Caterina, Lettere 131

131

A Nicolò Soderini in Fiorenza.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso.

Reverendissimo e dilettissimo fratello in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, vi conforto e benedico nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi vero figliuolo e servo di Gesù Cristo crocifisso, voi e tutta la famiglia vostra, sì come servo ricomprato del sangue del Figliuolo di Dio, raguardando sempre sì come el servo sta dinanzi al suo signore: sempre teme di none offendare e di non dispiacere a lui.

Così voglio che sempre vediate che 'l signore, a cui siamo obligati di servire, che l'occhio suo è sempre sopra di noi: doviamo sempre temere di none offendare a sì dolce e caro signore. Questo è quello santo temore ch'entra come servo nell'anima, tra'ne ogni vizio e peccato e operazioni che fussero contra a la volontà del signore suo. Anco desidero che siate figliuolo del Padre vostro celestiale, el quale v'à creato alla immagine e similitudine sua (Gn 1,26), e à fatto a voi e a ogni creatura come el padre, che mette alcuno tesoro in mano del figliuolo, che per farlo grande e arichirlo el manda fuore de la città sua.

Così fa questo dolce padre, ché, avendo creata l'anima, egli le dona el tesoro del tempo ed el libero arbitrio de la volontà, perché aricchisca. Così vedete che così è - ché noi siamo forestieri e pellegrini (He 11,13 1P 2,11) in questa vita -: con questo tesoro del tempo e libero arbitrio guadagna, sì che in questo tempo la creatura può annegare la volontà ed el libero arbitrio suo, e con esso comprare la perversa vanità, piacimento e spiacimento e sollecitudini e diletti del mondo, la quale è quella mercanzia che sempre l'uomo empovarisce, però che non à in sé veruna stabilità né fermezza; non à se none una mostra di fuore, e dentro è guasta e làssati el puzzo de' molti peccati. Questa mostra fa acciò che s'acordi a mercato con lui.

Adunque, carissimo e venerabile fratello in Cristo Gesù, io none intendo né voglio che questo tesoro, dato dal Padre a noi per divina grazia e misericordia, noi lo spendiamo in sì vile mercanzia, però che giustamente saremmo riprovati dal Padre. Dunque, come figliuoli veri e con perfetta sollecitudine, spendiamo questo dolce tesoro in una mercanzia perfetta, la quale è contraria a questa, ché à colore palido povaro e vile: dentro v'è uno tesoro che lo ingrassa e arichisce qui per grazia, e poi el conduce ne la vita durabile del Padre a godere la eredità sua.

Or vediamo che tesoro costui - chi è arricchito - egli à comprato: spregiamento d'onore, di delizie, di ricchezze, d'ogni consolazione e ricreazione o piacimento degli uomini; à voluto quelle virtù vere e reali, le quali paiono piccole e di piccolo aspetto negli occhi del mondo, ma dentro v'è el tesoro de la grazia. Ben pare piccolo al mondo a eleggiare strazii scherni e 'ngiurie e rimproverii, ed eleggiare volontaria povertà, la quale caccia a terra l'umana superbia e grandezza e stato del mondo, la quale si mostra tanto alta, e diventa umile abbassandosi per virtù. Non vuole tenere altre vestigie che del padre suo che gli à commesso el tesoro de la libera volontà, con la quale elli può guadagnare e perdare, secondo che vuole, la mercanzia che compra.

O dolce e santo tesoro de le virtù, che in ogni luogo andate sicure, in mare e in terra e in mezzo de' nemici: di veruna cosa temete, però che in voi è nascoso Dio, che è etterna sicurtà. Non gli è tolta dagli uomini né da l'ingiuria: è perfetta pazienzia, però che non si truova chi voglia ingiurie, e la pazienzia si pruova per mezzo de la ingiuria e de le fadighe. Così l'ardentissima e amorosa carità à sempre per contrario l'amore proprio di se medesimo. Ma 'l cuore, dilargato e abbattuto a la ricchezza de la carità, vuole gaudio e letizia e ogni sicurtà: non raguarda né cerca sé per sé, ma sé per Idio e 'l prossimo per Idio: ogni sua operazione è dirizzata in lui, non per propria utilità ma per onore del Padre, quando ritorna a la casa sua.

Or suso, non dormiamo più nel letto de la negligenzia, ch'egli è tempo da 'nvestire questo tesoro in una dolce mercanzia, e sapete quale? in pagare la vita per lo Dio nostro, dove si terminano tutte le iniquità nostre. Questo dico per l'odore del fiore che comincia a uprire: per lo santo passaggio, el quale ora el padre santo, el nostro Cristo in terra, à commesso a volere sapere la santa disposizione e volontà de' cristiani, se volranno dare la vita a racquistare la Terra-santa, e dicendo che, se trovarà le volontà disposte, che ogni aiuto, e con sollecitudine, usarà la potenzia sua; e così dice la bolla che mandò al provinciale nostro e al ministro de' frati Minori e a frate Ramondo: mandò lo' comandando che fussero solleciti a investigare le buone volontadi per tutta la Toscana e ogni altro terreno; vuogli per scritto, per vedere el loro desiderio e quanti sono, per dare poi ordine e mandare in effetto. Adunque io v'invito a le nozze de la vita durabile, che v'accendiate a desiderio a pagare sangue per sangue, e quanti ne potete invitare, tanti ne 'nvitate, però che a le nozze non si vuole andare solo: non potete poi tornare adietro. Non vi dico altro.

Ringraziovi, con affettuoso amore, de la carità che avete mostrata, secondo che per la lettara e messo ò inteso; non so' sofficiente a rimunerare l'affetto vostro, ma prego e pregarò continuamente la somma etterna bontà che vi rimuneri di sé. Racomandatemi e benedicetemi cento migliaia di volte in Cristo Gesù tutta la fameglia vostra.

Permanete ne la santa dilezione. Gesù Gesù Gesù.




132

A monna Giovanna di Capo, monna Giovanna di Francesco, monna Cecca di Chimento, monna Caterina dello Spedaluccio, mantellate di santo Domenico, da Siena, etc.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissime e carissime figliuole in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, e madre vostra per affetto e amore di Cristo, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue suo; el quale fu vero Figliuolo di Dio e agnello mansueto e immaculato e svenato, non per forza de' chiovi o di lancia, ma per forza d'amore e di smisurata carità la quale aveva alla creatura.

O carità ineffabile di Dio nostro! A'mi insegnato, dolcissimo amore, a'mi dimostrato non con sole parole (però che tu dici che non ti diletti di molte parole), ma con l'operazioni, de le quali tu dici che ti diletti, le quali tu richiedi da' servi tuoi.

Che m'ài insegnato tu, carità infinita? à'mi insegnato che io, come agnello paziente non solamente sostenga le parole aspre, ma eziandio le percosse dure e le ingiurie e danni. E con questo vuole che io sia immaculata e innocente, cioè senza nocimento a niuno de' prossimi e frategli miei, non solamente a quelle che non ci perseguitano, ma a coloro che ci faccino ingiuria. E voglio che per loro preghiamo come per ispeziali amici, che ci danno buono e grande guadagno.

E non solo nelle ingiurie e danni temporali vuole che noi siamo paziente ma generalmente in ogni cosa la quale sia contra la nostra voluntà: sì come tu non volevi che in niuna cosa fusse fatto alla tua voluntà, ma quella del Padre tuo. Come adunque levaremo el capo contra la voluntà di Dio, volendo che s'adempino le nostre voluntà perverse, e non vorremo che sia adimpiuta la voluntà di Dio? O dolcissimo amore Gesù, fai sempre in noi s'adempia la voluntà tua, come in cielo sempre si fa dagli angeli e da' santi tuoi. Questa è, dolcissime figliuole in Cristo, quella mansuetudine la quale vuole el dolce nostro Salvatore trovare in noi: cioè che noi con cuore tutto pacifico e tranquillo siamo contenti d'ogni cosa che lui dispone e opera inverso di noi, e non vogliamo né luogo né tempo a nostro modo, ma solamente al suo, e allora l'anima, spogliata d'ogni sua voluntà e vestita della voluntà di Dio, è molto piacevole a Dio. E allora, come cavallo sfrenato, corre velocissimamente di grazia in grazia, e di virtù in virtù; e non à veruno freno che lo tenga, che non possa correre, però che à tagliato da sé ogni disordinato appetito e desiderio per propria voluntà, e' quali sono legami che non lassano correr l'anima delle spirituali.

E' fatti del passagio continuamente vanno di bene in meglio, e l'onore di Dio ogni dì cresce più. Crescete continuamente in virtù, e fornite la navicella dell'anime vostre, però che el tempo vostro s'apressa.

Confortate Francesca da parte di Gesù Cristo e da mia parte: e ditele che sia sollecita sì che io la trovi cresciuta in virtù quando io tornarò. Benedicete e confortate tutti e' miei figliuoli e figliuole in Cristo.

Ora a questi dì è venuto lo imbasciadore della reina di Cipri e parlommi; e va al santo padre, Cristo in terra, a solecitarlo del fatto del passaggio. E anco el santo padre à mandato a Genova a pregargli che se avisano per fatto di passaggio. El nostro dolce Salvatore vi doni la sua eterna benedizione.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



133

A la reina di Napoli.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissima e carissima madre mia in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi vera e perfetta figliuola di Dio.

Sapete che 'l servo già mai non vorrà offendare ne la presenzia del signore, però che teme la pena che seguita doppo la colpa commessa; per questo timore s'ingegna di servirlo bene e diligentemente. Così dico che colui che è vero figliuolo elegge inanzi la morte che offendare el padre, non per timore di pena né per paura che abbia di lui; solo per la reverenzia sua, per l'amore che à al padre, non gli offende. Questo è quello figliuolo che debba avere la eredità, ché non à renunziato al testamento del padre, ma à osservate e seguita le vestigie sue.

Così vi prego, venerabile madre in Cristo Gesù, che facciasi a lui come servo, ché voi sapete bene che sempre stiamo dinanzi a questo signore, e l'occhio di Dio vede in occulto ed è sempre sopra di noi. E ben vede la somma etterna verità chi è colui che 'l serve o chi 'l diserve. Debba l'anima temere di none offendare el suo Creatore, ché egli è quel vero signore che ogni peccato punisce e ogni bene remunera. E neuno né per signoria né per ricchezza né per gentilezza può fare né scusarsi che non serva a questo signore dolce Gesù.

O quanto è dolce e santa questa servitudine, che pone freno e ordine a l'anima, che non la lassa andare per la perversa servitudine del peccato; anco fugge tutte quelle cose che lo potessero induciare a peccato! Tutte le cose che vede che sieno fuore de la volontà del Signore elli le odia, perché sa bene che, s'egli l'amasse, cadrebbe nel giudicio suo. Poi che l'anima s'è levata con timore, raguardando sé essare servo, e che da l'occhio suo non si può nascondare, comincia a dibarbare l'affetto e l'amore disordenato del mondo, e ordenarli e conformarli co' la volontà del signore suo; altrimenti non potrebbe piacerli, ché, come disse Cristo, neuno può servire a due signori, ché, se serve all'uno, sì è contrario all'altro (Mt 6,24 Lc 16,13).

Poi che l'anima nostra è tratta con timore, corre con perfetta sollecitudine e caccia ogni peccato e difetto da lui. Drittamente questo amore fa come el servo ne la casa, che è posto per lavare e' vasi immondi.

Ma poi che l'anima è venuta a essare figliuola, cioè d'essare e stare in perfetta carità, fa come vero figliuolo che ama teneramente el padre suo, e non ama per amore mercennaio, per utilità che traga dal padre, e non teme d'offendarlo per paura di pena: solo per la bontà del padre e per la sustanzia de la sua natura, che 'l padre gli à data con amore. Sì che la natura e la forza dell'amore el constregne ad amarlo e a servirlo: costui si può dire che sia vero figliuolo. Adunque dico che l'amore nostro verso el Padre celestiale è che tu non ami per rispetto di neuna utilità che tu traga da lui, né per paura di pena che ci facesse portare, ma solamente perché egli è sommo e giusto, etternalmente buono: per la sua infinita bontà è degno d'essare amato. E neuna altra cosa è degna d'essare amata fuore di Dio, se none in lui e per lui amare e servire ogni creatura: questo è amore di padre. E come el timore detto à a mondare e' vasi, così questo amore à a empire el vasello dell'anima de le virtù e trarne fuore ogni grandezza e pompa di vana gloria, ogni impazienzia e ingiustizia e vanità e miseria del mondo: trà'ne el ricordamento delle ingiurie ricevute: solo ci rimane el ricordamento de' benefizii di Dio e de la sua bontà, con vera e perfetta umilità, con pazienzia a sostenere ogni pena per lo dolce Gesù, con una giustizia santa che giustamente rendarà ad ogni uno el debito suo.

E attendete che in due modi avete a fare giustizia: cioè prima di voi medesima, sì che giustamente rendiate la gloria e l'onore a Dio, riconoscendo da lui e per lui avere ogni grazia; e a voi rendete quello ch'è vostro, cioè el peccato e la miseria, con vera contrizione e dispiacimento del peccato: che fu el legame 'l quale tenne confitto e chiavellato el Figliuolo di Dio in su el legno de la santissima croce. L'altra si è una giustizia data sopra a le creature, la quale avete a fare tenere - per lo stato vostro - nel vostro reame, per la quale cosa io vi prego in Cristo Gesù che voi non teniate occhio che sia fatta ingiustizia, ma, con giustizia, giustamente ad ogni uno renduto el debito suo, così al piccolo come al grande, e al grande come al piccolo. E guardate che neuno piacimento né timore di creature vi ritraggano da questo, altrimenti non sareste vera figliuola: ma se voi giustamente terrete uperto l'occhio verso l'onore di Dio, vorreste inanzi morire che passarlo mai.

Poi che 'l vasello dell'anima è votiato de' vizii e de' peccati, e ripieno de le virtù, non si può tenere né difendare el cuore che non ami, sì perché egli à trovata la vena de la bontà di Dio adoperare in lui, e per la conformità che la creatura à col Creatore, però che la creò alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26).

Questo fece non per debito, né perché ne fusse pregato, né per utilità che traesse da lui: solo l'abisso e la forza dell'amore e la ineffabile carità sua el move. Questo fu quello amore che fece Dio unire e umiliare all'uomo. O quanto, venerabile e dolce madre, si debba vergognare la creatura d'insuperbire per neuno stato e grandezza che abbi, vedendo el suo Creatore, tanto umiliato, con tanta ardentissima carità corrire all'obrobbiosa morte de la croce! E di questo dolcissimo amore desidera l'anima mia che siate vestita, ché senza questo non potreste piacere a Dio, né avere la vita de la grazia.

Fòvi asapere le dolci e buone novelle, e quali? El nostro dolce Cristo in terra, el santo padre, sì à mandata la bolla a tre religiosi singulari, al provinciale de' frati Predicatori e al ministro de' frati Minori e a uno nostro frate servo di Dio, e à lo' comandato che sappino e faccino sapere per tutta la Toscana e in ogni altro paese ched essi possono, e siano solleciti ad investigare coloro che avessero desiderio di morire per Cristo oltre mare, andare sopra l'infedeli; tutti li debbano scrivare e apresentare a lui, dicendo che se trovarà la santa disposizione e l'acceso desiderio de' cristiani, che vuole dare aiuto e vigore co' la potenzia sua, e andare sopra l'infedeli.

E però vi prego e constringo, da parte di Cristo crocifisso, che vi disponiate e accendiate el vostro desiderio, ogni ora che questo ponto dolce verrà, di dare ogni aiuto e vigore che bisognarà, acciò che 'l luogo santo del nostro dolce Salvatore sia tratto de le mani dell'infedeli, e l'anime loro sieno tratte de le mani de le demonia, acciò che participino el sangue del Figliuolo di Dio come noi. Pregovi umilemente, venerabile madre mia, che none schifiate di rispondare a me el vostro stato e buono desiderio che avete verso questa santa operazione. Altro non dico a voi. La pace e la grazia de lo Spirito santo sia sempre nell'anima vostra.

Permanete ne la santa dilezione di Dio; perdonate a la mia presunzione. Gesù dolce, Gesù, Gesù.



134

A Bartolomeo e Jacomo remiti in Campo santo in Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Dilettissimi e carissimi figliuoli miei in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi svenare e aprire il vostro corpo per lo dolce nome di Gesù.

O quanto sarà beata l'anima nostra se ricevaremo tanta misericordia che noi diamo quello, per lui, che esso dié per noi con tanto fuoco di carità! O fuoco che ardi e non consumi (Ex 3,2), e consumi ciò che è nell'anima fuore de la volontà di Dio! Questo fu quello caldo vero che cosse l'Agnello immaculato in sul legno della santissima croce. O cuori indurati e villani, come si possono tenere che non si dissolvano a questo caldo? Certo io non mi maraviglio se i santi - che non erano accecati in amore proprio di loro, ma in tutto erano annegati in cognoscere la bontà di Dio e il fuoco de la sua ardentissima carità - corrivano con la memoria del sangue a spandere el sangue, quando raguardo lo smisurato fuoco di Lorenzo che, stando in su la graticola del fuoco, stava in motti col tiranno. Doh, Lorenzo, non ti basta el fuoco? Rispondarebbeci: «No, ché è tanto l'ardentissimo amore che è dentro che spegne el fuoco di fuore».

Adunque, carissimi figliuoli in Cristo Gesù, gli affetti e i desiderii vostri non siano morti di qui all'ultimo de la vita vostra. Non dormite: destatevi; e non ci veggo altro remedio a destarci se non uno continuo odio.

De l'odio nasce la fame de la giustizia, in tanto che vorrebbe che gli animali ne facessero vendetta. Come è giunto a la vendetta di sé, purgasi l'anima in questo dolce fuoco, dove trovarete in voi formata la bontà di Dio, per lo quale cognoscimento de la somma bontà - quando l'anima si truova annegata in tanto abisso d'amore quanto vede che Dio à in lei - dilargasi el cuore e l'affetto. Unde l'occhio del cognoscimento apre ad intendere, la memoria a ritenere, e la volontà si distende ad amare quello che egli ama.

E dice e grida l'anima: «O dolce Dio, che ami tu più?». Risponde el dolce Dio nostro: «Raguarda in te, e trovarai quello che io amo». Allora guardate in voi, figliuoli miei carissimi, e trovarete e vedrete che quella medesima bontà e ineffabile amore che trovarete che Dio à in voi, con quello medesimo amore ama tutte le creature che ànno in loro ragione. Unde l'anima come inamorata si leva e distendesi ad amare quello che Dio più ama, ciò sono i dolci fratelli nostri; e levasi con tanto desiderio e concepe tanto amore che volentieri darebbe la vita per la salute loro e per restituirli a la vita de la grazia, sì che diventano gustatori e mangiatori dell'anime.

E fanno come l'aquila che sempre raguarda la rota del sole e va in alto, e poi raguarda la terra; e prendendo el cibo del quale si debba notricare el mangia in alto. Così fa la creatura, cioè che raguarda in alto, dove è il sole del divino amore, e raguarda poi verso la terra, cioè verso l'umanità del Verbo incarnato del Figliuolo di Dio; e raguardando in quello Verbo e umanità tratta del ventre dolce di Maria, vede in su questa mensa el cibo, e mangialo. E non solamente ne la terra ne la quale ella à preso de l'umanità di Cristo, ma levasi su in alto col cibo in bocca; e levatasi su entra nell'anima consumata e arsa d'amore del Figliuolo di Dio, e quello affettuoso amore truova che è uno fuoco - che esce de la potenzia del Padre, el quale ci donò a noi per ardore la sapienzia del Figliuolo suo, e una fortezza di fuoco di Spirito santo -, el quale fu di tanta fortezza e unione che né chiovi né croce averebbero tenuto questo Verbo, se non solo el legame dell'amore. E l'unione fu sì-fatta che né per morte né per neuna altra cosa la natura divina si partì da l'umana. Or qui voglio che mangiate questo dolce cibo.

E se mi diceste: «Con che ale volo?» Con l'ale de l'odio e dell'amore, con penne di strazii di scherni e rimproverii crociati per Cristo crucifisso. E non vogliate né reputate di sapere altro che Cristo crucifisso (1Co 2,2): in lui sia la vostra gloria e il vostro refrigerio e ogni vostro riposo. Pascetevi e notricatevi di sangue. Dio raguardi a' vostri desiderii. Non dico più.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



135

A Piero marchese.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

A voi, missere lo senatore: io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, vi saluto nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi vero rettore de la vera giustizia, prima in voi e poi in altrui, sì che voi possiate apparire dinanzi al giustissimo giudice con secura faccia: però che colui che non tiene la giustizia sopra sé non può con buona faccia farla sopra altrui, però che tanto è l'opera giusta, quanto procede da la giusta e pura volontà.

O dolcissimo fratello in Cristo Gesù, pigliate lo essemplo del prezioso Agnello, che fece giustizia de' peccati altrui sopra di sé: quanto dunque maggiormente doviamo noi fare vendetta de' peccati nostri sopra di noi? Or dunque salite sopra la sedia de la ragione, e fate che la memoria accusi i mali fatti e i mali detti e i mali pensieri vostri; e la volontà si doglia de la ingiuria del suo Creatore e dimandi giustizia; e allora lo intelletto giudichi la pena che die sostenere el cuore e il corpo, e dìaglili con grande impeto e con grande fervore: e allora sarà placato el giudice giusto, e non solamente perdonerà l'offesa, ma farà che colui che giustamente à giudicato sé, diventi giusto giudice degli altri; e così diventiamo veri rettori, sottomettendo noi medesimi a la regola de la giustizia. Altro non dico qui.

Pregovi che siate sollicito di spacciare con missere Mateo quello che voi avete a fare per la vostra salute, e non tardate: altrimenti vi si potrebbe fare mettare la mano a la stanga, e pagareste inanzi che voi ne la levaste. E se non avete altro modo, dateli a lui o ad uno banco, sì che stiano a sua posta, e egli troverà bene poi el modo.

Non ci sono ora le mie compagne che mi solevano scrivere, e però è stato di bisogno che io abbi fatto scrivere a frate Ramondo, el quale vi si racomanda e saluta in Cristo Gesù con tutto el cuore, e sollìcitavi del fatto che avete a fare con missere Mateo. Se Neri vuole venire qua, pregovi che voi el lassiate venire.

Altro non dico.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio.

Fatta in Pisa el secondo dì di settembre.

Doppo le predette cose, vi racomando el portatore di questa lettera - el quale è buono e dritto uomo e vive secondo Dio, ed è fratello de la mia cognata secondo la carne, ma sorella secondo Cristo - che, se gli bisognasse el vostro aiuto, che voi glili diate per amore di Cristo crucifisso.



136

Al vescovo di Fiorenza, cioè a quello da Ricasole.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

A voi, venerabile e carissimo padre mio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi e racomandomivi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi confitto e chiavellato per santo desiderio in sul legno de la santissima e venerabile croce, dove trovaremo l'Agnello immaculato, arrostito nel fuoco de la dolcissima carità.

In su questo arboro troviamo e' frutti de le virtù, però che la carità è quello arboro fruttuoso che fu croce, e chiovo che tenne legato el Figliuolo di Dio, ché altra croce né altro legame non l'avrebbe potuto tenere.

Ine trovate l'Agnello svenato essere mangiatore de l'onore del Padre e de la salute nostra: tanto è grande l'affetto suo che con la pena corporale nol poteva esprimere.

O inestimabile dolcissima e diletta carità, per ismisurata fame e sete che tu ài de la salute nostra, tu gridi che ài sete! (Jn 19,28) E poniamo che la sete corporale ci fusse grande per la molta fadiga, ell'era maggiore la sete de la nostra salute. Oimé oimé, non si truova chi ti dia bere altro che amaritudine di molta iniquità: ma darli bere con una libera volontà, con puro e amoroso affetto, questo in pochi si truova che gli li dia.

Pregovi, dolcissimo e carissimo venerabile padre mio, che vi leviate suso dal sonno de la negligenzia, ché non è tempo più da dormire, ché 'l sole si comincia già a levare; e dateli bere, poi che tanto dolcemente ve ne dimanda. Se mi diceste: «Figliuola mia, io non ò che darli», già v'ò detto che io desidero e voglio che siate confitto e chiavellato in croce, dove noi troviamo l'Agnello svenato che da ogni parte versa, che s'è fatto a noi botte, vino e celleraio. Così vediamo che quella umanità è quella botte che velò la natura divina, e 'l celleraio, fuoco e mani di Spirito santo, la spillò, questa botte, in su legno de la santissima croce. Questa sapienzia, Parola incarnata, vino dolcissimo, ingannò e vinse la malizia del dimonio, però che elli el prese con l'amo de la nostra umanità. Adunque non potiamo dire che non ci abbia dato bere, cioè di tòllare el vino dell'assetato e ineffabile desiderio che elli à de la salute nostra.

Voi, padre, come pastore vero, prego che poniate la vita per li sudditi e pecorelle vostre (Jn 10,11): uprite l'occhio dello intendimento, raguardate la fame che Dio à del cibo dell'anima; allora s'empirà l'anima vostra di fuoco di santo desiderio, in tanto che mille volte, se fusse possibile, dareste la vita per loro. Siate gustatore e mangiatore dell'anime, ché questo è el cibo che Dio richiede. E io prego la somma etterna verità che mi conceda grazia e misericordia che io vi vega, per l'onore di Dio e per questo santo cibo, isvenare e uprire il corpo vostro, sì come egli è uperto per noi: allora sarà beata l'anima vostra, venerabile e dolcissimo padre.

Sappiate, padre, che frate Ramondo non à fatta l'obbedienzia vostra, perché è stato molto impacciato e non à potuto lassare; gli è convenuto aspettare alquanti gentili uomini per lo fatto di questo santo passaggio, e anco à molto a spacciare. El più tosto che si potrà ne venrà e sarà a la vostra obbedienzia. Perdonate a lui e a la mia presunzione.

Permanete ne la santa dilezione di Dio.



137

A messer Matheio, rettore de la Misericordia di Siena, mentre che essa era a Pisa.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo figliuolo in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi infiamato tutto d'amoroso fuoco, sì e per sì-fatto modo che diventiate una cosa colla dolce prima Verità.

E veramente l'anima che per amore è unita e trasformata in lui, fa come 'l fuoco che consuma in sé l'umore de le legna, e, poi che sono riseccate, le converte in sé medesimo, dandoli quello colore e caldo e potenzia che egli à in sé medesimo. Così l'anima che raguarda el suo Creatore e la sua inestimabile carità, co' la quale comincia l'anima a sentire el caldo del cognoscimento di sé medesimo (el quale consuma ogni cosa, cioè ogni umore d'amore proprio di sé medesimo), crescendo il caldo, gittasi co' l'affocato desiderio nella smisurata bontà di Dio, la quale truova in sé. Ella participa del caldo e de la virtù sua, - perciò che subito diventa gustatore e mangiatore de l'anime -, e ogni creatura ragionevole converte in sé medesimo per amore e desiderio: il colore e 'l sapore de le virtù (che elli à tratto del legno de la santissima croce, che è l'arboro venerabile dove si riposa il frutto de l'Agnello immaculato, Idio e Uomo), or questo è quello frutto soavissimo, el quale vuole dare a l'anima per participare col prossimo suo; e veramente così è, ché non potrebbe dare né producere altro frutto che quello che elli abbia tratto de l'arboro de la vita, però che s'è inestato d'amore e desiderio in esso arboro, perché era veduta e cognosciuta la larghezza de la sua smisurata carità.

O figliuolo carissimo in Cristo Gesù, questo desidera l'anima mia di vedere in voi, acciò che 'l desiderio di Dio e mio sia adempito in voi: sì vi prego e comando che sempre siate sollicito di consumare ogni umidezza d'amore proprio, di negligenzia e d'ignoranzia. Cresca il fuoco e lo ismisurato desiderio; inebriatevi del sangue dello Agnello immaculato Figliuolo di Dio; corriamo come affamati de l'onore suo e de la salute de la creatura; arditamente gli tolliamo el legame col quale fu legato in sul legno de la santissima croce. Leghiamoli le mani de la sua giustizia.

Ora è il tempo di gridare, di piangere, e di dolersi: el tempo è nostro, figliuolo, però che è perseguitata la Sposa di Cristo da' cristiani, falsi membri e putridi. Ma confortovi, ché Dio non dispregerà le lagrime, sudori e sospiri che sonno gittati nel conspetto suo. L'anima mia nel dolore gode e essulta, perché tra la spina sente l'odore de la rosa ch'è per aprire. Dice la prima dolce Verità che con questa persecuzione adempie la volontà sua e' desiderii nostri. Ancora, godo del dolce frutto che s'è fatto in Cristo in terra sopra a' fatti del santo passagio, e ancora di quello che è fatto e fa qui ed è per fare, per la divina grazia.

Aiutatemi, figliuolo mio; inebriatevi del sangue de l'Agnello immaculato. Non voglio dire più.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio, facendo sempre riposo a' rami de l'arboro de la santissima croce. Gesù dolce, Gesù.



138

Alla reina di Napoli.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissima e reverendissima madre e suoro in Cristo Gesù, madama la reina: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi piena e unita nell'abondanzia de la grazia de lo Spirito santo, sì come terra fruttifera che renda frutto buono e soave, non produca spine rovi e triboli.

Voi sapete, carissima madre, che noi siamo come uno campo di terra, dove Dio per la sua misericordia à gittato el seme suo, cioè l'amore e l'affetto col quale ci creò, traendo noi di sé medesimo solo per amore e non per debito - noi nol pregammo mai che ci creasse - ma mosso dal fuoco de la sua carità, perché godessimo e gustassimo la somma etterna bellezza sua. E acciò che questo seme faccia frutto e notrichinsi le piante, egli ci à data l'acqua del santo battesmo. Bene è dolce e soave questo frutto; àcci bisogno d'uno ortolano che 'l governi, e conservi el frutto suo.

O dolcissimo amore Gesù, tu ci ài dato el più forte e grazioso ortolano che possiamo avere, cioè la ragione e la libera volontà: questo è sì forte che né dimonio né creatura la può muovere né strignare a uno peccato mortale sed e' non vuole. Questo parbe che dicesse quello dolce inamorato di Paulo, quando dice: «Chi sarà colui che mi parta da la carità di Cristo? non fame, non sete, non persecuzioni, né angeli, né dimonia». Quasi dica: come è impossibile che gli angeli mi partano da Cristo, così è impossibile che io mi parti mai da la divina carità, se io non vorrò: bene è forte dunque.

Anco c'è dato el tempo, ché senza el tempo questo lavoratore non farebbe cavelle, ma nel tempo, cioè mentre che noi viviamo, questo lavoratore può rivòllare la terra e ricogliare el frutto: allora le mani dell'amore del santo e vero desiderio piglia el frutto e ripollo nel granaio suo, cioè in Dio, facendo e dirizzando ogni sua operazione a lode e gloria di Dio.

E se voi mi diceste: Questo ortolano à uno compagno, cioè la parte sensitiva, che spesse volte el robba e lo 'mpedisce, seminandovi e ricogliendovi spesse volte el seme del dimonio, ponendoci e' disordenati diletti e piaceri del mondo, stati, ricchezze, onore, e amore proprio di noi medesimi (il quale è uno vermine pericoloso che inverminisce e guasta ogni nostra operazione, però che colui che ama sé senza Dio - che attenda solo all'onore di sé medesimo -, elli non fa mai cavelle buono: se elli è signore, non tiene mai giustizia dritta né buona, ma faralla secondo el piacere de le creature, el quale piacere à acquistato per l'amore proprio di sé), non voglio che questo caggia in voi: se attendarete solo all'onore di Dio e a la salute de la creatura, la giustizia e ogni vostra operazione sarà fatta con ragione e giustamente: subbito la forza de la libertà già detta farà stare queta la sensualità.

Confortatevi, carissima madre, ché per lo inesto che à fatto Dio in noi arbolo infruttifero, cioè per l'unione de la natura divina con la natura umana, questo à sì fortificata la ragione e l'amore nostro verso di lui che per forza d'amore è tratto ad amare; la sensualità è sì indebilita che, volendo usare la ragione, non ci potrà cavelle. Bene vediamo che la carne nostra, cioè l'umanità di Cristo, che è de la massa d'Adam, è sì flagellata e tormentata, con tanti strazii e scherni e villania infine all'obrobiosa morte della croce, che debba fare stare suggetta la nostra che non ribelli mai né alzi el capo contra Dio e la ragione.

O amore inestimabile, dolcissimo Gesù, come si può tenere la creatura che non si disfacci e dissolva per te? O inesto piacevole, Verbo incarnato Figliuolo di Dio, che traesti el vermine del vecchio peccato d'Adam, traestine el frutto salvatico, però che per lo peccato commesso era l'orto nostro sì insalvatichito che veruno frutto di virtù poteva produciare che gli desse vita. O dolce fuoco d'amore, ài inestato e legato Dio ne l'uomo e l'uomo in Dio, sì e per sì-fatto modo che lo infruttuoso frutto che ci dava morte è fatto buono e fruttifero, in tanto che sempre ci dà vita, se noi vorremo usare sempre la forza della ragione.

Raguardate raguardate l'amore ineffabile che Dio vi porta, e la dolcezza del soave frutto dell'Agnello immaculato, el quale fu quello seme seminato nel campo dolce di Maria! None stia più a dormire né in negligenzia questo nostro lavoratore, poi che elli à el tempo, ed è forte per l'essere suo, ed è fortificato per l'unione che Dio à fatta ne l'uomo. Pregovi, in Cristo dolce Gesù, che l'amore l'affetto e 'l desiderio vostro si levi su e pigli l'arbolo della santissima croce, e piantisi nell'orto dell'anima vostra, però che elli è uno arbolo pieno di frutti de le vere e reali virtù. Ché bene vedete voi che, oltre all'unione che Dio à fatta con la creatura, elli s'è unito in su la croce santa; vuole dunque e richiede che noi ci uniamo per amore e desiderio in su questo dolce arbolo: allora l'orto nostro non potrà avere altro che dolci frutti e soavi. E però dissi che io desideravo che voi fuste campo fruttifero.

Aviamo veduto in che modo riceva in sé el frutto e in che modo se 'l tolla: usare la forza e potenzia del buono lavoratore de la ragione e libera volontà, con la memoria dell'Agnello svenato, ad abbattare la parte sensitiva. Or su virilmente, dolcissima suoro: non è più tempo da dormire, però che 'l tempo non dorme ma sempre passa come el vento. Rizzate in voi, per amore e per desiderio, el gonfalone della santissima croce, però che tosto si converrà rizzare: ché, secondo che mi pare intendare, el padre santo la bandirà sopra i Turchi, e però vi prego che vi disponiate, sì che tutti di bella brigata andiamo a morire per Cristo.

Ora vi prego e constringo da parte di Cristo crucifisso che soveniate la Sposa di Cristo nel bisogno suo, in avere e in persona e in consiglio; e in ciò che si può dimostriate che siate figliuola fedele de la dolce e santa Chiesa. Ché voi sapete che ella è quella madre che notrica e' figliuoli al petto suo, dando lo' latte dolcissimo che lo' dà vita. Bene è stolto e matto quello figliuolo che none aita la madre, quando el membro putrido le ribella ed è contra a lei. Voglio che siate quella figliuola vera che sempre soveniate alla madre vostra. Non dico più; perdonate alla mia ignoranzia.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Racomandovi frate Pietro, che vi reca questa lettara, come caro padre e figliuolo mio.




Caterina, Lettere 131