Discorsi 2005-13 18100

A S.E. IL SIGNOR CÉSAR MAURICIO VELÁSQUEZ OSSA, NUOVO AMBASCIATORE DI COLOMBIA PRESSO LA SANTA SEDE Lunedì, 18 ottobre 2010

18100

Signor Ambasciatore,

1. Mentre presenta le Lettere Credenziali che l'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Colombia presso la Santa Sede, con grande piacere le porgo il mio cordiale benvenuto e, reiterando il vivo affetto che nutro per gli amati figli della sua Patria, le auguro un fecondo servizio nello svolgimento della missione che il suo Governo le ha affidato. La ringrazio anche per le parole che mi ha rivolto e per i sentimenti che mi ha espresso da parte del signor Presidente della Repubblica, il dottor Juan Manuel Santos Calderón, che ha assunto di recente l'alta responsabilità di guidare questa amata Nazione lungo i sentieri del progresso nella giustizia, nel rispetto assoluto per i diritti fondamentali della persona e in cammino costante verso mete sempre più nobili e alte, sia umane sia spirituali. La prego di trasmettergli i miei voti migliori di pace e di benessere, e anche la sicurezza della mia preghiera per il fecondo esercizio di un lavoro così importante.

2. La sua presenza, Eccellenza, e le sue gentili parole mi ricordano l'affetto e la devozione di un popolo noto per le sue pure virtù umane e cristiane e per le sue profonde radici cattoliche, che, anche in situazioni difficili di diversa natura, ha saputo conservare la sua fede in Dio e la sua ferma volontà di coltivare e di praticare i valori del Vangelo, fonte inesauribile di energia e d'ispirazione per impegnarsi nelle più nobili cause.

3. Signor Ambasciatore, lei inizia il suo delicato mandato presso la Santa Sede in un momento particolarmente importante per la Colombia. In effetti, quest'anno ha luogo la commemorazione del Bicentenario dell'inizio del processo che portò all'Indipendenza e alla costituzione della Repubblica. Sono certo che questo significativo anniversario sarà un'occasione unica per accogliere le lezioni che la storia offre, per intensificare le iniziative e le misure in grado di consolidare la sicurezza, la pace, la concordia e lo sviluppo integrale di tutti i suoi concittadini e per guardare con serenità e speranza al futuro che si avvicina. In questo cammino è di fondamentale importanza la partecipazione di tutti, di modo che gli aneliti più profondi e i progetti del popolo colombiano diventino sempre più una realtà felice e promettente.

4. Non solo durante questi ultimi due secoli, ma dagli albori dell'arrivo degli spagnoli in America, la Chiesa cattolica è stata presente in ogni tappa del divenire storico del suo Paese, svolgendo sempre un ruolo fondamentale e decisivo. In effetti, il generoso lavoro di tanti vescovi, presbiteri, religiosi e laici ha lasciato orme indelebili nei più diversi ambiti della storia della sua Patria, come la cultura, l'arte, la salute, la convivenza sociale e la costruzione della pace. Si tratta di un patrimonio spirituale che è germogliato, nel corso degli anni e in tutti gli angoli della Colombia, in innumerevoli e feconde realizzazioni umane, spirituali e materiali. Questi sforzi, non esenti da sacrifici e avversità, non possono essere ignorati. Vale la pena salvaguardali come una preziosa eredità e rafforzarli con una proposta benefica per l'intera Nazione. A tale proposito, fedele al mandato ricevuto dal Signore, la Chiesa, nel quadro del Bicentenario, continuerà a offrire il meglio di sé al popolo colombiano, mostrandosi solidale con le sue aspirazioni di superamento e aiutando tutti a partire dalla missione che le è propria. In tal senso, nel messaggio che ho rivolto, il 30 giugno 2008, alla Conferenza episcopale della Colombia, in occasione del Centenario della sua fondazione, ho avuto l'opportunità di esortare i vescovi affinché, con lungimiranza e accogliendo la testimonianza eloquente dello zelo apostolico dei pastori che li hanno preceduti, continuassero "a rispondere con sollecita dedizione, fede ferma e rinnovato ardore alle sfide che si presentano alla Chiesa nella loro patria", servendo "con entusiasmo tutti, soprattutto i meno fortunati, portando loro un messaggio di pace, di giustizia e di riconciliazione". In questo appassionante compito, la Chiesa in Colombia non esige alcun privilegio. Aspira solo a poter servire i fedeli e tutti coloro che le aprono le porte del proprio cuore, con la mano tesa, e sempre disposta a rafforzare tutto ciò che promuove l'educazione delle nuove generazioni, la cura dei malati e degli anziani, il rispetto per i popoli indigeni e le loro legittime tradizioni, lo sradicamento della povertà, del narcotraffico e della corruzione, l'attenzione per i detenuti, gli sfollati, gli emigranti e i lavoratori, come pure l'assistenza alle famiglie bisognose. Si tratta, in definitiva, di continuare a offrire una leale collaborazione per la crescita integrale delle comunità nelle quali i pastori, i religiosi e i fedeli esercitano il loro servizio, mossi solo dalle esigenze che nascono dalla loro ordinazione sacerdotale, dalla loro consacrazione religiosa o dalla loro vocazione cristiana.

5. In questo quadro di reciproca collaborazione e di cordiali relazioni fra la Santa Sede e la Repubblica di Colombia, delle quali quest'anno si celebra il 165° Anniversario, desidero ribadire l'interesse da parte della Chiesa a tutelare e a promuovere l'inviolabile dignità della persona umana, per la qual cosa è fondamentale che l'ordinamento giuridico rispetti la legge naturale in aree tanto essenziali come la tutela della vita umana, dal suo concepimento fino al suo termine naturale, il diritto a nascere e a vivere in una famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna e il diritto dei genitori a far ricevere ai propri figli un'educazione conforme ai loro criteri morali e alle loro credenze. Sono tutti pilastri insostituibili nell'edificazione di una società veramente degna dell'uomo e dei valori che le sono consustanziali.

6. In questo solenne incontro con Lei, Eccellenza, desidero esprimere altresì la mia vicinanza spirituale ed assicurare le mie preghiere a quanti in Colombia sono stati ingiustamente e crudelmente privati della libertà. Prego anche per i loro familiari e, in generale, per le vittime della violenza in tutte le sue forme, supplicando Dio affinché si ponga fine una volta per tutte a tanta sofferenza e tutti i colombiani possano vivere riconciliati e in pace in questa terra benedetta, così ricca di risorse naturali, di belle valli e alte montagne, con fiumi copiosi e pittoreschi paesaggi, che è necessario preservare come magnifico dono del Creatore.

7. Signor Ambasciatore, nel concludere il mio discorso, le ribadisco i miei voti migliori per la missione che oggi comincia, nella quale troverà sempre l'accoglienza e il sostegno dei miei collaboratori. Mentre invoco la materna intercessione di Nostra Signora di Chinquinquirá per lei, Eccellenza, e per i membri di questa Missione diplomatica, per il Governo e per l'amato popolo colombiano, chiedo all'Onnipotente che la sua Patria sia in prima linea nel servizio al bene comune e alla fratellanza fra tutti gli uomini e Gli chiedo anche di incoraggiare i colombiani a percorrere senza esitare le vie dell'intesa reciproca e della solidarietà.






A S.E. IL SIGNOR MANUEL ROBERTO LÓPEZ BARRERA, NUOVO AMBASCIATORE DI EL SALVADOR PRESSO LA SANTA SEDE Lunedì, 18 ottobre 2010

18200

Signor Ambasciatore,

1. Con grande piacere le porgo il benvenuto in questo solenne atto della presentazione delle Lettere che la accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica di El Salvador presso la Santa Sede, e la ringrazio per i sentimenti di cordialità che mi ha espresso da parte del Governo e dell'amatissimo popolo salvadoregno. Contraccambio compiaciuto questo delicato gesto di cortesia e la prego di trasmettere il mio deferente saluto al Signor Presidente della Repubblica, il dottor Mauricio Funes Cartagena, assicurandolo che la Sede Apostolica contribuirà ad affrontare il cammino di dialogo e di convivenza pacifica intrapreso dalle Autorità del suo Paese, di modo che ogni salvadoregno consideri la propria patria come un autentico focolare domestico che lo accoglie e gli offre la possibilità di vivere con serenità. In tal modo il rafforzamento della concordia interna accrescerà il bene della Nazione e contribuirà a far sì che essa continui ad avere un posto di rilievo in tutta l'America Centrale, dove è importante che esistano voci che invitino all'intesa reciproca e alla cooperazione generosa, in nome del giusto progresso e della stabilità della comunità internazionale.

2. Con l'impegno permanente di Vostra Eccellenza nella missione inaugurata oggi, le autorità della sua Patria hanno voluto nobilitare la Rappresentanza Diplomatica di El Salvador presso la Santa Sede, in armonia con il sentimento maggioritario dei suoi concittadini, che professano profonda venerazione e filiale devozione al Successore di San Pietro. Eccellenza, le sue doti personali, la sua fede come pure la sua vasta esperienza in diversi campi dell'insegnamento, dell'amministrazione pubblica e della vita sociale, sono la garanzia migliore nel suo impegno volto a rafforzare le feconde e fluide relazioni che il suo Paese da tempo intrattiene con la Santa Sede.

3. Questi stretti vincoli che uniscono i fedeli salvadoregni alla Cattedra del Principe degli Apostoli sono espressione di una tradizione nobilissima ed è impossibile separarli dalla storia e dalle usanze di questa terra benedetta fin dai tempi in cui vi giunsero i figli di San Domenico e di San Francesco. La fede cattolica trovò in essa un solco fertile e ispirò il nome stesso di questa Nazione centroamericana e moltissimi monumenti artistici famosi, plasmandosi anche in feconde iniziative sanitarie, educative e assistenziali, come pure in innumerevoli virtù personali, familiari e sociali che la condizione cristiana porta con sé. Questo patrimonio di valori fermentato dal lievito evangelico è un'eredita che i salvadoregni hanno ricevuto come suggello di gloria, un tesoro di saggezza che devono alimentare per consolidare in modo giusto e ordinato il presente, e dal quale si possono trarre sufficienti energie morali per proiettare un futuro luminoso.

4. La Chiesa in El Salvador, con la sua competenza specifica, con indipendenza e libertà, cerca di servire la promozione del bene comune in tutte le sue dimensioni e di favorire quelle condizioni che consentono negli uomini e nelle donne lo sviluppo integrale della propria persona, pervadendo a tal fine il contesto sociale con la luce che proviene dalla sua vocazione rinnovatrice nel mondo. Evangelizzando e rendendo testimonianza dell'amore per Dio e per ogni uomo senza eccezioni, diviene un elemento efficace per sradicare la povertà e un impulso vigoroso a lottare contro la violenza, l'impunità e il narcotraffico, che tanti danni stanno causando, soprattutto fra i giovani. Contribuendo nella misura del possibile alla cura dei malati e degli anziani, o alla ricostruzione delle regioni devastate dalle catastrofi naturali, vuole seguire l'esempio del suo Divino Fondatore, che non le permette di restare estranea alle aspirazioni e alle dinamiche dell'essere umano, e neppure di limitarsi a guardare con indifferenza quando si indeboliscono esigenze tanto importanti come l'equa distribuzione della ricchezza, l'onestà nello svolgimento delle funzioni pubbliche o l'indipendenza dei tribunali di giustizia. La comunità ecclesiale non smette neanche di sentirsi interpellata quando a molti manca un alloggio degno o un impegno che permetta loro di realizzarsi e di mantenere la propria famiglia, costringendoli a emigrare lasciando la propria Patria. Allo stesso modo, sarebbe strano che i discepoli di Cristo restassero neutrali dinanzi alla presenza aggressiva delle sette, che appaiono come una facile e comoda risposta religiosa, ma che, in realtà, scuotono la cultura e le consuetudini che, da secoli, hanno plasmato l'identità salvadoregna, oscurando anche la bellezza del messaggio evangelico e incrinando l'unità dei fedeli attorno ai loro Pastori. Al contrario, l'opera materna della Chiesa nel suo costante impegno nel difendere l'inviolabile dignità della vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale, - così come proclama anche la Costituzione del Paese -, il valore della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna e il diritto dei genitori a educare i figli secondo le proprie convinzioni morali e spirituali, crea un clima in cui il vero spirito religioso si fonde con il coraggio per raggiungere mete sempre più alte di benessere e di progresso, aprendo la Nazione a un vasto orizzonte di speranze.

5. È consolante vedere lo sforzo che il suo Paese sta compiendo per edificare una società sempre più armoniosa e solidale, avanzando lungo il sentiero sgombro intrapreso dopo gli Accordi firmati nel 1992, che misero fine alla lunga lotta intestina vissuta de El Salvador, terra d'immense ricchezze naturali che parlano in modo eloquente di Dio e che bisogna conservare e proteggere continuamente per trasmetterla in tutto il loro rigoglio alle nuove generazioni. Grande gioia proverà il popolo salvadoregno, dallo spirito pronto al sacrificio e laborioso, se il processo di pace verrà quotidianamente confermato e si potenzieranno le decisioni volte a favorire la sicurezza civile. A tale proposito chiedo con fervente fiducia all'Onnipotente di offrire ai suoi concittadini l'aiuto necessario per rinunciare definitivamente a quanto provoca scontri, sostituendo le inimicizie con la comprensione reciproca e con la salvaguardia dell'incolumità delle persone e dei loro averi. Per ottenere questi beni è necessario che si convincano che con la violenza nulla si ottiene e tutto peggiora, poiché è una via senza uscita, un male detestabile e inammissibile, una lusinga che raggira la persona e la colma d'indegnità. La pace, al contrario, è l'anelito che sente ogni uomo che si gloria di essere tale. Quale dono del Divino Salvatore, è anche un compito a cui tutti devono collaborare senza esitare, trovando a tal fine nello Stato un paladino fermo attraverso disposizioni giuridiche, economiche e sociali pertinenti, come pure attraverso adeguate Forze e Corpi di Polizia e di Sicurezza, che, nel quadro della legalità, veglino sul benessere della popolazione. In questo cammino di superamento, troveranno sempre la mano tesa dei figli della Chiesa, che esorto vivamente, affinché, con la loro testimonianza di discepoli e di missionari di Cristo, s'identifichino sempre più con Lui e lo supplichino cosicché faccia di ogni salvadoregno un artefice di riconciliazione.

6. A Nostra Signora della Pace, celeste Patrona di El Salvador, affido le preoccupazioni e le sfide di ordine personale, familiare e pubblico dei suoi concittadini. Che Ella assista e protegga anche lei, signor Ambasciatore, nell'alta responsabilità che assume ora e per la quale potrà sempre contare sulla diligente sollecitudine dei miei collaboratori. Allo stesso tempo invoco la sua materna protezione per Lei, Eccellenza, per la sua stimata famiglia e per il personale di questa Missione Diplomatica, e imploro copiose benedizioni dell'Onnipotente per la Repubblica di El Salvador.






A S.E. IL SIGNOR HAN HONG-SOON, NUOVO AMBASCIATORE DI COREA PRESSO LA SANTA SEDE Giovedì, 21 ottobre 2010

21100

Eccellenza,

sono lieto di accoglierla in Vaticano e di accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica della Corea presso la Santa Sede. Desidero esprimere gratitudine per i buoni auspici che mi trasmette da parte del Presidente Lee Myyung-Bak, la cui visita in Vaticano, lo scorso anno, ricordo con molto piacere. Infatti, la visita di Sua Eccellenza è servita ad approfondire le relazioni molto cordiali che intercorrono da circa mezzo secolo fra il suo Paese e la Santa Sede. Trasmetta cortesemente i miei saluti cordiali a Sua Eccellenza e al Governo e li assicuri delle mie preghiere costanti per tutto il popolo della Corea.
È incoraggiante osservare la notevole crescita economica che il suo Paese ha vissuto negli ultimi anni e che ha trasformato la Corea da mero destinatario di aiuto in Paese donatore. Questo sviluppo sarebbe inconcepibile senza un grado notevole di operosità e generosità da parte della popolo coreano e io colgo questa opportunità per rendere un tributo al suo successo. Nello stesso tempo, come il suo Presidente ha sottolineato nel corso della visita in Vaticano, vi sono pericoli impliciti nella rapida crescita economica che fin troppo facilmente può trascurare considerazioni etiche cosicché gli elementi più poveri nella società tendono a essere esclusi dalla giusta condivisione della prosperità della nazione. La crisi finanziaria degli ultimi anni ha esacerbato il problema, ma ha anche richiamato l'attenzione sulla necessità di rinnovare i fondamenti etici di tutta l'attività politica ed economica. Desidero incoraggiare il suo governo nel suo impegno a garantire che la giustizia sociale e la sollecitudine per il bene comune crescano accanto alla prosperità materiale e la assicuro che la Chiesa cattolica in Corea è pronta e desiderosa di collaborare con il Governo mentre quest'ultimo cerca di promuovere questi obiettivi degni.

Infatti, l'impegno della Chiesa locale a operare per il bene della società è ben illustrato dalla gran varietà di apostolati in cui è attiva. Per mezzo della sua rete di scuole e dei suoi programmi pedagogici contribuisce in gran parte alla formazione morale e spirituale dei giovani. Attraverso la sua opera per il dialogo interreligioso cerca di abbattere le barriere fra i popoli e promuovere una coesione sociale basata sul rispetto reciproco e su una maggiore comprensione. Nella sua attività caritativa cerca di aiutare i poveri e i bisognosi, in particolare i rifugiati e i lavoratori migranti che tanto spesso vivono ai margini della società. In tutti questi modi, la Chiesa locale contribuisce ad alimentare e a promuovere valori di solidarietà e fraternità che sono essenziali per il bene comune di qualsiasi comunità umana, e io riconosco con gratitudine l'apprezzamento mostrato dal Governo per l'impegno della Chiesa in tutte queste aree.

Inoltre, la Chiesa "ha un ruolo pubblico che non si esaurisce nelle sue attività di assistenza o di educazione" (Caritas in veritate ). È un ruolo che implica l'annuncio delle verità evangeliche, che ci sfidano continuamente a guardare al di là del limitato pragmatismo e degli angusti interessi di parte che tanto spesso condizionano le scelte politiche e a riconoscere i doveri che dobbiamo svolgere a favore della dignità della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio. Ciò richiede un impegno esplicito a difendere la vita umana in ogni suo stadio, dal concepimento alla morte naturale, a promuovere una vita familiare stabile secondo le norme del diritto naturale e a edificare giustizia e pace ovunque vi sia conflitto. L'importanza attribuita dal suo Governo alle nostre relazioni diplomatiche dimostra il suo riconoscimento del ruolo profetico della Chiesa in queste aree e io la ringrazio per la volontà che ha espresso, a nome del Governo, di continuare a operare con la Santa Sede per promuovere il bene comune della società.

In questo contesto, esprimo anche l'apprezzamento della Santa Sede per il ruolo attivo svolto dalla Repubblica di Corea nella comunità internazionale. Promuovendo la stabilità e la pace della penisola nonché la sicurezza e l'integrazione economica delle nazioni della regione asiatica del Pacifico, grazie ai suoi estesi legami diplomatici con Paesi africani e, in particolare, ospitando il Vertice g20 del prossimo mese, a Seoul, il suo Governo ha dato ampia prova del proprio ruolo di importante attore sulla scena mondiale e ha contribuito a garantire che il processo di globalizzazione venga guidato da considerazioni di solidarietà e fraternità. Sotto "la guida della carità nella verità" la Santa Sede desidera cooperare con tutti gli sforzi volti a indirizzare le forze potenti che plasmano la vita di milioni di persone verso quella "civiltà dell'amore" il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni cultura" (Caritas in veritate ).

Eccellenza, lei ha parlato del Congresso del Laicato Cattolico Asiatico che si è svolto a Seoul all'inizio di settembre sotto l'egida del Pontificio Consiglio per i Laici. Anche io vedo in questo evento un segno importante della feconda cooperazione che esiste già fra il suo Paese e la Santa Sede e che promette bene per il futuro delle nostre relazioni. È stato quanto mai opportuno per il Congresso concentrarsi sui fedeli laici che, come lei ha evidenziato, non solo hanno piantato i primi semi del Vangelo nel suolo coreano, ma hanno anche reso testimonianza in gran numero della loro salda fede in Cristo, versando il proprio sangue. Confido nel fatto che, ispirati e rafforzati dalla testimonianza dei martiri coreani, uomini e donne laici continueranno a edificare la vita e il benessere della nazione attraverso la loro "amorevole sollecitudine per i poveri e per gli oppressi, la loro disponibilità al perdono dei nemici e dei persecutori, il loro esempio di giustizia, di verità e di solidarietà sul posto di lavoro e la loro presenza nella vita pubblica" (Messaggio in occasione del Congresso del Laicato Cattolico Asiatico, Seoul 2010).

Eccellenza, nel porgerle i miei migliori auspici per il buon esito della sua missione, desidero assicurarla del fatto che i vari dicasteri della Curia Romana sono pronti a fornirle aiuto e sostegno nello svolgimento dei suoi compiti. Su di Lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e su tutto il popolo della Repubblica di Corea, invoco di cuore le abbondanti benedizioni di Dio.






A S.E. IL SIGNOR BOGDAN TATARU-CAZABAN, NUOVO AMBASCIATORE DI ROMANIA PRESSO LA SANTA SEDE Giovedì, 21 ottobre 2010

21200

Signor Ambasciatore,

Sono lieto di riceverla questa mattina, in occasione della presentazione delle Lettere che l'accreditano come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica di Romania presso la Santa Sede. La ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto. A mia volta, le sarei grato se potesse esprimere a Sua Eccellenza il signor Traian Basescu, Presidente della Romania, i miei voti cordiali per la sua persona e i miei auspici di felicità e di pace per il popolo romeno. Saluto anche, attraverso di lei, il Governo e tutte le autorità del suo Paese. Desidero altresì salutare fraternamente Sua Beatitudine Daniel, Patriarca della Chiesa ortodossa di Romania.

Venti anni fa, la Romania ha deciso di scrivere una nuova pagina della sua storia. Ma tanti anni vissuti sotto il giogo di un'ideologia totalitaria lasciano ferite profonde nelle mentalità, nella vita politico-economica e negli individui. Dopo il tempo dell'euforia e della libertà, la sua nazione si è impegnata con determinazione in un processo di ricostruzione e di guarigione. Il suo ingresso nell'Unione Europea ha segnato anche una tappa importante nella ricerca di una democratizzazione autentica. Per continuare questo rinnovamento profondo, occorre affrontare molte nuove sfide al fine di evitare che la società romena non sia basata unicamente sulla ricerca del benessere e sull'attrazione del guadagno, conseguenze comprensibili di un periodo di oltre 40 anni di privazioni. Ovviamente, è opportuno che prevalgano innanzitutto l'integrità, l'onesta e la rettitudine. Queste virtù devono ispirare e guidare tutte le componenti della società per una buona gestione. Guidando i cittadini, contribuiranno in modo effettivo alla rigenerazione del tessuto politico, economico e sociale nella crescente complessità del mondo contemporaneo.

La Romania è costituita da un mosaico di popoli. Una simile varietà può essere letta come un ostacolo all'unità nazionale, ma può anche essere vista come un arricchimento della sua identità, di cui essa è una delle caratteristiche. È dunque opportuno fare in modo che ogni individuo abbia il suo posto legittimo nella società, andando al di là di questa varietà e rispettandola. L'eredità lasciata dal comunismo è difficile da gestire a causa della disintegrazione della società e dell'individuo che esso ha favorito. I valori autentici sono stati di fatto occultati a profitto di false teorie che sono state idolatrate per la ragion di Stato. Oggi si tratta dunque d'impegnarsi nel difficile compito di ordinare in modo giusto le questioni umane facendo buon uso della libertà. E la vera libertà presuppone la ricerca della verità, del bene, e si realizza proprio conoscendo e facendo ciò che è opportuno e giusto. In questo processo di ricostruzione del vincolo sociale, la famiglia è al primo posto. Si deve compiere ogni sforzo possibile affinché essa svolga la sua funzione di base nella società. Con la famiglia, è importante favorire l'esistenza di un sistema educativo che incoraggi le giovani generazioni e dia loro la formazione alla quale hanno diritto, capace di rispettare e di alimentare le loro capacità a trascendere i limiti nei quali si vorrebbe a volte rinchiuderle. In presenza di grandi ideali, i giovani aspireranno alla virtù morale e a una vita aperta agli altri attraverso la compassione e la bontà. La famiglia e l'educazione sono il punto di partenza per combattere la povertà e per contribuire anche al rispetto di ogni persona, al rispetto delle minoranze, al rispetto della famiglia e della vita stessa. Sono l'humus in cui si radicano i valori etici fondamentali e in cui può crescere la vita religiosa.
Signor Ambasciatore, la Romania possiede una lunga e ricca tradizione religiosa che, a sua volta, è stata ferita da decenni oscuri e alcune di queste ferite sono ancora vive. Chiedono quindi di essere curate con mezzi che risultino accettabili per ognuna delle comunità. In effetti è opportuno porre rimedio alle ingiustizie ereditate dal passato, senza aver paura di rendere giustizia. Per questo sarebbe bene incoraggiare un processo che potrebbe situarsi su un duplice livello: a livello statale, ossia favorendo un autentico dialogo fra lo Stato e i diversi responsabili religiosi e, dall'altro lato, incoraggiando le relazioni armoniose fra le diverse comunità religiose del suo Paese.

Rendo omaggio agli sforzi compiuti dai Governi che si sono succeduti per stabilire relazioni fra la Chiesa cattolica e la Romania. Cito, fra l'altro, con soddisfazione la ripresa delle relazioni diplomatiche reciproche di cui festeggiamo il ventesimo anniversario. Cito pure la nuova Legge sui Culti che lei ha ricordato nel suo discorso. Esiste anche un organo d'incontro, la Commissione Mista istituita nel 1998, di cui sarebbe opportuno riattivare i lavori.

Da parte sua la Chiesa cattolica desidera continuare a offrire alla sua Nazione un contributo specifico, sia nella prosecuzione dell'edificazione della società romena sia nell'auspicato dialogo con l'insieme delle comunità cristiane non cattoliche. In tal senso essa vede nel dialogo ecumenico un cammino privilegiato per incontrare i propri fratelli nella fede e per costruire con essi il Regno di Dio, rispettando la specificità di ognuno. La testimonianza di fratellanza fra cattolici e ortodossi, in spirito di carità e di giustizia, deve prevalere sulle difficoltà e aprire i cuori alla riconciliazione. In questo ambito, i frutti della visita storica compiuta, una decina di anni fa, da Papa Giovanni Paolo ii, la prima in una nazione a maggioranza ortodossa, sono numerosi. Essi devono rafforzare l'impegno a dialogare nella carità e nella verità e a promuovere iniziative comuni. Un simile dialogo costruttivo non mancherà di essere un fermento di unità e di concordia non solo per il suo Paese, ma anche per l'Europa intera. In questa felice circostanza, vorrei anche salutare calorosamente i Vescovi e i fedeli della Chiesa cattolica in Romania.

Mentre comincia la sua missione, le formulo, Signor Ambasciatore, i miei voti migliori per il nobile compito che l'attende, assicurandola che troverà sempre presso i miei collaboratori un'accoglienza attenta e una comprensione cordiale. Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e sui suoi collaboratori, su tutto il popolo romeno e sui suoi dirigenti, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni di Dio.






A S.E. IL SIGNOR LUIS DOSITEO TAPIA, NUOVO AMBASCIATORE DELL'ECUADOR PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 22 ottobre 2010

22100

Signor Ambasciatore,

Sono lieto di ricevere dalle sue mani le Lettere che l'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica dell'Ecuador presso la Santa Sede, e, nel porgerle il più cordiale benvenuto, le chiedo di accogliere le espressioni del mio affetto per tutti i figli di questa amata Nazione. La ringrazio anche per le gentili parole che mi ha rivolto da parte del Signor Presidente Costituzionale della Repubblica, l'Economista Rafael Correa Delgado, che contraccambio con piacere, e allo stesso tempo le chiedo di trasmettergli i miei più ferventi voti di pace e di benessere per la sua persona e per il nobile popolo dell'Ecuador.

Nella sua patria, che ho avuto la gioia di visitare nel 1978, come Inviato Straordinario del mio venerato Predecessore, Papa Giovanni Paolo I, al III Congresso Mariano Nazionale dell'Ecuador, la Parola di Dio è stata seminata con generosità ed è splendidamente fiorita. In essa sono state raggiunte vette di santità illustri, che si sommano ad altre non tanto note, ma non per questo meno significative, che sono suggello di gloria per questa amata Repubblica e allo stesso tempo evidenziano quanti benefici la fede cattolica può apportare alla promozione di tutte quelle iniziative che nobilitano la persona e perfezionano la società. Questo è stato la meta a cui ha aspirato e aspira in ogni momento la Chiesa nel suo Paese. Essa, nel compimento della sua missione specifica, non ricerca alcun privilegio; vuole solo incrementare tutto ciò che può contribuire allo sviluppo integrale delle persone. In tal senso, la comunità ecclesiale, che ha visto la sua gioia moltiplicata con la recente erezione canonica della Diocesi di San Jacinto de Yaguachi, gioisce anche quando vede favorita la concordia sociale e a tal fine asseconda lo sforzo che le Autorità ecuadoriane stanno compiendo da diversi anni per riscoprire le fondamenta della stessa convivenza democratica, rafforzare lo stato di diritto e dare nuovo impulso alla solidarietà e alla fratellanza. Chiedo all'Altissimo che questo luminoso orizzonte di speranza si dilati sempre più con nuovi progetti e decisioni appropriate, di modo che il bene comune prevalga sugli interessi di partito e di classe, l'imperativo etico sia il punto di riferimento obbligatorio di ogni cittadino, la ricchezza sia equamente distribuita e i sacrifici si condividano in modo eguale e non gravino solo sui più bisognosi.

La sua presenza, Eccellenza, in questo solenne atto mi permette di rivolgere il mio pensiero alla sua Patria, che il Creatore ha dotato di formidabili risorse naturali, con un suolo fertile e solcato da un'incomparabile alternanza di mesete andine, candide vette e fiumi maestosi, che devono esser preservati con impegno e probità, poiché sono riflesso dell'amore e della grandezza di Dio. Questa filigrana di rare bellezze paesaggistiche è conforme alla serie di qualità che contraddistinguono gli ecuadoriani, gente ospitale e operosa, che riconosce che non c'è progresso giusto né bene comune universale senza il bene spirituale e morale delle persone, considerate nella loro totalità di anima e corpo. Senza questo requisito irrinunciabile, la vita pubblica si debilita nelle sue motivazioni e "i diritti umani rischiano di non essere rispettati o perché vengono privati del loro fondamento trascendente o perché non viene riconosciuta la libertà personale" (Caritas in veritate ). Tali valori fondamentali sono profondamente radicati nella verità dell'essere umano che, creato a immagine e somiglianza di Dio, costituisce di per sé il limite di ogni potere politico e, allo stesso tempo, la ragione del suo servizio. A tale proposito la storia insegna che ignorare o distorcere questa verità sull'uomo conduce spesso a ingiustizie e a totalitarismi. Invece quando lo Stato si dota degli strumenti legislativi e giuridici adeguanti affinché essa venga generosamente salvaguardata e favorita, il regime di libertà e di autentica partecipazione civile si consolida, il tessuto sociale si fortifica e l'assistenza ai più bisognosi si rafforza.

Signor Ambasciatore, se nel passato della sua amata Nazione, tanto vicina al cuore del Papa, ci sono stati momenti di difficoltà e di apprensione, non sono state minori le virtù umane e cristiane del suo popolo, come pure gli aneliti di superamento, con sacrifici che evocano proficui insegnamenti, la cui ulteriore cura è affidata agli uomini di oggi, in vista della proiezione di un futuro sereno e lusinghiero. Le Autorità ecuadoriane presteranno un gran servizio al Paese se accresceranno questo insigne patrimonio umano e spirituale, dal quale si potranno trarre energie e ispirazione per continuare a costruire le colonne portanti di ogni comunità umana che si pregia di tale nome, come la difesa della vita dal suo concepimento fino al suo termine naturale, la libertà religiosa, la libera espressione del pensiero, e anche le altre libertà civili, costituendo queste ultime l'autentica condizione per una reale giustizia sociale. Questa, a sua volta, si potrà affermare solo a partire dal sostegno e dalla tutela, anche in termini giuridici ed economici, della cellula primaria della società, che non è altro che la famiglia basata sull'unione matrimoniale fra un uomo e una donna. Di fondamentale importanza saranno pure quei programmi destinati a sradicare la disoccupazione, la violenza, l'impunità, l'analfabetismo e la corruzione. Nel conseguimento di questi lodevoli obiettivi, i Pastori della Chiesa sono consapevoli di non dover intervenire nel dibattito politico, proponendo soluzioni concrete o imponendo il proprio comportamento. Ma non possono e non devono neppure restare neutrali dinanzi ai grandi problemi o alle aspirazioni dell'essere umano, né essere indolenti al momento di lottare per la giustizia. Con il dovuto rispetto per la pluralità di opzioni legittime, il loro ruolo consiste piuttosto nell'illuminare con il Vangelo e con la Dottrina sociale della Chiesa le menti e le volontà dei fedeli, affinché scelgano con responsabilità le decisioni volte all'edificazione di una società più armoniosa e ordinata.

Eccellenza, una delle grandi mete che i suoi concittadini si sono proposti è quella di ottenere un'ampia riforma del sistema educativo, dal livello primario a quello universitario. La Chiesa in Ecuador ha una feconda storia nell'area dell'istruzione dei bambini e dei giovani, avendo esercitato la sua opera docente con particolare dedizione in regioni lontane, isolate e povere della Nazione. È giusto non ignorare questo arduo compito ecclesiale, esempio di sana collaborazione con lo Stato. Anzi, la comunità cristiana desidera continuare a porre la sua vasta esperienza in questo campo al servizio di tutti. Perciò è pronta a collaborare all'elevazione del livello culturale, che costituisce una sfida prioritaria per il retto progresso umano, il che esige allo stesso tempo quella libertà senza la quale l'educazione smetterebbe di essere tale. In effetti, l'identità più profonda della scuola e dell'università non si esaurisce nella mera trasmissione di dati e d'informazioni utili, ma risponde alla volontà di infondere negli studenti l'amore per la verità, affinché li conduca verso quella maturità personale con cui dovranno esercitare il loro ruolo di protagonisti dello sviluppo sociale, economico e culturale del Paese. Nell'accettare questa sfida, l'Autorità pubblica deve garantire il diritto che corrisponde ai genitori sia di formare i figli secondo le loro convinzioni religiose e i loro criteri etici, sia di fondare e sostenere istituzioni scolastiche. In questa prospettiva è anche importante che l'Autorità pubblica rispetti l'identità specifica e l'autonomia delle istituzioni educative e dell'università cattolica, in sintonia con il modus vivendi, sottoscritto più di settant'anni fa fra la Repubblica dell'Ecuador e la Santa Sede. D'altro canto, in virtù dei loro diritti educativi, i genitori devono poter contare sul fatto che la libertà di educazione venga promossa anche nelle istituzioni scolastiche statali, dove la legislazione continuerà a garantire l'insegnamento religioso scolastico in un curriculum corrispondente ai fini propri della scuola in quanto tale.

Signor Ambasciatore, nel concludere questo incontro che dà inizio alla sua missione di rafforzare ancora di più le già feconde relazioni fra la Repubblica dell'Ecuador e la Santa Sede, affido lei, la sua distinta famiglia e il personale di questa Missione Diplomatica all'amorevole intercessione di Maria Santissima, nel suo titolo di Nuestra Señora de la Presentación del Quinche, celeste Patrona dell'Ecuador. Supplico la Madre di Dio di accompagnare tutti i figli di questa bella terra, affinché si ravvivi in essi il pensiero del loro egregio concittadino, il dottor Eugenio de Santacruz y Espejo, che nei giorni dell'indipendenza della Nazione, duecento anni fa, esortava tutti gli ecuadoriani a essere liberi al riparo della Croce. Con questi sentimenti, imploro da Colui che fu inchiodato ad essa di proteggere e benedire tutti i suoi concittadini.




Discorsi 2005-13 18100