Caterina, Lettere 101

101

A missere Iacomo cardinale degli Orsini.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio.

A voi, dilettissimo e carissimo padre in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi legato nel legame della divina ardentissima carità, la quale carità mosse Dio a trare noi di sé medesimo, cioè della sua infinita sapienzia, perché godessimo e participassimo el sommo bene suo.

Elli è quello legame che, poi che l'uomo perdé la grazia per lo peccato commesso, unì e legò Dio ne la natura umana; e à fatto uno innesto in noi: la vita s'è innestata nella morte, sì che noi, morti, aviamo avuta la vita per l'unione sua, poi che Dio fu innestato ne l'uomo, sì che Dio e Uomo è corso come inamorato all'obrobiosa morte de la croce. In su questo arbolo si volse innestare questo Verbo incarnato, e non l'à tenuto né chiovi né croce, ma l'amore: però che non erano sofficienti a tenere Dio e Uomo.

Elli è quello maestro salito in catreda a insegnarci la dottrina de la verità, che l'anima che la seguita non può cadere in tenebre. Elli è la via unde andiamo a questa scuola, cioè seguitare l'operazioni sue. Così disse elli: «Io so' via, verità e vita» (Jn 14,6), e così è veramente, padre, ché colui che seguita questo Verbo, per ingiurie, per strazii e scherni, con obrobii pena e tormenti, con la vera e santa povertà, umile e mansueto a sostenere ogni ingiuria e pena con vera e buona pazienzia, imparando da questo maestro che n'è via - però che elli l'à fatta e tenuta, osservata in sé medesimo -, rende ad ognuno bene per male, e questa è la dottrina sua.

Bene vedete con quanta pazienzia elli à portate e porta le nostre iniquitadi, che pare che faccia vista di non vedere: bene che, quando verrà el punto e 'l termine de la morte, allora mostrarà che elli abbi veduto, però che ogni colpa sarà punita e ogni bene sarà remunerato. Odi grande pazienzia, che non raguarda l'ingiurie che gli sono fatte! In su la croce ode el grido de' giuderi, che da l'uno lato gridano: «Crucifigge!» (Mt 27,23 Mc 15,13-14 Lc 23,21), e dall'altro che elli discenda de la croce (Mt 27,40-42 Mc 15,30-32); ed elli grida: «Padre, perdona!» (Lc 23,34), e non si muove punto perché dicano che elli scenda, ma persevera infine all'ultimo; e con grande letizia e grido (Lc 23,46) disse: "Consumatum est" (Jn 19,30).

Poniamo che ella paresse parola di tristizia, ella era di letizia a quella anima, consumata arsa nel fuoco de la divina carità, del Verbo incarnato del Figliuolo di Dio. Quasi voglia dire el dolce Gesù: «Io ò consumato e adempito ciò che è scritto di me; consumato è el desiderio penoso che io avevo di ricomprare l'umana generazione: godo ed essulto, ché io ò consumata questa pena, sì che ò adempita l'obedienzia posta dal Padre mio, de la quale avevo tanto desiderio di compire». O maestro dolce, bene ci ài insegnata la via e la dottrina, bene dicesti verità che tu eri via verità e vita, però che colui che seguita la via e la dottrina tua, elli non può avere in sé morte, ma riceve in sé vita durabile: che non è dimonio né creatura né ingiuria ricevuta che gli 'l possa tòllare, se elli non vuole.

Vergognisi vergognisi l'umana superbia dell'uomo, piacimento e amore proprio di sé medesimo, di vedere tanta bontà di Dio abbondare in lui, tante grazie e benefizii ricevare per grazia e non per debito. Non pare che lo stolto uomo senta né vegga tanto caldo e calore d'amore, ché, se fussimo di pietra, doveremmo già essere scoppiati. Oimé oimé, disaventurata a me, non ci so vedere altra cagione se non che l'occhio del cognoscimento non si vòlle a raguardare in suso l'arbolo de la croce, dove si manifesta tanto caldo d'amore, dolce e soave dottrina, piena di frutti che danno vita; dove è larghezza, in tanto che à uperto e stracciato el corpo suo: per larghezza à svenato sé medesimo, e fattoci bagno e battesmo del sangue suo, el quale battesmo ogni dì potiamo e doviamo usare con grande amore e continua memoria. Ché, sì come nel battesmo dell'acqua si purifica del peccato originale e - dàlle la grazia -, così nel sangue lavaremo le nostre iniquitadi e impazienzia; morràvi ogni ingiuria, e non la terrà a mente né vorrà vendicarla, ma ricevaremo la plenitudine de la grazia, la quale grazia el menarà per la via dritta detta.

Dico che, vedendo, l'anima non si può tenere che al tutto none anieghi e uccida la sua perversa volontà sensitiva, che sempre ribella a sé e al suo Creatore; ma, come inamorato de l'onore di Dio e de la salute de la creatura, non raguardarà sé: farà come l'uomo che ama, che il cuore e l'affetto suo non sarebbe trovato in sé, ma in quello che elli à posto l'amore suo. Ed è di tanta virtù l'amore, che di colui che ama e de la cosa amata sì fa uno cuore e uno affetto; e quello che ama l'uno, ama l'altro: se vi fusse altra divisione d'amore, non sarebbe perfetto. E spesse volte ò veduto che quello amore che avaremo ad alcuna cosa - o per nostra utilità o per alcuno diletto che noi trovassimo o piacere - non si cura, per venire ad effetto, né di villania né d'ingiuria né di pena che ne sostenga; non raguarda alla fadiga, ma raguarda solo d'adempire la sua volontà de la cosa che elli ama.

O padre carissimo, non ci lassiamo fare vergogna a' figliuoli de la tenebre: grande confusione è a' figliuoli de la luce, cioè a' servi di Dio che sono eletti e tratti del mondo, e singularmente a' fiori e colonne che sono posti nel giardino della santa Chiesa. Voi dovete essere fiore odorifero e non puzzolente, vestito di bianchezza di purità, con odore di pazienzia e con ardentissima carità, largo e liberale e none stretto, imparando da la prima verità, che per larghezza dié la vita. Or questo è quello odore che dovete gittare alla sposa dolce di Cristo, che si riposa in questo giardino. O quanto si diletta questa dolce sposa in queste dolci e reali virtù! Costui l'è figliuolo legittimo, e però ella el pasce e notrica al petto suo dandoli el latte de la divina grazia, la quale è atta e sufficiente a darci la vita dell'etterna visione di Dio. Così disse Cristo a Pavoloccio: «Bastiti, Pavolo, la grazia mia» (2Co 12,9).

Dico che sete colonna posto a guardare el luogo di questa sposa; non dovete essere debile ma forte, ché la cosa debile, ogni piccolo vento che venisse, o per tribolazioni, o per ingiuria che ci fusse fatta, o per troppa abondanzia di prosperità e delizie o grandezze del mondo, l'uno vento e l'altro la farebbe cadere. Io voglio dunque che siate forte, poi che Dio v'à fatta colonna nella Chiesa sua. Àcci modo da fortificare la nostra debilezza? sì bene, con l'amore; ma non sarebbe ogni amore atto a fortificarci: non sarebbe lo stato né ricchezza, né le superbie nostre, né ira né odio contra coloro che ci fanno ingiuria, né essere amatore di veruna cosa creata fuore di Dio. Questo così-fatto amore, non tanto che elli ci dia forza, ma elli ci tolle quella che noi abbiamo; e tanto è misero miserabile che conduce l'uomo a la più perversa servitudine che possa avere: fallo servo e schiavo di quella cosa che non è, e tollesi la dignità e la grandezza sua; ed è cosa ragionevole che ne sostenga pena, però che esso medesimo s'è privato di Dio.

Adunque non è da fare altro, se non di ponare l'affetto e 'l desiderio suo e l'amore in cosa più forte di noi, cioè in Dio, dunde noi aviamo ogni fortezza. Elli è lo Dio nostro, che ci amò senza essere amato; subbito che l'anima à trovato e gustato sì dolce amore, forte sopra ogni forte, ad altro non si può acostare né desiderare se non lui: fuore di lui non cerca né vuole cavelle. Costui è allora forte, perché s'è appoggiato e legato in cosa ferma e stabile, che mai non si muta per veruna cosa ch'avenga; sempre seguita le vestigie e i modi di colui che elli ama, però che elli è fatto uno cuore e una volontà con lui. Vede che sommamente Cristo si dilettò d'ogni pena e viltà: poniamo che fusse Figliuolo di Dio, non di meno, come Agnello umile mansueto e dispetto, conversò con gli uomini. (Però si dilettano i servi suoi di questa via; odiano e dispiace-lo' e fugono tutto el contrario: costoro sono fatti una cosa con lui, amano quello che Dio ama e odiano quello che Dio odia; ricevono tanta fortezza che veruna cosa lo' può nuociare. Fanno costoro come veri cavalieri, che non veggono mai apparire tanta tempesta che se ne curino.) Non teme, perché non si confida in sé, ma tutta la speranza e fede sua è posta in Dio cui elli ama, perché vede che è forte, e vuole e puollo sovenire. Allora dice con grande umilità con santo Paulo: «Per Cristo crucifisso ogni cosa potrò, che è in me, che mi conforta (Ph 4,13)».

Or non più dormire, padre: poi che sete colonna debile per voi, inestatevi in su l'arbolo de la croce, legatevi per affetto e per smisurata ineffabile carità nell'Agnello svenato, che da ogni parte del corpo suo versa sangue. Rompinsi questi cuori: non più durizia, non più negligenzia, che 'l tempo non dorme, ma sollicitamente fa el corso suo. Facciamo mansione insieme con lui per amore e santo desiderio; non ci bisogna poi più temere. Questo è quel santo e dolce remedio, che la creatura cognosca sé medesimo none essere, che sempre si vede fare quella cosa che non è, cioè el peccato: ogni altra cosa à da Dio. E come à cognosciuto sé, ed elli cognosce la bontà di Dio in sé: cognoscendolo, lui ama e sé odia, non sé in quanto creatura, ma in quanto si vede ribello al suo Creatore. Andando con questo santo e vero cognoscimento, non erra la via, ma va virilmente, però che elli è unito e transformato in colui che è via verità e vita, e àllo sì fortificato che né dimonio né creatura gli può tòllare la sua fortezza, sì s'è fatto una cosa con lui. Or questo è el mio desiderio, di vedervi legato in questo dolce e forte legame.

A questo me n'avedrò - ed è uno de' principali segni che noi abbiamo, che ci manifesti d'essere legati e discepoli di Cristo -, se noi rendiamo bene per male; altrimenti saremmo in istato di dannazione. Molto è spiacevole a Dio d'ogni creatura, ma spezialmente ne' vostri pari, che sete posti per specchio nella santa Chiesa, dove i secolari si specchiano. Bene dovaremmo raguardare che elli è maggiore la ingiuria che noi facciamo per li nostri peccati a Dio che è infinito, che la ingiuria che c'è fatta per la creatura che è finita, e nondimeno vogliamo che elli ci perdoni e faccia pace con essonoi, e vorremmo che facesse vista di non vedere l'offese nostre. Così doviamo fare noi verso i nemici nostri, e così vi prego e constringo da parte di Cristo crucifisso che facciate, per onore di Dio e salute vostra. Non dico più. Perdonate alla mia ignoranzia, ché per l'abbondanzia del cuore la lingua favella troppo (Mt 12,34 Lc 6,45).

Pregovi, per quello amore ineffabile, che voi mi siate uno campione nella santa Chiesa, cercando sempre de l'onore di Dio ed essaltazione sua, e non di voi medesimo, sì come mangiatore e gustatore dell'anime. Studiatevi di fare ciò che potete, pregando il padre santo che tosto ne venga e non tardi più. Confortatelo a ratto levare el gonfalone de la santissima croce e andare sopra gl'infedeli, a ciò che la guerra che è tra' cristiani vada sopra di loro; e non temete per veruna cosa che vedeste apparire, ché l'aiuto divino è presso da noi.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio.



102

A frate Ramondo da Capova dell'ordine de' Predicatori.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi sposo vero de la verità e seguitatore e amatore d'essa verità.

Ma non veggo el modo che potiamo gustare e abitare con questa verità, se noi non cognosciamo noi medesimi, però che nel cognoscimento di noi, in verità, cognosciamo noi non essere, ma troviamo l'essere nostro da Dio, vedendo che elli ci à creati alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26). E nel cognoscimento di noi troviamo ancora la recreazione che Dio ci fece, recreandoci a grazia nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo; el quale sangue ci manifesta la verità di Dio padre. La verità sua fu questa: che elli ci creò per gloria e loda del nome suo, e perché noi participassimo l'etterna bellezza sua, perché fussimo santificati in lui. Chi cel dimostra, che questo sia la verità? El sangue dello immaculato Agnello. Dove troviamo questo sangue? Nel cognoscimento di noi.

Noi fummo quella terra dove fu fitto el gonfalone della croce; noi stemmo come vasello a ricevere el sangue dell'Agnello, che corriva giù per la croce. Perché fummo noi quella terra? Perché terra non era sufficiente a tenere ritta la croce; anco, averebbe la terra refiutata tanta ingiustizia; né chiovo era sufficiente a tenerlo confitto e chiavellato, se l'amore ineffabile che elli aveva alla salute nostra non l'avesse tenuto. Sì che l'affocata carità verso l'onore del Padre e salute nostra el tenne: adunque fummo noi quella terra che tenemmo ritta la croce, e siamo el vaso che ricevemmo el sangue.

Chi cognosciarà e sarà sposo di questa verità, trovarà nel sangue la grazia, la ricchezza e la vita della grazia; e trovarà ricoperta la nudità sua; e vestito del vestimento nuziale del fuoco de la carità - intriso e impastato sangue e fuoco, el quale per amore fu sparto e unito con la Deità -, nel sangue si pasciarà e notricarà di misericordia. Nel sangue dissolve la tenebre e gusta la luce, però che nel sangue perde la nuvila dell'amore proprio sensitivo, e il timore servile che dà pena; e riceve timore santo e sicurtà nel divino amore, el quale à trovato nel sangue.

Ma chi non sarà trovato amatore della verità, non la cognosciarà nel cognoscimento di sé e del sangue.

Che elli vada schiettamente - e senza frasche o novelle o timore servile -, e senza el lume della fede viva, non solamente in parole, ma che basti d'ogni tempo - cioè nell'aversità come nella prosperità, e nel tempo della persecuzione come della consolazione; e per neuna cosa diminuisca la fede e 'l lume suo, però che la verità à fatto cognoscere nella verità, e non tanto per gusto, ma per pruova -, dico che se questo lume e questa verità non sarà trovata nell'anima, non sarà però che non sia vasello che abbi ricevuto el sangue, ma per suo giudicio e sua confusione - in tenebre e dinudato del vestimento della grazia - ricevarà giustizia: non per difetto del sangue, ma perché esso spregiò el sangue e, come acecato dal proprio amore, non vidde né cognobbe la verità nel sangue, onde l'à ricevuto in ruina; e con grande amaritudine è privato dell'allegrezza del sangue, e della dolcezza e del frutto del sangue, perché esso non cognobbe sé né il sangue in sé, e però non fu sposo fedele della verità.

Adunque v'è bisogno di cognoscere la verità, a volere essere sposo della verità. Dove? Nella casa del cognoscimento di voi medesimo, cognoscendo l'essere vostro avere da Dio per grazia, e non per debito; e in voi cognoscere la recreazione che v'è data, cioè d'essere recreato a grazia nel sangue dell'Agnello, e ine bagnarvi, e annegare e uccidere la propria volontà. In altro modo non sareste sposo fedele della verità, ma infedele. E però dissi che io desideravo di vedervi sposo vero della verità.

Annegatevi dunque nel sangue di Cristo crocifisso, e bagnatevi nel sangue, e inebbriatevi del sangue, e saziatevi di sangue, e vestitevi di sangue.

E se fuste fatto infedele, ribattezzatevi nel sangue; se el dimonio v'avesse offuscato l'occhio de l'intelletto, lavatevi l'occhio col sangue; se fuste caduto nella ingratitudine de' doni non cognosciuti, siate grato nel sangue; se fuste pastore vile, senza la verga della giustizia condita con prudenzia e misericordia, traetela del sangue; e con l'occhio dell'intelletto vederla dentro nel sangue, e con la mano dell'amore pigliarla, e con ansietato desiderio stregnarla; e nel caldo del sangue dissolvere la tepidezza; e nel lume del sangue caggia la tenebre: a ciò che siate sposo della verità e pastore vero e governatore delle pecorelle che vi sono messe tra le mani, e amatore de la cella dell'anima e del corpo, quanto v'è possibile nello stato vostro. Se starete nel sangue, el farete; e se no, no. E però vi prego, per amore di Cristo crocifisso, che voi el facciate. E spogliatevi d'ogni creatura, e io sia la primaia; e vestitevi per affetto d'amore di Dio, e d'ogni creatura per Dio: cioè d'amarne assai, e conversarne pochi, se non in quanto si vede adoperare la salute dell'anime.

E così farò io, quanto Dio mi darà la grazia; e di nuovo mi voglio vestire di sangue, e spogliarmi ogni vestimento che io avesse avuto per infine a qui. Voglio sangue; e nel sangue satisfo e satisfarò all'anima mia. Ero ingannata quando la cercavo nelle creature, sì che io voglio nel tempo della solitudine acompagnarmi nel sangue; e così trovarò el sangue e le creature; e berò l'affetto e l'amore loro nel sangue.

E così nel tempo della guerra gustarò la pace, e nell'amaritudine la dolcezza; e nell'essere privata delle creature e della tenerezza del padre, trovarò el Creatore e il sommo ed etterno Padre. Bagnatevi nel sangue e godete, che io godo per odio santo di me medesima. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



103

A Benuccio di Piero e Bernardo di missere Uberto de' Belforti da Volterra.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi el cuore e l'affetto e l'anima vostra pacificata con Cristo crocifisso, altrimenti non potreste participare la divina grazia.

Voi sapete, figliuoli miei, che solo el peccato è quello che fa cadere l'uomo ne la guerra col suo Creatore.

In che modo dunque potremo fare questa pace, poiché siamo caduti ne la guerra mortale per le colpe nostre? Condannati siamo alle pene etternali, se pace non ci à; io voglio dunque che procacciamo el modo, poiché siamo caduti in tanto pericolo e danno dell'anima e del corpo: modo non ci veggo altro che uno, cioè quello santo modo che tenne Dio verso di noi, quando per lo peccato d'Adam tutta l'umana generazione cadde in guerra con Dio.

Volendo la misericordia di Dio fare pace con l'uomo, de la colpa si conveniva fare vendetta; mandocci el Verbo de l'unigenito suo Figliuolo come nostra pace e tramezzatore, e 'l Figliuolo di Dio prese le nostre iniquità, e punille sopra el corpo suo, sì come nostra pace e tramezzatore che elli fu. E dove le punisce? In su la penosa dolorosa e obrobiosa morte della croce. Sì che vedete che Dio col mezzo del suo Figliuolo à fatto pace con l'uomo; ed è sì perfetta questa pace, e sì compita, che - poniamo che l'uomo ricaggia in guerra per lo suo peccato e difetto - elli à lassato el sangue, el quale sangue riceviamo nella santa confessione, e ogni dì el potiamo usare e avere tanto quanto piace a noi.

Poiché tanto di grazia e misericordia aviamo ricevuta da Dio, non voglio che siamo ingrati né scognoscenti, ma voglio che seguitiate le vestigie di Cristo crocifisso, acciò che voi vi potiate pacificare con lui seguitando le sue vestigie, come detto è; altrimenti stareste in continua dannazione. Io ò detto che Dio col mezzo del Figliuolo suo, e 'l Figliuolo col sangue, ci à tolta la guerra e data la pace; così dico io a voi che col mezzo della virtù vi converrà levare la guerra e fuggire l'etterna dannazione, altrimenti sareste confusi in questa vita e nell'altra.

Ma io voglio che voi sappiate che né amare Dio, né virtù si può avere nell'anima senza el mezzo del prossimo suo, perché l'amore e le virtù si truovano nel prossimo. Come? Dicolo: non posso, l'amore che io ò al mio Creatore, mostrarlo in lui, perché a Dio non si può fare utilità; conviemmi dunque pigliare el mezzo della sua creatura, e a la creatura sovenire e fare quella utilità che a Dio fare non posso. Però disse Cristo a santo Pietro dimandandolo: «Pietro, àmimi tu?», ed elli rispondendo: «Sì», e Cristo rispose e disse: «Pasce le pecorelle mie» (Jn 21,15-17); quasi dica: «Dell'amore che tu mi porti, non puoi fare a me bene; fanne dunque bene al prossimo tuo». Sì che vedete che col mezzo ci conviene pacificare de la grande guerra che aviamo con Dio: sopra questo mezzo acquistarete voi el mezzo de la virtù, la quale virtù io vi dissi che era quello dolce e glorioso mezzo el quale tolle ogni guerra e tenebre dell'anima. Ma tenete a mente che questa virtù s'acquista e si truova nell'amore del prossimo suo - amando amici e nemici per Cristo crocifisso -, e per spegnare in sé el fuoco dell'odio e dell'ira che avesse nel fratello suo. La virtù de la carità e de l'umilità si truova e s'acquista solo in amare el prossimo per Dio, perché l'uomo umile e pacifico caccia l'ira e l'odio del cuore suo verso el nemico. La carità cacciarà l'amore proprio di sé e dilargarà el cuore con una carità fraterna, amando amici e nemici, per amore de lo svenato consumato Agnello, come sé medesimo; daragli una pazienzia contra ogni ingiuria che gli fusse detta o fatta, una fortezza dolce in sapere portare e soportare i difetti del prossimo suo.

Allora l'anima, che sì dolcemente à acquistata la virtù avendo seguitate le vestigie del suo salvatore, rivolle tutto l'odio che aveva al prossimo suo verso sé medesimo, odiando i vizii e difetti e peccati che à commessi contra al suo Creatore, bontà infinita. E però elli ne vuole fare vendetta di sé, e punirli sopra la parte sensitiva sua: cioè che, come secondo la sensualità e vivere mondano elli appetisce odio e vendetta del prossimo suo, così la ragione ordenata in perfetta e vera carità vuole fare el contrario, volendo amare e pacificarsi con lui (così tutti quanti e' vizii ànno per contrario le virtù). E questa è quella virtù che fa pacificare l'anima con Dio - con la virtù vendica l'ingiuria che egli à fatta -: però vi dissi che io desideravo di vedere el cuore e l'affetto vostro pacificato col vostro Creatore. Questa è la via, e neuna altra ce n'à.

Io, figliuoli miei, avendo desiderio de la salute vostra, vorrei che 'l coltello dell'odio fusse tolto da voi, e non faceste come gli stolti e matti; ché, volendo percuotare altrui, percuote sé, ed elli è el primo morto, però che colui che sta nell'odio mortale volendo uccidere el suo nemico, elli s'à dato prima per lo petto a sé, perché la punta dell'odio gli è fitta per lo cuore, el quale l'à morto a grazia. Non più guerra, per l'amore di Cristo crocifisso; non vogliate tenere in tormento l'anima e 'l corpo. Abbiate timore del divino giudicio, el quale è sempre sopra di noi. Non voglio dire più di questo; e dell'altre materie che s'appartengono alla salute vostra vi dirò a bocca.

Ma ora vi prego e vi costringo, da parte di Cristo crocifisso, di due cose: l'una è che io voglio che facciate pace con Dio, e co' nemici vostri; altrimenti non la potreste fare co' la prima e dolce Verità, se prima non la faceste col prossimo vostro. L'altra si è che non vi sia fadiga a venire un poco infine a me el più tosto che voi potete. Se non che a me è tanto malagevole el venire, io verrei a voi. Altro non dico.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



104

A frate Ramondo da Capova dell'ordine de' Predicatori.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dolcissimo padre, e negligente e ingrato figliuolo, in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi con vera e perfetta sollicitudine ad acquistare e conservare le virtù: però che senza la sollicitudine l'anima non la truova; né quella che elli à anco conserva.

L'amore è quella cosa che fa el cuore sollicito, e muove e' piei dell'affetto ad andare nel luogo dove si truova la virtù; l'anima, dunque, che non è sollicita, segno è che non ama. Convienci dunque amare virilmente e schiettamente, e senza mezzo o della propria sensualità o d'alcuna creatura che abbi in sé ragione; e per giognere a questo dolce amore ci conviene aprire l'occhio dell'intelletto, e cognoscere e vedere quanto siamo amati da Dio. Ma ad avere questo cognoscimento, ci conviene andare co' piei dell'affetto nella casa del vero cognoscimento di noi, però che nel cognoscimento di noi si concepe l'odio verso la propria sensualità, e concepesi amore verso di Dio per la inestimabile sua carità, che à trovata dentro da sé.

Allora el cuore subbito si leva con uno stimolo d'affocato desiderio, e va cercando in che modo elli possa più perfettamente spendere el tempo suo - parendoli sempre avere caro del tempo, perché nel tempo si vede acquistare el tesoro e perdere, secondo che gli piace -, vedendo che in neuno modo può giognere a vera virtù, se non col mezzo della carità del prossimo. La quale carità trasse del cognoscimento di Dio (però che nella bontà di Dio vidde e cognobbe che el suo smisurato amore non si distendeva pur a lui, ma ad ogni creatura che à in sé ragione, ad amici e a nemici - poniamo che s'ami più l'uno che l'altro, secondo che si truova l'affetto de la virtù -): e 'l virtuoso ama per amore de la virtù, e in quanto elli è creatura; e lo ingiusto e iniquo peccatore s'ama sì perché elli è creato da Dio, e sì perché elli si parta dal vizio, e venga alla virtù: e così diventa gustatore e mangiatore dell'anime per onore di Dio; e per trare l'anime delle mani delle dimonia si darebbe alla morte. E con sollicitudine fura el tempo a sé, cioè alla propria consolazione, di qualunque consolazione si vuole, o nuova o vecchia che sia, e dàllo al prossimo suo.

E però fu detto a quella serva di Dio, dicendo ella: «Signore mio, che vuoli tu che io facci?», ed elli rispose: «Dà l'onore a me, e la fadiga al prossimo tuo». «E che fadiga gli do?» «Dàgli fadiga corporale e mentale». Fadiga mentale è di santo desiderio, e offerire sante umili e continue orazioni, con allegrezza de' virtuosi e con dolore di quelli che giacciono nella morte de' peccati mortali; sostenendo con vera pazienzia gli scandali le infamie e mormorazioni loro, le quali danno a noi; non ritardando per alcuna cosa l'orazione, e l'affocato desiderio, fame e sollicitudine della salute loro. Allora si conforma l'anima con Cristo crucifisso, mangiando questo cibo in su la penosa e ansietata croce del desiderio di Cristo, che fu maggiore e più penosa che quella del corpo.

Dico che vuole gli sia data fadiga corporale: questo è quando ci affadighiamo corporalmente in servizio del prossimo, servendolo di qualunque servizio si sia; patendone noi disagi e pene corporali. E alcuna volta Dio permette che sosteniamo da loro delle percosse, e fame e sete e molta persecuzione, sì come facevano i santi martiri che sostenevano pena e grandi tormenti; ma elli è tanta la nostra imperfezione che noi non siamo ancora degni di giognere a tanto bene quanto è essere perseguitati per Cristo. Or per questo modo doviamo dare la fadiga al prossimo e l'onore a Dio, e fare e adoperare ogni cosa a gloria e loda del nome suo, però che altrimenti le fadighe nostre non portarebbero frutti di vita, ma in questa vita gustaremmo l'arra della morte etternale. In Dio concepete l'amore, in cercare l'onore suo e la salute dell'anime; e nel prossimo si pruova l'amore conceputo, nella virtù della pazienzia.

O pazienzia, quanto se' piacevole! O pazienzia, quanta speranza dai a chi ti possede! O pazienzia, tu se' reina, che possedi, e non se' posseduta da l'ira.

O pazienzia, tu fai giustizia della propria sensualità, quando volesse mettere el capo fuore dell'ira. Tu porti teco un coltello di due tagli per tagliare e dibarbicare l'ira e la superbia, e 'l mirollo della impazienzia, cioè, dico, due tagli: odio e amore.

El vestimento tuo è vestimento di sole (Ap 12,1), col lume del vero cognoscimento di Dio e col caldo della divina carità, che gitta raggi co' quali percuoti coloro che ti fanno ingiuria, gittando lo' carboni di fuoco, acesi di carità, sopra e' capi loro (Rm 12,20 Pr 25,22); el quale arde e consuma l'odio del loro cuore: sì che, pazienzia dolce fondata in carità, tu se' quella che fai frutto nel prossimo, e rendi onore a Dio. Elli è ricuperto di stelle di varie e diverse virtù; però che pazienzia non può essere nell'anima senza le stelle di tutte le virtù, con la notte del cognoscimento di sé, che quasi pare uno lume di luna. E doppo el cognoscimento di sé medesimo viene el dì, col grande lume e caldo del sole, el quale è el vestimento della pazienzia, come detto è. Chi dunque non si inamorarebbe di così dolce cosa quanto è la virtù della pazienzia, cioè a sostenere per Cristo crucifisso? Portiamo, carissimo e dolcissimo padre, e non perdete el tempo; e studiatevi a cognoscere voi, a ciò che questa reina abiti nell'anima vostra, però che ella c'è di grande necessità, e così vi trovarete in croce con Cristo crucifisso, e notricaretevi del cibo suo, al quale Dio v'à chiamato ed eletto: e parravi essere in lume di luna, mentre che sosterrete, ma nel sostenere trovarete el lume del sole. L'anima vostra sarà resuscitata nella virtù, e conservaretela e cercaretela con più sollicitudine e perfezione, infine che sarete giunto al termine vostro; e conformaretevi con Cristo crucifisso, che sostenne pena e tormenti e obrobrio. Perché sostenne? Perché cognobbe la sapienzia di Dio che dell'offesa fatta al Padre doveva seguitare la pena.

L'uomo era indebilito, e non poteva satisfare, e però satisfece elli con affocato amore, non essendo in lui veleno di peccato.

In questo seguitarete le vestigie sue: se sarete virtuoso, sostenendo ingiustamente, cioè in none avere offesi coloro che ci fanno ingiuria; ché in quanto da la parte di Dio, sempre la riceviamo giustamente, però che sempre l'offendiamo. Poiché Cristo à sostenuto infine alla morte, ed elli resuscita glorioso; così noi e gli altri servi di Dio, che sostengono con pena infine alla morte della propria sensualità: quando la propria sensualità è morta, l'anima allora n'esce resuscitata a grazia, e à atterrato el vizio, gloriosa con la reina della pazienzia. E col vestimento della pazienzia, che è detto di sopra, persevera infine all'ultimo che sale in cielo. Bene che tutte le virtù, di fuore dalla carità che è el vestimento della pazienzia, rimangono tutte di sotto, ed ella entra dentro come donna, non di meno ella trae a sé el frutto di tutte quante le virtù, e singularmente el frutto della pazienzia, però che ella è tutta incorporata nella carità: anco, è el mirollo della carità, però che s'è manifestata vestita d'amore, e non innuda. (Però che pazienzia senza carità già non sarebbe virtù).

Ma perché l'amore vero e perfetto è nell'anima, à mostrato el segno del sostenere pene e oprobio, scherni e villania; tentazioni dal dimonio e lo stimolo de la carne; le lingue de' mormoratori e le lusinghe del cuore doppio - che à una in cuore e un'altra mostra in lingua -: e tutte l'à passate con vera e santa pazienzia, e con vera sollicitudine di servire a Dio e al prossimo suo. Ed è fatto abitatore della cella del cognoscimento di sé, ne la quale cella sta la cella del cognoscimento della bontà di Dio in sé: ine ingrassa e ine si diletta. Nella sua mangia con pena el cibo dell'anime; e così à posta la mensa in su la croce. Ne la gloria e loda del nome di Dio si riposa; e ine à fatto el letto, e così à trovata la mensa e 'l cibo e 'l servidore, cioè lo Spirito santo, e l'onore del Padre etterno, dove si riposa. E poi che à trovata la cella dentro così dolcemente, ed elli la procaccia di fuore ancora, quanto gli è possibile.

Ricordivi, carissimo padre e negligente figliuolo, della dottrina di Maria, e di quella della prima dolce Verità. Sapete che vi conviene stare nel cognoscimento di voi, e offerire umili e continue orazioni. E convienvi studiare la cella, e cognoscere la verità e fuggire ogni conversazione, se non quella che è di necessità per salute dell'anime, per trarle delle mani de le dimonia con la santa confessione. Dilettatevi per questo co' publicani e co' peccatori; degli altri amatene assai e conversatene pochi.

Non dimenticate all'ora e a tempo suo l'offizio divino; né siate lento né negligente quando avete a fare e' fatti per Dio e in servizio del prossimo; ma, data che voi avete la fadiga, e voi fuggite in cella e non v'andate dilargando nelle conversazioni sotto colore di virtù. So' certa che se avarete perfetta sollicitudine e fame della virtù, che voi el farete; e non sarete senza memoria di non tenere a mente quello che v'è stato detto. Altrimenti nol fareste mai, né conservareste quello che avete, se la sollicitudine non ci fusse. E però vi dissi che io desideravo di vedervi con vera e perfetta sollicitudine. Ò speranza in quella dolce madre Maria, che adempirà il desiderio mio.

Perdete voi medesimo e cercate solo Cristo crucifisso, e non veruna altra creatura. Pregate quelli gloriosi Paulo e Pietro che mi dieno grazia, a me e agli altri povarelli figliuoli, che ci anneghiamo nel sangue di Cristo, e vestianci della sua dolce verità. E me, se elli è la volontà sua, tragga di questa tenebrosa vita, però che la vita m'è impazienzia, e la morte in grande desiderio. Confortatevi e godiamo ed essultiamo; ché la allegrezza nostra sarà piena in cielo. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 101