Caterina, Lettere 113

113

Alla contessa Bandecca figliuola di Giovanni d'Agnolino de' Salimbeni.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti fondata in vera e perfetta carità; la quale carità è uno vestimento nuziale che ricuopre ogni nostra nudità, e nasconde le vergogne nostre - cioè el peccato el quale germina vergogna lo spegne e consuma nel suo calore -; e senza questo vestimento non potiamo intrare alla vita durabile, a la quale noi siamo invitati (Mt 22,2 Mt 22,11-12).

Che è carità? è uno amore ineffabile che l'anima à tratto dal suo Creatore, amandolo con tutto el cuore, con tutto l'affetto e con tutte le forze sue (Mt 22,37 Mc 12,30 Lc 10,27). Dissi che l'aveva tratto dal suo Creatore: e così è la verità. Ma come si trae? con l'amore, però che l'amore non s'acquista se non con l'amore e da l'amore. Ma tu mi dirai, carissima figliuola: «Che modo mi conviene tenere a trovare e acquistare questo amore?» Rispondoti, per questo modo: ogni amore s'acquista col lume, però che la cosa che non si vede non si cognosce; unde non cognoscendosi non s'ama. Convienti dunque avere el lume, a ciò che tu vegga e cognosca quello che tu debbi amare. E perché el lume c'era necessario, providde Dio alla nostra necessità, dandoci el lume dell'intelletto, che è la più nobile parte dell'anima, con la pupilla, dentrovi, della santissima fede. E dicoti che, poniamo che la persona offenda el suo Creatore, non passa però né vive senza amore, né senza el lume; però che l'anima, che è fatta d'amore e creata per amore alla imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26), non può vivere senza amore, né amarebbe senza el lume, unde, se vuole amare, sì conviene che vegga.

Ma sai che vedere è, e che amore, quello delli uomini del mondo? è uno vedere tenebroso e oscuro, e per la oscura notte non discerne la verità; ed è uno amore mortale, però che dà morte nell'anima, tollendole la vita della grazia. Perché è oscuro? Perché s'è posto nella oscurità delle cose transitorie del mondo, avendosele poste dinanzi a sé fuore di Dio, cioè che non le raguarda nella sua bontà, ma solo le raguarda per diletto sensitivo; el quale diletto e amore sensitivo mosse lo intelletto a vedere e cognoscere cose sensitive. Unde questo affetto che si notrica del lume dell'intelletto - poniamo che l'affetto prima el movesse, come detto è - le dà morte, commettendo la colpa, e tollele la vita della grazia; però che neuna cosa si può amare né vedere fuore di Dio, che non ci dia morte; e però quello che s'ama, si die amare in lui e per lui: cioè ricognoscere sé e ogni cosa dalla sua bontà. Sì che vedi che questi ama e vede; però che senza amare e senza vedere non può vivere.

Ma è differente l'amore delli uomini del mondo, el quale dà morte, da l'amore del servo di Dio, che dà vita: però che l'amore che s' acquista dal sommo e etterno amore dà vita di grazia. Poi dunque che à el lume che à l'occhio dell'intelletto, debbalo aprire col lume della santissima fede, e ponarsi per obiecto l'amore inestimabile el quale Dio ci à. Allora l'affetto, vedendosi amare, non potrà fare che non ami quello che lo intelletto vidde e cognobbe in verità.

O carissima figliuola, e non vedi tu che noi siamo uno arbore d'amore, perché siamo fatti per amore? Ed è sì bene fatto questo arbore, che non è alcuno che el possa impedire che non cresca, né tollargli el frutto suo, se elli non vuole; e àgli dato Dio a questo arbore uno lavoratore che l'abbi a lavorare, secondo che gli piace; e questo lavoratore è el libero arbitrio. E se questo lavoratore l'anima non l'avesse - la quale t'ò posta per uno arbore - non sarebbe libera; e non essendo libera, avarebbe scusa del peccato: la quale non può avere, però che neuno è, né il mondo né il demonio né la fragile carne, che costrignere la possa a colpa alcuna, se ella non vuole. Però che questo arbolo à in sé la ragione, se il libero arbitrio la vuole usare; e à l'occhio dello intelletto che vede e cognosce la verità, se la nebbia dell'amore proprio non glili offusca. E con questo lume vede dove debba essere piantato l'arbore, però che, se nol vedesse e non avesse questa dolce potenzia dell'intelletto, el lavoratore avarebbe scusa, e potrebbe dire: «Io ero libero; ma io non vedevo in che io potesse piantare l'arbore mio, o in alto o in basso». Ma questo non può dire, però che à lo intelletto che vede, e la ragione, la quale è uno legame di ragionevole amore, con che può legarlo e innestarlo nell'arbore della vita, Cristo dolce Gesù. Debba dunque piantare l'arbore suo poi che l'occhio dell'intelletto à veduto el luogo, e in che terra elli debba stare a volere producere frutto di vita.

Carissima figliuola, se il lavoratore del libero arbitrio allora el pianta dove debba essere piantato, cioè nella terra della vera umilità - però che nol die ponere in sul monte della superbia, ma nella valle de l'umilità -, allora produce fiori odoriferi di virtù, e singolarmente producerà quello sommo fiore della gloria e loda del nome di Dio; e tutte le sue operazioni e virtù, le quali sono dolci fiori e frutti, ricevaranno odore da questo. Questo è quello fiore, carissima figliuola, che fa fiorire le virtù nostre, el quale fiore Dio vuole per sé, e il frutto vuole che sia nostro.

Di questo arbore elli vuole solamente questi fiori della gloria, cioè che noi rendiamo gloria e loda al nome suo; e il frutto dà a noi, però che elli non à bisogno di nostri frutti - perché a lui non manca alcuna cosa, però che elli è colui che è (Ex 3,14) -, ma noi, che siamo coloro che non siamo, n'aviamo bisogno. Noi non siamo per noi, ma per lui, però che elli ci à dato l'essere, e ogni grazia che aviamo sopra l'essere; sì che a lui utilità non potiamo fare. E perché la somma e etterna bontà vede che l'uomo non vive de' fiori, ma solo del frutto - però che del fiore morremmo, e del frutto viviamo -, però tolle il fiore per sé, e il frutto dà a noi. E se la ignorante creatura si volesse notricare di fiori, cioè che la gloria e la loda, che die essere di Dio, la desse a sé, sì gli tolle la vita della grazia, e dàgli la morte etternale, se elli muore che non si corregga: cioè che tolla el frutto per sé, e il fiore, cioè la gloria, dia a Dio. E poi che l'arbore nostro è piantato così dolcemente, elli cresce per sì-fatto modo che la cima dell'arbore, cioè l'affetto dell'anima, non si vede da creatura dove sia unito, se non l'occhio suo dell'intelletto, el quale l'à guidato, congiunto e unito con lo infinito Dio per affetto d'amore.

O figliuola carissima, io ti voglio dire in che campo sta questa terra, a ciò che tu non errassi: la terra è la vera umilità, come detto è; el luogo dove ella è, è il giardino chiuso (Ct 4,12) del cognoscimento di sé.

Dico che è chiuso però che l'anima che sta nella cella del cognoscimento di sé medesima, ella è chiusa e none aperta, cioè che non si dilata nelle delizie del mondo, e non cerca le ricchezze, ma povertà voluntaria; e non le cerca per sé né per altrui, e non si distende in piacere alle creature, ma solo al Creatore. E quando el demonio le desse laide e diverse cogitazioni con molte fadighe di mente e con disordenati timori, allora ella non s'apre, ponendoseli a investigare, né a volere sapere perché vengono, né a stare a contendere con loro; e non spande el cuore suo per confusione né per tedio di mente, né abandona gli essercizii suoi. Anco si serra e si chiude con la compagnia della speranza e col lume della santissima fede, e con l'odio e dispiacimento della propria sensualità, reputandosi indegna della pace e quiete della mente; e per vera umilità si reputa degna della guerra e indegna del frutto, cioè che si reputa degna della pena che le pare ricevere nel tempo delle grandi battaglie. E ponsi sempre per obiecto Cristo crucifisso, dilettandosi di stare in croce con lui; e col pensiero caccia il pensiero. Or questo è il dolce luogo dove sta la terra della vera umilità.

Poi che la cima, cioè l'affetto dell'anima che va dietro all'intelletto, come detto è, à cognosciuto l'obiecto di Cristo crucifisso, l'abisso e il fuoco della sua carità, el quale cognobbe in questo Verbo (però che per questo mezzo c'è manifestato l'amore che Dio ci à; e questo Verbo cognobbe nel cognoscimento di sé, quando cognobbe sé creatura ragionevole creata alla imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26), e recreata nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo), allora l'affetto sta unito nell'affetto di Cristo crucifisso; e con l'amore trae a sé l'amore, cioè con l'amore ordinato, che leva sopra il sentimento sensitivo, trae a sé l'amore affocato di Cristo crucifisso. Però che il cuore nostro, quando è inamorato d'uno amore divino, fa come la spugna, che trae a sé l'acqua, bene che se la spugna non fusse messa nell'acqua non la trarrebbe a sé, non ostante che la spugna sia disposta dalla parte sua. E così ti dico che se la disposizione del cuore nostro, el quale è disposto e atto ad amore, se il lume della ragione e la mano del libero arbitrio non il leva e congiugne nel fuoco della divina carità, non s'empie mai della grazia; ma se s'unisce, sempre s'empie. E però ti dissi che da l'amore e con l'amore si trae l'amore.

Poi che il vasello del cuore è pieno, e elli inacqua l'arbore con l'acqua della divina carità del prossimo, la quale è una rugiada e una piova che inacqua la pianta de l'arbore e la terra della vera umilità, e ingrassa essa terra e 'l giardino del cognoscimento di sé, però che allora è condito col condimento del cognoscimento della bontà di Dio in sé. Tu sai bene che se l'arbore non è inaffiato dalla rugiada e da la piova, e riscaldato dal caldo del sole, non producerebbe né maturerebbe il frutto, unde non sarebbe perfetto, ma imperfetto. Così l'anima, la quale è uno arbore come detto è, perché fusse piantato - e non inaffiato con la piova de la carità del prossimo e con la rugiada del cognoscimento di sé, e scaldato col caldo del sole della divina carità - non farebbe frutto di vita, né il frutto suo sarebbe maturo. Poi che l'arbore è cresciuto, e elli distende i rami suoi, porgendo del frutto al prossimo suo, cioè frutto di santissime umili e continue orazioni, dandoli essemplo di buona e santa vita. E anco gli distende sovenendolo, quando può, della sustanzia temporale, con largo e liberale cuore, schietto e non fincto - cioè che mostri una cosa in atto, e non sia in fatto -, ma schiettamente e con affettuosa carità el serve di qualunque servizio elli può e che vede che elli abbi bisogno, giusta al suo potere.

La carità non cerca le cose sue (1Co 12,5) e non cerca sé per sé, ma sé per Dio, per rendere i fiori della gloria e della loda al nome suo; e non cerca Dio per sé, ma Dio per Dio, in quanto è degno d'essere amato da noi per la bontà sua; e non ama né cerca né serve el prossimo suo per sé, ma solo per Dio, per renderli quello debito el quale a Dio non può rendere, cioè di fare utilità a Dio. Però che già ti dissi che a Dio utilità non potiamo fare, e però el fa Dio fare al prossimo suo, el quale è uno mezzo che c'è posto da Dio per provare la virtù, e per mostrare l'amore che aviamo al dolce e etterno Dio. Questa carità gusta vita etterna, consuma e à consumate tutte le nostre iniquità, e dacci lume perfetto con pazienzia vera; e facci forti e perseveranti in tanto che mai non volliamo el capo adietro a mirare l'arato (Lc 9,62), ma perseveriamo infine alla morte, dilettandoci di stare in sul campo della battaglia per Cristo crucifisso, ponendoci el sangue suo dinanzi a ciò che ci facci inanimare alla battaglia come veri cavalieri.

Adunque, poi che c'è tanto utile e necessaria e sì dilettevole questa carità, che senza essa stiamo in continua amaritudine, e riceviamo la morte, e sono scuperte le nostre vergogne, e nell'ultimo dì del giudicio siamo svergognati da tutto l'universo mondo, e dinanzi alla natura angelica e a tutti i cittadini della vita durabile - dove à vita senza morte, e luce senza tenebre, dove è la perfetta e la comune carità, participando e gustando el bene l'uno dell'altro per affetto d'amore -, è da abracciarla questa dolce reina e vestimento nuziale della carità, e con ansietato e dolce desiderio disponarsi alla morte per potere acquistare questa reina; e poi che l'aviamo, volere sostenere ogni pena - da qualunque lato elle vengano - infine alla morte, per poterla conservare e crescere nel giardino dell'anima nostra. Altro modo né altra via non ci veggo, e però ti dissi che io desideravo di vederti fondata in vera e perfetta carità.

Pregoti per l'amore di Cristo crucifisso che ti studi, quanto tu puoi, di fare questo fondamento; e non ti bisognarà poi temere di timore servile, né avere paura de' venti contrarii delle molestie del dimonio e delle creature, le quali tutti sono venti contrarii che vogliono impedire la nostra salute. Ma perché l'arbore posto nella valle non potrà essere offeso da' venti, sia umile e mansueta di cuore. Altro non ti dico.

Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



114

Ad Agnolino di Giovanni d'Agnolin de' Salimbeni.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero combattitore, e non schifare e' colpi come fa el vile cavaliere.

Figliuolo mio dolce, noi siamo posti in questo campo della battaglia e sempre ci conviene combattere; e d'ogni tempo e in ogni luogo noi abbiamo e' nemici nostri, e' quali assediano la città dell'anima: ciò sono la carne con disordenato diletto sensitivo, el mondo con l'onore e delizie sue, ed el dimonio con la sua malizia. El quale, per impedire el santo desiderio dell'anima, si pone con molti lacciuoli, o per sé medesimo o col mezzo della creatura, in su la lingua de' servi suoi, facendo dire parole piagentiere e di lusinghe o di minacce o di mormorazioni o di infamie: e questo fa per contristare l'anima e per farla venire a tedio nelle sante e buone operazioni.

Ma noi, come cavalieri virili, doviamo resistere, e guardare questa città, e serrare le porte de' disordenati sentimenti; e ponere per guardia el cane della conscienzia sì che, quando el nemico passa, sentendolo, abbai; e così destarà l'occhio dell'intelletto, e vedrà se elli è amico o nemico, cioè o vizio o virtù, che passi.

A questo cane si conviene dare bere e mangiare: bere se li conviene dare el sangue, e mangiare el fuoco, a ciò che si levi da la freddezza della negligenzia: e così diventarà sollecito. A te dico, figliuolo Agnolino, dàlli mangiare, a questo tuo cane della conscienzia, fuoco d'ardentissima carità, e bere el sangue dell'Agnello immaculato aperto in croce, el quale da ogni parte del corpo suo versa sangue. Perché noi abbiamo che darli bere, e facendo così sarà tutto rinvigorito; e sarete vero combattitore.

E tollete el coltello de l'odio e dell'amore, cioè odio e dispiacimento del vizio, e amore della virtù; e il nemico della carne nostra, che è el più pessimo e malvagio nemico che potiamo avere, sia ucciso, e il diletto suo, da questo coltello. E la conscienzia el faccia vedere all'occhio dell'intelletto, quanto è pericoloso questo nemico del diletto carnale che passa nell'anima, acciò che l'uccida. E raguardi la carne fragellata di Cristo crucifisso, a ciò che si vergogni di tenere in piacere e in diletto disordenato e in delizie el corpo suo.

E il demonio con le malizie e lacciuoli suoi, e' quali elli à tesi per pigliare l'anime, si sconfigga con la virtù della vera umilità: abbai questo cane della conscienzia, destando l'occhio de l'intelletto, e vegga quanto è pericoloso a credere agl'inganni suoi; e vòllasi a sé medesimo e cognosca l'uomo sé non essere, a ciò che non venga a superbia, però che l'umilità è quella che rompe tutti e' lacciuoli del dimonio. Bene averebbe da vergognarsi l'uomo d'insuperbire, vedendo sé non essere - e l'essere suo avere da Dio, e non da sé -, e vedere Dio umiliato a lui, però che per profonda umilità discese la somma altezza a tanta bassezza quanta è la carne nostra.

Questo dolce e inamorato Agnello, Verbo incarnato, ci dà conforto, però che da lui viene ogni conforto.

Perché elli è venuto come nostro capitano, e con la mano disarmata, confitta e chiavellata in croce, à sconfitti e' nemici nostri; e il sangue è rimaso in su el campo, per animare noi cavalieri a combattere virilmente e senza alcuno timore. El dimonio è diventato impotente per lo sangue di questo dolce Agnello, però che non ci può fare più che Dio permetta; e Dio non permette che ci sia posto maggiore peso che noi potiamo portare. La carne è sconfitta co' fragelli e tormenti di Cristo; e il mondo con l'oprobrio scherni villanie e vituperio; e la ricchezza con la povertà volontaria di Cristo crucifisso, però che la somma ricchezza è tanto povaro, che non à luogo dove posare el capo suo, stando in su el legno della santissima croce.

Quando el nemico de l'onore e stato del mondo vuole intrare dentro, fa', figliuolo, che gli abbai el cane della conscienzia tua, e desti la guardia dell'intelletto a ciò che vegga che stabilità o fermezza non à alcuno onore o stato del mondo. E da qualunque parte elle vengono, non ne truova punto, e voi el sapete, che l'avete veduto e provato. Poi voglio che voi vediate che el darsi disordenatamente a queste cose transitorie che passano come el vento, non ne seguita onore, ma vituperio, perché l'uomo si sottomette a cosa meno di sé, e serve a cose finite; ed elli è infinito, però che l'uomo non finisce mai a essere, perché finisca a grazia per lo peccato mortale. E però se noi vogliamo onore e riposo e sazietà, convienci servire e amare cosa maggiore di noi.

Dio è il nostro redentore, signore e padre, somma ed etterna bontà, degno d'essere amato e servito da noi; e per debito el doviamo fare, se vogliamo participare la divina grazia. Elli è somma potenzia e sazietà: elli è solo colui che sazia ed empie l'anima e fortifica ogni debile, sì che sta in pace e in quiete e in sicurtà, e d'altro non si può saziare. E per questa cagione è che ogni cosa creata è meno che l'uomo. Adunque lo spregiare del mondo è l'onore e la ricchezza dell'uomo, ma gli stolti e matti non cognoscono questo vero onore, ma reputanlo tutto el contrario.

Ma voi, come vero combattitore, levate voi sopra a' sentimenti vostri sensitivi, e cognoscete questa verità; e non vogliate credere a' malvagi e alli iniqui uomini, però che favella el dimonio per la bocca loro per impedire la vita e salute vostra, e per provocarvi ad ira e a contradire alla volontà di Dio. E però non credete a' consiglieri del dimonio, ma credete e rispondete allo Spirito santo che vi chiama. Traete fuore la disciplina dell'ardire, e con virile cuore rispondete a loro, e dicete che voi non sete colui che vogliate ricalcitrare a Dio, ché non potreste. So che v'è detto, e vi sarà, molto male della contessa da' fedeli e dagli altri, perché ella vuole essere serva e sposa di Cristo. Questi iniqui, per impedire liei e voi, vi porranno inanzi el timore ed e' suspetti; e porranno per vituperio e viltà quello che è il maggiore onore che avere potiate: però che non tanto che sia onore presente, ma l'onore e il ricordamento e memoria di voi sarà dinanzi a Dio e nel mondo infine all'ultimo fine, sopra tutti quanti e' vostri antecessori.

Stolti e matti a noi, che vogliamo pur ponere l'affetto la sollicitudine e la speranza nel fuoco della paglia! Grande fuoco si mostrò la prima volta che la sposaste; ma subbito venne meno, e non ne rimase altro che fummo di dolore. La seconda apparbe la materia del fuoco, ma non venne in effetto; però che venne el vento della morte e portollo via. Molto sarebbe semplice ella e voi, poiché lo Spirito santo la chiama, se ella non rispondesse. E à veduto che el mondo la rifiuta e cacciala a Cristo crucifisso. So' certa per la divina bontà, che voi non sarete quello che per neuno detto vi scordiate da la volontà di Dio; e non sarete corrente né ratto a' detti del mondo. Chiudete chiudete la bocca a' sudditi vostri, che non favellino tanto; e mostrate lo' el volto. Non dubbito che, se el cane della conscienzia non dorme, e l'occhio dell'intelletto, che voi 'l farete; ché in altro modo non sareste combattitore virile, anco mostrareste grandissima viltà contra el mio desiderio di vedervi virile. E però vi dissi che io desideravo di vedervi vero combattitore posto in questo campo della battaglia, e singolarmente in questa battaglia nuova che ora voi avete per la disposizione della contessa. El dimonio s'avede della perdita sua, e però vi fa dare tanta molestia alle creature. E però confortatevi e uccidete ogni parere del mondo, e viva in voi Cristo crucifisso. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



115

A madonna Isa, figliuola che fu di Giovanni d'Agnolino de' Salimbeni.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi sposa ferma e fedele, e che non vi volliate al vento come fa la foglia.

Non voglio che così si volla l'anima vostra, né il santo desiderio, per veruno vento contrario di veruna tribulazione o persecuzione che desse el mondo o il demonio, ma virilmente, con l'affetto de la virtù e de la perseveranzia e con la memoria del sangue di Cristo, le passate tutte; né per detto di neuna creatura si rimuova questo desiderio: ché giongono co' detti e con gl'iniqui consigli loro. Unde se voi sarete sposa fedele e ferma, fondata sopra la viva pietra, Cristo dolce Gesù, non perdarete el vigore, e la parola non verrà meno ne la bocca vostra; anco l'acquistarete, però che non debba diminuire la virtù né l'ardire in colui che desidera e vuole acquistare virtù, ma debba crescere. Ricordomi che secondo el mondo vi sete fatta temere, e messovi sotto i piedi ogni detto e piacere degli uomini - e questo è fatto solo per lo miserabile mondo -: non debba dunque avere meno vigore la virtù, ma per una lingua ne dovete avere dodici, e rispondere arditamente a' detti del demonio che vuole impedire la salute vostra.

E se terrete silenzio sarete ripresa nell'ultimo dì, e detto sarà a voi: maladetta sia tu che tacesti! E però non aspettate quella dura reprensione. So' certa che, se vorrete seguitare l'Agnello derelitto e consumato in croce, per la via de le pene scherni obbrobrii e villanie, che non terrete silenzio. Voglio dunque che seguitiate lo Sposo vostro Cristo; e con ardito e santo desiderio intrare a combattere in questa nuova battaglia, con perseveranzia infino a la morte, dicendo: «Per Cristo crucifisso ogni cosa potrò, el quale è in me che mi conforta» (Ph 4,13). Ora, all'entrata, sentite voi la spina, ma poi n'averete el frutto, e ricevarete gloria de la loda di Dio. Orsù virilmente, con una vera e santa perseveranzia, e non dubitate punto.

Del fatto dell'abito mi pare che sia da seguitare quello che lo Spirito santo per la bocca vostra dimandò, senza essere indutta da persona; e lassate menare le lingue a modo loro. Questo non vi scemarà la devozione del glorioso padre nostro santo Francesco, anco la crescerà; non di meno voi sete libera, poniamo che fusse più tosto defetto che no a tornare a dietro quello che è cominciato.

De' fatti de la contessa mi pare, se si potesse fare che ella venisse a la Rocca prima che io venisse, io credo che sarà bene. Poi faremo quello che lo Spirito santo ci farà fare. Altro non dico.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Bagnatevi nel sangue di Cristo crucifisso. Gesù dolce, Gesù amore.



116

A madonna Pantasilea, donna di Ranuccio da Farnese.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima suoro in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi con vero lume e cognoscimento di voi e di Dio, a ciò che cognosciate la misera fragilità del mondo, però che l'anima che cognosce la miseria sua cognosce bene quella del mondo; e chi cognosce la bontà di Dio in sé, la quale truova nell'essere suo - cioè cognoscendosi creatura ragionevole, creata all'imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26) -, subbitamente, allora che l'anima è venuta a questo santo e vero cognoscimento, ella ama e serve Dio in verità; e ciò che ella ama, retribuisce al suo Creatore, e ogni dono e grazia. E acordasi sempre con la volontà sua; e di ciò che Dio fa e permette a lei è contenta, perché vede che Dio non vuole altro che la sua santificazione.

Questo ci manifesta el Verbo dolce del figliuolo di Dio, ché, a ciò che noi fussimo santificati in lui, corse come inamorato all'obrobiosa morte della croce, sostenendo morte con amari tormenti per liberare noi de la morte etterna. Dunque, poiché la morte e el sangue di Cristo ci manifesta l'amore inestimabile che Dio ci à, e che non vuole altro che el nostro bene, doviamo portare con vera pazienzia ogni fadiga e tribulazione, e per qualunque modo elli ce le concede; e sempre pigliare una santa speranza in lui, pensando che elli provederà in ogni nostro bisogno, e non ci darà più che noi potiamo portare. A misura ce le dà; e se elli cresce fadiga, ed elli dà maggiore fortezza, a ciò che noi non veniamo meno.

Convienci dunque portare e averle in reverenzia per Cristo crucifisso, e perché elle sono cagione e strumento della nostra salute: perciò che la fadiga e la tribulazione di questa vita ci fa umiliare e atutare la superbia, e facci levare el disordinato affetto dal mondo, e ordenare l'amore nostro in Dio; e anco ci fa conformare con Cristo crucifisso, e sentire de le pene e delli obrobrii suoi. Sì che elle sono di grande necessità a noi, se vogliamo godere nell'etterna visione di Dio: elle ci fanno sentire e destare dal sonno de la negligenzia e ignoranzia, perché nel tempo del bisogno ricorriamo a Cristo cognoscendo che elli solo ci può aitare.

E per questo modo diventiamo grati del benefizio ricevuto e che riceviamo, e cognosciamo meglio la sua bontà, e la nostra miseria: però che elli è colui che è (Ex 3,14), e noi siamo coloro che non siamo, e l'essere nostro aviamo da lui. Bene lo vedete manifestamente che tale ora vorremmo la vita che ci conviene avere la morte; la sanità e noi siamo infermi; tenere e' figliuoli e le ricchezze e delizie del mondo perché ci dilettano, ed elli ce le conviene lassare. Questa è la verità, che o elle lassano noi per divina dispensazione, o noi lassiamo loro per lo mezzo della morte, partendoci di questa tenebrosa vita. Sì che vedete che noi non siamo cavelle per noi medesimi, se non pieni di peccati e di molta miseria: questo solo è nostro, e ogni altra cosa è di Dio.

Adunque, carissima suoro, aprite l'occhio dell'intelletto, e amate el vostro Creatore e ciò che elli ama - cioè la virtù, e singularmente la pazienzia -, con vera e perfetta umilità, non reputandovi alcuna cosa; ma solo rendere onore e gloria a Dio, possedendo le cose del mondo, e marito e figliuoli e ricchezze e ogni altro diletto, come cosa prestata e non come cosa vostra, però che, come già detto è, vengono meno, e non le potete tenere né possedere a vostro modo, se non quanto piace alla divina bontà di prestarvele. Facendo così, non vi farete Dio de' figliuoli né di veruna altra cosa - anco amarete ogni cosa per Dio, e fuore di Dio non cavelle -, e spregiarete el peccato, e abbracciarete la virtù.

Levate, levate l'affetto e 'l desiderio vostro dal mondo, e ponetelo in Cristo crucifisso, che è fermo e stabile, e che non viene mai meno, né vi può essere tolto se voi non volete. Non dico però che voi non stiate nel mondo nello stato del matrimonio più che voi vogliate, né che voi non governiate e' vostri figliuoli e l'altra fameglia secondo che vi richiede lo stato vostro; ma dico che viviate con ordine, e non senza ordine. E in ciò che voi fate, vi ponete Dio dinanzi agli occhi: e stare nello stato del matrimonio, e andare con timore santo e come a sacramento, e avere in reverenzia e' dì comandati della santa Chiesa, quanto elli è possibile a voi.

E i figliuoli, notricarli nelle virtù e ne' comandamenti dolci di Dio, però che non basta alla madre e al padre di notricare solamente el corpo - ché questo fa l'animale, d'allevare e' suoi figliuoli -, ma debba notricare l'anima nella grazia, giusta al suo potere, riprendendoli e gastigandoli ne' difetti che commettessero. E sempre vogliate che usino la confessione spesso, e la mattina odano la messa, o almeno e' dì comandati dalla Chiesa, e così sarete madre dell'anima e del corpo. So' certa che se avarete vero cognoscimento di Dio e di voi, come detto è, voi el farete, però che senza questo cognoscimento nol potreste fare.

Unde, considerando me che per altra via non potete avere la grazia di Dio, dissi che io desideravo di vedervi con vero lume e cognoscimento di voi e di Dio. Pregovi, per l'amore di Cristo crucifisso e per vostra utilità, che 'l facciate: e così adempirete in voi la volontà di Dio e 'l desiderio mio. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



117

A monna Lapa sua madre e a monna Cecca nel monasterio di santa Agnesa da Montepulciano, quando essa era a la Rocca d'Agnolino predetta.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima madre e figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vestite del fuoco de la divina carità sì e per sì-fatto modo che ogni pena e tormento, fame e sete, persecuzioni e ingiurie, scherni strazii e villanie, e ogni cosa, portiate con vera pazienzia, imparando da lo svenato e consumato Agnello, el quale con tanto fuoco d'amore corse a la obbrobriosa morte de la croce.

Acompagnate dunque quella dolcissima madre Maria, la quale, acciò che i discepoli santi cercassero l'onore di Dio e la salute dell'anime seguitando le vestigie del dolce figliuolo suo, consente che i discepoli si partano da la presenzia sua, avenga che sommamente gli amasse; ed ella rimane come sola ospita e perregrina. E i discepoli, che l'amavano smisuratamente, anco con allegrezza si partono, sostenendone ogni pena per onore di Dio; e vanno fra i tiranni, sostenendo le molte persecuzioni. E se voi gli dimandaste: «Perché portate voi così allegramente, e partitevi da Maria?», risponderebbero: «Perché abiamo perduti noi, e siamo inamorati de l'onore di Dio e de la salute dell'anime». Così voglio dunque, carissima madre e figliuola, che facciate voi. E se per infino ad ora non fuste state, voglio che siate arse nel fuoco de la divina carità, cercando sempre l'onore di Dio e la salute dell'anime; altrimenti stareste in grandissima pena e tribulazione, e terrestevi me. Sappiate, carissima madre, che io, miserabile figliuola, non so' posta in terra per altro; a questo m'à eletta el mio Creatore: so che sete contenta che io l'obedisca.

Pregovi dunque che, se vi paresse che io stesse più che non piacesse a la vostra volontà, voi stiate contenta, però che io non posso fare altro.

Credo che se voi sapeste el caso, voi stessa mi ci mandareste: io sto per ponere remedio a uno grande scandalo, se io potrò. Non è però de' fatti de la contessa, e però ne pregate tutti Dio, e codesta gloriosa Vergine, che ci mandi effetto che sia buono. E tu, Cecca, e Giustina, v'annegate nel sangue di Cristo crucifisso, però che ora è il tempo di provare la virtù nell'anima. Dio vi doni la sua dolce ed eterna benedizione a tutte. Altro non dico.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



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A monna Caterina de lo Spedaluccio e a la soprascritta Giovanna di Capo, in Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi figliuole obedienti, unite in vera e perfetta carità; la quale obedienzia e amore vi farà smaltire ogni pena e tenebre, perché l'obedienzia tolle quella cosa che ci dà pena, cioè la propria e perversa volontà, che si anniega e uccide ne la santa e vera obedienzia.

Consuma e disolvesi la tenebre per l'affetto de la carità e unione, perché Dio è vera carità (1Jn 4,8-16) e è sommo ed eterno lume (Jn 8,12 Jn 9,5 Jn 12,46): chi à per sua guida questo vero lume non può errare il camino.

E però, io voglio, carissime figliuole, poiché tanto è necessario, che vi studiate di perdere le volontà vostre e d'avere questo lume. Questa è quella dottrina che sempre mi ricorda che v'è stata data, bene che poca n'aviate impresa. Quello che non è fatto vi prego, dolcissime figliuole, che 'l facciate; se voi nol faceste stareste in continua pena, e terrestevi me miserabile che merito ogni pena. A noi conviene fare, per onore di Dio, come fecero gli appostoli santi: poi che ebbero ricevuto lo Spirito santo, si separaro l'uno da l'altro, e da quella dolce madre Maria. Poniamo che sommo diletto lo' fusse lo stare insieme, nondimeno essi abandonano el diletto proprio, cercano l'onore di Dio e salute de l'anime. E perché Maria gli parta da sé, non tengono, però, che sia diminuito l'amore, né che siano privati de l'affetto di Maria. Questa è la regola che ci conviene pigliare a noi.

Grande consolazione so che v'è la mia presenzia; nondimeno, come vere obedienti, dovete voi e la consolazione propria, per onore di Dio e salute de l'anime, non cercare; e non dare luogo al dimonio, che vi fa vedere d'essere private de l'affetto e de l'amore che io ò a l'anime e a' corpi vostri. Se altrimenti fusse, non sarebbe fondato in Dio. E io vi fo certe di questo, ch'io non v'amo altro che per Dio. E perché pigliate pena tanto disordinata de le cose che si vogliono fare per necessità? Oh come faremo, quando ci converrà fare e' gran fatti, quando ne' picoli veniamo così meno? Egli ci converrà stare insieme e separati secondo ch'e' tempi ci verranno.

Testé vuole e permette el nostro dolce Salvatore che noi siamo separate per suo onore. Voi sete in Siena, e Cecca e la nonna sono a Montepulciano; frate Bartolomeo e frate Mateio vi saranno e sonvi stati. Alessa e monna Bruna sonno a Monte Giovi, di lunga da Montepulciano xviij miglia; e son con la contessa e con madonna Isa. Frate Ramondo e frate Tomaso e monna Tomma e Lisa e io, siamo a la Rocca fra mascalzoni; e mangiansi tanti demoni incarnati che frate Tomaso dice che gli duole lo stomaco, e con tutto questo non si può saziare. E più appetiscono; e truovanci lavorio per un buon prezzo. Pregate la divina bontà che lo' dia di grossi e dolci e amari bocconi. Pensate che l'onore di Dio e la salute de l'anime si vede molto dolcemente. Voi non dovete altro volere né desiderare: facendo questo, non potete fare cosa che più piaccia a la somma ed eterna volontà di Dio, e a la mia.

Orsù, figliuole mie, cominciate a fare sacrificio de le volontà vostre a Dio, e non vogliate sempre stare a latte, ché ci conviene disponere e' denti del desiderio ad amorsare el pane duro e muffato, se bisognasse.

Altro non dico. Legatevi nel legame dolce de la carità: a questo mostrarete che voi siate figliuole; e in altro no. Confortatevi in Cristo dolce Gesù, e confortate tutte l'altre figliuole etc. Noi tornaremo più tosto che si potrà secondo che piacerà a la divina bontà.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore, Maria.





Caterina, Lettere 113