Discorsi 2005-13 60210

AI DIRIGENTI E AL PERSONALE DELL'ACEA (AZIENDA COMUNALE ENERGIA E AMBIENTE) Sala Clementina Sabato, 6 febbraio 2010

60210
Signor Cardinale,
cari amici dell’Azienda Comunale Energia e Ambiente!

Sono lieto di accogliervi e di rivolgere a ciascuno di voi il mio cordiale benvenuto. Saluto il Signor Cardinale Salvatore De Giorgi, il Signor Sindaco di Roma, i Membri del Direttivo Nazionale UCID e il Presidente di ACEA, il Dott. Giancarlo Cremonesi, che ringrazio per le cortesi parole con cui ha introdotto il nostro incontro e per i doni offerti, in particolare per il bel volume sull’applicazione al mondo dell’impresa dei principi dell’Enciclica Caritas in veritate, edito dalla Libreria Editrice Vaticana in collaborazione con l’UCID, nella collana “Imprenditori per il bene comune”. Desidero esprimere vivo apprezzamento per tale iniziativa editoriale, auspicando che possa diventare un punto di riferimento nel cercare soluzioni per i complessi problemi del mondo del lavoro e dell’economia. Vorrei, inoltre, esprimere il mio vivo compiacimento per il progetto di collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, che si propone l’obiettivo di rispondere all’urgenza di acqua e di energia in alcuni Paesi in via di sviluppo.

Ho, inoltre, visto con interesse la “Carta dei Valori” ed il “Codice Etico”, nei quali vengono richiamati i principi di responsabilità, trasparenza, correttezza, lo spirito di servizio e di collaborazione cui si richiama l’ACEA. Si tratta di orientamenti che codesta Azienda vuole ricordare e sui quali costruire la propria immagine e reputazione.

Avete da poco concluso le celebrazioni del centenario dell’ACEA. Sono, infatti, passati cento anni da quel 20 settembre del 1909, quando i Cittadini romani, con referendum popolare, scelsero che l’illuminazione pubblica e i trasporti collettivi fossero municipalizzati. Da quel giorno la vostra Azienda è cresciuta insieme a Roma. Un cammino lungo e affascinante, ricco di sfide e di successi. Basti pensare a quanto è stato complesso garantire i servizi essenziali a fasce sempre più estese di cittadini, in quartieri nuovi, spesso cresciuti in maniera caotica e abusiva, in una Città che cambiava e si espandeva a dismisura. Così, nel corso degli anni, possiamo affermare che il rapporto fra l’Urbe e l’ACEA è diventato sempre più stretto, e questo grazie soprattutto alla pluralità di servizi che l’Azienda ha erogato e continua ad erogare alla Città, sostenendone e favorendone la trasformazione in una moderna Metropoli.

La celebrazione centenaria giunge al termine di un periodo denso di difficoltà, caratterizzato da una grave crisi internazionale che ha portato il mondo a ripensare un modello di sviluppo basato soprattutto sulla finanza e sul profitto, per orientarsi a rimettere al centro dell’azione dell’uomo la sua capacità di produrre, di innovare, di pensare e costruire il futuro. Come sottolineavo nell’Enciclica Caritas in veritate, è importante che cresca la consapevolezza circa la necessità di una più ampia “responsabilità sociale” dell’impresa, che spinga a tenere nella giusta considerazione le attese e i bisogni dei lavoratori, dei clienti, dei fornitori e dell’intera comunità, e ad avere una particolare attenzione verso l’ambiente (cfr n. 40). In questo modo la produzione di beni e servizi non sarà legata esclusivamente alla ricerca del profitto economico, ma anche alla promozione del bene di tutti. Mi rallegro perché la storia di questi cento anni non si traduce soltanto nei termini numerici di una sempre maggiore competitività, ma anche in un impegno morale che tende a perseguire il benessere della collettività.

Nello spirito di servizio che la caratterizza, desidero esprimere il mio apprezzamento per quanto l’ACEA, grazie alla competenza professionale dei suoi dipendenti, ha realizzato nell’illuminazione dei monumenti che rendono Roma unica al mondo. A questo proposito, voglio ricordare con gratitudine il fattivo aiuto in occasione delle celebrazioni per l’80° Anniversario della fondazione dello Stato della Città del Vaticano. Anche numerose Chiese, ad iniziare dalla Basilica di San Pietro, sono valorizzate da sapienti giochi di luce che mettono in risalto quanto l’uomo ha saputo realizzare per manifestare la propria fede in Cristo, “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (
Jn 1,9).

Ho appreso, poi, con favore dell’impegno dell’Azienda nel tutelare l’ambiente attraverso la gestione sostenibile delle risorse naturali, la riduzione dell’impatto ambientale e il rispetto del creato. E’ però ugualmente importante favorire un’ecologia umana, che sia in grado di rendere gli ambienti di lavoro e le relazioni interpersonali degne dell’uomo. Vorrei, a questo proposito, ribadire quanto ho affermato nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno, auspicando “l’adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell’essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita” (n. 9).

Anche a Roma, come in ogni grande Città, si avvertono gli effetti di una cultura che esaspera il concetto di individuo: spesso si vive chiusi in se stessi, ripiegati sui propri problemi, distratti dalle tante preoccupazioni che affollano la mente e rendono l’uomo incapace di cogliere le semplici gioie presenti nella vita di ciascuno. La custodia della creazione, compito affidato dal Creatore all’umanità (cfr Gn 2,15), implica anche la custodia di quei sentimenti di bontà, generosità, correttezza e onestà che Dio ha posto nel cuore di ogni essere umano, creato a sua “immagine e somiglianza” (cfr Gn 1,26).

Vorrei, infine, rivolgere ai presenti l’invito a guardare a Cristo, l’uomo perfetto, a prendere sempre come esempio il suo agire, per poter crescere in umanità, e così realizzare una Città dal volto sempre più umano, nella quale ognuno è considerato persona, essere spirituale in relazione con gli altri. Anche grazie al vostro impegno nel migliorare i rapporti interpersonali e la qualità del lavoro, Roma potrà continuare ad assolvere quel ruolo di faro di civiltà, che l’ha resa illustre nel corso dei secoli.

Mentre vi rinnovo l’espressione della mia gratitudine per questa vostra visita, assicuro un particolare ricordo nella preghiera per ciascuno di voi e per le vostre attività, e di cuore vi benedico insieme ai vostri cari.








A S.E. IL SIG. ALFONSO ROBERTO MATTA FAHSEN NUOVO AMBASCIATORE DEL GUATEMALA PRESSO LA SANTA SEDE Sabato, 6 febbraio 2010

61310

Signor Ambasciatore,

1. Ricevo con piacere dalle sue mani le Lettere che l'accreditano come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica del Guatemala presso la Santa Sede. Le porgo un cordiale benvenuto nel momento in cui dà inizio all'alta responsabilità che le è stata affidata, e allo stesso tempo la ringrazio per le gentili parole che mi ha rivolto e per il deferente saluto che mi ha trasmesso da parte di Sua Eccellenza, l'ingegnere Álvaro Colom Caballero, Presidente del Guatemala. Le sarei grato se gli facesse pervenire i miei migliori auguri per lui e per il suo Governo, che accompagno con le mie preghiere per la sua Patria e il suo nobile popolo.

2. Lei, Eccellenza, conosce bene l'attenzione che la Santa Sede presta al Guatemala, la cui storia è da secoli permeata e arricchita in modo fecondo dalla sapienza che proviene dal Vangelo. In effetti, il popolo guatemalteco, con la sua varietà di etnie e di culture, nutre una fede profondamente radicata in Dio, una sincera devozione per Maria Santissima e un amore fedele al Papa e alla Chiesa. Ciò rispecchia le strette e fluide relazioni che il suo Paese mantiene da tempo con la Santa Sede, e che hanno acquistato particolare rilievo con la creazione della Nunziatura Apostolica in Guatemala. È auspicabile che la commemorazione del 75° anniversario di questo importante evento, nell'anno 2011, dia nuovo impulso alla cooperazione esistente con la sua Patria e fra lo Stato e la Chiesa, fondata sul rispetto e sull'autonomia delle diverse sfere proprie di ognuno, e si progredisca nel dialogo leale e onesto per promuovere il bene comune di tutta la società guatemalteca, che deve prestare un'attenzione particolare ai più bisognosi.

3. In tale contesto, non posso dimenticare quanti stanno subendo le conseguenze dei fenomeni climatici che, anche nel suo Paese, contribuiscono ad aumentare la siccità e favoriscono la perdita dei raccolti, causando denutrizione e povertà. Questa situazione estrema ha portato di recente il Governo nazionale a dichiarare lo "stato di calamità pubblica" e a chiedere l'aiuto della comunità internazionale. Desidero manifestare il mio affetto e la mia vicinanza spirituale alle vittime di queste gravi contrarietà, come pure la mia riconoscenza alle istituzioni della sua Patria che con dedizione si sforzano di offrire soluzione a questi problemi tanto seri. Bisogna menzionare anche, in questo momento, la magnanimità dei cooperatori e dei volontari, come pure quella di tutte le persone che con i loro sforzi e i loro sacrifici stanno cercando di alleviare il dolore, la fame e l'indigenza di tanti loro fratelli. Allo stesso modo, desidero esprimere la mia gratitudine ai diversi organismi e agenzie di cooperazione internazionale, che stanno facendo tutto il possibile per mitigare la carestia in ampi settori della popolazione. E, in particolare, penso agli amati figli della Chiesa in Guatemala, pastori, religiosi e fedeli che, ancora una volta, cercano di imitare il modello evangelico del Buon Samaritano, assistendo generosamente i più bisognosi.

Che tutti possano disporre degli alimenti necessari è un diritto fondamentale di ogni persona e, pertanto, un obiettivo prioritario. Per questo, oltre alle risorse materiali e alle decisioni tecniche, sono necessari uomini e donne con sentimenti di compassione e di solidarietà, che s'incamminino verso il conseguimento di questa meta, dando prova di quella carità che è fonte di vita e di cui ogni essere umano ha bisogno. Operare in questa direzione significa promuovere e rendere degna la vita di tutti, specialmente quella delle persone più vulnerabili e indifese, come i bambini che, senza un'adeguata alimentazione, vedono la loro crescita fisica e psichica compromessa e, spesso, si vedono esposti a lavori inadatti alla loro età o immersi in tragedie, che costituiscono una violazione della loro dignità personale e dei diritti che da essa derivano (cfr. Messaggio per la Giornata Mondiale dell'Alimentazione 2007, n. 3).

4. I numerosi valori umani ed evangelici che il cuore dei cittadini del suo Paese custodisce, come l'amore per la famiglia, il rispetto per gli anziani, il senso di responsabilità e, soprattutto, la fiducia in Dio, che ha rivelato il suo volto in Gesù Cristo e che i guatemaltechi invocano nelle loro sofferenze, rappresentano importanti motivi di speranza. Da questo copioso patrimonio spirituale si possono trarre le forze necessarie per contrastare altri fattori che deteriorano il tessuto sociale guatemalteco, come il narcotraffico, la violenza, l'emigrazione, l'insicurezza, l'analfabetismo, le sette e la perdita di punti di riferimento morale nelle nuove generazioni. Per questo, alle iniziative che già si stanno portando avanti nella sua Nazione per salvaguardare e incrementare questa inestimabile ricchezza, si dovranno aggiungere nuove soluzioni, che vanno cercare "alla luce di una visione integrale dell'uomo, che rispecchi i vari aspetti della persona umana, contemplata con lo sguardo purificato dalla carità" (Caritas in veritate ). Per questa impresa così decisiva, le autorità del suo Paese potranno sempre contare sulla sollecita collaborazione della Chiesa nel suo costante proposito di aprire "cammini nuovi e creativi", per rispondere ai desolanti effetti della povertà e cooperare alla nobilitazione di ogni essere umano (cfr. Documento conclusivo della v Conferenza generale dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi, Aparecida, nn. 380-546).

5. Desidero esprimere anche la mia riconoscenza per le azioni che si stanno realizzando in Guatemala per consolidare le garanzie di un vero Stato di diritto. Questo processo deve essere accompagnato da una ferma determinazione, che nasce dalla conversione personale del cuore, di eliminare qualsiasi forma di corruzione nelle istituzioni e amministrazioni pubbliche e di riformare la giustizia, per applicare in modo giusto le leggi e sradicare la sensazione di impunità rispetto a coloro che esercitano qualsiasi forma di violenza o disprezzano i diritti umani fondamentali. Questa opera di rafforzamento democratico e di stabilità politica deve essere costante, ed è imprescindibile per poter avanzare verso un vero sviluppo integrale della persona, che si rifletta in modo positivo su ogni ambito della società, sia esso economico, culturale, politico, territoriale o religioso (cfr. Caritas in veritate ).

6. Nel patrimonio culturale della sua Patria, nella storia recente di pacificazione della società guatemalteca, o nella formulazione giuridica delle sue leggi, vi sono realtà che determinano l'identità specifica del suo popolo e che possono avere ripercussioni benefiche sulla stabilità politica e sociale dell'area centroamericana. A tale proposito, è degna di menzione la lungimiranza con cui la Costituzione del Guatemala garantisce la difesa e la tutela legale della vita umana, dal suo concepimento fino alla sua morte naturale. Esorto tutti gli agenti sociali del suo Paese, in particolare i rappresentanti del popolo nelle istituzioni legislative, a mantenere e a rafforzare questo elemento fondamentale della "cultura della vita", che senza dubbio contribuirà ad accrescere il patrimonio morale dei guatemaltechi.

7. Signor Ambasciatore, sia certo della completa disponibilità dei miei collaboratori per il fruttuoso svolgimento della sua missione che inizia ora, e nello stesso tempo la prego di formulare i miei voti migliori alle autorità che gliela hanno affidata e agli amati figli e figlie del Guatemala, per la cui pace e prosperità levo ferventi preghiere all'Altissimo, per intercessione di Nostra Signora del Rosario, Patrona celeste di questa terra benedetta.






AI PARTECIPANTI ALLA XIX ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA Sala Clementina Lunedì, 8 febbraio 2010

8020
Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

All’inizio della XIX Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, sono lieto di accogliervi con il mio cordiale benvenuto! Tale momento istituzionale vede quest’anno il vostro Dicastero particolarmente rinnovato non soltanto nel Cardinale Presidente e nel Vescovo Segretario, ma anche in alcuni Cardinali e Vescovi del Comitato di Presidenza, in taluni Officiali e coniugi Membri, come pure in numerosi Consultori. Mentre ringrazio di cuore quanti hanno concluso il proprio servizio al Pontificio Consiglio e coloro che tuttora vi prestano la loro preziosa opera, invoco su tutti copiosi doni dal Signore. Il mio grato pensiero va, in particolare, al defunto Cardinale Alfonso López Trujillo, che per ben 18 anni ha guidato il vostro Dicastero con appassionata dedizione alla causa della famiglia e della vita nel mondo di oggi. Desidero, infine, manifestare al Cardinale Ennio Antonelli le espressioni della mia viva gratitudine per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi, e per aver voluto illustrare i temi di questa importante Assemblea.

La presente attività del Dicastero si colloca tra il VI Incontro Mondiale delle Famiglie, celebratosi a Città del Messico nel 2009, e il VII, in programma a Milano nel 2012. Mentre rinnovo la mia riconoscenza al Cardinale Norberto Rivera Carrera per il generoso impegno profuso dalla sua Arcidiocesi per la preparazione e la realizzazione dell’Incontro del 2009, esprimo fin d’ora la mia affettuosa gratitudine alla Chiesa Ambrosiana e al suo Pastore, il Cardinale Dionigi Tettamanzi, per la disponibilità a ospitare il VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Oltre alla cura di tali eventi straordinari, il Pontificio Consiglio sta portando avanti varie iniziative per far crescere la consapevolezza del fondamentale valore della famiglia per la vita della Chiesa e della società. Tra queste si collocano il progetto “La famiglia soggetto di evangelizzazione”, con cui si vuole predisporre una raccolta, a livello mondiale, di valide esperienze nei diversi ambiti della pastorale familiare, perché servano di ispirazione ed incoraggiamento per nuove iniziative; e il progetto “La famiglia risorsa per la società”, con cui si intende porre in evidenza presso l’opinione pubblica i benefici che la famiglia reca alla società, alla sua coesione ed al suo sviluppo.

Un altro importante impegno del Dicastero è l’elaborazione di un Vademecum per la preparazione al Matrimonio. Il mio amato Predecessore, il venerabile Giovanni Paolo II, nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio affermava che tale preparazione è “più che mai necessaria ai giorni nostri” e “comporta tre principali momenti: uno remoto, uno prossimo e uno immediato” (n. 66). Riferendosi a tali indicazioni, il Dicastero si propone di delineare convenientemente la fisionomia delle tre tappe dell’itinerario per la formazione e la risposta alla vocazione coniugale. La preparazione remota riguarda i bambini, gli adolescenti e i giovani. Essa coinvolge la famiglia, la parrocchia e la scuola, luoghi nei quali si viene educati a comprendere la vita come vocazione all’amore, che si specifica, poi, nelle modalità del matrimonio e della verginità per il Regno dei Cieli, ma è sempre vocazione all'amore. In questa tappa, inoltre, dovrà progressivamente emergere il significato della sessualità come capacità di relazione e positiva energia da integrare nell’amore autentico. La preparazione prossima riguarda i fidanzati e dovrebbe configurarsi come un itinerario di fede e di vita cristiana, che conduca ad una conoscenza approfondita del mistero di Cristo e della Chiesa, dei significati di grazia e di responsabilità del matrimonio (cfr ibid.). La durata e le modalità di attuazione saranno necessariamente diverse secondo le situazioni, le possibilità e i bisogni. Ma è auspicabile che si offra un percorso di catechesi e di esperienze vissute nella comunità cristiana, che preveda gli interventi del sacerdote e di vari esperti, come pure la presenza di animatori, l’accompagnamento di qualche coppia esemplare di sposi cristiani, il dialogo di coppia e di gruppo e un clima di amicizia e di preghiera. Occorre, inoltre, porre particolare cura perché in tale occasione i fidanzati ravvivino il proprio rapporto personale con il Signore Gesù, specialmente ascoltando la Parola di Dio, accostandosi ai Sacramenti e soprattutto partecipando all’Eucaristia. Solo ponendo Cristo al centro dell’esistenza personale e di coppia è possibile vivere l’amore autentico e donarlo agli altri: “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” ci ricorda Gesù (
Jn 15,5). La preparazione immediata ha luogo in prossimità del matrimonio. Oltre all’esame dei fidanzati, previsto dal Diritto Canonico, essa potrebbe comprendere una catechesi sul Rito del matrimonio e sul suo significato, il ritiro spirituale e la cura affinché la celebrazione del matrimonio sia percepita dai fedeli e particolarmente da quanti vi si preparano, come un dono per tutta la Chiesa, un dono che contribuisce alla sua crescita spirituale. E’ bene, inoltre, che i Vescovi promuovano lo scambio delle esperienze più significative, offrano stimoli per un serio impegno pastorale in questo importante settore e mostrino particolare attenzione perché la vocazione dei coniugi diventi una ricchezza per l’intera comunità cristiana e, specialmente nel contesto attuale, una testimonianza missionaria e profetica.

La vostra Assemblea Plenaria ha per tema: “I diritti dell’Infanzia”, scelto con riferimento al XX anniversario della Convenzione approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU, nel 1989. La Chiesa, lungo i secoli, sull’esempio di Cristo, ha promosso la tutela della dignità e dei diritti dei minori e, in molti modi, si è presa cura di essi. Purtroppo, in diversi casi, alcuni dei suoi membri, agendo in contrasto con questo impegno, hanno violato tali diritti: un comportamento che la Chiesa non manca e non mancherà di deplorare e di condannare. La tenerezza e l’insegnamento di Gesù, che considerò i bambini un modello da imitare per entrare nel regno di Dio (cfr Mt 18,1-6 Mt 19,13-14), hanno sempre costituito un appello pressante a nutrire nei loro confronti profondo rispetto e premura. Le dure parole di Gesù contro chi scandalizza uno di questi piccoli (cfr Mc 9,42) impegnano tutti a non abbassare mai il livello di tale rispetto e amore. Perciò anche la Convenzione sui diritti dell’infanzia è stata accolta con favore dalla Santa Sede, in quanto contiene enunciati positivi circa l’adozione, le cure sanitarie, l’educazione, la tutela dei disabili e la protezione dei piccoli contro la violenza, l’abbandono e lo sfruttamento sessuale e lavorativo.

La Convenzione, nel preambolo, indica la famiglia “quale ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei fanciulli”. Ebbene, è proprio la famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, l’aiuto più grande che si possa offrire ai bambini. Essi vogliono essere amati da una madre e da un padre che si amano, ed hanno bisogno di abitare, crescere e vivere insieme con ambedue i genitori, perché le figure materna e paterna sono complementari nell’educazione dei figli e nella costruzione della loro personalità e della loro identità. E’ importante, quindi, che si faccia tutto il possibile per farli crescere in una famiglia unita e stabile. A tal fine, occorre esortare i coniugi a non perdere mai di vista le ragioni profonde e la sacramentalità del loro patto coniugale e a rinsaldarlo con l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, il dialogo costante, l’accoglienza reciproca ed il perdono vicendevole. Un ambiente familiare non sereno, la divisione della coppia dei genitori, e, in particolare, la separazione con il divorzio non sono senza conseguenze per i bambini, mentre sostenere la famiglia e promuovere il suo vero bene, i suoi diritti, la sua unità e stabilità è il modo migliore per tutelare i diritti e le autentiche esigenze dei minori.

Venerati e cari Fratelli, grazie per la vostra visita! Sono spiritualmente vicino a voi e al lavoro che svolgete in favore delle famiglie ed imparto di cuore a ciascuno di voi e a quanti condividono questo prezioso servizio ecclesiale la Benedizione Apostolica.




AD UNA DELEGAZIONE DELLA CHIESA EVANGELICA LUTERANA IN AMERICA Auletta dell'Aula Paolo VI Mercoledì, 10 febbraio 2010

10020
Cari Amici,

sono lieto di salutare il Vescovo Mark Hanson e tutti voi presenti qui, oggi, per questa visita ecumenica.

Dall'inizio del mio Pontificato m'incoraggia il fatto che le relazioni tra cattolici e luterani abbiano continuato a crescere, specialmente a livello di collaborazione pratica nel servizio del Vangelo. Nella sua Lettera Enciclica Ut Unum Sint, il mio amato predecessore Papa Giovanni Paolo II ha descritto il nostro rapporto come "fraternità ritrovata" (n. 41). Spero vivamente che il costante dialogo luterano-cattolico sia negli Stati Uniti d'America, sia a livello internazionale, aiuti a costruire sugli accordi raggiunti finora. Un importante compito che rimane è quello di raccogliere i risultati del dialogo luterano-cattolico, iniziato in modo tanto promettente dal Concilio Vaticano II. Al fine di costruire su ciò che è stato ottenuto insieme da allora, occorre un ecumenismo spirituale fondato sulla preghiera ardente e sulla conversione a Cristo, fonte di grazia e di verità. Possa il Signore aiutarci a custodire ciò che è stato realizzato finora, a preservarlo con cura e a favorirne lo sviluppo!

Concludo rinnovando l'auspicio espresso dal mio predecessore, durante il cui Pontificato tanto è stato fatto sulla via della piena e visibile unità tra cristiani, quando, a una delegazione analoga della Chiesa Luterana d'America, disse: "Voi siete veramente benvenuti qui. Rallegriamoci che un simile incontro possa aver luogo. Disponiamoci a essere aperti al Signore, così che egli possa usare questo incontro per i suoi fini, per conseguire l'unità che egli desidera. Vi ringrazio per gli sforzi che state facendo a favore di una piena unità nella fede e nella carità" (Discorso ai Vescovi della Chiesa luterana d'America, 26 settembre 1985).

Su di voi e su quanti sono affidati alle vostre cure pastorali invoco di cuore le abbondanti benedizioni di Dio Onnipotente.






AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI ROMANIA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì, 12 febbraio 2010

12020
Venerati Fratelli nell’Episcopato!


È per me motivo di grande gioia incontrarvi nel corso della visita ad limina, ascoltarvi e riflettere insieme sul cammino del Popolo di Dio a voi affidato. Saluto con affetto ciascuno di voi e ringrazio, in particolare, Mons. Ioan Robu per le cordiali parole che, a nome di tutti, mi ha indirizzato. Rivolgo un pensiero speciale a Sua Beatitudine Lucian Muresan, Arcivescovo Maggiore della Chiesa Greco-cattolica Romena. Voi siete Pastori di comunità di riti diversi, che pongono le ricchezze della propria lunga tradizione a servizio della comunione, per il bene di tutti. In voi saluto le comunità cristiane della Romania e della Repubblica di Moldova, in passato così duramente provate, e rendo omaggio a quei Vescovi e innumerevoli sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli che, nel tempo della persecuzione, hanno mostrato indomito attaccamento a Cristo e alla sua Chiesa e hanno conservata intatta la loro fede.

A voi, cari Fratelli nell'Episcopato, desidero esprimere il mio ringraziamento per il vostro generoso impegno a servizio della rinascita e dello sviluppo della comunità cattolica nei vostri Paesi ed esortarvi a continuare ad essere zelanti Pastori del gregge di Cristo, nell’appartenenza all'unica Chiesa e nel rispetto delle diverse tradizioni rituali. Conservare e tramandare il patrimonio della fede è un compito di tutta la Chiesa, ma particolarmente dei Vescovi (cfr Lumen gentium
LG 25). Il campo del vostro ministero è vasto ed esigente: si tratta, infatti, di proporre ai fedeli un itinerario di fede cristiana matura e responsabile, specialmente attraverso l'insegnamento della religione, la catechesi, anche degli adulti, e la preparazione ai Sacramenti. In tale ambito occorre promuovere una maggiore conoscenza della Sacra Scrittura, del Catechismo della Chiesa Cattolica e dei documenti del Magister?, in particolare del Concilio Ecumenico Vaticano II e delle Encicliche Papali. E’ un programma impegnativo, che richiede l'elaborazione comune di piani pastorali miranti al bonum animarum di tutti i cattolici dei diversi riti ed etnie. Ciò esige testimonianza di unità, sincero dialogo e fattiva collaborazione, senza dimenticare che l'unità è primariamente frutto dello Spirito Santo (cfr Ga 5,22), che guida la Chiesa.

In quest'Anno Sacerdotale, vi esorto ad essere sempre autentici padri dei vostri presbiteri, primi e preziosi collaboratori nella vigna del Signore (cfr Christus Dominus CD 16 Christus Dominus CD 28); con loro esiste un legame anzitutto sacramentale, che a titolo unico li rende participi della missione pastorale affidata ai Vescovi. Impegnatevi a curare la comunione tra voi e con loro in un clima di affetto, di attenzione e di dialogo rispettoso e fraterno; interessatevi alle loro condizioni spirituali e materiali, al loro necessario aggiornamento teologico e pastorale. Nelle vostre diocesi non mancano Istituti religiosi impegnati nella pastorale. Sarà vostra speciale cura dedicare loro la dovuta attenzione e fornire ogni possibile aiuto perché la loro presenza sia sempre più significativa e i consacrati possano svolgere il loro apostolato secondo il proprio carisma e in piena comunione con la Chiesa particolare.

Dio non manca di chiamare uomini e donne al suo servizio: di questo dobbiamo essere grati al Signore, intensificando la preghiera perché Egli continui a inviare operai nella sua messe (cfr Mt 9,37). E’ compito primario dei Vescovi promuovere la pastorale vocazionale e la formazione umana, spirituale e intellettuale dei candidati al Sacerdozio nei Seminari e negli altri Istituti formativi (cfr Optatam Totius OT 2 Optatam Totius OT 4), garantendo loro la possibilità di acquisire una profonda spiritualità e una rigorosa preparazione filosofico-teologica e pastorale, anche mediante la scelta attenta degli educatori e dei docenti. Analoga cura va posta nella formazione dei membri degli Istituti di vita consacrata, in particolare di quelli femminili.

La fioritura di vocazioni sacerdotali e religiose dipende in buona parte dalla salute morale e religiosa delle famiglie cristiane. Purtroppo, nel nostro tempo non sono poche le insidie verso l'istituzione familiare in una società secolarizzata e disorientata. Le famiglie cattoliche dei vostri Paesi, che, durante il tempo della prova, hanno testimoniato, talora a caro prezzo, la fedeltà al Vangelo, non sono immuni dalle piaghe dell'aborto, della corruzione, dell'alcolismo e della droga, come pure del controllo delle nascite mediante metodi contrari alla dignità della persona umana. Per combattere queste sfide, occorre promuovere consultori parrocchiali che assicurino un'adeguata preparazione alla vita coniugale e familiare, nonché organizzare meglio la pastorale giovanile. Occorre, soprattutto, un deciso impegno per favorire la presenza dei valori cristiani nella società, sviluppando centri di formazione dove i giovani possano conoscere i valori autentici, impreziositi dal genio della cultura dei vostri Paesi, così da poterli testimoniare negli ambienti dove vivono. La Chiesa vuole dare il suo contributo determinante alla costruzione di una società riconciliata e solidale, capace di far fronte al processo di secolarizzazione in atto. La trasformazione del sistema industriale e agricolo, la crisi economica, l’emigrazione all’estero, non hanno favorito la tenuta dei valori tradizionali, che vanno, perciò, riproposti e rafforzati.

In questo contesto, risulta particolarmente importante la testimonianza di fraternità tra Cattolici e Ortodossi: prevalga sulle divisioni e sui dissidi e apra i cuori alla riconciliazione. Sono consapevole delle difficoltà che devono affrontare, in questo ambito, le comunità cattoliche; auspico che si possano trovare soluzioni adeguate, in quello spirito di giustizia e carità che deve animare i rapporti tra fratelli in Cristo. Nel maggio 2009, avete ricordato il X anniversario della storica visita che il Venerabile Papa Giovanni Paolo II realizzò in Romania. In quella occasione, la Provvidenza divina offriva al Successore di Pietro la possibilità di compiere un viaggio apostolico in una Nazione a maggioranza ortodossa, dove da secoli è presente una significativa comunità cattolica. Il desiderio di unità suscitato da quella visita alimenti la preghiera e l’impegno a dialogare nella carità e nella verità e a promuovere iniziative comuni. Un ambito di collaborazione oggi particolarmente importante tra Ortodossi e Cattolici riguarda la difesa delle radici cristiane dell'Europa e dei valori cristiani e la comune testimonianza su temi come la famiglia, la bioetica, i diritti umani, l’onestà nella vita pubblica, l'ecologia. L’impegno unitario su tali argomenti offrirà un importante contributo alla crescita morale e civile della società. Un costruttivo dialogo tra Ortodossi e Cattolici non mancherà di essere fermento di unità e di concordia non solo per i vostri Paesi, ma anche per l’intera Europa.

Al termine del nostro incontro, il mio pensiero si volge alle vostre Comunità. Portate ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, a tutti i fedeli della Romania e della Repubblica di Moldova i miei saluti e il mio incoraggiamento, assicurando il mio affetto e la mia preghiera. Mentre invoco l’intercessione della Madre di Dio e dei Santi delle vostre Terre, imparto di cuore la mia Benedizione a voi e a tutti i membri del Popolo di Dio affidati alla vostra premura pastorale.






Discorsi 2005-13 60210