Discorsi 2005-13 29459

A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR GEORGE JOHANNES, NUOVO AMBASCIATORE DEL SUD AFRICA PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 29 maggio 2009

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Eccellenza,

È un piacere per me darle il benvenuto in Vaticano e ricevere le Lettere credenziali che la accreditano come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica del Sud Africa preso la Santa Sede. La ringrazio per i gentili saluti e i sentimenti di buona volontà che ha espresso a nome del presidente Jacob Zuma. Li ricambio con piacere e le chiedo di voler trasmettere le mie congratulazioni e i miei buoni auspici a Sua Eccellenza mentre assume le funzioni di Presidente, nonché alle autorità civili e al popolo del suo Paese.

La transizione rapida e pacifica del Sud Africa a un governo democratico è stata largamente acclamata e la Santa Sede ha seguito con interesse e incoraggiamento questa fase storica di cambiamento. Nessuno può dubitare che molti meriti per i progressi realizzati vadano attribuiti alla straordinaria maturità politica e alle qualità umane dell'ex presidente Nelson Mandela. Egli è stato promotore di perdono e di riconciliazione e gode di grande rispetto nel suo Paese e presso la comunità internazionale. Le chiedo di volergli gentilmente trasmettere i miei auguri personali per la sua salute e il suo benessere. Desidero anche rendere merito al contributo di tutti quegli uomini e quelle donne straordinari, la cui integrità, rispecchiata dal loro atteggiamento onesto verso il lavoro, ha contribuito a porre le fondamenta per un futuro di pace e di prosperità per tutti.

Le dimensioni del territorio, la sua popolazione, le sue risorse economiche e la generosità del suo popolo fanno del Sud Africa uno dei Paesi più influenti del continente. Ciò gli offre un'opportunità unica per sostenere altri Paesi africani nei loro sforzi di raggiungere la stabilità e il progresso economico. Avendo superato l'isolamento collegato al periodo dell'apartheid, attingendo però alla propria esperienza dolorosa, il suo Paese ha compiuto sforzi lodevoli per favorire la riconciliazione in altre terre attraverso le sue forze per il mantenimento della pace e le sue iniziative diplomatiche. Paesi come il Rwanda, l'Angola, il Mozambico, il Malawi e lo Zimbabwe hanno beneficiato di questa assistenza. Incoraggio il Sud Africa a rafforzare il suo impegno nel nobile compito di assistere altre nazioni sulla via della pace e della riconciliazione e, soprattutto in questi tempi economicamente difficili, a continuare a utilizzare le sue notevoli risorse umane e materiali in modi che portino al buon governo e alla prosperità dei Paesi vicini. Indubbiamente vi sono molte sfide su questo cammino, non ultima il gran numero di profughi nella regione. Sono tuttavia fiducioso che sia possibile continuare ad affrontare queste difficoltà con lo stesso spirito di solidarietà e di generosità già dimostrato da sudafricani.

Signor Ambasciatore, lei ha parlato di alcune delle sfide sociali che si presentano al suo Paese e dell'elaborazione di piani per farvi fronte. Una persistente povertà e la mancanza di servizi di base e di possibilità d'impiego sono presenti in alcune aree e hanno suscitato molti altri problemi, tra cui la violenza e l'insicurezza, l'abuso di sostanze tossiche, le tensioni etniche e la corruzione. L'angoscia e l'aggressività causati dalla povertà, dalla disoccupazione e dalla disgregazione delle famiglie rendono ancora più urgente la necessità che il Governo faccia fronte a queste difficoltà. A tale riguardo, mi rallegro nell'osservare gli sforzi compiuti per assicurare le condizioni necessarie per attirare gli investimenti internazionali e creare maggiori opportunità d'istruzione e di lavoro, specialmente per i giovani.

Eccellenza, nel suo discorso lei parla del grande conseguimento di un Governo democratico universale come fondamento per una vita migliore per tutti. Il popolo del Sud Africa ha mostrato grande coraggio morale e saggezza nel far fronte alle ingiustizie del passato. Sono fiducioso che nell'attuale lotta contro la povertà e la corruzione questo coraggio e questa saggezza prevarranno di nuovo. Il suo Governo sta giustamente promovendo lo sviluppo di servizi sanitari ed educativi, unitamente a uno sviluppo economico sostenibile, cercando di sradicare la povertà e di consolidare un clima di sicurezza. Le famiglie dovrebbero essere assistite nei loro bisogni e riconosciute come agenti indispensabili nella costruzione di una società sana, mentre i bambini e i giovani hanno il diritto di vedere esaudito il loro desiderio di una buona formazione, di attività extrascolastiche, e di avere garantita l'opportunità di inserirsi nel mondo del lavoro. La corruzione ha l'effetto di scoraggiare le iniziative commerciali e gli investimenti, oltre che di togliere ogni illusione alle persone. Il dinamismo che il Sud Africa ha introdotto nella lotta contro di essa è pertanto estremamente importante e deve essere riconosciuto e accolto da ogni cittadino. Spetta specialmente ai responsabili civili assicurare che la lotta per sradicare la corruzione sia sostenuta con imparzialità e accompagnata dal rispetto per un potere giudiziario indipendente e dallo sviluppo costante di una forza di polizia altamente professionale. Offro il mio incoraggiamento per questi difficili compiti e confido che gli ostacoli continueranno a essere superati.

La Chiesa cattolica è fiduciosa che i servizi da essa offerti negli ambiti dell'educazione, dei programmi sociali e dell'assistenza sanitaria hanno un impatto positivo sulla vita del Paese. Essa contribuisce alla fibra morale della società promuovendo l'integrità, la giustizia e la pace e insegnando il rispetto della vita dal concepimento fino alla morte naturale. In particolare, la Chiesa prende sul serio il suo ruolo nella campagna contro la diffusione del Hiv/Aids, enfatizzando la fedeltà all'interno del matrimonio e l'astinenza al di fuori di esso. Al contempo offre grande assistenza a livello pratico alle persone affette da questa malattia nel suo continente e in tutto il mondo. Incoraggio le persone e le istituzioni della sua nazione a continuare a offrire sostegno, sia nel Paese sia nella regione, a tutti coloro che cercano di alleviare la sofferenza umana attraverso la ricerca, l'assistenza pratica e il sostegno spirituale.

Signor Ambasciatore, le auguro ogni successo nella sua missione e l'assicuro della pronta cooperazione dei dicasteri della Curia Romana. Possa Dio Onnipotente concedere a lei, Eccellenza, alla sua famiglia e alla nazione che rappresenta, abbondanti benedizioni di benessere e di pace!




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR BEYON LUC ADOLPHE TIAO, NUOVO AMBASCIATORE DEL BURKINA FASO PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 29 maggio 2009

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Signor Ambasciatore,

è con piacere che la accolgo mentre presenta le Lettere che la accreditano come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Burkina Faso presso la Santa Sede. La ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto e anche per i voti deferenti che mi ha trasmesso da parte di Sua Eccellenza il signor Blaise Compaoré, presidente della Repubblica. In cambio vorrà farsi interprete della mia alta considerazione per la sua persona e per il popolo del Burkina Faso, al quale auspico di vivere nella pace e nella fraternità.

Signor Ambasciatore, la crisi economica che il mondo sta attualmente vivendo rende ancora più fragili le economie africane e le famiglie vedono aumentare le proprie difficoltà, soprattutto a causa dell'incremento della povertà, della disoccupazione e delle malattie. In tale contesto alcuni giovani sono anche costretti ad andare lontano dal proprio Paese per cercare un futuro migliore e per aiutare le loro famiglie. Auspico vivamente che si stabilisca un'autentica solidarietà fra i Paesi industrializzati e quelli più poveri. È particolarmente necessario in momenti di crisi che l'aiuto allo sviluppo non diminuisca, ma che le promesse fatte in più di un'occasione siano effettivamente mantenute. Tuttavia, come ho avuto occasione di dire nel mio recente viaggio in Africa, "gli stessi africani, lavorando insieme per il bene della loro comunità, devono essere gli agenti primari del loro sviluppo" (Luanda, 20 marzo 2009). Si potranno così prendere in considerazione gli autentici valori dei popoli africani e si potrà evitare che siano meri destinatari di schemi elaborati da altri. In questa prospettiva, mi rallegro del servizio importante reso dalla Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, che ha da poco celebrato a Ouagadougou il venticinquesimo anniversario della sua esistenza. Essa è un segno eloquente della solidarietà della Chiesa cattolica verso i Paesi del Sahel particolarmente colpiti dalla siccità, dalla fame e dalla desertificazione, e della sua effettiva partecipazione alla lotta contro quei mali che costituiscono una minaccia per una vita degna della popolazioni.

Affinché un reale sviluppo della società possa realizzarsi, il ripristino della concordia e della sicurezza nella regione, al quale il vostro Paese è particolarmente attento, è di fondamentale importanza. I risultati già ottenuti mostrano che solo attraverso un dialogo paziente si possono risolvere le controversie e si possono instaurare la pace e la giustizia. Desidero incoraggiare gli uomini e le donne amanti della pace e in particolare le persone che hanno responsabilità nella società a proseguire con coraggio i loro sforzi affinché la stabilità e la tranquillità ritrovate permettano di rafforzare relazioni di fraternità e di solidarietà fra i popoli della regione, in una profonda fiducia reciproca.

Signor Ambasciatore, come lei ha sottolineato, attraverso le sue opere nel campo della sanità, dell'educazione o dell'azione sociale, la Chiesa cattolica è profondamente impegnata nella società del Burkina Faso. Attraverso il suo servizio alla popolazione, desidera contribuire, nel ruolo che le è proprio, a rispondere alle numerose e importanti sfide a cui le famiglie devono far fronte. Così la salvaguardia del valori familiari deve essere per tutti una preoccupazione importante, poiché la famiglia rappresenta il primo pilastro dell'edificio sociale. Di conseguenza le manifestazioni di uno sfaldamento del tessuto familiare non possono che portare a situazioni delle quali i bambini e i giovani saranno spesso le vittime. L'educazione e la formazione delle giovani generazioni sono a loro volta di fondamentale importanza per il futuro della Nazione. Dinanzi alle difficoltà della vita, è necessario che la società dia ai più giovani motivi per vivere e sperare.

Per contribuire all'edificazione della Nazione, il consolidamento dei vincoli di amicizia fra tutti i credenti è un compito che va portato avanti senza tregua. Mi rallegro in modo particolare per le buone relazioni e collaborazioni che, nel vostro Paese, mantengono da molti anni cristiani e musulmani. Ricercando una comprensione sempre migliore, nel rispetto reciproco, e rifiutando ogni forma di violenza e d'intolleranza, i credenti rendono a Dio una testimonianza eloquente e fanno progredire il bene comune.

Al termine di questo incontro, Signor Ambasciatore, desidero altresì salutare attraverso di lei i vescovi del Burkina Faso e anche tutti i membri della comunità cattolica, di cui conosco il dinamismo. Mentre ci prepariamo a celebrare la seconda Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi, li invito in modo particolare a ricordare nella preghiera la preparazione e lo svolgimento di questo grande evento ecclesiale e a essere, in collaborazione con tutti i loro concittadini, artefici di riconciliazione, di giustizia e di pace.

Signor Ambasciatore, mentre inaugura la sua missione presso la Santa Sede, formulo i miei voti cordiali per il suo felice svolgimento. Auspicando che le relazioni armoniose che esistono fra il Burkina Faso e la Santa Sede proseguano e si sviluppino - la recente apertura di una Nunziatura apostolica a Ougadougou ne è un felice segno - la assicuro della disponibilità dei miei collaboratori, presso i quali troverà sempre un'accoglienza attenta e una comprensione cordiale.

Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e sui suoi collaboratori dell'Ambasciata, come pure sui responsabili e su tutti gli abitanti del Burkina Faso, chiedo all'Onnipotente di effondere l'abbondanza dei suoi Benefici.




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR NEVILLE MELVIN GERTZE, NUOVO AMBASCIATORE DI NAMIBIA PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 29 maggio 2009

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Eccellenza,

è con piacere che la accolgo in Vaticano e ricevo le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica di Namibia presso la Santa Sede. La ringrazio per i saluti cortesi che ha espresso a nome del Presidente della Repubblica, il signor Hifikepunye Pohamba. La prego di trasmettergli la mia gratitudine e i miei buoni auspici. Desidero anche chiederle cortesemente di portare i miei saluti ai membri del Governo, alle autorità civili e a tutti i suoi concittadini.

Le relazioni diplomatiche fra la Santa Sede e i singoli Paesi servono a creare un ambito in cui interessi comuni vengono soddisfatti e salvaguardati, e, al contempo, si creano opportunità per entrambe le parti di promuovere valori comuni ai livelli nazionale e internazionale. Sono soddisfatto della cooperazione che in così poco tempo ha prodotto molti risultati positivi per la Santa Sede e la Namibia.

Signor Ambasciatore, come sa bene, l'Africa offre un panorama vario di realtà politiche, economiche e sociali. Alcune di esse sono storie positive, altre non hanno soddisfatto le aspettative delle persone che tali iniziative intendevano servire. La Namibia ha una storia relativamente breve come membro della famiglia di nazioni indipendenti. I suoi concittadini e i loro funzionari eletti hanno tratto beneficio dall'osservare esempi di altri Paesi. Nel corso del tempo ciò ha portato a riconoscere la necessità di proteggere le risorse nazionali, minerarie e agricole, a controllare il loro sfruttamento razionale e a usarle per il bene comune. Gli sforzi per i processi di estrazione dell'uranio e della lavorazione dei diamanti sotto una vigilanza responsabile sono iniziative positive. Infatti la trasparenza, le pratiche commerciali oneste e il buon governo sono essenziali per uno sviluppo economico sostenibile. Sono lieto di osservare che la Costituzione del suo Paese incorpora una chiara consapevolezza delle responsabilità ecologiche dello Stato. Mentre continuate a lottare per una distribuzione equa della ricchezza che offra maggiori possibilità di miglioramento per quanti sono meno fortunati, incoraggio la nazione a continuare lungo il cammino del rafforzamento del bene comune, consolidando le pratiche e le istituzioni democratiche e cercando giustizia per tutti.

Signor Ambasciatore, la Santa Sede confida nel fatto che il suo Paese possa contribuire a sviluppi positivi in Africa e nella comunità internazionale. A motivo di questa storia di indipendenza e integrazione pacifiche, della sua unità nella diversità, della sua gestione responsabile delle risorse naturali, la Namibia può essere da esempio per lo sviluppo di altri Paesi. È inoltre importante che la voce della Namibia venga fatta udire in incontri internazionali poiché le esigenze e le aspirazioni attuali delle persone del suo continente devono essere presentate oggettivamente e da una prospettiva africana, non soltanto secondo gli interessi di altri.

La Chiesa cattolica è lieta di esercitare la propria missione in un clima di libertà religiosa. Il contributo della Chiesa alla vita civile si può vedere non solo nei risultati ottenuti dai singoli cristiani o dalle singole istituzioni, ma anche nell'impatto del suo messaggio. Annunciando il Vangelo e incoraggiando atteggiamenti di fede, speranza e carità, la Chiesa invita a una vita virtuosa, sostenuta da quella forza spirituale e morale che deriva dalla fede e si esprime nell'integrità, nell'uso responsabile della libertà, nel rispetto e nella tolleranza degli altri. Le persone, in particolare i responsabili politici, economici e culturali, che sono ispirati, in un modo o nell'altro, da queste o da simili prospettive spirituali e morali contribuiscono al bene della società nelle sue dimensioni politiche, economiche e sociali.

La missione di evangelizzazione della Chiesa include una forte testimonianza di iniziative generose a favore dei bisognosi. Signor Ambasciatore, come ha detto nel suo discorso, la Chiesa nel suo Paese ha sviluppato nel corso degli anni una presenza diffusa di comunità e istituzioni di buona volontà, dedicate all'attenzione pastorale, all'educazione, all'istruzione professionale e alla sollecitudine per chi vive situazioni difficili. Attraverso scuole e centri di formazione specialistica, ospedali e istituzioni caritative la Chiesa esercita quell'amore del prossimo espresso chiaramente nel comandamento supremo. Prego affinché le istituzioni cattoliche del Paese continuino a offrire la loro esperienza per la promozione e lo sviluppo degli abitanti della Namibia in accordo con le necessità presenti e future.

So che una delle priorità del programma di governo è prestare maggiore attenzione alla salute della popolazione e, in particolare, alla cura dei malati di Hiv/Aids. In quest'area la Chiesa continuerà a offrire la propria assistenza volentieri. È convinta che solo una strategia basata sull'educazione alla responsabilità individuale nell'ambito di una visione morale della sessualità umana, in particolare attraverso la fedeltà coniugale, possa avere un impatto reale sulla prevenzione di questa malattia. La Chiesa è lieta di partecipare a questo compito, in particolare nel campo dell'educazione, in cui i giovani vengono formati come membri responsabili della società.

Signor Ambasciatore, ho espresso liberamente alcuni pensieri ispirati dall'attuale situazione del suo Paese, con amore per il suo popolo e fiducia nel futuro della Namibia. Desidero che la sua missione abbia successo e la invito ad avvalersi della cooperazione volontaria dei dicasteri della Curia Romana. Che Dio Onnipotente conceda a lei, Eccellenza, alla sua famiglia, alla nazione che rappresenta, abbondanti e durature benedizioni di benessere e di pace!




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR ROLF TROLLE ANDERSEN, NUOVO AMBASCIATORE DI NORVEGIA PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 29 maggio 2009

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Eccellenza,

Sono lieto di porgerle il benvenuto in Vaticano e di accettare le Lettere che la accreditano come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Regno di Norvegia presso la Santa Sede. Desidero esprimere la mia gratitudine per i buoni auspici che porta da parte di re Harald V. Le chiedo di voler trasmettere a Sua Maestà i miei cordiali saluti e di assicurarlo delle mie costanti preghiere per tutto il popolo della sua nazione. È particolarmente opportuno che la cerimonia odierna, che segna un momento importante nelle nostre relazioni diplomatiche, avvenga in un tempo in cui stiamo per ricordare il ventesimo anniversario della storica visita di Papa Giovanni Paolo II ai Paesi scandinavi.

Non solo il suo Paese è benedetto da un livello notevole di prosperità, ma ha anche una lunga storia di aiuto agli altri Paesi meno fortunati. In seguito agli sconvolgimenti finanziari degli ultimi mesi, la Norvegia è stata rapida nell'offrire un'esperta assistenza ad altri Paesi per aiutarli a resistere alla tempesta, pur sperimentando anche lei la sua parte di difficoltà economiche conseguenti alla crisi. Nell'aprire le sue porte a un numero consistente di profughi e d'immigranti, per molti anni la Norvegia si è dimostrata un Paese generoso e accogliente. Come lei Eccellenza ha osservato, l'effetto di quest'affluire di persone sulla società norvegese, e specialmente sulla piccola comunità cattolica, è stato quello di introdurre una varietà culturale ed etnica molto più vasta. Ciò ha a sua volta suscitato riflessioni più profonde sui presupposti e sui valori che governano la vita in Norvegia oggi e sul suo posto nel mondo moderno.

"Beati gli operatori di pace". Queste parole di Gesù (
Mt 5,9) sono state prese molto a cuore dai norvegesi, la cui cultura è stata profondamente forgiata dalla sua millenaria storia cristiana. L'impegno della Norvegia a favore del mantenimento della pace è chiaramente illustrato dal suo coinvolgimento ad alto livello nell'Organizzazione delle Nazioni Unite, il cui primo Segretario Generale, Trygve Lie, era norvegese, proprio come molti alti funzionari attuali. La Santa Sede apprezza profondamente il contributo del suo Paese alla risoluzione dei conflitti in alcune delle zone più tormentate del mondo. Dallo Sri Lanka all'Afghanistan, dal Sudan alla Somalia, dal Ciad alla Repubblica Democratica del Congo, la Norvegia ha sempre fatto la sua parte, nei negoziati di pace, invitando le parti a rispettare il diritto internazionale, negli aiuti umanitari, contribuendo alla ricostruzione e al mantenimento della pace o promovendo la democrazia e fornendo consigli esperti riguardo alla costruzione dell'infrastruttura sociale. Essendo appena ritornato dalla mia Visita Apostolica in Terra Santa, sono particolarmente consapevole del lavoro fondamentale svolto dal suo Paese nel mediare negli accordi di pace tra Israele e l'Autorità palestinese. Spero e prego che lo spirito di riconciliazione e la ricerca di giustizia che hanno dato vita agli Accordi di Oslo alla fine prevalgano e portino una pace duratura ai popoli di quella tormentata regione.

Oltre a queste sollecitudini umanitarie, i norvegesi hanno preso molto a cuore le esigenze dell'ambiente naturale, ponendo particolare enfasi sullo sviluppo di risorse di energia rinnovabili e occupandosi delle cause e delle conseguenze dei cambiamenti climatici. Caratteristica della visione a lungo termine del suo Paese per il bene del pianeta e il benessere dei suoi abitanti è l'iniziativa del Global Seed Vault, inteso a garantire la sopravvivenza di innumerevoli varietà di vita vegetale, affinché specialmente le fonti alimentari vitali possano essere protette dal rischio di estinzione.

In tutte queste attività il suo Paese è spinto dai valori etici fondamentali di cui lei, Eccellenza, ha parlato, valori che sono radicati nella cultura cristiana della Norvegia, e che pertanto sono fondamentali per le prospettive e gli obiettivi che essa condivide con la Santa Sede. In meno di trent'anni di relazioni diplomatiche, tante cose sono state fatte. La stretta cooperazione tra la Santa Sede e il Regno di Norvegia - insieme ad altre nazioni - nel redigere e ratificare la recente convenzione che bandisce le munizioni a grappolo ne è un buon esempio. Attendo con piacere di sviluppare e rafforzare ulteriormente i nostri eccellenti rapporti in molti campi, al fine di promuovere la visione etica che condividiamo per costruire un mondo più umano e più giusto.

A livello interno, la comunità cattolica in Norvegia, per quanto piccola, è ansiosa di svolgere la sua parte nella vita nazionale e di far sentire la propria voce nei dibattiti pubblici. Ho menzionato prima la riflessione approfondita attualmente in corso sui presupposti e sui valori che governano la società norvegese, e qui la comunità cattolica, con il suo consistente patrimonio di dottrina sociale, può offrire un contributo prezioso. Come molti Paesi europei oggi, la Norvegia è sempre più chiamata a esaminare le implicazioni del diritto alla libertà religiosa nel contesto di una società liberale e pluralistica. Sono fiducioso che gli alti principi etici e la generosità tanto caratteristica dell'attività della Norvegia sulla scena internazionale prevarranno anche al suo interno, di modo che tutti i cittadini del suo Paese saranno liberi di praticare la propria religione e tutte le diverse comunità religiose saranno libere di regolare le loro questioni conformemente alle loro credenze e ai loro sistemi giuridici, dando in tal modo un contributo particolare al bene comune.

Eccellenza, nel farle i miei migliori auguri per il successo della sua missione, desidero assicurarla che i vari dicasteri della Curia Romana sono pronti a fornirle aiuto e sostegno nell'adempimento dei suoi doveri. Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e su tutto il popolo del Regno di Norvegia invoco di cuore le abbondanti benedizioni di Dio.




AI NUOVI AMBASCIATORI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA DELLE LETTERE CREDENZIALI Venerdì, 29 maggio 2009

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Eccellenze,

questa mattina, vi ricevo con gioia per la presentazione delle Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri Paesi presso la Santa Sede: la Mongolia, l'India, la Repubblica del Benin, la Nuova Zelanda, la Repubblica Sudafricana, il Burkina Faso, la Namibia e la Norvegia. Vi ringrazio per avermi trasmesso le cortesi parole dei vostri rispettivi capi di Stato. Vi chiedo gentilmente di trasmettere loro in cambio i miei saluti cordiali e i miei voti deferenti per le loro persone e per l'alta missione al servizio del loro Paese e dei loro popoli. Mi permetto altresì di salutare per mezzo di voi tutte le Autorità civili e religiose delle vostre nazioni, come pure i vostri concittadini. Le mie preghiere e i miei pensieri vanno in particolare alle comunità cattoliche presenti nei vostri Paesi. Siate certi che esse desiderano collaborare fraternamente all'edificazione nazionale apportando, al meglio delle loro possibilità, il loro contribuito specifico fondato sul Vangelo.

Signora e signori Ambasciatori, l'impegno al servizio della pace e il rafforzamento delle relazioni fraterne fra le nazioni è al centro della vostra missione di diplomatici. Oggi, nella crisi sociale ed economica che il mondo sta vivendo, è urgente prendere nuovamente coscienza che una lotta deve essere condotta, in modo efficace, per instaurare una pace autentica in vista della costruzione di un mondo più giusto e più prospero per tutti. In effetti, le ingiustizie spesso evidenti fra le nazioni, o al loro interno, come pure tutti i processi che contribuiscono a suscitare divisioni fra i popoli o a emarginarli, sono pericolosi attacchi alla pace e creano seri rischi di conflitto. Pertanto noi siamo tutti chiamati a offrire il nostro contributo al bene comune e alla pace, ognuno secondo le proprie responsabilità. Come ho scritto nel mio Messaggio per la Giornata mondiale della pace, il primo gennaio scorso, "una delle strade maestre per costruire la pace è la globalizzazione finalizzata agli interessi della grande famiglia umana. Per governare la globalizzazione occorre però una forte solidarietà globale tra Paesi ricchi e quelli poveri, nonché all'interno dei singoli Paesi, anche se ricchi" (n. 8). La pace si può costruire solo cercando con coraggio di eliminare le disuguaglianze generate da sistemi ingiusti, al fine di assicurare a tutti un livello di vita che permetta un'esistenza degna e prospera.

Tali disuguaglianze sono divenute ancora più evidenti a causa della crisi finanziaria ed economica attuale che si sta diffondendo attraverso vari canali nei Paesi a basso reddito. Mi limito a menzionarne alcuni: il riflusso degli investimenti esteri, il crollo della domanda delle materie prime e la tendenza al ribasso dell'aiuto internazionale. A ciò si aggiunge la diminuzione delle rimesse inviate alle famiglie rimaste nel proprio Paese da parte dei lavoratori emigrati, vittime della recessione che affligge anche i Paesi che li accolgono. Questa crisi si può trasformare in catastrofe umana per gli abitanti di molti Paesi deboli. Quelli che vivevano già in una povertà estrema, sono i primi ad essere colpiti perché sono i più vulnerabili. Questa crisi fa anche cadere nella povertà persone che prima vivevano in modo decente, senza tuttavia essere agiate. La povertà aumenta e ha conseguenze gravi e a volte irreversibili. Così, la recessione generata dalla crisi economica può divenire una minaccia per l'esistenza stessa di innumerevoli individui. I bambini ne sono le prime vittime innocenti e bisogna proteggerli in modo prioritario. La crisi economica ha anche un altro effetto. La disperazione che provoca porta alcune persone alla ricerca angosciata di una soluzione che permetta loro di sopravvivere quotidianamente. Questa ricerca è accompagnata, a volte purtroppo, da atti individuali o collettivi di violenza che possono condurre a conflitti interni che rischiano di destabilizzare ancora di più società indebolite. Per affrontare l'attuale situazione di crisi e trovarle una soluzione, alcuni Paesi hanno deciso di non diminuire il loro aiuto a quelli più minacciati, proponendosi al contrario di aumentarlo. Bisognerebbe che il loro esempio fosse seguito da altri Paesi industrializzati, al fine di permettere ai Paesi nel bisogno di sostenere la loro economia e di consolidare le misure sociali destinate a proteggere le popolazioni più bisognose. Faccio appello a una fraternità e solidarietà più grandi e a una generosità globale realmente vissuta. Questa condivisione esige dai Paesi industrializzati che ritrovino il senso della misura e della sobrietà nell'economia e nello stile di vita.

Signora e Signori Ambasciatori, voi non ignorate che nuove forme di violenza si sono manifestate in questi ultimi anni e che si fondano, purtroppo, sul Nome di Dio per giustificare pratiche pericolose. Conoscendo la debolezza dell'uomo, Dio non gli ha forse rivelato sul Sinai le seguenti parole: "Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano" (
Ex 20,7)? Simili sconfinamenti hanno a volte portato a vedere nelle religioni una minaccia per le società. Queste vengono allora attaccate e screditate, sostenendo che non sono fattori di pace. I responsabili religiosi hanno il dovere di assistere i credenti e di illuminarli affinché possano progredire in santità e interpretare le parole divine nella verità. È opportuno dunque favorire l'emergere di un mondo in cui religioni e società possano aprirsi le une alle altre, e ciò grazie all'apertura che praticano al loro interno e fra di loro. Sarebbe offrire un'autentica testimonianza di vita. Sarebbe creare uno spazio che renda il dialogo positivo e necessario. Apportando al mondo il suo contributo specifico, la Chiesa cattolica desidera rendere testimonianza di una visione positiva del futuro dell'umanità. Sono convinto "della funzione insostituibile della religione per la formazione delle coscienze e del contributo che essa può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico di fondo nella società" (Discorso all'Eliseo, Parigi, 12 settembre 2008).

La vostra missione presso la Santa Sede, signora e signori Ambasciatori, è appena cominciata. Troverete presso i miei collaboratori il sostegno necessario per svolgerla bene. Formulo nuovamente i miei voti più cordiali per il buon esisto della vostra delicata funzione. Possa l'Onnipotente sostenere e assistere voi, i vostri cari, i vostri collaboratori e tutti i vostri concittadini! Che Dio vi colmi dell'abbondanza delle sue benedizioni!





DIALOGO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CON I BAMBINI DELLA PONTIFICIA OPERA DELL'INFANZIA MISSIONARIA Aula Paolo VI Sabato, 30 maggio 2009

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Prima domanda

Mi chiamo Anna Filippone, ho dodici anni, sono ministrante, vengo dalla Calabria, diocesi di Oppido Mamertina-Palmi. Papa Benedetto, il mio amico Giovanni ha il babbo italiano e la madre ecuadoriana ed è molto felice. Pensi che le diverse culture un giorno potranno vivere senza litigare nel nome di Gesù?

Ho capito che volete sapere come noi, da bambini, abbiamo fatto ad aiutarci reciprocamente. Devo dire che ho vissuto gli anni della scuola elementare in un piccolo paese di 400 abitanti, molto lontano dai grandi centri. Eravamo quindi un po' ingenui e in questo paese c'erano, da una parte, agricoltori molto ricchi e anche altri meno ricchi ma benestanti, e, dall'altra, poveri impiegati, artigiani. La nostra famiglia poco prima dell'inizio della scuola elementare era arrivata in questo paese da un altro paese, quindi eravamo un po' stranieri per loro, anche il dialetto era diverso. In questa scuola, quindi, si riflettevano situazioni sociali molto diverse. Vi era tuttavia una bella comunione tra di noi. Mi hanno insegnato il loro dialetto, che io non conoscevo ancora. Abbiamo collaborato bene e, devo dire, qualche volta naturalmente anche litigato, ma dopo ci siamo riconciliati e abbiamo dimenticato quanto era avvenuto.

Questo mi sembra importante. Qualche volta nella vita umana sembra inevitabile litigare; ma importante resta, comunque, l'arte di riconciliarsi, il perdono, il ricominciare di nuovo e non lasciare amarezza nell'anima. Con gratitudine mi ricordo di come tutti abbiamo collaborato: uno aiutava l'altro e andavamo insieme sulla nostra strada. Tutti eravamo cattolici, e questo era naturalmente un grande aiuto. Così abbiamo imparato insieme a conoscere la Bibbia, cominciando dalla creazione fino al sacrificio di Gesù sulla croce, e poi anche gli inizi della Chiesa. Abbiamo imparato insieme il catechismo, abbiamo imparato insieme a pregare, ci siamo insieme preparati per la prima confessione, per la prima comunione: quello fu un giorno splendido. Abbiamo capito che Gesù stesso viene da noi e che Lui non è un Dio lontano: entra nella mia propria vita, nella mia propria anima. E se lo stesso Gesù entra in ognuno di noi, noi siamo fratelli, sorelle, amici e dobbiamo quindi comportarci come tali.

Per noi, questa preparazione sia alla prima confessione come purificazione della nostra coscienza, della nostra vita, e poi anche alla prima comunione come incontro concreto con Gesù che viene da me, che viene da noi tutti, sono stati fattori che hanno contribuito a formare la nostra comunità. Ci hanno aiutato ad andare insieme, a imparare insieme a riconciliarci quando era necessario. Abbiamo fatto anche piccoli spettacoli: è importante anche collaborare, avere attenzione l'uno per l'altro. Poi a otto o nove anni mi sono fatto chierichetto. In quel tempo non c'erano ancora le chierichette, ma le ragazze leggevano meglio di noi. Esse quindi leggevano le letture della liturgia, noi facevamo i chierichetti. In quel tempo erano ancora molti i testi latini da imparare, così ognuno ha avuto la sua parte di fatica da fare. Come ho detto, non eravamo santi: abbiamo avuto i nostri litigi, ma tuttavia c'era una bella comunione, dove le distinzioni tra ricchi e poveri, tra intelligenti e meno intelligenti non contavano. Era la comunione con Gesù nel cammino della fede comune e nella responsabilità comune, nei giochi, nel lavoro comune. Abbiamo trovato la capacità di vivere insieme, di essere amici, e benché dal 1937, cioè da più di settanta anni, non sia più stato in quel paese, siamo restati ancora amici. Quindi abbiamo imparato ad accettarci l'un l'altro, a portare il peso l'uno dell'altro.

Questo mi sembra importante: nonostante le nostre debolezze ci accettiamo e con Gesù Cristo, con la Chiesa troviamo insieme la strada della pace e impariamo a vivere bene.

Seconda domanda

Mi chiamo Letizia e ti volevo fare una domanda. Caro Papa Benedetto XVI, cosa voleva dire per te quando eri ragazzo il motto: «I bambini aiutano i bambini»? Avresti mai pensato di diventare Papa?

A dire la verità, non avrei mai pensato di diventare Papa, perché, come ho già detto, sono stato un ragazzo abbastanza ingenuo in un piccolo paese molto lontano dai centri, nella provincia dimenticata. Eravamo felici di essere in questa provincia e non pensavamo ad altre cose. Naturalmente abbiamo conosciuto, venerato e amato il Papa — era Pio XI — ma per noi era a un'altezza irraggiungibile, un altro mondo quasi: un nostro padre, ma tuttavia una realtà molto superiore a tutti noi. E devo dire che ancora oggi ho difficoltà a capire come il Signore abbia potuto pensare a me, destinare me a questo ministero. Ma lo accetto dalle sue mani, anche se è una cosa sorprendente e mi sembra molto oltre le mie forze. Ma il Signore mi aiuta.

Terza domanda

Caro Papa Benedetto, io sono Alessandro. Volevo chiederti: tu sei il primo missionario, noi ragazzi come possiamo aiutarti ad annunciare il Vangelo?

Direi che un primo modo è questo: collaborare con la Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria. Così siete parte di una grande famiglia, che porta avanti il Vangelo nel mondo. Così appartenete a una grande rete. Vediamo qui come si rispecchia la famiglia dei popoli diversi. Voi state in questa grande famiglia: ognuno fa la sua parte e insieme siete missionari, portatori dell'opera missionaria della Chiesa. Avete un bel programma, indicato dalla vostra portavoce: ascoltare, pregare, conoscere, condividere, solidarizzare. Questi sono gli elementi essenziali che realmente sono un modo di essere missionario, di portare avanti la crescita della Chiesa e la presenza del Vangelo nel mondo. Vorrei sottolineare alcuni di questi punti.

Anzitutto, pregare. La preghiera è una realtà: Dio ci ascolta e, quando preghiamo, Dio entra nella nostra vita, diventa presente tra di noi, operante. Pregare è una cosa molto importante, che può cambiare il mondo, perché rende presente la forza di Dio. Ed è importante aiutarsi nel pregare: preghiamo insieme nella liturgia, preghiamo insieme nella famiglia. E qui direi che è importante cominciare la giornata con una piccola preghiera e poi anche finire il giorno con una piccola preghiera: ricordare i genitori nella preghiera. Pregare prima del pranzo, prima della cena, e in occasione della comune celebrazione della domenica. Una domenica senza la messa, la grande preghiera comune della Chiesa, non è una vera domenica: manca proprio il cuore della domenica e così anche la luce per la settimana. E potete aiutare anche gli altri — specialmente quando forse a casa non si prega, non si conosce la preghiera — insegnare agli altri a pregare: pregare con loro e così introdurre gli altri nella comunione con Dio.

Poi, ascoltare, cioè imparare realmente che cosa ci dice Gesù. Inoltre, conoscere la Sacra Scrittura, la Bibbia. Nella storia di Gesù impariamo — come ha detto il Cardinale — il volto di Dio, impariamo come è Dio. E’ importante conoscere Gesù profondamente, personalmente. Così egli entra nella nostra vita e, tramite la nostra vita, entra nel mondo.

E anche condividere, non volere le cose solo per se stessi, ma per tutti; dividere con gli altri. E se vediamo un altro che forse ha bisogno, che è meno dotato, dobbiamo aiutarlo e così rendere presente l'amore di Dio senza grandi parole, nel nostro personale piccolo mondo, che fa parte del grande mondo. E così diventiamo insieme una famiglia, dove uno ha rispetto per l'altro: sopportare l'altro nella sua alterità, accettare proprio anche gli antipatici, non lasciare che uno sia marginalizzato, ma aiutarlo a inserirsi nella comunità. Tutto questo vuol dire semplicemente vivere in questa grande famiglia della Chiesa, in questa grande famiglia missionaria: Vivere i punti essenziali come la condivisione, la conoscenza di Gesù, la preghiera, l'ascolto reciproco e la solidarietà è un'opera missionaria, perché aiuta a far sì che il Vangelo diventi realtà nel nostro mondo.






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