Discorsi 2005-13 15210

AD UNA RAPPRESENTANZA DEI MAESTRI DI SCI ITALIANI Sala Clementina Lunedì, 15 novembre 2010

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Signor Ministro,
gentili Signore e Signori,

sono lieto di porgere a voi tutti il mio cordiale saluto. Un deferente pensiero rivolgo all’onorevole Franco Frattini, Ministro degli Affari Esteri dello Stato Italiano, che ha voluto partecipare a questa Udienza, essendo lui stesso parte del folto gruppo degli istruttori di sci. Lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti e, con l’occasione, gli esprimo la mia viva gratitudine per essersi adoperato affinché numerosi cattolici, feriti di recente a Baghdad, fossero accolti prontamente in Italia. La vostra presenza mi suggerisce due brevi riflessioni, sul valore rispettivamente dello sport e dell’ambiente naturale.

L’attività sportiva rientra tra i mezzi che concorrono allo sviluppo armonico della persona ed al suo perfezionamento morale (cfr Conc Vat. II, Dich. Gravissimum educationis
GE 4). Anche il vostro impegno come “Maestri di sci” contribuisce a stimolare alcune capacità, ad esempio la costanza nel perseguire gli obiettivi, il rispetto delle regole, la tenacia nell’affrontare e superare le difficoltà. Praticato con passione e senso etico, lo sport, oltre che esercitare ad un sano agonismo, diventa scuola per apprendere e approfondire valori umani e cristiani. Esso, infatti, insegna ad armonizzare dimensioni importanti della persona umana favorendo il suo sviluppo integrale. Mediante l’attività sportiva, la persona comprende meglio che il suo corpo non può essere considerato un oggetto, ma che, attraverso la corporeità, esprime se stessa ed entra in relazione con gli altri. In tal modo, l’equilibrio tra la dimensione fisica e quella spirituale porta a non idolatrare il corpo, ma a rispettarlo, a non farne uno strumento da potenziare a tutti i costi, utilizzando magari anche mezzi non leciti.

L’altro aspetto a cui vorrei accennare è suggerito dal fatto che lo sci si pratica immersi nell’ambiente montano, un ambiente che, in modo speciale, ci fa sentire piccoli, ci restituisce la giusta dimensione del nostro essere creature, ci rende capaci di interrogarci sul senso del creato, di guardare in alto, di aprirci al Creatore. Penso a quante volte salendo su una montagna per poi scendervi sciando, oppure praticando lo sci da fondo, vi si sono aperti panorami che, in modo spontaneo, elevano lo spirito e invitano ad alzare lo sguardo non solo esteriore, ma anche del cuore. Contemplando la creazione l’uomo riconosce la grandezza di Dio, sorgente ultima del proprio essere e dell’universo. Non va dimenticato che il rapporto con il creato costituisce un elemento importante per lo sviluppo dell’identità umana e neppure il peccato dell’uomo ha eliminato il suo compito di essere custode del mondo. Anche l’attività sportiva può essere concepita e vissuta come parte di questa responsabilità. I progressi nell’ambito scientifico e tecnologico danno all’uomo la possibilità di intervenire e manipolare la natura, ma il rischio, sempre in agguato, è quello di volersi sostituire al Creatore e di ridurre il creato quasi a un prodotto da usare e consumare. Qual è invece l’atteggiamento giusto da assumere? Sicuramente è quello di un profondo sentimento di gratitudine e riconoscenza, ma anche di responsabilità nel conservare e coltivare l’opera di Dio (cfr Gn 2,15). L’attività sportiva aiuta a perseguire tali obiettivi incidendo sullo stesso stile di vita, che viene orientato all’insegna dell’equilibrio, dell’autodisciplina e del rispetto. In particolare per voi, poi, il contatto con la natura è motivo per coltivare un profondo amore verso la creazione di Dio.

Alla luce di queste riflessioni, il vostro ruolo appare rilevante sia per una sana formazione sportiva, sia per un’educazione al rispetto dell’ambiente. Si tratta perciò di un compito da attuare in modo non isolato, ma d’intesa con le famiglie, specialmente quando i vostri allievi sono minori, e in collaborazione con la scuola e le altre realtà educative. Importante è anche la vostra testimonianza di fedeli laici che, pur nel contesto dell’attività sportiva, sanno dare la giusta centralità ai momenti fondamentali per la vita di fede, specialmente alla santificazione della domenica come giorno del Signore

Cari amici, vi ringrazio per la vostra cordiale visita e, mentre vi auguro ogni bene per l’attività professionale e sportiva, vi assicuro la mia preghiera e di cuore benedico voi tutti, i vostri familiari e i vostri allievi.



AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL'UNITÁ DEI CRISTIANI Sala Clementina Giovedì, 18 novembre 2010

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Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle!

È per me una grande gioia incontrarvi in occasione della Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, durante la quale riflettete sul tema: “Verso una nuova tappa del dialogo ecumenico”. Nel rivolgere a ciascuno di voi il mio cordiale saluto, desidero ringraziare in modo particolare il Presidente, Mons. Kurt Koch, anche per le calorose espressioni con cui ha interpretato i vostri sentimenti.

Ieri, come ha ricordato Mons. Koch, avete celebrato, con un solenne Atto commemorativo, il 50° anniversario dell’istituzione del vostro Dicastero. Il 5 giugno 1960, alla vigilia del Concilio Vaticano II, che ha indicato come centrale per la Chiesa l’impegno ecumenico, il beato Giovanni XXIII creava il Segretariato per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, denominato poi, nel 1988, Pontificio Consiglio. Fu un atto che costituì una pietra miliare per il cammino ecumenico della Chiesa cattolica. Nel corso di cinquant’anni è stata percorsa molta strada. Desidero esprimere viva gratitudine a tutti coloro che hanno prestato il loro servizio nel Pontificio Consiglio, ricordando anzitutto i Presidenti che si sono succeduti: i Cardinali Augustin Bea, Johannes Willebrands, Edward Idris Cassidy; e mi è particolarmente gradito ringraziare il Cardinale Walter Kasper, che ha guidato il Dicastero, con competenza e passione, negli ultimi undici anni. Ringrazio membri e consultori, officiali e collaboratori, coloro che hanno contribuito a realizzare i dialoghi teologici e gli incontri ecumenici e quanti hanno pregato il Signore per il dono dell’unità visibile tra i cristiani. Sono cinquant’anni in cui si è acquisita una conoscenza più vera e una stima più grande con le Chiese e le Comunità ecclesiali, superando pregiudizi sedimentati dalla storia; si è cresciuti nel dialogo teologico, ma anche in quello della carità; si sono sviluppate varie forme di collaborazione, tra le quali, oltre a quelle per la difesa della vita, per la salvaguardia del creato e per combattere l’ingiustizia, importante e fruttuosa è stata quella nel campo delle traduzioni ecumeniche della Sacra Scrittura.

In questi ultimi anni, poi, il Pontificio Consiglio si è impegnato, tra l’altro, in un ampio progetto, il cosiddetto Harvest Project, per tracciare un primo bilancio dei traguardi conseguiti nei dialoghi teologici con le principali Comunità ecclesiali dal Vaticano II. Si tratta di un prezioso lavoro che ha messo in evidenza sia le aree di convergenza, sia quelle in cui è necessario continuare ad approfondire la riflessione. Rendendo grazie a Dio per i frutti già raccolti, vi incoraggio a proseguire il vostro impegno nel promuovere una corretta ricezione dei risultati raggiunti e nel far conoscere con esattezza lo stato attuale della ricerca teologica a servizio del cammino verso l’unità. Oggi alcuni pensano che tale cammino, specie in Occidente, abbia perso il suo slancio; si avverte, allora, l’urgenza di ravvivare l’interesse ecumenico e di dare una nuova incisività ai dialoghi. Sfide inedite, poi, si presentano: le nuove interpretazioni antropologiche ed etiche, la formazione ecumenica delle nuove generazioni, l’ulteriore frammentazione dello scenario ecumenico. È essenziale prendere coscienza di tali cambiamenti e individuare le vie per procedere in maniera efficace alla luce della volontà del Signore: “che siano tutti una sola cosa” (
Jn 17,21).

Anche con le Chiese Ortodosse e le Antiche Chiese Orientali, con le quali esistono “strettissimi legami” (Unitatis Redintegratio UR 15), la Chiesa cattolica prosegue con passione il dialogo, cercando di approfondire in modo serio e rigoroso il comune patrimonio teologico, liturgico e spirituale, e di affrontare con serenità e impegno gli elementi che ancora ci dividono. Con gli Ortodossi si è giunti a toccare un punto cruciale di confronto e di riflessione: il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa. E la questione ecclesiologica è anche al centro del dialogo con le Antiche Chiese Orientali: nonostante molti secoli di incomprensione e di lontananza, si è constatato, con gioia, di avere conservato un prezioso patrimonio comune.

Cari amici, pur in presenza di nuove situazioni problematiche o di punti difficili per il dialogo, la meta del cammino ecumenico rimane immutata, come pure l’impegno fermo nel perseguirla. Non si tratta, però, di un impegno secondo categorie, per così dire, politiche, in cui entrano in gioco l’abilità di negoziare o la maggiore capacità di trovare compromessi, per cui ci si potrebbe aspettare, come buoni mediatori, che, dopo un certo tempo, si arrivi ad accordi accettabili da tutti. L’azione ecumenica ha un duplice movimento. Da una parte la ricerca convinta, appassionata e tenace per trovare tutta l’unità nella verità, per escogitare modelli di unità, per illuminare opposizioni e punti oscuri in ordine al raggiungimento dell’unità. E questo nel necessario dialogo teologico, ma soprattutto nella preghiera e nella penitenza, in quell’ecumenismo spirituale che costituisce il cuore pulsante di tutto il cammino: l’unità dei cristiani è e rimane preghiera, abita nella preghiera. Dall’altra parte, un altro movimento operativo, che sorge dalla ferma consapevolezza che noi non sappiamo l’ora della realizzazione dell’unità tra tutti i discepoli di Cristo e non la possiamo conoscere, perché l’unità non la “facciamo noi”, la “fa” Dio: viene dall’alto, dall’unità del Padre con il Figlio nel dialogo di amore che è lo Spirito Santo; è un prendere parte all’unità divina. E questo non deve far diminuire il nostro impegno, anzi, deve renderci sempre più attenti a cogliere i segni e i tempi del Signore, sapendo riconoscere con gratitudine quello che già ci unisce e lavorando perché si consolidi e cresca. Alla fine, anche nel cammino ecumenico, si tratta di lasciare a Dio quello che è unicamente suo e di esplorare, con serietà, costanza e dedizione, quello che è nostro compito, tenendo conto che al nostro impegno appartengono i binomi di agire e soffrire, di attività e pazienza, di fatica e gioia.

Invochiamo fiduciosi lo Spirito Santo, perché guidi il nostro cammino e ognuno senta con rinnovato vigore l’appello a lavorare per la causa ecumenica. Incoraggio tutti voi a proseguire nella vostra opera; è un aiuto che rendete al Vescovo di Roma nell’adempiere la sua missione al servizio dell’unità. Quale segno di affetto e gratitudine, vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.



CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO PER LA CREAZIONE DI NUOVI CARDINALI

AI NUOVI CARDINALI, CON I FAMILIARI E I PELLEGRINI CONVENUTI PER IL CONCISTORO Aula Paolo VI Lunedì, 22 novembre 2010

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Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell’Episcopato e nel presbiterato,
Cari amici!

Sono ancora vivi nella mente e nel cuore di tutti noi i sentimenti e le emozioni, che abbiamo vissuto ieri e l'altro ieri, in occasione della creazione di 24 nuovi Cardinali. Sono stati momenti di fervida preghiera e di profonda comunione, che oggi desideriamo prolungare con l'animo colmo di gratitudine verso il Signore, il quale ci ha dato la gioia di vivere una nuova pagina della storia della Chiesa. Sono pertanto lieto di accogliervi anche oggi, in quest'incontro semplice e familiare, e di rivolgere il mio cordiale saluto ai neo-Porporati, come pure ai loro parenti, amici e a quanti li accompagnano in questa circostanza così solenne e importante.

Saluto in primo luogo voi, cari Cardinali italiani! Saluto Lei, Signor Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi; saluto Lei, Signor Cardinale Francesco Monterisi, Arciprete della Basilica papale di San Paolo fuori le mura; saluto Lei, Signor Cardinale Fortunato Baldelli, Penitenziere Maggiore; saluto Lei, Signor Cardinale Paolo Sardi, Vice Camerlengo di Santa Romana Chiesa; saluto Lei, Signor Cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero; saluto Lei, Signor Cardinale Velasio De Paolis, Presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede; saluto Lei, Signor Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; saluto Lei, Signor Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo; saluto Lei, Signor Cardinale Elio Sgreccia, già Presidente della Pontificia Accademia per la Vita; saluto Lei, Signor Cardinale Domenico Bartolucci, già Maestro Direttore della Cappella Musicale Pontificia. Cari e Venerati Fratelli, attraverso di voi, la Chiesa che è in Italia viene ad arricchire il Collegio Cardinalizio di ulteriore saggezza pastorale ed entusiasmo apostolico. Estendo volentieri il mio cordiale saluto a quanti con voi condividono la gioia di questo momento e li esorto ad assicurare il sostegno della loro preghiera, perché possiate perseverare fedelmente nei rispettivi compiti a vantaggio del Vangelo e dell'intero popolo cristiano.



[Rivolgo un cordiale saluto ai nuovi Cardinali francofoni: il Patriarca d'Alessandria dei Copti, Cardinale Antonios Naguib; il Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", Cardinale Robert Sarah; l'Arcivescovo di Kinshasa, Cardinale Laurent Monsengwo Pasinya. Saluto anche con gioia i loro familiari e tutte le persone che li accompagnano in questi giorni di festa che abbiamo appena vissuto. Cari amici, queste celebrazioni ci invitano ad allargare il nostro sguardo per abbracciare la Chiesa universale. Vi invito a pregare per i nuovi Cardinali affinché, in comunione con il Successore di Pietro, operino efficacemente per l'unità e la santità dell'intero Popolo di Dio. E voi stessi siate testimoni ardenti del Vangelo per ridare al mondo la speranza di cui ha bisogno per contribuire ovunque a stabilire la pace e la fratellanza.]



[Estendo un saluto cordiale ai prelati anglofoni che ho avuto l'onore di elevare alla dignità di Cardinale nel Concistoro di sabato. Il Cardinale Raymond Leo Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, il Cardinale Medardo Joseph Mazombwe, Arcivescovo Emerito di Lusaka (Zambia), il Cardinale Donald William Wuerl, Arcivescovo di Washington (USA) e il Cardinale Albert Malcom Ranjith Patabendige Don, Arcivescovo di Colombo (Sri Lanka).
Porgo il benvenuto anche ai loro familiari e amici e a tutti i fedeli che li hanno accompagnati a Roma.
Il Collegio dei Cardinali, la cui origine è legata al clero antico della Chiesa Romana, ha l'incarico di eleggere il Successore di Pietro e di consigliarlo nelle questioni più importanti. Sia negli uffici della Curia Romana sia nel loro ministero nelle Chiese locali in tutto il mondo, i Cardinali sono chiamati a condividere in modo speciale la sollecitudine del Papa per la Chiesa universale. Il colore vivido del loro abito è stato tradizionalmente considerato un segno del loro impegno per difendere il gregge di Cristo anche fino al sacrificio della propria vita. Mentre i nuovi Cardinali accettano il fardello di questo ufficio, ho fiducia nel fatto che saranno sostenuti dalle vostre costanti preghiere e dalla vostra cooperazione nei loro sforzi per edificare il Corpo di Cristo in unità, santità e pace.]



[Rivolgo un saluto particolare ai nuovi Cardinali di lingua tedesca. Comincio con il Cardinale Kurt Koch, che saluto cordialmente insieme con i suoi parenti, i suoi amici e i suoi ospiti provenienti dalla Svizzera, soprattutto i rappresentanti della Diocesi di Basilea, nella quale ha operato come Vescovo per molti anni, così come i rappresentanti del Consiglio Federale e dei Cantoni. Unitevi a lui in preghiera e sostenetelo nel suo compito importante per la Chiesa universale e come collaboratore del Papa al servizio dell'unità dei cristiani.
Con gioia porgo il benvenuto anche al Cardinale Reinhard Marx e alla sua famiglia, agli ospiti e ai pellegrini dell'Arcidiocesi di München und Freising, ai Vescovi, ai collaboratori nelle varie istituzioni episcopali, ai rappresentanti della politica e della vita pubblica e ai credenti della Diocesi di Trier e della sua Diocesi natale di Paderborn. Infine, saluto cordialmente il Cardinale Walter Brandmüller, i suoi parenti e i suoi amici di Roma, Augusta e Bamberga. Cari amici, i Cardinali partecipano in maniera particolare alla sollecitudine del Successore di Pietro per la Chiesa universale. Il segno di questo è il rosso luminoso della porpora, che evidenzia il fatto che essi devono essere coloro che proteggono e difendono il gregge di Cristo fino alle estreme conseguenze, fino al dono del proprio sangue.
Accompagnateli nello svolgimento del loro compito con la vostra preghiera e con il vostro impegno per la Chiesa.]


[Saluto con affetto i nuovi Cardinali di lingua spagnola accompagnati dai loro familiari e da tanti Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici venuti soprattutto dall'Ecuador e dalla Spagna. La Chiesa in Ecuador si rallegra per il Cardinale Raúl Eduardo Vela Chiriboga, Arcivescovo Emerito di Quito, che con zelo e dedizione esemplare ha esercitato il ministero episcopale anche a Guayaquil, Azogues, e come Vescovo Ordinario Militare. La Chiesa che peregrina in Spagna si congratula a sua volta con il Cardinale José Manuel Estepa Llaurens, Arcivescovo Emerito Castrense, che ha prestato un servizio prezioso partecipando alla redazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Vi invito tutti ad accompagnare con la vostra preghiera e la vostra vicinanza spirituale i nuovi membri del Collegio dei Cardinali, affinché, mossi da un amore intenso per Cristo e uniti in stretta comunione con il Successore di Pietro, continuino a servire con fedeltà la Chiesa.]



[Saluto il Signor Cardinale Raymundo Damasceno Assis, circondato qui da persone amiche, che si rallegrano nel vedere la sua persona più intimamente associata al ministero del Papa. La vostra presenza mi ricorda le ore di intima gioia e di grande speranza ecclesiale vissute ad Aparecida, durante la mia indimenticabile visita in Brasile che, soprattutto quel giorno, si è allargata a tutto il Continente dell'America Latina e dei Caraibi, con il suo episcopato lì riunito in comunione di fede, di speranza e di amore, sotto lo sguardo materno di Maria, attorno al Successore di Pietro. Oggi insieme a voi ribadisco la mia fiducia affettuosa al Signor Cardinale Arcivescovo di Aparecida e chiedo a Nostra Signora di proteggervi e di assistervi tutti, illuminando di speranza il vostro cammino, in unione con il vostro Pastore e amico, per instaurare tutte le cose in Cristo.]



[Espressioni di saluto rivolgo al Cardinale Kazimierz Nycz e ai suoi ospiti. La nomina cardinalizia obbliga alla premura ormai non solo per la Chiesa locale, ma per le sorti della Chiesa universale, nonché alla stretta collaborazione con il Papa nello svolgimento dell’ufficio Petrino. Per questo imploro per lui tutte le grazie necessarie, e chiedo a tutti voi la costante preghiera per la luce e la potenza dello Spirito Santo – Spirito di saggezza e di consiglio. Dio vi benedica! ]

Cari e venerati Fratelli che siete entrati a far parte del Collegio Cardinalizio! Rinnovo a ciascuno di voi il mio augurio più cordiale. Il vostro ministero si arricchisce di un ulteriore impegno nel sostenere il Successore di Pietro, nel suo universale servizio alla Chiesa. Confido tanto in voi, nella vostra preghiera e nel vostro prezioso aiuto. Con fraterna stima, vi incoraggio a proseguire nella vostra missione spirituale e apostolica, che ha conosciuto una tappa molto importante. Mantenete fisso lo sguardo su Cristo, attingendo da Lui ogni grazia e spirituale conforto, sull'esempio luminoso dei Santi Cardinali, intrepidi servitori della Chiesa che nel corso dei secoli hanno reso gloria a Dio con esercizio eroico delle virtù e tenace fedeltà al Vangelo. Invoco su di voi e sui presenti la materna protezione della Vergine Maria, Madre della Chiesa, e della martire santa Cecilia, di cui oggi celebriamo la memoria. La patrona della musica e del bel canto accompagni e sostenga il vostro impegno di essere nella Chiesa attenti ascoltatori delle varie voci, per rendere più profonda l’unità dei cuori. Con tali sentimenti imparto con affetto a voi e a tutti i presenti una speciale Benedizione Apostolica.



ALLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI SETTIMANALI CATTOLICI Sala Clementina Venerdì, 26 novembre 2010

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Cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di incontrarvi, in occasione dell’Assemblea della Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici. Il mio cordiale saluto va a Mons. Mariano Crociata, Segretario della Conferenza Episcopale Italiana, ai Presuli e Sacerdoti presenti, e a don Giorgio Zucchelli, Presidente della Federazione, che ringrazio per le cortesi parole. Saluto tutti voi, Direttori e collaboratori delle 188 testate giornalistiche cattoliche rappresentate nella Federazione; in particolare il Direttore dell’agenzia Sir e il Direttore del quotidiano Avvenire. Sono grato per questo incontro, con il quale manifestate la vostra fedeltà alla Chiesa e al suo magistero; vi ringrazio anche per l’appoggio che continuate a dare alla colletta dell’Obolo di San Pietro e alle iniziative benefiche promosse e sostenute dalla Santa Sede.

La Federazione Italiana Settimanali Cattolici riunisce i settimanali diocesani e i vari organi di stampa di ispirazione cattolica di tutta la penisola italiana. Essa sorse nel 1966 per rispondere all’esigenza di sviluppare sinergie e collaborazioni, volte a favorire il prezioso compito di far conoscere la vita, l’attività e l’insegnamento della Chiesa. Creando dei canali di comunicazione tra i diversi organi di stampa locali, sparsi in tutta Italia, si è voluto rispondere all’esigenza di promuovere la collaborazione e dare una certa organicità alle varie potenzialità intellettuali e creative, proprio per aumentare l’efficacia e l’incisività dell’annuncio del messaggio evangelico. Questa è la funzione peculiare dei giornali di ispirazione cattolica: annunciare la Buona Novella attraverso il racconto dei fatti concreti che vivono le comunità cristiane e delle situazioni reali in cui sono inserite. Come una piccola quantità di lievito, mescolato con la farina, fa fermentare tutto l’impasto, così la Chiesa, presente nella società, fa crescere e maturare ciò che vi è di vero, di buono e di bello; e voi avete il compito di dare conto di questa presenza, che promuove e fortifica ciò che è autenticamente umano e che porta all’uomo d’oggi il messaggio di verità e di speranza del Signore Gesù.

Ben sapete come, nel contesto della post-modernità in cui viviamo, una delle sfide culturali più importanti coinvolga il modo di intendere la verità. La cultura dominante, quella più diffusa nell’areopago mediatico, si pone, nei confronti della verità, con un atteggiamento scettico e relativista, considerandola alla stregua delle semplici opinioni e ritenendo, di conseguenza, compossibili e legittime molte “verità”. Ma il desiderio che c’è nel cuore dell’uomo testimonia l’impossibilità di accontentarsi di verità parziali; per questo, la persona umana “tende verso una verità ulteriore che sia in grado di spiegare il senso della vita; è perciò una ricerca che non può trovare esito se non nell’assoluto” (Giovanni Paolo II, Enc. Fides et ratio
FR 33). La verità, di cui l’uomo è assetato, è una persona: il Signore Gesù. Nell’incontro con questa Verità, nel conoscerla ed amarla, noi troviamo la vera pace e la vera felicità. La missione della Chiesa consiste nel creare le condizioni perché si realizzi questo incontro dell’uomo con Cristo. Collaborando a questo compito, gli organi di informazione sono chiamati a servire con coraggio la verità, per aiutare l’opinione pubblica a guardare e a leggere la realtà da un punto di vista evangelico. Si tratta di presentare le ragioni della fede, che, in quanto tali, vanno al di là di qualsiasi visione ideologica e hanno pieno diritto di cittadinanza nel dibattito pubblico. Da questa esigenza nasce il vostro impegno costante a dare voce ad un punto di vista che rispecchi il pensiero cattolico in tutte le questioni etiche e sociali.

Cari amici, l’importanza della vostra presenza è testimoniata dalla diffusione capillare delle testate giornalistiche che rappresentate. Questa diffusione passa attraverso il mezzo della carta stampata, che, proprio per la sua semplicità, continua ad essere efficace cassa di risonanza di quanto avviene all’interno delle diverse realtà diocesane. Vi esorto perciò a proseguire nel vostro servizio di informazione sulle vicende che segnano il cammino delle comunità, sul loro vissuto quotidiano, sulle tante iniziative caritative e benefiche che esse promuovono. Continuate ad essere giornali della gente, che cercano di favorire un dialogo autentico tra le varie componenti sociali, palestre di confronto e di dibattito leale fra opinioni diverse. Così facendo, i giornali cattolici, mentre adempiono l’importante compito di informare, svolgono, al tempo stesso, una insostituibile funzione formativa, promuovendo un’intelligenza evangelica della realtà complessa, come pure l’educazione di coscienze critiche e cristiane. Con ciò voi rispondete anche all’appello della Conferenza Episcopale Italiana, che ha posto al centro dell’impegno pastorale del prossimo decennio la sfida educativa, la necessità di dare al popolo cristiano una formazione solida e robusta.

Cari fratelli e sorelle, ogni cristiano, attraverso il sacramento del Battesimo, diviene tempio dello Spirito Santo e, immerso nella morte e risurrezione del Signore, è consacrato a Lui e gli appartiene. Anche voi, per portare a compimento il vostro importante compito, dovete innanzitutto coltivare un legame costante e profondo con Cristo; solo la comunione profonda con Lui vi renderà capaci di portare all’uomo d’oggi l’annuncio della Salvezza! Nell’operosità e nella dedizione al vostro lavoro quotidiano sappiate testimoniare la vostra fede, il dono grande e gratuito della vocazione cristiana. Continuate a mantenervi nella comunione ecclesiale con i vostri Pastori, così da poter cooperare con essi, come direttori, redattori e amministratori di settimanali cattolici, alla missione evangelizzatrice della Chiesa.

Nel congedarmi da voi, vorrei assicurarvi il mio ricordo in suffragio del compianto Mons. Franco Peradotto, recentemente scomparso, primo presidente della Federazione dei Settimanali Cattolici Italiani e a lungo direttore della “Voce del Popolo” di Torino. Affidando la Federazione e il vostro lavoro alla celeste intercessione della Vergine Maria e di san Francesco di Sales, di cuore imparto a voi e a tutti i vostri collaboratori la Benedizione Apostolica.



AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA GENERALE DELL'UNIONE DEI SUPERIORI GENERALI (USG) E DELL'UNIONE INTERNAZIONALE DELLE SUPERIORE GENERALI (UISG) Sala Clementina Venerdì, 26 novembre 2010

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Carissimi Fratelli e Sorelle!

Sono lieto di incontrarvi in occasione dell’Assemblea Semestrale dell’Unione dei Superiori Generali, che state celebrando, in continuità con quella del maggio scorso, sul tema della vita consacrata in Europa. Saluto il Presidente, Don Pascual Chávez - che ringrazio per le parole rivoltemi - come pure il Consiglio Esecutivo; un saluto particolare al Comitato Direttivo dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali e ai numerosi Superiori Generali. Estendo il mio pensiero a tutti i vostri confratelli e consorelle sparsi nel mondo, specialmente a quanti soffrono per testimoniare il Vangelo. Desidero esprimere vivo ringraziamento per quanto fate nella Chiesa e con la Chiesa in favore dell’evangelizzazione e dell’uomo. Penso alle molteplici attività pastorali nelle parrocchie, nei santuari e nei centri di culto, per la catechesi e la formazione cristiana dei bambini, dei giovani e degli adulti, manifestando la vostra passione per Cristo e per l’umanità. Penso al grande lavoro nel campo educativo, nelle università e nelle scuole; alle molteplici opere sociali, attraverso le quali andate incontro ai fratelli più bisognosi con l’amore stesso di Dio. Penso anche alla testimonianza, a volte rischiosa, di vita evangelica nelle missioni ad gentes, in circostanze spesso difficili.

Le vostre due ultime Assemblee sono state dedicate a considerare il futuro della vita consacrata in Europa. Questo ha significato ripensare il senso stesso della vostra vocazione, che comporta, prima di tutto, il cercare Dio, quaerere Deum: siete per vocazione cercatori di Dio. A questa ricerca consacrate le migliori energie della vostra vita. Passate dalle cose secondarie a quelle essenziali, a ciò che è veramente importante; cercate il definitivo, cercate Dio, mantenete lo sguardo rivolto a Lui. Come i primi monaci, coltivate un orientamento escatologico: dietro il provvisorio cercate ciò che rimane, ciò che non passa (cfr Discorso nel Collège des Bernardins, Parigi, 12 settembre 2008). Cercate Dio nei confratelli che vi ha dato, con i quali condividete la stessa vita e missione. Lo cercate negli uomini e nelle donne del nostro tempo, ai quali siete inviati per offrire loro, con la vita e la parola, il dono del Vangelo. Lo cercate particolarmente nei poveri, primi destinatari della Buona Notizia (cfr Lc
Lc 4,18). Lo cercate nella Chiesa, dove il Signore si fa presente, soprattutto nell’Eucaristia e negli altri Sacramenti, e nella sua Parola, che è via maestra per la ricerca di Dio, ci introduce nel colloquio con Lui e ci rivela il suo vero volto. Siate sempre appassionati cercatori e testimoni di Dio!

Il rinnovamento profondo della vita consacrata parte dalla centralità della Parola di Dio, e più concretamente del Vangelo, regola suprema per tutti voi, come afferma il Concilio Vaticano II nel Decreto Perfectae caritatis (cfr n. 2) e come ben compresero i vostri Fondatori: la vita consacrata è una pianta ricca di rami che affonda le radici nel Vangelo. Lo dimostra la storia dei vostri Istituti, nei quali la ferma volontà di vivere il Messaggio di Cristo e di configurare la propria vita ad esso, è stata e rimane il criterio fondamentale del discernimento vocazionale e del vostro discernimento personale e comunitario. È il Vangelo vissuto quotidianamente l’elemento che dà fascino e bellezza alla vita consacrata e vi presenta davanti al mondo come un’alternativa affidabile. Di questo ha bisogno la società attuale, questo attende da voi la Chiesa: essere Vangelo vivente.

Un altro aspetto fondamentale della vita consacrata che vorrei sottolineare è la fraternità: “confessio Trinitatis” (cfr Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Vita consecrata, 41) e parabola della Chiesa comunione. Attraverso di essa, infatti, passa la testimonianza della vostra consacrazione. La vita fraterna è uno degli aspetti che maggiormente cercano i giovani quando si avvicinano alla vostra vita; è un elemento profetico importante che offrite in una società fortemente individualistica. Conosco gli sforzi che state facendo in questo campo, come conosco anche le difficoltà che la vita comunitaria comporta. C’è bisogno di un serio e costante discernimento per ascoltare quello che lo Spirito dice alla comunità (cfr ?p 2,7), per riconoscere quello che viene dal Signore e quello che gli è contrario (cfr Vita consecrata VC 73). Senza il discernimento, accompagnato dalla preghiera e dalla riflessione, la vita consacrata corre il pericolo di accomodarsi sui criteri di questo mondo: l’individualismo, il consumismo, il materialismo; criteri che fanno venir meno la fraternità e fanno perdere fascino e mordente alla stessa vita consacrata. Siate maestri di discernimento, affinché i vostri confratelli e le vostre consorelle assumano questo habitus e le vostre comunità siano segno eloquente per il mondo di oggi. Voi che esercitate il servizio dell’autorità, e che avete compiti di guida e di progettualità del futuro dei vostri Istituti Religiosi, ricordate che una parte importante dell’animazione spirituale e del governo è la ricerca comune dei mezzi per favorire la comunione, la mutua comunicazione, il calore e la verità nelle relazione reciproche.

Un ultimo elemento che voglio evidenziare è la missione. La missione è il modo di essere della Chiesa e, in essa, della vita consacrata; fa parte della vostra identità; vi spinge a portare il Vangelo a tutti, senza confini. La missione, sostenuta da una forte esperienza di Dio, da una robusta formazione e dalla vita fraterna in comunità, è una chiave per comprendere e rivitalizzare la vita consacrata. Andate, dunque, e in fedeltà creativa fate vostra la sfida della nuova evangelizzazione. Rinnovate la vostra presenza negli areopaghi di oggi per annunciare, come fece san Paolo ad Atene, il Dio “ignoto” (cfr Discorso nel Collège des Bernardins).

Cari Superiori Generali, il momento attuale presenta per non pochi Istituti il dato della diminuzione numerica, particolarmente in Europa. Le difficoltà, però, non devono farci dimenticare che la vita consacrata ha la sua origine nel Signore: è voluta da Lui per l’edificazione e la santità della sua Chiesa, e perciò la Chiesa stessa non ne sarà mai privata. Mentre vi incoraggio a camminare nella fede e nella speranza, vi chiedo un rinnovato impegno nella pastorale vocazionale e nella formazione iniziale e permanente. Vi affido alla Beata Vergine Maria, ai vostri Santi Fondatori e Patroni, mentre di cuore vi imparto la mia Apostolica Benedizione, che estendo alle vostre Famiglie religiose.





Discorsi 2005-13 15210