Caterina, Lettere 78

78

A Nicolò povaro di Romagna, romito a Firenze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con disiderio di vedervi tutto rimesso nella divina providenzia, spogliato d'ogni affetto terreno e di voi medesimo, acciò che siate vestito di Cristo crocifisso; però che in altro modo non giognareste al termine vostro, se non seguitaste la vita e dottrina di questo amoroso Verbo. Così ci amaestrò egli quando disse: «Neuno può venire al Padre se non per me» (Jn 14,6).

Ma non veggo che in lui vi poteste bene rimettare, né in tutto spogliarvi di voi, se prima non conosceste la somma ed eterna bontà sua, e la nostra miseria. Dove conosciaremo lui e noi? Dentro nell'anima nostra.

Unde ci è di bisogno d'entrare nella cella del conoscimento di noi, e aprire l'occhio de lo 'ntelletto, levandone ogni nuvila d'amore propio; e conosciaremo noi non essere cavelle, e specialmente nel tempo delle molte bataglie e tentazioni: però che, se fussimo alcuna cosa, ci levaremo quelle battaglie che noi non volessimo. Bene abiamo dunque materia d'umiliarci e ispogliarci di noi; perché non è da sperare in quella cosa che non è. La bontà di Dio conosciaremo in noi, vedendoci creati alla immagine e similitudine sua (Gn 1,26) a fine che participiamo il suo infinito ed eterno bene; ed essendo privati della grazia per lo peccato del primo uomo, ci à ricreati a grazia nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo.

O amore inestimabile! Per ricomprare el servo ài dato il Figliuolo propio, per rendarci la vita desti a te la morte! Bene vediamo ch'egli è somma ed eterna bontà, e che inefabilemente ci ama, ché se non ci amasse non ci arebe dato sì-fatto ricompratore; e il sangue ci manifesta questo amore. Adunque in lui voglio che speriate e confidatevi tutto; e in lui ponete ogni vostro affetto e desiderio.

Ma atendete che a lui non potiamo fare neuna utilità, imperò ch'egli è lo Dio nostro che non à bisogno di noi. In che dunque dimostraremo l'amore che aremo a lui? In quello mezzo che egli ci à posto per provare in noi la virtù, cioè el prossimo nostro, el quale dobiamo amare come noi medesimi, sovenendolo di ciò che vediamo che gli sia necessità, secondo le grazie che Dio ci à date o desse a ministrare: offerire lagrime umili e continove orazioni dinanzi a Dio per salute di tutto quanto el mondo, e specialmente per lo corpo mistico della santa Chiesa, la quale vediamo venuta in tanta ruina se la divina bontà non provede. Allora seguitarete la dottrina di Cristo crocifisso, el quale per onore del Padre e salute nostra dié la vita, correndo come inamorato a l'obrobiosa morte della croce.

E sì com'egli non si ritrasse per pena o rimproverio, né per ingratitudine nostra, che non compisse la nostra salute, così dobiamo fare noi: che per neuna cagione ci doviamo ritrare di sovenire alle necessità del prossimo nostro, spirituali e corporali; senza rispetto di neuna utilità o consolazione ricevarne qua giù: solo amarlo e sovenirlo perché Dio l'ama. Così adempirete la dilezione del prossimo, secondo il comandamento di Dio e il mio desiderio. Altro non vi dico.

Permanete etc. Gesù etc.



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All'abbadessa e monache di santo Piero in Monticelli a Lignaia in Firenze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi vere serve e spose di Cristo crocifisso: sì e per sì-fatto modo seguitiate le vestigie sue che inanzi eleggiate la morte che trapassare e' comandamenti dolci suoi, e i consigli e' quali voi avete promessi.

Oh quanto è dolce e soave alla sposa consecrata a Cristo seguitare la via e dottrina dello Sposo suo! Quale è la via e la dottrina sua? Non è altro che amore, però che tutte l'altre virtù sono virtù per esso amore. La dottrina sua non è superbia né disubidienzia né amore proprio, né ricchezza né onore né stato del mondo, non piacimento né diletto di corpo - none à amore d'amare el prossimo per sé, ma per utilità nostra ci à amati e data la vita per noi con tanto fuoco d'amore -, anco è profonda e vera umilità.

Or fu mai veduta tanta umilità, quanta è vedere Dio umiliato a l'uomo - la somma altezza discesa a tanta bassezza quanta è la nostra umanità -, e obbediente infine all'obrobiosa morte della croce? Egli è paziente, in tanta mansuetudine che non è udito el grido suo per veruna mormorazione; egli elesse povertà volontaria - quelli che era somma etterna ricchezza (2Co 8,9) - in tanto che Maria dolce non ebbe panno dove invollarlo; nell'ultimo, morendo nudo in su la croce, non ebbe luogo dove appoggiare il capo suo.

Questo dolce e inamorato Verbo, satollo di pene e vestito d'obrobii, dilettandosi dell'ingiurie delli scherni e della villania - sostenendo fame e sete colui che satolla ogni affamato con tanto fuoco e diletto d'amore -, egli è el dolce Dio nostro che non à bisogno di noi, e non à allentato d'adoperare la nostra salute, anco à perseverato. Non per nostra ignoranzia né per ingratitudine nostra, né per lo grido de' Giuderi - che gridano che egli scenda della croce (Mt 27,40-42 Mc 15,30-32) -, non lassò però che non compisse la nostra salute.

Or questa è la dottrina e la via la quale egli à fatta; e noi miseri miserabili pieni di difetti, none spose vere ma adultere, facciamo tutto el contrario; noi cerchiamo diletto delizie piaceri e amore sensitivo: uno amore proprio, del quale amore nasce discordia e disubbidienzia. La cella si fa nemico; le conversazioni de' secolari e di coloro che vivono secolarescamente si fa amico; vuole abondare e non mancare nella sustanzia temporale, parendoli, se none abonda sempre, avere necessità. Egli si dilunga da l'amore del suo Creatore; lassa la madre de l'orazione, anco, facendo l'orazione debita - nella quale sete obligate -, spesse volte viene a tedio, perché colui che non ama, ogni piccola fadiga gli pare grande a sostenere; la cosa possibile gli pare impossibile a potere adoperare. E tutto questo procede dall'amore proprio, el quale nasce da superbia, e la superbia nasce da lui, fondata in molta ingratitudine ignoranzia e negligenzia nelle sante e buone operazioni.

Non voglio, dilettissime figliuole, che questo divenga a voi, ma, come spose vere, seguitate le vestigie dello Sposo vostro; altrimenti non potreste osservare quello che avete promesso e fatto voto, cioè povertà obedienzia e continenzia. Sapete bene che nella professione voi deste per dota el libero arbitrio vostro allo sposo etterno, ché con libertà di cuore faceste la detta promessione - che sono tre colonne che tengono la città dell'anima nostra che non la lassano cadere in ruina; ché, none avendole, subbito viene meno -.

Debba la sposa essere povera volontariamente, per amore di Cristo crocifisso che l'à insegnata la via: la povertà è ricchezza e gloria delle religiose; grande confusione è quando si truova che elle abbino che dare.

Sapete quanto male n'esce? che se passa questo, tutti gli altri passerà: colei che pone l'affetto suo in possedere, e non s'unisce con le suoro sì come voi dovete vivere - che dovete vivere a comune, e avere tanto la grande quanto la piccola, e la piccola quanto la grande -, se nol fa ne viene in questo difetto, che ella cadrà nella incontinenzia o mentale o attuale. Cade nella disubidienzia, ché è disobediente all'Ordine suo e non vuole essere corretta dal prelato, e trapassa quello che aveva promesso, unde vengono le conversazioni di coloro che vivono disordenatamente - vuoli secolari vuoli religiosi, vuoli uomo vuoli donna -. Che la conversazione non sia fondata in Dio non procede da altro se non per alcuno dono o diletto o piacere che trovassero; e tanto basta quello amore e amistà quanto basta el dono e 'l diletto. E però dico che colei che non possede, sì che non à che donare, non avendo che donare sarà tolto da lei ogni disordenata conversazione.

Levata la conversazione, non à materia di svagolare la mente, né di cadere nella immondizia corporalmente e spiritualmente; ma truova e vorrà la conversazione di Cristo crocifisso, e de' servi dolcissimi suoi - e' quagli amano per Cristo e per amore della virtù e non per propria utilità -, e concepe uno desiderio e fame della virtù che non pare che se ne possa saziare. E perché vede che da la madre e fontana dell'orazione traie la vita de la grazia e 'l tesoro delle virtù, partesi da la conversazione degli uomini, e fugge e ricovera in cella, cercando lo Sposo suo, abbracciandosi con esso in su.legno della santissima croce. Ine si bagna di lagrime e di sudori; inebbriasi del sangue del consumato e inamorato Agnello; pascesi di sospiri, e' quali gitta per dolci e affocati desiderii: questa è vera e reale sposa che realmente seguita lo Sposo suo. E come Cristo benedetto, come detto è, non lassò per veruna pena l'adoperare la nostra salute, così la sposa non lassa né debba lassare per veruna pena né fadiga, né fame né sete, né necessità, anco risponda alla tenerezza propria del corpo suo, e dolcemente dica: «Confortati, anima mia, che ciò che ti manca qua giù, t'avanza a vita etterna».

E non lassi la buona operazione co' santi desiderii, né per tentazione del dimonio, né per fragilità della carne, né per li perversi consiglieri del dimonio, che sono peggio che Giuderi, ché dicono spesse volte: «Discende della croce (Mt 27,40) della penitenzia e vita ordinata». E non debba lassare el servire al prossimo suo - di servirlo in cercare la salute sua - per ingratitudine; né per ignoranzia che non cognoscesse el servizio non debba lassare, però che, se lassasse, parrebbe che cercasse d'essere retribuito da loro e non da Dio: la quale cosa non si debba fare, ma prima eleggere la morte.

Con pazienzia portate, carissime figliuole, i difetti l'una dell'altra, portando con pazienzia e sopportando con amore i difetti l'una dell'altra; così sarete legate e unite nel legame della carità, el quale è di tanta fortezza che né dimonio né creatura ve ne potrà separare, se voi non vorrete. Siate obbedienti infine alla morte, acciò che siate spose vere che, quando lo Sposo vi richiederà nell'ultima 'stremità della morte, voi abbiate la lampana piena e non votia, sì come vergini savie e non matte (Mt 25,1-4). Drittamente el cuore vostro debba essere una lampana, la quale debba essere piena d'oglio, e dentrovi el lume del cognoscimento di voi e della bontà di Dio in voi, che è lume e fuoco di carità, notricato e acceso nell'oglio della vera e profonda umilità; ché chi non à lume di cognoscimento di sé non si può umiliare, ché con la superbia mai non s'aumilia. Poi che la lampana è fornita, debbasi tenere in mano con una santa e vera intenzione in Dio, cioè la mano del santo timore, el quale à a regolare l'affetto e 'l desiderio nostro: non timore servile, ma timore santo, che per veruna cosa voglia offendere la somma etterna bontà di Dio.

Ogni creatura che à in sé ragione à questa lampana, però che 'l cuore de l'uomo è una lampana: se la mano del timore santo la tiene ritta, ed ella è fornita, sta bene; se ella è in mano di timore servile, egli la rivolta sottosopra, perché serve e ama d'amore proprio, per proprio diletto e non per onore di Dio. Costui affoga el lume e versane l'oglio, che non v'è lume di carità e non v'è oglio di vera umilità. E queste sono quelle cotagli di cui disse el nostro Salvatore: «Io non vi cognosco, e non so chi voi vi sete» (Mt 25,12). Adunque io voglio che siate forti e prudenti: tenete el cuore vostro e fate che sia lampana dritta, ché, come la lampana è stretta da piei e larga da capo, così el cuore e l'affetto si debba ristrignare al mondo - e a ogni diletto e vanità e delizie e piacere e contento suo -; e debba essere larga da capo, che 'l cuore l'anima e l'affetto sia tutto riposato e posto in Cristo crocifisso. A questo modo sarete figliuole spose e serve, corrirete per la via e seguirete la dottrina di Cristo crocifisso. Vestitevi di pene e d'obrobii per lui; unitevi e amatevi insieme.

E voi, madonna l'abbadessa, siate madre e pastore che poniate la vita (Jn 10,11) per le vostre figliuole, se bisogna. Ritraetele dal vivare in particulare e dalla conversazione, le quali sono la morte dell'anime loro e disfacimento di perfezione. Nella conversazione fate che voi lo' siate uno specchio di virtù, acciò che la virtù amonisca più che le parole. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



80

A maestro Giovanni Terzo dell'ordine de' Frati eremiti di santo Agustino essendo egli a Lecceto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue de lo svenato Agnello.

El quale sangue lava e anniega - cioè uccide la propria perversa volontà -: dico che lava la faccia de la conscienzia e uccide el vermine d'essa conscienzia, però che 'l sangue c'è fatto bagno, e perché il sangue non è senza fuoco, anco è intriso col fuoco de la divina carità, però che fu sparto per amore. Sì che el fuoco col sangue lava e consuma la ruggine de la colpa che è ne la conscienzia, la quale colpa è uno vermine che rode in essa conscienzia. Morto che è questo vermine, e lavata che è la faccia dell'anima, è privata del proprio disordinato amore; ché, mentre che l'amore proprio è nell'anima, questo vermine non muore mai, né si leva la lebbra da la faccia dell'anima, poniamo che 'l sangue e il fuoco del divino amore ci sia dato.

E a tutti è dato questo sangue e fuoco, nostra redenzione; e non di meno da tutti non è participato, e questo non è per defetto del sangue né del fuoco né de la prima dolce Verità che ce l'à donato, ma è defetto di chi non votia el vasello per poterlo empire d'esso sangue. El vasello del cuore, mentre che egli è pieno del proprio amore, o spiritualmente o temporalmente, nol può empire del divino amore, né participare la virtù del sangue, e però non si lava la faccia, e non si uccide el vermine. Dunque c'è bisogno di trovare modo di votarsi e d'empirsi, acciò che noi giogniamo a questa perfezione d'uccidere la propria volontà: ché, uccisa la volontà, è ucciso el vermine - però che la volontà concepe questo vermine -.

Che modo ci à, carissimo figliuolo? Dicovelo: che noi sì apriamo l'occhio dell'intelletto a cognoscere uno sommo bene e uno miserabile male. El sommo bene è Dio, el quale ci ama di ineffabile amore, el quale amore c'è manifestato col mezzo del Verbo unigenito suo Figliuolo; e il Figliuolo ce l'à manifestato col mezzo del sangue suo. Nel sangue cognosce l'uomo l'amore che Dio gli porta, e il suo proprio miserabile male: però che la colpa è quella che conduce l'anima a le miserabili pene eternali, e però è solo el peccato quello che è male, el quale procede dal proprio amore, ché veruna altra cosa è che sia male, se non questa.

E questo fu cagione de la morte di Cristo. E però dico che nel sangue cognosciamo el sommo bene dell'amore che Dio ci à, e il miserabile nostro male, ché l'altre cose non sono male se non solo la colpa, come detto è.

Né tribulazioni né persecuzioni del mondo non sono male, né ingiurie, né strazii, né scherni, né villanie, né tentazioni del demonio, né tentazioni degli uomini, e' quali tentano e' servi di Dio; né le tentazioni e molestie che dà l'uno servo di Dio all'altro, le quali tutte Dio permette per tentare e cercare se truova in noi fortezza e pazienzia e vera perseveranzia infino all'ultimo; anco conducono queste cose l'anima a gustare el sommo ed eterno bene. Questo vediamo noi manifestamente nel Figliuolo di Dio, el quale essendo Dio e uomo, e non potendo volere neuno male, non l'averebbe elette per sé: ché tutta la vita sua non fu altro che pene e tormenti, strazii e rimproverii, e nell'ultimo l'obbrobriosa morte de la croce; e questo volse sostenere perché era bene, e per punire la colpa nostra, che è quella cosa che è male.

Poi che l'occhio dell'intelletto à così bene veduto e discerto chi gli è cagione del bene e chi gli è cagione del male, e quale è quello che è bene e quello che è miserabile male, l'affetto - perché va dietro all'intelletto - corre di subbito e ama el suo Creatore, cognoscendo nel sangue l'amore suo ineffabile; e ama tutto quello che vede che 'l faccia più piacere e unire con lui. Allora si diletta de le molte tribulazioni, e priva sé medesimo de le consolazioni proprie, per affetto e amore de le virtudi. E none elegge lo strumento de le tribulazioni - che pruovano le virtù - a suo modo, ma a modo di colui che gli 'l dà, cioè Dio, el quale non vuole altro se non che siamo santificati in lui, e però le concede.

Come egli à tratto l'amore da l'amore, e perché l'occhio dell'intelletto in esso amore à veduto el suo male, cioè la colpa sua, odialo, in tanto che desidera vendetta di quella cosa che n'è stata cagione. La cagione del peccato è il proprio amore, el quale notrica la perversa volontà che ribella a la ragione; e mai non ristà di crescere e di multiplicare l'odio dell'amore sensitivo infino che l'à morto, e però diventa subito paziente, e non si scandalizza in Dio, né in sé, né nel prossimo suo: ma à presa l'arme a uccidere questo perverso sentimento, che conduce l'anima a tanto miserabile male che le tolle l'essere de la grazia, e dàlle la morte - tornando a non cavelle - perché è privata di Colui che è.

Tolle dunque el coltello, che è l'arme con che si difende da' nemici suoi; e con quello uccide la propria sensualità. El quale coltello à due tagli, cioè odio e amore, e menalo con la mano del libero arbitrio - el quale cognosce che Dio gli à dato per grazia e non per debito -, e con esso coltello taglia e uccide. Or a questo modo, carissimo figliuolo, participiamo la virtù del sangue e il calore del fuoco, el quale sangue lava, e il fuoco consuma la ruggine de la colpa, e uccide el vermine de la conscienzia: non uccide propriamente la conscienzia, che è guardia dell'anima, ma il vermine de la colpa che v'è dentro. In altro modo né per altra via non potremmo giognere a pace e a quiete, né gustare el sangue de lo immaculato Agnello; e però vi dissi che io desideravo di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crocifisso.

Dunque levatevi su, e destatevi dal sonno de la negligenzia, e annegate la propria perversa volontà in questo glorioso prezzo; e non vi ritragga né timore servile, né amore proprio, né detto de le creature, né mormorazione, né scandalo del mondo; ma perseverate con virile cuore. E guardate che voi non facciate come i matti - e se voi l'avete fatto, sì ve ne dolete - di scandalizzarvi ne' servi di Dio, o mormorare de le loro operazioni, però che questo è uno de' segni che la volontà non è morta; e se ella è morta ne le cose temporali, non è anco morta ne le spirituali. Vogliate dunque che in tutto muoia ad ogni suo parere, e viva in voi la dolce eterna volontà di Dio: e di questa siate giudice, sì come dice la nostra lezione. Altro non dico.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio.

Scrivestemi che el figliuolo non poteva stare senza el latte e il fuoco de la mamma, unde, se n'averete volontà, non tardarete a venire per esso. Dite che non vorreste offendere l'obedienzia: venite per la licenzia, e non offendarete. Ed ècci di bisogno, perché Nanni s'è partito per buona necessità, sì che se potete venire sì l'averò molto caro. Gesù dolce, Gesù amore.

Raccomandateci al baccelliere, e a frate Antonio, e a missere Mateo, e all'Abbate, e a tutti gli altri.



81

A Francesca di Francesco di Tato Talomei vestita di santo Domenico, inferma.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti con vera e santa pazienzia, a ciò che virilmente te porti e la infermità, e qualunque altra cosa che Dio ti permettesse, sì come vera serva e sposa di Cristo crocifisso; e così debbi fare però che la sposa non si debba mai scordare da la volontà del Sposo suo.

Ma attende, carissima figliuola, che a questa volontà, così acordata e sottoposta a quella di Dio, non verresti mai se tu col lume de la santissima fede non raguardassi quanto tu se' amata da lui, però che, vedendoti amare, non poterai fare che tu non ami. Amando, odiarai la propria sensualità, la quale fa impaziente l'anima che l'ama: unde subito che tu l'odiarai sarai fatta paziente. Sì che col lume ci verrai.

Ma dove trovarai questo amore? Nel sangue de l'umile immaculato Agnello, el quale per lavare la faccia de la sposa sua corse a l'obrobriosa morte de la croce; unde col fuoco de la sua carità la purificò da la colpa, lavandola ne l'acqua del santo baptesmo; il quale baptesmo vale a noi in virtù del sangue, e il sangue le fu colore che fece la faccia de l'anima vermeglia, la quale era tutta impalidita per la colpa d'Adam. Tutto questo fu fatto per amore: adunque vedi che 'l sangue ti manifesta l'amore che Dio t'à. Egli è quello eterno Sposo che non muore mai; egli è somma sapienzia, somma potenzia, somma clemenzia e somma bellezza, in tanto che 'l sole si maraveglia de la bellezza sua. Egli è somma purità, in tanto che, quanto l'anima che è sua sposa più s'acosta a lui, tanto più diventa pura e monda d'ogni peccato e più sente l'odore de la virginità. E però la sposa che vede che egli si diletta de la purità, studia d'acostarsi a lui col mezzo che più perfettamente la possa unire. Quale è questo mezzo? è l'orazione umile, fedele e continua: umile, dico, fatta nel cognoscimento di te; continua, per continuo santo desiderio; e fedele, per lo cognoscimento che ài avuto di Dio, vedendo che egli è fedele e potente a darti quello che adimandi; e somma sapienzia, che sa; ed è somma clemenzia, che ti vuole dare più che non sai adimandare.

Or con questo verrai a perfettissima pazienzia in ogni luogo e in ogni tempo e stato che tu se' o sarai: e ne la infermità e ne la sanità, con bataglie e senza bataglie. Le quali bataglie non vorrei che tu però credessi che faccino l'anima immonda, se non in quanto la volontà le ricevesse per dilettazione, di qualunque bataglia si fusse. E però l'anima che sente la volontà averne dispiacimento, e non piacere, si debba confortare, e non venire a veruna confusione e tedio di mente, ma debba vedere che Dio gli permette per farla venire ad umilità, e per conservarla e crescerla in essa. Così voglio che facci tu.

Gode, gode, figliuola, che Dio per sua misericordia ti fa degna di portare per lui; e reputatene indegna: e facendo così ti conformarai in ogni cosa con la volontà del tuo dolce Sposo. Compirassi a questo modo in te la volontà di Dio e il desiderio de l'anima mia, el quale dissi che era di vederti con vera e santa pazienzia. E così ti prego e voglio che sia, in ciò che piace al tuo dolcissimo Sposo di concederti. Per lo poco tempo non dico più.

Permane etc. Gesù dolce, Gesù amore.



82

Una dottrina a tre donne di Firenze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù, poiché la divina bontà v'à tratte del loto del mondo, non vogliate voltare mai el capo indietro a mirare l'arato; ma sempre mirate a quello che v'è bisogno di fare per conservare in voi el santo principio e proponimento che avete fatto.

Quale è quella cosa che ci conviene vedere e fare per conservare la buona voluntà? Dicovelo: che sempre abitiate nella cella del cognoscimento di voi, cognoscendo voi non essere e l'essere vostro avere da Dio, i difetti vostri, e la brevità del tempo (el quale tempo è tanto caro a noi però che nel tempo si può acquistare la vita durabile, e perdarla, secondo che piace a noi; e passato il tempo neuno bene potiamo adoperare).

Dovete cognoscere in voi la grande bontà di Dio, e l'amore ineffabile che elli v'à, el quale amore ve l'à manifestato col mezzo del Verbo dell'unigenito suo Figliuolo: questo dolce e amoroso Verbo l'à mostrato col mezzo del sangue suo. Unde noi siamo quello vasello che aviamo ricevuto il sangue, e quella pietra dove fu fitto el gonfalone della santissima croce, però che né croce né chiovi erano sufficienti - né terra - a tenere questo umile e amoroso Verbo confitto e chiavellato, se l'amore non l'avesse tenuto; ma l'amore che elli ebbe a noi el tenne e fecelo stare in su l'arbore della croce.

Ora conviene a noi che 'l cuore e l'affetto nostro sia inestato in lui per amore, se vogliamo participare il frutto del sangue. Allora l'anima, che sì dolcemente cognosce Dio, ama quello che cognosce della sua bontà, e odia quello che cognosce di sé nella parte sensitiva; unde trae la vera umilità, la quale è balia e notrice della carità. Per questo va inanzi, e non torna adietro, crescendo di virtù in virtù; essercitandosi con la vigilia e con l'umile e continua orazione, col continuo santo desiderio, con buone e sante operazioni - le quali sono quella orazione continua che ogni persona che à in sé ragione debba avere, oltre all'orazione particolare che si fa all'ore debite e ordinate -. Le quali in neuno modo si debbono lassare - se non venisse caso d'obedienzia o per carità, ma per altro modo no -, né per battaglie né per sonnolenzia di mente né di corpo; ma debbasi destare il corpo con l'essercizio corporale, o in venie o in altri essercizii che abbino a stirpare el sonno, quando elli à avuto il debito suo.

La sonnolenzia della mente si vuole destare co l'odio e dispiacimento di sé; con una impugna santa salire sopra la sedia della conscienzia vostra, riprendendo sé dicendo: «E dormi tu, anima mia? tu dormi e la divina bontà vegghia sopra di te: el tempo passa e non t'aspetta. Vuoli tu essere trovata dormire dal giudice, quando ti richiedarà che tu renda ragione del tempo tuo, come tu l'ài speso, come se' stata grata al benefizio del sangue?». Allora si destarà la mente: poniamo che sapore di quello destare non sentisse, ella si pur desta e stirpa l'amore proprio dell'anima sua. Per questo modo va inanzi, levasi da la imperfezione e giugne alla perfezione alla quale pare che vogliate venire; però che l'amore non sta ozioso, ma sempre aduopera grandi cose.

Facendo così vi vestirete del mirollo della virtù e non solo dell'atto; gustarete la virtù della pazienzia, che è il mirollo della carità; godarete delle pene, pur che vi potiate conformare con Cristo crocifisso; portare le pene e gli obbrobrii suoi vi parrà godere. Fuggirete le conversazioni, e dilettaretevi della solitudine; non presumarete di voi, ma confidaretevi in Cristo crocifisso; non s'empirà la mente di fantasie, ma di vere e reali virtù, amandolo col cuore schietto e non fincto, libero e non doppio: ma in verità amarete lui sopra ogni cosa, e il prossimo come voi medesime. Né per molestie del dimonio - che desse laidi e malvagi pensieri -, né per fragilità della carne, né per la molestia delle creature non verrete a tedio né a confusione di mente; ma con fede viva direte con Paulo: «Per Cristo crocifisso ogni cosa potrò, che è in me che mi conforta» (Ph 4,13). Reputatevi degne della pena e indegne del frutto, per umilità.

Amatevi, amatevi insieme con una carità fraterna in Cristo dolce Gesù tratto dell'abisso della sua carità.

Altro non vi dico. Dio vi riempia della sua dolcissima grazia.

D'una cosa vi prego: che voi non andiate per molti consigli; ma pigliatene uno el quale vediate che vi consigli schiettamente, e quello seguite, ché andare per molti è cosa pericolosa. Non che ogni consiglio che è fondato in Dio non sia buono, ma come i servi di Dio sono differenti in modi - poniamo che tutti sieno nell'affetto della carità -, così differentemente danno la dottrina: se assai ne cercano, con tutti si vorrebbero conformare, e quando venisse a vedere trovarebbesi vòto d'ognuno. E però è il meglio ed è di bisogno che l'anima si fondi in uno, e in quello s'ingegni d'essere perfetta; e nondimeno le piaccia la dottrina di ciascuno. Non che le vadi cercando per sé; ma debbale piacere e' differenti e diversi modi che Dio tiene con le sue creature: averli in reverenzia, vedendo che nella casa del Padre nostro à tante mansioni. Or vi bagnate e annegate nel sangue di Cristo crocifisso, dolce e buono Gesù amore.



83

A Conte di Conte da Firenze, spirituale, essendo per alcuno modo caduto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere in te el lume de la santissima fede, el quale lume ci mostra la via della verità.

E senza esso neuno nostro essercizio, desiderio, o operazione verrebbe a frutto né a perfezione, né a quello fine per lo quale avessimo cominciato, ma ogni cosa verebbe imperfetta; lenti saremmo nella carità di Dio e del prossimo. La cagione è questa: che pare che tanto sia la fede quanto l'amore, e tanto l'amore quanta la fede. Chi ama, sempre è fedele a colui cui egli ama, e fedelmente el serve infino a la morte.

O carissimo figliuolo, questo è quello lume che conduce l'anima a porto di salute, tra'la del loto de la miseria, e disolve in lei ogni tenebre di proprio amore: però che in esso cognosce quanto è spiacevole a Dio e nocivo a la salute, e però si leva con odio e caccialo fuore di sé. Con fede viva cognobbe che ogni colpa è punita e ogni bene è remunerato; e però abraccia la virtù e spregia il vizio: con grande solicitudine diventa costante e perseverante in fino a la morte, in tanto che né dimonio né creatura né la fragile carne il fanno voltare il capo adietro, quando questo lume perfettamente è ne l'anima. A la quale perfezione si viene con molto essercizio, con ansietato desiderio, e con profonda umilità.

La quale umilità l'anima acquista ne la casa del cognoscimento di sé, col mezzo de la continua umile e fedele orazione, con molte bataglie dal dimonio e molestie da le creature e da sé medesimo, cioè da la perversa volontà, e da la fragile carne che sempre impugna contra lo spirito. A tutte risiste col lume de la santissima fede; col quale lume, ne la dottrina del Verbo, s'inamorò del sostenere pene e fadighe per qualunque modo Dio glile permettesse, non elegendo tempo né luogo né fadighe a modo suo, ma secondo che vuole la Verità eterna, che non cerca né vuole altro che la nostra santificazione.

Ma perché ci permette queste fadighe e tante ribellioni? Perché si pruovi in noi la virtù; e acciò che con lume cognosciamo la nostra imperfezione e l'adiutorio che l'anima riceve da Dio nelle bataglie e fadighe; e acciò che cognosciamo el fuoco de la sua carità nella buona volontà che egli à riservata ne l'anima, nel tempo de le tenebre e de le molestie e de le molte fadighe. Per questo cognoscimento che à nel tempo de le fadighe, leva da sé la imperfezione de la fede e viene a perfettissima fede, per la molta esperienzia che n'à avuta e provata, essendo ancora nel camino de la imperfezione. Questo lume tolle via in tutto la confusione de la mente: non tanto che nel tempo de le bataglie, ma eziandio se l'uomo attualmente fusse caduto in colpa di peccato mortale, di qualunque peccato si sia, la fede el rilieva, perché col lume raguarda ne la clemenzia, fuoco e abisso della carità di Dio, distendendo le braccia de la speranza; e con esse riceve e stregne il frutto del sangue, nel quale à trovato questo dolce e amoroso fuoco, con una contrizione perfetta, umiliandosi a Dio e al prossimo per lui; e reputasi il più minimo e il più vile di tutti gli altri. E così spegne la colpa dentro ne l'anima sua per contrizione e speranza del sangue; al quale sangue fu introdutto dal lume de la fede.

Per questo modo viene a tanta perfezione e a tanto amore del divino e amoroso fuoco, che egli può dire insieme col dolce Gregorio: «O felice e avventurata colpa, che meritaste d'avere così-fatto redentore!» Fu felice la colpa di Adam? No, ma il frutto che per essa ricevemmo fu felice, vestendo Dio il suo Figliuolo de la nostra umanità e ponendoli la grande obedienzia che restituisse a grazia l'umana generazione. Ed egli come inamorato corse a pagare il prezzo del sangue suo. Così dico de l'anima: la colpa sua non è felice, ma il frutto che riceve ne l'affetto de la carità, per la grande e perfetta emendazione che ci è fatta col lume de la fede, come detto è; e perché cresce in cognoscimento e umilità.

Ella se ne va tutta gioiosa a l'obedienzia de' comandamenti di Dio, ricevendo con odio e amore questo giogo sopra le spalle sue; e subito corre, come inamorata, a dare la vita, se bisogna, per salute de l'anime, perché col lume à veduto che l'amore e le grazie, che à trovate in Dio, a lui non può rendere. Puogli bene rendere amore, ma debito d'utilità no - per grazia che egli riceva da Dio -, però che egli non à bisogno di noi; ma può bene rendere al prossimo, facendo utilità a lui poiché a Dio non la può fare. E veramente egli è così, che servendo al prossimo caritativamente noi dimostriamo in lui l'amore che aviamo a la somma eterna verità. In questa carità si pruova se le virtù in verità sonno ne l'anima, o no. Sì che l'anima corre come obediente - e anegata la sua volontà - a compire la volontà di Dio nel prossimo suo, non lassando per pena né per veruna cosa, in fino a la morte.

Con questo lume gusta l'arra di vita eterna, nutricandosi per affetto d'amore al petto di Cristo crocifisso, dilettandosi di furare le virtù e la vita e maturità che ebbero i veri gustatori, cittadini de la vita beata, mentre che furono peregrini e viandanti (He 11,13 1P 2,11) in questa vita. Con questa fede si porta la chiave del sangue con la quale si diserra vita eterna. La fede non presumme di sé, ma del suo Creatore, perché non v'è il vento de la superbia con la propria reputazione; la quale reputazione, e superbia, immondizia, e ogni altro difetto e miseria, sonno i frutti de la infedeltà che aviamo verso di Dio, e de la presunzione di fidarci in noi medesimi, el quale è uno vermine che sta nascosto sotto la radice de l'arbore de l'anima nostra. E se l'uomo non l'uccide col coltello de l'odio, rode tanto che egli fa torcere l'arbore, o egli il manda a terra, se con grande diligenzia e umilità l'anima non si procura.

Spesse volte sarà l'uomo sì ignorante, per l'amore proprio di sé, che egli non s'avederà che questo vermine vi sia nascosto; e però Dio permette le molte bataglie e persecuzioni, e che l'arbore si torca, e alcuna volta che caggia. Non permette la mala volontà, ma permeteli el tempo; e lassalo guidare al libero arbitrio suo, solo perché egli ritorni a sé medesimo e con questo lume, umiliato, cerchi questo vermine, e metta mano al coltello de l'odio, ed uccidalo. E non à materia quella anima di rallegrarsi, e ricognoscere la grazia che Dio l'à fatta d'avere veduto e trovato in sé quello che non cognosceva? Sì bene.

Sì che per ogni modo, carissimo figliuolo, in ogni stato che l'uomo è, o giusto o peccatore, o che sia caduto e poi si relevi, gli è necessario questo lume. Quanti sonno gli inconvenienti che vengono per non averlo? Non mi pongo a nararlo, né a dirne più, ché troppo sarebbe longo; basti per ora quello che n'è detto.

Quanto gli è utile e dilettevole ad averlo? Non tel so esprimere con lingua né con inchiostro; ma Dio tel faccia provare per la sua infinita misericordia. Così voglio che sia, e però dissi ch'io desideravo di vedere in te el lume de la santissima fede.

Sommi molto maravigliata de le lettere che ài mandate a Barduccio: per neuna cagione voglio che ti parta da la congregazione de' tuoi in Cristo fratelli - guarda già che tu non andassi al luogo perfetto de la religione -, né che tu venga mai a confusione di mente, ma tutto umiliato ti facci suddito al più minimo che v'è; né, per questo, lassare che tu non porga a loro quella verità che Dio ti facesse cognoscere. Or cominciamo testé di nuovo a pigliare i remedi sopradetti, acciò che 'l dimonio de la tristizia e confusione non asalisca l'anima vostra: ché peggio sarebbe l'ultima che le prime, e sarebbe grande offesa di Dio.

Permane etc. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 78