Caterina, Lettere 178

178

A Neri di Landoccio.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti uno vero lume, acciò che col lume cognosca la verità del tuo Creatore.

La verità sua è questa: che elli ci creò per darci vita etterna; ma per la rebellione che fece l'uomo a Dio non si compiva questa verità, e però discese a la maggiore bassezza che discendere potesse, cioè quando vestì la deità della nostra umanità. E così vediamo, con questo glorioso lume, Dio essere fatto uomo; e questo à fatto per compire la verità sua in noi, e col sangue dell'amoroso Verbo ce l'à bene manifestato, in tanto che quello che per fede tenavamo c'è certificato col prezzo del sangue. E non può la creatura che à in sé ragione negare che questo non sia così.

Adunque io voglio che la tua confusione si consumi e venga meno nella speranza del sangue, e nel fuoco della inestimabile carità di Dio, e rimanga solo il vero cognoscimento di te; col quale cognoscimento t'aumiliarai, e cresciarai e notricarai el lume. E non è egli più atto a perdonare che noi a peccare? E non è egli nostro medico - e noi gli infermi - e portatore delle nostre iniquità? E non à egli per peggio la confusione della mente che tutti gli altri defetti? Sì bene. Adunque, carissimo figliuolo, apre l'occhio dell'intelletto tuo col lume della santissima fede, e raguarda quanto tu se' amato da Dio. E per raguardare l'amore suo, e la ignoranzia e freddezza del cuore tuo, non ne intrare in confusione; ma cresca il fuoco del santo desiderio con vero cognoscimento e umilità, come detto è.

E quanto più vedi te non rispondere a tanti benefizii quanti t'à fatti e fa el tuo Creatore, più t'aumilia e di' con uno proponimento santo: «Quello che io non ò fatto oggi, e io el farò ora». Sai che la confusione si scorda in tutto dalla dottrina che sempre t'è stata data: ella è una lebbra che disecca l'anima e 'l corpo, e tienla in continua afflizione, e lega le braccia del santo desiderio, e non lassa adoperare quello che vorrebbe; fa l'anima incomportabile a sé medesima, con la mente disposta a battaglie e a diverse fantasie; tollele el lume sopranaturale, e offuscale el lume naturale. E così giogne a molta infedelità, perché non cognosce la verità di Dio, con la quale egli l'à creata: cioè che in verità la creò per darle vita etterna.

Adunque con fede viva, col desiderio santo, e con speranza ferma nel sangue, sia sconfitto el demonio della confusione. Altro non dico.

Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Prego lui che ti doni la sua dolce benedizione. Gesù dolce, Gesù amore.



179

A Francesco di Pipino sarto da Firenze e a monna Agnesa sua donna.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuolo e figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi amatori de la virtù, però che in altro modo non potreste avere la vita de la grazia, né participare el sangue del Figliuolo di Dio.

Poi dunque che ella c'è tanto necessaria, convienci in tutto stirpare da noi e' vizii e piantare la virtù, e fare forza a le nostre passioni sensitive e dire a noi medesimi: «inanzi voglio morire che offendare el mio Creatore e tollarmi la bellezza dell'anima mia»; e così voglio, carissimi figliuoli, che facciate. Siatemi specchio di virtù e mettetevi el mondo con tutte le sue delizie sotto i piei, e voi seguitate Cristo crucifisso.

Altro non dico.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio.

Date a Francesco el libro e' privilegii, perché vi voglio scrivere alcuna cosa; el privilegio voglio per fare dire la messa, sì che dareteglili. Cento migliaia di volte mi confortate Bartalo e monna Orsa tenerissimamente, e monna Ginevra, e benedicete Bastiano e tutti gli altri figliuoli e figliuole. Gesù dolce, Gesù amore.



180

A Piero marchese dal Monte Sancte Marie de la Marca, quando era sanatore di Siena.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissimo e carissimo padre mio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e racomandovimi, con desiderio di vedervi sempre osservatore de' santi comandamenti di Dio, senza e' quali neuna creatura può avere in sé la vita de la grazia; e non è neuno che per gentilezza né per ricchezza né signoria, né per prosperità né grandezza, si possa ritrare né scusare che non sia servo a servire e ad osservare questi dolci e santi comandamenti, e' quali sono dati a noi da la prima e dolce Verità, el quale fu regola e via nostra, e così disse egli: «Io so' via e verità e vita».

O reverendo padre, riguardate al nostro dolce Salvatore, che fu datore de la legge, che perfettamente la volse osservare in sé! Bene è dunque grande confusione, e diesi vergognare l'uomo, che vede Dio umiliato a sé uomo: unde, se la ragione si dà a considerarlo, già mai non levarà el capo contra Dio per superbia, né per neuno stato che abbia. O dolce e inestimabile diletta carità, che se' fatto servo per fare l'uomo libero, e ài dato a te la morte per dare a noi la vita, e se' schernito a la obbrobriosa morte de la croce, per rendere a noi l'onore el quale noi perdemmo per lo peccato de la disobedienzia! Oimé, trovammo la morte per la rebellione che facemmo a' comandamenti di Dio, e ogni dì cadiamo in questa medesima morte eternale, trapassando la dolce volontà di Dio. Venne l'Agnello immaculato, isvenato in su el legno de la santissima croce, arso al fuoco de la divina carità, e àcci renduta e restuita la grazia con l'obedienzia sua. Adunque io vi prego dolcemente in Cristo Gesù che noi seguitiamo questa via e regola de' veri e santi comandamenti, osservandoli infino a la morte, con la memoria del sangue del Figliuolo di Dio, acciò che siamo più animati ad osservargli. O quanto è dolce questa servitudine, che fa l'uomo libero da la servitudine del peccato! Or ristregniamo questi comandamenti in due, padre: cioè nell'amore e dilezione di Dio e del prossimo; e questo amore el fondaremo in uno timore santo di reverenzia, e eleggiaremo inanzi la morte che offendere a quella cosa che noi amiamo, non per timore di pena, ma perché egli è degno di essere amato, però che è somma e eterna bontà. E quanto più amarete Dio, tanto più si distenderà l'amore vostro al prossimo vostro, sovenendolo spiritualmente e temporalmente, secondo che vengono i casi e il tempo che bisogna di servire al prossimo suo. E così sarà adempita la volontà di Dio in voi, che non vuole altro che la nostra santificazione. Non dico più qui.

Racomandovi, quanto l'anima mia, due piati de' quali vi parlarà sere Francesco portatore di questa lettera: l'uno si è del monasterio di Santa Marta, che sono perfettissime serve di Dio; l'altro si è di monna Tomma, grande serva di Dio e a me carissima madre. So veramente che, se non fusse di ragione, nol dimandarebbero. Pregovi caramente che le spacciate el più tosto che potete, sì che non abbino longhezza di tempo. Non dico più.

Inamoratevi e bagnatevi nel sangue del Figliuolo di Dio.

Benedicetemi el mio singulare figliuolo e tutti gli altri. Gesù dolce, Gesù.



181

A missere Nicola da Osmo, secretario e protonotario di nostro signore lo papa.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio

A voi, dilettissimo e carissimo padre in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi una pietra ferma, fondato sopra la dolce pietra ferma Cristo Gesù.

Sapete che la pietra e lo edifizio che fusse posto e fatto sopra la rena o sopra la terra, ogni piccolo vento o piova che venga el dà a terra. Così l'anima che è fondata sopra le cose transitorie di questa tenebrosa e caduca vita, che passano tosto come el vento, e come polvere che si pone al vento: ogni piccolo contrario la dà a terra; e così quando fussimo fondati in amore proprio di noi medesimi, el quale è la più perversa lebbra e piaga che potiamo avere. Ella è quella lebbra che tutte le virtù fa guastare, e non ànno in loro vita, però che sono private de la madre della carità: non vivono, perché non sono acostate con la vita.

Desidera dunque l'anima mia di vederci fondati nella viva pietra.

O carissimo padre, ècci migliore e più dilettevole cosa, che d'avere a edificare lo edifizio dell'anima nostra? Dolce cosa è, ché aviamo trovata pietra, maestro e servidore, uno manuale che bisogna a questo edifizio. O come è dolce maestro el Padre etterno, dove si riposa tutta la sapienzia e scienzia e bontà infinita! Egli è lo Dio nostro, che è colui che è; tutte le cose che participano essere, escono di lui; egli è uno maestro che sa quello che ci bisogna, e non vuole altro che la nostra santificazione, e ciò che dà e permette all'uomo - o tentazione di dimonio, o essere tentato e perseguitato dagli uomini, o per ingiuria o villania, o per qualunque modo ricevessimo tribolazioni - sempre el dà e permette per nostro bene, o per purgazione de' peccati nostri, o per acrescimento di perfezione e di grazia. Bene è dunque dolce questo nostro maestro, sì bene sa edificare e ponere quello che bisogna a noi! E à fatto più, ché, vedendo che l'acqua non era buona a intridare la calcina per ponere la pietra, cioè delle dolci e reali virtù, donocci el sangue dell'unigenito suo Figliuolo.

Sapete che, inanzi all'avenimento del Figliuolo di Dio, neuna virtù aveva valore di potere dare all'uomo vita, la quale per lo peccato aveva perduta. O padre, raguardiamo la inestimabile carità di questo maestro che, vedendo che l'acqua de' santi profeti non era viva che ci desse vita, à tratto di sé e porto a noi el Verbo incarnato unigenito suo Figliuolo, àgli data la potenzia e virtù sua in mano, e àllo posto ne l'edifizio nostro per pietra, senza la quale pietra noi non potiamo vivere. Ed è sì dolce questo Figliuolo, perché egli è unito e una cosa col Padre, che ogni cosa amara, per la dolcezza sua, in lui diventa dolce. In lui è calcina viva e non terra né rena.

O fuoco dolce d'amore, ài dato per servidore e manuale l'abbondantissimo clementissimo Spirito santo, che è esso amore, el quale è quella mano forte che tenne confitto e chiavellato in croce el Verbo. Egli à premuto questo dolcissimo corpo, e fattolo versare sangue, el quale è sufficiente a darci la vita e a edeficare ogni pietra. Ogni virtù ci vale e dà vita, quando è fondata sopra Cristo, e intrisa nel sangue suo.

Spezzinsi e' cuori nostri d'amore, a raguardare che quello che non fece l'acqua à fatto el sangue! Or chi vorrebbe meglio? chi sarà colui che si vada oggimai avollendo per gli fossati, cercando veruna trista disordenata delettazione del mondo? Dissolvinsi per caldo queste pietre degl'indurati cuori nostri! Dunque è 'l Padre - che è a vederlo! - che con la sapienzia sua e potenzia e bontà ci s'è fatto maestro (però che 'l maestro è quello che lavora, cioè con la virtù che à dentro da sé, ché con la memoria, dove sta quello che bisogna fare, e con lo 'ntelletto, col quale à cognosciuto, e con la mano della volontà à adoperato) creando e edificando l'anima nostra all'imagine e similitudine sua. Perdemmo la grazia per lo peccato commesso: venne, unissi e innestossi nella natura nostra. Ci à dato tutto a noi, ché la sua virtù la dié nel Figliuolo, e fecelo insiememente maestro, come detto è, dandogli la potenzia; fecelo pietra - così dice santo Paulo, che la pietra nostra è Cristo -; fecelo servidore e lavoratore di questo edifizio: cioè la sua inestimabile carità e amore, col quale à data la vita, col sangue suo à intrisa questa calcina, sì che non ci manca cavelle. Godiamo e essultiamo, poi che abbiamo sì dolce maestro e pietra e lavoratore: àcci murati col sangue suo e fatto sì forte questo nostro muro che né dimonia né creature, né grandine né tempesta né vento, potrà muovere questo edifizio, se noi non vorremo.

Levisi la memoria e ritenghi in sé tanto benefizio; levisi lo intelletto e 'l cognoscimento a vedere l'amore e la sua bontà, che non cerca né vuole altro che la nostra santificazione: non vidde sé per amore proprio di sé, ma per l'onore del Padre e salute nostra. Allora, quando la memoria terrà, lo intendimento à inteso e cognosciuto: non si debba tenere - e non so che si possa tenere - la volontà che non corra con uno ardore, riscaldato dal caldo della carità, ad amare quello che Dio ama, e odiare quello che egli odia. Di neuna cosa si potrà turbare, né impedirà mai el santo proponimento, ma sarà in vera pazienzia, perché sarà fondato sopra la viva pietra Cristo. E però vi dissi che io desideravo che voi fuste pietra fondata sopra la pietra detta; così vi prego, per l'amore di Cristo crucifisso, che sempre cresciate e perseveriate nel santo proponimento. Non vi movete mai né allentate per veruno contrario che avenisse. Siatemi una pietra ferma, fondata nel corpo della santa Chiesa, cercando sempre l'onore di Dio e la essaltazione e renovazione della santa Chiesa.

Pregovi che none allenti el desiderio vostro, né la sollicitudine, di pregare el padre santo che tosto ne venga e che none indugi più a rizzare l'arme de' fedeli cristiani, la santissima croce. Non mirate per lo scandalo che sia ora avenuto: non tema, ma virilmente perseveri, e tosto mandi ad effetto el santo suo e buono proponimento. Perché sentiste delle percosse che vi fussero date o per le dimonia o per le creature, siatemi pietra viva, fondato nella Sposa di Cristo, anunziando sempre la verità, se ne dovesse andare la vita! Non vediate voi per voi; ma sempre attendere di vedere l'onore di Dio: tanto tempo abbiamo veduto el vitoperio del nome suo che ora ci doviamo disponere e dare la vita per la loda e gloria del nome suo. Or sollicitamente, padre, non negligenzia! Ora, mentre che aviamo el tempo, e 'l tempo è nostro, diamo la fadiga al prossimo nostro e la loda a Dio. Spero, per la bontà sua, che voi el farete: perdonate però alla mia presunzione, ché l'amore e l'affetto me n'à colpa. Ò avuta grande letizia del buono desiderio e proponimento del santo padre, sì de la venuta sua e sì del santo e glorioso passaggio, el quale è aspettato con grande desiderio da' servi di Dio. Non dico più qui.

Ò inteso che 'l Maestro dell'ordine nostro el padre santo el vuole promuovere e dargli altro benefizio.

Pregovi che, se così è vero, che voi preghiate Cristo in terra che procuri all'ordine d'uno buono vicario, però che n'abbiamo grande bisogno. Pregovi che gli ragioniate, se vi pare, di maestro Stefano, che fu procuratore dell'ordine quando frate Ramondo era in corte. Credo che sappiate che egli è uomo buono e virile: spero che, se noi l'avessimo, che per la grazia di Dio e per lui l'ordine si raconciarebbe. Ònne scritto al padre santo, non però detto cui egli ci dia, ma òllo pregato che ce 'l dia buono, e ragionine con voi e con l'arcivescovo d'Otronto. Se bisognasse che per questo, o per veruna altra cosa in utilità della santa Chiesa, che frate Ramondo venisse a voi, padre, scrivetelo e egli sarà sempre obbediente a voi. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.



182

A suora Bartalomea della Seta monaca del monasterio di Santo Stefano di Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti vestita del vestimento reale, cioè del vestimento dell'ardentissima carità, che è quello vestimento che ricuopre la nudità e nasconde la vergogna, e scalda, e consuma el freddo.

Dico che ricuopre la nudità, cioè che l'anima creata all'imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26), avendo l'essere, senza la divina grazia non avarebbe el fine per lo quale fu creata. Convienci principalmente avere el vestimento della grazia, el quale riceviamo nel santo battesimo mediante el sangue di Cristo. Con questo vestimento e' fanciulli che muoiono in puerizia ànno vita etterna: ma noi spose, che aviamo spazio di tempo, se non c'è posto uno vestimento d'amore verso lo sposo etterno, cognoscendo la sua inestimabile carità, potremmo dire che questa grazia, che noi aviamo ricevuta nel battesimo, fusse nuda. E però è di bisogno che noi leviamo l'affetto e 'l desiderio nostro con vero cognoscimento di noi e aprire l'occhio dell'intelletto, e in noi cognoscere la bontà di Dio, e l'amore ineffabile che elli ci à. Però che lo intelletto che cognosce e vede, non può fare l'affetto che non ami, e la memoria che non ritenga el suo benefattore.

Così con l'amore traie a sé l'amore: e truovasi vestita e ricuperta la sua nudità.

Dico che nasconde la vergogna, e questo in due modi: l'uno è che per dispiacimento à gittato da sé la vergogna del peccato; come? che da la vergogna che in quella anima era venuta per l'offesa fatta al suo Creatore, è restituita per lo vestimento dell'amore delle virtù, ed è venuta a onore di Dio, e à frutto in sé.

Perché d'ogni nostra operazione e desiderio Dio ne vuole el fiore de l'onore e a noi lassa el frutto. Sì che vedi che nasconde la vergogna del peccato.

Dico che un'altra vergogna le tolle: cioè che di quello che la sensualità con amore proprio e parere del mondo si vergogna, la volontà, morta in sé e in tutte le cose transitorie, non vede vergogna. Anco si diletta delle vergogne, strazii, scherni, villanie e rimproverio: e tanto à bene, quanto si vede conculcare dal mondo. Ella è contenta, per onore di Dio, che el mondo la perseguiti con le molte ingiurie, el dimonio con le molte tentazioni e molestie, la carne con volere ribellare allo spirito. Di tutte gode per odio e vendetta di sé, per conformarsi con Cristo crucifisso, reputandosi indegna della pace e quiete della mente. E non si vergogna d'essere schernita e beffata da tutti e tre questi nemici, cioè el mondo, la carne, e 'l dimonio, perché la volontà sensitiva è morta - vestita del vestimento della somma ed etterna volontà di Dio -, anco l'à in debita reverenzia, e ricevele con amore, perché vede che Dio l'à permesse per amore, e non per odio: con quello affetto che noi vediamo che elle sono date, con quello le riceviamo. Dolce è a desiderare vergogna, ché con essa si caccia la vergogna. O quanto è beata l'anima che à acquistato così dolce lume! ché insiememente è odiare i movimenti nostri e gli altrui, e amare le pene che per essi movimenti sosteniamo. Movimento nostro è la propria sensualità, movimenti altrui sono le persecuzioni del mondo.

Reputati, carissima figliuola, degna de la pena, e indegna del frutto che seguita doppo la pena: queste saranno le fregiature che tu porrai nel vestimento reale. Tu sai bene che lo sposo etterno fece el simile, ché sopra el vestimento suo pose le molte pene, fragelli, strazii, scherni e villanie, e nell'ultimo l'obrobiosa morte de la croce.

Dico che scalda, e consuma la freddezza: scaldasi del fuoco dell'ardentissima carità, el quale dimostra per desiderio spasimato de l'onore di Dio nella salute del prossimo, portando e sopportando e' difetti suoi. Gode co' servi di Dio che godono, e piange con gli iniqui che sono nel tempo del pianto, per compassione e amaritudine che porta dell'offesa che fanno a Dio; e dassi volentieri a ogni pena e tormento per reduciarli allo stato di coloro che godono, che vivono inamorati de le dolci e reali virtù.

Dico che consuma el freddo, cioè la freddezza dell'amore proprio di sé medesima, el quale amore proprio acieca l'anima e non le lassa cognoscere né sé né Dio, e tollele la vita della grazia; genera impazienzia; la radice della superbia mette fuore i rami suoi. Offende Dio e offende el prossimo con disordenato affetto, ed è incomportabile a sé medesimo, sempre ribella a l'obedienzia sua: tutto questo fa l'amore proprio di sé.

(.) Ma il vero vestimento detto tutti gli consuma e gli tolle via, e rimane nel lume della divina grazia.

Non va per la tenebre, ma in verità va per la via del consumato e immaculato Agnello; per la porta di Cristo crucifisso entra alle nozze del Padre etterno. Ine è fermata e stabilita in Dio; non à paura che el mondo né el dimonio né la carne ne la possa separare; truova vita senza morte, sazietà senza fastidio, fame senza pena. Or non più! porta, porta, fa' spalle di portatore, e non refiutare peso, se vuoli bene guadagnare infine all'ultimo. Troppo sarebbe sconvenevole, che la sposa andasse per altra via che lo sposo suo. Altro modo non c'è a volere portare, se none essere vestita, come detto è; e però dissi io che io desideravo di vederti vestita del vestimento reale dell'abisso de la carità del re etterno. Altro non dico.

Nascondeti nel costato di Cristo crucifisso, bàgnati e annégati nel sangue dolcissimo suo.

Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



183

All'arcivescovo d'Otronto.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio.

A voi, dilettissimo e reverendo padre in Cristo Gesù: la vostra indegna figliuola Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi pastore buono e fedele a Cristo Gesù, con lume e cognoscimento de la sua bontà. Sapete che colui che va col lume, di notte, none offende; così l'anima che è alluminata di Dio, none può offendere, perché apre l'occhio del cognoscimento e de la ragione, e raguarda che via tenne questo dolce maestro. E come l'à veduta, per volontà e desiderio che egli à di seguitare el maestro suo, subbito corre con sollicitudine e senza negligenzia: none sta a vòllare el capo indietro, cioè a vedere sé medesimo; vede bene sé col cognoscimento de' peccati e de' difetti suoi, e confessa sé per sé none essere; allora cognosce in sé la smisurata bontà di Dio, che gli à dato ogni essere: a questo cognoscimento si debba sempre rivollare e stare.

Ma dico che non si volla né si debba vòllare a vedere sé per amore proprio o dilettazione, né per piacimento di veruna creatura. Dico che l'anima che è alluminata del vero lume, a questo non si vòlle, ma, poi che à veduto sé e trovata la bontà di Dio, allora si dà per la via, cioè per tutte quelle vie e modi che tenne el dolce Gesù, e' santi che 'l seguirono. Ponsi Gesù per oggetto suo, ed è tanto el desiderio e l'amore che à di tenere la via dritta per giugnare al suo oggetto, fine dolce suo, che - perché truovi spine e triboli e ladri che 'l volessero robbare - non cura né teme di cavelle, né per veruna cosa che truovi vuole tornare indietro - però che l'amore gli à tolto el timore servile di paura -; e va dietro a le pedate di coloro che seguitaro Cristo, e vede bene e cognosce ched e' furono uomini nati come elli, pasciuti e nutricati come esso; e quella benignità e larghezza di Dio truova ora, che era allora.

Or di questo vero lume e cognoscimento desidera l'anima mia che voi, pastore e padre mio, siate ripieno, con abondantissimo fuoco d'amore, sì che né diletti né piacimenti, né stato né onore del mondo vi possino offuscare questo dolce lume, né spine né triboli né ladro veruno vi possa impedire el corso di questa dolce via, ma sempre ci specchiamo nel Verbo incarnato unigenito Figliuolo di Dio, el quale fu a noi via e regola, che, osservandola, sempre ci dà vita.

Oimé, padre, non voglio che sia tentazione o illusione di dimonio, che sono posti come spine per impedire el nostro andare; non sia el tribolo de la carne nostra, che sempre impugna e ribella allo spirito, che è uno nemico perverso che mai non lassiamo indietro, ma sempre viene con essonoi; non sieno e' ladii dimoni incarnati de le creature, che spesse volte ci vogliono tòllare l'amore e la pazienzia, con molte ingiurie e persecuzioni che ci fanno: anco, alcuna volta pigliano l'offizio de le dimonia, volendo impedire e' santi e buoni proponimenti che l'uomo averà e adopererà secondo l'onore di Dio. A costoro non basta el loro male, che fanno in loro medesimi, ché anco ne vogliono fare in altrui. Virilmente, dunque, perseveriamo alla via nostra; confortianci, ché per Cristo crucifisso ogni cosa potremo.

Io godo ed essulto, considerando me dell'arme forte che Dio ci à data, e de la debilezza de' nemici. Bene sapete che né dimonio né creatura può constrignare la volontà a uno minimo peccato. Questa è una mano sì forte che, tenendo el coltello con due tagli, d'odio e d'amore, non sarà veruno nemico sì forte che si possa difendare che non sia percosso e gittato a terra. O inestimabile ardentissima e dolcissima carità che, acciò ch'e' cavalieri che tu ài posti in questo campo della battaglia possino virilmente combattare - e spezialmente e' pastori tuoi che ànno più percosse e più che fare che gli altri -, l'ài dato una corazza sì forte, cioè la volontà, che neuno colpo, perché percuota, lo' può nuociare, però che egli à con che ripararsi da' colpi, e con che difendarsi.

Guardi pur che 'l coltello che Dio gli à dato, de l'odio e dell'amore, egli nol ponga ne le mani del nemico suo: la corazza poco ci varrebbe, ché, colà dove ella è forte, diverrebbe molle. Ché io m'aveggo che né dimonio né creatura m'uccide mai, se non col mio coltello stesso, con quello che io uccido lui: dandoli, egli uccide me. Chi uccide el vizio e 'l peccato? solamente l'odio e l'amore: el dispiacimento che io ò conceputo in esso, e l'amore che io ò conceputo alla virtù per Dio. Se el dimonio e la sensualità vuole voltare questo odio e questo amore - cioè che tu odi quelle cose che sono in Dio, e ami la tua sensualità che sempre ribella a lui -, perché el dimonio voglia fare questo non potrà, se la mano forte della volontà non gli 'l porge, che se gli 'l desse, col suo medesimo l'uccidarebbe. Dunque è da vedere quanto sarebbe spiacevole a Dio e danno a noi. Ché sapete, padre, che perché voi sete pastore non sarebbe pur danno a voi, ma a tutti e' sudditi vostri; e a ogni operazione che aveste a fare per voi e per la dolce Sposa di Cristo, la santa Chiesa, questo sarebbe impedimento.

Su, non più dormire: rizzisi el gonfalone della santissima croce; raguardiamo l'Agnello aperto per noi, che da ogni parte del corpo suo versa sangue. O Gesù dolce, chi t'à premuto che in tanta abondanzia ne versi? Rispondi: l'amore di noi e l'odio del peccato ci à dato sangue, intriso col fuoco de la sua carità. Or a questo arbolo ci appoggiamo, e con esso andiamo per la via sua detta. Bene aviamo materia di godere, e ogni nostro nemico è diventato debile e infermo per questo dolce figliuolo di Maria, unigenito Figliuolo di Dio.

El dimonio è indebilito, che non può più tenere la signoria de l'uomo: perduta l'à. La carne nostra, che 'l Figliuolo di Dio prese di noi, è fragellata con obrobrii, strazii, scherni e rimproverii: quando l'anima raguarda la carne sua, debba subbito perdare e allentare la sua ribellione. Le lode degli uomini, o loro ingiurie che ci facessero, ogni cosa verrà meno ponendosi inanzi el dolce Gesù, che non lassò, né per ingiuria che gli fusse fatta, né per nostra ingratitudine né per lusinghe, che non compisse l'obedienzia per onore del Padre e per salute nostra, sì che l'onore del mondo s'atterrava col desiderio e amore de l'onore di Dio.

Or corrite per questa via; siate siate gustatore e mangiatore dell'anime, imparando da la prima e dolce Verità, pastore buono, che à data la vita per le pecorelle sue. Siate siate sollicito d'adoperare per l'onore ed essaltazione della santa Chiesa, e non temete per alcuna cosa che sia avenuta, o che vedeste avenire (però che ogni cosa è illusione di dimonio, che 'l fa per impedire e' santi e buoni proponimenti; ché, perché non si faccia quello che è cominciato, pare che s'avegga del male suo) ma confortatevi, e confortate el nostro padre santo, e non temete di cavelle, e confortatevi virilmente. Non vi ristate: fate che io senta e vegga che voi mi siate costì una colonna ferma, che per neuno vento vi moviate mai. Arditamente e senza veruno timore anunziate e dicete la verità, di quello che vi pare che sia secondo l'onore di Dio e renovazione della santa Chiesa. Or abbiamo noi altro che uno corpo? e questo si dia a cento migliaia di morti, se bisogna, e a ogni pena e fragello, per amore di Cristo, che con tanto fuoco d'amore non vidde sé per sé, ma per onore del Padre e per salute nostra. Non dico più, padre, ché io non mi ristarei mai.

Ebbi grande letizia de le buone novelle che ci mandaste, dell'avenimento di Cristo in terra e del cominciamento del santo passaggio. Non caggia tepidezza né sgomento in voi né nel santo padre, per le cose che poi sono avenute, ché, con questo che ci pare contrario, si farà ogni cosa.

Io ò inteso che 'l Maestro dell'ordine nostro el santo padre el vuole premuovare: pregovi, per l'amore di Cristo crucifisso, che vi sia racomandato l'ordine, e che ne preghiate Cristo in terra che ci dia uno buono vicario.

Vorrei che lo 'nformaste di maestro Stefano de la Cumba, che fu procuratore dell'ordine e de la provincia di Tolosa. Credo che, se egli ce 'l darà, sarà grande onore di Dio e raconciamento dell'ordine, però che e' mi pare che egli sia uomo virile e virtuoso senza timore; ed e' ci à ora bisogno di medico che non abbi timore e usi el ferro de la santa e dritta giustizia, ché tanto unguento s'è usato infino a qui che i membri sono quasi tutti imputriditi. Io n'ò scritto al padre santo, e none ò detto però cui egli ci dia, ma ò pregato che ce 'l dia buono, e che ne ragioni con voi e con missere Nicola da Osmo. E se vedeste che, per questo o per altro, fusse utilità o bisogno che frate Ramondo vi venisse, scrivetelo, ed egli sarà subbito alla vostra obbedienzia. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Gherardo Buonconti vi si manda molto racomandando, e la madre mia come a caro padre, ed esso come indegno servo vostro.



184

Al priore e frategli della Compagnia della Vergine Maria.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi e dolci figliuoli in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi legati nel legame dolce della carità, el quale fu quel legame che tenne confitto e chiavellato Dio e Uomo in sul legno della santissima croce.

Sapete che né chiovi né croce era sufficiente a tenerlo, se la carità non l'avesse tenuto: ella è quel dolce e soave legame che legò la natura divina nella natura umana. Chi ne fu cagione? Solo l'amore. L'amore fu quello che trasse noi di Dio, creandoci alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26). E per amore, avendo noi perduta la grazia, e volendoci restituire e rendere quello che avevamo perduto per lo peccato e difetto nostro, ci mandò Idio el Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, e volse che col sangue suo riavessimo la grazia: ed egli, Figliuolo obbediente, corse all'obrobriosa morte della croce, sì come innamorato della salute nostra. Sì che ogni cosa che Dio à fatta e fa a noi, è fatta per amore.

E però l'anima, che raguarda questo smisurato e ineffabile amore, v'uopre l'occhio dello 'ntelletto e del cognoscimento nel suo obiecto del sangue di Cristo crocifisso; nel quale sangue se gli rapresenta più la larghezza della ineffabile carità che in verun'altra cosa. E così disse egli, che maggiore amore non può mostrare l'uomo che dare la vita per l'amico suo (Jn 15,13). O inestimabile amore, se tu commendi che maggiore amore non può essere che dare la vita per l'amico suo, quanto maggiormente è degno di commendazione l'amore tuo inverso di noi, ché, essendo fatti nemici, tu ài data la vita e pagato el prezzo del sangue tuo per noi? Questo eccede ogni amore.

O dolce e amoroso Verbo Figliuolo di Dio, tu se' fatto tramezzatore: ài pacificato con la morte tua l'uomo con Dio, ch'e' chiovi ci son fatti chiavi che ànno diserrata vita eterna; e è uperta per sì-fatto modo che a veruno può essere chiusa se egli non vuole, però che l'uomo non può essere costretto a veruno peccato, se egli non vuole. El peccato è quel che ci chiude la porta, e tolleci el fine per lo quale noi fummo creati; el peccato ci tolle la vita e dacci la morte; tolleci la luce e dacci la tenebre, perché offusca l'occhio dello 'ntelletto, e non gli lassa vedere el sole né la tenebre - la tenebre dico del cognoscimento di sé, dove vede e truova la tenebrosa sensualità, che sempre ribella e impugna contra el suo Creatore -; e perché non vede la tenebre sua, però non può cognoscere l'amore e 'l lume della divina bontà.

Dissi che l'anima che raguarda questo smisurato amore à conceputo amore ineffabile; à fatta e conformata la sua volontà con quella di Dio. Giudica e vede bene che Dio non vuole altro che la nostra santificazione; e ciò che egli ci dà e permette - o tribolazioni o consolazioni o persecuzioni o strazii o scherni o villanie -, ogni cosa ci è dato perché siamo santificati in lui, perché la santificazione non si può avere senza le virtù, e le virtù non si possono avere se non per lo suo contrario. E però l'anima che cognosce questo amore non si può turbare né contristare di veruna cosa che avenga, di qualunque cosa si sia, perché sarebbe dolersi del suo bene, e della bontà di Dio che 'l permette a noi.

è vero che la sensualità si vuole sentire quando à cosa che le dispiaccia, ma la ragione la vince, e falla stare suggetta sì come die. E con che faremo stare suggetta questa sensualità, che non ribelli al suo Creatore? Dicovelo. E' diletti e tribulazioni si raffrenano con dolce e santa memoria di Dio, cioè con la continua considerazione della morte, la quale trarremo per lo cognoscimento di noi medesimi. Noi vediamo, carissimi figliuoli e frategli in Cristo dolce Gesù, che noi siamo tutti mortali che, subbito che siamo creati nel ventre della madre nostra, siamo condennati alla morte, e doviamo morire e non sappiamo quando né come.

E chi sarà colui che, se egli considererà in sé che la vita sua è tanto brieve che aspetta di dì in dì la morte - però che la vita nostra è quanto una punta d'aco -, che non raffreni e tagli ogni disordinata letizia la quale pigliasse delle stolte e vane letizie del mondo? Dico che si raffrenarà e non cercarà né onori né stati né grandezza; né ricchezza possederà con avarizia, anco s'egli avarà la ricchezza sarà fatto dispensatore di Cristo a' povari e non le vorrà possedere, né die tenere con superbia, anco con vera e profonda umilità, vedendo e cognoscendo che veruna cosa ci è ferma né stabile in questa tenebrosa vita, ma ogni cosa passa via come el vento. Se ella è tribolazione, egli la porta pazientemente, perché vede che è piccola ogni tribolazione che in questa vita potiamo sostenere. E perché è piccola? perché è piccolo el tempo nostro; però che la fadiga che è passata, tu non l'ài; e quelle che sonno a venire, non se' sicuro d'avere, perché non sai se la morte ti verrà e sarai privato d'ogni fadiga. Ài dunque solo questo punto del tempo che t'è presente; sì che la memoria della morte tolle la impazienzia nelle tribolazioni e la disordinata letizia nelle consolazioni.

è vero che non vuole essere pura la memoria della morte, perché cadrebbe in confusione: vuolsele dunque dare compagnia, e la compagnia si è l'amore ordenato col santo timore di Dio: cioè d'astenersi da' vizii e da' peccati per non offendere el suo Creatore. Il peccato non è in Dio, e però non è degno d'essere amato né desiderato da noi che siamo figliuoli, sue creature create alla imagine e similitudine sua. Doviamo amare quello che egli ama, e odiare quello che egli odia: allora s'uopre l'occhio dello 'ntelletto, e vede quanto è utile el dispregiare e' vizii e amare le virtù, e quanto gli è danno el contrario. Ché 'l dormire ne' vizii e ne' peccati, venendoli la morte di subbito - che non n'è sicuro -, gli dà l'eterna dannazione, dove non à poi remedio veruno; el vivere virtuosamente gli dà sempre letizia, pace con Dio e pace col prossimo.

Levatosi da ogni rancore, sentesi una carità fraterna d'amare el prossimo suo come sé medesimo ama.

E così doviamo amare amici e nemici in quanto creature ragionevoli e desiderare la salute loro, e ingegnarci, giusta 'l nostro potere, di portare e supportare e' difetti loro, odiando el vizio che fusse in loro, ma non loro; piangere con coloro che piangono, e godere con coloro che godeno (Rm 12,15): cioè coloro che sonno nel peccato mortale - che si può dire che sieno nel tempo del pianto e della tenebre (Mt 22,13 Mt 25,30) -, piangere con coloro per compassione e offerirgli per santo desiderio dinanzi da Dio; rallegrare con coloro che vivano in virtù: rallegrare con loro non con invidia del loro bene, ma in un santo ringraziamento della divina bontà che gli à tratti della tenebre e ridotti alla luce della grazia. E a questo modo vive in unità e osserva el comandamento di Dio, che per l'amore suo ama el prossimo.

Questo è el segno che c'è dato da Cristo per essere cognosciuti d'esser figliuoli e discepoli suoi, e così disse egli a' discepoli: «Amatevi, amatevi insieme, ché a questo sarà cognosciuto che voi siate discepoli miei» (Jn 13,35). Passando per questa dolce e soave via, vive in grazia; e poi si truova nell'ultimo nell'eterna visione di Dio. Ma sopra tutte l'altre cose, figliuoli miei, di che io vi preghi e constringa, si è che voi v'amiate insieme, però che noi ci dobbiamo innestare el cuore e l'affetto nell'amore di Cristo crocifisso. E perché noi vediamo che sommamente egli à amato l'uomo, così noi doviamo trarre questo amore, e legarci stretti col prossimo nostro sì e per siffatto modo, che né dimonio, né ingiuria che ci fusse fatta da esso prossimo nostro, né amore proprio di noi medesimi, ci possa mai sciogliare né rimuovare da questo legame dell'amore. Considerando me che in altro modo l'anima sta in stato di dannazione, e però dissi ch'io desideravo di vedervi legati nel legame della carità.

Ché per ogni ragione dovete essere uniti: sì perché sete tutti creati da Dio, e ricomperati d'uno medesimo sangue; e poi per la santa e dolce congregazione la quale avete fatta nel dolce nome di Maria, la quale è vostra advocata, madre di grazia e di misericordia. Ella non è ingrata a chi la serve; anco è grata e cognoscente. Ella è quel mezzo che drittamente è uno carro di fuoco (2R 2,11) che, concipiendo in sé el Verbo de l'unigenito Figliuolo di Dio, recò e donò el fuoco dell'amore, però che egli è esso amore.

Adunque servitela con tutto el cuore e con tutto l'affetto, però che ella è la madre dolcissima vostra.

Anco vi prego che aviate in odio e dispiacimento el peccato della immondizia e ogni altro difetto; ché non sarebbe cosa convenevole che con immondizia serviste a Maria, che è somma purità. Non dormite più, padri frategli e figliuoli carissimi: levatevi con amore della virtù, e odio e dispiacimento del peccato.

Vedete che è tanto abominevole dinanzi a Dio el peccato, che permisse che 'l Figliuolo sostenesse morte e passione, ed egli con tanto amore sostenne pena, strazii, scherni e villanie, e nell'ultimo l'obrobriosa morte della croce. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; nascondetevi nelle piaghe sue per affetto d'amore.

Maggiore amore non può mostrare l'amico, che dare la vita per l'amico suo (Jn 15,13): egli v'à data la vita, avendo svenato e uperto il corpo suo. Amollinsi e' cuori vostri ora in questo santo tempo, el quale ci rapresenta questo Agnello immaculato, arrostito in sulla croce al fuoco dell'ardentissima carità; e nella Pasqua dolcemente vi si dà in cibo. E però vi prego che tutti vi disponiate alla santa comunione; se none aveste già legame che non si potesse sciogliere senza andare a Roma. Altro non dico. Amatevi, amatevi insieme.

Permanete etc.

Io, indegna serva vostra, mi raccomando alle vostre orazioni; bene che io so' certa che 'l fate. E pregovi e strengovi da parte di Cristo crocifisso, che in tutte le vostre orazioni e sante operazioni che Dio vi concede di fare, voi l'offeriate e facciate sacrificio a Dio per la reformazione della dolce Sposa di Cristo, della santa Chiesa; per pace e unità di tutti e' cristiani; e singularmente per la nostra città, che Dio ci mandi vera e perfetta unione, e che eglino escano d'ogni offesa che fatta avessero contra el nostro Salvatore e alla Chiesa santa.

E pregate strettamente che la ruina che ci è venuta della guerra de' Fiorentini col santo padre, per li nostri peccati, che Dio, per la sua pietà, la converta in vera pace. Ch'io vi dico che se noi non ci aiutiamo con le molte e continue orazioni a chiamare la divina misericordia, noi siamo nel peggiore stato, l'anima e 'l corpo, che noi fussimo mai. Bussiamo alla misericordia sua con l'orazione e desiderio di pace: egli è benigno, che non spregia la voce del populo che gridarà a lui. Udite el dolce e buono Gesù che ce lo insegna che noi doviamo bussare e chiamare a lui col lume della fede che noi crediamo essere essauditi da lui: altrementi, l'orazione non varrebbe cavelle. Dice la prima dolce Verità: «Bussate, e saràvi uperto; chiedete, e saràvi dato (Lc 11,9 Mt 7,7); chiamate, e saràvi risposto». Poiché egli c'insegna el modo, pigliànlo con buona e santa sollecitudine, con longa e perfetta perseveranzia; ché, come dice egli stesso, se non vel desse per altro, per la importunità della perseveranzia cel darà (Lc 11,8). Altro non dico. Gesù dolce, Gesù amore, Maria.




Caterina, Lettere 178