Caterina, Lettere 14

14

A' tre suoi fratelli in Firenze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi fratelli in Cristo Gesù, risoviemmi dello smisurato amore che ebbe el nostro dolce salvatore, che dé a sé la morte per dare a noi la vita della grazia. Non volse fare altro el nostro dolce salvatore se no che, vedendo che noi uscivamo dell'ordine della carità, per rendarci questa unione della carità volse essere unito con la più vituparosa morte che potesse eleggere. Oimé, che 'l nostro salvatore vedeva noi infermati per lo appetito disordinato che noi abiamo in noi medesimi a queste cose transitorie, che passano come 'l vento e vengono meno, o elle a noi o noi a loro.

E però vi priego io, indegna serva e inutile, Caterina, che voi vogliate porre la vostra speranza in Dio, e non fidarvi in questa vita mortale. Pregovi, come servi ricomperati, che il vostro desiderio e l'affetto dell'anima vostra el poniate con ogni sollecitudine al Signore vostro, che v'à ricomperati, come dice san Piero: «Non v'à ricomperati d'oro né d'argento, ma del suo prezioso e dolcissimo sangue» (1P 1,18-19). E però vi prego, fratelli carissimi, che voi questo dolce prezzo teniate molto caro, cioè che l'amiate, e, per dimostrare che voi l'amiate, sempre siate amatori e osservatori de' comandamenti di Dio.

E singularmente vi priego e costringo, da parte di Cristo crocifisso, del primo e ultimo comandamento di Dio, cioè della carità e dell'unione di Dio (Mt 22,36-38 Mc 12,28-30). Di questa carità santa vi voglio vedere tutti inamorati, e piene l'anime vostre, e questo è l'animo mio. Volendomi voi mostrare questa carità, sempre vi voglio vedere uniti e legati con questo dolce vincolo della carità, acciò che né dimonio né detto di neuna persona vi possa partire.

Ricordomi della parola che disse Gesù Cristo, che chi s'aumilia, sarà esaltato (Mt 23,12 Lc 14,11). E però ti prego, Benincasa, tu che se' el maggiore, che tu voglia essere el minore di tutti; e tu, Bartolomeo, voglia essere el minore del minore; e tu, Stefano, prego che tu sia soggiogato a Dio e a loro, e così dolcemente vi conservate in perfettissima carità. Iddio vi dia sempre la sua perfettissima grazia.

Altro non vi scrivo.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore, Maria dolce.



15

A Consiglio giudeo.

Laudato sia Gesù Cristo crocifisso, figliuolo de la gloriosa vergine Maria.

A te, dilettissimo e carissimo fratello, ricomprato del prezioso sangue del Figliuolo di Dio (1P 1,18-19) come io, essendo io indegna Caterina costretta da Cristo crocifisso e da la sua dolce madre Maria ch'io vi preghi e costrenga che doviate escire e abandonare la durizia e la tenebrosa infedelità: doviatevi riducere e ricevare la grazia del santo batesmo.

E dico che senza el batesimo non potete avere la grazia di Dio: chi è senza el batesmo non participa el frutto de la Chiesa santa, ma come membro putrido, tagliato da la congregazione de' fedeli cristiani, passa de la morte corporale a la morte etternale. Ragionevolmente riceve pena e tenabre, perché non s'è voluto lavare nell'acqua del santo batesmo e à tenuto a vile el sangue del Figliuolo di Dio, il quale è sparto con tanto amore.

O carissimo fratello in Cristo Gesù, apre l'occhio de lo intendimento a riguardare la sua inestimabile carità, che ti manda invitando co.le sante inspirazioni che ti so' venute nel cuore, e per li servi suoi ti richiede e t'invita che vuole fare pace teco, non raguardando a la lunga guerra e ingiuria che à ricevuta da te per la tua infedelità; ma elli è tanto dolce e benigno lo Dio nostro che, poi che venne la legge dell'amore, che 'l Figliuolo di Dio venne ne la vergine Maria e sparse l'abbondanzia del sangue in sul legno de la santissima croce, potiamo ricevere l'abbondanzia de la divina misericordia.

Sì come la legge di Moisè era fondata in giustizia e in pena, così la legge nuova, data da Cristo crocifisso, vita evangelica, è fondata in amore e in misericordia - in tanto ch'egli è dolce e benigno, pur che l'uomo ritorni a lui umiliato e fedele - e credare per Cristo avere vita etterna; e pare che non si voglia ricordare dell'offese che noi gli facciamo: non ci vuole dannare etternalmente ma sempre fare misericordia.

Adunque levati, fratello mio, in quanto tu vogli essare legato con Cristo; non dormire più in tanta cechità, ché Dio non vuole, né io non voglio, che l'ora de la morte ti truovi cieco, ma desidera l'anima mia di vederti pervenire al lume del santo batesimo, sì come el cervio desidera l'acqua viva (Ps 41,2). Non fare più resistenzia a lo Spirito santo che ti chiama, e none spregiare l'amore che t'à Maria né le lagrime e l'orazioni che sono fatte per te: troppo ti sarebbe grande giudicio.

Permane ne la santa dilezione di Dio, e io prego lui, che è somma verità, che t'allumini e riempia de la sua santissima grazia, e adempi el mio desiderio di te, Consiglio. Data a te questa da parte di Cristo Gesù.

Laudato sia Cristo crocifisso e la sua dolcissima madre Maria dolce.



16
A uno grande prelato.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo e carissimo padre in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi affamato del cibo delle creature per onore di Dio, imparando dalla prima dolce Verità che, per fame e sete che egli à della nostra salute, muore.

Non pare che questo Agnello immaculato si possa saziare; grida in croce satollato d'obrobrii, e dice che à sete (Jn 19,28): poniamo che corporalmente egli avesse sete, ma maggiore era la sete del santo desiderio che egli avea della salute dell'anime. O inestimabile dolcissima carità, e' non pare che tu dia tanto - dandoti a tanti tormenti - che non rimanga maggiore el desiderio di più volere dare tutto: n'è cagione l'amore. Non me ne maraviglio, ché l'amore tuo era infinito, e la pena era finita: e però gli era maggiore la croce del desiderio che la croce del corpo.

Questo mi ricordo che 'l dolce e buono Gesù manifestava una volta a una serva sua: vedendo ella in lui la croce del desiderio e la croce del corpo, ella dimandava: «Signore mio dolce, quale ti fu maggiore pena, o la pena del corpo, o la pena del desiderio?» Egli rispondeva dolce e benignamente, e diceva: «Figliuola mia, non dubitare; ch'io ti fo sicura di questo: che veruna comparazione si può fare dalla cosa finita alla infinita. Così ti pensa che la pena del corpo mi fu finita; ma el santo desiderio non finisce mai: però io portai la croce del santo desiderio. E non ti ricorda egli, figliuola mia, che una volta, quando ti manifestai la mia natività, tu mi vedevi fanciullo pargolo nato con la croce in collo? Perch'io ti fo sapere che come io, Parola incarnata, fui seminata nel ventre di Maria, mi si cominciò la croce del desiderio ch'io avevo di fare l'obbedienzia del Padre mio e d'adempire la sua volontà nell'uomo, cioè che l'uomo fusse restituito a grazia: ricevesse el fine per lo quale egli fu creato. Questa croce m'era maggior pena che verun' altra pena che io portasse mai corporalmente. E però lo spirito mio essultò con grandissima letizia, quando mi viddi condotto a l'ultimo, e spezialmente nella cena del giovedì santo, e però dissi: «con desiderio io ò desiderato» (Lc 22,15), cioè di fare questa pasqua di fare sacrifizio del corpo mio al Padre. Grandissima letizia e consolazione avevo, perché vedevo apparecchiare el tempo disposto a tollarmi questa croce del desiderio, cioè che quanto più mi vidi giognare a' fragelli e a' tormenti corporali, tanto mi scemava più la pena: ché con la pena corporale si cacciava la pena del desiderio, perché vedevo adempito quello ch'io desideravo».

Ella rispondeva e diceva: «O Signore mio dolce, tu dici che questa pena della croce del desiderio ti si partì in croce. In che modo fu? Or perdesti tu el desiderio di me?» Egli diceva: «Figliuola mia dolce, no: ché morendo io in su la croce, terminò la pena del santo desiderio a un'ora con la vita, ma non terminò el desiderio e la fame ch'io ò della salute vostra. Ché se l'amore ineffabile che io ebbi e ò all'umana generazione fusse terminato e finito, voi non sareste; però che come l'amore vi trasse del seno del Padre mio, creandovi con la sapienza sua, così esso amore vi conserva: ché voi non sete fatti d'altro che d'amore.

Se retraesse a sé l'amore con quella potenzia e sapienzia con la quale egli vi creò, voi non sareste. Io, unigenito Verbo Figliuolo di Dio, so' fatto a voi uno condotto che vi porge l'acqua della grazia. Io vi manifesto l'affetto del Padre mio, però che quello affetto che egli à, e io ò; e quel che ò io, sì à egli, perché so' una cosa col Padre e 'l Padre è una cosa con meco (Jn 10,30), e per mezzo di me à manifestato sé. E però dissi io: «Ciò ch'io ò avuto dal Padre, io ò manifestato a voi » (Jn 15). Ogni cosa, n'è cagione l'amore».

Adunque ben vedete, reverendo padre, che 'l dolce e buon Gesù amore egli muore di sete e di fame della salute nostra: io vi prego per l'amore di Cristo crocifisso che voi vi poniate per obiecto la fame di questo Agnello. Questo desidera l'anima mia, di vedervi morire per santo e vero desiderio, cioè che per l'affetto e amore che voi avarete a l'onore di Dio, salute de l'anime ed essaltazione della santa Chiesa, ò volontà di vedervi tanto crescere questa fame, che sotto questa fame rimaneste morto. Ché, come el Figliuolo di Dio, come detto abiamo, di fame morì, così voi rimaniate morto a ogni amore proprio di voi medesimo; e a ogni passione sensitiva rimanga morta la volontà e appetito, a stati e delizie del mondo, al piacere del secolo e di tutte le pompe sue. Non dubito che, se l'occhio del cognoscimento si vòlle a raguardare voi medesimo, cognoscendo voi non essere trovarete l'essere vostro dato a voi con tanto fuoco d'amore. Dico che 'l cuore e l'affetto vostro non potrà tenersi che non si spasimi per amore: non ci potrà vivere amore proprio; non cercarà sé per sé per propria sua utilità - ma cercarà sé per onore di Dio -, né el prossimo per sé, per utilità propria, ma amarallo e desiderarà la salute sua per loda e gloria del nome di Dio, perché vede che Dio sommamente ama la creatura.

E questa è la cagione che subito e' servi di Dio amano tanto la creatura, però che veggono sommamente che l'ama el Creatore; e condizione de l'amore è d'amare quello che ama colui che io amo. Dico che non amano Dio per sé, ma amanlo in quanto è somma etterna bontà degno d'essere amato. Veramente, padre, che costoro ànno messa a uscita la vita, perché non pensano di loro più: eglino non vogliono altro che pene, strazii, tormenti e villanie; eglino ànno in dispregio tutti e' tormenti del mondo, tanto è maggiore la croce e pena che portano di vedere l'offesa e 'l vituperio di Dio e la dannazione della creatura. è sì grande questa pena che dimenticano el sentimento della vita propria; e non tanto che fuggano le pene, ma essi se ne dilettano e vannole cercando. Acordansi con quel dolce innamorato di Pavolo che si gloriava nelle tribulazioni per l'amore di Cristo crocifisso (2Co 11-18ss.): or questo dolce banditore voglio e pregovi che seguitiate.

Oimé, oimé, disaventurata l'anima mia! Uprite l'occhio e raguardate la perversità della morte che è venuta nel mondo, e singularmente nel corpo della santa Chiesa. Oimé, scoppi el cuore e l'anima vostra a vedere tante offese di Dio! Vedete, padre, che 'l lupo infernale ne porta la creatura - le pecorelle che si pascono nel giardino della santa Chiesa -, e non si truova chi si muova a traglili di bocca. E' pastori dormono nell'amore proprio di loro medesimi, in una cupidità e immondizia: sono sì ebbri di superbia che dormono, e non si sentono. Perché veggano che 'l diavolo, lupo infernale, se ne porti la vita della grazia in loro, e anco quella de' sudditi loro, essi non se ne curano; e tutto n'è cagione la perversità dell'amore proprio. Oh quanto è pericoloso questo amore ne' prelati e ne' sudditi! S'egli è prelato ed egli à amore proprio, egli non corregge el difetto de' suoi sudditi - però che colui che ama sé per sé cade in timore servile -, e però non riprende; che se egli amasse sé per Dio non temarebbe di timore servile, ma arditamente con virile cuore riprendarebbe e' difetti, e non tacerebbe né farebbe vista di non vedere. Di questo amore voglio che siate privato, padre carissimo.

Pregovi che facciate che non sia detto a voi quella dura parola con riprensione dalla prima Verità dicendo: «Maledetto sia tu che tacesti!» (Is 6,5). Oimé, non più tacere! Gridate con centomiglia di lingue. Veggo che, per lo tacere, el mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impalidita; tolto l'è el colore perché l'è succhiato el sangue da dosso, cioè che 'l sangue di Cristo, che è dato per grazia e non per debito, eglino sel furano con la superbia, tollendo l'onore che debba esser di Dio, e dannolo a loro; e si robba per simonia, vendendo e' doni e le grazie che ci son dati per grazia col prezzo del sangue del Figliuolo di Dio. Oimé! ch'io muoio e non posso morire. Non dormite più in negligenzia; adoperate nel tempo presente ciò che si può.

Credo che vi verrà altro tempo che anco potrete più adoperare; ma ora per lo tempo presente v'invito a spogliare l'anima vostra d'ogni amore proprio, e vestirla di fame e di virtù reali e vere, a onore di Dio e salute de l'anime. Confortatevi in Cristo Gesù dolce amore, ché tosto vedremo apparire e' fiori. Studiate che 'l gonfalone della croce tosto si levi; e non venga meno el cuore e l'affetto vostro per veruno inconveniente che vedeste venire; ma più allora vi confortate, pensando che Cristo crocifisso sarà el facitore e adempitore degli spasimati desiderii de' servi di Dio. Non dico più.

Permanete etc.

Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso ponetevi in croce con Cristo crocifisso niscondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso fatevi bagno nel sangue di Cristo crocifisso.

Perdonate, padre, alla mia presunzione. Gesù dolce, Gesù amore.



17

Al venerabile religioso frate Antonio da Nizza dell'ordine de' Frati Eremitani di santo Augustino a Selva di Lago.

Al nome di Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimi e carissimi padre e frategli in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, a voi mi racomando nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con disiderio di vedervi annegato e affogato ne la fornace de la divina carità, e in essa arsa e abnegata la propia vostra volontà, la quale volontà ci tolle la vita e dacci la morte.

Apriamo gli occhi, carissimi frategli, però che noi abiamo due voluntadi: una sensitiva che cerca le cose sensibili, e una volontà spirituale, che con spezie e colore di virtù tiene ferma la volontà sua. E in questo lo dimostra, quando vorrà eleggere i luoghi e tempi e le consolazioni a suo modo, e dice: « Io vorrei questo per più avere Dio». E questo è grande inganno e illusione di dimonio, ché, non potendo el dimonio ingannare li servi di Dio con la prima volontà - ché già gli servi di Dio l'ànno mortificata a le cose sensitive di fuore -, piglia la seconda volontà de le cose spirituali.

Unde spesse volte l'anima riceve consolazione da Dio, poi si sente privata di quella e averne un'altra, la quale sarà di meno consolazione e di più frutto: allora l'anima, che è inanimata a quella che dà dolcezza, essendone privata à pena e riceve tedio. E perché à tedio? perché non vorrebbe essere privata de la sua dolcezza, dicendo: «E' mi pare amare più in questo che in quello: di questo sento qualche frutto e di quello non sento frutto neuno altro che pena e spesse volte molte battaglie, e parmene offendare Dio». Dico, figliuogli e frategli in Cristo Gesù, che questa anima s'inganna con la propia volontà, ché non ne vorrebbe essere privata e con questa esca la piglia el dimonio. E spesse volte questi perdono il tempo, volendo il tempo a modo loro, che none esercitano quello che ànno altro che in pena e in tenebre.

Disse una volta il nostro dolce salvatore a una sua dilettissima figliuola: «Sa' tu come fanno questi che vogliono adimpire la mia volontà in consolazione e in dolcezza e in diletto? Come sono privati, ed eglino vogliono 'scire de la mia volontà, parendo loro bene fare per none offendare: ed èvi nascosta la falsa sensualità e per fugire pena cade nell'offesa e non se n'avede. Ma se l'anima fusse savia e avesse il lume dentro de la volontà mia raguardarebbe il frutto e no la dolcezza».

Quale è il frutto? Odio di sé e amore di Dio, uscito del conoscimento di sé medesimo, ché allora conosce sé difettuoso non essere cavelle, e vede in sé la bontà di Dio che gli conserva la buona volontà - e àllo fatto perché l'anima viva giustamente umiliando sé medesima a Dio -, giudicando ch'elli l'à fatto per lo meglio e per suo bene. Questo cotale non vuole el tempo a suo modo perché è umiliato, e conoscendo la sua infermità non si fida del suo volere ma è fedele a Cristo: vestesi de la somma etterna volontà ché vede che Dio non ci dà e non ci tolle se non per nostra santificazione - ché l'amore el muove a darci la dolcezza e a tollarci la dolcezza -. E per questo non si può dolere di neuna consolazione che gli sia tolta, o dentro o di fuore, o dal dimonio o da le creature, perché crede che se non fusse suo bene Dio nol permettarebbe.

Brevemente, costui gode ch'egli à el lume dentro e di fuore, ed è sì aluminato che, giognendo el dimonio con le tenebre ne la mente sua per confusione dicendo: «Questo è per gli tuoi peccati», ed egli risponde come persona che none schifa pene dicendo: «Grazia sia al mio Creatore che s'è ricordato di me nel tempo de le tenebre, punendomi per pena nel tempo finito». Grande amore è questo, che non lo vuole punire in tempo infinito. Quanta tranquillità di mente à perché s'à tolta la volontà che ci dà tempesta! Ma non fa così colui che à volontà dentro cercando le cose a suo modo, che pare ch'egli vega meglio quello che gli bisogna che Dio. E spesse volte dice: «E' mi ci pare offendare Dio: tollami via l'offesa e faccimi ciò che vuole». Questo è segno che ci è tolta l'offesa, unde ne dobbiamo pigliare speranza: quando vediamo in noi el dispiacimento del peccato e la buona volontà di non volere offendare, ché se tutte l'operazioni di fuore e le consolazioni venissero meno, se ci à la buona volontà sì piacciamo a Dio, e sopra questa pietra è fondata la grazia. Se dici: «Non me la pare avere», dico ch'elli è falso, ché, se non l'avessi, non temaresti d'offendare Dio, ma egli è el dimonio che fa vedere questo, perché l'anima venga a confusione e a tristizia disordinata e perché tenga ferma la sua volontà in volere le consolazioni e i luoghi e i tempi a suo modo. Non gli crediamo, frategli carissimi, ma sempre disponga l'anima a sostenere pene, per qualunche modo Dio ce le dà. Altrimenti faremo come colui che sta su l'uscio col lume in mano, che distende la mano fuore e dentro è tenebroso: cioè che già è acordato ne le cose di fuore con la volontà di Dio dispregiando il mondo, ma rimagli la volontà spirituale dentro velata con colore di virtù.

Così disse Dio a quella serva detta di sopra e però diss'io ch'io disiderava che la vostra volontà fusse anegata e trasformata in lui, disponendoci sempre a portare pene e fadighe per qualunche modo ce le vuol dare: così saremo privati de le tenebre e avaremo la luce.

Amen. Laudato sia Gesù Cristo crocifisso.



18

A Benincasa suo fratello, essendo in Firenze molto tribolato.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Fratello carissimo in Cristo Gesù, io Caterina, serva inutile, ti conforto e benedico, e invito a una dolce e santissima pazienzia, ché senza la pazienzia non potremo piacere a Dio.

Adunque vi priego, acciò che voi riceviate el frutto delle vostre tribulazioni, che voi pigliate questa arme della pazienzia. E se vi paresse molto duro a portare le molte fatiche, riducovi a memoria tre cose, acciò che portiate più patientemente. E prima, voglio che pensiate la brevità del tempo vostro, che non sete sicuro del dì di domane. Ben potiamo dire che non abbiamo la fatica passata, né quella ch'è a venire, ma solo el punto del tempo che noi abbiamo: dunque ben dobiamo portare pazientemente, poi che 'l tempo è tanto brieve. La seconda è che voi consideriate el frutto che segue delle fatiche, ché dice san Paolo che no è comparazione dalle fatiche a rispetto del frutto e rimunerazione della superna gloria. La terza si è che voi consideriate el danno che seguita a coloro che portano con ira e con impazienzia: ché seguita questo danno qui, e la pena eternale di là. E però vi prego, carissimo fratello, che voi portiate con ogni pazienzia.

E non vorrei che vi uscisse di mente el correggiarvi della vostra ingratitudine e ignoranza, cioè del debito che avete con la madre vostra, al quale voi sete tenuto per comandamento di Dio. E io ò veduto moltiplicare tanto la ignoranzia vostra che, non tanto che voi l'abbiate renduto el debito d'aiutarla, poniamo che di questo io v'ò per scusato, però che non avete potuto; e se voi aveste potuto, non so che voi aveste fatto, però che solo delle parole l'avete fatto caro. O ingratitudine! non avete considerato la fatica del parto né 'l latte ch'ella trasse del petto suo, né le molte fatiche ch'ella à avute di voi e di tutti gli altri. E se mi diceste ch'ella non abia avuto pietà di noi, dico che non è vero; ch'ella n'à avuta tanta, di voi e dell'altro, che caro le costa. Ma poniamo caso che fusse vero: voi sete ubrigato a lei, e non lei a voi. Ella non trasse la carne di voi, ma ella dié la sua a voi.

Priegovi che voi vi correggiate di questo difetto e degli altri, e che perdoniate alla mia ignoranza; ché, se io non amassi l'anima vostra, non vi direi quello ch'io vi dico. Ramentovi la vostra confessione, a voi e alla vostra famiglia. Altro non vi dico.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.



19

A Nicolaccio di Caterino de' Petroni.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi osservatore de' dolci comandamenti di Dio, acciò che potiate in voi participare la vita della grazia.

Ma questo non potereste fare col dispiacimento e odio del prossimo vostro; però che 'l secondo comandamento di Dio è d'amare il prossimo come noi medesimi (Mt 22,39 Mc 12,31 Lc 10,27). Questa dilezione d'amare la creatura esce della fontana della divina carità: adunque chi non è ne la carità di Dio, non è in quella del prossimo; non essendovi, è come il membro ch'è tagliato dal corpo, che subito perde la vita e seccasi, perché è tagliato dal suo principio. E così l'anima separata per l'odio della divina carità, è subito morta a grazia, in tanto che neuno bene che faccia gli vale quanto a vita eterna.

Vero è che 'l bene non si debba però lassare che non si faccia, in qualunque stato altri sia, perché ogni bene è rimunerato e ogni colpa punita. Se non è rimunerato quanto a vita eterna, Dio gli rende questo: che o egli gli presta il tempo a potere coregiare la vita sua; o egli mettarà alcuno mezzo de' servi suoi a trarlo delle mani delle dimonia; o egli il fa abondare ne' beni temporali. E anco poi, morendo, eziandio essendo ne lo 'nferno, à meno pena: ché più pena li seguitarebbe se quello tempo ch'egli fece quel poco del bene, egli avesse fatto il male. Unde, per questo e molte altre cose, il bene in neuno modo si debba mai lassare, in qualunque stato egli sia fatto; ma bene è da considerare - poiché Dio è sì dolce rimuneratore - che la buona opera, non obstante ch'ella sia fatta in peccato mortale, egli la vuole retribuire in qualche cosa.

Quanto magiormente farà a coloro che la fanno in istato di grazia, con vero e santo desiderio nella carità di Dio e dilezione del prossimo! A questi, de la loro opera ne l'è dato frutto infinito, vivendo in questa per grazia; e ne l'altra l'à dato vita eterna. Adunque voglio che con ogni santa solecitudine voi vi studiate di vivare in grazia, osservando e' dolci comandamenti di Dio; ché in altro modo non potreste. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi osservatore de' detti comandamenti. Non dico più qui, se non che in questo ch'io vi domandarò, m'avedrò se starete in questa dilezione, o no. Quello ch'io vi dimando si è la pace, della quale etc.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore, etc.



20

Questa è una pìstola la quale manda santa Caterina detta a Benincasa suo fratello, ed essendo egli tribolato, sendo egli a Firenze.

A laude di Gesù Cristo benedetto e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo fratello in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, vi conforto nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi tutto accordato e trasformato con la volontà di Dio, sapendo ch'egli è quel giogo santo e dolce (Mt 11,30) che ogni amaritudine fa tornare in dolcezza.

Ogni grande peso diventa leggero sotto questo santissimo giogo della dolce volontà di Dio, senza la quale non potreste piacere a Dio, anzi gustareste l'arra dello 'nferno. Confortatevi, confortatevi, carissimo fratello, e non venite meno sotto questa disciplina di Dio; confidatevi, ché quando l'aiuto umano viene meno, l'aiuto divino è presso. Dio vi provvederà.

Pensate che Job perdé l'avere e' figliuoli (Jb 1,13-19) e sanità (Jb 2,7); rimasegli la donna sua per un continovo fragello (Jb 2,9): e poi che Dio ebbe provata la sua pazienzia, gli rendé ogni cosa doppio (Jb 42,10), e alla fine vita eterna. Job paziente non si turbò mai, ma, sempre adoparando la virtù della santa pazienzia, diceva: «Dio me l'à date e Dio me l'à tolte; sia el nome di Dio benedetto» (Jb 1,21). Così voglio che facciate voi, carissimo fratello: che siate amatore delle virtù, con una pazienzia santa e con una confessione spessa, che vi farà portare le vostre fadighe. E io vi dico che Dio usarà la sua benignità e misericordia, e remuneraravi d'ogni fadiga che per lo suo amore arete portata.

Permanete etc. Gesù dolce etc.



21

A uno el nome del quale per lo meglio non si scrive per alcune parole usate in essa pìstola.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con disiderio di vedervi debitore leale che rendiate el debito vostro al vostro Creatore.

Sapete che siamo tutti debitori a Dio, però che ciò che noi abiamo, abiamo solo per grazia e per amore inestimabile. Non pregammo mai che ci creasse: mosso adunque dal fuoco dell'amore, creocci alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26); creocci in tanta degnità che non è lengua che 'l potesse narrare né occhio vedere né cuore pensare, la degnità de l'uomo quanto ella è. Questo il debito che noi abiamo tratto da Dio, e questo debito vuole che gli sia renduto: cioè amore per amore. Cosa giusta e convenevole è che colui che si vede amare, ch'egli ami.

Anco ci mostrò maggiore amore che mostrare ci potesse, dando la vita per noi; ché vedendo Idio che l'uomo avea perduta la sua degnità per lo peccato commesso, ed erasi ubligato al dimonio, venne la somma eterna bontà essendo inamorato della sua creatura, volsela ristituire e trarla d'obligo: manda el Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, condannalo a morte per rendare la vita della grazia all'uomo. Mandalo per ricolta dell'uomo a trarlo de la carcere del peccato e delle mani delle dimonia. O dolce amoroso Verbo Figliuolo di Dio, inestimabile carità dolcissima, tu se' entrato ricolta e pagatore, tu ài stracciata la carta dell'ubligagione fra l'uomo e 'l dimonio (Col 2,14), che per lo peccato era ubligato a lui, sì che stracciando la carta del corpo tuo sciogliesti noi.

Oimé, Signore mio, chi non si consuma a tanto fuoco d'amore? Non si consumaranno coloro che ogni dì di nuovo fanno carta nuova col dimonio: non riguardano te, Gesù Cristo fragellato, satollato d'obrobi, Idio e uomo. Oimé oimé, questi cotali fanno del corpo loro una stalla, tenendovi dentro gli animali senza nessuna ragione. Oimé, fratello carissimo, non dormite più nella morte del peccato mortale: io vi dico che la scure è già posta a la radice de l'albero (Mt 3,10 Lc 3,9). Tollete la pala (Lc 3,17) del timore santo di Dio, e sia menata da la mano dell'amore; venite traendo el fracidume de l'anima e del corpo vostro; non siate crudele di voi né manigoldo, tagliandovi dal vostro capo Cristo dolce e buon Gesù. Non più fracidume, non più immondizia: ricorrite al vostro Creatore, aprite l'occhio dell'anima vostra e vedete quanto è il fuoco della sua carità, che v'à sostenuto e non à comandato a la terra che si sia aperta e inghiottitovi (Nb 16,32 Nb 26,10 Dt 11,6), né agli animali che v'abbino divorato; anco v'à dato la terra de' frutti suoi, el sole el caldo e la luce, el cielo e 'l movimento, acciò che viviate, dandovi spazio di tempo perché potiate corregiarvi. Questo à fatto solo per amore.

O ladro ignorante debitore, non aspettate più tempo: fate sacrifizio a Cristo crocifisso della mente e de l'anima e del corpo vostro. Non dico che vi diate la morte più che voi vogliate quanto per separazione di vita corporale, ma morte negli appetiti sensitivi: che la volontà ci sia morta e viva la ragione, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso. Allora renderete el debito: date a Dio quello ch'è di Dio (Mt 22,21 Mc 12,17 Lc 20,25) e a la terra quello ch'è della terra. A Dio si debba dare lo cuore e l'anima e l'affetto, con ogni sollecitudine e non negligenzia: tutte le vostre operazioni debano essere fondate in Dio. A la terra che si vuol dare, cioè questa parte sensitiva? Quello che ella merita. Che merita colui che uccide? Merita d'essere morto: così ci conviene uccidare questa volontà fragelando la carne nostra, afligiarla, porle el giogo de' santi comandamenti di Dio. E non vedete voi ch'ell'è mortale? Tosto passa la verdura sua, sì come el fiore ch'è levato dal suo principio. Non state più così, per l'amore di Cristo crocifisso, ché io vi prometto che tanta abominazione e tanta iniquità (Lv 18,22) Idio nolla sosterrà, non correggendo la vita vostra, anco ne farà grandissima giustizia mandando giudizio sopra di voi.

Dicovi che non tanto Idio che è somma purità, ma le dimonia non la possono sostenere: ché tutti gli altri peccati stanno a vedere, excepto che questo peccato contra natura. Or sete voi bestia o animale? Io vegio pure che voi avete forma d'uomo, ma è vero che di questo uomo è fatto stalla: dentro vi sono gli animali delli peccati mortali. Oimé non più così, per l'amore di Dio; attendete, attendete alla salute vostra, rispondete a Cristo che vi chiama. Voi sete fatto per essere tempio di Dio (1Co 3,16 2Co 6,16), cioè che dovete ricevare Cristo per grazia, vivendo virtuosamente, participando el sangue dell'Agnello, dove si lavano le nostre iniquità. Oimé oimé, disaventurata l'anima mia: io non so mettare mano a le mie e vostre iniquità. Or come fu tanto crudele e spiatata l'anima vostra e la vostra bestiale passione sensitiva, che voi oltre al peccato contro natura etc.

Oimé, scoppino e' cuori, dividasi la terra, rivollansi le pietre sopra di noi (Lc 23,30), e' lupi ci divorino; non sostengano tanta iniquità e tanta immondizia e offesa fatta a Dio e a l'anima vostra. Fratel mio, e' ci vien meno la lingua e tutti e' sentimenti. Oimé, non voglio più così, ponete fine e termine a la miseria; non vogliate pigliare consuetudine con longa perseveranzia in tanta miseria, ché io v'ò detto e vi ricordo che Dio nol sosterrà, se voi non vi correggete. Ben vi dico che se voi vorrete corregiare la vita vostra in questo ponto del tempo che v'è rimaso, e Idio è tanto benigno e misericordioso che vi farà misericordia e benignamente vi riceverà nelle braccia sue; faràvi participare el frutto del sangue dell'Agnello, sparto con tanto fuoco d'amore, ché non è neuno sì grande peccatore che non truovi misericordia, però ch'è maggiore la misericordia di Dio che le nostre iniquitadi, dove noi ci vogliamo corregiare e bomicare el fracidume del peccato per la santa confessione, con proponimento d'alegiare inanzi la morte che tornare più al bomito (Pr 26,11 2P 2,22). A questo modo riarete la vostra dignità perduta per lo peccato e rendaremo el debito che dobiamo rendare a Dio. Sappiate che se voi nol rendeste, voi cadareste nella più oscura prigione che si possa imaginare. Sappiate che quando questo debito non si rende, della confessione e dispiacimento del peccato, e' non bisogna che altri s'afatichi a pigliarlo, ché esso medesimo colla compagnia delle dimonia, che sonno e' suoi signori a cui egli à servito, ne va intro 'l profondo de lo 'nferno.

Fratello mio dolce in Cristo dolce Gesù, non voglio che questa prigione né condennagione venga sopra di voi, ma voglio e priegovi, e io vi voglio aiutare da parte di Cristo crocifisso, che voi usciate delle mani del diavolo. Pagate el debito della santa confessione con dispiacimento dell'offesa di Dio e proponimento di non cadere più in tanta miseria. Abbiate memoria di Cristo crocifisso; spegnete el veleno della carne vostra co' la memoria della carne fragellata di Cristo crocifisso, Dio e uomo, ché per l'unione della natura divina colla natura umana è venuta in tanta degnità, la nostra carne, ch'ell'è essaltata sopra tutti e' cori degli angeli. Ben si debbono vergognare gli stolti figliuoli d'Adam di darsi a tanta miseria e perdare la sua degnità.

Ponetevi per obiecto Cristo crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso.

E non indugiate né aspettate el tempo, ché 'l tempo non aspetta voi. E se la fragelità vostra vi vuole dare fatica, tenetevi ragione come buono giudice: salite sopra la sedia della conscienzia vostra, non lassate passare i movimenti che non sieno corretti da voi con una santa e dolce memoria di Dio. Invitate voi medesimo a fare resistenzia e non consentite al peccato per volontà, né attualmente mandarlo ad effetto, ma dite: «Porta oggi, anima mia, questa poca della pena, fa' resistenzia e non consentire. Forse che domane sarà terminata la vita tua, e se pure sarai vivo, farai quello che ti farà fare Dio: fa' tu oggi questo». Dicovi che facendo così l'anima vostra e 'l corpo, ch'è ora fatto stalla, sarà fatto tempio (1Co 3,16 2Co 6,16) dove Dio si dilettarà abitando in voi per grazia. Poi, consumata la vita vostra, ricevarete l'eterna visione di Dio, dove è vita senza morte e sazietà senza fastidio. Non vogliate perdere tanto bene per una trista dilettazione. Altro non vi dico.

Permanete etc.

Perdonate alla mia ignoranzia: òvi forse gravato di parole, e detto quello che non vorremo forse udire.

Abiatemi per iscusata: ché l'affetto e l'amore ch'io ò a la salute dell'anima vostra me l'à fatto fare, ché se io non v'amassi non me ne impacciarei né curarei perché io vi vedessi nelle mani del dimonio; ma perch'io v'amo nol posso sostenere. Voglio che participiate el sangue del Figliuolo di Dio. Gesù dolce, Gesù amore, Maria dolce.




Caterina, Lettere 14