Discorsi 2005-13 40709

AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO EUROPEO SULLA PASTORALE VOCAZIONALE Sala Clementina Sabato, 4 luglio 2009

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DAL TEMA: "SEMINATORI DEL VANGELO DELLA VOCAZIONE: UNA PAROLA CHE CHIAMA E INVIA" (ROMA, 2-5 LUGLIO 2009)

Cari fratelli e sorelle!

È con vero piacere che vi incontro, pensando al prezioso servizio pastorale che svolgete nell’ambito della promozione, dell’animazione e del discernimento delle vocazioni. Siete venuti a Roma per prendere parte a un convegno di riflessione, di confronto e di condivisione tra le Chiese d’Europa, che ha come tema “Il Vangelo della vocazione per il giovane nella cultura europea”, finalizzato a infondere nuovo slancio al vostro impegno a favore delle vocazioni. La cura delle vocazioni costituisce per ogni diocesi una delle priorità pastorali, che assume ancor più valore nel contesto dell’Anno Sacerdotale appena iniziato. Saluto pertanto di cuore i Vescovi Delegati per la Pastorale Vocazionale delle varie Conferenze Episcopali, come pure i Direttori dei Centri Vocazionali nazionali, i loro collaboratori e tutti voi qui presenti.

Al centro dei vostri lavori avete posto la parabola evangelica del seminatore. Con abbondanza e gratuità, il Signore getta il seme della Parola di Dio, pur sapendo che esso potrà incontrare un terreno inadeguato, che non gli permetterà di maturare a motivo dell’aridità, o che ne spegnerà la forza vitale soffocandolo tra cespugli spinosi. Tuttavia, il seminatore non si scoraggia, perché sa che una parte di questo seme è destinata a trovare il “terreno buono”, cioè cuori ardenti e capaci di accogliere la Parola con disponibilità, per farla maturare nella perseveranza e ridonarne con generosità il frutto a beneficio di molti.

L’immagine del terreno può evocare la realtà più o meno buona della famiglia; l’ambiente talvolta arido e duro del lavoro; i giorni della sofferenza e delle lacrime. La terra è soprattutto il cuore di ogni uomo, in particolare dei giovani, a cui voi vi rivolgete nel vostro servizio di ascolto e di accompagnamento: un cuore spesso confuso e disorientato, eppure capace di contenere in sé impensate energie di donazione; pronto ad aprirsi nelle gemme di una vita spesa per amore di Gesù, capace di seguirlo con la totalità e la certezza che viene dall’avere trovato il più grande tesoro dell’esistenza. A seminare nel cuore dell’uomo è sempre e solo il Signore. Solo dopo la semina abbondante e generosa della Parola di Dio ci si può inoltrare lungo i sentieri dell’accompagnare e dell’educare, del formare e del discernere. Tutto ciò è legato a quel piccolo seme, dono misterioso della Provvidenza celeste, che sprigiona da sé una forza straordinaria. E’ infatti la Parola di Dio che di per se stessa opera efficacemente quanto dice e desidera.

C’è un’altra parola di Gesù, che utilizza l’immagine del seme, e che si può accostare alla parabola del seminatore: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” (
Jn 12,24). Qui il Signore insiste sulla correlazione tra la morte del seme e il “molto frutto” che esso porterà. Il chicco di grano è Lui, Gesù. Il frutto è la “vita in abbondanza” (Jn 10,10), che Egli ci ha acquistato mediante la sua Croce. E’ questa anche la logica e la vera fecondità di ogni pastorale vocazionale nella Chiesa: come Cristo, il sacerdote e l’animatore devono essere un “chicco di grano”, che rinuncia a se stesso per fare la volontà del Padre; che sa vivere nascosto dal clamore e dal rumore; che rinuncia alla ricerca di quella visibilità e grandezza d’immagine che oggi spesso diventano criteri e addirittura scopi di vita in tanta parte della nostra cultura, ed affascinano molti giovani.

Cari amici, siate seminatori di fiducia e di speranza. E’ infatti profondo il senso di smarrimento che spesso vive la gioventù di oggi. Non di rado le parole umane sono prive di futuro e di prospettiva, prive anche di senso e di sapienza. Si diffonde un atteggiamento di impazienza frenetica e una incapacità a vivere il tempo dell’attesa. Eppure, questa può essere l’ora di Dio: la sua chiamata, mediata dalla forza e dall’efficacia della Parola, genera un cammino di speranza verso la pienezza della vita. La Parola di Dio può diventare veramente luce e forza, sorgente di speranza, può tracciare un cammino che passa attraverso Gesù, “via” e “porta”; attraverso la sua Croce, che è pienezza d’amore. E’ questo il messaggio che ci viene dall’Anno Paolino appena concluso. San Paolo, conquistato da Cristo, è stato un suscitatore e formatore di vocazioni, come si vede bene dai saluti delle sue lettere, dove compaiono decine di nomi propri, cioè volti di uomini e donne che hanno collaborato con lui nel servizio del Vangelo. Questo è anche il messaggio dell’Anno Sacerdotale appena iniziato: il Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney – che costituisce il “faro” di questo nuovo itinerario spirituale – è stato un sacerdote che ha dedicato la sua vita alla guida spirituale delle persone, con umiltà e semplicità, “gustando e vedendo” la bontà di Dio nelle situazioni ordinarie. Egli si è così dimostrato un vero maestro nel ministero della consolazione e dell’accompagnamento vocazionale. L’Anno Sacerdotale offre pertanto una bella opportunità per ritrovare il senso profondo della pastorale vocazionale, come pure le sue scelte fondamentali di metodo: la testimonianza, semplice e credibile; la comunione, con itinerari concertati e condivisi nella Chiesa particolare; la quotidianità, che educa a seguire il Signore nella vita di tutti i giorni; l’ascolto, guidato dallo Spirito Santo, per orientare i giovani nella ricerca di Dio e della vera felicità; e infine la verità, che sola può generare libertà interiore.

Possa, cari fratelli e sorelle, la Parola di Dio diventare in ciascuno di voi sorgente di benedizione, di consolazione e di fiducia rinnovata, perché siate in grado di aiutare molti a “vedere” e “toccare” quel Gesù che hanno accolto come Maestro. La Parola del Signore dimori sempre in voi, rinnovi nei vostri cuori la luce, l’amore, la pace che solo Dio può donare, e vi renda capaci di testimoniare e annunciare il Vangelo, sorgente di comunione e di amore. Con questo augurio, che affido all’intercessione di Maria Santissima, imparto di cuore a tutti voi la Benedizione Apostolica.




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR AMBASCIATORE CARL-HENRI GUITEAU, INVIATO STRAORDINARIO E PLENIPOTENZIARIO DI HAITI, IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DELLE LETTERE CREDENZIALI Lunedì, 6 luglio 2009

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Signor Ambasciatore,

È con gioia che l'accolgo in occasione della presentazione delle Lettere che l'accreditano come Inviato Straordinario e Plenipotenziario di Haiti presso la Santa Sede, missione che d'altronde non le è sconosciuta, Eccellenza, poiché ha già svolto lo stesso incarico presso la Sede Apostolica dal 2002 al 2004.

Le sono riconoscente per avermi trasmesso il messaggio cordiale rivoltomi da Sua Eccellenza il signor René Garcia Préval, Presidente della Repubblica. In cambio, le sarei grato se potesse formulargli i miei voti migliori per la sua persona e per tutti gli haitiani, auspicando loro di poter vivere nella dignità e nella sicurezza e di costituire una società sempre più giusta e più fraterna. Signor Ambasciatore, nel ringraziarla per le sue cortesi parole, desidero anche ricordare la prossima celebrazione del centocinquantesimo anniversario del Concordato fra la Santa Sede e Haiti, il più antico in America. In questa occasione, mi rallegro dei frutti numerosi che tali accordi hanno prodotto per la Chiesa e per la nazione, sottolineando ancora a tale proposito che ad Haiti la comunità cattolica ha sempre goduto della stima delle Autorità e della popolazione.

Nel corso degli ultimi mesi, Eccellenza, il suo Paese ha conosciuto catastrofi naturali che hanno provocato gravi danni in tutto il territorio nazionale. Le numerose distruzioni causate dagli uragani nel campo dell'agricoltura hanno aggravato la situazione già difficile di molte famiglie. Auspico che la solidarietà internazionale, a cui ho fatto appello in diverse occasioni lo scorso anno, continui a manifestarsi. In effetti, è necessario che, in questo periodo particolarmente delicato della vita nazionale, la comunità internazionale dia segni concreti di sostegno alle persone che sono nel bisogno. Inoltre, come si sa, nel corso degli ultimi anni, molti haitiani hanno lasciato il Paese per cercare altrove risorse per far vivere le loro famiglie. È pertanto auspicabile che, nonostante le situazioni amministrative a volte problematiche, siano trovate soluzioni rapide per permettere a tali famiglie di vivere riunite.

Questa vulnerabilità del suo Paese alle intemperie, a volte violente, che lo colpiscono regolarmente, ha anche portato a una migliore presa di coscienza della necessità di prendersi cura del creato. Vi è in effetti una sorta di parentela dell'uomo con il creato che deve portarlo a rispettarne ogni realtà. La tutela dell'ambiente è una sfida per tutti, poiché si tratta di difendere e di valorizzare un bene collettivo, destinato a tutti, responsabilità che deve spingere le generazioni presenti a preoccuparsi per le generazioni future. Lo sfruttamento sconsiderato delle risorse del creato e le sue conseguenze, che più spesso ledono gravemente la vita dei più poveri, potranno essere affrontati solo grazie a scelte politiche ed economiche conformi alla dignità umana, e anche a una cooperazione internazionale effettiva.

Tuttavia, nel suo Paese non mancano i segni di speranza. Essi sono fondati in particolare sui valori umani e cristiani che esistono nella società haitiana, come il rispetto della vita, l'attaccamento alla famiglia, il senso delle responsabilità e soprattutto la fede in Dio che non abbandona quanti confidano in Lui. L'attaccamento a questi valori permette di evitare i tanti mali che minacciano la vita sociale e familiare. Incoraggio anche vivamente gli sforzi di tutti coloro che nel suo paese contribuiscono a sviluppare la protezione della vita e a ridare all'istituzione familiare tutta la sua importanza, ristabilendo in particolare il valore del matrimonio nella vita sociale. In effetti, "ogni modello sociale che intenda servire il bene dell'uomo non può prescindere dalla centralità e dalla responsabilità sociale della famiglia" (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 214). In questa prospettiva, è indispensabile fornire un reale sostegno alle famiglie che sono nel bisogno, e assicurare una protezione efficace alle donne e ai bambini che sono a volte vittime di violenze, di abbandono o d'ingiustizia.

L'educazione dei giovani è anch'essa una priorità per il futuro della Nazione. Questo compito è importante e urgente per sviluppare la qualità della vita umana, a livello sia individuale sia sociale. In effetti, alla base della povertà si trovano spesso diverse forme di privazione culturale. In questo campo, la Chiesa cattolica apporta un contributo notevole, sia attraverso le sue numerose istituzioni educative sia attraverso la sua presenza nelle regioni rurali e isolate, o anche mediante la qualità dell'educazione e della formazione che le scuole cattoliche offrono. Mi rallegro di sapere che queste istituzioni sono apprezzate sia dalle autorità sia dalla popolazione.

In questa lieta occasione, Signor Ambasciatore, desidero anche salutare calorosamente la comunità cattolica del suo Paese che, guidata dai suoi Vescovi, rende generosamente testimonianza del Vangelo. La incoraggio a proseguire il suo servizio alla società haitiana, restando sempre attenta ai bisogni dei più poveri e ricercando con tutti l'unità della nazione, nella fraternità e nella solidarietà. Così essa è un autentico segno di speranza per tutti gli haitiani.

Signor Ambasciatore, mentre comincia la sua nobile missione di rappresentare il suo Paese presso la Santa Sede, le formulo i miei voti più cordiali per il suo felice esito e l'assicuro che troverà sempre presso i miei collaboratori la comprensione e il sostegno che le saranno necessari!
Sulla sua persona, sulla sua famiglia, sui suoi collaboratori, così come sull'intero popolo haitiano e sui suoi dirigenti, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni divine.




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR HÉCTOR FEDERICO LING ALTAMIRANO, NUOVO AMBASCIATORE DEL MESSICO PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 10 luglio 2009

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Signor Ambasciatore,

1. Sono lieto di riceverla, Eccellenza, nel solenne atto nel quale mi presenta le Lettere che l'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario degli Stati Uniti Messicani presso la Santa Sede. La ringrazio cordialmente per le deferenti parole che mi ha rivolto, chiedendole allo stesso tempo di voler gentilmente trasmettere al Signor Presidente della Repubblica Felipe de Jesús Calderón Hinojosa, al suo Governo e a tutte le nobili popolazioni del suo Paese i miei voti migliori, che accompagno con la mia fervente preghiera, affinché, affrontando con coraggio, decisione e unità le vicissitudini del momento presente, l'amato popolo messicano possa continuare ad avanzare lungo i cammini della libertà, della solidarietà e del progresso sociale.

2. Lei, Eccellenza, viene come rappresentante di una grande nazione la cui identità si è forgiata nel corso dei secoli in feconda relazione con il messaggio di salvezza che la Chiesa cattolica proclama, come si può vedere in molte sue usanze e feste popolari, nella sua architettura e in altre manifestazioni. La fede in Gesù Cristo ha generato in Messico una cultura che offre un senso specifico e completo della vita e una visione dell'esistenza piena di speranza, illustrando allo stesso tempo una serie di principi sostanziali per lo sviluppo armonioso di tutta la società, quali la promozione della giustizia, il lavoro per la pace e la riconciliazione, la promozione dell'onestà e della trasparenza, la lotta contro la violenza, la corruzione e la criminalità, la tutela costante della vita umana e la salvaguardia della dignità della persona.

3. La celebrazione, alcuni mesi fa, del VI Incontro Mondiale delle Famiglie a Città del Messico ha inoltre messo in evidenza l'importanza di questa istituzione, tanto stimata dal popolo messicano. In effetti, la famiglia, comunità di vita e di amore, fondata sul matrimonio indissolubile fra un uomo e una donna, è la cellula primaria di tutto il tessuto sociale, ed è pertanto di somma importanza che venga adeguatamente aiutata, di modo che i focolari domestici non smettano di essere scuole di rispetto e di comprensione reciproca, semenzai di virtù umane e motivo di speranza per il resto della società. In tale contesto, desidero ribadire la mia soddisfazione per i frutti di questo importante incontro ecclesiale, e allo stesso tempo desidero ringraziare nuovamente le Autorità del suo Paese, e tutti i messicani, per la diligenza mostrata nella sua organizzazione.

4. Mi compiaccio di constatare le buone relazioni esistenti fra la Santa Sede e il Messico, dopo gli importanti progressi che sono stati compiuti in questi anni in un clima di reciproca autonomia e di sana collaborazione. Ciò ci deve incoraggiare a impegnarci per rafforzarle nel futuro, tenendo conto del posto importante che la religione occupa nell'indole e nella storia della sua patria. Proprio a motivo del XV anniversario del ristabilimento delle relazioni diplomatiche fra il suo Paese e la Santa Sede, è stata organizzata a Città del Messico una serie di atti commemorativi in cui sono stati approfonditi vari temi di interesse comune, come il modo corretto di intendere un autentico stato democratico e il suo dovere di salvaguardare e di favorire la libertà religiosa in tutti gli aspetti della vita pubblica e sociale della nazione. Di fatto, la libertà religiosa non è un diritto fra i tanti, e neppure un privilegio che la Chiesa cattolica esige. È la roccia ferma su cui i diritti umani si fondano saldamente, poiché tale libertà rivela in modo particolare la dimensione trascendente della persona umana e l'assoluta inviolabilità della sua dignità. Per questo la libertà religiosa appartiene all'essenza di ogni persona, di ogni popolo e nazione. Il suo significato centrale non consente di limitarla a una mera convivenza di cittadini che praticano privatamente la propria religione, o di restringerla al libero esercizio del culto, bensì occorre offrire ai credenti la piena garanzia di poter manifestare pubblicamente la propria religione, dando anche il loro contributo all'edificazione del bene comune e al corretto ordine sociale in qualsiasi ambito della vita, senza alcun tipo di restrizione o coercizione. A tale proposito, la Chiesa cattolica, nel sostenere e promuovere questa visione positiva del ruolo della religione nella società, non desidera interferire nella dovuta autonomia delle istituzioni civili. Essa, fedele al mandato ricevuto dal suo divino Fondatore, cerca di incoraggiare le iniziative che beneficiano la persona umana, promuovono integralmente la sua dignità e riconoscono la sua dimensione spirituale, sapendo che il migliore servizio che i cristiani possono prestare alla società è la proclamazione del Vangelo, che illumina un'autentica cultura democratica e orienta nella ricerca del bene comune. Diviene così evidente che la Chiesa e la comunità politica sono e devono sentirsi, anche se a diverso titolo, al servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini (cfr. Gaudium et spes
GS 76).

5. Molti sono i passi che, a partire da diverse istanze della vostra nazione, si stanno compiendo per promuovere un ordine sociale più giusto e solidale e per superare le contrarietà che continuano ad attanagliare il Paese. In tal senso, vale la pena sottolineare l'attenzione e l'impegno con cui le Autorità del suo Paese stanno affrontando questioni tanto gravi come la violenza, il narcotraffico, le disuguaglianze e la povertà, che sono terreno fertile per la delinquenza. È risaputo che, per una soluzione efficace e duratura di questi problemi, non sono sufficienti misure tecniche o di sicurezza. Si richiedono una visione ampia e l'efficiente unione degli sforzi, oltre alla promozione di un necessario rinnovamento morale, dell'educazione delle coscienze e della costruzione di una vera cultura della vita. In questo compito, le Autorità e le diverse forze della società messicana troveranno sempre la leale collaborazione e la solidarietà della Chiesa cattolica.

6. Non s'insisterà mai abbastanza sul fatto che il diritto alla vita deve essere riconosciuto in tutta la sua ampiezza. In effetti, ogni persona merita rispetto e solidarietà dal momento del suo concepimento fino alla sua morte naturale. Questa nobile causa, nella quale si sono coraggiosamente impegnati molti uomini e donne, deve essere sostenuta anche dallo sforzo delle Autorità civili nella promozione di leggi giuste e di politiche pubbliche effettive che tengano conto dell'altissimo valore che ogni essere umano possiede in ogni momento della sua esistenza. A tale proposito desidero salutare con gioia l'iniziativa del Messico, nel 2005, di eliminare dalla sua legislazione la pena capitale, e anche le recenti misure che alcuni dei suoi Stati hanno adottato per tutelare la vita umana fin dal suo inizio. Queste scommesse decise in una questione così fondamentale devono essere un emblema della sua patria, di cui deve sentirsi giustamente orgogliosa, poiché sul riconoscimento del diritto alla vita "si fonda l'umana convivenza e la stessa comunità politica" (Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae EV 2).

7. Signor Ambasciatore, prima di concludere questo incontro, desidero felicitarmi con lei, con la sua famiglia e con gli altri membri di questa Missione Diplomatica, e anche ribadirle che nei miei collaboratori troverà sempre la cooperazione di cui potrà aver bisogno nell'alto incarico di rappresentare la sua amata nazione presso la Sede Apostolica.

Supplico Dio, per intercessione di Maria Santissima, Nostra Signora di Guadalupe, di benedire, di proteggere e di accompagnare tutti i messicani, tanto vicini al cuore del Papa, affinché nel suo Paese risplendano incessantemente la concordia, la fraternità e la giustizia.





AI PARTECIPANTI AL PRIMO INCONTRO EUROPEO DEGLI STUDENTI UNIVERSITARI, Aula della Benedizione Sabato, 11 luglio 2009

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PROMOSSO DALLA COMMISSIONE CATECHESI-SCUOLA-UNIVERSITÀ DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE (CCEE)

Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Grazie di cuore per questa vostra visita, che avviene nel giorno della festa di san Benedetto, patrono d’Europa, in occasione del primo Incontro Europeo degli Studenti Universitari, promosso dalla Commissione Catechesi-Scuola-Università del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE). A ciascuno di voi qui presenti il mio più cordiale benvenuto. Saluto, in primo luogo, il Vescovo Marek Jedraszewski, Vice Presidente della Commissione, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto a nome vostro. Saluto, in modo speciale, il Cardinale Vicario Agostino Vallini e gli manifesto tutta la mia gratitudine per il prezioso servizio che la pastorale universitaria di Roma rende alla Chiesa che è in Europa. E non posso non elogiare Mons. Lorenzo Leuzzi, infaticabile animatore dell’Ufficio diocesano. Saluto inoltre con viva riconoscenza il Prof. Renato Lauro, Magnifico Rettore dell’Università di Roma Tor Vergata. E soprattutto a voi, cari giovani, rivolgo il mio pensiero: benvenuti nella casa di Pietro! Voi appartenete a ben 31 Nazioni, e vi state preparando per assumere nell’Europa del terzo millennio importanti ruoli e mansioni. Siate sempre consapevoli delle vostre potenzialità e, al tempo stesso, delle vostre responsabilità.

Che cosa la Chiesa attende da voi? È il tema stesso sul quale state riflettendo a suggerire l’opportuna risposta: “Nuovi discepoli di Emmaus. Da cristiani in Università”. Dopo l’incontro europeo dei docenti svoltosi due anni orsono, anche voi, studenti, vi ritrovate ora insieme per offrire alle Conferenze Episcopali d’Europa la vostra disponibilità a proseguire nel cammino di elaborazione culturale che San Benedetto intuì come necessario per la maturazione umana e cristiana dei popoli dell’Europa. Questo può avvenire se voi, come i discepoli di Emmaus, incontrate il Signore risorto nella concreta esperienza ecclesiale, ed in particolare nella celebrazione eucaristica. “In ogni Messa, infatti, - ebbi a ricordare ai vostri coetanei un anno fa durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney - lo Spirito Santo discende nuovamente, invocato nella solenne preghiera della Chiesa, non solo per trasformare i nostri doni del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue del Signore, ma anche per trasformare le nostre vite, per fare di noi, con la sua forza, un solo corpo e un solo spirito in Cristo”. Il vostro impegno missionario nell’ambito universitario consiste pertanto nel testimoniare l’incontro personale che avete avuto con Gesù Cristo, Verità che illumina il cammino di ogni uomo. E’ dall’incontro con Lui che scaturisce quella “novità del cuore”, capace di dare un orientamento nuovo all’esistenza personale; e solo così si diventa fermento e lievito di una società vivificata dall’amore evangelico.

Come è facile comprendere, anche l’azione pastorale universitaria deve allora esprimersi in tutta la sua valenza teologica e spirituale, aiutando i giovani a far sì che la comunione con Cristo li conduca a percepire il mistero più profondo dell’uomo e della storia. E, proprio per questa loro specifica azione evangelizzatrice, le comunità ecclesiali impegnate in tale azione missionaria, come ad esempio le cappellanie universitarie, possono essere il luogo della formazione di credenti maturi, uomini e donne consapevoli di essere amati da Dio e chiamati, in Cristo, a diventare animatori della pastorale universitaria. Nell’Università la presenza cristiana si fa sempre più esigente e nello stesso tempo affascinante, perché la fede è chiamata, come nei secoli passati, ad offrire il suo insostituibile servizio alla conoscenza, che, nella società contemporanea, è il vero motore dello sviluppo. Dalla conoscenza, arricchita con l’apporto della fede, dipende la capacità di un popolo di saper guardare al futuro con speranza, superando le tentazioni di una visione puramente materialistica dell’esistenza e della storia.

Cari giovani, voi siete il futuro dell’Europa. Immersi in questi anni di studio nel mondo della conoscenza, siete chiamati ad investire le vostre migliori risorse, non solo intellettuali, per consolidare le vostre personalità e per contribuire al bene comune. Lavorare per lo sviluppo della conoscenza è la vocazione specifica dell’Università, e richiede qualità morali e spirituali sempre più elevate, di fronte alla vastità e alla complessità del sapere che l’umanità ha a sua disposizione. La nuova sintesi culturale, che in questo tempo si sta elaborando in Europa e nel mondo globalizzato, ha bisogno dell’apporto di intellettuali capaci di riproporre nelle aule accademiche il discorso su Dio, o meglio, di far rinascere quel desiderio dell’uomo di cercare Dio - “quaerere Deum”,- a cui ho fatto riferimento in altre occasioni.

Mentre ringrazio tutti coloro che operano nel campo della pastorale universitaria, sotto la guida dagli organismi del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, auspico che prosegua il proficuo cammino iniziato da alcuni anni e per il quale esprimo il mio più vivo apprezzamento e incoraggiamento. Sono certo che il vostro incontro di questi giorni a Roma potrà indicare ulteriori tappe da percorrere per una più organica progettualità, che favorisca il coinvolgimento e la comunione tra le diverse esperienze già operanti in tanti Paesi. Voi, cari giovani, contribuite, insieme con i vostri docenti, a creare laboratori della fede e della cultura, condividendo la fatica dello studio e della ricerca con tutti gli amici che incontrate in Università. Amate le vostre Università, che sono palestre di virtù e di servizio. La Chiesa in Europa confida molto sul generoso impegno apostolico di tutti voi, consapevole delle sfide e delle difficoltà, ma anche delle tante potenzialità dell’azione pastorale in ambito universitario. Quanto a me, vi assicuro il sostegno della preghiera, e so che a mia volta posso contare sul vostro entusiasmo, sulla vostra testimonianza, soprattutto sulla vostra amicizia che oggi mi avete manifestato e di cui vi ringrazio. San Benedetto, Patrono d’Europa, e soprattutto la Vergine Maria, da voi invocata come Sedes Sapientiae, vi accompagnino e guidino i vostri passi. A tutti la mia Benedizione.



AI PARTECIPANTI AI CAMPIONATI MONDIALI DI NUOTO - ROMA 2009 Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo Sabato, 1° agosto 2009

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Cari amici,

ho accolto con vivo compiacimento il vostro invito ad incontrarvi, in occasione dei campionati mondiali di nuoto. Grazie per la vostra gradita visita; porgo volentieri a ognuno e ad ognuna di voi il mio cordiale benvenuto! Rivolgo un deferente pensiero anzitutto al Presidente della Federazione Mondiale Nuoto (FINA), il Sig. Julio Maglione, e al Presidente della Federazione Italiana Nuoto (FIN), l’On. Paolo Barelli, mentre li ringrazio anche per le gentili parole che mi hanno indirizzato a nome di voi tutti. Saluto le Autorità presenti, i dirigenti e i responsabili, i tecnici, i delegati, i giornalisti e gli operatori dei mass-media, i volontari, gli organizzatori e quanti hanno contributo alla realizzazione di questo evento sportivo mondiale. Il mio saluto più affettuoso è specialmente per voi, cari atleti di diverse nazionalità, che siete i protagonisti di questi campionati mondiali di nuoto. Con le vostre gare offrite al mondo un avvincente spettacolo di disciplina e di umanità, di bellezza artistica e di tenace volontà. Mostrate a quali traguardi può condurre la vitalità della giovinezza, quando non si rifiuta la fatica di duri allenamenti e si accettano volentieri non pochi sacrifici e privazioni. Tutto questo costituisce anche per i vostri coetanei un’importante lezione di vita.

Com’è stato poc’anzi ricordato, lo sport, praticato con passione e vigile senso etico, specialmente per la gioventù, diventa palestra di sano agonismo e di perfezionamento fisico, scuola di formazione ai valori umani e spirituali, mezzo privilegiato di crescita personale e di contatto con la società. Assistendo a questi mondiali di nuoto ed ammirando i risultati conseguiti, non è difficile rendersi conto di quanta potenzialità Iddio abbia dotato il corpo umano, e quali interessanti obbiettivi di perfezione esso possa raggiungere. Il pensiero va allora allo stupore del Salmista che, contemplando l’universo, canta la gloria di Dio e la grandezza dell’essere umano. “Quando vedo i tuoi cieli, - leggiamo nel Salmo 8 - opere delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perchè di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perchè te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato” (vv. 4-5). Come allora non ringraziare il Signore per aver dotato il corpo dell’uomo di tanta perfezione; per averlo arricchito di una bellezza e di un’armonia che si possono esprimere in tanti modi!

Le discipline sportive, ognuna con modalità diverse, ci aiutano ad apprezzare questo dono che Iddio ci ha fatto. La Chiesa segue e si prende cura dello sport, praticato non come un fine a se stesso, ma come un mezzo, come strumento prezioso per la formazione perfetta ed equilibrata di tutta la persona. Anche nella Bibbia troviamo interessanti riferimenti allo sport come immagine della vita. Ad esempio, l’apostolo Paolo lo ritiene un autentico valore umano, lo utilizza non solo come metafora per illustrare alti ideali etici e ascetici, bensì pure come mezzo per la formazione dell’uomo e come componente della sua cultura e della sua civiltà.

Voi, cari atleti, siete modelli per i vostri coetanei, ed il vostro esempio può essere per loro determinante nel costruire positivamente il loro avvenire. Siate allora campioni nello sport e nella vita! Si è fatto prima cenno a Giovanni Paolo II il quale, incontrando nell’ottobre dell’Anno giubilare 2000 il mondo dello sport, ebbe a sottolineare la grande importanza della pratica sportiva, proprio perché “può favorire l’affermarsi nei giovani di valori importanti quali la lealtà, la perseveranza, l’amicizia, la condivisione, la solidarietà” (Insegnamenti, vol. XXIII/2, p. 729). Inoltre, manifestazioni sportive come la vostra, grazie ai moderni mezzi di comunicazione sociale, esercitano un notevole impatto sull’opinione pubblica, dato che il linguaggio dello sport è universale e raggiunge specialmente le nuove generazioni. Veicolare messaggi positivi attraverso lo sport contribuisce pertanto a costruire un mondo più fraterno e solidale.



[Cari amici sportivi di lingua francese, sono felice di accogliervi e di salutarvi cordialmente in occasione dei campionati mondiali di nuoto. Lo sport che praticate è una scuola di generosità, di lealtà e di rispetto per l'altro. Auspico che possa favorire lo sviluppo dei valori di amicizia e di condivisione tra le persone e tra i popoli. Che Dio vi benedica!]



[Sono lieto di accogliere gli atleti di lingua inglese che prendono parte ai Campionati mondiali della federazione internazionale di nuoto, insieme ai molti dirigenti, al personale di sostegno, ai volontari e agli amici che vi hanno raggiunto qui a Roma in questi giorni. Possa la vostra ricerca dell'eccellenza essere accompagnata dalla gratitudine per i doni che avete ricevuto da Dio e dal desiderio di aiutare gli altri a utilizzare i propri doni nel costruire un mondo migliore e più unito. Su di voi e sulle vostre famiglie invoco le benedizioni di Dio della gioia e della pace!]



[Saluto di cuore i partecipanti di lingua tedesca ai mondiali di nuoto qui a Roma. Cari amici, come competitori sportivi offrite delle prestazioni molto elevate e siete esempio per molti giovani. Impegnatevi nel mondo in cui vivete per ciò che è buono e duraturo, affinché lo sport serva a sviluppare i doni che Dio ha fatto all'uomo. Il Signore vi benedica nel vostro cammino.]



[Saluto cordialmente tutti i presenti di lingua spagnola: atleti, dirigenti e tutti coloro che hanno partecipato in vari modi al Campionato mondiale di nuoto. Vi invito a continuare a praticare lo sport in armonia con i più alti valori umani, in modo che favorisca il sano sviluppo fisico di coloro che lo praticano, e costituisca così una proposta di formazione integrale dei bambini e dei giovani. Grazie.]



[Cari amici di lingua portoghese che prendete parte a questo campionato mondiale di nuoto, vi saluto tutti cordialmente e approfitto per ringraziarvi della lezione di vita che offrite al mondo, fatta di disciplina e umanità, di bellezza artistica e di forte volontà per vincere e soprattutto per vincere voi stessi. Invoco l'aiuto di Dio su di voi e sulle vostre famiglie, concedendovi la Benedizione Apostolica.]

Cari amici, e soprattutto voi, cari atleti, mentre ancora vi ringrazio per questo cordiale incontro, vi auguro di “nuotare” verso sempre più impareggiabili ideali. Vi assicuro un ricordo nella preghiera e invoco su di voi, sulle vostre famiglie e su tutti i vostri cari, per intercessione della Beata Vergine Maria, la benedizione divina.






Discorsi 2005-13 40709