Caterina, Lettere





1

A monna Lapa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi con vero cognoscimento di voi medesima e de la bontà di Dio in voi - ché senza questo vero cognoscimento non potreste participare la vita de la grazia -; e però dovete con vera e santa sollicitudine studiare di cognoscere voi non essere, e l'essere vostro ricognoscerlo da Dio, e tanti doni e grazie quante avete ricevute da lui e ricevete tutto dì.

A questo modo sarete grata e cognoscente, e verrete a vera e santa pazienzia, e non vederete le picciole cose per grandi, ma le grandi vi parranno picciole a sostenere per Cristo crocifisso. Non è buono el cavaliere se non si pruova in sul campo de la battaglia; così l'anima nostra si debba provare a la battaglia de le molte tribulazioni, e quando allora si vede fare prova buona di pazienzia - e non volta el capo indietro per impazienzia scandalizzandosi di quello che Dio permette - può godere ed essultare, e con perfetta allegrezza aspettare la vita durabile, però che s'è riposata ne la croce; e confortasi con le pene e con gli obbrobrii di Cristo crocifisso, e ragionevolmente può aspettare l'eterna visione di Dio. Però che Cristo la promette a loro, ché coloro che sono perseguitati e tribolati in questa vita, sono poi saziati (Mt 5,6 Lc 6,21) e consolati (Mt 5,5) e alluminati nell'eterna visione di Dio, gustando pienamente e senza mezzo la dolcezza sua; ed eziandio in questa vita comincia Dio a consolare coloro che s'affadigano per lui.

Ma senza el cognoscimento e di noi e di Dio, non potremmo venire a tanto bene: adunque vi prego, quanto so e posso, che v'ingegniate d'averlo, acciò che noi non perdiamo el frutto de le nostre fadighe. Altro non dico.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



2

A uno prete detto ser Andrea da Vincione.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e padre, per reverenzia del dolcissimo sacramento, in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi alluminato di vero e perfettissimo lume acciò che cognosciate la dignità nella quale Dio v'à posto, però che senza el lume non la potreste cognoscere; non cognoscendola non rendereste gloria e loda alla somma bontà che ve l'à data, e non notricareste la fonte della pietà per gratitudine, ma disseccarestila nell'anima vostra, con molta ingratitudine. Però che la cosa che non si vede non si può cognoscere; non cognoscendola, non l'ama; non amandola, non può essere grato né cognoscente al suo Creatore: adunque ci è bisogno el lume.

O carissimo fratello, egli ci è di tanta necessità che se l'anima el considerasse quanto l'è di bisogno, ella eleggerebbe innanzi la morte che amare o cercare quella cosa che le tolle questo dolce e diritto lume. E se voi mi diceste: «Voglia ò di fuggirla, quale è quella cosa che mel tolle?», io vi risponderei, secondo el mio basso intendimento, che solo la nuvila dell'amore proprio sensitivo di noi medesimi è quello che cel tolle.

Questo è uno arbore di morte che tiene la radice sua intro la superbia - unde dalla superbia nasce l'amore proprio e dall'amor proprio la superbia, perché subbito che l'uomo s'ama di così-fatto amore presumme di sé medesimo -, e' frutti suoi generano tutti morte, tollendo la vita della grazia nell'anima che gli possiede e gli mangia col gusto della propria volontà, cioè che volontariamente caggia nella colpa del peccato mortale che germina l'amore proprio.

Oh quanto è pericoloso! Sapete quanto? che egli priva l'uomo del cognoscimento di sé, unde acquistarebbe la virtù de l'umilità - nella quale umilità sta piantato l'amore e l'affetto dell'anima che è ordenata in carità -, e privalo del cognoscimento di Dio, del quale cognoscimento traie questo dolce fuoco della divina carità.

Però che di suo principio le tolse el lume con che cognosceva: e però si truova spogliata della carità, perché non cognobbe. Senza el cognoscimento è fatta simile all'animale, sì come per lo cognoscere con lume di ragione l'uomo diventa uno angelo terrestro in questa vita.

E spezialmente e' ministri, e' quali la somma bontà chiama e' cristi suoi: questi debbono essere angeli e non uomini; e veramente così sonno, se non si tolgono questo lume, e dirittamente ànno l'offizio dell'angelo. L'angelo ministra a ognuno in diversi modi, secondo che Dio l'à posto, e sonno in nostra guardia dati a noi per la sua bontà; così e' sacerdoti posti nel corpo mistico della santa Chiesa a ministrare a noi el sangue e 'l corpo di Cristo crocifisso - tutto Dio e tutto uomo per la natura divina unita con la natura nostra umana: l'anima unita nel corpo, e il corpo e l'anima unita con la deità, natura divina del Padre eterno -, el quale die essere ed è ministrato da quegli che ànno vero lume, con fuoco dolce di carità, con fame de l'onore di Dio e salute dell'anime, le quali Idio v'à date in guardia acciò che il lupo infernale non le divori. Questi gusta e' frutti delle virtù che danno vita di grazia, che escono dell'arbore del vero e perfetto amore.

El contrario, sì come di sopra dicemmo, fanno quegli che tengono l'arbore della morte nell'anima loro, cioè dell'amore proprio: tutta la vita loro è corrotta, perché è corrotta la principale radice dell'affetto dell'anima. Unde se sonno secolari essi son gattivi nello stato loro, commettendo le molte ingiustizie, non vivendo come uomini ma come l'animale che s'involle nel loto vivendo senza veruna ragione: così questi cotali non degni di esser chiamati uomini - perché s'ànno tolta la dignità del lume della ragione -, ma animali, ché s'invollono nel loto della immondizia, andando dietro a ogni miseria secondo che l'appetito loro bestiale gli guida.

Se egli è religioso o cherico, la vita sua egli non la guida non tanto come angelo né come uomo, ma, come bestia, molto più miserabilmente che spesse volte non farà un secolare. Oh di quanta ruina e riprensione saranno degni questi cotali! La lingua non sarebbe sufficiente a narrarlo; ma bene el proverà la tapinella anima, quando sarà messa alla pruova. Preso ànno, questi cotali, l'offizio delle dimonia: le dimonia, tutto el loro studio ed essercizio è di privare l'anime di Dio per conducerle a quello riposo che à in sé medesimo; così questi cotali si sonno privati della buona e santa vita, perché ànno perduto el lume e vivono tanto scelleratamente quanto voi e gli altri che ànno cognoscimento possono vedere. Essi son fatti crudeli a lor medesimi essendosi fatti compagni delle dimonia, abitando con loro inanzi el tempo.

Questa medesima crudeltà ànno verso le creature, perché sonno privati della dilezione della carità del prossimo. Egli non sono guardatori d'anime, ma devoratori, ché essi medesimi le mettono nelle mani del lupo infernale. O miserabile uomo, quando ti sarà richiesto dal sommo giudice ragione, non potrai rendere; e non rendendola tu ne cadi nella morte eternale: ma tu non vedi la pena tua, perché tu ti se' privato del lume e non cognosci lo stato nel quale Idio t'à posto per la sua bontà. Oimé, carissimo fratello! egli l'à posto come angelo, e perché sia angelo a ministrare el corpo de l'umile e immaculato Agnello; ed egli è dirittamente uno demonio incarnato. Non tiene vita di religioso, ché in sé non à veruno ordine di ragione; né vive come cherico, che debba vivere umilmente con la sposa del breviario a lato, rendendo el debito dell'orazioni a ogni creatura che à in sé ragione, e la substanzia temporale a' povaregli e in utilità della Chiesa, anco vuole vivere come signore, e stare in stato e in delizie con grandi adornamenti, con molte vivande, con enfiata superbia, presumendo di sé medesimo. Non pare che si possa saziare: avendo uno benefizio, egli ne cerca due; avendone due, egli ne cerca tre, e così non si può saziare. In iscambio del breviario son molti sciagurati (così non fusse egli!) che tengono le femmine immonde, e l'arme come soldati, e 'l coltello a lato, come si volessero difendere da Dio, con cui ànno fatto la grande guerra: ma duro gli sarà al misero a ricalcitrare a lui, quando distenderà la verga della divina giustizia. Della substanzia ne nutrica e' figliuoli, e quelle che sonno dimoni incarnati con lui insieme.

Tutto questo gli è nato dall'amore proprio di sé - el quale ponemmo che era uno arbore di morte, e' frutti suoi erano puzze di peccati mortali - el quale dà la morte nell'anima, perché ci à tolta la grazia essendo privati del lume. Ora aviamo veduto che solo la nuvila dell'amore proprio è quello che cel tolle: poiché tanto è pericoloso, è da fuggirlo e da fare buona guardia, acciò che non entri nell'anima nostra; e se egli ci è intrato, pigliare el rimedio.

El rimedio è questo: che noi stiamo nella cella del cognoscimento di noi, cognoscendo noi per noi non essere, e la bontà di Dio in noi; ricognoscendo l'essere e ogni grazia che è posta sopra l'essere da lui, e in noi vedere e' difetti nostri, acciò che veniamo a odio e dispiacimento della sensualità. E coll'odio fuggiremo questo amore proprio, trovarenci vestiti del vestimento nuziale (Mt 22,11) della divina carità, del quale l'anima debba essere vestita per andare alle nozze di vita eterna. All'uscio della cella porrà la guardia del cane della conscienzia, lo quale abbaia subbito che sente venire e' nemici delle molte e diverse cogitazioni nel cuore: e non tanto che abbai a' nemici, ma essendo amici sì abbaierà, venendo alcuna volta santi e buoni pensieri di volere fare alcuna buona operazione: si desterà questa dolce guardia, la ragione, col lume dello 'ntelletto, perché vegga s'egli è da Dio o no. E per questo modo la città dell'anima nostra sta sicura, posta in tanta fortezza che né dimonio né creatura gliele può tòllere; sempre cresce di virtù in virtù, infine che giogne alla vita durabile, conservata e cresciuta la bellezza dell'anima sua col lume della ragione, perché non v'è stata la nuvila dell'amore proprio: ché se l'avesse avuta, già non l'avarebbe conservata. Considerando questo l'anima mia, dissi ch'io desideravo di vedervi alluminato di vero e perfetto lume. Adunque voglio che ci destiamo dal sonno della negligenzia, essercitando la vita nostra in virtù col lume acciò che in questa vita viviamo come angeli terrestri, anegandoci nel sangue di Cristo crocifisso, nascondendoci nelle piaghe dolcissime sue. Altro non vi dico.

Permanete etc.

Ricevetti la vostra lettera; intesi ciò che dice. Sappiate che di me non si può vedere né contare altro che somma miseria: ignorante e di basso intendimento. Ogni altra cosa si è della somma eterna Verità: a lui la reputate, e non a me. Teneramente mi raccomando alle vostre orazioni. Gesù dolce, Gesù amore.



3

Al proposto di Casole e a Jacomo di Mancio dal detto luogo.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi padri e fratelli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi seguitare l'Agnello isvenato per noi in su el legno de la santissima croce, el quale fu nostra pace e tramezzatore però che intrò in mezzo tra Dio e l'uomo, e de la grande guerra fece la grandissima pace, non raguardando a le nostre iniquitadi, ma raguardando a la inestimabile bontà sua.

Voi dunque, membri e schiavi ricomprati di così prezioso e glorioso sangue, dovete seguitare le vestigie sue: bene vedete che la prima dolce Verità s'è fatta regola e via. Così dice egli: "Ego sum via, veritas et vita" (Jn 14,6). Egli è quella via di tanta dolcezza e di tanto lume che colui che la seguita non cade in tenebre; e noi ignoranti, miseri miserabili, sempre ci partiamo da la via de la luce e andiamo per la via de la tenebre, dove è morte perpetua. Unde, carissimi padri e fratelli, io non voglio che facciamo più così; ma voglio che seguitiate la via dell'Agnello isvenato con tanto fuoco d'amore.

Già abiamo detto che egli si fece tramezzatore a fare pace tra Dio e l'uomo; e però questa è dunque la via che io voglio che seguitiate, cioè che voi medesimi siate mezzo fra voi e Dio - cioè tra la parte sensitiva e la ragione -, cacciando l'odio per l'odio, e l'amore per l'amore: cioè che abiate odio e dispiacimento del peccato mortale e dell'offesa fatta al vostro Creatore (e odiare la parte sensitiva, legge perversa che sempre vuole ribellare a Dio), e odio e dispiacimento dell'odio che avete col prossimo vostro, però che l'odio del prossimo non è altro che offesa di Dio. Unde più doviamo odiare che noi odiamo perché se ne offende la prima Verità - ché non dobiamo odiare i nemici nostri che ci fanno ingiuria -; e debbolo avere, questo odio, inverso di me, però che colui che sta in odio mortale odia più sé che il suo nemico.

Unde voi sapete che tanto è maggiore l'odio quanto è maggiore la cosa che è offesa; e però maggiore odio à colui che è offeso ne la persona che colui che è offeso in parole o nell'avere, però che veruna cosa è che sia tenuta tanto cara quanto la vita: e però l'uomo s'areca a maggiore ingiuria l'essere offeso ne la persona, e concepe più odio. Or pensate dunque voi che non è comparazione da l'offesa che è fatta ad alcuno per la creatura a quella che si fa esso medesimo. Che comparazione si fa da la cosa finita a la infinita? non veruna. Unde se io so' offeso nel corpo, e io viva in odio per l'offesa che m'è fatta, seguita che io offendo l'anima mia e uccidola, tollendole la vita de la grazia e dandole la morte eternale, se la morte gli viene nel tempo dell'odio: che non n'è sicuro.

Adunque io debbo avere maggiore odio verso di me che uccido l'anima, che è infinita - però che non finisce mai quanto ad essere -: però che, perché finisca a grazia, non finisce ad essere, che verso di colui che m'uccide el corpo, che è cosa finita, però che o per uno modo o per un altro a finire à: egli è cosa corruttibile e che non dura la verdura sua; ma tanto si conserva e vale, quanto el tesoro dell'anima v'è dentro. Or che è egli a vedere quando la pietra preziosa n'è fuore? è uno sacco pieno di sterco, cibo di morte e cibo di vermini. Adunque io non voglio che per questa ingiuria che è fatta contra a questo corpo finito - ed è tanto vile -, che voi offendiate Dio e l'anima vostra che è infinita, stando in odio e in rancore.

Avete dunque materia di concepere maggiore odio inverso di voi che inverso di loro; e a questo modo cacciarete l'odio con l'odio, però che con l'odio di voi cacciarete l'odio del prossimo, gittarete uno colpo e satisfarete a Dio e al prossimo: però che levando l'odio dall'anima vostra voi fate pace con Dio e fate pace col prossimo. Adunque vedete, fratelli carissimi, che a questo modo voi seguitarete l'Agnello che v'è via e regola; la quale tenendo, vi conduce a porto di salute.

Questo Agnello fu quello mezzo che in su la croce satisfece a la ingiuria del Padre, e a noi diede la vita de la grazia; e de la grande guerra si fece la grandissima pace, solo per questo mezzo. Levasi questo dolce Agnello con odio de la colpa commessa per l'uomo, e de la ingiuria che è fatta al Padre per l'offesa fatta; e piglia questa offesa e fanne vendetta sopra a sé medesimo, e non la punisce sopra colui che à offeso, ma puniscela sopra a sé medesimo, el quale non contrasse mai veleno di peccato. Tutto questo à fatto l'odio e l'amore: amore di virtù e odio del peccato mortale. Or dietro a questa regola dovete tenere voi.

Voi sapete che per gli molti peccati mortali siamo in odio e in dispiacere di Dio: fatta è la guerra con lui.

Ma è vero che, poi che questo Agnello ci dié el sangue, noi potiamo fare questa pace, unde se ogni dì cadessimo in guerra, ogni dì potiamo fare la pace, ma con modo, ché senza modo non si farebbe mai.

Questo è il modo a participare el sangue di Cristo crocifisso: di levarsi con odio e amore, e ponersi per obiecto l'obbrobrio, le pene e 'l vituperio, e' flagelli e la morte di Cristo crocifisso, pensando che noi siamo coloro che l'abiamo morto; e ogni di l'uccidiamo peccando mortalmente: però che non è morto per le sue colpe, ma per le nostre.

Allora l'anima conceperà questo perfettissimo odio verso la colpa sua, come detto abiamo, el quale odio spegnarà el veleno del peccato mortale; e non vorrà fare vendetta del prossimo, anco l'amarà come sé medesimo, e cercarà pure in che modo egli possa punire le colpe sue. E la ingiuria che gli è fatta da la creatura non la pigliarà in quanto fatta da creatura, ma pensarà che 'l Creatore permetta quella ingiuria o per gli peccati presenti, o per gli peccati suoi passati; unde non se la recarà a ingiuria, ma parragli, come egli è, che Dio gli l'abbi permesso per grande misericordia, volendo più tosto punire i suoi defetti in questo tempo finito che serbargli a punire nel tempo infinito, dove è pena senza alcuna misericordia. Or questo è dunque el modo, e pensate che non c'è altra via; ma ogni altra via ci conduce a morte, eccetto che questa.

In questa via di Cristo dolce Gesù non ci può stare morte, ma tolleci la morte; non fame, però che ci à perfetta sazietà: però che egli c'è Dio e uomo. Ella è via secura, che non teme de' nemici, e non teme demonia né uomini; ma quelli che vanno per essa sono fermi, e dicono col dolce innamorato di Paulo: «se Dio è per noi, chi sarà contra noi?» (Rm 8,31) E voi sapete bene che se voi non sete contra a voi medesimi, stando ne le miserie de' peccati mortali, che Dio non sarà mai contra voi, ma sempre vi terrà in sé con misericordia e con benignità.

Per l'amore dunque di Cristo crocifisso none schifate più la via, né fuggite la regola che v'è data per lo vostro capo Cristo crocifisso, dolce e buono Gesù; ma levatevi su virilmente e non aspettate el tempo, però che 'l tempo non aspetta voi, però che noi siamo pur mortali: doviamo morire, e non sappiamo quando. è vero che senza la guida non potreste andare, e però la guida è questa: odio e amore, sì come dicemmo, però che con l'odio e con l'amore Cristo satisfece e punì le nostre iniquitadi sopra di sé. Orsù virilmente! E non dormite più nel letto de la morte, ma cacciate l'odio con l'odio e l'amore con l'amore, però che con l'amore di Dio - el quale sete tenuti e obligati d'amare per dovere e per comandamento -, e con amore de la salute dell'anima vostra - la quale sta in stato di dannazione, stando in odio col prossimo suo -, con esso amore dico che cacciarete l'amore sensitivo, el quale sempre dà pena e morte e tribolazione a colui che 'l seguita: e in questa vita gusta l'arra dello 'nferno.

Or non è questa una grande cechità e oscurità a vedere che potendo in questa vita gustare vita eterna, cominciando l'abitazione in questa vita conversando per affetto e amore con Dio, ed egli si voglia fare degno dell'inferno, cominciando per odio e rancore la conversazione con le demonia? Non è creatura che potesse imaginare quanta è questa stoltizia. Di questi cotali non si potrebbe fare vendetta, e non pare che vogliano aspettare el sommo giudice che lo' dia la sentenzia ne la compagnia de le demonia, però che essi medesimi se la danno, e - prima che essi abbino separata l'anima dal corpo - la pigliano in questa vita, mentre che sono viandanti e peregrini, (He 11,13 1P 2,11) vedendosi correre come el vento verso el termine de la morte, e non se ne curano: unde come pazzi e frenetici fanno.

Oimé, oimé, aprite l'occhio del cognoscimento e non aspettate la forza e potenzia del sommo giudice, ché altro è el giudice umano e altro è el giudice divino. Dinanzi a lui non si può appellare, né avere avvocati né procuratori, però che el giudice vero à fatto suo avvocato la conscienzia, che sé medesima in quella estremità condanna e giudica sé essere degna de la morte. Or giudichianci in questa vita, per l'amore di Cristo crocifisso, giudicando noi peccatori, e, confessando d'avere offeso Dio, dimandiamo misericordia a lui, ed egli ce la farà, non volendo noi giudicare né fare vendetta del prossimo nostro, però che quella misericordia che io voglio per me mi conviene donare.

Facendo così gustarete Dio in verità, e permarrete ne la via sicura, e sarete veri tramezzatori fra voi e Dio, e nell'ultimo ricevarete l'eterna visione di Dio; e però, considerando me e avendo compassione all'anime vostre, non volendo che stiate più in tanta tenebre, mi so' mossa a invitarvi a queste dolci e gloriose nozze, però che non sete creati né fatti per altro fine. E perché mi pare che la via de la verità sia chiusa in voi, per l'odio che avete, e quella de la bugia e del demonio, che è padre de le bugie, sia molto larga e aperta in voi, voglio che al tutto usciate di questa via tenebrosa, facendo pace con Dio e col prossimo vostro, e reduciatevi ne la via che vi dà vita. E di questo vi prego da la parte di Cristo crocifisso, che non mi dineghiate questa grazia. Non vi voglio più gravare di parole.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



4

Ad uno monaco di Certosa essendo in carcere.

Al nome di Cristo e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello mio in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedere el cuore e l'anima vostra unito e trasformato nel consumato amore del Figliuolo di Dio, però che senza questo vero amore non potiamo avere la vita della grazia, né portare con buona e perfetta pazienzia.

E questa vera carità non vego, carissimo fratello, che potiamo avere, se l'anima non raguarda lo inestimabile amore che Dio à avuto a lui, e singularmente vederlo svenato in sul legno de la santissima croce: solo l'amore l'à tenuto confitto e chiavellato. Dicovi che non sarà neuna amaritudine che non diventi dolce, né sì gran peso che non diventi leggiero ne la memoria del sangue del Figliuolo di Dio.

Ò inteso la molta fadiga e tribolazione le quali voi avete: ciò riputiamo noi tribolazioni, e se noi upriremo l'occhio del conoscimento di noi medesimi e de la bontà di Dio, ci parranno grandi consolazioni. Del conoscimento di noi, dico, cioè che noi vediamo noi non essare; ma sempre siamo stati operatori d'ogni peccato e 'niquità. Quando l'anima raguarda sé avere offeso el suo Creatore, sommo etterno bene, cresce in uno odio di sé medesima in tanto che ne vuole fare vendetta e giustizia; è contenta di sostenere ogni pena e fadighe per sodisfare all'offesa che à fatta al suo Creatore. Grandissima grazia si riputa che Dio gli abbi fatta, che egli el punisca in questa vita e non l'abbi riserbato a punire nell'altra, due sono pene infinite.

O carissimo fratello in Cristo Gesù, se noi considerassimo la grande utilità che è a sostenere pene in questa vita, mentre che siamo pellegrini che sempre corriamo verso el termine de la morte! E' ci à molti beni in essare tribolato: l'uno si è ched e' si conforma con Cristo crocifisso ne le pene e obrobii suoi. Or che può avere maggiore tesoro l'anima, che essare vestita degli obrobii e pene sue? L'altro si è che punisce l'anima sua, scontiando e' peccati e difetti suoi; acresce la grazia, e porta el tesoro ne la vita durabile per le sue fadighe che Dio li dà, volendolo rimunerare de le pene e fadighe sue.

Non temete, carissimo fratello mio, perché vedeste o vediate che 'l dimonio, per impedire la pace e la pazienzia del cuore e dell'anima vostra, mandasse tedii e tenebre nell'anima vostra, mettendovi le molte cogitazioni e pensieri; eziandio el corpo vostro parrà che voglia essare ribello allo spirito. Alcuna volta lo spirito de la bastemmia vorrà contaminare el cuore in altre diverse battaglie, non perché creda che l'anima caggia in quelle tentazioni e battaglie - però che già sa ched egli à deliberato d'eleggiare la morte inanzi che offendare Dio mortalmente co' la volontà sua -, ma fallo per farlo venire a tanta tristizia, parendoli offendare, colà due none offende, per ch'egli lassarà ogni essercizio: ma non voglio che facciate così. Non debba mai venire in tristizia per neuna battaglia che abbia, né lassi mai veruno essercizio o offizio o altra cosa, se non dovesse fare altro se non di stare dinanzi a la croce e dire: «Gesù Gesù, io mi confido "in Domino nostro Jesu Cristo"». Sapete che, perché vengano le cogitazioni e la volontà non consente, anco vorrebbe inanzi morire, non è peccato: ma sola la volontà è quella cosa ch'offende.

Adunque vi confortate ne la santa e buona volontà, e non curate le cogitazioni, e pensate che la bontà di Dio permette a lo dimonio che molesti l'anima nostra per farci umiliare e riconosciare la sua bontà, e ricorrire a lui dentro ne le dolcissime piaghe sue; come 'l fanciullo ricorre a la madre noi benignamente saremo ricevuti da la dolce madre de la carità. Pensate che non vuole la morte del peccatore, ma ched e' si converta e viva, e tanto smisurato amore el muove a dare le tribolazioni, e permettare le tentazioni, quanto la consolazione, e però che la sua volontà non vuole altro che la nostra santificazione. E per darci la nostra santificazione, dié sé medesimo a tanta pena: all'obrobiosa morte de la santissima croce.

Permanete ne le piaghe dolci di Cristo, e ne la santa dilezione di Dio.



5

A missere Francesco da Monte Alcino dottore in lege civile.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondato nella vera e santa pazienzia, considerando me che senza la pazienzia non potremo piacere a Dio, anco gustaremo l'arra dell'inferno in questa vita.

Oh quanto sarebbe semplice l'uomo che voglia gustare lo 'nferno, colà dove può avere vita etterna! Che se io considero bene, in vita etterna non è altro che una volontà pacifica, acordata e sottoposta alla volontà dolce di Dio - ché non possono desiderare né volere se non che quello che esso Dio vuole -: e ogni diletto che ànno i veri gustatori è fondato sopra questa volontà pacifica. Così per lo contrario coloro che sono ne l'inferno gli arde e gli consuma la mala volontà perversa, nella quale volontà ricevono crudeli tormenti con impazienzia odio e rancore: con essi si rodono e si contristano. E di questo tutto sì fa degno la ignoranzia e cechità de l'uomo; ché se fusse stato savio in questa vita, mentre che egli era nel tempo della grazia - cioè che era atto a ricevere la grazia -, se egli avesse voluto avarebbe schifata questa cechità e ignoranzia.

O fratello carissimo, accordatevi co' veri gustatori, che in questa vita cominciano a gustare Dio facendo una volontà con lui; però che in altro none sta la pena nostra se non in volere quello che non si può avere.

Se la volontà ama onore, ricchezze, delizie e stati, o sanità di corpo, se le vuole e desidera con disordinato affetto, ed egli no le può avere - ma spesse volte perde di quelle ch'egli à -, à pena grandissima perché s'ama troppo disordinatamente. Sì che la volontà è quella che lo' dà pena; ma tolletemi via la volontà propria e sarà tolta ogni pena. In che modo ce la potremmo tòllere? Che noi ci spogliamo di questo uomo vecchio di noi medesimi, e vestianci de l'uomo nuovo, dell'eterna volontà del Verbo Dio e uomo. E se voi cercarete che vuole questa dolce volontà dimandatene Pavolo, che dice che non vuole altro che la nostra santificazione. E ciò che egli ci dà o permette a noi, o pena o infermità, per qualunque modo elle si sono, egli le dà e permette con grande misterio per nostra santificazione e necessità della salute nostra.

Adunque non doviamo essere impazienti di quello che è nostro bene, ma con uno santo ringraziamento, reputandoci indegni di tanta grazia quanta è a sostenere pena per Cristo crocifisso: cioè reputarci indegni del frutto che seguita doppo la fadiga; faccendoci degni della fatica per dispiacimento e odio di noi medesimi, e di questa parte sensitiva che à ribellato e offeso al suo Creatore. E se noi dicessimo: «Questa sensualità non pare che si voglia acordare a portarle», poniamole il freno con una santa e dolce memoria di Cristo crocifisso, lusingandola e minacciandola dicendo: «Porta oggi, anima mia. Forse che domane sarà termenata la vita tua: pensa che tu debbi morire e non sai quando». E se noi raguardiamo bene, tanta è grande fadiga quanto è il tempo; e il tempo de l'uomo è quanto una ponta d'aco, e più no. Adunque come diremo che veruna fadiga sia grande? Non è da dirlo: che ella non è.

E se questa passione sensitiva volesse pure alzare il capo, mettialle il timore e l'amore adosso, dicendole: «Guarda che 'l frutto della impazienzia è la pena etternale; e nell'ultimo dì, del giudicio, sosterrai pena con meco insieme. Meglio t'è dunque a volere quello che Dio vuole, amando quello che egli ama, che a volere quello che tu vuogli tu, amando te medesimo d'amore sensitivo. Virilmente io voglio che tu porti, pensando che non sono condegne le passioni di questa vita a quella futura gloria che Dio à apparechiata a coloro che 'l temeno, e che si vestono della dolce volontà sua» (Rm 8,18).

Poi pensate, dolce fratello e padre, che quando l'anima s'à tenuto così bene ragione, ed ella apre l'occhio del cognoscimento e vede sé non essere - perché ogni essere che à procede da Dio -, pruova la sua inestimabile carità: ché per amore, e non per debito, l'à creata a la imagine e similitudine sua, perché ella goda e participi la somma ed etterna bellezza di Dio, che per altra fine non l'à creata. Questo ci mostrò la dolce prima Verità - che egli non creò l'uomo per altro fine -, quando in sul legno della santissima croce, per renderci questo fine il quale avevamo perduto, svenò e aperse il corpo suo, che da ogni parte versa abondanzia di sangue con tanto fuoco d'amore, che ogni durezza di cuore si dovarebbe dissolvere, ogni impazienzia levare e venire a perfetta pazienzia. Non è veruna cosa sì amara che nel sangue dell'Agnello non diventi dolce, né sì grande peso che non diventi leggiero.

Or non dormiamo più, ma questo punto del tempo che ci è rimaso corritelo virilmente, attaccandovi al gonfalone della santissima croce con bona e santa pazienzia, pensando che 'l tempo è poco, e la fadiga è quasi non cavelle, e il prezzo e 'l frutto è grande. Non voglio che schifiate il grande bene per piccola fadiga: ché per dolersi e lagnarsi non si solèvano le fadighe, anco si radoppia fadiga sopra fadiga, perché io pongo la volontà in volere quello che io non posso avere.

Vestitevi, vestitevi di Cristo dolce Gesù, che è sì forte vestimento che né dimonia né creatura vel può tòllere, se voi non volete. Egli è somma etterna dolcezza che dissolve ogni amaritudine; in lui si gusta ogni dolcezza; in lui s'ingrassa e sazia l'anima per sì-fatto modo che ogni cosa fuore di Dio reputa sterco e loto: dilettasi degli obbrobrii, degli strazii e villanie, e non vuole altro che conformarsi con Cristo crocifisso. Ine à posto l'affetto e ogni sua sollicitudine; e tanto gode quanto si vede in pene, però che vede che quella è la via dritta: verun'altra è che 'l faccia tanto conformare con Cristo crocifisso quanto la via delle dolci pene.

Voglio che mi siate uno cavaliere virile che per Cristo crocifisso none schifiate il colpo della infermità.

Pensate quanta è la grazia divina, che nel tempo della infermità pone freno a molti vizii e difetti e' quali si comettarebbero avendo la sanità; e scontia e purga i peccati commessi, e' quali meritano pena infinita: e Dio per la sua misericordia gli punisce con pena finita. Orsù, virilmente per l'amore di Cristo crocifisso: conficcatevi in croce con Cristo crocifisso, dilettatevi nelle piaghe di Cristo crocifisso.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.



6

A monna Lapa sua madre.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vera serva di Cristo crocifisso, fondata in vera pazienzia, però che senza la pazienzia non possiamo piacere a Dio.

Ne la pazienzia mostriamo el desiderio de l'onore di Dio e de la salute dell'anime; e dimostra ancora che l'anima è conformata e vestita de la dolce volontà di Dio, però che d'ogni cosa gode, ed è contenta di ciò che l'aviene. Unde la creatura, essendo di così dolce vestimento vestita, à sempre pace, ed è contenta di sostenere pena per gloria e loda del nome di Dio, e dona sé e i figliuoli e tutte le cose sue e la vita per onore di Dio.

Or così voglio che facciate voi, carissima madre, cioè che tutta la vostra volontà, e me indegna miserabile vostra figliuola, offeriate al servigio e onore di Dio e salute dell'anime, con vera e buona pazienzia, notricandovi del frutto de la santissima croce col dolce inamorato e umile Agnello; e a questo modo neuna cosa vi parrà fadiga. Spogliatevi del proprio amore sensitivo, però che egli è tempo di dare l'onore a Dio e la fadiga al prossimo; ed essendo spogliata del proprio amore, andarete con diletto e non con fadiga. Non dico più.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere