Discorsi 2005-13 51009

II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO (4-25 OTTOBRE 2009) - NEL CORSO DELLA PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE Aula del Sinodo, Ora Terza Lunedì, 5 ottobre 2009

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Cari fratelli e sorelle,

abbiamo dato inizio ora al nostro incontro sinodale invocando lo Spirito Santo e sapendo bene che noi non possiamo in questo momento realizzare quanto c'è da fare per la Chiesa e per il mondo: solo nella forza dello Spirito Santo possiamo trovare quanto è retto e poi attuarlo. E tutti i giorni inizieremo il nostro lavoro invocando lo Spirito Santo con la preghiera dell'Ora Terza «Nunc sancte nobis Spiritus». Perciò vorrei adesso, insieme con voi, meditare un po' questo inno, che apre il lavoro di ogni giorno, sia adesso nel Sinodo, ma anche dopo nella vita nostra quotidiana.

«Nunc sancte nobis Spiritus». Noi preghiamo che la Pentecoste non sia solo un avvenimento del passato, il primo inizio della Chiesa, ma sia oggi, anzi adesso: «nunc sancte nobis Spiritus». Preghiamo che il Signore adesso realizzi l'effusione del suo Spirito e ricrei di nuovo la sua Chiesa e il mondo. Ci ricordiamo che gli apostoli dopo l'Ascensione non hanno iniziato — come forse sarebbe stato normale — a organizzare, a creare la Chiesa futura. Hanno aspettato l'azione di Dio, hanno aspettato lo Spirito Santo. Hanno compreso che la Chiesa non si può fare, che non è il prodotto della nostra organizzazione: la Chiesa deve nascere dallo Spirito Santo. Come il Signore stesso è stato concepito ed è nato dallo Spirito Santo, così anche la Chiesa deve essere sempre concepita e nascere dallo Spirito Santo. Solo con questo atto creativo di Dio noi possiamo entrare nell'attività di Dio, nell'azione divina e collaborare con Lui. In questo senso, anche tutto il nostro lavoro al Sinodo è un collaborare con lo Spirito Santo, con la forza di Dio che ci previene. E sempre dobbiamo di nuovo implorare il compiersi di questa iniziativa divina, nella quale noi possiamo poi essere collaboratori di Dio e contribuire a far sì che di nuovo nasca e cresca la sua Chiesa.

La seconda strofa di questo inno — «Os, lingua, mens, sensus, vigor, / Confessionem personent: / Flammescat igne caritas, / accendat ardor proximos» — è il cuore di questa preghiera. Imploriamo da Dio tre doni, i doni essenziali della Pentecoste, dello Spirito Santo: confessio, caritas, proximos. Confessio: c'è la lingua di fuoco che è “ragionevole”, dona la parola giusta e fa pensare al superamento di Babilonia nella festa di Pentecoste. La confusione nata dall'egoismo e dalla superbia dell'uomo, il cui effetto è quello di non poter comprenderci più gli uni gli altri, va superata dalla forza dello Spirito, che unisce senza uniformare, che dà unità nella pluralità: ciascuno può capire l'altro, anche nelle diversità delle lingue. Confessio: la parola, la lingua di fuoco che il Signore ci dà, la parola comune nella quale siamo tutti uniti, la città di Dio, la santa Chiesa, nella quale è presente tutta la ricchezza delle diverse culture. Flammescat igne caritas. Questa confessione non è una teoria ma è vita, è amore. Il cuore della santa Chiesa è l’amore, Dio è amore e si comunica comunicandoci l'amore. E infine il prossimo. La Chiesa non è mai un gruppo chiuso in sé, che vive per sé come uno dei tanti gruppi che esistono nel mondo, ma si contraddistingue per l'universalità della carità, della responsabilità per il prossimo.

Consideriamo uno per uno questi tre doni. Confessio: nel linguaggio della Bibbia e della Chiesa antica questa parola ha due significati essenziali, che sembrano opposti ma che in effetti costituiscono un'unica realtà. Confessio innanzitutto è confessione dei peccati: riconoscere la nostra colpa e conoscere che davanti a Dio siamo insufficienti, siamo in colpa, non siamo nella retta relazione con Lui. Questo è il primo punto: conoscere se stessi nella luce di Dio. Solo in questa luce possiamo conoscere noi stessi, possiamo capire anche quanto c'è di male in noi e così vedere quanto deve essere rinnovato, trasformato. Solo nella luce di Dio ci conosciamo gli uni gli altri e vediamo realmente tutta la realtà.

Mi sembra che dobbiamo tener presente tutto questo nelle nostre analisi sulla riconciliazione, la giustizia, la pace. Sono importanti le analisi empiriche, è importante che si conosca esattamente la realtà di questo mondo. Tuttavia queste analisi orizzontali, fatte con tanta esattezza e competenza, sono insufficienti. Non indicano i veri problemi perché non li collocano alla luce di Dio. Se non vediamo che alla radice vi è il Mistero di Dio, le cose del mondo vanno male perché la relazione con Dio non è ordinata. E se la prima relazione, quella fondante, non è corretta, tutte le altre relazioni con quanto vi può essere di bene, fondamentalmente non funzionano. Perciò tutte le nostre analisi del mondo sono insufficienti se non andiamo fino a questo punto, se non consideriamo il mondo nella luce di Dio, se non scopriamo che alla radice delle ingiustizie, della corruzione, sta un cuore non retto, sta una chiusura verso Dio e, pertanto, una falsificazione della relazione essenziale che è il fondamento di tutte le altre.

Confessio: comprendere nella luce di Dio le realtà del mondo, il primato di Dio e infine tutto l'essere umano e le realtà umane, che tendono alla nostra relazione con Dio. E se questa non è corretta, non arriva al punto voluto da Dio, non entra nella sua verità, anche tutto il resto non è correggibile perché nascono di nuovo tutti i vizi che distruggono la rete sociale, la pace nel mondo.

Confessio: vedere la realtà nella luce di Dio, capire che in fondo le nostre realtà dipendono dalla nostra relazione col nostro Creatore e Redentore, e così andare alla verità, alla verità che salva. Sant'Agostino, riferendosi al capitolo 3° del Vangelo di san Giovanni, definisce l'atto della confessione cristiana con «fare la verità, andare alla luce». Solo vedendo nella luce di Dio le nostre colpe, l'insufficienza della nostra relazione con Lui, camminiamo alla luce della verità. E solo la verità salva. Operiamo finalmente nella verità: confessare realmente in questa profondità della luce di Dio è fare la verità.

Questo è il primo significato della parola confessio, confessione dei peccati, riconoscimento della colpevolezza che risulta dalla nostra mancata relazione con Dio. Ma un secondo significato di confessione è quello di ringraziare Dio, glorificare Dio, testimoniare Dio. Possiamo riconoscere la verità del nostro essere perché c'è la risposta divina. Dio non ci ha lasciati soli con i nostri peccati; anche quanto la nostra relazione con la Sua maestà è ostacolata, Egli non si ritira ma viene e ci prende per mano. Perciò confessio è testimonianza della bontà di Dio, è evangelizzazione. Potremmo dire che la seconda dimensione della parola confessio è identica all'evangelizzazione. Lo vediamo nel giorno di Pentecoste, quando san Pietro, nel suo discorso, da una parte accusa la colpa delle persone — avete ucciso il santo e il giusto —, ma, nello stesso momento, dice: questo Santo è risorto e vi ama, vi abbraccia, vi chiama a essere suoi nel pentimento e nel battesimo, come pure nella comunione del suo Corpo. Nella luce di Dio, confessare diventa necessariamente annunciare Dio, evangelizzare e così rinnovare il mondo.

La parola confessio però ci ricorda ancora un altro elemento. Nel capitolo 10° della Lettera ai Romani san Paolo interpreta la confessione del capitolo 30° del Deuteronomio. In quest’ultimo testo sembra che gli ebrei, entrando nella forma definitiva dell'alleanza, nella Terra Santa, abbiano paura e non possano realmente rispondere a Dio come dovrebbero. Il Signore dice loro: non abbiate paura, Dio non è lontano. Per arrivare a Dio non è necessario attraversare un oceano ignoto, non sono necessari viaggi spaziali nel cielo, cose complicate o impossibili. Dio non è lontano, non è dall'altra parte dell'oceano, in questi spazi immensi dell'universo. Dio è vicino. È nel tuo cuore e sulle tue labbra, con la parola della Torah, che entra nel tuo cuore e si annuncia nelle tue labbra. Dio è in te e con te, è vicino.

San Paolo sostituisce, nella sua interpretazione, la parola Torah con la parola confessione e fede. Dice: realmente Dio è vicino, non sono necessarie spedizioni complicate per arrivare a Lui, né avventure spirituali o materiali. Dio è vicino con la fede, è nel tuo cuore, e con la confessione è sulle tue labbra. È in te e con te. Realmente Gesù Cristo con la sua presenza ci dà la parola della vita. Così entra, nella fede, nel nostro cuore. Abita nel nostro cuore e nella confessione portiamo la realtà del Signore al mondo, a questo nostro tempo. Mi sembra questo un elemento molto importante: il Dio vicino. Le cose della scienza, della tecnica comportano grandi investimenti: le avventure spirituali e materiali sono costose e difficili. Ma Dio si dona gratuitamente. Le cose più grandi della vita — Dio, amore, verità — sono gratuite. Dio si dà nel nostro cuore. Direi che dovremmo spesso meditare questa gratuità di Dio: non c'è bisogno di grandi doni materiali o anche intellettuali per essere vicini a Dio. Dio si dona gratuitamente nel suo amore, è in me nel cuore e sulle labbra. Questo è il coraggio, la gioia della nostra vita. È anche il coraggio presente in questo Sinodo, perché Dio non è lontano: è con noi con la parola della fede. Penso che anche questa dualità sia importante: la parola nel cuore e sulle labbra. Questa profondità della fede personale, che realmente mi collega intimamente con Dio, deve poi essere confessata: fede e confessione, interiorità nella comunione con Dio e testimonianza della fede che si esprime sulle mie labbra e diventa così sensibile e presente nel mondo. Sono due cose importanti che vanno sempre insieme.

Poi l'inno del quale parliamo indica anche i luoghi in cui si trova la confessione: «os, lingua, mens, sensus, vigor». Tutte le nostre capacità di pensare, parlare, sentire, agire, devono risuonare — il latino usa il verbo «personare» — la parola di Dio. Il nostro essere, in tutte le sue dimensioni, dovrebbe essere riempito da questa parola, che diventa così realmente sensibile nel mondo, che, tramite la nostra esistenza, risuona nel mondo: la parola dello Spirito Santo.

E poi brevemente altri due doni. La carità: è importante che il cristianesimo non sia una somma di idee, una filosofia, una teologia, ma un modo di vivere, il cristianesimo è carità, è amore. Solo così diventiamo cristiani: se la fede si trasforma in carità, se è carità. Possiamo dire che anche lógos e caritas vanno insieme. Il nostro Dio è, da un parte, lógos, ragione eterna. Ma questa ragione è anche amore, non è fredda matematica che costruisce l'universo, non è un demiurgo; questa ragione eterna è fuoco, è carità. In noi stessi dovrebbe realizzarsi questa unità di ragione e carità, di fede e carità. E così trasformati nella carità diventare, come dicono i Padri greci, divinizzati. Direi che nello sviluppo del mondo abbiamo questo percorso in salita, dalle prime realtà create fino alla creatura uomo. Ma questa scala non è ancora finita. L'uomo dovrebbe essere divinizzato e così realizzarsi. L'unità della creatura e del Creatore: questo è il vero sviluppo, arrivare con la grazia di Dio a questa apertura. La nostra essenza viene trasformata nella carità. Se parliamo di questo sviluppo pensiamo sempre anche a questa ultima meta, dove Dio vuole arrivare con noi.

Infine, il prossimo. La carità non è qualcosa di individuale, ma universale e concreta. Oggi nella Messa abbiamo proclamato la pagina evangelica del buon samaritano, in cui vediamo la duplice realtà della carità cristiana, che è universale e concreta. Questo samaritano incontra un ebreo, che quindi sta oltre i confini della sua tribù e della sua religione. Ma la carità è universale e perciò questo straniero in tutti i sensi è per lui prossimo. L'universalità apre i limiti che chiudono il mondo e creano le diversità e i conflitti. Nello stesso tempo, il fatto che si debba fare qualcosa per l'universalità non è filosofia ma azione concreta. Dobbiamo tendere a questa unificazione di universalità e concretezza, dobbiamo aprire realmente questi confini tra tribù, etnie, religioni all'universalità dell'amore di Dio. E questo non in teoria, ma nei nostri luoghi di vita, con tutta la concretezza necessaria. Preghiamo il Signore che ci doni tutto ciò, nella forza dello Spirito Santo. Alla fine l'inno è glorificazione del Dio trino ed unico e preghiera di conoscere e di credere. Così la fine ritorna all'inizio. Preghiamo affinché possiamo conoscere, conoscere diventi credere e credere diventi amare, azione. Preghiamo il Signore affinché ci doni lo Spirito Santo, susciti una nuova Pentecoste, ci aiuti a essere i suoi servitori in questa ora del mondo. Amen.





INTERVENTO DEL PATRIARCA DELLA CHIESA ORTODOSSA DI ETIOPIA ALLA TERZA CONGREGAZIONE GENERALE - RISPOSTA DEL SANTO PADRE A SUA SANTITÀ ABUNA PAULOS Martedì, 6 ottobre 2009

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Santità,

la ringrazio di tutto cuore per il suo intervento tanto profondamente meditato e per aver accettato il mio invito a partecipare alla Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Sono certo che la mia gratitudine e il mio apprezzamento sono condivisi da tutti i membri dell'Assemblea.

La sua presenza è un'eloquente testimonianza delle antiche e ricche tradizioni della Chiesa in Africa. Anche al tempo degli apostoli, fra le numerose persone desiderose di ascoltare il messaggio salvifico di Cristo vi erano gli abitanti dell'Etiopia (
Ac 8,26-40). La fedeltà del suo popolo al Vangelo continua a esprimersi attraverso l'obbedienza alla sua legge d'amore, ma anche, come ci ha ricordato, attraverso la perseveranza anche nella persecuzione e nel sommo sacrificio del martirio in nome di Cristo.

Santità, lei ha ricordato che l'annuncio evangelico non può prescindere dall'impegno di edificare una società che sia conforme alla volontà di Dio, rispetti le benedizioni del creato e tuteli la dignità e l'innocenza di tutti i suoi figli. In Cristo sappiamo che la riconciliazione è possibile, la giustizia può prevalere, la pace può durare! Questo il messaggio di speranza che siamo chiamati ad annunciare. Questa la promessa che oggi gli abitanti dell'Africa desiderano vedere avverarsi.

Preghiamo, dunque, affinché le nostre Chiese possano avvicinarsi nell'unità che è il dono dello Spirito Santo e rendere testimonianza comune della speranza trasmessa dal Vangelo! Continuiamo a operare per lo sviluppo integrale di tutti i popoli africani, rafforzando le famiglie che sono il baluardo della società africana, educando i giovani che sono il futuro dell'Africa e contribuendo all'edificazione di società caratterizzate da onestà, integrità e solidarietà! Che le nostre decisioni in queste settimane aiutino i seguaci di Cristo in tutto il continente a essere esempi convincenti di rettitudine, misericordia e pace e a essere una luce che illumina il cammino delle generazioni future.

Santità, ancora una volta la ringrazio per la sua presenza e per le sue riflessioni preziose. Che la sua partecipazione a questo Sinodo sia una benedizione per le nostre Chiese!





CONCERTO "GIOVANI CONTRO LA GUERRA" DELL’INTERREGIONALES JUGENDSINFONIEORCHESTER (IRO) NEL 70° ANNIVERSARIO DELL'INIZIO DELLA 2a GUERRA MONDIALE Giovedì, 8 ottobre 2009

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Auditorium di Via della Conciliazione



Signor Presidente della Repubblica Italiana,
Signori Cardinali, Venerati Padri Sinodali,
Signori Ambasciatori, Gentili Signori e Signore!

Ho accolto con piacere l’invito ad assistere al concerto: “Youth against war concert - 70 anni dall’inizio della II Guerra Mondiale: Giovani contro la guerra”, promosso congiuntamente dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, dalla Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo, dall’Ambasciata di Germania presso la Santa Sede e dall’Europäisches KulturForum Mainau con il patrocinio dell’International Jewish Committee for Interreligious Consultations. A tutti i promotori e gli organizzatori va il mio saluto e un sentito ringraziamento; in particolare ringrazio il Cardinale Walter Kasper per essersi fatto interprete dei comuni sentimenti. Un deferente pensiero rivolgo al Presidente della Repubblica Italiana e alla sua gentile Consorte, grato per la loro presenza. Utilizzando l’universale linguaggio della musica, questa iniziativa vuole incoraggiare i giovani a costruire insieme il futuro del mondo, ispirandosi ai valori della pace e della fratellanza tra gli uomini. Saluto i Signori Cardinali, i Padri Sinodali, i distinti Membri del Corpo Diplomatico presso la Santa Sede, gli sponsor e tutti i presenti.

Ganz herzlich danke ich den jungen Musikern aus 15 Ländern, die sich im Inter-Regionalen Jugend-Sinfonieorchester zusammen­gefunden haben, mit ihren Dirigent Jochem Hochstenbach für die hervorragende Darbietung. In gleicher Weise gilt mein Dank der Solistin Frau Michelle Breedt für den ausdrucksstarken Gesang und Herrn Professor Klaus Maria Brandauer für die lebendige Interpretation der literarischen Texte. Und ich schließe in diesen Dank alle ein, die diesen Abend möglich gemacht haben: Das Internationale Jüdische Komitee für Interreligiöse Gespräche (IJCIC) als Schirmherr dieses Konzerts wie auch den Päpstlichen Rat zur Förderung der Einheit der Christen, die deutsche Botschaft beim Heiligen Stuhl und das Europäische Kulturforum Mainau als dessen Veranstalter.

Cari amici! Questa sera torna alla nostra memoria la tragedia della seconda guerra mondiale, dolorosa pagina di storia intrisa di violenza e di disumanità, che ha causato la morte di milioni di persone, lasciando i vincitori divisi e l’Europa da ricostruire. La guerra, voluta dal nazionalsocialismo, ha colpito tante popolazioni innocenti dell’Europa e di altri Continenti, mentre, con il dramma della shoah, ha ferito soprattutto il popolo ebreo, oggetto di uno sterminio programmato. Eppure non mancarono gli inviti alla ragionevolezza e alla pace elevatisi da molte parti. Qui a Roma risuonò accorata la voce del mio venerato Predecessore Pio XII. Nel radiomessaggio del 24 agosto del 1939 – proprio nella imminenza dello scoppio della guerra – proclamò con decisione: “nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”. (cfr AAS, XXXI, 1939, p. 334). Nessuno purtroppo riuscì a fermare quell’immane catastrofe: prevalse inesorabile la logica dell’egoismo e della violenza. Ricordare quei tristi eventi sia monito, soprattutto per le nuove generazioni, a non cedere mai più alla tentazione della guerra.

Come il Cardinale Kasper ha ricordato, quest’anno commemoriamo un altro significativo anniversario: i venti anni dalla caduta del muro di Berlino, simbolo eloquente della fine dei regimi totalitari comunisti dell’Est europeo. “La caduta del muro, - ebbe a scrivere Giovanni Paolo II - come il crollo di pericolosi simulacri e di una ideologia oppressiva, hanno dimostrato che le libertà fondamentali, che danno significato alla vita umana, non possono essere represse e soffocate a lungo” (cfr Insegnamenti, XIII,1, 1990, p. 1389). L’Europa, il mondo intero hanno sete di libertà e di pace! Occorre costruire insieme la vera civiltà, che non sia basata sulla forza, ma sia “frutto della vittoria su noi stessi, sulle potenze dell’ingiustizia, dell’egoismo e dell’odio, che possono giungere sino a sfigurare l’uomo” (cfr ibid., XII,2,1989, p. 379). Il movimento ecumenico, che ha trovato nella seconda guerra mondiale un catalizzatore – lo ha opportunamente sottolineato il Cardinale Kasper -, può contribuire a costruirla, operando insieme agli ebrei e a tutti i credenti. Ci benedica Iddio e conceda all’umanità il dono della sua pace. Cari amici, grazie ancora per la vostra presenza.




VEGLIA MARIANA "CON L’AFRICA E PER L’AFRICA" PROMOSSA DALLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI Aula Paolo VI Sabato, 10 ottobre 2009

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E DALL'UFFICIO PER LA PASTORALE UNIVERSITARIA DEL VICARIATO DI ROMA


Con i Padri sinodali partecipano alla preghiera mariana gli universitari degli Atenei romani ai quali si uniscono, in collegamento televisivo via satellite, gli studenti universitari di otto capitali africane: Il Cairo (Egitto), Nairobi (Kenya), Khartoum (Sudan), Johannesburg (Sud Africa), Onitsha (Nigeria), Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo), Maputo (Mozambico) e Ouagadougou (Burkina Faso).



Venerati Padri Sinodali,
cari fratelli e sorelle, cari studenti universitari!

Al termine di quest’incontro di preghiera mariana, rivolgo a tutti il mio saluto più cordiale, con un sentimento di particolare riconoscenza per i Padri Sinodali presenti. Ringrazio le Autorità italiane, che hanno sostenuto questa iniziativa, e soprattutto la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi e l’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma, che l’hanno promossa e organizzata.

Cari amici universitari di Roma, anche a voi naturalmente va un “grazie” sincero, per avere risposto numerosi al mio invito. Come sapete, si sta svolgendo in questi giorni in Vaticano la seconda Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Il fatto di radunarsi insieme, il Successore di Pietro e numerosi Pastori della Chiesa in Africa con altri esperti qualificati, costituisce motivo di gioia e di speranza, esprime la comunione e la alimenta. Già i Padri della Chiesa paragonavano la comunità cristiana a un’orchestra o a un coro ben ordinati e armonici, come quelli che hanno animato la nostra preghiera, ed ai quali va il nostro ringraziamento.

Come in precedenti circostanze, anche questa sera ci si è avvalsi delle moderne tecniche di telecomunicazione per “gettare una rete” – una rete di preghiera! – collegando Roma all’Africa. E così, grazie alla collaborazione di Telespazio, del Centro Televisivo Vaticano e della Radio Vaticana, hanno potuto prendere parte al Rosario numerosi studenti universitari di diverse città africane, riuniti con i loro Pastori. Ad essi rivolgo un affettuoso saluto.

Frères et soeurs de langue française, particulièrement vous qui nous avez rejoint depuis le Burkina Faso, la République Démocratique du Congo et l’Égypte, je vous adresse mon salut très cordial. Je vous invite à demeurer unis par la prière aux Evêques de toute l’Afrique réunis à Rome en Synode, afin que l’Eglise puisse apporter une contribution efficace à la réconciliation, à la justice et à la paix, sur ce continent bien-aimé et qu’elle soit un signe authentique d’espérance pour tous les peuples africains, “Sel de la terre…et lumière du monde”. Que la Vierge Marie, Notre-Dame d’Afrique, vous garde dans la paix et vous guide vers son Fils Jésus, le Sauveur! Que Dieu vous bénisse!

[Fratelli e sorelle di lingua francese, in particolare voi che vi siete uniti a noi dal Burkina Faso, dalla Repubblica Democratica del Congo e dall'Egitto, vi porgo un saluto molto cordiale. Vi invito a restare uniti attraverso la preghiera ai Vescovi di tutta l'Africa riuniti a Roma in Sinodo, affinché la Chiesa possa apportare un contributo efficace alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace, in questo amato continente, e sia un segno autentico di speranza per tutti i popoli africani, "Sale della terra ... e luce del mondo". Che la Vergine Maria, Nostra Signora d'Africa, vi conservi nella pace e vi guidi verso suo Figlio Gesù, il Salvatore! Che Dio vi benedica!]

Dear Friends, I greet with affection the many young students, especially those from Kenya, Nigeria, South Africa and Sudan, who have joined us in our prayer to Mary, the Mother of Jesus. We have entrusted to her maternal protection the success of the Second Special Assembly for Africa of the Synod of Bishops. May her intercession sustain Christians everywhere, especially the peoples of Africa, and may her example teach us to turn to the Lord and persevere in prayer in our sorrows and our joys. I extend a special greeting to the young men and women of Africa who are present in my heart and in my prayers. May you always be uncompromising witnesses and active promoters of justice, reconciliation and peace.

[Cari amici, saluto con affetto i numerosi giovani studenti, in particolare quelli del Kenya, della Nigeria, del Sud Africa e del Sudan, che si sono uniti a noi nella nostra preghiera a Maria, la Madre di Gesù.
Abbiamo affidato alla sua intercessione materna il successo della seconda Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa. Che la sua intercessione sostenga i cristiani ovunque, in particolare le popolazioni dell'Africa, e che il suo esempio ci insegni a rivolgerci al Signore e a perseverare nella preghiera nei nostri dolori e nelle nostre gioie! Estendo un saluto speciale ai giovani uomini e alle giovani donne africani che sono presenti nel mio cuore e nelle mie preghiere. Che siate sempre testimoni intransigenti e promotori attivi di giustizia, riconciliazione e pace!]

Saúdo os universitários reunidos em Maputo com o terço na mão e o nome de Maria nos lábios, rezando com a África e pela África, para que os fiéis cristãos, repletos do Espírito Santo, possam cumprir a missão recebida de Jesus: serem o sal duma terra justa e a luz que guia o mundo para a reconciliação e a paz. Obrigado, meus amigos, pela vossa oração e pelo vosso testemunho cristão! Sobre vós vele a Virgem Mãe, a quem confio toda a juventude de Moçambique e demais países africanos de língua oficial portuguesa.

[Saluto gli universitari riuniti a Maputo con il rosario in mano e il nome di Maria sulle labbra, pregando con l'Africa e per l'Africa, affinché i fedeli cristiani, pieni di Spirito Santo, possano compiere la missione ricevuta da Gesù: essere il sale di una terra giusta e la luce che guida il mondo verso la riconciliazione e la pace. Grazie, amici miei, per la vostra preghiera e per la vostra testimonianza cristiana! Su di voi vegli la Vergine Madre, alla quale affido tutti i giovani del Mozambico e degli altri Paesi africani la cui lingua ufficiale è il portoghese.]

In preparazione all’odierno incontro, si è svolto a Roma un convegno, organizzato dalla Direzione Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri e dal Vicariato di Roma, sul tema “Per una nuova cultura dello sviluppo in Africa: il ruolo della cooperazione universitaria”. Nell’esprimere il mio apprezzamento e l’incoraggiamento a proseguire in tale progetto, desidero sottolineare quanto siano importanti la formazione di giovani intellettuali e la collaborazione scientifica e culturale tra gli Atenei, per proporre e animare uno sviluppo umano integrale in Africa e negli altri Continenti. In tale contesto, ho affidato idealmente a voi, cari giovani, l’Enciclica Caritas in veritate, nella quale richiamo l’urgenza di elaborare una nuova sintesi umanistica (cfr n. 21) che riannodi i legami tra l’antropologia e la teologia. Meditando i misteri del Rosario, abbiamo ancora una volta incontrato il vero volto di Dio, che in Gesù Cristo ci rivela la sua presenza nella vita di ogni popolo. Il Dio di Gesù Cristo cammina con l’uomo: e grazie a Lui è possibile costruire la civiltà dell’amore (cfr ivi, 39). Cari universitari di Roma e dell’Africa, vi chiedo di essere nella Chiesa e nella società operatori della carità intellettuale, necessaria per affrontare le grandi sfide della storia contemporanea. Siate nelle Università sinceri e appassionati cercatori della verità, costruendo comunità accademiche di alto livello intellettuale, dove è possibile esercitare e godere di quella razionalità aperta e ampia, che apre la strada all’incontro con Dio. Sappiate creare ponti di collaborazione scientifica e culturale tra i diversi Atenei, soprattutto con quelli africani. A voi, cari studenti africani, rivolgo un particolare invito a vivere il tempo dello studio come preparazione a svolgere un servizio di animazione culturale nei vostri Paesi. La nuova evangelizzazione in Africa conta pure sul vostro generoso impegno.

Cari fratelli e sorelle, con la recita del Rosario abbiamo affidato il secondo Sinodo per l’Africa alla materna intercessione della Vergine Santa. Poniamo nelle Sue mani le speranze, le attese, i progetti dei popoli africani, come pure le loro difficoltà e sofferenze. A quanti sono collegati con noi da varie parti dell’Africa, e a tutti voi qui presenti, imparto di cuore la Benedizione Apostolica.




CONCERTO OFFERTO DALL’ACCADEMIA PIANISTICA INTERNAZIONALE DI IMOLA Aula Paolo VI Sabato, 17 ottobre 2009

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Signori Cardinali,
cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
distinte Autorità,
cari amici!

Ci ritroviamo questa sera per un altro concerto, anche questo di notevole livello artistico e di alto valore storico, a breve distanza da quello tenutosi la scorsa settimana nell’Auditorium di Via della Conciliazione. Rivolgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto: ai Signori Cardinali, ai Vescovi e ai Prelati, alle Autorità, ai graditi ospiti e a tutti i presenti. Un saluto particolare desidero indirizzare ai Padri Sinodali, che hanno voluto condividere insieme anche questo momento di serena distensione.

A nome di tutti esprimo un cordiale ringraziamento all’Accademia Pianistica Internazionale "Incontri con il maestro" di Imola. Vorrei ringraziare e manifestare sentimenti di vivo apprezzamento soprattutto al maestro Franco Scala, che vent’anni fa ha fondato tale benemerita istituzione musicale e continua a dirigerla con passione e talento. A lui va la mia gratitudine pure per le parole con le quali, all’inizio della serata, ha voluto interpretare i comuni sentimenti dei presenti. Un cortese ringraziamento dirigo alla pianista, Jin Ju, che ci ha fatto assaporare le potenzialità espressive del fortepiano e del pianoforte, e la carica emotiva delle musiche che ha eseguito. Mi preme, infine, salutare e ringraziare tutti coloro che, in diversi modi, hanno cooperato alla realizzazione del concerto.

Cari amici, questa sera siamo stati accompagnati in un avvincente ed ideale iter storico e artistico che ha ripercorso l’evoluzione del fortepiano, poi pianoforte, uno fra gli strumenti musicali maggiormente conosciuti e prediletti dai compositori più famosi, strumento capace di offrire una non piccola gamma di sfumature musicali armoniche. I sette strumenti utilizzati, provenienti dall’importante collezione di Imola che ne annovera più di cento, costituiscono di per sé un patrimonio estetico, artistico e storico, sia perché emettono quei suoni che hanno ascoltato gli uomini del passato, sia perché testimoniano il progresso dell’artigianato del pianoforte, rivelando le intuizioni e i successivi perfezionamenti di abili e impareggiabili costruttori.

Questo concerto ci ha permesso, ancora una volta, di gustare la bellezza della musica, linguaggio spirituale e quindi universale, veicolo quanto mai adatto alla comprensione e all’unione tra le persone e i popoli. La musica fa parte di tutte le culture e, potremmo dire, accompagna ogni esperienza umana, dal dolore al piacere, dall’odio all’amore, dalla tristezza alla gioia, dalla morte alla vita. Vediamo come, nel corso dei secoli e dei millenni, la musica è sempre stata utilizzata per dare forma a quello che non si riesce a fare con le parole, perché suscita emozioni altrimenti difficili da comunicare. Non è pertanto un caso se ogni civiltà ha dato importanza e valore alla musica nelle sue varie forme ed espressioni.

La musica, la grande musica, distende lo spirito, suscita sentimenti profondi ed invita quasi naturalmente ad elevare la mente e il cuore a Dio in ogni situazione, sia gioiosa che triste, dell’esistenza umana. La musica può diventare preghiera. Grazie ancora a coloro che hanno organizzato questa bella serata. Tutti, cari amici, vi benedico di cuore.





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