Caterina, Lettere 185

185

Al padre santo Gregorio XI.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio

A voi, dilettissimo e reverendo padre in Cristo Gesù: la vostra indegna misera miserabile figliuola Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi uno arbolo fruttifero, pieno di dolci e soavi frutti, piantato in terra fruttifera - ché se fusse fuore de la terra seccarebbe e non farebbe frutto -, cioè la terra del vero cognoscimento di noi.

L'anima che cognosce sé medesima s'aumilia, però che non vede di che insuperbire; notrica in sé el frutto dolce dell'ardentissima carità, cognoscendo in sé la smisurata bontà di Dio; cognoscendo sé none essere, ogni essare che à retribuisce poi a colui che è. Allora l'anima pare che sia costretta ad amare quello che Dio ama, e a odiare quello che elli odia. O dolce e vero cognoscimento, el quale porti teco el coltello dell'odio, e con esso odio distendi la mano del santo desiderio a trare e a uccidare el vermine dell'amore proprio di sé medesimo! - el quale è uno vermine che guasta e rode la radice dell'arbolo nostro, sì e per sì-fatto modo che neuno frutto di vita può produciare -.

E' frutti suoi si seccano e non dura la verdura sua, però che colui che ama sé, vive in lui la perversa superbia, la quale è capo e principio d'ogni male, in ogni stato che elli è, o prelato o suddito. Ché se elli è solo ed elli è amatore di sé medesimo, cioè che ami sé per sé e non sé per Dio, non può fare altro che male, e ogni virtù è morta in lui. Costui fa come la donna che parturisce i figliuoli morti, e così è veramente, perché in sé non à avuta la vita de la carità d'intendare solo a la loda e gloria del nome di Dio.

Dico che, se elli è prelato, fa male, però che per l'amore proprio di sé medesimo, e per non cadere in dispiacimento de le creature - nel quale elli è legato per piacimento e amore proprio di sé - muore in lui la giustizia santa: però che vede commettare i difetti e peccati a' sudditi suoi, e pare che facci vista di non vedere, e non gli corregge. E se gli corregge, corregge con tanta freddezza e tepidità di cuore che non fa cavelle, ma è uno rappiastrare el vizio; sempre teme di non dispiacere e di non venire in guerra: tutto è perché elli ama sé. Alcuna volta è che volrebbero fare pure con pace; io dico che questa è la più pessima crudeltà che si possa usare. Se la piaga quando viene non s'incende col fuoco o non si taglia col ferro, ma ponvi solo l'unguento, non tanto che elli abbi sanità, ma elli imputridisce tutto e spesse volte ne riceve la morte.

Oimé oimé, dolcissimo babbo mio, questa è la cagione ch'e' sudditi sono tutti corrotti, pieni di immondizia e di iniquità; oimé, piangendo el dico, quanto è pericoloso questo vermine detto, che non tanto che dia la morte al pastore, ma tutti gli altri ne vengono in morte e in infermità. Perché seguita costui tanto unguento? perché non ne li viene pena, però che dell'unguento che pongono sopra l'infermi non ne li cade dispiacere neuno né neuno male volere, però che non à fatto contra la sua volontà: ché elli voleva unguento, e unguento gli à dato. O miseria umana, cieco è lo infermo che non cognosce el suo bisogno, cieco è il pastore che è medico che non vede né raguarda se none al piacere e a sua propria utilità, che, per non perdarlo, non ci usa né coltello di giustizia né fuoco d'ardentissima carità. Ma costoro fanno come dice Cristo che, se l'uno cieco guida l'altro, amendue ne vanno ne la fossa, e lo infermo e 'l medico ne vanno allo 'nferno.

Costui è dritto pastore mercennaio, che non tanto che esso traga le pecorelle sue di mano del lupo, ma elli è divoratore d'esse pecorelle. Tutto n'è cagione perché ama sé senza Dio; non seguita il dolce Gesù pastore vero, che à data la vita per le pecorelle sue. Bene è dunque pericoloso in sé e in altrui questo perverso amore; bene è da fuggirlo, ché a ogni generazione di gente fa tanto male. Spero per la bontà di Dio, venerabile padre mio, che questo spegnarete in voi, e non amarete voi per voi, né 'l prossimo per voi, né Dio: ma amaretelo perché è somma etterna bontà e degno d'essare amato; voi e 'l prossimo a onore e gloria del dolce nome di Gesù. Voglio che siate quello vero e buono pastore che, se aveste cento migliaia di vite, vi disponiate tutte a darle per l'onore di Dio e salute de le creature.

O babbo mio, dolce Cristo in terra, seguitate quello dolce Gregorio, ché così sarà possibile a voi come a lui, però che elli non fu d'altra carne che voi, e quello Dio è ora che era allotta: non ci manca se non virtù e fame de la salute dell'anime. Ma a questo c'è el remedio, padre: leviamo l'amore detto di sopra da noi e da ogni creatura fuore di Dio, che e' non s'attenda più né ad amici né a parenti né a sua necessità temporale: solo a virtù e ad essaltazione de le cose spirituali: ché per altro non ci vengono meno le temporali, se none per abbandonare la cura de le spirituali.

Or vogliamo noi avere quella gloriosa fame che ànno avuta quelli santi e veri pastori passati, e spegnare in noi questo fuoco, cioè dell'amore di sé? Facciamo come ellino, che col fuoco spegnevano el fuoco; tanto era el fuoco de la inestimabile e ardentissima carità che ardeva ne' cuori e nell'anime loro, che erano tutti affamati, fatti gustatori e mangiatori dell'anime. Odi dolce e glorioso fuoco, che è di tanta virtù che spegne el fuoco d'ogni disordenato diletto e piacere e amore di sé medesimo: fa come la gocciola dell'acqua, che tosto si consuma ne la fornace. Chi mi dimandasse come ci vennero a questo dolce fuoco e fame, non so vedere, ché noi siamo pure arboli infruttiferi, per noi. Ma io m'avego che modo tennero, ché, veduto ch'egli ebbero l'arbolo fruttifero de la santissima e dolcissima croce, mai da essa non si partiro, dove trovaro l'Agnello svenato con tanto fuoco d'amore de la nostra salute che non pare che si possa saziare, anco grida che à sete, quasi dica: «Io ò maggiore ardore e sete e desiderio de la salute vostra che io non vi mostro con questa passione finita».

O dolce e buono Gesù, vergogninsi pontefici e pastori e ogni creatura, dell'ignoranzia e superbia e piacimenti nostri, a raguardare tanta larghezza e bontà e amore inestimabile del nostro Creatore, el quale s'è mostrato a noi arbolo ne la nostra umanità, pieno di dolci e soavi frutti, perché noi arboli salvatichi ci potessimo inestare in lui. Or questo fu el modo che tenne lo inamorato di Gregorio e gli altri buoni pastori che, cognoscendo loro senza neuna virtù none essere, raguardaro el Verbo arbolo nostro, e fecero uno inesto in lui, legati e uniti col legame dell'amore, ché di quello che l'occhio vede, di quello si diletta, quando è cosa bella e buona. Adunque videro e, vedendo, si legaro sì e per sì-fatto modo che non vedevano loro, ma ogni cosa vedevano e gustavano in Dio; non era né vento né grandine, né dimonio né creatura che lo' potesse tòllare che non producessero frutti dimestichi, perché erano innestati nel mirollo dell'arbolo nostro Gesù. E' frutti loro producevano ellino per lo mirollo de la dolce carità, ne la quale erano uniti: non ci à altro modo, e questo è quello che io voglio vedere in voi.

Se per infino a qui non ci fusse stato bene fermo in verità, voglio e prego che si facci, questo punto del tempo che c'è rimaso, virilmente e come uomo virile, seguitando Cristo di cui vicario sete. E non temete, padre, per veruna cosa che avenga, di questi venti tempestosi che ora vi sono venuti, cioè di questi putridi membri che ànno ribellato a voi: non temete, ché l'aiuto divino è presso. Procurate pure a le cose spirituali, a buoni pastori e buoni rettori ne le città vostre, però che per li mali pastori e rettori avete trovata ribellione: poneteci remedio e confortatevi in Cristo Gesù, e non temete.

Mandate inanzi e compite, con vera e santa sollicitudine, quello che per santo proponimento avete cominciato, de l'avvenimento vostro e del santo e dolce passaggio, e non tardate più, ché per lo tardare sono avenuti molti inconvenienti e 'l dimonio s'è levato e leva per impedire che questo non si faccia, perché s'avede del danno suo. Su, padre, non più negligenzia; rizzate el gonfalone de la santissima croce, ché con l'odore de la croce acquistarete la pace. Pregovi che coloro che vi sono ribelli voi gl'invitiate a una santa pace, sì che tutta la guerra caggia sopra gl'infedeli. Spero, per la infinita bontà di Dio, che tosto mandarà l'aiutorio suo. Confortatevi confortatevi, e venite venite a consolare i povarelli servi di Dio e figliuoli vostri. Aspettianvi con affettuoso e amoroso desiderio. Perdonatemi, padre, che tante parole v'ò dette; sapete che per l'abbondanzia del cuore la lingua favella. So' certa che, se sarete quello arbolo che io desidero di vedervi, che neuna cosa v'impedirà.

Pregovi che vi mandiate profferendo come padre, in quello modo che Dio v'amaestra, a Lucca e a Pisa, sovenendoli in ciò che si può e invitandoli a stare fermi e perseveranti. So' stata a Pisa e a Lucca infino a qui, invitandoli, quanto posso, che lega non faccino co' membri putridi che sono ribelli a voi: stanno in grande pensiero, perché da voi non ànno conforto e da la contraria parte sempre sono stimolati e minacciati che la faccino; per infino a qui al tutto non ànno consentito. Pregovi che ne scriviate anco strettamente a missere Piero, e fatelo sollicitamente e non v'indugiate. Non dico più qui.

Ò inteso che avete fatti cardinali: credo che sarebbe onore di Dio e meglio di voi, che attendeste sempre di fare uomini virtuosi; se si farà el contrario, sarà grande vituperio di Dio e guastamento de la santa Chiesa.

Non ci maravigliamo poi se Dio ci manda le discipline e' flagelli suoi, ché giusta cosa è. Pregovi che facciate virilmente ciò che avete a fare, e con timore di Dio.

Ò inteso che 'l Maestro dell'ordine nostro voi il dovete premuovare ad altro benefizio. Pregovi, per l'amore di Cristo crucifisso, che, se elli è così, che voi procuriate di darci uno buono e virtuoso vicario, però che l'ordine n'à bisogno, perché elli è troppo insalvatichito. Potretene ragionare con missere Nicola da Osimo e con l'arcivescovo d'Otronto, e io ne scrivarò a loro.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio.

Dimandovi umilemente la vostra benedizione e perdonate a la mia presunzione, che presummo di scrivare a voi. Gesù dolce, Gesù.



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A Neri di Landoccio.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dilettissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti disponere il vasello del cuore e dell'anima tua a ricevare quello che la divina bontà ti vuole dare col mezzo dell'orazione.

Perché voglio che ti disponga? Perché in altro modo nol potresti ricevere, ché, come Dio da la parte sua è sempre disposto a dare, così l'anima debba sempre disponere sé medesima a ricevere. Con che si dispone? Con quella disposizione che à ricevuta da Dio, la quale ricevemmo quando fummo creati a la imagine e similitudine sua (Gn 1,26). Allora ricevemmo el vasello e la disposizione, e il lume: cioè la memoria, la quale è quello vasello che ritiene; e lo intelletto, ricevendo el lume de la fede nel santo baptesmo; e la volontà, la quale è disposta e atta ad amare, però che senza amore non può vivere.

Sì che la disposizione dell'amore aviamo avuta da Dio per l'essere, però che siamo fatti per amore; e però doviamo col libero arbitrio parare e offerire nel conspetto di Dio questo essere dato a noi per amore, e con l'amore ricevere l'amore: l'amore, dico, generale che Dio à ad ogni creatura ragionevole, e i doni e le grazie particulari, le quali l'anima si sente ricevere in sé medesima. Allora invitiamo Dio a traboccare sopra di noi el fuoco e l'abisso della sua inestimabile carità, con uno lume sopranaturale, e con una plenitudine di grazia, e con uno adornamento di virtù, lavando la faccia dell'anima nel prezioso sangue de l'umile e immaculato Agnello.

Con una fame de l'onore di Dio e salute dell'anime corre in su la mensa del cruciato desiderio, e ine mangia questo dolce e soave cibo tanto abondantemente che scoppia e criepa la propria sensualità; e così rimane morta la volontà ad ogni amore proprio e appetito sensitivo. Così si dispone, come sposo fedele de la verità, a morire e a dare mille volte la vita, se fusse possibile, per essa verità. Ora è il tempo, carissimo e dilettissimo figliuolo, da ponerla; e allora sarai atto a ponerla, quando averai per sempre la sopradetta disposizione. Non dico più.

Permane ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



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A don Giovanni de' Sabbatini da Bologna e don Thadeo de' Malavolti da Siena monaci di Certosa al Belriguardo.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo crocifisso, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con disiderio di vedervi cavalieri virili senza nessuno timore servile.

Così vuole el nostro dolce Salvatore, che noi temiamo lui, e no gli uomini del mondo (così disse egli: «Non timete coloro che possono uccidare il corpo, ma me, che posso l'anima e 'l corpo mettare a lo 'nferno»). E però voglio che siate anegati nel sangue del Figliuolo di Dio, arsi nel fuoco de la divina carità, però che ine si perde ogni timore servile, rimane solo timore di riverenzia. Or che può fare il mondo, el dimonio, e' servi suoi a colui che si truova in questo ismisurato amore, che s'à posto per oggetto el sangue? Non cavelle. Anco sonno strumento di darci e di provare in noi la virtù, però che la virtù si prova per lo suo contradio. E però debba l'anima godere ed essultare, e cercare con sua pena sempre Cristo crocifisso, e per lui anichilare e avilire se medesimo; dilettarsi sempre di pena e di croce. Volendo pena, tu à' diletto, e volendo diletto, tu ài pena. Adunque meglio ci è anegarci nel sangue, e uccidare le nostre perverse volontà con cuore libero al suo Creatore, senza veruna compassione di sé medesimo.

Allora sarà pieno el gaudio e la letizia in voi: aspettarete senza fadiga afligitiva. Di niuno comandamento che ci fusse fatto doviamo sentire pena, ma più tosto diletto; però che non è veruno comandamento fatto per gli uomini che ci possa tòllere Idio, ma sono cagione di darci la virtù de la pazienzia, e fannoci più soliciti a correre in cella ad abraciarci co l'arboro de la croce, ine cercare la visione invisibile che non vi può essere tolta: però che l'affetto e la carità, se noi non voliamo, mai non si perde.

Oh che dolce diletto sarebbe, essere perseguitato per Cristo crocifisso! Di questo voglio che vi dilettiate per qualunche modo Idio vi dà croce, non elegendola a vostro modo, ma a modo di colui che ve la dà, riputandovi indegni di tanta grazia quant'è essere perseguitato per Cristo crocifisso. Sappiate, figliuoli miei dolci in Cristo Gesù, che questa è la via de' santi che seguitarono la via di Cristo: altra via non ci è, che ci menasse a vita. E però voglio che cor ogni solicitudine e con odio santo di voi medesimi voi vi studiate di seguitare questa dolce e dritta via. Al luogo santo de l'orazione date buona solicitudine e perseveranzia, mentre che lo Spirito santo ve la porge: non sia schifata né fugita da voi, se la vita ne dovesse andare. Per tenerezza né per compassione di corpo non lassate mai - perché il dimonio non vorebbe altro se no privarci da l'orazione -, e per compassione di noi, del corpo propio, o per tedio di mente. E però, per veruna di queste cose doviamo lassare l'essercizio de l'orazione, ma col pensiero de la bontà di Dio, conoscendo noi difettuosi, cacciamo le cogitazioni del dimonio e la tenerezza di noi, nascondendovi ne le piaghe di Cristo crocifisso: amaretevi insieme per Cristo crocifisso; non temete di cosa che avenga. Ogni cosa potrete per Cristo crocifisso, che sarà in voi, che vi confortarà.

Siate obedienti infino a la morte, di ciò che vi fusse imposto, che vi fusse più grave. None schifate il frutto per fugire fadiga, poniamo che d'alcuna cosa el dimonio ve la farebbe sentire, e schifare sotto colore di virtù, dicendo: «Questa era la consolazione de l'anima mia, e acrescimento di virtù in me». Non gli credete, ma confidatevi, e tenete che quello che Dio vi donava per mezzo di quella consolazione, vi darà puramente per se medesimo, per la sua bontà. Sapete bene ch'una foglia d'arboro non cade in terra senza la provedenzia sua: sì che ciò che lui permette o al dimonio, o a le creature, che facciano a noi, è fatto con sua provedenzia per necessità de la nostra salute, e per acrescimento di perfezione. Adunque a reverenzia voglio che l'abiate.

Spogliatevi el cuore, e l'affetto eziandio, de le cose temporali, di fuore da quello che vi bisogna per la vostra necessità. Vestitevi di Cristo crocifisso, e 'nebriatevi del sangue suo: e ine trovarete la letizia e pace compiuta. Non dico più.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Amatevi amatevi amatevi insieme. Gesù dolce, Gesù Gesù.



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A suora Bartolomea della Seta nel monasterio di santo Stefano in Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi con vero e perfettissimo lume: el quale lume ci tolle la tenebre, e drizzaci per la via de la verità; facci conosciare la nostra imperfezione, e il danno che ce ne seguita, e l'eccellenzia della perfezione, e quanto è utile a noi e piacevole a Dio.

E però da questo lume veniamo a odio perfetto della propria sensualità e della nostra imperfezione, e veniamo ad amore della virtù; in tanto che neuna cosa può cercare, volere, o desiderare l'anima, se non quello che la facci venire a virtù. Non rifiuta pene né fadighe, anco l'abraccia e dilettasi in esse, perché vede bene che per altra via non può compire el desiderio suo d'acquistare quella virtù che ama. Ella si fa una strada della dottrina di Cristo crocifisso, seguitandola con ansietato desiderio; ella non si reputa di sapere altro che Cristo crocifisso (1Co 2,2); la sua volontà non è sua, però ch'ella l'à morta e abnegata nella dolce volontà di Dio, nella quale volontà s'è unita per affetto d'amore, e con lui fa mansione: però che allora Dio è ne l'anima per grazia, e l'anima è in Dio.

Ella leva sé sopra di sé, cioè sopra el sentimento suo sensitivo, e gusta la dolcezza della verità eterna, la quale conobbe nella dolce volontà di Dio col lume della fede; e vide nel sangue de l'Agnello che la sua volontà non vuole altro che la nostra santificazione. La verità sua è questa: ch'egli à creato l'uomo a la immagine e similitudine sua (Gn 1,26) per darli vita eterna, e acciò che renda gloria e loda al nome suo.

Per la colpa d'Adam questa verità non s'adempiva ne l'uomo, e però egli ci donò el Verbo de l'unigenito suo Figliuolo, ponendogli quella grande obedienzia: che col sangue suo ricomprasse el figliuolo de l'umana generazione; ed egli, come inamorato, corse a l'obrobriosa morte della santissima croce, e non ritrasse la sua obedienzia per morte, per pena, né per rimproverio, né per lusinghe che ricevesse, ma - come valente e virile capitano - fece ancudine del corpo suo, né anco si ritrasse per nostra ingratitudine.

Così fa l'anima che col lume à conosciuta questa verità: ella non si ritrae per mormorazioni, non per bataglie del dimonio, né per tenebre di mente, né per la fragile carne che impugna contra lo spirito; ma tutte queste cose si mette sotto e' piei de l'affetto. Ella è costante e perseverante, che tanto gode quanto si vede sostenere. Bene è adunque da cercare questo vero e perfetto lume, e con odio levare da noi quella cosa che cel tolle, cioè l'amore proprio di noi medesimi. A questo odio verremo, quando staremo serrati nella casa del conoscimento di noi; dove trovaremo l'amore inefabile che Dio ci à, col quale amore cacciaremo l'amore proprio di noi: però che l'anima che si vede amare, non può fare che non ami. Allora s'infonde uno lume sopranaturale ne l'occhio de l'intelletto nostro, col quale lume veniamo ad ogni perfezione: ma senza el lume non vi verremo mai. E però dissi ch'io desideravo di vedervi con vero e perfettissimo lume: di questo voglio che vi studiate, quantunque potete, d'averlo in voi etc.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.



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A' monaci del detto monasterio di Cervaia; A frate Giovanni di Bindo e frate Nicolò di Ghida e a certi altri suoi in Cristo figliuoli, de' frati di Monte Uliveto, presso a Siena.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimi e carissimi fratelli in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, el quale sangue fu sparto con tanto fuoco d'amore, in tanto che doverebbe trare ogni cuore e affetto della creatura.

Non è grande fatto, se la memoria del sangue è ne' cuori de' servi di Dio, però che elli è mescolato con fuoco. Così mi ricordo che disse la prima Verità, una volta, a una serva sua - dimandando ella: «Poi che eravate morto, perché volesti che 'l costato ti fusse aperto e gittasse tanta abbondanzia di sangue?» -, e diceva: «Molte sono le cagioni, ma due principali te ne dirò. L'una per che io volsi, che per l'apritura del lato vi manifestai el secreto del cuore, però che più era dentro l'affetto che io avevo all'uomo, che 'l corpo con l'atto di fuore non poteva mostrare. L'altro si fu el baptesmo che, per li meriti del sangue mio, era dato all'umana generazione».

Sapete che elli gittò sangue e acqua: l'acqua, per lo baptesmo santo che è dato a' cristiani, el quale ci dà la vita e la forma della grazia; e per li meriti del sangue dell'Agnello providde la divina etterna bontà, per remedio de le nostre ignoranzie e miserie. E anco, per coloro che non potessero avere el baptesmo dell'acqua, à posto el baptesmo del sangue e del fuoco: el sangue loro lo' sarebbe baptesmo, sì come fu a' santi Innocenti. Tutto questo valrebbe loro per lo sangue del Figliuolo di Dio: quello sangue de' martiri valse e vale per lo sangue suo.

Ma noi, miseri miserabili cristiani, ricevuta già la grazia, perché non si leva su el cuore nostro, freddo, pieno d'amore proprio e d'ignoranzia, a raguardare tanto ineffabile fuoco d'amore e la sua inestimabile prudenzia? Che, vedendo che per lo peccato noi perdiamo la grazia e la purità - la quale riceve l'anima nel santo baptesmo - si dovarebe el cuore nostro disolvare, per considerazione e gratitudine di tanto benifizio, el quale è di tanta eccellenzia che non si può prendare altro che una volta. Ma confortianci, fratelli in Cristo, e non veniamo meno, né per peccato commesso né per neuna illusione né tentazione di dimonio - e sia ladio sozzo e brutto quanto vuole -, però che 'l medico nostro ci à data la medicina contra ogni nostra infermità, cioè el baptesmo del sangue e del fuoco, nel quale l'anima purifica e lava ogni peccato, consuma e arde ogni tentazione e illusione di dimonio, però che 'l fuoco è intriso col sangue: adunque bene è vero che elli arde. L'amore dello Spirito santo è esso fuoco, però che l'amore fu quella mano che percosse el Figliuolo di Dio, e feceli versare sangue: unironsi insieme, e fu sì perfetta questa unione che noi non potiamo avere fuoco senza sangue, né sangue senza fuoco.

E perch'è l'uomo, mentre che vive, ne la carcere corruttibile del corpo suo - el quale è una legge perversa che sempre lo 'nvita e inchina a peccato (Rm 7,23) -, à posto el dolce e buono Dio questo continuo remedio, el quale fortifica la ragione e libertà de l'uomo, cioè di questa continua medicina del fuoco de lo Spirito santo che non gli è mai tolto, anco aduopera continuamente le grazie e doni suoi, in tanto che ogni dì puoi e debbi operare questo santo e dolce baptesmo, el quale t'è dato per grazia e non per debito.

Quando l'anima raguarda e vede in sé tanta eccellenzia e fortezza di fuoco di Spirito santo, inebbria sì e per sì-fatto modo dell'amore del suo Creatore che elli al tutto perde sé e, vivendo, vive morto: non sente in sé amore né piacimento di creatura, però che la memoria già s'è impita dell'affetto del suo Creatore. Lo intendimento non si stende a intendare né a vedere neuna cosa creata fuore di Dio: solo intende e vede sé medesimo none essere, e la bontà di Dio in sé; la quale bontà infinita vede che non vuole altro che 'l suo bene. Allora l'amore suo è diventato perfetto verso di Dio, ché, non avendo in sé altro né intendendo altro, allora non si potrebbe tenere el veloce corso del disiderio, ma corre senza neuno peso o legame, però che elli à tagliato da sé e levato ogni peso che gli fusse cagione a impedire questo corso: sono sì legati nel giogo di Cristo che amano loro per Dio e Dio per Dio e 'l prossimo per Dio. A questa perfezione, carissimi fratelli, voi sete invitati: tratti sete da lo Spirito santo dello stato del secolo, legati col funcello della santa e vera obedienzia, menati a mangiare fiadoni di mèle nel giardino de la santa Chiesa.

Adunque io vi prego, poi che tanto è dilettevole, che già mai non volliate el capo adietro per veruna fadiga o tentazione che 'l dimonio desse a voi; non venga mai a tristizia o a confusione l'anima vostra, però che 'l dimonio non vorrebbe altro. E spesse volte ci darà molte molestie e variate battaglie; ed i falsi giudicii dare contra l'obbedienzia che ci fusse imposta. E non fa questo perché di primo colpo creda che noi cadiamo, ma solo perché venga a disordenata tristizia e confusione di mente; ché, essendo condutta l'anima in su la tristizia e confusione, per tedio di sé perde e abandona e' suoi essercizii spirituali, e' quali faceva, parendoli che le sue operazioni non debbano essere accette né piacevoli a Dio - perché glil pare fare in tanta tenebre e freddezza di cuore, parendoli essere privata del calore de la carità -: parli meglio di lassarle stare che di farle. Allora el dimonio gode, ché ti vede per la via di conducerti a disperazione, ché in altro modo non può guadagnare l'anima se non per questo: ché, se tutti e' peccati si raunassero in uno corpo d'uno uomo, ed e' li rimanga la vera speranza e la viva fede della infinita misericordia, non ci potrà tòllare che noi non participiamo e riceviamo el frutto del sangue del Figliuolo di Dio, el quale el dolce Gesù sparse volendo adempire l'obedienzia del Padre e la salute nostra.

E perché none aveva in sé altra volontà se none d'adempire quella del Padre suo, ogni pena strazio scherni e morte gli tornava a grandissima dolcezza, in tanto che gli parbe giognare alla Pasqua, giugnendo a le pene. Questo parbe che mostrasse ne la cena, quando disse a' discepoli suoi: «Con desiderio ò desiderato di fare questa Pasqua» (Lc 22,15); questa era la Pasqua, che vedea compiuto el tempo e venuto quello che tanto aveva desiderato, cioè di fare sacrifizio del corpo suo al Padre per noi, in su' legno de la santissima croce.

Or così voglio che facciate voi, però che così fa l'anima inamorata di Dio: none schifarà fadiga che trovasse, né per dimonio né per obedienzia, ma tanto gode quanto si vede sostenere; e tanto gode ed essulta quanto si vede più legato corto dal prelato suo per obedienzia, perché vede che tanto quanto l'affetto e la volontà è legata qua giù, e tanto è più larga e legata con Cristo. E se mi diceste: «Che modo tengo, quando sento le tenebre e la cechità de la mente, che non pare che ci sia punto di lume unde io mi possi attaccare a speranza?», dicovelo, fratelli e figliuoli miei. Voi sapete che solo el peccato sta ne la perversa e mala volontà: quando vede la buona volontà in sé - che elegge inanzi la morte che offendare attualmente el suo Creatore -, allora debba abbandonare la confusione di sé, e andare per lo lume, el quale truova, d'una grazia nascosta nell'anima, la quale Dio gli à data conservandoli la buona volontà.

Or a questa mensa si debba pasciare, essercitandosi in ogni operazione, e risponda alla confusione del dimonio: «Se la divina grazia non fusse in me, io non avarei buona volontà, ma seguitarei le malizie tue e le mie perverse cogitazioni; ma io mi confido "in domino nostro Iesu Christo", el quale mi conservarà infine all'ultimo de la vita mia». Voglio che apriate l'occhio de la ragione, fratelli miei, ché nel cognoscimento di noi medesimi l'anima s'aumilia - lo quale riceve per le molte tenebre e molestie de le dimonia -, e cresce in sollecitudine e in amore di Dio, però che vede che senza lui non si può difendare, e truova in sé Dio per santa e buona volontà.

Così abbiamo veduto in che modo troviamo Dio nel tempo de le tenebre, e come ne le cose amare l'anima truova dolcezza solo per l'affettuoso e consumato amore, el quale l'anima concepe e truova continuamente nel baptesmo e del sangue e del fuoco de lo Spirito santo, el quale è a noi principio, regola, mezzo e fine nostro; nel quale fine l'anima non è più viandante né (He 11,13 1P 2,11) pellegrina in questa vita, ma è fermata e stabilita ne la visione etterna di Dio, ove riceve el frutto d'ogni sua fatica. Adunque corriamo, diletti figliuoli miei, none schifando né fuggendo neuna fadiga, seguitando el capo nostro Cristo Gesù.

Altro non dico. Volate con l'ale de la profonda umilità e ardentissima carità.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio.



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A Francesco e a monna Agnesa predetti.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi alluminati di vero lume, a ciò che perseveriate ne la virtù infine a la morte.

Senza el lume, carissimi, andareste in tenebre e non cognosciareste la verità; e le cose dolci ci parrebbero amare, e le amare dolci. Ma avendo el lume saremo cauti, e fuggiremo tutte quelle cose che avessero a diminuire in noi la virtù e l'amore che doviamo avere, schietto, al nostro Creatore. Con questo lume vedremo quanto è pericolosa cosa la conversazione di quelli che vivono senza el timore di Dio, però che ella è il fondamento de la nostra ruina. Ella ci fa ingrossare la conscienzia, tolleci la madre dell'orazione, leva via l'astinenzia, intepidisce il fervore, dilata l'affetto ne' diletti vani del mondo, furaci l'umilità santa, tolleci l'onestà, apre i sentimenti del corpo e acieca l'occhio dell'intelletto nostro, in tanto che mai non pare che l'anima abbi cominciato a cognoscere el suo Creatore; e così a poco a poco non s'avede la creatura, e truovasi, d'uno angelo terrestro, diventato demonio d'inferno.

E dove è la purità che tu solevi avere? Ove è el desiderio di patire per Dio? Dove sono le lagrime che tu solevi spandere nel conspetto di Dio con umile continua e fedele orazione? Dove è la carità fraterna che tu avevi a ogni creatura ragionevole? Nulla ce n'è rimasto, però che 'l demonio m'à furato tutto col mezzo de' servi suoi. Non voglio, figliuoli carissimi e dolcissimi, che questo adivenga a noi; ma la nostra conversazione sia sempre con quelli che temono e amano Dio in verità.

Questi sono cagione di riscaldare la freddezza del cuore nostro, dissolvono la durizia con dolci ragionamenti di Dio, ragionando de la grande bontà e carità sua verso di noi. L'uno è cagione di dare lume all'altro, ricercando la dottrina di Cristo crucifisso e la vita de' santi. Ordinansi tutti i sentimenti del corpo con una modestia santa; abraccia l'umilità, e la viltà sua sorella, sprezzando sé medesimo. E così, brevemente, ogni bene seguita de la conversazione de' servi di Dio; sì come ogni male ci dà quella de' servi del mondo. Unde dice lo Spirito santo per la bocca del profeta: «Tu sarai santo co' santi, innocente con gl'innocenti, eletto con gli eletti - e perverso co' perversi».

Voglio adunque che a questo abbiate una grande avertenzia di sempre conversare co' servi di Dio e serve; e gli altri e altre fuggire come fuoco. E non vi fidate mai di voi, dicendo: «No, io so' forte e non temo che questi mi faccia cadere». Non così, per l'amore di Dio! ma con vera umilità cognosciamo che, se Dio non ci tiene egli, noi saremmo demoni incarnati: noi n'aviamo l'essemplo inanzi sì-fatto, che sempre doviamo stare in tremore. So' certa, se avrete vero lume, che voi in questo e in ogni altra cosa compirete la volontà di Dio, e il desiderio mio; altrimenti, no. E però vi dissi che io desideravo di vedervi alluminati d'esso lume. Per fretta non dico più ora.

Racomandateci a Bartalo e a monna Orsa strettamente, e benedicete Bastiano. Quando vedete More, confortatelo molto, e ditegli che ci scriva come elli sta. Lisa, Alessa e tutti gli altri vi confortano in Cristo.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Poi che io ebbi scritta questa lettera, ricevetti le vostre due, a le quali non bisogna fare altra risposta.

Confortatevi in Cristo Gesù.




Caterina, Lettere 185