Discorsi 2005-13 28059

ALL'ASSEMBLEA GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Aula del Sinodo Giovedì, 28 maggio 2009

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Cari Fratelli Vescovi italiani,

sono lieto di incontrarvi ancora una volta tutti insieme, in occasione di questo significativo appuntamento annuale che vi vede riuniti in assemblea per condividere le ansie e le gioie del vostro ministero nelle Diocesi della diletta Nazione italiana. La vostra assemblea, infatti, esprime visibilmente e promuove quella comunione di cui la Chiesa vive, e che si attua anche nella concordia delle iniziative e dell’azione pastorale. Con la mia presenza vengo a confermare quella comunione ecclesiale che ho visto costantemente accrescersi e rinsaldarsi. In particolare, ringrazio il Cardinale Presidente che, a nome di tutti, ha confermato la fraterna adesione e la cordiale comunione con il magistero e il servizio pastorale del Successore di Pietro, riaffermando così la singolare unità che lega la Chiesa in Italia alla Sede Apostolica. In questo clima di comunione si può nutrire proficuamente della Parola di Dio e della grazia dei sacramenti il popolo cristiano, che sperimenta il profondo inserimento nel territorio, il vivo senso della fede e la sincera appartenenza alla comunità ecclesiale: tutto ciò grazie alla vostra guida pastorale, al servizio generoso di tanti presbiteri e diaconi, di religiosi e fedeli laici che, con assidua dedizione, sostengono il tessuto ecclesiale e la vita quotidiana delle numerose parrocchie disseminate in ogni angolo del Paese. Non ci nascondiamo le difficoltà che esse incontrano nel condurre i propri membri ad una piena adesione alla fede cristiana. Non a caso si invoca da varie parti un loro rinnovamento nel segno di una crescente collaborazione dei laici, e di una loro corresponsabilità missionaria.

Per queste ragioni avete voluto opportunamente approfondire nell’azione pastorale l’impegno missionario, che ha caratterizzato il cammino della Chiesa in Italia dopo il Concilio, mettendo al centro della riflessione della vostra assemblea il compito fondamentale dell’educazione. Come ho avuto modo a più riprese di ribadire, si tratta di una esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa, che oggi tende ad assumere i tratti dell’urgenza e, perfino, dell’emergenza. Avete avuto modo, in questi giorni, di ascoltare, riflettere e discutere sulla necessità di porre mano ad una sorta di progetto educativo che nasca da una coerente e completa visione dell’uomo quale può scaturire unicamente dalla perfetta immagine e realizzazione che ne abbiamo in Cristo Gesù. È Lui il Maestro alla cui scuola riscoprire il compito educativo come un’altissima vocazione alla quale ogni fedele, con diverse modalità, è chiamato. In un tempo in cui è forte il fascino di concezioni relativistiche e nichilistiche della vita, e la legittimità stessa dell’educazione è posta in discussione, il primo contributo che possiamo offrire è quello di testimoniare la nostra fiducia nella vita e nell’uomo, nella sua ragione e nella sua capacità di amare. Essa non è frutto di un ingenuo ottimismo, ma ci proviene da quella «speranza affidabile» (Spe salvi ) che ci è donata mediante la fede nella redenzione operata da Gesù Cristo. In riferimento a questo fondato atto d’amore per l’uomo può sorgere una alleanza educativa tra tutti coloro che hanno responsabilità in questo delicato ambito della vita sociale ed ecclesiale.

La conclusione, domenica prossima, del triennio dell’Agorà dei giovani italiani, che ha visto impegnata la vostra Conferenza in un percorso articolato di animazione della pastorale giovanile, costituisce un invito a verificare il cammino educativo in atto e a intraprendere nuovi progetti per una fascia di destinatari, quella delle nuove generazioni, estremamente ampia e significativa per le responsabilità educative delle nostre comunità ecclesiali e della società tutta. L’opera formativa, infine, si allarga anche all’età adulta, che non è esclusa da una vera e propria responsabilità di educazione permanente. Nessuno è escluso dal compito di prendersi a cura la crescita propria e altrui verso la «misura della pienezza di Cristo» (
Ep 4,13).

La difficoltà di formare autentici cristiani si intreccia fino a confondersi con la difficoltà di far crescere uomini e donne responsabili e maturi, in cui coscienza della verità e del bene e libera adesione ad essi siano al centro del progetto educativo, capace di dare forma ad un percorso di crescita globale debitamente predisposto e accompagnato. Per questo, insieme ad un adeguato progetto che indichi il fine dell’educazione alla luce del modello compiuto da perseguire, c’è bisogno di educatori autorevoli a cui le nuove generazioni possano guardare con fiducia. In questo Anno paolino, che abbiamo vissuto nell’approfondimento della parola e dell’esempio del grande Apostolo delle genti, e che avete in vari modi celebrato nelle vostre Diocesi e proprio ieri tutti insieme nella Basilica di San Paolo fuori le mura, risuona con singolare efficacia il suo invito: «Fatevi miei imitatori» (1Co 11,1). Un vero educatore mette in gioco in primo luogo la sua persona e sa unire autorità ed esemplarità nel compito di educare coloro che gli sono affidati. Ne siamo consapevoli noi stessi, posti come guide in mezzo al popolo di Dio, ai quali l’apostolo Pietro rivolge, a sua volta, l’invito a pascere il gregge di Dio facendoci «modelli del gregge» (1P 5,3).

Risulta pertanto singolarmente felice la circostanza che ci vede pronti a celebrare, dopo l’anno dedicato all’Apostolo delle genti, un Anno sacerdotale. Siamo chiamati, insieme ai nostri sacerdoti, a riscoprire la grazia e il compito del ministero presbiterale. Esso è un servizio alla Chiesa e al popolo cristiano che esige una profonda spiritualità. In risposta alla vocazione divina, tale spiritualità deve si nutrirsi della preghiera e di una intensa unione personale con il Signore per poterlo servire nei fratelli attraverso la predicazione, i sacramenti, una ordinata vita di comunità e l’aiuto ai poveri. In tutto il ministero sacerdotale risalta, in tal modo, l’importanza dell’impegno educativo, perché crescano persone libere e responsabili, cristiani maturi e consapevoli.

Non c’è dubbio che dallo spirito cristiano attinga vitalità sempre rinnovata quel senso di solidarietà che è profondamente radicato nel cuore degli italiani e trova modo di esprimersi con particolare intensità in alcune circostanze drammatiche della vita del Paese, ultima delle quali è stato il devastante terremoto che ha colpito talune aree dell’Abruzzo. Ho avuto modo, nella mia visita a quella terra tragicamente ferita, di rendermi conto di persona dei lutti, del dolore e dei disastri prodotti dal terribile sisma, ma anche della fortezza d’animo di quelle popolazioni insieme al movimento di solidarietà che si è prontamente avviato da tutte le parti d’Italia. Le nostre comunità hanno risposto con grande generosità alla richiesta di aiuto che saliva da quella regione sostenendo le iniziative promosse dalla Conferenza Episcopale tramite le Caritas. Desidero rinnovare ai Vescovi abruzzesi e, attraverso di loro, alle comunità locali l’assicurazione della mia costante preghiera e della perdurante affettuosa vicinanza.

Da mesi stiamo constatando gli effetti di una crisi finanziaria ed economica che ha colpito duramente lo scenario globale e raggiunto in varia misura tutti i Paesi. Nonostante le misure intraprese a vari livelli, gli effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire, e anche pesantemente, in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sulle famiglie. Desidero pertanto esprimere il mio apprezzamento e incoraggiamento per l’iniziativa del fondo di solidarietà denominato “Prestito della speranza”, che avrà proprio domenica prossima un momento di partecipazione corale nella colletta nazionale, che costituisce la base del fondo stesso. Questa rinnovata richiesta di generosità, che si aggiunge alle tante iniziative indette da numerose Diocesi, evocando il gesto della colletta promossa dall’apostolo Paolo a favore della Chiesa di Gerusalemme, è una eloquente testimonianza della condivisione dei pesi gli uni degli altri. In un momento di difficoltà, che colpisce in modo particolare quanti hanno perduto il lavoro, ciò diventa un vero atto di culto che nasce dalla carità suscitata dallo Spirito del Risorto nel cuore dei credenti. È un annuncio eloquente della conversione interiore generata dal Vangelo e una manifestazione toccante della comunione ecclesiale.

Una forma essenziale di carità su cui le Chiese in Italia sono vivamente impegnate è anche quella intellettuale. Ne è un esempio significativo l’impegno per la promozione di una diffusa mentalità a favore della vita in ogni suo aspetto e momento, con un’attenzione particolare a quella segnata da condizioni di grande fragilità e precarietà. Tale impegno è ben testimoniato dal manifesto “Liberi per vivere. Amare la vita fino alla fine”, che vede il laicato cattolico italiano concorde nell’operare affinché non manchi nel Paese la coscienza della piena verità sull’uomo e la promozione dell’autentico bene delle persone e della società. I “sì” e i “no” che vi si trovano espressi disegnano i contorni di una vera azione educativa e sono espressione di un amore forte e concreto per ogni persona. Il pensiero torna dunque al tema centrale della vostra assemblea - il compito urgente dell’educazione - che esige il radicamento nella Parola di Dio e il discernimento spirituale, la progettualità culturale e sociale, la testimonianza dell’unità e della gratuità.

Carissimi Confratelli, pochi giorni appena ci separano dalla solennità di Pentecoste, in cui celebreremo il dono dello Spirito che abbatte le frontiere e apre alla comprensione della verità tutta intera. Invochiamo il Consolatore che non abbandona chi a Lui si rivolge, affidandoGli il cammino della Chiesa in Italia e ogni persona che vive in questo amatissimo Paese. Venga su tutti noi lo Spirito di vita e accenda i nostri cuori col fuoco del suo infinito amore.

Di cuore benedico voi e le vostre comunità!




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR DANZANNOROV BOLDBAATAR, NUOVO AMBASCIATORE DELLA MONGOLIA PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 29 maggio 2009

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Eccellenza,

sono lieto di porgerle un cordiale benvenuto mentre presenta le Lettere che l'accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Mongolia presso la Santa Sede. Grato per il saluto affettuoso che mi ha trasmesso da parte del suo Presidente, signor Nambaryn Enkhbayar, lo ricambio con i miei migliori auguri per la sua salute e il suo benessere. Assicuro lui e tutti i cittadini della Mongolia delle mie preghiere, mentre continuano a promuovere la pace e l'armonia sociale nel Paese e all'estero.
Sono grato, signor Ambasciatore, del fatto che lo spirito di cooperazione che ha contraddistinto i vincoli diplomatici fra la Mongolia e la Santa Sede sia stato così fecondo. Un riconoscimento esplicito e reciproco dei benefici ottenuti attraverso le relazioni diplomatiche ha preparato il terreno per l'instaurazione della Prefettura Apostolica di Ulaanbaatar, rendendo così possibile coordinare in maniera più efficace la cura pastorale dei cattolici in Mongolia e dando un nuovo impulso alle loro attività caritative per il bene di tutti i suoi concittadini. Un segno particolare di questa feconda collaborazione è stata la dedicazione della cattedrale dei Santi Pietro e Paolo nel luglio 2002, che si è svolta nella lieta occasione del decimo anniversario dell'instaurazione dei vincoli diplomatici fra la Mongolia e la Santa Sede. Desidero esprimere personalmente la mia profonda gratitudine per tutto ciò che il governo e le autorità civili fecero per rendere possibile quell'evento storico. Non solo ha contribuito a creare un senso di unità fra i fedeli cattolici nel suo Paese e i credenti nel resto del mondo, ma ha anche reso una chiara testimonianza del rispetto di vecchia data della Mongolia per la libertà religiosa. Questo fondamentale diritto umano, consacrato nella Costituzione della Mongolia e sostenuto dai suoi cittadini in quanto conduce al pieno sviluppo della persona umana, permette loro di cercare la verità, impegnarsi nel dialogo e compiere il proprio dovere di rendere gloria a Dio, liberi da qualsiasi coercizione indebita.

L'opportunità per i fedeli di differenti religioni di parlarsi e di ascoltarsi ha un ruolo vitale nel rafforzamento della famiglia umana. Lei, signor Ambasciatore, ha fatto riferimento all'iniziativa coraggiosa di Chinggis Khan nel tredicesimo secolo, che invitò musulmani, cristiani, buddisti e taoisti a vivere insieme nelle steppe della Mongolia: un gesto che continua a trovare espressione nell'apertura del popolo mongolo, che tiene in grande considerazione i costumi religiosi tramandati di generazione in generazione e che mostra un rispetto profondo per tradizioni diverse dalle proprie. Questa serietà religiosa è stata particolarmente evidente quando la Mongolia è emersa da anni di oppressione sotto un regime totalitario. In questo tempo di pace e di stabilità maggiori, incoraggio sinceramente la creazione di spazi che facilitino lo scambio amichevole di idee sulla religione e sul modo in cui contribuisce al bene della società civile. Le persone che praticano la tolleranza religiosa hanno l'obbligo di condividere la saggezza di questo principio con l'umanità intera, cosicché tutti gli uomini e tutte le donne possano percepire la bellezza della coesistenza tranquilla e abbiano il coraggio di edificare una società che rispetti la dignità umana e agisca secondo l'ordine divino di amare il prossimo (cfr. Marco,
Mc 12,32).

Eccellenza, questo spirito di cooperazione fraterna servirà alla Mongolia nella sua lotta per raggiungere obiettivi di sviluppo nei prossimi anni. Come ha osservato, fra i primi vi è la riduzione della povertà e della disoccupazione. Questi obiettivi sono posti in un ambito di generale crescita economica ed equa distribuzione dei beni che il suo Paese desidera sostenere sul lungo periodo. I valori di correttezza e di fiducia sul mercato sostenuti dal popolo mongolo sono un fondamento saldo per raggiungere questi obiettivi. I criteri per elaborare programmi a questo fine devono riflettere la giustizia sia sociale sia commutativa (cfr. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 303). Devono tener conto del valore oggettivo dell'opera resa, della dignità dei soggetti che la eseguono, delle necessità diverse dei cittadini e del merito che giustamente corrisponde alla qualità del lavoro svolto (cfr. Centesimus annus CA 35).
La Mongolia è un Paese che riconosce che il benessere umano non può essere misurato solo in termini di ricchezza. Il conseguimento dell'educazione, di cui abilità letterarie e artistiche sono indicatori affidabili, è anche una caratteristica essenziale di una società florida. Apprezzo che il suo Paese abbia evidenziato la necessità di estendere le opportunità educative per il miglioramento di tutto il suo popolo. Di certo, i sistemi di istruzione non devono trascurare la formazione tecnologica che permette agli studenti di acquisire e mantenere un'occupazione remunerativa in quest'epoca di rapida globalizzazione e di progresso tecnologico. Al contempo, un'educazione integrale riguarda l'uomo nella sua interezza e non solo nella sua capacità di produrre. In particolare, i giovani meritano una formazione spirituale e intellettuale completa che apra loro gli occhi sulla dignità di ogni persona umana e li spinga a coltivare le virtù necessarie a porsi al servizio di tutta l'umanità. Quindi, incoraggio le iniziative intraprese dal suo governo per potenziare l'accesso all'educazione e per sostenerla con una chiara idea di ciò che è autenticamente bene per gli esseri umani.

Da parte sua, la comunità cattolica, sebbene ancora piccola in Mongolia, è orgogliosa di offrire la sua assistenza nella promozione del dialogo interreligioso e dello sviluppo, nell'ampliamento delle opportunità educative e nel raggiungimento dei nobili obiettivi che rafforzano la solidarietà della famiglia umana e si rivolgono all'azione del divino nel mondo. Pur riconoscendo la dovuta autonomia della comunità politica, la Chiesa cattolica è obbligata a cooperare con la società civile in modi adatti alle circostanze del tempo e del luogo in cui le due si trovano a vivere insieme.

Quindi la ringrazio, signor Ambasciatore, per la cordiale rassicurazione circa il desiderio della Mongolia di basarsi sui risultati delle relazioni diplomatiche fra la sua nazione e la Santa Sede. All'inizio della sua missione, la assicuro che i vari uffici della Curia Romana saranno i primi ad assisterla nello svolgimento dei suoi doveri e invoco le abbondanti benedizioni di Dio Onnipotente su di lei, sui membri della sua famiglia e su tutti i cittadini della Mongolia.




A SUA ECCELLENZA LA SIGNORINA CHITRA NARAYANAN, NUOVA AMBASCIATRICE DELL'INDIA PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 29 maggio 2009

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Signora Ambasciatore,

sono lieto di accoglierla oggi e di accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica dell'India presso la Santa Sede. Ringraziandola per le parole cordiali con le quali si è rivolta a me a nome e in vece del Governo, le chiedo di ricambiare con i miei saluti deferenti Sua Eccellenza la signora Pratibha Patil, presidente della Repubblica, e il rieletto primo Ministro, Sua Eccellenza il signor Manmohan Singh, assicurandoli delle mie preghiere per il loro benessere e per quello di tutto il popolo indiano.

L'India è una terra fertile dalla saggezza antica. Il suo popolo, che rappresenta molte religioni e culture, è sensibile alla necessità di consapevolezza, integrità e coesistenza armoniosa con il proprio prossimo per il benessere generale personale e sociale. L'immensa varietà presente entro i confini dell'India offre una vasta gamma di possibilità di dialogo fra filosofie e tradizioni religiose, intente a studiare le questioni più profonde della vita. Coltivare questo dialogo non solo arricchisce la sua nazione, ma serve come esempio per le altre nazioni in tutta l'Asia, di fatto in tutto il mondo.

Nonostante le difficoltà finanziarie che attualmente tutta la comunità globale deve affrontare, l'India ha compiuto notevoli progressi negli ultimi anni. Altre nazioni hanno tratto ispirazione dalla diligenza, dall'ingegnosità umana e dalla perspicacia che hanno contribuito alla crescita del suo Paese. Una maggiore prosperità richiede una più elevata vigilanza per garantire che i poveri siano protetti dallo sfruttamento da parte dei meccanismi sfrenati dell'economia, che spesso tendono a beneficare solo pochi. Questo è il motivo che anima l'ambizioso programma di lavoro rurale del suo Paese che è stato elaborato per aiutare gli svantaggiati, in particolare i poveri delle zone rurali, a procurarsi la sussistenza partecipando a progetti di costruzione e ad altre iniziative di cooperazione. Questi programmi dimostrano che il lavoro non è mai un mero prodotto, ma una attività umana. Essi vanno realizzati in modo da sostenere la dignità umana e rifiutare qualsiasi tentazione di favoritismo, corruzione o frode.
Il principio di sussidiarietà ha un valore particolare a questo proposito. Una società che permette a organizzazioni subordinate di svolgere le loro corrette attività, incoraggia i cittadini a partecipare attivamente all'edificazione del bene comune, ponendosi al servizio di altri e impegnandosi ad appianare le differenze secondo giustizia e pacificamente.

La sussidiarietà presuppone e promuove la responsabilità individuale nell'unirsi a tutti i membri della società per ricercare il bene degli altri come il proprio. Sebbene le strutture burocratiche siano necessarie, bisogna sempre ricordare che i vari livelli di governo, nazionale, regionale e locale, sono orientati al servizio dei cittadini, perché essi stessi sono amministrati da cittadini.

I sistemi di governo democratici devono essere controllati da una vasta partecipazione sociale. Avendo di recente vissuto un'importante tornata elettorale, l'India ha mostrato al mondo che questo processo democratico chiave non solo è possibile, ma può anche essere condotto in un'atmosfera di civiltà e di pace. Mentre i nuovi eletti affrontano le varie sfide, confido nel fatto che lo stesso spirito di paziente cooperazione prevalga, sostenendoli nella loro grande responsabilità di redigere bozze di legge e deliberare politiche sociali. Che siano pronti a subordinare interessi particolari, ponendoli nel contesto più ampio del bene comune che è un obiettivo essenziale e indispensabile di autorità politica (cfr. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 409).

Signora Ambasciatore, come Sommo Pastore della Chiesa cattolica, mi unisco ai responsabili religiosi e governativi del mondo che condividono il desiderio comune che tutti i membri della famiglia umana godano della libertà di praticare la religione e di impegnarsi nella vita civile senza timore di ripercussioni negative a motivo del loro credo. Quindi non posso non esprimere la mia profonda preoccupazione per i cristiani che hanno sofferto per lo scoppio di violenza in alcune aree dell'India. Oggi, ho l'opportunità di esprimere il mio apprezzamento per gli sforzi che il suo Paese ha compiuto per gli afflitti, offrendo loro riparo e assistenza, conforto e riabilitazione, così come per le misure prese per condurre indagini e celebrare processi equi al fine di risolvere questi problemi. Esorto tutti a mostrare rispetto per la dignità umana rifiutando l'odio e rinunciando alla violenza in tutte le sue forme.

Da parte sua, la Chiesa cattolica nel suo Paese continuerà a svolgere un ruolo di promozione della pace, dell'armonia e della riconciliazione fra seguaci di tutte le religioni, in particolare attraverso l'educazione e la formazione nelle virtù della giustizia, della tolleranza e della carità. Infatti, questo è un obiettivo intrinseco a tutte le forme autentiche di educazione perché, in conformità con la dignità della persona umana e con la chiamata di tutti gli uomini e di tutte le donne a vivere in comunità, mirano ad alimentare virtù morali e a preparare i giovani ad abbracciare le proprie responsabilità sociali con una sensibilità raffinata per ciò che è buono, giusto e nobile.

Signora Ambasciatore, mentre assume le sue responsabilità nell'ambito della comunità diplomatica accreditata presso la Santa Sede, le porgo i miei buoni auspici per il felice esito della sua alta missione. Sia certa che i vari uffici e dicasteri della Curia Romana saranno sempre pronti ad assisterla. Su di lei e sull'amato popolo dell'India invoco abbondanti benedizioni divine.




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR CHARLES BORROMÉE TODJINOU, NUOVO AMBASCIATORE DEL BENIN PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 29 maggio 2009

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Signor Ambasciatore,

Sono lieto di accoglierla in Vaticano mentre presenta le Lettere che l'accreditano come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Benin presso la Santa Sede. Le esprimo la mia gratitudine per le cortesi parole che mi ha rivolto e anche per il messaggio cordiale che mi ha trasmesso da parte di Sua Eccellenza il signor Boni Yayi, presidente della Repubblica. In cambio, nel felice ricordo della visita che mi ha reso in Vaticano, le sarei riconoscente se potesse trasmettergli i miei ringraziamenti e assicurarlo dei miei voti cordiali per tutta la nazione, affinché progredisca con coraggio lungo le vie dello sviluppo umano e spirituale.

Come lei ha osservato nel suo discorso, signor Ambasciatore, l'attuale crisi finanziaria mondiale rischia di compromettere i meritori sforzi compiuti da numerosi Paesi per il loro sviluppo. È così più che mai necessario che tutte le componenti della nazione lavorino insieme al servizio del bene comune. Ciò esige pertanto che s'instauri una democrazia autentica, fondata su una concezione corretta della persona umana. Nel corso degli ultimi anni, il suo Paese si è impegnato coraggiosamente lungo questo cammino, con il particolare sostegno della Chiesa cattolica e di altre componenti religiose. Lo sviluppo di un simile processo di democratizzazione è una garanzia per la pace sociale, per la stabilità e l'unità del Paese, se si basa sulla dignità di ogni persona, sul rispetto dei diritti dell'uomo e sul "bene comune", accettato come fine e criterio per regolare la vita politica (cfr. Compendio della dottrina sociale della Chiesa, n. 407). In questa prospettiva, l'instaurarsi di un dialogo sincero fra le persone e fra le istituzioni è molto importante.

Desidero rendere omaggio anche all'impegno del suo Paese a favore del consolidamento della pace e della stabilità in diverse regioni del mondo. Questo segno di solidarietà verso nazioni provate, soprattutto in Africa, è un contributo notevole per la promozione dei valori di bene, di verità e di giustizia e per la difesa di vite innocenti. La ricerca della pace e della riconciliazione è una grave responsabilità per quanti hanno il compito di guidare le nazioni, poiché la violenza, che non risolve mai i problemi, è un attacco inaccettabile alla dignità dell'uomo.

La sua presenza qui questa mattina, signor Ambasciatore, testimonia le buone relazioni esistenti fra il Benin e la Santa Sede. In tale contesto, mi permetta di ricordare l'opera eminente svolta dal cardinale Bernardin Gantin, dalla cui vita la comunità cattolica del Paese ha ricevuto un impulso particolare e la cui personalità è sempre rispettata e ammirata da tutti gli abitanti del Benin. Possa il suo impegno generoso verso la Chiesa, il Benin e l'Africa, restare per molti suoi concittadini un esempio di abnegazione e di dono di sé per gli altri!

Come lei ha sottolineato, Eccellenza, il Benin è una terra d'accoglienza, di ospitalità e di tolleranza. Radicata fra il popolo del Benin da molti anni, la Chiesa cattolica prosegue l'opera intrapresa al servizio della nazione, offrendo così il proprio contributo allo sviluppo del Paese in numerosi ambiti, in particolare in quelli dell'educazione, della salute e della promozione umana. Intende in tal modo associarsi allo sforzo nazionale affinché ognuno, e ogni famiglia, possa vivere nella dignità. Questa partecipazione della Chiesa alla vita sociale è una parte importante della sua missione. In effetti, poiché desidera annunciare e rendere attuale il Vangelo nel cuore delle relazioni sociali, la Chiesa non può restare indifferente davanti ad alcune realtà che costituiscono la vita degli uomini. Sono pertanto lieto di sapere che queste opere della Chiesa sono apprezzate dalla popolazione e che godono anche del sostegno delle Autorità.

Lo sviluppo di relazioni armoniose fra i cattolici e i membri delle altre religioni, che nel vostro Paese sono generalmente fatte di comprensione reciproca, è a sua volta da incoraggiare. Le diversità culturali o religiose devono permettere un arricchimento qualitativo di tutta la società. Come ho avuto occasione di dire di recente, "insieme dobbiamo mostrare, con il rispetto reciproco e la solidarietà, che ci consideriamo membri di un'unica famiglia: la famiglia che Dio ha amato e riunito dalla creazione del mondo fino alla fine della storia umana" (Discorso ai partecipanti al Forum cattolico-musulmano, 6 novembre 2008). È dunque auspicabile che una conoscenza reciproca sempre più vera e lucida consenta l'espressione di un'intesa sui valori fondamentali, soprattutto su quelli che concernono la tutela e la promozione della vita e della famiglia, come pure una cooperazione in tutto ciò che promuove il benessere comune.
Mi permetta, signor Ambasciatore, di salutare attraverso di lei la comunità cattolica del suo Paese, unita attorno ai suoi vescovi. Auspico che i cattolici siano in mezzo al popolo del Benin semi di speranza e di pace. Li invito a collaborare con tutti per edificare una società sempre più solidale e fraterna.

Signor Ambasciatore, in questo giorno in cui lei inizia la sua missione presso la Sede Apostolica, le formulo i miei voti migliori di successo e le assicuro che troverà sempre presso i miei collaboratori comprensione e sostegno per il suo felice compimento.

Invoco di tutto cuore sulla sua persona, sulla sua famiglia, sui suoi collaboratori e anche su tutto il popolo del Benin e i suoi dirigenti, l'abbondanza delle Benedizioni dell'Onnipotente.




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR ROBERT CAREY MOORE-JONES, NUOVO AMBASCIATORE DI NUOVA ZELANDA PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 29 maggio 2009

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Signor Ambasciatore,

Sono lieto di darle il benvenuto in Vaticano e di accettare le Lettere credenziali con cui viene nominato Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Nuova Zelanda presso la Santa Sede. Le chiedo di voler gentilmente trasmettere al Governatore generale, al primo Ministro John Key e al suo Governo, nonché a tutto il popolo della Nuova Zelanda, i miei sinceri buoni auspici e di assicurarli delle mie preghiere per il benessere del Paese.

L'impegno della Chiesa nella società civile è radicato nella sua convinzione che il progresso umano autentico - sia per gli individui sia per le comunità - dipende dal riconoscimento della dimensione spirituale propria di ogni persona. È da Dio che gli uomini e le donne ricevono la loro dignità fondamentale (cfr. Genesi
Gn 1,27) e la capacità di trascendere gli interessi particolari per cercare la verità e le bontà al fine di trovare uno scopo e un significato nella vita. Questa ampia prospettiva costituisce la struttura entro la quale è possibile contrastare ogni tendenza ad adottare condotte superficiali nella politica sociale che affrontino solo i sintomi delle tendenze negative nella vita delle famiglie e delle comunità invece delle loro cause. Infatti, quando il cuore spirituale dell'umanità viene portato alla luce, le persone sono spinte a superare se stesse per riflettere su Dio e sulle meraviglie della vita umana: l'essere, la verità, la bellezza, i valori morali e i rapporti che rispettano la dignità altrui. In questo modo si può trovare un solido fondamento per unire la società e sostenere una visione comune di speranza.

I giovani di Aotearoa sono giustamente noti per la loro generosità e per il loro senso acuto di ciò che è giusto. Apprezzando i molti privilegi che vengono loro offerti, prontamente s'impegnano nel volontariato e nel servizio al prossimo, cogliendo al contempo le vaste opportunità loro concesse per la propria realizzazione personale e per il loro sviluppo culturale e accademico. La Giornata mondiale della gioventù, celebrata per la prima volta in Oceania lo scorso anno, mi ha dato l'opportunità di conoscere un po' lo spirito delle migliaia di giovani neozelandesi che vi hanno partecipato. Prego affinché questa nuova generazione di cristiani in Nuova Zelanda incanali il suo entusiasmo per forgiare amicizie al di là delle divisioni e creare luoghi in cui vivere la fede nel e per il nostro mondo, ambienti di speranza e di carità pratica. Così facendo essi sono in grado di aiutare gli altri giovani che possono essere ingannati dal miraggio di false promesse di felicità e di appagamento o che si trovano a lottare ai margini della società.

Eccellenza, la diversità culturale porta grande ricchezza al tessuto sociale della Nuova Zelanda oggi. La crescente presenza nella vostra terra di comunità di migranti di diverse tradizioni religiose, insieme a una partecipazione sempre maggiore del Governo alle questioni riguardanti il Pacifico e l'Asia, ha aumentato la consapevolezza dei frutti che si possono ottenere attraverso il dialogo interreligioso. Infatti, non molto tempo fa, la sua nazione ha ospitato il Terzo Dialogo Interconfessionale Regionale di Asia e Pacifico nella località storica di Waitangi. Tuttavia, alcuni continuano a mettere in discussione il ruolo della religione nella sfera pubblica e faticano a immaginare come potrebbe servire la società, specialmente in una cultura profondamente secolare. Naturalmente tutto ciò fa aumentare la responsabilità dei credenti di rendere testimonianza del significato del rapporto fondamentale di ogni uomo e di ogni donna con Dio, a immagine del quale sono stati creati. Quando il dono di Dio della ragione umana viene esercitato riguardo alla verità che egli ci rivela, i nostri poteri di riflessione vengono arricchiti di sapienza, andando dunque oltre l'empirico e il frammentario, e in tal modo danno espressione alle nostre aspirazioni umane comuni più profonde. Così, il dibattito pubblico, invece di rimanere intrappolato nello stretto orizzonte di particolari gruppi di interesse, viene allargato e reso responsabile della fonte autentica del bene comune e della dignità di ogni membro della società. Lungi dal costituire una minaccia alla tolleranza delle differenze o alla pluralità culturale, la verità rende possibile il consenso, assicura che le scelte politiche siano determinate da principi e valori e arricchisce la cultura con tutto ciò che è buono, edificante e giusto.

L'attività diplomatica della Nuova Zelanda, predominante nel Pacifico e considerevole in Asia e oltre, è caratterizzata da un forte impegno a favore della giustizia e della pace, del buon governo, di uno sviluppo economico sostenibile e della promozione dei diritti umani. La vostra generosa offerta di personale nelle attività per il mantenimento della pace può essere constatata dalle Isole Salomone al Sudan, e fra le iniziative innovative della Nuova Zelanda nel campo degli aiuti esteri un importante esempio recente è quello dello sviluppo del turismo ecologico in Afghanistan. Come lei Eccellenza ha ricordato, la Santa Sede ha collaborato strettamente con la Nuova Zelanda nell'elaborazione della Convenzione per la messa al bando delle munizioni a grappolo; un risultato che illustra bene il bisogno di un'etica che derivi dalla verità della persona umana perché sia al centro di tutti i rapporti internazionali, compresi quelli di difesa.
Signor Ambasciatore, la Chiesa cattolica in Nuova Zelanda continua a fare tutto il possibile per mantenere le fondamenta cristiane della vita civile. È profondamente coinvolta nella formazione spirituale e intellettuale dei giovani, specialmente attraverso le sue scuole. Inoltre il suo lavoro caritativo si estende a quanti vivono ai margini della società e sono fiducioso che, attraverso la sua missione di servizio, risponderà con generosità alle nuove sfide sociali che man mano si presentano. A questo riguardo, desidero cogliere l'opportunità per esprimere la mia vicinanza spirituale a quelle famiglie in Nuova Zelanda che, come altre nel mondo, stanno soffrendo per gli effetti dell'attuale incertezza economica. Penso in particolare a quanti hanno perso il proprio lavoro e ai giovani che hanno difficoltà a ottenere un impiego.

Eccellenza, sono certo che la sua nomina servirà a rafforzare ulteriormente i vincoli di amicizia che già esistono tra la Nuova Zelanda e la Santa Sede. Mentre assume le sue nuove responsabilità, potrà constatare che i numerosi uffici della Curia Romana sono pronti ad assisterla nell'adempimento dei suoi doveri. Su di lei e sui suoi concittadini invoco di cuore le abbondanti benedizioni di Dio Onnipotente.





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