Caterina, Lettere 323

323

A don Bartolomeo Serafini priore di Gorgona dell'ordine di Certosa in Pisa, a dì xv di dicembre 1378.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi sollicito ad essercitarvi in servizio della dolce Sposa di Cristo, la quale si vede ora in tanta necessità. Ora è il tempo nostro che si vedrà chi sarà amatore della verità o no: non è da dormire, ma è da destarsi dal sonno e ponersi per obietto el sangue di Cristo crocifisso, acciò che siamo più inanimati alla battaglia.

El nostro dolce santo padre papa Urbano VI, vero sommo pontefice, pare che voglia pigliare quello remedio che gli è necessario alla riformazione della santa Chiesa, cioè di volere e' servi di Dio allato a sé, e col consiglio loro guidare sé e la santa Chiesa: per questa cagione vi manda questa bolla, nella quale si contiene che voi abbiate a richiedare tutti quelli che vi saranno scritti. Fatelo sollicitamente e tosto, e non ci mettete spazio di tempo, ché la Chiesa di Dio non à bisogno d'indugio. Lassate stare ogni altra cosa sia - ciò che si vuole -, e sollicitate gli altri che vi saranno scritti che tosto siano qui. Non tardate, non tardate, per l'amore di Dio.

Entrate in questo giardino a lavorare di qua; e frate Ramondo è ito a lavorare di là, però che 'l santo padre l'à mandato al re di Francia. Pregate Dio per lui che 'l faccia vero seminatore della verità; e se egli è bisogno, che ne ponga la vita. Altro non vi dico.

Permanete etc.

El santo padre si conforta bene e realmente, come uomo virile giusto e zelante de l'onore di Dio che egli è.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Gesù dolce, Gesù amore.



324

A Stefano Maconi detto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti morire spasimato, per onore di Dio, di quella morte che dà vita a l'anima: cioè che per onore di Dio non curi di te, ma virilmente ti vega corrire in qualunque parte meglio possa compire la volontà sua. Tempo è, figliuolo mio dolce, da perdare sé e non curare di cosa veruna, pure che noi facciamo l'onore di Dio per molta occupazione. Non dico più qui.

Pregoti e comando, per parte di Cristo crocifisso, che se 'l Priore etc. o altre per lui, con lettere o con ambasciata, ti richiedesse d'alcuno servigio, che tu l'obedisca come la mia persona propria, sapendo che per mia volontà ti sarà imposto ciò ch'egli volesse da te. E il simigliante ti dico di Tomaso etc.

Briga di levarti dal mondo attualmente, acciò che in verità osservi e' comandamenti e consegli di Cristo crocifisso. Tutta questa famiglia ti conforta; e vogliono che preghi Dio per loro etc.

Permane etc.

Impone a tutti e' figliuoli di nuovo che ogni dì faccino speciale orazione per la santa Chiesa e per papa Urbano VI, perché egli à di nuovo dato indulgenzia cento dì a chiunque prega per la Chiesa. Gesù dolce, Gesù amore.



325

A frate Tommaso de' frati Predicatori.

Al nome di Cristo Gesù crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi spasimato di quella morte che dà vita di grazia all'anima, cioè dolore dell'offesa di Dio e danno dell'anime.

Questo dolce dolore voglio che continuamente cresca ne la mente vostra. Dolce è, perché procede da la dolcezza de la divina carità; e none affrigge l'anima, anco la 'ngrassa, però che per compassione la fa stare nel cospetto di Dio con umile, continua e fedele orazione a pregarlo per la salute di tutto quanto el mondo: che allumini gli occhi de' tenebrosi - e' quali giacciono ne la morte del peccato mortale -, e doni la perfezione a' servi suoi. Umile, dico: tratta del cognoscimento di sé, vedendo sé none essere, se none in quanto è fatto e creato da Dio. Continua, dico, tratta del cognoscimento de la bontà di Dio in sé, dove à veduto che continuamente Idio adopera in lui, versando le molte grazie e i diversi beneficii sopra di lui. E, dissi, fedele: che in verità speri, e con ferma e viva fede creda che Dio sa, può e vuole essaudire le giuste petizioni nostre, e dare le cose necessarie a la nostra salute. Or questa è quella orazione che vola e trapassa infino a l'orechia di Dio, e sempre è essaudita. Ma non veggio che si possa fare stando in freddezza di cuore, e però vi dissi che io desideravo di vedervi morire spasimato, la qual cosa procede dal fervente desiderio che l'anima à a Dio.

Orsù, figliuolo carissimo, risentianci a tanta necessità quanta vediamo ne la santa Chiesa. Mughi el desiderio vostro sopra questi morti; e non ci ristiamo perfino a tanto che Idio volla l'occhio de la sua misericordia. El santo padre Urbano VI m'à conceduta la 'ndulgenzia di colpa e pena per voi e per più altri: e sete obligato ne le confessioni e predicazioni inducere la gente a fare la loro possibilità che el Comune renda el debito al santo padre, e sovvenirlo in tanta necessità. A questo sete obligato voi e tutti gli altri frati a cui egli l'à conceduta. E però verilmente annunziate questa verità.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Mccclxxix nel dì di santo L., in Roma.



326

A frate Guglielmo d'Inghilterra e frate Antonio da Nizza, a Lecceto presso a Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi perdare voi medesimi per sì-fatto modo che voi non cerchiate né pace né quiete altro che in Cristo crocifisso, concependo fame in su la mensa della croce a l'onore di Dio, e salute dell'anime e riformazione della santa Chiesa; la quale oggi vediamo in tanta necessità che, per sovenirla, è da uscire del bosco e abandonare sé medesimo.

Vedendo che si possa fare frutto in lei, non è da stare, né da dire: «Io non avarei la pace mia», ché poi che Dio ci à data grazia d'avere proveduto a la santa Chiesa d'uno buono e giusto pastore - el quale si diletta de' servi di Dio, e vuogli a sé, e atende di potere purgare e divellare e' vizii e piantare le virtù senza alcuno timore d'uomo, perché come uomo giusto e virile si porta -, noi altri el dobiamo sovenire.

Avedromi se in verità aviamo conceputo amore alla riformazione della santa Chiesa: però che se sarà così in verità seguitarete la volontà di Dio e del vicario suo, escirete del bosco e verrete ad intrare nel campo della battaglia. Ma se voi nol farete, vi scordarete dalla volontà di Dio.

E però vi prego, per l'amore di Cristo crocifisso, che tosto ne veniate senza indugio alla richiesta che 'l santo padre fa a voi; e non dubitate di non avere del bosco: ché qui à de' boschi e delle selve. Su, carissimi figliuoli, e non dormite più, ché tempo è di vigilia. Altro non vi dico.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.

In Roma, a dì xv di dicembre 1378.



327

A frate Andrea da Lucca, a frate Baldo e frate Lando, servi di Dio in Spoleto, essendo per introdotto di lei richiesti dal santo padre.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi padri in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi solliciti e pronti a fare la volontà di Dio e quella del vicario suo in terra, acciò che per voi e per gli altri servi di Dio sia sovenuto alla dolce Sposa sua, la quale oggi vediamo posta in tanta amaritudine che da ogni lato è percossa da molti venti contrarii.

E singularmente la vedete percossa dagl'iniqui uomini amatori di loro medesimi col pericoloso vento e malvagio della eresia e scisma, che à a contaminare la fede nostra. O fu ella mai in tanto bisogno, che chi la debbe aitare l'abbi percossa, e da quelli che l'ànno ad alluminare le sia porta la tenebre? Debbonsi notricare del cibo dell'anime, ministrando lo' el sangue che lo' dà vita, cioè il sangue di Cristo crocifisso, e essi el tragono loro di bocca, ministrando lo' morte eternale, come lupi, non governatori ma divoratori delle pecorelle.

E che faranno e' cani, cioè i servi di Dio, che sono posti nel mondo per guardie acciò che abbaino quando veggono giognare el lupo, perché el pastore principale si desti? Con che abbaieranno e debbono abbaiare? Con l'umile e continua orazione e con la voce viva della parola. A questo modo spaventaranno le dimonia visibili e le invisibili; destarassi el cuore e l'affetto del principale pastore nostro papa Urbano VI; desto che egli sia, non dubitiamo che 'l corpo universale della religione cristiana e 'l corpo mistico della santa Chiesa saranno sovenuti, e ricoverate le pecorelle, e tratte delle mani delle dimonia.

Non vi dovete ritrare per neuna cosa: non per pena che n'aspettaste; non per persecuzioni, infamie o scherni che fussero fatti di voi; non per fame né sete né morte, se mille volte si potesse dare la vita; non per desiderio delle vostre consolazioni, che voi diciate: «Io voglio la pace e la quiete dell'anima mia; e con l'orazione potrò gridare nel conspetto di Dio». Non così, per l'amore di Cristo crocifisso! ché ora non è tempo da cercare sé, né per fugire pene né per cercare consolazioni; anco, è tempo da perdare sé medesimo, poi che la infinita bontà e misericordia di Dio à proveduto alla necessità della santa Chiesa d'averle dato uno pastore giusto e buono, il quale vuole avere intorno a sé, per onore di Dio e bene della Chiesa, di questi cani che abbaino continovamente intorno a lui, per timore di non dormire, non fidandosi della vigilia sua, acciò che sempre l'abbino a destare: tra' quali che egli à eletti sete voi.

E però io vi prego e strengo in Cristo dolce Gesù che tosto veniate a compire la volontà di Dio, che vuole così, e la santa volontà sua, che benignamente chiama voi e gli altri. Non vi bisogna avere paura delle delizie né delle grandi consolazioni, ché voi venite a patire e a sostenere e non a dilettarvi, se non del diletto della santissima croce. Traete fuori el capo, e uscite a campo a combattare realmente per la verità, ponendoci dinanzi a l'occhio dell'intelletto la persecuzione ch'è fatta al sangue di Cristo e la dannazione dell'anime, acciò che siamo più inanimati alla battaglia; e per neuna cosa voltiamo el capo a dietro.

Venite, venite e non tardate aspettando el tempo, ché 'l tempo non aspetta noi.

So' certa che la infinita bontà di Dio vi farà conosciare la verità, e anco so che molti, eziandio di quelli che son servi di Dio, biasimaranno e contradiceranno a questa santa e buona operazione, parendo lo' fare bene dicendo: «Voi andarete e non si farà cavelle». E io, come presuntuosa, dico che si farà; e se ora non si compirà il nostro principale affetto, almeno si farà la via. E se neuna cosa ce ne venisse fatta, aviamo mostrato nel conspetto di Dio e delle creature d'avere fatto la nostra possibilità, e scusata è la conscienzia nostra, sì che per ogni modo questo è bene. Quanto più contrario averete, più v'è un segno dimostrativo che ella è buona e santa operazione: questo aviamo veduto e vediamo continovamente, che le grandi sante e buone operazioni ànno più contrario che le piccole perché sono di magiore frutto; e però el dimonio le impedisce in ogni modo che può, e spezialmente con occulto inganno, sotto colore di virtù, col mezzo de' servi di Dio.

Questo v'ò detto acciò che per neuna cosa lassiate, né per questo né per altro, ma mostrate sempre d'essere pronti ad obedire. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso: ine muoia ogni nostra propria volontà. Altro non vi dico. Raccomandatemi strettamente a tutti cotesti servi di Dio che preghino la divina bontà che io ponga la vita per la verità sua.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



328

A frate Antonio da Nizza dell'ordine degli Eremitani, a Lecceto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondato sopra la viva pietra, Cristo dolce Gesù, acciò che l'edificio che ci si pone su non caggia mai per neuno vento contrario che venisse.

O quanto ci è necessario questo vero e reale fondamento, non conosciuto da me, miserabile e ignorante!, che se io il conoscessi, non el farei sopra me medesima - che so' peggio che rena -, ma sopra la viva pietra di sopra detta. Seguitando Cristo per la via degli obrobrii, pene scherni e villanie, io mi privarei d'ogni consolazione per potermi conformare con Cristo crocifisso, da qualunque lato elle si vengano, o dentro o di fuore. Non cercarei me per me, ma solo atendarei a l'onore di Dio, alla salute dell'anime, e alla reformazione de la santa Chiesa, la quale vego in tanto bisogno.

Misera me, che fo tutto 'l contrario! Facendo male io non vorrei però che voi né gli altri il faceste; anco desidero di vedervi fondato in su questa pietra. Ora è venuto quello tempo che si pruova chi è servo di Dio; e se essi cercaranno loro per loro, e Dio per propria loro consolazione che truovino in lui, e il prossimo per loro - in quanto se ne vegano consolazione, e non perderla -, o no; e se noi crederemo che Dio si truovi solamente in uno luogo e non in un altro. Non vego che sia così; ma truovo che al vero servo di Dio ogni luogo gli è luogo e ogni tempo gli è tempo. Quando egli è tempo d'abandonare la propria consolazione e abracciare le fatighe per onore di Dio, egli el fa; e quando è tempo di fugire el bosco e andarne a' luoghi publichi, per necessità de l'onore di Dio, egli vi va sì come faceva el glorioso santo Antonio, el quale, non obstante che molto amasse la solitudine, nondimeno spesse volte n'usciva per confortare e' cristiani. Questo è sempre stato el costume de' servi di Dio, d'uscire fuori nel tempo della necessità ma non nella prosperità; anco nella prosperità essi fugono e nella avversità corrono.

Non bisogna, a questo tempo, el fugire per timore che per la molta prosperità noi andiamo a vela col vento della superbia e vanagloria, ché neuno è che si possa gloriare altro che nelle fatighe. Ma pare a me ch'el lume ci manchi, abaccinati dalle proprie consolazioni e speranza posta in rivelazioni, unde non ci lassa bene conosciare la verità, poniamo che con buona intenzione si faccia. Ma Dio, el quale è somma e etterna verità, ci dia vero lume e perfettissimo. Non voglio distendermi più sopra questa materia.

Dissemi questo giovano portatore della presente lettera, che voi dovavate venire innanzi la Pasqua. Ora pare, per la lettera che frate Guiglielmo m'à mandata, che né l'uno né l'altro venga: alla quale lettera non intendo di rispondare, ma molto mi duole della sua semplicità, perché ne seguita poco onore di Dio e edificazione del prossimo. Che s'egli per umilità non vuole venire, o per timore di non perdare la pace sua, dovarebbe usarla, la virtù de l'umilità: cioè con mansuetudine e umilità chiedere licenzia al vicario di Cristo, supplicare alla Santità sua che gli piacesse di lassarlo stare al bosco per più sua pace, nondimeno rimettendolo nella volontà sua, sì come vero obediente: e così sarebbe più piacevole a Dio, e utilità a l'anima sua.

Ma pare ch'egli abbia fatto il contrario, ponendo che chi è legato a l'obedienzia divina non debbe obedire alla creatura. De l'altre creature non curarei, ma ch'egli ci metta el vicario di Cristo, questo molto mi duole, vedendo che egli si scordi tanto dalla verità: però che l'obedienzia divina non ci trae mai di questa obedienzia. Anco, quanto è più perfetta la divina, tanto è più perfetta questa, e sempre al comandamento suo dobiamo essere sudditi e obedienti infino alla morte. Poniamo che la sua obedienzia paresse indiscreta, e privasseci della pace e consolazione della mente, noi dobiamo obedire; e facendo el contrario, riputo che sia grande imperfezione o inganno del dimonio.

Pare, secondo che egli scrive, che due servi di Dio abbino avuta grande revelazione che Cristo in terra, e chi l'à consigliato che esso mandi per questi servi di Dio, sieno stati ingannati, e che questa sia cosa umana e non divina, e sia stata più tosto 'spirazione dal dimonio che da Dio, per volere trare i servi suoi della pace e consolazione loro, dicendo che se voi veniste, e gli altri ancora, perdareste lo spirito, e così non potreste sovenire coll'orazione né stare in spirito col santo padre. Troppo sta ataccato legiero se, per mutare luogo, si perde lo spirito! Pare che Dio sia acettatore de' luoghi, e che egli si truovi solamente nel bosco e non altrove, nel tempo delle necessità.

Adunque che diremo, che da l'una parte desideriamo che sia riformata la santa Chiesa, e siane tratte le spine, e messeci e' fiori de' servi di Dio; e da l'altro lato diciamo ch'el mandare per loro e trarli della pace e quiete della mente, perché vengano a sovenire questa navicella, è inganno di dimonio? Almeno parlasse per sé medesimo, e non parlasse in comune degli altri servi di Dio! (però che i servi del mondo non ci dobiamo noi mettare). Non ànno fatto così frate Andrea da Lucca e frate Pavolino, così grandi servi di Dio, antichi e poco sani, stati tanto tempo nella pace loro; e nondimeno subito con loro fatica e malagevolezza si misero in via, e sonno venuti, e compita ànno l'obedienzia loro. E poniamo ch'el desiderio gli stringa di tornare a le celle loro, non vogliono però partirsi dal giogo - ma dicono: «Quello che io ò detto, sia per non detto», anegando la loro volontà -, né le proprie consolazioni. Chi viene, viene per sostenere, e non per prelazioni, ma per la degnità delle molte fatighe, con lagrime, vigilia e continova orazione: così si debba fare.

Or non ci graviamo più sopra questa materia ché troppo aremmo che dire. Ma d'una cosa mi maraviglio, con-ciò-sia-cosa-che io sappi il contrario, che io vegga dare giudicio che il maestro Giovanni sia venuto solo per essaltarsi. Cordialmente ne sento intollerabile dolore, vedendoci col colore della virtù offendere Dio tanto manifestatamente, con-ciò-sia-cosa-che la intenzione della creatura non si possa né debba giudicare; ma se alcuno difetto conoscessimo, ch'el vedessimo per effetto, non dobiamo giudicare la intenzione, ma con grande compassione portarlo dinanzi a Dio. Il contrario si fa, come ingannati da' nostri pareri. Dio, per la sua infinita misericordia ci mandi schietti per la via della verità e dìaci vero e perfettissimo lume, acciò che mai non andiamo in tenebre. Prego voi e 'l baccelliere e gli altri servi di Dio che preghiate l'umile Agnello che mi facci andare per la via sua. Altro non vi dico.

Del venire e dello stare vostro e di frate Guiglielmo siane fatta la volontà di Dio. Già non aspettava io che egli venisse, e anco non aspettava che rispondesse con tanta irreverenzia della santa obedienzia, né con tanta simplicità. Raccomandatemi a lui e a tutti gli altri. Prego voi e lui che se io so' stata cagione di scandalizzarvi e darvi pene, voi mi perdoniate. Confesso che io so' scandalo a tutto il mondo, come ignorante e piena di difetto che io so'.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



329

A Stefano di Currado, essendo essa a Roma.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti tagliare e non ponerti a sciogliare, però che nello sciogliere si mette spazio di tempo, e tu non se' sicuro d'averlo, perché passa tosto. Adunque meglio è di tagliare di fatto con una vera e santa sollicitudine.

Oh quanto sarà beata l'anima mia, quando io ti vedrò avere tagliato da te il mondo - attualmente e mentalmente - e il proprio sentimento sensitivo, e unito con la verità eterna, la quale unione è di tanto diletto, e di tanta dolcezza e suavità, che ogni amaritudine spegne, ogni grande peso fa leggiero! Chi si terrà dunque che non tragga fuore il coltello de l'odio e de l'amore, e con la mano del libero arbitrio non tagli sé da sé; e subito che egli à tagliato, è di tanta virtù questo coltello che l'unisce. Ma tu mi dirai, carissimo figliuolo: «Dove il truovo, e dove si fabrica, questo coltello?». Rispondoti: truovilo nella cella del cognoscimento di te, du' concipi odio al vizio e alla propria fragilità, e amore al tuo Criatore e al prossimo tuo, con le vere e reali virtù. Dove è fabricato? Nel fuoco della divina carità, sopra la 'ncudine del corpo del dolce e amoroso Verbo Figliuolo di Dio. Adunque bene è ignorante e degno di grande reprensione quegli che à l'arme in sé medesimo da potersi difendere, e gittala da sé. Non voglio che sia tu di questi ignoranti; ma voglio che, tutto virile, ti spacci, e risponde a Maria che ti chiama con grandissimo amore.

E il sangue di questi gloriosi martiri - che con tanto fuoco d'amore dierono il sangue per amore del sangue, e la vita per amore della vita - tutto bolle, invitando te e gli altri che veniate a sostenere per gloria e loda del nome di Dio e della santa Chiesa, e a provazione delle virtù; ché in questa santa terra, la quale Dio manifestava la dignità sua chiamandola il suo giardino, al quale giardino chiamava i servi suoi dicendo: «Ora è il tempo che essi venghino a provare l'oro delle virtù». Or non faciamo del sordo; se per lo freddo l'orecchie fussino turate, pigliamo il sangue caldo, perché è intriso col fuoco, e laviancele dentro, e sarà tolta ogni sordezza.

Niscondeti nelle piaghe di Cristo crucifisso; fuggi dinanzi al mondo, esce della casa de' parenti tuoi (Gn 12,1 Ps 44,11); fuggi nella caverna del costato di Cristo crucifisso, acciò che possi venire a terra di promissione. Questo medesimo dico ancora a Petro. Ponetevi in su la mensa della croce, e ine tutti ebri di sangue prendete il cibo dell'anime, sostenendo pene, obbrobri, scherni e villanie, fame sete e nudità: gloriandoci, con quello dolce Paulo vasello di dilezione, negli obbrobrii di Cristo crucifisso. Se tu tagliarai, come detto è, il sostenere sarà la gloria tua; altrimenti no, ma sarebbeti pena, e l'ombra tua ti farebbe paura. Considerando questo l'anima mia, come affamata della tua salute, disidero di vederti tagliare e non ponerti a sciogliere, acciò che possa più espeditamente corrire. Vestiti del sangue di Cristo crucifisso. Altro non ti dico.

Permane nella santa e dolce dilezione di Dio.

Ebbi le lettere tue, e ebbine grande consolazione di Battista che era guarito, sì perché io ò speranza che anco sia una buona pianta, e per compassione che io avevo a monna Giovanna; ma molto più mi so' rallegrata che Dio t'à mandato il modo di poterti sviluppare dal mondo, e anco della buona disposizione, che mi scrivi, de' Signori e degli altri nostri cittadini inverso il dolce babbo nostro, papa Urbano VI. Dio per la sua infinita misericordia gli conservi e accresca sempre nella reverenzia e obedienzia sua: mentre che tu e gli altri vi state, siate solliciti di seminare la verità e confondere la bugia, giusta el vostro potere.

Raccomandami strettamente a monna Giovanna e a Currado. Conforta e benedi' Battista e l'altra famiglia.

Conforta tutti cotesti figliuoli, e Sano singularmente. Di' lo' che mi perdonino, se io non lo' scrivo, però che m'è pure assai malagevole. Conforta missere Matteo: di' che ci mandi piena informazione di quello che vuole, perché a me è scordato, e frate Ramondo si partì sì tosto che non la potemmo avere da lui: poi ne farò sollicitamente la mia possibilità. Se frate Tomasso v'è, digli che io non gli scrivo perché non so s'egli v'è; ma essendovi, confortalo e digli che mi dia la sua benedizione. La nonna, Lisa e tutta l'altra famiglia ti si raccomandano. Neri non ti scrive perché è stato a fine di morte, ma ora è quasi guarito. Dio ti doni la sua dolce eterna benedizione. Di' a Petro che se egli può venire ci venga per alcuna cosa che è di bisogno. Gesù dolce, Gesù amore.

Da', o fa' bene dare, tutte queste lettere; e prega Dio per noi. Queste parecchi lettere legate per sé, dàlle così legate a monna Caterina di Giovanni, e ella le distribuisca.



330

A frate Ramondo da Capova dell'ordine de' Predicatori, in Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi alluminato d'un vero e perfettissimo lume, acciò che nel lume di Dio vediate lume: però che, vedendo, conosciarete la sua verità, conoscendola l'amarete, e così sarete sposo fedele della Verità.

Senza questo lume andareste in tenebre, e non sareste fedele ma infedele sposo della Verità, però che questo lume è quello che fa l'anima fedele: dilongala dalla bugia della propria sensualità; falla corrire per la via della dottrina di Cristo crocifisso, el quale è essa Verità; fa el cuore maturo e stabile e non volubile, cioè che per fatiga non si muove con impazienzia, né per consolazione con disordinata allegrezza: in ogni cosa è ordinato e pesato ne' costumi suoi. Tutto il suo adoparare è fatto con prudenzia e con lume di grande discrezione; e come prudentemente adopera, così prudentemente parla e prudentemente tace, dilettandosi più d'udire le cose necessarie che di parlare senza bisogno. Questo perché? perché col lume à veduto nel lume che 'l dolce Dio nostro si diletta di poche parole e di molte operazioni.

Senza el lume non l'arebbe conosciuto, e però arebbe fatto tutto el contrario, parlando assai e facendo poco. El cuore suo andarebbe a vela, ché nella allegrezza sarebbe leggiero con vanità di cuore, e nell'amaritudine si trovarebbe con disordinata tristizia. In ogni male è atto a cadere colui ch'è privato del lume; e così quegli che nel lume della verità eterna à veduto lume, è disposto e atto a venire a grande perfezione, e vienvi se con sollecitudine, con odio santo di sé e amore della virtù, essercita la vita sua; ma in altro modo, no: anco sarebbe tutta imperfetta e corrotta la vita sua.

E però considerando, carissimo padre, quanto c'è necessario, dissi ch'io desideravo di vedervi alluminato d'uno vero e perfettissimo lume. E sapete quanto el desidera l'anima mia? Quanto ella desidera di levarsi dalla tenebre e conformarsi e unirsi colla perfettissima luce. Pregovi, per l'amore di Gesù Cristo e di quella dolce madre Maria, che voi vi studiate, giusta el vostro potere, di compire in voi la volontà di Dio e il desiderio mio: allora sarà beata l'anima mia. Non è più tempo da dormire, ma è da destarsi dal sonno della negligenzia, e levarsi dalla cechità della ignoranzia; e realmente sposare la verità con l'anello della santissima fede; e annunziare essa verità non tacendola mai per neuno timore, ma largo e liberale disponarsi a dare la vita, se bisogna, tutto ebro di sangue de l'umile e immaculato Agnello, traendolo delle mammelle della dolce Sposa sua.

La quale sposa, cioè la santa Chiesa, vediamo tutta smembrata, ma spero nella somma etterna bontà di Dio che le rendarà membri sani e non infermi, odoriferi e non putridi: e fabricarannosi questi membri sopra le spalle de' servi di Dio, amatori della verità, con molti labori, con sudori, lagrime e umile e continove orazioni; ma nelle fatighe riceveremo rifrigerio, rallegrandoci nella renovazione della dolce Sposa di Cristo. Or tiene silenzio, anima mia, e non parlare più. Non voglio mettare mano, carissimo padre, a dire quello che con penna non potrei scrivare, né con lingua parlare, ma el tacere vi manifesti quello ch'io voglio dire. Non dico più sopra questa materia.

Grande desiderio ò di vedervi tornato in questo giardino, acciò che siate aiutatore a trarne le spine. p inteso che sete costì a Pisa etc.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



331

A don Piero da Milano, monaco di Certosa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi gustatore e amatore del sangue di Cristo crocifisso, nel quale sangue, ripensandolo sparto con tanto fuoco d'amore, ricevarete vita di grazia; e lavaràvi la faccia de l'anima vostra: però che egli c'è dato per lavare le macchie de' nostri difetti.

Ma non ci darebbe però questo sangue vita, né lavarebbe la faccia dell'anima, se l'anima colla memoria del sangue, ripensando el fuoco della divina carità, non essercitasse la vita sua in virtù: non per difetto del sangue, ma di noi che non riceviamo el frutto del sangue - cioè non essercitando l'affetto della carità che truova nel sangue; la quale carità, ricevendola noi, ci dà frutto di grazia -. Adunque non è da dormire, mentre che aviamo el tempo, nel letto della negligenzia, ma con sollecitudine empire el vasello della memoria del ricordamento del sangue - e aprire l'ochio dello 'ntelletto nella sapienzia e dottrina del Verbo -, e del fuoco dell'amore con che ci à dato el sangue. In questo fuoco la volontà nostra corrirà ad amare quello che l'intelletto vidde e cognobbe. Inebriarenci di questo prezioso sangue; e per amore del sangue desideraremo, con affetto d'amore di virtù, di dare el sangue e la vita per amore della vita. Riputarenci indegni di giognere a tanta dignità quanta è di ricevare la rosa vermiglia.

Tutte le 'niquità nostre con questo desiderio, in virtù del sangue, saranno spente e tolte da noi: scritti saremo nel libro della vita, e privati saremo della compagnia delle dimonia. Veruna angoscia né battaglia del dimonio, né quelle degli uomini, ci potranno nuociare, né tòllere la nostra allegrezza: questo sangue ci farà portare ogni pena e fadiga, con vera e santa pazienzia; anco ci gloriaremo, col dolce di Pavolo, nelle tribolazioni. Vorrenci conformare con le pene e obrobrii di Cristo crocifisso: vestirenci d'obrobrii, di scherni e villanie, per onore di Dio e salute dell'anime. Oh quanta è beata quella anima che così dolcemente passa questo mare tempestoso, e l'angosce del mondo, con vigilia e con umile e continova orazione, accesa nel fuoco per santo desiderio, inebriata e annegata nel sangue. Con questo sangue nell'ultimo della vita nostra riceveremo el frutto d'ogni nostra fadiga.

Questo sangue tolle ogni pena e dà ogni diletto; priva l'uomo di sé - e truovasi in Dio. Egli el fa abandonare la propria sensualità perché, coll'amore che trovò nel sangue, à cacciato l'amore proprio di sé medesimo. Siede sopra la sedia della conscienzia sua, e tiensi ragione: non lassa passare e' movimenti, che venissero nel cuore, d'impazienzia, per scandoli e mormorazioni del prossimo suo, o di qualunque altro difetto si fusse; ma con pazienzia, senza sdegno o giudicio alcuno, porta realmente. In ogni cosa giudica la dolce volontà di Dio; è pronto nell'ubidienzia, sempre in osservarla obedendo a l'Ordine e al prelato suo, perché nel sangue gustò l'obbedienzia del Verbo. Non à pena, perché s'à tolta la volontà e messa nelle mani del suo prelato, per Dio, giudicando la volontà sua ne la volontà di Dio. Questi non sente fadiga, perché à morta in sé la propria e perversa volontà, che sempre dà fadiga, la quale uccise nel sangue; egli gusta l'arra di vita eterna: sempre à pace e quiete ne l'anima sua, perché s'à tolta quella cosa che gli dava guerra.

Adunque, poiché tanto bene ne seguita, è continovamente da empirsi la memoria del santo ricordamento di questo sangue, come detto è, sparto con tanto fuoco d'amore. E non doviamo passare punto di tempo che l'ochio dell'intelletto nostro non si ponga per obietto el sangue di Cristo crocifisso, dove truova la verità del sommo e etterno Padre, manifestata a noi col mezzo del sangue. Adunque levianci, e consumiamo e' dì nostri realmente rilucendo in noi le margarite delle virtù, le quali drittamente sono margarite per le quali e' veri servi di Dio vendono ciò ch'egli ànno (Mt 13,45-46), cioè la propria volontà, che è libera loro, per comprarle. Di questo v'invito e vi prego carissimamente che facciate.

Oh quanto sarà beata quella anima che, in questa vita, mentre che vive non perdarà el tempo suo, ma con sollecitudine, comprata questa margarita, lavorarà nella vigna sua, trattone le spine dell'amore proprio e d'ogni altro difetto, e piantandovi le virtù - le quali chiamammo margarite -, e inaffiaralla col sangue di Cristo. Bene gusta vita eterna, vedendo per grazia e non per debito avere ricevuta la vita del sangue - acordata con la dolce volontà di Dio la volontà sua: la quale volontà essendo morta in noi e viva in lui, nell'ultimo della vita nostra riceveremo l'eterna visione di Dio -. In cui virtù? None in nostra, ma solo in virtù del sangue; e non in altro modo. Considerando me che altra via non c'è, dissi ch'io desideravo di vedervi gustatore e amatore del sangue; e così voglio che noi facciamo. Non dico più qui.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Ò ricevuta una lettera vostra, la quale vidi con allegrezza sentendo del santo e buono desiderio, che voi avete della bontà di Dio, di ponare la vita per gloria e loda del nome suo. Rispondovi a la prima parte, di ricevare e' peccati vostri: liberamente prometto in quella dolce carità di Dio, che ci dié el sangue del suo Figliuolo, ch'io gli ricevo sopra di me, pregando la divina bontà che le colpe vostre punisca sopra el corpo mio. Così per questo modo si trovaranno consumati e' peccati miei e vostri nella fornace de la divina carità. Anco el pregarò che per la infinita sua misericordia ci faccia grazia che noi diamo la vita per lui; e voi in questo mezzo vi notricate di sangue: forniscasi la navicella dell'anima de le reali virtù.

Anco vi rispondo e prometto che, se el tempo ci viene, el quale è desiderato da voi e dagli altri servi di Dio, e che mi sia possibile di chiedare licenzia dal Vicario di Cristo, io el farò volontieri, acciò che vegga compito in voi el santo desiderio. Pregatelo pure che non s'indugi più: io, per me, muoio e non posso morire, di vedere offendere tanto el nostro Creatore nel corpo mistico della santa Chiesa, e contaminare la fede nostra da quegli che so' posti per alluminarla: di tutto sono cagione e' difetti miei. Nascondianci nel costato di Cristo crocifisso, e ine bussiamo a la sua misericordia. Gesù dolce, Gesù amore.





Caterina, Lettere 323