemente la qualità della vita di molti esseri umani. Senza dubbio questa è una delle speranze di quanti promuovono questa Università, il cui motto è Sapientia et Scientia. Allo stesso tempo, le scienze hanno i loro limiti. Non possono dare risposta a tutte le questioni riguardanti l’uomo e la sua esistenza. In realtà, la persona umana, il suo posto e il suo scopo nell’universo non può essere contenuto all’interno dei confini della scienza. “La natura intellettuale della persona umana si completa e deve completarsi per mezzo della sapienza, che attira dolcemente la mente dell’uomo a cercare ed amare le cose vere e buone” (cfr Gaudium et spes GS 15). L’uso della conoscenza scientifica abbisogna della luce orientatrice della sapienza etica. Tale sapienza ha ispirato il giuramento di Ippocrate, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, la Convenzione di Ginevra ed altri lodevoli codici internazionali di comportamento. Pertanto, la sapienza religiosa ed etica, rispondendo alle questioni sul senso e sul valore, giocano un ruolo centrale nella formazione professionale. Conseguentemente, quelle università dove la ricerca della verità va di pari passo con la ricerca di quanto è buono e nobile offrono un servizio indispensabile alla società.

Con tali pensieri in mente, incoraggio in maniera speciale gli studenti cristiani della Giordania e delle regioni vicine a dedicarsi responsabilmente ad una giusta formazione professionale e morale. Siete chiamati ad essere costruttori di una società giusta e pacifica composta di genti di varia estrazione religiosa ed etnica. Tali realtà – desidero sottolinearlo ancora una volta – devono condurre non alla divisione, ma all’arricchimento reciproco. La missione e la vocazione dell’università di Madaba è precisamente quella di aiutarvi a partecipare più pienamente a questo nobile compito.

Cari Amici, desidero rinnovare le mie congratulazioni al Patriarcato Latino di Gerusalemme ed il mio incoraggiamento a quanti hanno preso a cuore questo progetto, insieme a quanti sono già impegnati nell’apostolato dell’educazione in questa Nazione. Il Signore vi benedica e vi sostenga. Prego affinché i vostri sogni diventino presto realtà, affinché possiate vedere generazioni di uomini e donne qualificati, sia cristiani che musulmani o di altre religioni, capaci di occupare il loro posto nella società, dotati di perizia professionale, bene informati nel loro campo ed educati ai valori della saggezza, dell’onestà, della tolleranza e della pace. Su di voi, sui tutti i vostri futuri studenti e sul personale di questa Università e sulle loro famiglie, invoco le abbondanti benedizioni di Dio Onnipotente. Grazie!







Discorsi 2005-13 7059