Caterina, Lettere 191

191

A Tommaso da Alviano.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Gesù Cristo, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi servo fedele alla santa Chiesa, sì come colonna e difenditore di questa dolce Sposa di Cristo; però che chi sarà trovato fedele nel punto della morte sua non vederà pena etternale.

Ogni fedele cristiano è tenuto d'essere fedele e di servire alla santa Chiesa, e ciascuno secondo lo stato suo: Dio mette e' suoi lavoratori in questo glorioso giardino, e noi siamo quelli lavoratori e' quali doviamo servire in tre modi. L'uno modo tocca generalmente a tutti e' fedeli cristiani, e' quali debbono lavorare con umili e sante orazioni e con vera obedienzia, cioè d'essere obedienti e reverenti alla santa Chiesa, la quale è el giardino de' cristiani, dove essi si dilettano e traggono la vita della grazia (quando essi non sono spregiatori del sangue, che lo spregino col peccato mortale e con la inreverenzia e disobedienzia alla santa Chiesa; ma stiamo come lavoratori, come detto è).

El secondo modo è di coloro che sono posti a lavorare in questo giardino per ministri, e' quali ànno a ministrare e' sacramenti della santa Chiesa, a pascerci e notricarci spiritualmente. E' quali ci debbono notricare di dottrina e d'essemplo; e se l'essemplo loro non fusse specchio di virtù, non è però di meno la vita che noi traiamo da questi sacramenti, colà dove noi gli riceviamo degnamente. E non debba essere di meno - per alcuno defetto o malo essemplo de' pastori - la reverenzia che noi doviamo avere verso di loro, però che la virtù del sacramento non riceve lesione per alcuno difetto loro. E però noi gli doviamo avere in reverenzia per la vertù del sacramento, e perché essi sono i suoi onti, e chiamali per la Scrittura e' suoi cristi; e non vuole che essi sieno toccati, o buoni o gattivi che sieno, per mano de' seculari; e però è molto spiacevole e abominevole nel conspetto di Dio questo peccato. E gli iniqui uomini, come membri del dimonio, se ne vogliono fare giudici in punire i loro defetti, e come ciechi perseguitano la santa madre Ecclesia.

E per questa malvagia e iniqua persecuzione à proveduto Dio del terzo modo, cioè de' terzi che lavorino in questo giardino; e questi sono coloro e' quali la sovengono temporalmente, servendola fedelmente dell'avere e della persona, tra e' quali mi pare che Dio abbi eletto voi, perché voi le siate servo fedele ora nel grande bisogno suo. Questo servizio è tanto piacevole a Dio che la lingua nostra non sarebbe sufficiente a narrarlo, e spezialmente quando l'uomo serve non tanto per diletto o per propria utilità, quanto per zelo della santa Chiesa, cioè per lo suo acrescimento ed essaltazione. E tanto è piacevole a Dio che, eziandio se molti fussero che non avessero quella dritta e santa intenzione la quale debbono avere, anco ne saranno però remunerati d'ogni servizio che sarà fatto a questa dolce sposa; e Dio sarà per coloro che per lei s'affadigaranno, e se Dio è per loro, neuno sarà contra a loro.

E però io v'invito, carissimo fratello, ad affadigarvi virilmente, voi e gli altri che sono a vostra compagnia, affadigandovi con santa e buona intenzione per la dolce Sposa di Cristo: questa è la più dolce fadiga e di più utilità che alcuna altra fadiga del mondo; questa è una fadiga che perdendo vincete, cioè che, perdendo la vita corporale, avete vita etterna, però che nel sangue sparto per la santa Chiesa, si lavano tutti e' difetti e le iniquità che aveste commesse; e se vince, à già fatta l'offerta dinanzi a Dio della vita sua, perché si misse alla morte; e se elli acquista della sustanzia temporale, è sua licitamente. E chi dunque non volesse, fratello carissimo, disponersi a ogni pena e tormento per essere servo e fedele di questa dolce sposa? Non vi si mettarà colui che è acecato e spregiatore del sangue di Cristo, che la perseguita, e a uno tratto uccide l'anima e 'l corpo, e consuma i beni temporali.

O quanta grazia v'à fatta Dio, a voi e agli altri che la servono, che ve n'à fatto aitatore e non perseguitatore! Unde io vi dico che se voi deste el corpo vostro ad ardere, non potreste satisfare a tanta grazia. E però vi prego che voi gli rispondiate con amore ineffabile; ed essere specchio di virtù nello stato vostro, a ciò che voi facciate con santa e buona intenzione; e siate colonna ferma e servo fedele, e il gonfalone della santissima croce non si parta mai dal cuore e dalla mente vostra. Non essendo virtuoso, né purificando la conscienzia con la santa confessione, non sareste servo fedele né a Dio né alla Chiesa sua, né buono lavoratore in questo giardino. E però vi dissi che io desideravo di vedervi servo fedele alla santa Chiesa. Pregovene e strengovene, voi e gli altri, da parte di Cristo crucifisso, che così facciate; e sempre condite la virtù della giustizia con la misericordia, però che altrimenti non sarebbe virtù.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crucifisso, e con santa intenzione e buona sollicitudine fate quello che avete a fare; e io levarò le mani e la mente al cielo, e orarò continuamente per voi e per gli altri, pregandolo che vi guardi da ogni male e che ci dia grazia che si facci una dolce pace; e dopo la pace andiamo tutti di bella brigata sopra gl'infedeli: quello mi darà grandissima allegrezza; e questo mi dà grandissima pena, di vedere che noi siamo condotti a tanto, che l'uno cristiano combatte con l'altro, e i figliuoli ribellano al padre, perseguitando el sangue di Cristo crucifisso. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



192

A Neri di Landoccio da Siena, in casa Tomasino a santo Alo in Napoli.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dolcissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti sempre crescere di virtù in virtù, infino che io ti vegga tornare al mare pacifico dove tu non avrai dubitazione d'essere mai separato da Dio; però che la puzza della legge perversa che impugna contra allo spirito sarà rimasta alla terra, e avràle renduto el debito suo.

Voglio, dolcissimo figliuolo, che mentre che vivi in questa vita, tu t'ingegni di vivere morto ad ogni propria voluntà, e con essa morte acquisterai le virtù. Per questo modo vivendo darai a terra la legge della perversa voluntà; e così non dubiterai che Dio permetta in te quello che permise a quell'altro, né avrai pena perché per spazio di tempo l'umanità tua sia separata da me e dall'altra congregazione. Confortati e stieti a mente quello che disse la Verità, che delle sue mani non ne sarebbe tolto veruno; dico delle sue mani, perché ogni cosa è suo, e io so che tu m'intendi sanza molte parole.

Rispondoti alla lettera che mi mandasti. Sappi che io ò ricevuti xxiiij carlini sì come tu mi scrivi; Dio retribuisca i benefattori a vita eterna, ché sicuramente lo Spirito santo fece provedere alla neccessità. p inteso quello che mi scrivi del morto: credi che alcuno frutto vi si farebbe; unde parrebbe a me che di quelli che vi sono, cioè l'abbate Lysolo principalmente, con gli altri insieme, se veruno modo possono vedere che frutto vi si faccia, e egli si possa venire, ne scrivessino el loro parere al nostro babbo e al suo fratello, el quale è con lui - e paia che per loro medesimi si muovano - significando quello che credeno che vi si facesse. Dell'andare a Siena ti rispondo che tu guardi due cose: l'una se costì si fa veruna utilità, e se tu vedi, che si scriva come detto egl'è di sopra; l'altra si è se tu non credessi fare utilità al padre tuo, che non ne vada, né ti parta di costì, e se le cose sopradette (.) sappi se tu puoi farlo per mezo d'uno procuratore e fallo sollicitamente; e in quanto queste cose non apparischino va' tu con consentimento e licenzia de l'abbate Lysolo, e poi che tu ài spacciato a Siena, e tu te ne vieni subbito el più che tu puoi qua; e come tu se' ine, fa' che tu mi scriva. Òtti scritte altre lettere le quali non pare che tu abbi avute, e rispostoti ad ogni bisogno, e anco scrissi a Tomasino una grande lettera toccando sopra quello che m'informasti, e scrissi a Franceschello una buona lettera: Dio le facci arrivare come è suo onore. Non mi rammenta che io abbi a scriverti o vero a risponderti di niuna cosa neccessaria, e però, se bisogna, riscrivi ché forse non ò avuta la lettera per la quale di' che mi scrivesti cose da risponderti.

Conforta l'arcivescovo, l'abbate, Tommasino, Franceschello e la donna di missere Ceccolo in Cristo dolce Gesù e ringrazia loro e gli altri benefattori. La nonna ti conforta, e tutta l'altra famiglia, e il cieco ti si raccomanda. Di frate Ramondo abiano buone novelle: che egli sta bene e lavora molto forte per la santa Chiesa; egli è vicario della provincia di Genova e tosto sarà fatto maestro in teologia. Da Siena ò avuto novelle che egli ànno avuto licenzia di murare Belcaro, e però se vedessi di costà potere avere alcuno aiuto per lo lavorio, sì el fa. Abiamo tolta una casa presso a Santo Biagio tra Campo di Fiore e Santo Eustachio e crediamvi tornare innanzi Pasqua per la grazia di Dio.

Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Fatta a dì iiij di dicembre 1379.



193

A missere Lorenzo dal Pino da Bologna dottore in Decretali.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi amatore e seguitatore della verità, e spregiatore della bugia.

Ma questa verità non si può avere né amare se ella non si cognosce. Chi è Verità? Dio è somma ed etterna Verità. In cui la cognosciaremo? In Cristo dolce Gesù, però che col sangue suo ci à manifestata la verità del Padre etterno. La verità sua è questa, verso di noi: che elli ci creò alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26) per darci vita etterna, e participassimo e godessimo del bene suo. Ma per la colpa de l'uomo questa verità non s'adempiva in lui, e però Dio ci donò el Verbo del suo Figliuolo, e imposeli questa obedienzia: che elli dovesse restituire l'uomo a grazia con molto sostenere, purgando la colpa de l'uomo sopra di sé; e nel sangue suo manifestasse la sua verità. Unde, per l'amore ineffabile el quale l'uomo truova mostrare a sé da Dio, con questo mezzo del sangue di Cristo cognosce che Dio non cerca né vuole altro che la nostra santificazione, e per questo fine fummo creati: e ciò che Dio dà e permette a noi in questa vita, dà perché siamo santificati in lui.

Questa verità, chi la cognosce, non se ne scorda, ma sempre la seguita e ama, tenendo per le vestigie di Cristo crucifisso. E sì come questo dolce e amoroso Verbo, a nostro essemplo e dottrina, spregiò el mondo e tutte le sue delizie, e volse sostenere fame e sete, obbrobrii e rimproverii infine alla obbrobriosa morte della croce, per onore del Padre e per salute nostra, così queste vestigie e vie seguita colui che è amatore della verità, la quale cognobbe col lume della santissima fede, però che senza questo lume non si potrebbe cognoscere, ma, avendolo, la cognosce; e cognoscendola l'ama, e diventa amatore di ciò che Dio ama, e odia ciò che Dio odia.

Questa differenzia è tra colui che ama la verità, e colui che l'odia. Colui che odia la verità è quelli che giace nella tenebre del peccato mortale. Questi odia quello che Dio ama, e ama quello che Dio odia. Dio odia el peccato e il disordenato diletto e piacere del mondo; ed elli l'ama, notricandosi nella miseria del mondo, e in ogni stato si corrompe. Se elli à offizio per lo quale elli abbi a ministrare alcuna cosa al prossimo suo, elli nol serve se non quanto se ne vede trare utilità, e più no: e fatto è amatore di sé medesimo. Cristo benedetto dié la vita per noi, ed elli non vuole dare una parola in servizio del prossimo che non si vegga pagato e soprapagato. E se elli è povarello che non possa pagare, elli el fa stentare prima che gli dica la verità, e spesse volte non glil dice, ma fassi beffe di lui; e dove elli debba essere pietoso e padre de' povari, ed elli è fatto crudele all'anima sua, perché offende e' povarelli. Ma el misero uomo non vede che el sommo giudice non gli rendarà altro che quello che riceve da lui, però che giustamente ogni peccato è punito, e ogni bene remunerato. Cristo abracciò la povertà voluntaria, e fu amatore della continenzia; e il misero uomo el quale è fatto seguitatore e amatore della bugia, fa tutto el contrario, però che non tanto che elli stia contento a quello che elli à, o che elli el refiuti per amore della virtù, ma elli invola l'altrui. E non che elli stia contento allo stato del matrimonio nel quale, se l'osserva come die, può stare con buona conscienzia; ma elli come disordenato e animale bruto s'involle in ogni miseria, e, come el porco s'involle nel loto, così fa elli nel loto della immondizia.

Ma noi potremmo dire: « Che farò io, che ò le ricchezze e so' nello stato del matrimonio, se queste cose sono dannazione dell'anima mia?». O carissimo fratello, in ogni stato che l'uomo è, può salvare l'anima sua e ricevere in sé la vita della grazia - ma non mentre che elli sta in colpa di peccato mortale -, però che ogni stato è piacevole a Dio, e non è acettatore delli stati, ma del santo desiderio. Unde noi le potiamo tenere quando si tengono con ordenata voluntà, però che ciò che Dio à fatto, è buono e perfetto, eccetto el peccato, che non è fatto da lui, e però non è degno d'amore. Le ricchezze e lo stato del mondo, se l'uomo le vuole tenere, elli può, e non offende Dio né l'anima sua: ma se elli le lassasse, sarebbe maggiore perfezione, però che maggiore perfezione è a lassare che a tenere. Ma se elli non vuole lassare attualmente, debba lassare e refiutarle col santo e vero desiderio, e non ponere in loro el suo principale affetto, ma solo in Dio; e tenerle per uso a' suoi bisogni e della sua famiglia, e come cosa prestata, e non come cosa sua. Facendo così, non riceve mai pena d'alcuna cosa creata, però che la cosa che non si possede con amore, non si perde mai con dolore.

Unde vediamo che e' servi del mondo, amatori della bugia, portano nella vita loro grandissime pene, e infine all'ultimo cruciati tormenti. Chi n'è cagione? el disordenato amore che à a sé e alle cose create, amandole fuore di Dio, però che la divina bontà à permesso che ogni disordenato affetto sia incomportabile a sé medesimo. Questo cotale sempre crede la bugia, però che in lui non è cognoscimento di verità, e credesi tenere el mondo e stare in delizie, farsi Dio del corpo suo, e dell'altre cose che elli ama disordenatamente, ed elli glil conviene lassare. Unde noi vediamo che o elli le lassa morendo, o Dio permette che elle ci sieno levate dinanzi, e tutto dì el vediamo: però che testé è l'uomo ricco, e testé povero; oggi è salito nello stato del mondo, e domane è sceso; ora sano, e ora infermo: e così ogni cosa è mutabile; e sonci levate dinanzi quando ce le crediamo bene strignere, o noi siamo tolti a loro col mezzo della morte, sì che vedete che ogni cosa passa.

Unde, vedendo che elle passano, si debbono possedere con modo e con lume di ragione, amandole con quello modo che si debbono amare; e così tenendole, non le terrà con tenimento di colpa, ma con grazia, e con larghezza di cuore e non con avarizia, con pietà de' poveri e non con crudeltà, con umilità e non con superbia, con gratitudine e non con ingratitudine; e ricognosceralle dal suo Creatore, e non da sé. E con questo medesimo amore ordenato amarà e' figliuoli, gli amici e' parenti, e ogni altra creatura che à in sé ragione. E terrà lo stato del matrimonio non disordenato, ma ordenato sì come sacramento, e averà in reverenzia e' dì che sono comandati dalla santa Chiesa; starà e vivarà come uomo, e non come animale: e non essendo continente, sarà continente perché sarà continente e ordinata la voluntà sua. Questi sarà uno arbore fruttifero che produciarà e' frutti delle virtù; e sarà odorifero, però che stando nella puzza, gittarà odore; e il seme che uscirà di lui, sarà buono e virtuoso. Sì che vedete che in ogni stato voi potete avere Dio, però che lo stato non è quello che cel tolle, ma solo la mala voluntà, la quale voluntà, essendo posta in amare la bugia, è disordenata; e con essa voluntà corrompe ogni sua operazione. Ma se elli ama la verità, seguita le vestigie della verità, unde odia quello che odia la verità, e ama quello che ama la verità; e allora è buona e perfetta ogni sua operazione. In altro modo non gli sarebbe possibile di participare la vita della grazia; né alcuna sua operazione farebbe frutto di vita. Unde, non cognoscendo io altra via, dissi che io desideravo di vedervi amatore e seguitatore della verità e spregiatore della bugia: cioè che odiate el dimonio padre delle bugie, e la propria sensualità, che seguita così-fatto padre; e amiate Cristo crucifisso, che è via, verità e vita, però che, chi va per lui, giogne alla luce, e vestesi del lucido vestimento della carità, dove sono fondate tutte le virtù.

La quale carità e amore ineffabile, quando è nell'anima, non si chiama contenta allo stato comune, ma desidera d'andare più inanzi, unde da la povertà mentale desidera d'andare a l'attuale, e da la mentale continenzia vuole andare all'attuale, per osservare e' comandamenti e i consigli di Cristo, cominciandoli a venire a tedio el fracidume del mondo. E perché molto gli pare malagevole stare nel loto e non imbrattarsi, desidera con ansietato desiderio e affocata carità di sciogliarsi a uno tratto dal mondo, in quanto gli fusse possibile; e non essendoli possibile di levarsi attualmente, si studia d'essere perfetto nello stato suo: almeno el desiderio non gli manca. Adunque, carissimo fratello, non dormiamo più, ma destianci dal sonno. Aprite l'occhio dell'intelletto col lume della fede a cognoscere e ad amare e a seguitare questa verità la quale cognosciarete nel sangue de l'umile e amoroso Verbo. El sangue trovarete nel cognoscimento di voi, però che la faccia dell'anima si lava col sangue: el sangue è nostro, e neuno cel può tòllere, se noi non vogliamo. Non siate dunque negligente, ma, come vasello, empitevi del sangue di Cristo crucifisso. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




194

A monna Tora figliuola di missere Piero Gambacorti da Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti spogliato el cuore e l'affetto tuo del mondo e di te medesima, però che in altro modo non ti potresti vestire di Cristo crucifisso, perché il mondo neuna conformità à con Dio.

L'affetto disordenato del mondo ama la superbia, e Dio l'umilità; egli cerca onori stato e grandezza, e Cristo benedetto le dispregiò, abraciando le vergogne scherni e villanie, fame sete freddo e caldo, infine all'obbrobiosa morte de la croce; e con essa morte rendé onore al Padre, e noi fummo restituiti a grazia.

Questo affetto disordenato cerca di piacere a le creature, non curando di dispiacere al Creatore; e egli non cercò mai se non di compire l'obedienzia del Padre etterno per la nostra salute. Egli abracciò e vestissi de la povertà voluntaria; e il mondo cerca le grandi ricchezze.

Bene è dunque differente l'uno da l'altro, e però di necessità è che se el cuore è spogliato del mondo, sia pieno di Dio; e se egli è spogliato di Dio, sia vestito e pieno del mondo. Così disse el nostro salvatore: «Neuno può servire a due signori; ché, se serve all'uno, è in contempto all'altro». Doviamo dunque con grande sollicitudine levare el cuore e l'affetto da questo tiranno del mondo, e ponerlo tutto libero e schietto in Dio, e senza veruno mezzo; non doppio, né amare fittivamente: però che egli è il dolce Dio nostro che tiene l'occhio suo sopra di noi, e vede l'occulto secreto del cuore nostro. Troppo è grande simplicità e mattezza la nostra, che, vedendo noi che Dio ci vede, e è giusto giudice che ogni colpa punisce e ogni bene remunera, e noi stiamo come acecati e senza veruno timore, aspettando quello tempo che noi non aviamo né siamo sicuri d'avere. Sempre ci andiamo attaccando, e se Dio ci taglia uno ramo e noi ne pigliamo un altro; e più ci curiamo di perdere queste cose transitorie, e de le creature, che noi non ci curiamo di perdere Dio.

Tutto questo ci adiviene per lo disordenato amore che noi ci aviamo posto, tenendole e possedendole fuore de la volontà di Dio; unde in questa vita ne gustiamo l'arra dell'inferno, però che Dio à permesso giustamente che chi disordenatamente ama sia incomportabile a sé medesimo. E sempre à guerra nell'anima e nel corpo: pena porta di quello che possiede - per timore che egli à di non perdarlo -; e per conservarlo, che non gli venga meno, s'affadiga el dì e la notte; pena porta anco di quello che non à, perché l'appetisce d'avere.

E così mai l'anima non si quieta in queste cose del mondo, perciò che sono tutte meno di sé: elle sono fatte per noi, e non noi per loro; e noi siamo fatti per Dio, acciò che gustiamo el suo sommo e etterno bene.

Solo adunque Dio la può saziare; in lui si pacifica e in lui si riposa, però che ella non può volere né desiderare veruna cosa che ella non truovi in Dio. Egli sa, può e vuole dare a noi più che noi non sappiamo desiderare per la nostra salute, e noi el proviamo: però che, non tanto che egli ci dia adimandando, ma elli ci dié prima che noi fussimo, ché, non pregandonelo mai, ci creò all'imagine e similitudine sua (Gn 1,26), e recreocci a grazia nel sangue del suo Figliuolo.

Sì che l'anima si pacifica in lui, e none in altro - però che elli è colui che è somma ricchezza, somma sapienzia, somma bontà e somma bellezza, in tanto che nullo può estimare la sua bontà, grandezza e diletto, se non esso medesimo -, sì che egli può sa e vuole saziare e compire i santi desiderii di chi si vuole spogliare del mondo, e vestire di lui. Adunque io voglio che a questo poniamo ogni nostro studio: di spogliare el cuore e l'affetto nostro di tutte le cose terrene e de le creature, amando ognuno in Dio e per Dio; e fuore di lui nulla. A questo t'invito, dolcissima figliuola: a ponere e fermare el cuore e la mente tua in Cristo crucifisso; lui cercare e di lui pensare, dilettandoti di stare sempre dinanzi a Dio con umile e continua orazione.

La quale orazione io ti do per principale tuo essercizio, che quanto t'è possibile vi spenda entro il tempo tuo; però che ella è quella madre che ne la carità di Dio concepe le vere virtù, e ne la carità del prossimo le parturisce; in essa orazione impara l'anima a spogliarsi di sé e vestirsi di Cristo. In essa gustarai l'odore de la continenzia; in essa acquistarai una fortezza che non curerai battaglie di demonia, non rebellione de la fragile carne, né detto di creatura che ti volesse rimuovere dal santo proposito; contra tutte starai forte constante e perseverante infine a la morte. In essa orazione t'inamorrai de le pene per conformarti con Cristo crucifisso; in essa riceverai uno lume sopranaturale, col quale caminerai per la via de la verità.

Molte cose t'avrei a dire sopra questa madre dell'orazione; ma la brevità del tempo nol patisce. Studiati pur in essa, e sempre t'ingegna di cognoscere te e i difetti tuoi, e la grande bontà di Dio in te, e l'affetto de la carità sua, e gl'infiniti benefizii suoi. Altro non ti dico. Racomandaci a missere Piero, e a tutta la famiglia. La nonna ti benedice molto. Lisa, Alessa e l'altre tutte ti confortano in Cristo.

Permane nella santa e dolce dilezione di Dio.




195

A Stefano di Currado Maconi.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con disiderio di vederti forte e perseverante nella bataglia, acciò che ricevi la corona della gloria (1P 5,4). E tu sai bene che solo a' perseveranti è data la corona e 'l frutto delle sue fadighe.

Ma tu mi dirai: «In che modo posso avere questa fortezza, con-ciò-sia-cosa-ch'io sia tanto debile e fragile che ogni piciola cosa mi fa dare a terra?» Io ti rispondo e confessoti che tu se' debile e fragile sicondo la sensualità, ma sicondo la ragione e la fortezza dello Spirito non è così, però che nel sangue di Cristo siamo fortificati: solo, la debilezza sta nella sensualità. Potiamo dunque vedere per che modo s'acquista questa fortezza, poi che ogni debilezza è nella parte sensitiva.

Dico che per questo modo acquistaremo questa gloriosa virtù della fortezza e longa perseveranza: che, poi che la ragione è fortificata nel sangue di Cristo, ci dobiamo anegare in questo dolce e glorioso prezzo, vedendolo con l'occhio de lo 'ntelletto e 'l lume della santissima fede nel vasello de l'anima nostra; conoscendo l'esser nostro da Dio e la ricreazione che Dio ci fece a grazia nel sangue de l'unigenito suo Figliuolo, dove ci fu tolta la debilezza. O figliuolo carissimo, riguarda e gode, ché tu se' fatto vasello che tiene el sangue di Cristo, se tu el vorrai gustare per affetto d'amore.

O sangue piatoso, ché per te si distilò la piatosa misericordia: tu se' quello glorioso sangue dove lo ignorante uomo può conosciare e vedere la verità del Padre eterno, con la quale verità e amore inefabile fumo creati alla immagine e similitudine di Dio (Gn 1,26). (La sua verità fu questa: perché participassimo e godessimo di quello sommo bene suo, el quale egli gusta in sé. Nel sangue ci ài manifestata questa verità, e per altro fine non creasti l'omo).

O sangue, tu disolvesti la tenebre, e desti la luce a l'uomo acciò che conoscesse la verità e la santa volontà del Padre eterno. Tu ài impita l'anima di grazia, ond'ella à tratta la vita ed è privata della morte eternale.

Tu ingrassi l'anima del cibo de l'onore di Dio e salute dell'anime, tu la satolli d'obrobii - desiderandoli e portandoli per amore di Cristo crocifisso -. Tu ardi e consumi l'anima nel fuoco de la divina carità, cioè che consumi ciò che trovassi nell'anima fuori della volontà di Dio, ma tu non l'affligi né disecchi per colpa di peccato mortale. O sangue dolce, tu la spogli del propio amore sensitivo - el quale amore indebilisce l'anima che se ne veste -, e à'la vestita del fuoco della divina carità, perché non può gustare te, sangue, che tu non la vesta di fuoco - perché tu fusti sparto per fuoco d'amore - acostandoti ne l'anima. Perché amore non è senza fortezza, né fortezza senza perseveranzia: e però la fortifichi e conforti in ogni aversità.

Adunque vedi, dolcissimo figliuolo, che questo è il modo a venire a perfetta fortezza: che tu ti unisca nel fuoco della divina carità, la quale trovara' nel sangue; e nel sangue affoga e uccide ogni propia volontà.

Allora, essendo acostato con somma fortezza, sarai forte e perseverante, uccidarai la debilezza della propia sensualità, e nella amaritudine gustarai la dolcezza, e nella guerra la pace. Confortati, figliuolo, e non venire meno sotto la disciplina che Dio t'à posta, tanto che sia venuta l'ora tua. Pensa che sempre a cavare el fondamento si dura magior fadiga: fatto el fondamento, agevolmente si fa el 'difizio. Tu fai el principio tuo; poi, compitolo di fare, agevolmente farai ogn'altra cosa. Non voglio che ti paia duro, ma la durizia si disolva co' la memoria del sangue. Porta porta, sia fatto portatore.

Ma tanto ti dico, che etc. Di questo ne fa però ciò che lo Spirito santo te ne fa fare. Ma a pena mi tengo ch'io non dica quella parola che disse Cristo, etc. Spero che al luogo e tempo suo si farà; e tu briga di fornire la navicella dell'anima tua, e d'impire el vasello del cuore di sangue. Altro non dico.

Permane etc. Gesù dolce, Gesù amore.



196
Al nostro signore lo papa Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Santissimo e reverendissimo padre mio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, indegna e miserabile vostra figliuola, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi pastore buono, considerando me, babbo mio dolce, che el lupo infernale ne porta le pecorelle vostre e non si truova chi le remedisca.

Ricorro dunque a voi, padre e pastore nostro, pregandovi da parte di Cristo crucifisso che voi impariate da lui, el quale con tanto fuoco d'amore si dié alla obbrobiosa morte della santissima croce per trare la pecorella smarrita de l'umana generazione delle mani delle demonia, però che, per la rebellione che l'uomo fece a Dio, la possedeva per sua possessione. Viene dunque la infinita bontà di Dio e vede el male, la dannazione e la ruina di questa pecorella, e vede che con ira e con guerra non ne la può trare. Unde, none obstante che sia ingiuriato da essa - però che per la rebellione che l' uomo fece disobbediendo a Dio meritava pena infinita - la somma e etterna sapienzia non vuole fare così, ma truova uno modo piacevole - el più dolce e amoroso che trovare possa - però che vede che in neuno modo si trae tanto el cuore de l'uomo quanto per amore, però che elli è fatto d'amore; e questa pare che sia la cagione che tanto ama, perché non è fatto altro che d'amore, secondo l'anima e secondo el corpo: però che per amore Dio el creò alla imagine e similitudine sua (
Gn 1,26), e per amore el padre e la madre gli dié della sua sustanzia, concependo e generando el figliuolo. E però Dio, vedendo che elli è tanto atto ad amare, drittamente elli gitta ell'amo dell'amore, donandoci el Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, prendendo la nostra umanità per fare una grande pace.

Ma la giustizia vuole che si faccia vendetta della ingiuria che è stata fatta a Dio. Viene la divina misericordia e ineffabile carità e, per satisfare alla giustizia e alla misericordia, condanna el Figliuolo suo alla morte, avendolo vestito della nostra umanità, cioè della massa di Adam che offese: sì che per la morte sua è placata l'ira del Padre, avendo fatta giustizia sopra la persona del Figliuolo; e così à satisfatto alla giustizia, e à satisfatto alla misericordia, traendo delle mani delle demonia l'umana generazione. È giocato questo Verbo alle braccia in su el legno della santissima croce - facendo uno torniello la morte con la vita e la vita con la morte -, sì che per la morte sua distrusse la morte nostra, e per darci la vita consumò la vita del corpo suo. Sì che con l'amore ci à tratti e con la sua benignità à vinta la nostra malizia, in tanto che ogni cuore doverebbe essere tratto, però che maggiore amore non poteva mostrare, e così disse elli, che dare la vita per l'amico suo. E se elli commenda l'amore che dà la vita per l'amico, che dunque diremo dell'ardentissimo e consumato amore che dié la vita per lo nemico suo? però che per lo peccato eravamo fatti nemici di Dio. O dolce e amoroso Verbo, con l'amore ài ritrovata la pecorella, e con la morte l'ài data la vita, e à'la rimessa ne l'ovile, cioè rendendole la grazia la quale aveva perduta.

O santissimo babbo mio dolce, io non ci veggo altro modo né altro remedio a riavere le vostre pecorelle, le quali come ribelle si sono partite da l'ovile della santa Chiesa, non obedienti né subiecte a voi, padre.

Unde io vi prego, da parte di Cristo crucifisso, e voglio che mi facciate questa misericordia, cioè che con la vostra benignità vinciate la loro malizia. Vostri siamo, padre, e io cognosco e so che a tutti in comune lo' pare avere male fatto. E poniamo che scusa non abbi nel male adoperare, non di meno - per le molte pene e cose ingiuste e inique che sostenevano per cagione de' mali pastori e governatori - lo' pareva non potere fare altro, però che, sentendo el puzzo della vita de' mali rettori - e' quali sapete che sono dimoni incarnati -, vennero in tanto pessimo timore che fecero come Pilato, el quale, per non perdere la signoria, uccise Cristo: e così fecero essi, che, per non perdere lo stato, v'ànno perseguitato.

Misericordia, dunque, padre, v'adimando per loro; e non raguardate all'ignoranzia e superbia de' vostri figliuoli, ma con l'esca dell' amore e della vostra benignità, dando quella dolce disciplina e benigna reprensione che piaciarà alla santità vostra, rendete pace a noi miseri figliuoli, che aviamo offeso. Io vi dico, dolce Cristo in terra, da parte di Cristo in cielo, che facendo così, senza briga e tempesta, essi verranno tutti con dolore dell'offesa fatta e mettarannovi el capo in grembo. Allora godarete e noi godaremo, perché con l'amore avarete rimessa la pecorella smarrita nell'ovile della santa Chiesa.

E allora, babbo mio dolce, adempirete el vostro santo desiderio e la volontà di Dio, cioè di fare el santo passaggio, al quale io vi invito, per parte sua, a tosto farlo e senza negligenzia; e essi si disporranno con grande affetto, e disposti sono a dare la vita per Cristo. Oimé, - Dio amore dolce! - rizzate, babbo, tosto el gonfalone della santissima croce, e vedarete e' lupi diventare agnelli. Pace pace pace! a ciò che non v'abbi la guerra a prolungare questo dolce tempo. Ma se volete fare vendetta e giustizia, pigliatela sopra di me, misera miserabile, e datemi a ogni pena e tormento che piace a voi, infine alla morte. Credo che per la puzza de le mie iniquità sieno venuti molti defetti e grandi inconvenienti e discordie. Dunque sopra me, misera vostra figliuola, prendete ogni vendetta che volete.

Oimé, padre, io muoio di dolore e non posso morire. Venite venite, e non fate più resistenzia a la volontà di Dio che vi chiama; e l'affamate pecorelle v'aspettano che veniate a tenere e possedere el luogo del vostro antecessore e campione appostolo Pietro: voi, come vicario di Cristo, dovete riposarvi nel luogo vostro proprio. Venite dunque, venite e non più indugiate, e confortatevi e non temete d'alcuna cosa che avenire potesse, però che Dio sarà con voi. Dimandovi umilemente la vostra benedizione, e per me e per tutti e' miei figliuoli; e pregovi che perdoniate alla mia presunzione. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



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Caterina, Lettere 191