Caterina, Lettere 61

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A monna Agnesa, donna che fu di missere Orso Malavolti.

Laudato sia el nostro dolce Salvatore.

A voi, carissima e dilettissima figliuola monna Agnesa e figliuole, io Caterina, serva inutile di Gesù Cristo, scrivo a voi con amore e desiderio, risovenendomi della parola che disse Cristo (Lc 22,15): con desiderio ò desiderato di vedervi unite e trasformate in quello consumato e ardentissimo amore, sì come fece quella appostola inamorata Magdalena; che tanto fu quello ardentissimo amore, che non curò neuna cosa creata.

O dilettissime figliuole mie, imparate da questa vergine santa Agnesa, cioè della santa vera umilità, ché sempre volse avilire sé medesima, somettendosi a ogni creatura, retribuendo ogni grazia e virtù avere da Dio: così conservava in sé la virtù dell'umilità. Dico ch'ella arse de la virtù de la carità, sempre cercando l'onore di Dio e la salute de le creature, dando sempre sé medesima nell'orazione con una carità liberale, larga ad ogni creatura, e così dimostrava l'amore che aveva al suo Creatore. L'altra fu la continua sollecitudine e perseveranzia che ella ebbe, che mai non lassò né per dimonia né per creature.

O dolcissima vergine, come t'acordasti con quella discepola inamorata Magdalena! Ché se vedete, dilettissime figliuole, Magdalena s'aumiliò e cognobbe sé medesima: con tanto amore si riposò a' piei del nostro dolce salvatore! (Lc 7,38 Jn 11,2 Jn 12,3) E se noi diciamo che ella gli mostrasse amore, ben lo vediamo a quella croce santa, ché ella non temé giuderi, non temé di sé medesima, ma, come spasimata, ella corre ed abraccia la croce. Non è dubbio che, per vedere el maestro suo, ella allaga di sangue. Or t'inebria amore, Magdalena! In segno che ella è inebriata del maestro suo, ella el dimostra ne le creature sue, e questo fece depo' la santa resurrezione, quando ella predicò ne la città di Marsilia. Anco dico ch'ella ebbe la virtù de la perseveranzia. Questo mostrasti, dolcissima Magdalena, quando, cercando el tuo dolcissimo maestro, non trovandolo nel luogo due l'avevi riposto (Jn 20,11-15), o Magdalena amore, tu impazzi, però che tu non avevi cuore, ched egli era riposto col tuo dolcissimo maestro e salvatore nostro dolce! Ma tu ne pigliasti buono penso per trovare el tuo dolce Gesù: tu persevari, e non poni termine al tuo grandissimo dolore. O quanto fai bene, però che tu vedi che la perseveranzia è quella che ti fa trovare el tuo maestro! Or vedete, carissime mie suoro, come queste due dilettissime madri e suoro s'acordâro insieme: io prego e vi comando che voi entriate in questo santissimo mezzo, però che, stando in questo mezzo santo, da qualunque parte voi trovarete virtù; legate sarete, sì che non potrete fuggire che non siate legate. E singularmente comando a voi, monna Agnesa, figliuola mia, che voi vi leghiate a questa vergine santa Agnesa. Confortate e benedicete, da parte di Cristo e da mia, monna Raniera e tutte l'altre mie figliuole.

Benedicetemi e confortate Caterina di Ghetto mille volte da mia parte - da parte d'Alessa e mia -, e tutte l'altre. Sappiate che ci viene voglia di dire: «Faciamo qui tre tabernacoli!» (Mt 17,4 Mc 9,5 Lc 9,33), ché veramente ci pare el paradiso con queste santissime vergini; e son sì inebriate di noi che non ci lassano partire e piangono sempre la partenzia.

Avemmo la vostra lettara. Benedicete la figliuola mia Caterina; ditele ch'ella preghi Dio che la riempia di virtù, acciò che sia degna d'essare di queste sante donne. Confortatevi tutte da parte di Gesù Cristo crocifisso, e da parte de la donna e sposa novella.

Io Cecca so' presso che monaca, ché comincio a cantare di forza l'offizio con queste serve di Gesù Cristo.



62

A Sano di Maco e agli altri figliuoli.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi servi fedeli al nostro dolce salvatore, el quale servire non è essere servo, ma è regnare.

E servo senza fede non può essere in verità, però che, se elli è servo e non è fedele, è mercennaio - ché serve per proprio rispetto di sua utilità -, o è servo per timore servile. E perché questo servire non è perfetto col lume della fede, però non è forte né perseverante, ma per ogni vento va a vela. Se elli è vento di consolazione, elli si muove con leggerezza di cuore; e se elli è vento di tribulazione, si muove con impazienzia; e se elli è vento di battaglie e molestie del demonio, elli intepidisce, e ponsi a sedere nel tedio con tristizia di cuore, parendoli essere privato di Dio quando si vede privato della consolazione e sentimento della mente sua. Tutto questo gli adiviene perché elli ama più el dono che el donatore delle grazie, e perché serve più per rispetto di sé che per rispetto della somma ed etterna bontà di Dio. Unde, come è imperfetto l'amore, così è imperfetto el lume della fede.

Ma colui che perfettamente ama, fedelmente serve, e con fede viva; e crede in verità che ciò che Dio dà e permette, el dà per sua santificazione, però che elli non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva (Ez 33,11 2P 3,9). E à veduto - col lume della santissima fede - che, con quello medesimo amore che elli ci permette le grandi consolazioni, ci permette che el dimonio ci molesti nella mente nostra, e le creature ci perseguitino. Unde vediamo che Dio è sommamente buono, e di lui non può escire altro che somma bontà; e vediamo che neuna cosa è fatta senza Dio, se non solamente el peccato. E però l'anima fedele abraccia ogni cosa con amore, e perché ogni cosa è buono e dato per nostra salute, non si può dolere né debba dolere del suo bene.

E se voi mi diceste, carissimi figliuoli: «Nel tempo delle battaglie e' ci pare essere ribelli, e offendere Dio, e però ci doliamo più che della pena», io vi rispondo che elli è altretanto la propria sensualità spirituale che si duole quanto altro. E questa passione, sotto timore d'offendere Dio, à posto un poca di polvere nell'occhio dell'intelletto - dove sta la pupilla della santissima fede -, che non lassa cognoscere né discernere la verità; però che se dinanzi all'occhio dell'intelletto suo non fusse alcuna cosa, cognosciarebbe che Dio le dà a misura.

E debba bene vedere che neuna battaglia né molestia dal dimonio o da la fragile carne non è peccato, né per questo offende el suo Creatore, se non quando la propria volontà consente alle cogitazioni del cuore.

Ma l'anima che è serva fedele, cioè col lume della santissima fede, fa e' grandi guadagni nel tempo delle battaglie; e fa el vero fondamento, partendosi da l'amore proprio mercennaio; e diventa el cuore e l'affetto schietto e liberale. Nel tempo delle battaglie si fa la grande guerra con sé medesimo; e da la guerra e da l'odio santo che à conceputo, è fatto paziente, come servo fedele. E sempre si diletta di stare in battaglia per Cristo crocifisso; e cresce in amore, ricognoscendo la santa e buona volontà sua non da sé, ma da la somma ed etterna bontà di Dio, che per grazia e non per debito gli l'à data.

Oh glorioso servire fedele, che privi l'anima della perversa servitudine del dimonio, del mondo, e di sé medesimo! Elli è liberato del dimonio, perché à legata la volontà col legame della ragione che non consente alle molestie sue, né per sue pene lassa venire l'anima a disordenata confusione; ma fassi beffe di lui, dilettandosi di stare nel campo della battaglia. Unde el dimonio è legato e fragellato col bastone della carità, ed è legato col legame della vera umilità, sì che l'uomo è fatto signore, e non teme el dimonio; ma el dimonio teme lui, per Cristo crocifisso per cui ogni cosa può.

Dico che è fatto libero e signore del mondo, però che non si lassa signoreggiare alle delizie e grandezze sue con disordenato affetto; anco n'è fatto signore, spregiandole e facendosi beffe di loro, però che à veduto e cognosciuto - col lume della santissima fede - che la ricchezza del mondo è somma povertà, e i suoi diletti e piaceri sono miserabili sopra ogni miseria e spiacevoli; e in tanto gli paiono spiacevoli, che gli spregia come serpente velenoso. E non è servo delli uomini fuore della volontà di Dio, però che non si vuole conformare con la volontà loro se non in quanto ella fusse ordenata in cercare e amare la verità etterna. E perché l'ama e 'l serve? perché à veduto col lume dolce che el prossimo suo è quello mezzo che Dio gli à posto perché manifesti l'amore suo sopra di lui; e questo servire el fa bene libero però che non serve el prossimo con colpa di peccato. Dico che è fedele e libero, e non servo della propria sensualità, la quale à conculcata co' piei dell'affetto, ribellandole e percotendola col coltello de l'odio e dell'amore, cioè amore della virtù e odio del vizio. Bene è adunque fatto re e signore con questa dolce servitudine, però che non à cercato sé per sé, ma sé per Dio; e Dio per Dio perché è somma ed etterna bontà, degno d'essere amato e servito da noi; e 'l prossimo per Dio, e non per rispetto di propria utilità.

Quale lingua sarebbe sufficiente a narrare la pace dell'anima fedele? Non che stia in pace che ella sia privata dell'onde e delle tempeste del mare; ma sta in pace la volontà sua, perché ella è fatta una cosa con la dolce volontà di Dio, unde la tempesta l'è quiete, perché non cura di sé. Serva elli el suo Creatore, vuole in guerra vuole in pace (e tanto tiene cara la guerra, quanto la pace, e la pace quanto la guerra, però che col lume della fede vidde, e col vedere cognobbe, che da uno medesimo amore procedeva l'uno e l'altro): questi mai non si scandalizza nel prossimo suo, però che non è fatto giudice de la volontà de l'uomo, ma solamente della volontà di Dio, e però è privato della mormorazione.

La quale cosa io non credo che anco sia in voi, né questa perfezione; ma spesse volte sotto colore di bene e di compassione mormorate e giudicate l'uno l'altro; la quale cosa non è senza offesa di Dio: spiacevole è a lui e a me fortissimamente. Non v'è data questa dottrina, ma che voi v'amiate insieme portando e sopportando e' difetti l'uno dell'altro: neuno è senza difetto; solo Dio è senza difetto alcuno. Tutto questo v'adiviene perché non sete fatti ancora servi fedeli: però che se fuste servi fedeli, né beffe né mormorazione né scandalo né disobedienzia in voi non sarebbe, né per gioco né per ira. Unde io considerando la vostra imperfezione, e che la imperfezione nostra viene perché el lume della santissima fede non è perfetto in noi, però dissi che io desideravo di vedervi servi fedeli; el quale servire vi farà regnare in questa vita per grazia, e signoreggiarete el mondo la carne ed el dimonio; e fatti liberi, sarete legati nel legame della carità, umili e mansueti, e con vera e santa pazienzia; e ne l'ultimo regnarete co' veri e dolci gustatori nella vita durabile, dove l'anima è remunerata d'ogni fadiga. Ine è sazietà senza fastidio e fame senza pena, però che di lunga è la pena da la fame e 'l fastidio dalla satietà.

Or su, figliuoli dolcissimi, corrite questo palio; e fate che solo sia uno quelli che l'abbi, cioè che el cuore vostro non sia diviso, ma sia una medesima cosa col prossimo vostro per affetto d'amore. E a ciò che meglio potiate corrire, saziatevi e inebriatevi del sangue di Cristo crocifisso, el quale sangue invita l'uomo a corrire e fallo inanimato a combattere; e non refiuta labore voltando el capo adietro per paura de' nemici suoi, perché elli non si confida in sé, ma nel sangue di Cristo crocifisso. Adunque non dormite, ma corrite al sangue, destandovi dal sonno della negligenzia. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



63

A missere Mateo rettore della Casa della Misericordia in Siena.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi portatore de' pesi delle creature - per affetto e desiderio de l'onore di Dio e salute loro -, e pastore vero, che con sollecitudine governiate le pecorelle che vi sono commesse o fussero messe fra le mani, acciò che il lupo infernale non le portasse; però che se ci cometeste negligenzia vi sarebbe poi richiesto.

Ora è tempo di mostrare chi à fame o no, e chi si sente de' morti che noi vediamo giacere privati della vita della grazia: sollecitate virilmente, e con vero cognoscimento, e con umili e continove orazioni infino alla morte. Sapete che questa è la via a volere cognosciare ed essere sposo della verità eterna, e verun'altra ce n'è; e guardate che voi non schifiate fadighe, ma con allegrezza le ricevete - facendove-lo' a riscontro per santo desiderio -, dicendo: «Voi siate le molto ben venute», e dicendo: «Quanta grazia mi fa el mio Creatore, che egli mi facci sostenere e patire per gloria e loda del nome suo!». Facendo così l'amaritudine vi sarà dolcezza e refrigerio, offerendo lagrime, con dolci sospiri per ansietato desiderio, per le miserabili pecorelle che stanno nelle mani delle demonia: allora e' sospiri vi saranno cibo, e le lagrime bevaraggio (Ps 41,3 Ps 79,6). Non terminate la vita vostra in altro, dilettandovi e riposandovi in croce con Cristo crocifisso. Altro non vi dico.

Ò inteso che avete avuto e avete grandissimo male, per la qual cosa ò avuto desiderio di ritrovarmi con voi: non m'è ora possibile, ma ritrovaròmi per continova orazione. Non voglio in veruno modo del mondo che abbiate più male, acciò che meglio potiate portare; e fate - ché io vi comando - che voi non stiate ora a fare penitenzia per veruno modo, ma pigliate ogni conforto che potete. Non dico più qui. Giovanni povero è venuto a me etc.

Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Gesù dolce etc.



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A frate Guiglielmo d'Inghilterra de' Frati eremiti di santo Agustino.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi con vero lume, però che senza el lume non potremmo andare per la via de la verità, ma andaremmo in tenebre.

Due lumi ci sono necessarii d'avere: el primo è che noi siamo alluminati in cognoscere le cose transitorie del mondo, le quali passano tutte come el vento. Ma non si cognosce bene questo se noi non cognosciamo la propria nostra fragilità quanto ella è inchinevole - con la legge perversa che è legata ne le membra nostre -, a ribellare al suo Creatore. Questo lume è necessario a ogni creatura che à in sé ragione, in qualunque stato si sia, se vuole avere la divina grazia e participare el frutto del sangue de lo immaculato Agnello: questo è el lume comune, cioè che comunemente ogni persona el debba avere, però che chi non l'à, sta in stato di dannazione. E questa è la cagione che elli non è in stato di grazia non avendo el lume: che chi non cognosce el male de la colpa e chi n'è cagione, nol può schifare, né odiare la cagione. Così chi non cognosce el bene e la cagione del bene, cioè la virtù, non può amare né desiderare esso bene.

Poi che l'anima è venuta e à acquistato el lume generale, non debba stare contenta; anco debba con ogni sollicitudine andare al lume perfetto, perocché essendo prima imperfetti che perfetti, col lume si vuole andare a la perfezione. Due maniere di perfetti sono in questo perfetto lume: ciò sono alcuni che perfettamente si danno a gastigare el corpo loro facendo aspra e grandissima penetenzia; e a ciò che la sensualità non ribelli a la ragione, tutto ànno posto el desiderio loro più in mortificare el corpo che in uccidere la propria volontà. Costoro si pascono a la mensa de la penetenzia, e sono buoni e perfetti; ma se essi non ànno una grande umilità, e tutti conformati a essere giudici de la volontà di Dio e non di quella de li uomini, spesse volte offendono la loro perfezione facendosi giudicatori di coloro che non vanno per quella medesima via che vanno ellino. E questo l'adiviene perché ànno posto più studio e desiderio in mortificare el corpo che in uccidere la propria volontà.

Questi cotali sempre vogliono eleggere e' tempi e' luoghi e le consolazioni de la mente a loro modo, e anco le tribolazioni del mondo e le battaglie del dimonio, dicendo per inganno di loro medesimi, ingannati da la propria volontà, la quale si chiama volontà spirituale: «Io vorrei questa consolazione, e non queste battaglie né molestie del dimonio; non già per me, ma per più piacere e avere Dio: perché meglio me 'l pare avere in questo modo che in quello». E per questo modo spesse volte cade in pena e in tedio, e diventane incomportabile a sé medesimo, e così offende el suo stato perfetto. E giàcevi dentro l'odore de la superbia, e non se n'avede; però che, se elli fusse veramente umile e non presuntuoso, vederebbe bene che la prima dolce Verità dà lo stato, el tempo ed el luogo, e consolazione e tribulazione, secondo che è necessità a la salute nostra e a compire la perfezione nell'anima, a la quale è eletto.

E vederebbe che ogni cosa dà per amore; e con amore e con reverenzia debba ricevere ogni cosa, sì come fanno e' secondi, che sono in questo dolce e glorioso lume, e' quali sono perfetti in ogni stato che sono, e in ciò che Dio permette a loro. Ogni cosa ànno in debita reverenzia, reputandosi degni de le pene e scandali del mondo, e d'essere privati de le loro consolazioni; e come si reputano degni de le pene, così si reputano indegni del frutto che seguita doppo la pena. Costoro nel lume ànno cognosciuta e gustata l'etterna volontà di Dio, la quale non vuole altro che el nostro bene, e che siamo santificati in lui: e però le dà. E poiché l'anima l'à cognosciuta, sì se n'è vestita, e non attende ad altro se non a vedere in che modo possa conservare e crescere lo stato perfetto suo per gloria e loda del nome di Dio. Apre l'occhio dell'intelletto ne l'obiecto suo, Cristo crocifisso, el quale è regola via e dottrina a' perfetti e a li imperfetti; e vede che lo inamorato Agnello gli dà dottrina di perfezione, e vedendola se ne inamora.

La perfezione è questa: che el Verbo del Figliuolo di Dio si notricò a la mensa del santo desiderio de l'onore del Padre e salute nostra, e con questo desiderio corre con grande sollicitudine all'obrobriosa morte de la croce, none schifando fadiga né labore, né ritraendosi per nostra ingratitudine e ignoranzia di non cognoscere el benefizio suo, né per persecuzione de' Giudei, né per persecuzioni del dimonio o dal mondo, né per scherni e villania e mormorazioni del popolo; ma tutte le trapassa, come nostro capitano e vero cavaliere, el quale era venuto per insegnarci la via e la dottrina e regola sua, giognendo a la porta con la chiave del suo prezioso sangue sparto con fuoco d'amore, e con odio e dispiacimento del peccato. Quasi dica questo dolce inamorato Verbo: «Ecco che io v'ò fatta la via, e aperta la porta col sangue mio; non siate voi dunque negligenti a seguitarla, ponendovi a sedere con amore proprio di voi, e con ignoranzia di non cognoscere la via, e con presunzione di volerla eleggere a vostro modo e non di me che l'ò fatta.

Levatevi dunque suso e seguitatemi, però che neuno può andare al Padre se non per me: io so' la via (Jn 14,6) e la porta» (Jn 10,7).

Allora l'anima inamorata e ansietata d'amore corre a la mensa del santo desiderio, e non vede sé per sé cercando la propria consolazione né spirituale né temporale, ma - come persona che al tutto in questo lume e cognoscimento à annegata la propria volontà - non refiuta nessuna fadiga da qualunque lato ella si viene; anco, con pena, con obrobrio, e molte molestie del dimonio e mormorazioni de li uomini, mangia in su la mensa de la croce el cibo de l'onore di Dio e salute dell'anime. E non cerca alcuna remunerazione né da Dio né da le creature: cioè, che non servono a Dio per proprio diletto, né al prossimo per propria utilità, ma per puro amore. Perdeno loro medesimi, spogliandosi de l'uomo vecchio, cioè de la propria sensualità; e vestonsi de l'uomo nuovo (Ep 4,22-24 Col 3,9-10) Cristo dolce Gesù, seguitandolo virilmente.

Questi sono quelli che si pascono a la mensa del santo desiderio, e che ànno posto più la sollicitudine loro in uccidere la propria volontà che in uccidere o in mortificare el corpo. Essi ànno bene mortificato el corpo, ma non per principale affetto: ma come strumento che elli è ad aitare a uccidere la propria volontà, però che el principale affetto debbe essere, ed è, d'uccidere la volontà, che non cerchi né voglia altro che seguitare Cristo crocifisso, cercando l'onore e gloria del nome suo, e la salute dell'anime. Costoro stanno sempre in pace e in quiete, e non ànno chi gli scandalizzi, perché ànno tolto via quella cosa che lo' dà scandalo, cioè la propria volontà. Tutte le persecuzioni che el mondo può dare e 'l dimonio, tutte corrono sotto a' piei suoi: sta nell'acqua ataccato a' tralci dell'affocato desiderio, e non s'immolla.

Questi gode d'ogni cosa, e non è fatto giudice de' servi di Dio, né di neuna creatura che à in sé ragione; anco gode d'ogni stato e d'ogni modo che vede, dicendo: «Grazia sia a te, Padre etterno, ché ne la casa tua à molte mansioni! » (Jn 14,2). E più gode de' diversi modi che vede, che di vederli andare tutti per una via, perché vede manifestare più la grandezza de la bontà di Dio: d'ogni cosa gode e trae l'odore de la rosa.

Eziandio di quella cosa che vede ch'espressamente è peccato non piglia per giudicio, ma più tosto con santa e vera compassione, dicendo: «Oggi tocca a te, e domane a me, se non fusse la divina grazia che mi conserva». O menti sante, mangiatori a la mensa del santo desiderio, che con tanto lume sete gionti a notricarvi del cibo, vestiti del vestimento dolce dell'Agnello, cioè dell'affetto e carità sua! Voi non perdete el tempo a ricevere e' falsi giudicii né de' servi di Dio, né de' servi del mondo; voi non vi scandalizzate per veruna mormorazione, né per voi né per altrui. L'amore vostro è ordenato in Dio e nel prossimo, e non disordenato. E perché elli è ordenato non pigliano, carissimo figliuolo, questi cotali mai scandalo in coloro che essi amano; perché el loro parere è morto, e non ànno preso giudicio che sieno guidati da uomini, ma solo da lo Spirito santo. Vedete dunque che gustano l'arra di vita etterna in questa vita.

Or a questo lume vorrei che voi e gli altri ignoranti figliuoli giognessero, però che veggo che questa perfezione manca a voi ed agli altri; però che se ella non vi mancasse, non sareste gionti a tanti scandali e mormorazioni e falso giudicio, cioè di credere e dire che altri sia guidata e tenuta per volontà de la creatura e non del Creatore. Duolmene el cuore e l'anima, di vedervi offendere la vostra perfezione a la quale Dio v'à chiamato, sotto spezie d'amore e colore di virtù. E nondimeno ella è quella zizzania che el dimonio à seminata nel campo del Signore (Mt 13,24-25 Mt 37-39); e questo à fatto per affogare el grano de' santi desideri e dottrina che è stata seminata ne' campi vostri. Non vogliate fare più così, poiché Dio di grazia v'à dato el lume di spregiare el mondo; el secondo, di mortificare el corpo; el terzo, di cercare l'onore di Dio. Non offendete questa perfezione con la propria volontà spirituale, ma trapassate da la mensa de la penetenzia e giognete a la mensa del desiderio di Dio, dove l'anima è morta in tutto a la propria volontà, notricandosi senza pena ne l'onore di Dio e salute dell'anime, crescendo la perfezione e non offendendola. Unde, considerando me che senza el lume questo non si può avere, e vedendo che non c'era, dissi che io desideravo e desidero di vedervi con vero e perfetto lume. E così vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, voi e frate Antonio e tutti gli altri, e singularmente voi, che v'ingegniate d'acquistarlo, a ciò che siate del numero de' perfetti e non de li imperfetti. Altro non dico.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio.

A tutti mi racomando. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Gesù dolce, Gesù amore.



65

A Daniella da Orvieto vestita dell'abito di santo Domenico.

Ricevono l'arra, ma non el pagamento; ma aspettanlo di ricevere ne la vita durabile, dove à vita senza morte, sazietà senza fastidio, e fame senza pena, perché di lunga è la pena da la fame - però che essi ànno compitamente quello che essi desiderano -, e di lunga è el fastidio da la sazietà - perché elli è cibo di vita senza alcuno difetto -. è vero che in questa vita si comincia a gustare l'arra a questo modo, che l'anima comincia a essere affamata del cibo de l'onore di Dio e de la salute dell'anime; e come ella à fame così se ne pasce: cioè che l'anima si notrica de la carità del prossimo del quale à fame e desiderio, che l'è uno cibo che, notricandosene, non se ne sazia mai. è insaziabile, e però rimane la continua fame.

Sì come l'arra è uno comincio di sicurtà che si dà all'uomo, per la quale aspetta di ricevere el pagamento - non che l'arra sia perfetta in sé, ma per fede dà certezza di giognere al compimento -, così l'anima inamorata di Cristo, che già à ricevuta l'arra, in questa vita, de la carità di Dio e del prossimo, in sé medesima non è perfetta, ma aspetta la perfezione de la vita immortale. Dico che non è perfetta questa arra, cioè che l'anima che la gusta non à ancora la perfezione che non senta le pene in sé e in altrui: in sé per l'offesa che fa a Dio, per la legge perversa che è legata ne le membra nostre; e in altrui, per l'offesa del prossimo. è bene perfetto a grazia, ma none à quella perfezione de' santi che sono a vita etterna, come detto è, però che e' desiderii loro sono senza pena, e i nostri sono con pena.

Sai come sta el vero servo di Dio, che si notrica a la mensa di questo santo desiderio? Sta beato e doloroso, come stava el Figliuolo di Dio in su el legno de la santissima croce: però che la carne di Cristo era dolorosa e tormentata, e l'anima era beata per l'unione de la natura divina. Così noi doviamo essere beati, per l'unione del desiderio nostro in Dio, d'essere vestiti de la dolce sua volontà; e dolorosi, per la compassione del prossimo e per tòllere a noi delizie e consolazioni sensuali, affligendo la propria sensualità.

Ma attende, figliuola e suoro carissima: io ò parlato a te e a me in generale, ora parlarò a te e a me in particulare. Io voglio che due cose singulari facciamo, a ciò che l'ignoranzia non c'impedisca la nostra perfezione a la quale Dio ci chiama, e a ciò che el dimonio col mantello de la virtù e de la carità del prossimo non notricasse dentro nell'anima la radice de la presunzione: però che da questo cadaremmo ne' falsi giudicii, parendoci giudicare dritto, e noi giudicaremmo torto; e andando noi dietro al nostro vedere, spesse volte el dimonio ci farebbe vedere molte verità per conducerci ne la bugia, e perché noi ci facessimo giudici de le menti de le creature - la quale cosa solo Dio l'à a giudicare -. Questa è una de le cose di quelle due, da la quale io voglio che noi al tutto ce ne leviamo, ma voglio che sia preso con modo, e non senza modo. El modo suo è questo: che se già Dio 'spressamente, non pur una volta né due, ma più, non manifesta el difetto del prossimo ne la mente nostra, noi nol doviamo mai dire in particulare a cui elli tocca, ma in comune correggere e' vizii di chi ci venisse a visitare, e piantare la virtù e caritativamente e con benignità; e ne la benignità l'asprezza, quando bisogna.

E se paresse che Dio spesse volte ci manifestasse e' difetti altrui - se non fusse già 'spressa revelazione, come detto è -, attienti a la parte più sicura, a ciò che fuggiamo lo inganno e la malizia del dimonio, però che con questo lamo del desiderio ci pigliarebbe: ne la bocca tua dunque stia il silenzio, e uno santo ragionamento de le virtù e spregiamento del vizio. E 'l vizio che ti paresse cognoscere in altrui, ponlo insiememente e a loro e a te, usando sempre una vera umilità. E se in verità quello vizio sarà in quella cotale persona, elli si correggiarà meglio, vedendosi compreso così dolcemente, e dirà a te quello che tu volevi dire a lui, e tu ne starai sicura, e tagliarai la via al dimonio, che non ti potrà ingannare né impedire la perfezione dell'anima tua. E sappi che d'ogni vedere noi non ci doviamo fidare, ma doviamceli ponere doppo le spalle, e solo rimanere nel vedere e nel cognoscimento di noi.

E se alcuna volta venisse caso che noi pregassimo particularmente per alcune creature, e nel pregare noi vedessimo in colui per cui è pregato alcuno lume di grazia e in uno altro no, che è pur servo di Dio, ma paressetel vedere con la mente avviluppata e sterile, nol pigliare però per giudicio di difetto di grave colpa in lui, però che potrebbe essere che el tuo giudicio sarebbe falso. Ché alcuna volta adiviene che, pregando per una medesima persona, l'una volta el trovarò con uno lume e con uno desiderio santo dinanzi da Dio, intanto che del suo bene pare che l'anima ingrassi; e una altra volta el trovarò che parrà che la mente sua sia di longa da Dio e tutta piena di tenebre e di molestie, che parrà che sia fadiga a chi prega di tenerlo dinanzi a Dio. Questo adiviene alcuna volta, che può essere per difetto che sarà in colui per cui è pregato; ma el più de le volte non sarà per difetto, ma sarà per traimento che Dio averà fatto di sé in quella anima, cioè che si sarà sottratto per sentimento - ma non per grazia, ma per sentimento di dolcezza e di consolazione -. Unde sarà rimasa la mente sterile, asciutta e penosa; la quale pena Dio fa sentire a quella anima che ne prega, e questo fa Dio per grazia di quella anima che riceve l'orazione, a ciò che insiememente con lui aiti a dissolvere la nuvila.

Sì che vedi, suoro mia dolce, quanto sarebbe ignorante e degno di grande reprensione quello giudicio: che noi, per questo semplice vedere, giudicassimo che vizio fusse in quella anima, e però Dio cel manifestasse così turbo e tenebroso; dove noi già aviamo veduto che elli non è privato di grazia, ma del sentimento de la dolcezza del sentimento di Dio. Pregoti dunque, e te e me e ogni servo di Dio, che ci diamo a cognoscere perfettamente noi, a ciò che più perfettamente cognosciamo la bontà di Dio, sì che, col lume, abandoniamo el giudicio del prossimo e pigliamo la vera compassione, con fame d'annunziare le virtù e riprendere el vizio e in noi e in loro, per lo modo detto di sopra. Detto aviamo dell'una; ora dico dell'altra, la quale io ti prego che noi riprendiamo in noi, se alcuna volta el dimonio o el nostro parere ci molestasse di volere mandare e vedere andare tutti e' servi di Dio per quella via che noi andiamo noi. Però che spesse volte adiviene che, vedendosi andare per la via de la molta penetenzia, tutti gli vorrebbe mandare per quella medesima via; e se vede che non vi vada, ne piglia dispiacimento e scandalo in sé medesimo, parendoli che non facci bene; e alcuna volta adiverrà che farà meglio colui e più virtuoso sarà - poniamo che non facci tanta penetenzia che none quello che ne mormora -, però che la perfezione non sta in maciarare né in uccidere el corpo, ma in uccidere la propria perversa volontà. E per questa via de la volontà annegata, sottoposta a la dolce volontà di Dio, doviamo desiderare che tutti vadano.

Buona è la penetenzia e 'l maciarare del corpo, ma non mel ponere per regola ad ognuno, però che tutti e' corpi non so' aguegliati, e anco perché spesse volte adiviene che la penetenzia che si comincia - per molti accidenti che possono avenire - si conviene lassare. Se el fondamento dunque o in noi o in altrui facessimo, o facessimo fare, sopra la penetenzia, verrebbe meno e sarebbe sì imperfetto che mancarebbe la consolazione e la virtù nell'anima, perché sarebbe privato di quella cosa che elli amava, dove aveva fatto el suo principio; e parrebbeli essere privato di Dio, e parendoli essere privato di Dio verrebbe a tedio, a grandissima tristizia e amaritudine, e nell'amaritudine perdarebbe l'essercizio e la fervente orazione la quale soleva fare. Sì che vedi quanto male ne seguitarebbe per fare solo el suo principio ne la penetenzia, però che noi saremmo ignoranti, e cadaremmo ne la mormorazione, e verremone a tedio e a molta amaritudine; e studiaremmo di dare solo operazione finita a Dio, che è bene infinito el quale ci richiede infinito desiderio.

Convienci dunque fare el fondamento in uccidere e annegare la propria perversa volontà, e con essa volontà, sottoposta a la volontà di Dio, daremo dolce e affamato e infinito desiderio in onore di Dio e in salute dell'anime; e così ci pasciaremo a la mensa del santo desiderio detto, el quale desiderio non è mai scandalizzato né in sé né nel prossimo suo, ma d'ogni cosa gode e trae el frutto.

Dogliomi io miserabile, ché non seguitai mai questa vera dottrina; anco ò fatto el contrario, e però mi sento d'essere caduta spesse volte in dispiacere e in giudicio del prossimo. Unde ti prego, per amore di Cristo crucifisso, che in questa e in ogni altra mia infermità ponga remedio, sì che io e tu cominciamo oggi ad andare per la via de la verità, alluminate in fare el vero fondamento nel desiderio santo, e non fidarci de' nostri pareri e vederi, però che leggiermente none escissimo di noi e giudicassimo e' difetti del nostro prossimo, se non per compassione e reprensione generale. Questo faremo, notricandoci a la mensa del santo desiderio; in altro modo non potremmo, però che dal desiderio aviamo el lume, ed el lume ci dà desiderio, e l'uno notrica l'altro. E però dissi che io desideravo di vederti con vero lume. Altro non dico.

Permane ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 61