Lucia Burlini 101

101

Note 1

Lucia Burlini nacque a Piansano (VT) il 24 maggio 1710 da Pietro e Cristofora Bianchi e morì in concetto di santità il 1 maggio 1789. Il suo corpo è custodito in un devoto monumento nella chiesa parrocchiale di Piansano. Solo tramite laboriose ricerche si è arrivati a ricostruire e stabilire che il cognome della madre di Lucia era "Bianchi" e non "Talucci", come si era ipotizzato in un primo tempo (cf. Bernardino N. Bordo, La ven. Lucia Burlini. Biografia critica, Roma 1988, pp. 39-42). Domenico, il padre della Sig.ra Cristofora era figlio di Arcangelo, detto "il Bianco". Fu questo soprannome a dare con il passar del tempo il cognome alla famiglia della mamma, chiamata inizialmente anche famiglia dei "Di Domenico" e poi definitivamente dei "Bianchi". Lucia cominciò fin da piccola a guadagnarsi il pane dedicandosi al lavoro del telaio. Fece la prima Comunione a 13 anni. Conobbe Paolo e si confessò da lui durante la prima Missione che egli tenne a Cellere (VT), nel 1734, come lei stessa nel 1777 depose nel Processo Ordinario di Corneto, l'attuale Tarquinia (cf. I Processi. Vol. II, pp. 549-561). La giovane rimase così colpita dalla santità del missionario e dalle sue eminenti doti di maestro di spirito, che desiderò averlo per suo direttore e Paolo accettò di farle da guida spirituale per circa 40 anni, cioè a partire dal 1734 come Paolo stesso attesta in una lettera al Lucattini, in data 17 agosto 1751 (cf. B. N. Bordo, Lettere di S. Paolo della Croce alla ven. Lucia Burlini. Testo e commento, Scala Santa, Roma 1997, p. 133: "essendo circa 16 anni che io servo all'Anima sua") al 1775, come ci è confermato dal fratello di Lucia, il Sig. Francesco Antonio Burlini, che concluse la sua deposizione al Processo di beatificazione e canonizzazione del Santo con questa testimonianza: "Per quanto ho inteso dire, morì il padre Paolo verso il fine del prossimo passato anno santo nel Ritiro dei Santi Giovanni e Paolo di Roma, dopo essere stato ammalato lungo tempo, giacché nello stesso anno santo, essendo stati diversi miei patriotti a prendere il santo giubileo, e in detta occasione, portatisi a visitare il Servo di Dio, non poterono parlarci perché era in letto. Scrisse bensì una lettera al nostro Sig. Arciprete, don Giovanni Lucattini e mandò a Lucia, mia sorella una corona" (cf. I Processi. Vol. II, p. 496). Naturalmente lo scritto inviato al Lucattini nel maggio 1775 e di cui non si è saputo più nulla, era per Lucia o anche per Lucia, come è tutto l'epistolario al Lucattini. Essa, alla scuola della sapienza della croce, raggiunse un livello contemplativo molto elevato, autenticamente mistico. Lucia pur essendo una persona semplice, dedita al duro lavoro di tessitrice, era impegnata a realizzare un serio e radicale cammino di santità. Esattamente essa cercò di attuare in pieno "la santità segreta della croce". Ebbe da soffrire nel corpo e nello spirito pene terribili. Superato un momento difficile della sua vita per le prime grandi crisi di salute, da essere ridotta a una piaga nel 1749, e poi di sconforto e depressione nel 1751, causato tra l'altro dalla mancata risposta del Crocifisso alla sua domanda sulla sua salvezza eterna e dalle incomprensioni del confessore don Domenico Parri che valutava diversamente da Paolo la sua situazione spirituale, e di conseguenza voleva imporle anche una linea di condotta diversa soprattutto a riguardo della frequenza alla Comunione eucaristica, decise, come le suggeriva Paolo, di continuare per la sua strada, senza badare alle contraddizioni, accettando di soffrire tutto con fede, per amore e in silenzio, diventando così una persona trasparente e dolcissima. Il suo messaggio quanto è semplice e concreto, altrettanto è di una verticalità assoluta. Essa ci parla "dell'ineffabile dolcezza dell'amore di Dio", ricevuto in dono nella partecipazione al morire di Gesù. Paolo nelle lettere che le scrisse propone in modo completo la mistica della croce nelle sue tre fasi essenziali: la gioiosa percezione della presenza di Dio, l'amarezza della morte mistica e della kenosis, la ineffabile divinizzazione della persona. L'immedesimazione sponsale con Cristo in un'estasi di gaudio infinito pronuncia l'amen al cammino spirituale. Per approfondire la sua figura spirituale rimandiamo a studi specifici: cf. B. N. Bordo, La ven. Lucia Burlini. Biografia critica, Roma 1988; id. La direzione spirituale di S. Paolo della Croce, Roma 1995; Zoffoli III, pp. 216-234. Per un confronto critico con le lettere che Paolo scrisse a Lucia Burlini, cf. B. N. Bordo, Lettere di S. Paolo della Croce alla ven. Lucia Burlini. Testo e commento, Scala Santa, Roma 1997.


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Note 2

Il silenzio riguarda lo scritto non i colloqui, come verrà precisato nel corso della lettera. E' molto improbabile, ma non da escludersi del tutto che ci sia stata anche qualche comunicazione scritta prima della presente lettera. Su questa problematica, cf. B. N. Bordo, Lettere di S. Paolo della Croce alla ven. Lucia Burlini. Testo e commento, Scala Santa, Roma 1997, pp. 18-19. Da notare che nelle prime tre lettere dirette a lei (1748-1749) il Santo la chiama con l'appellattivo "sorella" anche in corpo alla composizione. E' un modo riverenziale ed inconsueto da parte di Paolo. Solo nel 1751 "sorella" sarà definitivamente sostituito dal più impegnativo "figliuola".


103

Note 3

Riportiamo alcune notizie sulla fondazione del Ritiro della Madonna del Cerro presso Tuscania (VT), necessarie per ambientare e far comprendere la figura e l'opera di Lucia Burlini. Paolo con suo fratello Giovan Battista l'8 gennaio 1743 iniziò la Missione a Tuscania. La popolazione si entusiasmò tanto che alla fine della Missione si impegnò a fondare un Ritiro. Dalle promesse si passò ai fatti. I Tuscanesi iniziarono subito ad adattare per questo scopo il Romitorio della Madonna del Cerro. Esattamente un anno dopo si sarebbe dovuto procedere all'inaugurazione di questo Ritiro, prima ancora del 6 marzo 1744, data di inaugurazione di quello di S. Angelo di Vetralla (VT). In verità Paolo aveva incaricato suo fratello, P. Giovan Battista, a fare un ultimo sopralluogo e a recarsi poi al Monte Argentario per riferirgli come stavano le cose alla Madonna del Cerro, prima di far muovere i religiosi per la presa di possesso. P. Giovan Battista fece la commissione richiesta. Ma Paolo, prima che il fratello giungesse al Monte Argentario per dirgli di non muoversi perché al Cerro non c'era niente di pronto, partì per andare a fare l'inaugurazione, fidandosi delle notizie che gli fornivano da Tuscania, in base alle quali invece tutto sembrava pronto. Giunto a Tuscania, Paolo rimase molto male perché vide che non vi era ancora niente di preparato (cf. lettera n. 821, del 26 febbraio 1744). I cittadini di Tuscania non si erano neppure preoccupati di finire la costruzione. Evidentemente egli è costretto a rimandare la fondazione "alla rinfrescata", nella speranza che si termini nel frattempo almeno la costruzione. Data la situazione del Ritiro non solo non poteva mandare i religiosi ad abitarvi, ma non gli parve neppure conveniente seguire il suggerimento dei benefattori e amici di prenderne possesso solenne, rimandando a lavori ultimati l'arrivo dei religiosi. Due anni dopo, il 26 giugno 1746, vedendo che le cose andavano ancora per le lunghe, Paolo con suo fratello Giovan Battista decise di prenderne almeno possesso privato (cf. lettera scritta da Paolo a P. Fulgenzio Pastorelli nello stesso giorno, in: Casetti II, p. 91). Questo gesto invece di accelerarne la fondazione la ritardò, perche suscitò l'ostilità dei frati della cittadina, senza il consenso dei quali non poteva mandare una comunità stabile di religiosi (cf. lettera n. 820, nota 3, a Giacomo Tozzi, 2 novembre 1746). Solo il 27 marzo 1748 si poté procedere alla vera inaugurazione. Ma l'interesse dei Tuscanesi anche dopo la fondazione non fu poi tanto grande se Paolo arriva a scrivere in data 30 luglio 1748 in una lettera al Provicario generale, Mons. Andrea Pagliaricci, di reagire alla "somma e stupenda freddezza di codesta povera città" (cf. Casetti II, p. 568). E' a questo punto che si inserisce la meravigliosa storia di Lucia Burlini di Piansano.


104

Note 4

La mamma di Lucia era considerata da Paolo una donna "piissima".


105

Note 5

Il ricordo commosso della madre dà l'opportunità a Paolo di confortare la figlia spirituale e anche di confermarle la verità della recente "visione" della Madonna che aveva avuta, nella quale la Vergine Ss.ma l'aveva accettata come figlia.


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Note 6

Non è possibile dire quante volte Lucia Burlini si sia incontrata con Paolo per confessarsi e per fare i colloqui di direzione. Paolo guidò Lucia nelle vie dello Spirito per circa 40 anni, dal 1734, anno del primo incontro, al 1775, anno dell'ultimo scritto inviato per lei a don Giovanni Antonio Lucattini (cf. nota 1). La direzione non fu però di eguale intensità per tutto l'arco di tempo indicato. Il periodo in cui egli seguì maggiormente Lucia dal punto di vista della direzione spirituale è stato quello che va dal 1748 al 1765, cioè quello delle invernate trascorse dal Santo al Ritiro del Cerro. Un valore particolare e decisivo riveste il periodo che va dal 27 marzo 1748, data della fondazione del Ritiro della Madonna del Cerro, al 17 agosto 1751, data dell'ultima lettera che conserviamo indirizzata direttamente a Lucia. E' un periodo di tre anni, intensissimo, caratterizzato dalla morte della madre, dall'impegno di aiutare i religiosi del Ritiro del Cerro, dalla visione delle "colombe" relativa alla fondazione delle religiose Passioniste, dall'abbraccio del Crocifisso, e dal bisogno di reimpostare tutto il suo cammino spirituale perché fosse adeguato al livello della maturità raggiunta dei 40 anni. La direzione continuò, come è stato accennato, anche dopo abbastanza intensamente, almeno per circa 15 anni, cioè fino alla Missione tenuta da Paolo a Piansano (VT) nel novembre del 1765, come risulta dalla deposizione al Processo di Tarquinia, allora Corneto, di don Giovanni Antonio Lucattini (cf. I Processi. Vol. II, pp. 533- 547; cit. pp. 537-538; cf. anche B. N. Bordo, La ven. Lucia Burlini. Biografia critica, Roma 1988, pp. 262-264). Di questa direzione spirituale ci sono rimaste 5 lettere indirizzate espressamente a Lucia e altre 19 dirette a don Lucattini, l'ultima in data 31 dicembre 1764, ma destinate anche queste prevalentemente a lei (cf. Casetti II, pp. 805-833; B. N. Bordo, Lettere di S. Paolo della Croce alla ven. Lucia Burlini. Testo e commento, Scala Santa, Roma 1997, pp. 93-227; lettera n. 51, nota 12).


107

Note 7

L'espressione "Morte Mistica", a dire degli studiosi, ricorre qui per la prima volta nell'epistolario di Paolo. Essa sembra mutuata da Giovanni Tauler (1300-1361), celebre mistico tedesco Domenicano (cf. G. Tauler, Opere, a cura di B. de Blasio, Alba 1977; cf. anche Zoffoli II, pp. 160-208). Per la spiritualità della morte mistica presente nelle lettere ai laici, cf. anche lettera n. 67, nota 2 ad Anna Maria Calcagnini, e lettera n. 75, nota 1 a Maria Angela Cencelli.


108

Note 8

Il Rettore era propriamente il P. Paolo, perché si era riservata la responsabilità diretta sul nuovo Ritiro. Vicerettore, ma praticamente anche con funzione di Rettore, del Ritiro di Maria Ss.ma del Cerro (VT) era il P. Domenico Bartolotti della Concezione (1709-1792). Don Filippo Falandi, a cui Paolo diresse tre lettere che conserviamo (cf. Casetti III, pp. 206-208), è un sacerdote di Cellere (VT) che aveva intenzione di farsi Passionista. Dai documenti non risulta però che egli sia poi di fatto entrato in Congregazione. Il suo nome ricorre un paio di volte nelle lettere dirette al P. Fulgenzio Pastorelli, perché, in quanto maestro dei novizi, toccava a lui ad accoglierlo al noviziato. Qui Paolo afferma che "il noviziato è pieno". La Congregazione, nonostante le difficoltà a causa del contenzioso sui Ritiri, era sempre più conosciuta e la richiesta dei postulanti desiderosi di entrare erano numerose. Nel 1749 professarono 9 chierici e 5 fratelli, per cui all'inizio del 1750 si aveva un totale di 44 chierici e 15 fratelli professi (cf. F. Giorgini, Storia della Congregazione della Passione di Gesù Cristo. Vol. I L'epoca del Fondatore 1720-1775, Pescara 1981, p. 142).


109

Note 9

Lo scritto è seguito da due postille, la seconda delle quali trascritta in linea verticale, al lato sinistro del foglio. Nella prima, scritta accanto alla firma, ma anche questa in direzione verticale, raccomanda a Lucia di leggere e rileggere soprattutto la parte centrale della lettera, quella più spirituale e mistica.




Note alla lettera 49

110

Note 10

"Gesù".


111

Note 11

Non è da escludere che "il Padre N." sia il fratello di Paolo, il P. Giovan Battista, dal quale si faceva aiutare nella direzione spirituale delle persone, anche se generalmente si pensa che sia il P. Domenico Bartolotti della Concezione, perché era uno dei religiosi che parteciparono alla fondazione del Ritiro della Madonna del Cerro ed era stato incaricato da Paolo a rappresentarlo in qualità di Vicerettore. Ed in qualità di Vicerettore fu lui ad avere i primi contatti con Lucia, che, venuta a conoscenza dei bisogni estremi dei religiosi, subito si prestò ad aiutarli. Egli nacque nelle vicinanze di Ovada, a Carpeneto (AL), il 1 dicembre 1709. Si fece Passionista dopo essere stato per un periodo studente Somasco. Fu sei volte rettore, tre volte consigliere provinciale. Morì a Ceccano (FR), il 14 gennaio 1792 (cf. Bartoli, Catalogo, p. 10).


112

Note 12

Questa lettera, nell'edizione precedente, era posta in appendice al volume quarto ed era priva dell'indicazione del destinatario (cf. Lettere di S. Paolo della Croce, a cura di Amedeo Casetti, vol. IV, Roma 1924, pp. 340-341). Che la destinataria sia la Burlini risulta evidente da un brano della sua deposizione al Processo di Tarquinia, allora Corneto, del 1777, dove la tessitrice racconta questo particolare autobiografico: "Pochi anni dopo aver avuto la sorte di entrare sotto la direzione del venerabile padre Paolo piacque al Signore di visitarmi con alcune indisposizioni e piaghe, nelle gambe particolarmente, che tuttavia mi continuano, e mi rendono quasi inabile a potere camminare. Il Servo di Dio quando lo seppe mi scrisse che ne godeva in Dio, perché avevo occasione di far compagnia allo Sposo Crocifisso, e in diverse occasioni mi esortava a patire e tacere, e cantare in spirito, perché le malattie corporali servono per purgare le imperfezioni dell'anima" (cf. I Processi.Vol. II, p. 559). Questa citazione del Processo, con la sottolineatura del cantare in spirito, corrisponde esattamente al dettato della lettera del 9 agosto 1749 (cf. lettera seguente n. 50). (Il testo della presente è riportato anche in Positio, Roma 1985, pp. 54-55, e nell'edizione critica di B. N. Bordo, Lettere di S. Paolo della Croce alla ven. Lucia Burlini. Testo e commento, Roma 1997, pp. 58-61).


113

Note 13

La frase raccoglie varie reminiscenze della parola di Dio. Mt 11, 28-29: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime". Gv 10, 9: "Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo". Gv 1, 18: "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui l'ha rivelato".


114

Note 14

1Co 6,17: "Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito".


115

Note 15

L'espressione "sonno d'amore" va capita bene. Infatti Paolo non vuole favorire nessun tipo di quietismo, ma al contrario portare la persona a servire e ad amare alla grande il Signore e i fratelli. Nel 1774-1776 si tenne un Processo a Valentano (VT) per verificare come stavano le cose nel monastero delle Domenicane, fondato dalla ven. Geltrude Salandri, dove alcune monache erano accusate di finte estasi, di supposte visioni, di profezie sediziose e infine di quietismo. Tra gli accusati vi era anche il confessore, l'ex- Passionista don Clemente Maioli. Nel Processo di Valentano, scrive Zoffoli, "è certo che Paolo vi restò implicato, sia pure indirettamente. Nelle carte ricorre più volte il suo nome, ed è formulata un'accusa che getta un'ombra sui suoi requisiti di maestro di spirito: egli sarebbe stato un credulone e avrebbe confermato alcune isteriche di Valentano in certe aberrazioni d'indole spiccatamente quietistica" (cf. Zoffoli III, pp. 368-395, cit. a p. 368). Una delle frasi incriminate era proprio quella sul "sonno d'amore". Naturalmente Paolo alla fine fu scagionato pienamente. Del significato simbolico del "sonno d'amore", rettamente inteso, egli, in data 17 settembre 1768, scrisse una meravigliosa lettera alla Sig.na Anna Maria Calcagnini (cf. lettera n. 60, nota 3).


116

Note 16

Cf. Sal 127 (126), 2-3 volg.: "Cum dederit dilectis suis somnum, ecce haereditas Domini". Traduzione CEI: "Il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno. Ecco, dono del Signore...". Per la spiegazione e contestualizzazione, cf. lettera n. 60, nota 3.


117

Note 17

La copia giunta a noi è priva di indicazione del luogo di stesura, di data e di firma. Il luogo di stesura non può essere che il Ritiro di S. Angelo di Vetralla, dove Paolo nei mesi estivi dimorava. La data è stata ricostruita, in modo approssimativo. Per le possibili motivazioni, cf. B. N. Bordo, Lettere di S. Paolo della Croce alla ven. Lucia Burlini. Testo e commento, Roma 1997, pp. 55-56. Dall'esame del contenuto la lettera risulta di poco anteriore a quella del 9 agosto 1749 (cf. lettera seguente n. 50), quindi si può ritenere con qualche fondamento che la data più probabile della sua stesura sia quella del mese di luglio del 1749.



Note alla lettera 50


118

Note 18

In calce alla copia conservata in AGCP si legge la seguente annotazione: "L'originale di questa lettera è stato preso dal P. Lodovico Consultore della Provincia dell'Immacolata (Argentina). Ignazio di S. Teresa Segretario".


119

Note 19

"Gesù".


120

Note 20

Cf. Gal 6,14: "Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo".


121

Note 21

Cf. Fil 1, 6: "Sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù".


122

Note 22

La spiritualità della croce intesa come un "cantare in spirito" trova nelle lettere a Lucia Burlini e poi in alcune altre ad Agnese Grazi delle intuizioni straordinarie.


123

Note 23

A riguardo del "sonno d'amore", cf. lettera precedente n. 49, n. 6 e lettera n. 60, nota 3.




Note alla lettera 51


124

Note 24

Cf. Mt 26,63: "Ma Gesù taceva".


125

Note 25

Cf. Sal 69 (68), 2 volg.: "Salvami, o Dio, perché le acque sono penetrate nell'anima mia". Traduzione CEI: "Salvami, o Dio: l'acqua mi giunge alla gola".


126

Note 26

"Prega nello spirito di Dio". Paolo qui si ispira al testo di Gv 4, 23-24: "Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità".


127

Note 27

Cf. Gv 14, 20: "In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi"; e Gv 17, 20- 23: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me".


128

Note 28

"Cristo è il mio cibo e io il suo". Paolo si ispira alla parte centrale del cosiddetto discorso eucaristico del Vangelo di Giovanni (cf. Gv 6, 48-58).


129

Note 29

Oggetto dell'esame di coscienza devono essere le grazie che Dio dona, la sua misericordia, i suoi attributi divini. Questo "esame contemplativo" porta a restituire tutto a Dio, dopo avere ricevuto tutto con gioia e riconoscenza. E' un esercizio di pura verità che fa crescere molto nell'amore.


130

Note 30

Sulla "morte mistica", cf. lettera n. 48, nota 7.


131

Note 31

Qui allude alla fondazione delle religiose della Passione. Per una maggiore comprensione, cf. lettera n. 105, nota 6.


132

Note 32

L'opera della Congregazione avrebbe potuto dirsi completa se fosse stata elevata a Istituto Religioso con voti solenni, con il diritto di avere il ramo femminile delle monache, e le ordinazioni sacerdotali necessarie senza essere ogni volta condizionati dal numero e dal titolo delle ordinazioni.



133

Note 33

Il 2 aprile 1751 fu inaugurato il Ritiro di S. Sosio, presso Falvaterra (FR).


134

Note 34

Ricordiamo il calendario missionario di quel periodo (cf. De Sanctis, L'Avventura Carismatica, pp. 489-492). Paolo, mercoledì 14 aprile 1751, apre la Missione a Supino (FR) che dura 10 giorni circa. C'è insieme anche il fratello, il P. Giovan Battista. Prosegue poi per Patrica (FR), dove termina il 3 maggio. Il 1 giugno inizia la Missione a Vetralla (VT) e la termina il 13 giugno. Questa è la seconda Missione che fa alla città, dopo quella del 1742. Il 14 giugno inizia il corso di Esercizi Spirituali al monastero delle Carmelitane del luogo, ma dovette interromperlo perché il 15 morì Suor Maria Angela Colomba Leonardi. Su di lei, cf. lettera n. 267, nota 8.


135

Note 35

. La Burlini, d'accordo con Paolo, si serviva per corrispondere con lui di un sacerdote di Piansano, don Giovanni Antonio Lucattini. Per altre notizie, cf. lettera n. 48, nota 6. Lei probabilmente non aveva imparato a scrivere, perché nella scuola per le fanciulle del suo paese non glielo insegnarono, ma a leggere sì, per il suo impegno personale (cf. B. N. Bordo, Lettere di S. Paolo della Croce alla ven. Lucia Burlini. Testo e commento, Scala Santa, Roma 1997, p. 18).


136

Note 36

. Si allude a don Domenico Parri, un degno sacerdote, che però non era d'accordo nel concedere la Comunione eucaristica quotidiana a Lucia Burlini. Secondo Paolo questo era un argomento più di direzione spirituale che di Confessione, per cui don Parri non avrebbe dovuto intromettersi. Invece si intrometteva, creando confusione e tensione. Prolungandosi il contrasto Lucia fu costretta a cambiare confessore, appoggiata in questo da Paolo.


137

Note 37

. Dato il rischio della malaria, lo "strumento di fondazione" prevedeva che i religiosi potessero abbandonare il Ritiro del Cerro durante l'estate e trasferirsi in un altro Ritiro. Durante l'assenza dei religiosi fungeva da custode il Sig. Giacomo Tozzi (cf. lettera n. 820). Ora, per tenere sempre aperto il santuario della Madonna e in vista del bene dei prossimi, si chiede se non convenga che essi restino anche d'estate. Prima però di decidere, memore anche dell'esperienza negativa dell'anno precedente, terminata con la morte di Fra Giacomo (cf. lettera n. 183, nota 3), vuole sapere il parere di Lucia, molto pratica del clima della zona.



Note alla lettera 52


138

Note 38

"Gesù".


139

Note 39

San Paolo della Croce ha avuto una devozione particolarissima a Maria Ss.ma Assunta. Tra le lettere che egli inviò ad Agnese Grazi, ne possediamo una, tutta tesa a celebrare i trionfi dell'Assunta (cf. lettera n. 541, nota 2). Alla luce dell'Assunta e quindi arricchendola della dimensione mariana riesce a proporre la morte mistica nei termini di "morte d'amore". La devozione mariana, a questo punto non può più essere considerata un fatto esclusivamente ascetico, frutto di acquisizione, ma anche e soprattutto un fatto mistico, una grazia, un dono dello Spirito, una realtà infusa. E infatti "l'interrogazione" di Paolo alla sua figlia spirituale vuole aprirle l'orizzonte di una devozione mariana di qualità contemplativa, tipicamente mistica.


140

Note 40

Eb 12,29: "Perché il nostro Dio è un fuoco divoratore". Dt 4,24: "Poiché il Signore tuo Dio è fuoco divoratore, un Dio geloso". Cf. anche Is 33,14.


141

Note 41

Paolo presenta l'esercizio della meditazione della Passione come se fosse un lavoro analogo a quello dei pescatori. Questo è facilmente comprensibile, perché l'ambiente dove maggiormente ha sviluppato la sua esperienza contemplativa è il Monte Argentario (GR), un promontorio stupendo che si inoltra nel mare, dove la pesca costituiva una delle attività principali della gente. Affermando che la meditazione della Passione è una "divina pesca nel gran mare delle pene del Figliuolo di Dio", dove si pescano "le perle di tutte le virtù di Gesù Cristo", dice parecchie cose in una. La meditazione deve essere innanzitutto un'operazione di profondità, una immersione, come altre volte dirà; poi di ricerca e di attesa, infine di fruttificazione ossia di cattura e di presa. Se si pesca nel mare della Passione, sempre si pescherà qualcosa, quindi mai si finirà la meditazione senza risultati. Nella meditazione della Passione non si pescano pesci, ma perle, cioè le perle delle virtù. Nel cammino meditativo si diventa ricchi, perché ci si arricchisce delle virtù praticate in sommo grado dal nostro Salvatore. Anzi, le virtù che egli ha vissuto nella sua Passione diventano nostro programma di vita, e questo perché la meditazione fa nascere in noi un grande amore per lui, anzi lo fa diventare il nostro unico Amore in assoluto, e quindi per più piacergli siamo anche disposti a fare volentieri ciò che a lui piace ed imitarlo. In questo senso la contemplazione della Passione sorge come esigenza della divina rinascita, cioè come frutto della convinzione e decisione di voler reagire e porre alla base della nuova situazione l'amore grande a somiglianza di quello di Dio in Gesù.


142

Note 42

In questa lettera Paolo spiega perché aveva bisogno che la Congregazione fosse elevata a Ordine religioso con voti solenni. Le motivazioni principali erano tre. Innanzitutto aveva bisogno di poter far ordinare i sacerdoti senza essere condizionato dai permessi e dalle licenze. Infatti ogni volta che presentava la richiesta di ordinazioni, la Santa Sede faceva problemi e dava il permesso sempre e solo per un numero ristretto di candidati. Limitando continuamente il numero degli ordinandi la Congregazione non poteva svilupparsi. In secondo luogo, senza i voti solenni la Congregazione doveva accontentarsi di vocazioni umili o comunque poco istruite: "mai avremo gran soggetti di alta abilità". Il carisma missionario della Congregazione esigeva invece persone colte e ben preparate. Per poter ricevere in Congregazione persone culturalmente preparate dovette insistere che entrassero dopo gli studi e l'ordinazione sacerdotale. Infatti molte vocazioni entrate nei primi tempi della Congregazione erano già sacerdoti. Infine solo un Ordine religioso poteva avere il ramo femminile delle monache. Paolo ottenne di avere il ramo femminile per puro privilegio dal papa Clemente XIV, con la Bolla Supremi apostolatus del 16 novembre 1769.


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Note 43

La sigla "N. S." significa "Nostro Signore" e intende il Papa.


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Note 44

Paolo sa che, dopo il Concilio di Trento, la Chiesa ben difficilmente concede l'istituzione di un Ordine religioso, preferendo Congregazioni con voti semplici. Ma egli sa pure che ci sono state delle eccezioni, come nel caso dell'Ordine dei Ministri degli Infermi, detti comunemente Camilliani, fondati da san Camillo de Lellis (1550-1614), e degli Scolopi (i religiosi delle scuole pie) fondati da san Giuseppe Calasanzio (1557-1648). Egli spera quindi che anche per la sua Congregazione si faccia tale eccezione, in modo da facilitarla sia per quanto concerne le ordinazioni dei propri membri che per avere personale qualificato per l'apostolato. In realtà però non fu così. Con le "Dimissorie" o più propriamene "Lettere dimissorie" si intende la presentazione favorevole del vescovo della propria diocesi o dei vescovi delle varie diocesi dove l'interessato ha dimorato più di 6 mesi dopo il sedicesimo anno di età, necessarie per essere ammessi agli ordini sacri.


145

Note 45

Lucia aveva avuto una "visione delle colombe" di cui conserviamo un resoconto dettagliato (cf. B. N. Bordo, La ven. Lucia Burlini. Biografia critica, Roma 1988, pp. 167- 170). Ne riportiamo il racconto in una nota della lettera diretta, in data 4 aprile 1757, a Domenico Costantini, il quale realizzò "l'affare", come lo chiama Paolo, ossia la fondazione del primo monastero delle Passioniste a Tarquinia (VT) (cf. lettera n. 105, nota 6). Le colombe adombravano, nella luce della visione, le monache Passioniste che consolavano Gesù in croce.


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Note 46

Nella Sacra Scrittura la tromba viene spesso usata come segno escatologico, come segnale dell'imminente giudizio (cf. Gl 2, 1; Mt 24, 31; 1 Cor 15, 52; 1 Ts 4, 16; Ap 8, 6). Saranno gli angeli, in quanto ministri del giudizio vittorioso e salvifico di Dio, a suonare le trombe. Qui il "missionario della salvezza", "il ministro della conversione", "l'operaio della Passione" dovrebbe suonare le trombe per risvegliare gli addormentati, coloro che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte, per chiamarli al pentimento e al cambiamento di vita, prima del suono finale delle trombe escatologiche, in modo che quando squilleranno quelle trombe tutti gli uomini siano preparati ad udirle come segno di grazia, di vittoria e salvezza, e non come segno di condanna, per nessuno. Paolo ha una visione forte dell'apostolato tramite l'annuncio dell'amore misericordioso manifestato e testimoniato nella Passione. Il mondo ha bisogno di apostoli escatologici per la sua salvezza e la sua felicità.


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Note 47

. Con questo saluto termina il piccolo gruppo di lettere dirette da Paolo a Lucia Burlini, ma non la scuola di direzione spirituale che continuerà ad offrirle in altre 19 lettere che ci sono rimaste dirette formalmente al suo confessore don Giovanni Lucattini, ma che in realtà erano per lei. Ciò è evidente nella lettera del 16 settembre 1752, dove Paolo si rivolge direttamente a lei e le parla della "santità segreta della croce" nei termini della festa (cf. B. N. Bordo, Lettere di S. Paolo della Croce alla ven. Lucia Burlini. Testo e commento, Roma 1997, pp. 181-185), ma lo stesso vale per le altre. Anche se per scelte metodologiche saranno pubblicate a parte, nel volume dedicato alla corrispondenza con i sacerdoti, tuttavia per avere una visione completa della direzione spirituale che Paolo ha portato avanti con Lucia Burlini alla luce della sapienza della croce è indispensabile leggere e approfondire queste lettere come continuazione e completamento di quelle dirette a lei, anzi come se fossero un tutt'uno con le sue.


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Note 48

. Il cammino spirituale va portato avanti, come diceva Gesù, "in segreto" (cf. Mt 6, 6), cioè unicamente sotto lo sguardo d'amore del Padre. L'interferenza anche di persone degne può infatti rovinare ogni cosa. Qui Paolo raccomanda a Lucia di attenersi a questa regola anche con don Giovanni Antonio Lucattini, suo mediatore (cf. lettera n. 51, nota 12). Egli deve fare la parte sua solo dall'Altare, cioè egli deve pregare per lei e raccomandarla a Dio e basta, perché questo è ciò che veramente conta e se non lo fa "guai" a lui! Naturalmente il rapporto di don Giovanni Antonio con Lucia è stato molto giovevole anche per il suo cammino spirituale di sacerdote e di pastore.









Lucia Burlini 101