Caterina, Orazioni 13

ORAZIONE XIII.

13O resurrezione nostra (Jn 11,25), o resurrenzione nostra! O alta et eterna Trinità, sviscera l'anima mia (Dial CXXIV). O redentore e resurrezione nostra, o Trinità eterna, o fuoco che continuo bruci, che mai non ti spigni né manchi né puoi sminuirte ancora se tutto il mondo toglia il fuoco tuo! O lume che dài lume, e nel tuo lume vedemo! (Ps 35,10) Nel tuo lume veggo, e senza esso non posso vedere perché tu sei quello che sei ma io sono quella che non sono.

Nel tuo lume medesimo cognosco la mia necessità e la necessità de la tua chiesa e di tutto il mondo; e però che nel lume cognosco domando questo da te: che tu svisceri l'anima mia per la salute di tutto el mondo. Non che io possa produrre alcuno frutto da me, ma da virtù de la tua carità, la quale è operatrice di tutti i beni.

Unde così l'anima opera la salute in sé e la utilitate nel prossimo suo ne l'abisso de la carità tua; come la tua Deità, alta et eterna Trinità, s'è operata in la nostra umanità, ciò è con lo instrumento de la umanità nostra, la quale con opera finita ha operato per noi in mezzo de la umanità nostra infinita utilitate, non in virtute de la umanitate ma della tua divinitate. In questa virtute, o Trinità eterna, pareno essere create tutte le cose le quale hanno essere, e ogni virtù spirituale e temporale che consiste nell'uomo esce da te. è vero che tu hai voluto che l'uomo s'affadighi in esse operando col libero arbitrio (Gn 2,15).

O Trinità eterna, o Trinità eterna, nel tuo lume si cognosce che tu sei quello sommo et eterno giardino che tieni in te rinchiusi gli fiori e gli frutti, perché tu sei fiore di gloria il quale rendi gloria a te medesimo, rendi frutto a te medesimo, unde non puoi ricevere questo da neuno altro, perché se 'l potessi ricevere da qualcuno altro già non parerebbe che fussi eterno e onnipotente Dio, perché quello che ti rendesse questo non parerebbe essere proceduto da te. Ma, come detto è, tu sei gloria e frutto a te stesso, e gli frutti che rende a te la tua creatura sonno da te, e da te riceve unde possa rendere (1Co 4,7).

Nel giardino del seno (Jn 1,18) tuo era rinchiuso l'uomo, o Padre eterno: tu el traesti de la santa mente tua come uno fiore distinto in tre potenzie de l'anima, e in ciascuna hai posta la pianta a ciò che potessino fruttificare nel tuo giardino ritornando in te col frutto che gli hai dato. E tu ritornavi ne l'anima riempiendo essa de la tua beatitudine; nella quale l'anima sta come il pesce nel mare e il mare nel pesce. Tu gli hai data la memoria a ciò che potesse ritenere i beneficii tuoi, a ciò che di questo producesse il fiore di gloria al nome tuo e frutto di utilità a sé. Gli hai dato ancora l'intelletto a ciò che intendesse la verità e la volontà tua, la quale volontà solamente cerca la santificazione nostra, a ciò che germinasse fiore di gloria e da poi frutto di virtute.

E ha'gli data la volontà a ciò che potesse amare quello che ha veduto l'intelletto e che ha ritenuto la memoria.

E se raguardo te, lume, o eterna Trinità, l'uomo ha perduto questo fiore, ciò è la grazia, per la colpa commessa, per che non era atto poi né poteva rendere gloria a te per quello modo e fine al quale lo avevi creato. Unde per la colpa tu non intravi a la tua gloria per quello modo lo quale aveva ordinato la tua Verità; il tuo giardino era serrato; per la quale cosa non potevamo ricevere i frutti tuoi. E però hai fatto portinaio il Verbo, ciò è l'unigenito tuo, a cui hai dato la chiave della deità, e la umanità fu la mano; le quali tu hai congionate insieme a ciò che aprisseno la porta de la tua grazia, perché la deità non poteva aprire senza l'umanità - la quale umanità aveva serrato per lo peccato del primo uomo - né la semplice umanità posseva aprire senza la deità, però che la sua opera sarebbe stata finita e l'offesa era commessa contra el Bene infinito, e subbito della colpa doveva uscire la pena; unde neuno altro modo era sufficiente.

O dolce portinaio, o umile agnello, tu sei quello ortolano il quale, avendo aperte le porte del giardino celestiale, ciò è del paradiso, porgi a noi i fiori e i frutti della Deità eterna. E ora certamente cognosco che tu hai detto la verità quando, in forma di peregrino apparendo nella via a due tuoi discepoli, dicesti che così bisognava che patisse Cristo e che per la via de la croce intrasse in la sua gloria (Lc 24,27), mostrandoli che così era stato profetizzato per Moisè Elia Isaia David e gli altri che avevano profetizzato di te (Lc 24,44). E gli dischiaravi le scritture, ma essi non t'intendevano perché era offuscato lo intelletto loro, ma tu medesimo t'intendevi. Quale era la tua gloria, o dolce e amoroso Verbo? Eri tu medesimo: a ciò che intrassi in te medesimo bisognava che tu patissi.

Amen.




ORAZIONE XIV.

14O summo Idio amore inestimabile, fuoco eterno che allumini le menti degli uomini e consumi ciò che ha l'anima obnoxio a te, riscalda essa dello Spirito del tuo amore quanto è in te! Io veggo in te che quell'amore che ti costrinse a trarci di te con la notizia di te a lode e gloria del nome tuo, ti costrinse ancora che ti vestissi della nostra umanità e che reducessi noi errabundi a te (1P 2,25 Ez 34,11-12); e che oggi per la prima volta te hai mostrato a noi, o amatore nostro, passibile; ponendo te, il quale sei fattore della legge, osservatore di essa, ad esemplo de la nostra umiltà. Adunque se vergogni l'uomo, fattura tua, di durirsi nel cuore (Mc 16,14 Rm 2,5) e non essare osservatore da essa legge, osservandola tu; nostro Idio.

Tu ne hai mostrato oggi il cenere della nostra mortalità (Si 10,9) in te; a ciò che cognosciamo, nel cenere, noi per te, e ti sei mostrato passibile pagando l'arra e renovando noi nell'amore della tua santissima passione a ciò che in tuo esemplo sopportiamo volentieri le passioni nostre (2Co 12,9-10). Manche o vero sliquese adunque ogni anima ne l'amore tuo, o fattore mio e vero Dio, perché hai tratto l'uomo di te ché egli ricognoscesse di lì, amasse e seguitasse te solo; e noi, ingrati di così grande tuo beneficio avemo presunzione desviarne da te, o maiestà eterna.

Oggi ancora per la tua clemenzia sposi a te l'anime nostre con l'anello de la tua carità, da dovere essere sposate da te se ricognoscano essi tuoi benefici, ciò è per la legge con la quale facci loro essere participi de la tua eternità.

Oggi ancora hai dato a l'anima mia la remissione de li peccati per lo tuo vicario manifestando a me la sua potenzia, la quale è tua; e che tu, il quale hai fatto l'uomo, non lo salvi senza esso uomo; per che tu che hai tratto me di te e hai fatto me senza me; non mi hai salvato oggi senza me, ma per la instanzia e confessione mia hai già liberato me dagli legami dei peccati per la grazia del tuo vicario in terra; per la qual cosa io, indegna tua serva, ti ringrazio. E sia monda per la tua grazia.

Io grido oggi a te, amore mio Dio eterno, che facci misericordia a questo mondo, e che tu gli dia il lume a cognoscere esso tuo vicario con la purità della fede, de la qual ti prego che tu gli vesti, Dio mio, e dàgli il lume che tutto il mondo il seguiti. Dato a esso il lume sopranaturale (Let305), da poi che tu hai dotato esso tuo vicario dandoli cuore virile, sia condito de la tua santa umilità; e però non cessarò mai di bussare alla porta della tua benignità, amore mio, a ciò che tu lo esalti. Manifesta adunque in esso la tua virtù a ciò che'l suo cuore virile sempre brugi del tuo santo desiderio e sia condito de la tua umilità e con benignità carità purità e sapienzia tua proceda nelli suoi atti; e così tiri a sé tutto il mondo. Dàgli la notizia de la tua verità in sé; a ciò che cognosca sé in sé quale era stato, e te in sé per la tua grazia.

Illumina ancora li avversarii suoi, li quali con li cuori incirconcisi fanno resistenzia a lo Spirito santo e sonno contrarii a la tua onnipotenzia, bussando a la porta dell'anime loro, perché non possono essere salvati senza di te. E a ciò che sieno convertiti a te, Dio mio, invita, eccitali, o amore inestimabile, e la tua carità ti costringa in questo dì de le grazie che sia morta la loro durezza. Siano adunque reducti a te acciò che non periscano.

E perché hanno offeso te, Dio di somma clemenzia, punisce gli peccati loro in me. Ecco adunque il corpo mio, il quale ricognosco da te e te l'offerisco: diventi ancudine per essi, a ciò che le loro colpe siano contrite.

E perché veggo che tu hai dotato il detto tuo vicario naturalmente di cuore virile, umilmente e supplice ti prego che infondi nell'occhio de l'intelletto suo il lume sopranaturale; perché sì fatto cuore è atto alla superbia, se non gli se agiogne questo lume acquistato per puro affetto di virtù. Sia tagliato ancora oggi ogni amore proprio da essi tuoi inimici e dal detto tuo vicario e da tutti noi, a ciò che possiamo perdonare a essi quando tu arai piegata la loro durezza; per i quali ( a ciò che ) se umilieno e obediscano ad esso signore nostro, offerisco a te la vita mia da ora e per allora quando piacerà a te, e metterolla per la tua gloria, pregando ancora umilmente, per la virtù de la tua passione, che tu mondi e scopi dagli vizii antiqui la tua sposa sì come l'hai mondata e scopata da le antique e infruttuose piante: e non prolongare più.

Vero Iddio, io so ben che tanto lungamente percuoterai, tagliando il legno torto de la durezza degli nimici tuoi, che finalmente sarà drizzato: ma affrettati, o Trinità eterna, perché a te non è difficile fare di qualche cosa qualche cosa, avendo fatto ogni cosa di niente; e di purgare i vizi. Ti ricomando ancora i tuoi figliuoli; e offerisco ancora questo a la tua maiestà, il quale ha dato oggi te a me, a ciò che tu gli dia te e che oggi lo renovi dentro e fuora, e e che drizzi gli suoi atti ne gli tuoi beneplaciti; per li quali a ciò che tu ti degni esaudirlo ti rendo grazie, el quale sei benedetto "in secula seculorum." Amen.

ORAZIONE XV.

15
Verità, verità, e chi sono io che tu dài a me la verità tua? Io so' colei che non so'.

Adunque la verità tua è quella che fa e parla et adopera tutte le cose (
Ps 32,6 Ps 32,9), poi che io non so'. La verità tua è quella che porge la verità (Jn 1,16-17), e con la verità tua dico la verità. La verità tua etterna porge la verità in diversi modi a diverse creature, e non è separata da te la verità tua, anco tu se' essa verità. Tu, deità etterna, Figliuolo di Dio, venisti da Dio per adempire la verità del Padre etterno (Dial XXI) e neuno può avere verità se non da te, verità (Dial LXXXVII ) e chiunque vuole avere la verità tua si conviene che niente gli manchi della tua verità, altrimenti non potrebbe avere la verità, la quale verità neuno difetto può patire.

A questo modo l'hanno e beati, e quali perfettamente senza difetto veggono la verità tua per l'etterna tua visione che hanno partecipando la visione tua, con la quale tu medesimo ti vedi; imperciò che tu se' quello medesimo lume col quale tu ti vedi e col quale se' veduto dalla creatura tua, né tra te e colui che ti vede è alcuno mezo che rappresenti te a colui che vede te. Adunque, mentre che i beati participano te, participano et il lume et il mezzo con che tu se' veduto; e perché tu stesso sempre se' quello medesimo lume, quello medesimo mezzo e quel medesimo obietto participati da loro ne l'unione che fanno in te, però si fa una medesima cosa della visione tua e della visione della tua creatura in te, non obstante che uno più perfettamente vegga e un altro meno perfettamente, però che questo è per la diversità di coloro che ricevono e non per la diversità della visione tua.

Sì come l'anima che è in questa vita in stato di gracia riceve la verità tua per lo lume de la fede, con la quale fede vede che le cose che ci predica la chiesa tua sonno vere (2Tm 3,15), e non di meno diverse anime, secondo la diversità delle loro disposicioni, in diversi modi ricevono questa verità, più e meno perfettamente, né per questo è diversificata la fede, anco è una medesima fede in tutti (Ep 4,5-6); così ne' beati è una medesima visione, avegna che più e meno perfettamente da diverse creature sia ricevuto, come detto è. Amen.

ORAZIONE XVI.

16Deità etterna, dissolvi il vincolo del corpo mio (Ph 1,23) acciò ch'io possa vedere la verità (Dial LXXXII) imperò che ora la memoria non ti può comprendere né lo 'intelletto intendere né l'affetto amare quanto si conviene.

O natura divina che resusciti i morti e sola tu dài vita (Jn 5,21-25), tu volesti unire in te la natura umana morta per renderle la vita (Rm 5,17). O Verbo etterno, tu unisti in tal modo teco la natura mortale che non fu possibile che per veruno modo si separasse; unde in croce la natura mortale sosteneva, ma la natura divina vivificava, e però insiememente eri beato e doloroso, e né anco nel sepolcro non si poté separare l'una natura da l'altra. O Padre etterno, tu dici che vestiste el Verbo tuo della natura nostra acciò che essa nostra natura in lui satisfacesse a te per noi. O ineffabile misericordia, volesti punire il Figliuolo proprio e naturale per la colpa del figliuolo adottivo (Ga 4,4-5 Rm 8,32); e sostenne non solamente la pena della croce nel corpo, ma el crociato desiderio nella mente (Lc 12,50).

O Padre etterno, quanto sonno profondi e ineffabili e giudicii tuoi (Rm 11,33)! Lo stolto uomo non gl'intende (Ps 91,7), anco gli stolti uomini giudicano i fatti tuoi e i fatti de' servi tuoi secondo la corteccia e non secondo il profondo abisso della tua carità, né secondo l'abundancia della carità che tu hai infusa ne' servi tuoi. O ignorante e bestiale uomo, poi che Dio t'ha fatto uomo, perché ti fai tu medesimo bestia? e non solamente bestia ma non cavelle; e bestialmente giudichi. E non sai tu ch'e bestiali sonno mandati all'eternali pene dell'inferno? nelle quali pene l'uomo torna a non cavelle, non quanto ad essere, ma quanto a grazia, la quale gracia compie l'essere della natura; e la cosa che è privata della sua perfeccione si può chiamare non cavelle.

Dato è a noi el Verbo etterno per le mani di Maria; e della substancia di Maria si vestì della natura nostra senza macula di peccato originale, perché quella concepcione non fu per operacione d'uomo, ma per operazione dello Spirito santo (Mt 1,20); la quale cosa non fu così in Maria, imperciò che ella procedette della massa di Adam non per operacione di Spirito santo, ma d'uomo. E perché tutta quella massa era putrida e corrotta, però non si poteva infondere quella anima in materia non corrotta, né propriamente si poteva purgare se non per grazia di Spirito santo, la quale gracia corpo non può ricevere, ma spirito ragionevole o intellettuale; e però Maria non poté essere purgata di quella macchia se non poi che l'anima fu infusa del corpo, la qual cosa così fu fatta per reverencia del Verbo divino el quale doveva intrare in quello vassello.

Imperciò che, sì come la fornace in poca d'ora consuma la gocciola de l'acqua, così fece lo Spirito santo della macchia del peccato originale, però che doppo la concezione sua subito fu mondata da quel peccato e fulle data grande gracia.

Tu sai, Signore, che questa è la verità.




ORAZIONE XVII.

17O ingrato uomo! O alta etterna deità, incomprehensibile e inestimabile amore! Tu dici, Padre etterno, che l'uomo che raguarda sé truova te in sé, però che egli è creato alla imagine tua (Gn 1,26-27): ha la memoria a ritenere te e i benefici tuoi, partecipando in questo della potencia tua; ha lo 'ntelletto a cognosere te e la volontà tua, participando della sapiencia dell'unigenito tuo Figliuolo signore nostro Iesu Cristo, e ha la volontà ad amare te, participando la clemencia dello Spirito santo. E così non solamente creasti l'uomo a la tua imagine e similitudine, ma anco in te in alcuno modo hai la similitudine sua: e così tu se' in lui ed egli in te (Jn 17,22-23).

Non ho cognosciuto te, Dio, in me né me in te, Dio etterno. Questa è tutta l'ignoranzia degli stolti uomini e quali offendono te, perché se sapessero questo non potrebbero fare che non amassero Dio (Dial XIII). Questa ignorancia procede per la privacione del lume della gracia, la quale privazione viene dalla nuvila dell'amore proprio sensitivo. Tanta è la conformità tra l'uno uomo e l'altro che quando non s'amano si partono dalla propria natura.




ORAZIONE XVIII.

18O deità, amore deità, e che posso io dire della verità tua? Tu verità di' della verità, però che io non so dire della verità, ma solamente delle tenebre, perché io non ho seguitato il frutto della croce tua, ma solo ho seguitato e cognosciuto la tenebre. Ben confesso che chi cognosce la tenebre cognosce la luce (Dial XLII; Let211); ma io non ho fatto così, anco, ho seguito le tenebre e non l'ho però cognosciute perfettamente. Di' tu adunque la verità tua della croce tua e io udirò.

Tu dici che alcuni sonno persecutori del frutto della croce tua (
Ph 3,18), imperò che tu medesimo se' il frutto della croce tua (Let 144), tu, o Verbo unigenito Figliuolo di Dio, il quale per lo smisurato amore e carità che avesti a noi t'innestasti sì come frutto in due arbori (Let 27): in prima a la natura umana acciò che manifestassi a noi la verità invisibile del Padre eterno (Col 1,15), la quale verità tu stesso se'; el secondo innesto facesti del corpo tuo in su l'arbore della santissima croce, in sul quale arbore non ti tennero chiavelli né alcuna altra cosa se non l'amore smisurato che avesti a noi. E tutto questo facesti per manifestare la verità della volontà del Padre, che non vuole altro che la nostra salute. Di questo innesto fu produtto il sangue tuo, el quale per l'unione della natura divina ha dato a noi vita; per la virtù di questo sangue siamo mondati dal peccato (Ap 1,5): col mezzo de' sacramenti tuoi, e quali hai riposti nel cellaio della santa chiesa, dandone le chiavi e la guardia al vicario tuo principale in terra.

Tutte queste cose non sonno cognosciute né intese da gl'uomini se non mediante el lume tuo, col quale tu illumini la più nobile parte de l'anima, ciò è lo 'ntelletto. Questo lume è il lume della fede, il quale tu concedi a ciascuno cristiano quando, mediante il sacramento del baptesimo, tu infondi el lume della fede e della grazia tua, con la quale si purga il peccato originale che aviamo contratto ed ècci dato lume sufficiente a perducere noi infino all'ultimo fine della beatitudine, se già noi con la malvagità de l'amore proprio sensitivo non aciechiamo li occhi nostri, e quali la gracia tua ha illuminati nel santo battesimo (Dial XCVIII).

Allora ci acciechiamo quando poniamo sopra gli occhi nostri la nuvila della freddezza e umido del proprio amore, come detto è; e però non cognosciamo te né alcuno vero bene, e diciamo il bene male e il male bene, e così diventiamo ignorantissimi e ingrati. E peggio è a noi, poi che aviamo cognosciuta la verità, di perdere il lume, che inanzi che ricevessimo el lume, perché peggio è uno falso cristiano così fatto che uno infedele, e pegio ne gli seguita, se non in quanto egli più agevolmente riceve la medicina a la infermità sua per alcuno lume di fede che gli rimane.

Questi cotali, Signor mio, sonno e persecutori del frutto della croce tua, cioè del sangue tuo, imperò che essi non seguitano te Cristo crocifixo, anco perseguitano te e il sangue tuo, e specialmente quelli che sono ribelli al celleraio tuo, che tiene le chiavi del cellaio dove è riposto il tuo precioso sangue e il sangue di tutti e martiri, il quale sangue de' martiri non vale se non in virtù del sangue tuo. Questa rebellione e ogni peccato l'adiviene perché hanno perduto il lume della verità tua, il quale s'acquista per la fede tua; unde e filosofi, benché molte verità sapessero delle tue creature, non di meno perché non ebbero la fede tua non poterno essere salvi.

ORAZIONE XIX.

19O amore inestimabile, o amore dolce, fuoco etterno! Tu se' quel fuoco che sempre ardi (He 12,29), o alta, etterna Trinità! Tu se' dritto senza alcuna tortura, se' schietto senza veruna doppiezza e se' liberale senza veruna finzione. Drizza l'occhio de la misericordia tua sopra le tue creature. Io cognosco che la misericordia t'è propria, anco dovunque io mi vollo, non truovo altro che la misericordia tua (Dial XXX); e però io corro e grido dinanzi alla misericordia tua che tu facci misericordia al mondo.

Tu vuogli, Padre etterno, che noi ti serviamo a modo tuo, e per diversi modi e vie guidi e servi tuoi, unde oggi dimostri che per veruno modo potiamo né doviamo giudicare lo intrinseco della creatura per atti che vediamo di fuore (Is 11,3), ma in tutti doviamo giudicare la volontà tua, e spezialmente in tuoi servi che sonno uniti e transformati in essa. E però gode l'anima che nel lume tuo vede lume de' variati e infiniti modi e vie che vede in loro, però che, benché vadino per diverse vie, non di meno tutti corrono per la strada del fuoco della tua carità, altrimenti non seguitarebbero in verità la verità tua. Unde alcuni ne vediamo correre per la via della penitenzia, fondati nella mortificazione del corpo loro, altri fondati in umilità et in uccidere la propria volontà, altri in una fede viva, altri in misericordia, et altri tutti dilatati nella carità del proximo, abandonando se medesimo.

In queste così fatte cose s'ingrassa l'anima che con sollicitudine ha exercitato el lume naturale, unde acquistò el sopranaturale col quale vede la smisurata larghezza della tua bontà. O come realmente ne vanno costoro! In ogni cosa veggono la volontà tua, e però in tutte l'operazioni delle tue creature giudicano la volontà tua e non quella delle creature. Questi hanno bene intesa e ricevuta la dottrina della verità tua, quando disse: « Non vogliate giudicare secondo la faccia » (Jn 7,24). O verità etterna, quale è la dottrina tua e quale è la via per la quale tu vuogli e ci conviene andare al Padre? Non ci so vedere altra strada se non quella che tu hai lastricata con le vere e reali virtù del fuoco della carità tua; tu, Verbo etterno, l'hai battuta col sangue tuo: questa è la via adunque. In neun'altra cosa sta la colpa nostra se non in amare quello che tu odiasti e avere in odio quello che tu amasti. Confesso, Dio etterno, che io sempre ho amato quello che tu odii et odiato quello che tu ami. Ma oggi grido dinanzi a la misericordia tua che tu mi dia a seguitare la verità tua con cuore schietto; dammi fuoco et abisso di carità; dammi continua fame di portare per te pene e tormenti; dà, Padre etterno, a gli occhi miei fonte di lacrime (Jr 8,23), con le quali io inchini la misericordia tua sopra tutto quanto il mondo, e singularmente sopra la sposa tua.

O inestimabile e dolcissima carità, questo è il tuo giardino, fondato nel sangue tuo et innaffiato col sangue di martiri tuoi, che virilmente sonno corsi doppo l'odore del tuo sangue. Adunque tu sia colui che 'l guardi. E chi sarà colui che possa contra la città che tu guardarai? Arde i cuori nostri e immergeli in questo sangue acciò che meglio potiamo concipere fame a l'onore tuo e salute de l'anime.

"Peccavi, peccavi Domino, miserere mei" O Deità etterna, e che diremo di te? e che giudicio daremo verso te? Diceremo e giudicaremo che tu se'il dolce Idio nostro che non vuole altro che la nostra sanctificazione (1Th 4,3). Questo ci è manifesto evidentemente nel sangue del tuo Figliuolo, el quale per la nostra salute corse come innamorato all'obrobriosa morte della santissima croce. Vergognisi l'uomo di levare el capo per superbia, vedendo te, altissimo Dio, umiliato al loto della nostra umanità.

O Deità etterna, quanto t'è propria la misericordia! Tanto t'è propria che i servi tuoi la provocano contro la giustizia che 'l mondo merita per li suoi peccati. La misericordia tua ci ha creati; essa misericordia ci ricomprò da la morte etternale (Dial XXX). La misericordia tua ci regge, e tiene la giusticia tua che non comandi a la terra che s'uopra et inghiottiscaci, e agli animali che ci divorino, anco tutte le cose ci servono e la terra ci dà de' fructi suoi. Tutto questo fa la misericordia tua. La misericordia tua ci conserva e prolonga la vita nostra dandoci el tempo acciò che possiamo ritornare e riconciliarci con teco (Dial XLVI).

O misericordioso e pietoso Padre, chi tiene la natura angelica che non facci vendetta de l'uomo che è nemico a te? La misericordia tua. Per misericordia concedi le grandi consolazioni acciò che siamo constretti d'amare, perché 'l cuore della creatura è tratto per amore. Essa misericordia ci dà e permette le pene et afflizzioni acciò che impariamo a cognoscere noi medesimi e acquistiamo la virtù piccola della vera umilità, et anco acciò che tu abbi di che remunerare coloro che virilmente avaranno combattuto sostenendo con vera pazienzia. Per misericordia riservasti le cicatrici nel corpo del tuo Figliuolo, acciò che con esse chiega misericordia per noi dinanzi a la tua maestà (Rm 8,34). Per misericordia oggi hai degnato di mostrare a me miserabile come per veruno modo possiamo giudicare la intenzione della creatura che ha in sé ragione (Dial CVIII) con ciò sia cosa che tu le mandi per infinite varietà di vie, dandomi l'exemplo per me medesima; unde io rendo grazie a te.

La tua misericordia non volse che l'agnello immaculato ricomprasse l'umana generazione solamente con una gocciola del sangue suo, né con pena d'uno membro solo, ma con pena e sangue di tutto el corpo suo, acciò che satisfacesse a tutta l'umana generazione che aveva offeso te; però che noi vediamo che le tue creature t'offendono chi con le mani, chi con i piedi, chi col capo e chi con gli altri membri del corpo, sì che l'umana generacione aveva offeso te con tutti e membri del corpo; e anco perché ogni colpa si commette con la volontà, ché senza essa volontà non sarebbe colpa, et essa volontà contiene tutto el corpo, unde tutto el corpo de l'uomo offende te. E però con tutto el corpo e sangue del tuo Figliuolo volesti satisfare, acciò che a tutti fosse pienamente satisfatto in virtù della natura divina infinita unita con la natura umana finita. L'umanità nostra sostenne la pena nel Verbo e la Deità accettò il sacrificio (Dial XXII).

O Verbo etterno, Figliuolo di Dio, e perché fu che tu avesti perfetta contrizione della colpa, con ciò sia cosa che in te non fu veleno di peccato? Vego, amore inestimabile, che tu volesti satisfare corporalmente e mentalmente, sì come l'uomo corporalmente e mentalmente aveva offeso e commessa la colpa.

"Peccavi Domino, miserere mei".

ORAZIONE XX.

20O Trinità etterna, Trinità etterna, o fuoco et abisso di carità, o pazzo della tua creatura! O verità etterna, o etterno fuoco, o etterna sapiencia! E venne nel mondo solo la sapiencia tua? Non, perché non fu la sapienzia senza la potenzia, né la potenzia senza la clemenzia. Adunque tu, sapienzia, non venisti sola ma tutta la Trinità ci fu. O Trinità etterna, pazzo d'amore, che utilità te seguitò della nostra redempzione? Non veruna, però che tu non hai bisogno di noi, che se' lo Dio nostro. A cui seguitò questa utilità? Solamente a l'uomo.

O inestimabile carità, sì come tu ci desti tutto Dio e tutto uomo a noi, così tutto ti lassasti in cibo, acciò che, mentre che siamo peregrini in questa vita, non veniamo meno per fadiga, ma siamo fortificati per te cibo celestiale (
Mt 15,32). O mercennaio uomo, e che t'ha lassato lo Idio tuo? Hatti lassato tutto sé Dio e tutto uomo velato sotto quella bianchezza del pane. O fuoco d'amore! E non bastava la creazione che ci avevi data alla imagine e similitudine tua, et averci ricreati ad grazia nel sangue del tuo Figliuolo, senza darci in cibo tutto te Dio, essenzia divina? Chi t'ha costretto? Non altro che la carità tua, sì come pazzo d'amore che tu se' (Dial XXX).

E sì come tu non mandasti e desti in nostra redempcione solo el Verbo, così non ci lassasti solo lui in cibo ma, come pazzo d'amore della tua creatura, tutta l'essenzia divina come detto è (Dial CX). E sì come tu non ti se' lassato solo a noi in cibo, così non ti dài solo dentro a l'anima che in tutto ha abandonato sé per amore di te e solo desidera e cerca la gloria e loda del nome tuo, non cercando te per sé, ma perché tu se' somma etterna bontà degno d'essere amato e servito dalle tue creature, né il prossimo per sé ma per te, a ciò che ti renda gloria. Unde vediamo che a questi cotali non ti dài solo, anco gli fai forti nella potencia tua contra le battaglie delle dimonia, contra le ingiurie delle creature e contra la ribellione della propria carne, e contra ogni angoscia e tribolazione da qualunque lato elle vengano. Tu gl'inlumini nella sapienzia del tuo Figliuolo a cognoscere sé e la verità tua e gli occulti inganni del dimonio; et ardi e cuori loro col fuoco dello Spirito santo di desiderio d'amare e seguire te in verità, in ciascuno più e meno, secondo la misura de l'amore con che vengono a te e secondo che ciascuno exercita el lume naturale che tu ci hai dato.

Gracia, gracia sia a te, sommo et etterno Padre che, come pazzo della fattura tua, oggi mostri in che modo si possa reformare la sposa tua della santa Chiesa. E supplico a te che, come tu hai proveduto da l'una parte d'alluminare l'occhio de l'intelletto di questa necessità, così provega da l'altra disponendo i ministri e massimamente il vicario tuo a seguire il lume che tu hai infuso e infonderai.

O Trinità etterna, io ho peccato tutto il tempo della vita mia. O miserabile anima mia, avesti mai memoria dello Idio tuo? Certo non; che se tu ne la avessi avuta tu saresti arsa nella fornace della sua carità.

Rende, Dio etterno, sanità a lo infermo e vita al morto, et dàcci la voce a ciò che gridiamo a te con la voce tua misericorda per lo mondo e per la reformazione della santa Chiesa, e ode la voce tua con la quale gridiamo a te. E se generalmente io grido a te per tutto el mondo, in spicialità grido per lo vicario tuo e per le colonne sue, e per tutti quegli che tu m'hai dati ch'io ami di singulare amore, ben che io sia inferma io gli voglio vedere sani, e ben che io sia imperfetta per li miei difetti, voglio vedere loro perfetti, e per che io sia morta, voglio vedere loro vivi nella grazia tua.

O inestimabile fuoco e dilezione di carità, e unde tanta umilità e misericordia, che tu Dio hai fatta tanta conformità tra te e la creatura che ha in sé ragione, sì per l'unione della natura divina nella natura umana, sì per la recreazione che ci hai data a la imagine similitudine tua, e sì per l'unione e sentimento che dài di te ne l'anima che ama e serve te con cuore schietto e liberale? Non è per la nostra bontà, ché noi siamo dimoni incarnati e nemici a te, ma solo procede dal fuoco della carità tua. Vergognisi l'uomo di non fare continua mansione (Jn 14,23) in te con tutto el cuore, con ciò sia cosa che tu, alta et etterna Trinità, in tanti modi facci mansione in noi. Miserabile anima mia, perché mai non avesti memoria dello Dio tuo però non hai solidato el cuore tuo nelle vere virtù.

"Peccavi Domino, miserere mei" Tu, Deità etterna, se' vita e io morte, tu sapiencia e io stoltizia, tu luce e io tenebre, tu infinito e io finita, tu somma drittura e io miserabile tortura, tu medico et io inferma. E chi potrà agiognere a te, somma altezza, Deità etterna, a ringraciarti di tanti infiniti benefici quanti hai donati a noi? Tu medesimo t'agiognerai col lume che infonderai in chi vorrà ricevere, e con la fune tua legarai chi se lassarà legare che non faccia resistenzia alla volontà tua.

Non tardare, benignissimo Padre, volle l'occhio della misericordia tua sopra 'l mondo. Più sarai tu gloriato dandolo' lume che se essi permangono nella ciechità e tenebre del peccato mortale (Jn 15,8), ben che tu d'ogni cosa traga la gloria e loda del nome tuo. Unde noi vediamo che ne' peccatori riluce la gloria tua per la misericordia che tu lo' fai di non sguainare il coltello della giusticia tua sopra di loro; anco lo' presti 'l tempo a ciò che si convertano; e ne l'inferno riluce la gloria tua per la giustizia che quine si fa sopra e dannati, e anco lo' fai misericordia che non hanno tanta pena quanta hanno meritato, per la quale misericordia e giusticia ritorna gloria e loda al nome tuo. Ma voglio veder la gloria e loda del nome tuo nelle tue creature che seguitino la tua volontà, a ciò che pervengano a quello fine per lo quale gli creasti (Dial XIII). E voglio che del vicario tuo facci un altro te, però che molto maggiormente ha bisogno di perfetto lume egli che gli altri, però che egli ha a dare lume a tutti.

Dona, benignissimo e pietoso Padre, la tua dolce et etterna benedizzione. Amen.


Caterina, Orazioni 13