Catechismo Tridentino 1040

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ARTICOLO QUARTO

Pati sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morto e sepolto.

Significato dell'articolo.

53. Protestando di non conoscere altro che Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso (1Co 2,2), l'Apostolo mostra luminosamente quanto sia necessaria la conoscenza di questo articolo, e quanta cura debba il Parroco impiegare affinché i fedeli evochino spesso nel loro animo la passione del Signore. A tal fine debbono praticarsi gli sforzi più assidui, affinché i fedeli, stimolati dal ricordo costante di si segnalato beneficio, si consacrino tutti al pensiero della bontà e dell'amor di Dio verso di noi. Con la prima parte di quest'articolo (della seconda parleremo più tardi) la fede ci impone di credere che Gesù Cristo N. S., fu infisso alla croce, mentre Ponzio Pilato, in nome dell'imperatore Tiberio, governava la provincia della Giudea. Fu catturato infatti, deriso, oppresso da ogni sorta d'insulti e di tormenti, per essere alla fine sollevato sulla croce.

L'anima di Gesù Cristo fu saturata di pene.

54. Pati. Nessuno dovrà mettere in dubbio che la sua anima, nella parte inferiore, non fu insensibile agli spasimi. Avendo egli realmente assunta l'umana natura, è necessario riconoscere che la sua sensibilità fu suscettibile delle più atroci sofferenze. Noi lo sentiamo gemere: L'anima mia è addolorata a morte (Mt 26,38 Mc 14,34). In realtà, pur unita alla persona divina, la natura umana percepi tutta l'acerbità della passione, come se quella unione non avesse avuto luogo. Poiché tutte le proprietà, cosi della natura umana come della divina, si erano perfettamente conservate nella persona di Gesù Cristo. Quindi rimaneva in lui ogni elemento passibile e mortale; e viceversa tutto ciò che vi era di impassibile e di immortale, come compete alla natura divina, manteneva le sue qualità peculiari.

Epoca della passione.

55. Sotto Ponzio Pilato. Il Parroco mostrerà come la speciale cura con cui vediamo qui rilevato che la passione di Gesù Cristo accadde nel tempo in cui Ponzio Pilato governava la provincia della Giudea, svela innanzi tutto il proposito di far si che la conoscenza di un evento, cosi grandioso e si prezioso, riuscisse per tutti più sicura, indicandone il momento preciso. Anche l'apostolo Paolo uso la medesima precauzione (1Tm 6,13). In secondo luogo mira a far constatare l'avveramento della profezia pronunziata dal Salvatore stesso: Lo daranno in balia dei Gentili, per essere schernito, flagellato e crocifisso (Mt 20,19).

Perché Gesù Cristo pati il supplizio della croce.

56. Fu crocifisso. E ugualmente da attribuirsi a un divino proposito la preferenza data alla morte di croce: e precisamente fu volere divino che la vita rifluisse su di noi proprio di dove era scaturita la morte. Il serpente che mediante un albero aveva vinto i nostri progenitori, fu sconfitto da Gesù Cristo mediante l'albero della croce. I santi Padri hanno ampiamente svolto le ragioni molteplici che possono addursi, per mostrare quanto fosse conveniente che, fra le varie forme di supplizio, il Redentore sostenesse quello della croce. I Parroci però si limiteranno ad avvertire i fedeli che per essi è sufficiente credere che il Salvatore prescelse tale genere di morte come il più acconcio alla redenzione del genere umano, appunto perché, fra tutti è più umiliante e ignominioso. Infatti non solamente il supplizio della croce fu sempre ritenuto dai pagani come abbominevole ed infamante, ma anche nella legge di Mosè è detto: Maledetto colui che è confitto sul legno (Dt 31,23 Ga 3,13).

Spesso si deve esporre al popolo la passione del Signore.

57. Il Parroco non tralascerà di narrare la storia contenuta in questo articolo, che i santi evangelisti espongono con la massima diligenza, affinché i fedeli posseggano una chiara nozione di quei capisaldi del mistero, che più appaiono necessari per corroborare la verità della nostra fede. In verità tutta la religione e la fede cristiana poggiano, come su granitica base, su questo articolo, posto il quale, il resto si regge perfettamente. Tra le difficoltà in cui possono imbattersi l'intelligenza e la ragione umana, senza dubbio il mistero della croce appare come la più ardua di tutte. E appena concepibile che la nostra salvezza possa dipendere da una croce e da Colui che vi fu confitto; ma è proprio qui che si ammira, secondo la frase dell'Apostolo, la suprema provvidenza di Dio: Vedendo che il mondo con la scienza non lo aveva riconosciuto nelle opere della sua divina sapienza, piacque a Dio di salvare, mediante la follia della predicazione, coloro che avrebbero creduto (1Co 1,21).

Nessuna meraviglia dunque se i profeti, prima dell'avvento di Gesù Cristo, e gli apostoli dopo la sua morte e risurrezione, si adoperarono cosi tenacemente a persuadere gli uomini che egli era il Redentore del mondo, inducendoli all'ossequio e all'obbedienza verso il Crocifisso. Appunto perché il mistero della croce costituisce il fatto più strano per l'umana ragione, il Signore non ha mai cessato, dopo il primo peccato, di annunciare la morte del proprio Figlio, mediante gli oracoli dei profeti e gli episodi prefigurativi.

Ecco qualche breve evocazione delle figure: Abele soppresso dalla gelosia del fratello (Gn 4,8); il sacrificio di Isacco (Gn 22,6-8); l'agnello immolato dagli Ebrei all'uscita dall'Egitto (Ex 12,5-7); il serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto (Nb 21,8-9). Tutto ciò raffigurava in anticipo la passione e la morte di Cristo N. S. (Jn 3,14). Circa poi le profezie, è troppo noto, perché occorra esporlo largamente qui, quanti pronunciarono vaticini sull'una e sull'altra. Senza parlare di David, i Salmi del quale abbracciano tutti i misteri fondamentali della nostra redenzione (Ps 2 Ps 21 Ps 68 Ps 109), gli oracoli di Isaia (Is 56 LUI) risultano cosi limpidi ed espliciti da potersi dire che raccontano eventi accaduti, anziché profetare gesta future (Girol., Leti. 53, a Paolino).

Gesù Cristo realmente mori; la divinità però rimase sempre congiunta al corpo e all'anima.

58. Morto. Il Parroco spiegherà come per questa parola dobbiamo credere che Gesù Cristo, dopo crocifisso, mori realmente e fu sepolto. Non senza motivo tale fatto è proposto separatamente alla fede dei credenti, essendosi da taluni negata la sua morte in croce. I santi apostoli ritennero necessario contrapporre a tale errore questa dottrina di fede, sulla cui verità nessun dubbio è più consentito, avendo concordemente tutti gli evangelisti asserito che Gesù Cristo rese il suo spirito (Mt 27,50 Mc 15,37 Lc 23,46 Jn 19,30). Del resto, essendo vero e perfetto uomo, Gesù Cristo poteva veramente morire. La morte dell'uomo, infatti, non è altro che la separazione dell'anima dal corpo.

Riconoscendo che Gesù Cristo è morto, vogliamo appunto dire che la sua anima si divise dal corpo. Non diciamo però che se ne separo anche la divinità; ma crediamo e riconosciamo fermamente che, separatasi l'anima dal corpo, la divinità rimase sempre unita al corpo nel sepolcro e all'anima discesa agl'inferi. Era del resto opportuno che il Figlio di Dio morisse, per sconfiggere attraverso la morte il diavolo signore della morte, e affrancare coloro che il timore della morte teneva per tutta la vita nei ceppi della schiavitù (He 2,14-15).

La morte di Cristo fu volontaria.

59. In Gesù Cristo N. S. si verifico questo di speciale: che mori quando volle morire e sostenne una morte non già provocata dalla violenza altrui, ma una morte volontaria, di cui aveva egli stesso fissato il luogo e il tempo. Aveva scritto infatti Isaia: E stato sacrificato perché lo ha voluto (Is 56,7). E il Signore stesso disse di sé prima della passione: Io do la mia vita per riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie; ma io da me stesso la do, e sono padrone di darla, e padrone di riprenderla (Jn 10,17-18). Circa poi il tempo e il luogo, disse queste parole, mentre Erode tendeva insidie alla sua incolumità: Andate a dire a quella volpe: ecco io scaccio i demoni e opero guarigioni oggi, domani, e il terzo giorno sono al termine. Ma oggi, domani e il giorno seguente, bisogna che io cammini, perché non si ammette che un profeta perisca fuori di Gerusalemme (Lc 13,32,33). Egli nulla compi contro la sua volontà, per estraneo comando, ma si offri volontariamente; e andando incontro ai suoi nemici, esclamo: Eccomi qua (Jn 18,5), sopportando dopo cio spontaneamente i crudeli ed ingiusti tormenti, che quelli gli inflissero. Nella meditazione di tutte le sue pene amarissime ciò rappresenta senza dubbio il mezzo più potente per commuovere l'animo. Infatti, se uno sopportasse per causa nostra dolori, non già deliberatamente affrontati, ma inevitabili, potremmo scorgere in questo un mediocre beneficio. Ma se costui, semplicemente per amor nostro, soggiacesse con prontezza ad una morte, cui poteva agevolmente sottrarsi, allora, il beneficio ci parrebbe cosi grande, che nessuna gratitudine o riconoscenza sarebbe sufficiente. Donde è agevole argomentare l'infinita ed eccellente carità di Gesù Cristo, il suo merito sconfinato e divino presso di noi.

La sepoltura di Cristo conferma della sua risurrezione.

60. Sepolto. Confessando a parte che egli fu sepolto, non dobbiamo credere che sia questa un'altra parte dell'articolo, con qualche speciale difficoltà, oltre quelle già analizzate a proposito della morte. Se crediamo che Gesù Cristo mori, non ci sarà difficile anche ritenere che fu sepolto. La parola è stata aggiunta per due ragioni: primo, per evitare ogni dubbio intorno alla sua morte, costituendo la prova della sepoltura il più evidente argomento della morte; in secondo luogo, perché riceva maggior luce e conferma il miracolo della risurrezione. Quella parola però non vuol dire solamente che il corpo di Gesù Cristo fu sepolto. Principalmente con essa viene proposto di credere che Dio propriamente è stato sepolto, con la stessa validità con cui, in base alla formola della fede cattolica, diciamo con verità che Dio è morto, e che è nato da una vergine. Infatti, mai essendosi la divinità separata dal corpo, ed essendo stato questo chiuso nel sepolcro, è evidente che possiamo giustamente affermare che Dio è stato sepolto.

Intorno al genere e al luogo della sepoltura, il Parroco potrà limitarsi a riferire quanto narrano gli evangelisti (Mt 27,58-60 Mc 15,46 Lc 23,53 Jn 19,38). Ma due circostanze dovranno essere poste in luce. Primo, che nel sepolcro il corpo di Gesù Cristo non fu affatto soggetto a corruzione, conforme al vaticinio del Profeta: Non permetterai, o Signore, che il tuo Santo conosca corruzione (Ps 15,10 Ac 2,31). Secondo, (e ciò riguarda tutte le parti dell'articolo) che la sepoltura, come la passione e la morte vanno strettamente attribuite a Gesù Cristo quale uomo, non già quale Dio. Solo la natura umana infatti è suscettibile di patimenti e di morte; ma noi riferiamo tutto ciò anche a Dio, solo perché possiamo affermarlo di una Persona, che era nel medesimo tempo perfetto Dio e perfetto uomo.

Come va meditato il beneficio della Passione.

61. Quindi il Parroco esporrà, intorno alla passione e alla morte di Gesù Cristo, quelle considerazioni che rendono possibile ai fedeli, se non la comprensione, per lo meno la contemplazione di cosi sublime mistero. Faccia considerare innanzi tutto chi sia Colui che ha sofferto. Non ci è dato intenderne o spiegarne a parole la dignità. San Giovanni dice che è il Verbo, il quale è in Dio (Jn 1,1). L'Apostolo ne fa una descrizione magnifica: è Colui che Dio costitui erede dell'universo; per suo mezzo diede origine ai secoli; è fulgore della gloria e impronta della sostanza del Padre, egli sorregge l'universo con la forza della sua parola. Dopo averci purificato dai nostri peccati, siede alla destra della maestà suprema, nel più alto dei deli (He 1,2-3). In una parola chi soffre è Gesù Cristo, Dio e uomo; soffre il Creatore, per quelli stessi ch'egli chiamo all'esistenza; soffre il padrone, per gli schiavi; soffre Colui, per virtù del quale furon suscitati dal nulla gli angeli, gli uomini, i cieli, gli elementi tutti; Colui, insomma, nel quale, per il quale e dal quale sono tutte le cose (Rm 11,36). Nessuna meraviglia quindi se nell'istante in cui gli spasimi della passione lo stringevano, tutto l'edificio del creato fu scosso nelle sue basi. Narra appunto il Vangelo: La terra tremo e le pietre si spezzarono; le tenebre si diffusero su tutta la terra e il sole si oscuro (Mt 27,51 Lc 23,44). Se le creature inanimate e insensibili piansero la passione del Creatore, pensino i fedeli con quali lacrime essi, pietre vive dell'edificio santo di Dio (1P 2,5), debbano esprimere il loro cordoglio.

I peccati degli uomini causa della Passione.

62. Si devono anche esporre le cause della passione, onde meglio traspariscano la intensità e la profondità dell'amore di Dio verso di noi. Chi indaghi la ragione per la quale il Figlio di Dio affronto la più acerba delle passioni, troverà che, oltre la colpa ereditaria dei progenitori, essa deve riscontrarsi principalmente nei peccati commessi dagli uomini dall'origine del mondo sino ad oggi, e negli altri che saranno commessi fino alla fine del mondo. Soffrendo e morendo, il Figlio di Dio nostro salvatore miro appunto a redimere ed annullare le colpe di tutte le età, dando al Padre soddisfazione cumulativa e copiosa. Per meglio valutarne l'importanza, si rifletta che non solamente Gesù Cristo soffri per i peccatori, ma che in realtà i peccatori furono cagione e ministri di tutte le pene subite. Scrivendo agli Ebrei, l'Apostolo ci ammonisce precisamente: Pensate a Colui che tollero tanta ostilità dai peccatori, e l'animo vostro non si abbatterà nello scoraggiamento (He 12,3).

Più strettamente sono avvinti da questa colpa coloro, che più di frequente cadono in peccato. Perché se i nostri peccati trassero Gesù Cristo N. S. al supplizio della croce, coloro che si tuffano più ignominiosamente nell'iniquità, di nuovo, per quanto è da loro, crocifiggono in sé il Figlio di Dio e lo disprezzano (He 6,6). Delitto ben più grave in noi che negli Ebrei. Questi, secondo la testimonianza dell'Apostolo, se avessero conosciuto il Re della gloria, non l'avrebbero giammai crocifisso (1Co 2,8); mentre noi, pur facendo professione di conoscerlo, lo rinneghiamo con i fatti, e quasi sembriamo alzar le mani violente contro di lui.

La sacra Scrittura attesta però che Gesù Cristo, oltre che volontariamente, fu preda della morte per volontà del Padre. Ecco come si esprime Isaia: L'ho colpito a causa dei delitti del mio popolo (Is 56,8). Poco prima il medesimo profeta, saturo dello spirito di Dio, contemplando il Signore coperto di piaghe, aveva gridato: Ci siamo tutti sperduti come pecore; ciascuno ha seguito la sua via e il Signore ha fatto piombare su di lui le nostre iniquità (Is 56,6). Parlando poi del Figlio, disse: Se darà la vita sua per il peccato, scorgerà una lunga progenie (ivi. 10). Il medesimo concetto è espresso, con parole anche più energiche, dall'Apostolo, il quale mira a mostrarci quante ragioni abbiamo per riporre forte speranza nell'infinita misericordia di Dio. Colui, egli dice, che non risparmio il proprio Figlio, ma lo diede per il bene di tutti noi, non ci dono forse con esso ogni altra cosa? (Rm 8,32).

Asprezza della passione nel corpo e nell'anima.

63. A questo punto il Parroco mostrerà quanto crudele sia stata l'acerbità della passione. Se rievochiamo alla memoria la circostanza che il sudore del Signore, alla previsione dei tormenti e degli spasimi che dopo poco doveva subire, fu sudore di sangue che cadeva fino in terra (Lc 22,44), facilmente scoprirà che nulla sarebbe stato possibile aggiungere di terribile ai suoi dolori. Il sudore sanguigno mostra l'amarezza ineffabile suscitata dal pensiero dei tormenti imminenti; che cosa dunque diremo della loro diretta esperienza? E questi dolori sofferti da Gesù Cristo N. S. ne colpirono sia il corpo che l'anima.

Nessuna parte del suo corpo fu immune da sofferenze atroci: i piedi e le mani trapassate dai chiodi; il capo recinto di spine e percosso a colpi di canna; il volto insozzato di sputi, malmenato con schiaffi; tutto il corpo battuto con i flagelli. Uomini di ogni stirpe e di ogni classe si accordarono nell'infierire contro il Signore e il suo Cristo (Ps 2,2). Pagani ed Ebrei furono solidalmente istigatori, autori e strumenti della passione. Giuda lo tradi, Pietro lo rinnego, tutti lo abbandonarono (Mt 26-27 Mc 14-15 Lc 22-23 Jn 13-19).

Che cosa poi rileveremo nella crocifissione? Il patimento o la vergogna, o non più tosto l'uno e l'altra? In realtà non sarebbe stato possibile escogitare genere di morte più obbrobrioso e doloroso di quello, al quale erano di solito destinati i più scellerati e pericolosi fra gli uomini, e durante il quale, la lentezza del supplizio rendeva più cocente lo spasimo. Del resto la stessa costituzione fisica di Gesù Cristo rendeva più atroce la sofferenza. Il suo corpo infatti, formato per virtù dello Spirito santo, era dotato di maggior sensibilità e delicatezza che il corpo degli uomini normali; quindi in esso erano più affinate le capacità sensibili. perciò fu più doloroso per esso l'affrontare tanti tormenti.

D'altra parte nessuno potrà revocare in dubbio che anche il dolore dell'animo arrivo all'estremo in G. Cristo. I santi che affrontarono supplizi e tormenti non mancarono di un certo conforto spirituale, divinamente concesso, sostenuti dal quale poterono con energia serena tollerare l'aculeo del martirio. Anzi accadde che molti, pur fra indicibili spasimi, sembravano soffusi di una vera letizia interiore. L'Apostolo, per esempio, esclamava: Godo nei mali che soffro per voi e compio nel mio corpo quanto manca alle sofferenze di Gesù Cristo, soffrendo io stesso per il corpo suo, la Chiesa (Col 1,24). E altrove: Sono colmo di gioia, sovrabbondo di letizia in ogni nostra tribolazione (2Co 7,4). Gesù Cristo N. S. invece bevve un calice di passione amarissima, che nessuna stilla di soavità aveva temperato: Al contrario permise alla natura umana, da lui assunta, di sentire tutti i tormenti, quasi fosse solamente uomo, e non Dio.

I frutti della Passione.

64. Infine il Parroco spiegherà con diligenza i vantaggi e i benefici scaturiti per noi dalla passione del Signore. Innanzi tutto dalla passione del Signore segui la nostra liberazione dal peccato. Dice san Giovanni: Egli ci ha amato e ci ha mondato dalle nostre colpe col suo sangue (Ap 1,5). E l'Apostolo dal canto suo afferma: Ci ha fatto rivivere, perdonandoci tutti i peccati, cancellando la sentenza di pena, emanata contro di noi, ch'egli soppresse, affiggendola alla croce (Col 2,13-14). In secondo luogo ci ha strappati alla schiavitù del demonio. Lo stesso Signore ha detto infatti: Adesso si fa giudizio di questo mondo; adesso il principe di questo mondo sarà cacciato fuori; ed io, quando saro innalzato da terra, trarro tutto a me (Jn 12,31-32). In terzo luogo pago il debito contratto per i nostri peccati. Inoltre, non essendo possibile offrire a Dio sacrificio più accetto e gradito, Gesù Cristo ci ha riconciliati col Padre, rendendolo verso di noi propizio e placato. Infine, avendo scontato la pena del peccato, ci dischiuse l'ingresso dei cieli, che la colpa comune a tutto il genere umano aveva serrato. Il che fu espresso dall'Apostolo, con le parole: Nutriamo fiducia di essere ammessi nel santuario, in virtù del sangue di Gesù Cristo (He 10,19).

Non mancano nel vecchio Testamento simboli raffiguranti questo mistero. Coloro ai quali era vietato di rientrare in patria prima della morte del sommo sacerdote (Nb 35,25), significavano che nessuno poteva entrare nella patria celeste, per quanto giusta e pia la sua vita, prima che il sommo ed eterno sacerdote Gesù Cristo subisse la morte. Dopo questa, immediatamente i battenti del paradiso si spalancarono per coloro che, purificati attraverso i sacramenti, ricchi di fede, di speranza e di carità, partecipano ai frutti della sua Passione.

La Passione del Signore sacrificio accettissimo.

65. Il Parroco mostrerà come tutti questi magnifici doni divini ci vennero dalla passione: innanzi tutto perché si tratta di una soddisfazione integrale e perfetta sotto ogni punto di vista, che Gesù Cristo offri a Dio Padre per i nostri peccati in una maniera mirabile. Anzi il prezzo da lui pagato in vece nostra, non solo pareggio, ma oltrepasso i nostri debiti. Il sacrificio inoltre fu sommamente accetto a Dio: appena offerto dal Figlio sull'altare della croce, l'ira e l'indignazione del Padre furono placate. Tali concetti esprime l'Apostolo, quando dice: Cristo ci amo e si offri per noi quale vittima e oblazione di soave profumo a Dio, (Ep 5,2). A tale redenzione si riferiscono le parole del Principe degli apostoli: Non siete stati redenti con oro e argento corruttibili dalla fatuità delle vostre consuetudini paterne e tradizionali, ma col sangue prezioso di Gesù Cristo, agnello candido e incontaminato (1P 1,18-19); e san Paolo insegna: Cristo ci ha liberato dalla maledizione della legge, diventando lui maledizione per noi (Ga 3,13).

La Passione del Signore è il modello di ogni virtù.

66. Con questi immensi benefici, un altro ne abbiamo raggiunto: fissando lo sguardo nella sola passione, noi scorgiamo esempi mirabili di tutte le virtù. Essa infatti insegna la pazienza, l'umiltà, l'esimia carità, la mansuetudine, l'obbedienza, la più tenace costanza d'animo, non solamente nel sostenere i più forti dolori per la giustizia, ma anche nell'affrontare impavidamente la morte. Si può dire quindi, senza esagerare, che il nostro Salvatore, nel solo giorno della passione, riassunse in sé tutti quei precetti di vita, che aveva inculcato durante il periodo della sua predicazione.

Quanto abbiamo detto, brevemente, riguarda la salutifera passione di Gesù Cristo N. S. Che dunque i misteri contemplati siano assiduamente presenti alle anime nostre e che noi apprendiamo cosi a soffrire, a morire, ad essere sepolti col Signore! Cosi, eliminata ogni bruttura di peccato, risorgendo con lui a nuova vita, possiamo un giorno, con la pietosa sua grazia, essere fatti degni di partecipare al regno e alla gloria dei cieli,





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ARTICOLO QUINTO Discese all'inferno, il terzo giorno risuscito da morte.

Significato dell'articolo.

67. Interessa senza dubbio moltissimo conoscere la gloria della sepoltura di Gesù Cristo N. S., di cui abbiamo poco fa parlato. Ma deve interessare anche di più i fedeli il conoscere i trionfi strepitosi, che egli riporto sul demonio debellato e l'inferno spogliato. Di ciò appunto, e insieme della resurrezione, dobbiamo ora parlare. Avremmo potuto benissimo trattare separatamente i due argomenti; ma seguendo l'autorità dei santi Padri, riteniamo conveniente unire nella medesima esposizione la discesa all'inferno e la risurrezione.

Che cosa voglia dire, genericamente, Inferno.

68. Discese all'inferno. Nella prima parte dell'articolo ci viene proposto di credere, che dopo la morte di Gesù Cristo, la sua anima discese all'inferno, e vi rimase finché il corpo resto nel sepolcro. Con queste parole riconosciamo che, in quel tempo, la medesima persona di Gesù Cristo fu nell'inferno e giacque nel sepolcro.

Il che non deve sorprendere. Infatti, come spesso abbiamo ripetuto, sebbene l'anima fosse uscita dal corpo, tuttavia la divinità non si separo mai né dall'anima, né dal corpo.

Il Parroco getterà molta luce sul senso dell'articolo, spiegando subito che cosa si debba intendere qui col termine: inferno. Ammonirà innanzi tutto che esso non sta a significare il sepolcro, come alcuni, non meno empiamente che ignorantemente, interpretarono. Abbiamo infatti appreso già dall'articolo precedente che Gesù Cristo N. S. fu sepolto; né v'era motivo perché gli apostoli, nel redigere la regola della fede, ripetessero il medesimo concetto, con formula più oscura. Qui il vocabolo in questione vuole significare quelle nascoste sedi, in cui stanno le anime di coloro che non hanno conseguito la beatitudine celeste. La sacra Scrittura offre molteplici esempi di questo uso. In san Paolo leggiamo: In nome di Gesù, ogni ginocchio si curvi, in cielo, in terra, nell'inferno (Ph 2,10). Negli Atti degli Apostoli, san Pietro assicura che Gesù Cristo N. S. risuscito, dopo aver superato i dolori dell'inferno (Ac 2,24).

Che cosa voglia dire specificamente.

69. Tali sedi non sono tutte del medesimo genere. Una è quella prigione tenebrosa e orribile, nella quale le anime dei dannati giacciono in un fuoco perpetuo e inestinguibile, insieme agli spiriti immondi. In questo significato abbiamo i termini equivalenti di geenna, abisso, inferno propriamente detto. In secondo luogo c'è la sede del fuoco purgante, soffrendo nel quale, per un determinato tempo, le anime dei giusti subiscono la espiazione, onde possano salire alla patria eterna, chiusa ad ogni ombra di colpa. Anzi, sulla verità di questa dottrina, che i santi Concili proclamano contenuta nella Scrittura come nella tradizione apostolica, il Parroco insisterà con rinnovata diligenza, poiché viviamo in tempi nei quali la sana dottrina non trova agevole accesso presso gli uomini. Infine una terza sede è quella in cui le anime dei santi furono ospitate prima della venuta di Gesù Cristo N. S. Esse vi dimorarono quietamente, immuni da ogni pena, alimentate dalla beatifica speranza della redenzione.

Reale discesa dell'anima di Gesù Cristo nell'inferno.

70. G. Cristo scendendo nell'inferno libero appunto le anime di questi giusti, aspettanti il Salvatore nel seno di Abramo. Né dobbiamo credere che vi sia disceso in modo da farvi pervenire soltanto la sua virtù e la sua potenza, ma non la sua anima. Dobbiamo invece ritenere con tutta fermezza che la sua anima discese realmente e con la sua presenza nell'inferno. Abbiamo in proposito l'esplicita testimonianza di David: Non lascerai l'anima mia nell'inferno (Ps 15,10).

La discesa di Gesù Cristo all'inferno nulla detrasse all'infinita sua potenza, né getto alcun'ombra offuscatrice sullo splendore della sua santità. Al contrario fu cosi solennemente confermato quanto era stato dichiarato circa la sua santità e la sua figliolanza da Dio, già manifestata da tanti miracoli. Ce ne persuaderemo senza indugio, se riflettiamo alle ben diverse ragioni per le quali scesero in quella sede Gesù Cristo e gli altri. Tutti vi erano penetrati prigionieri; egli invece, libero e vincitore fra morti, vi entro per debellare i demoni, dai quali essi erano tenuti prigionieri a causa della colpa originale. Inoltre, di tutti gli altri che erano discesi nell'inferno, una parte era stretta dalle più opprimenti pene; un'altra parte, pur libera da dolori sensibili, era amareggiata dalla privazione della visione di Dio e dall'aspettativa ansiosa della sperata beatitudine. Cristo Signore invece vi discese, non per soffrire, bensi per liberare i giusti dalla molestia della ingrata prigione, e conferir loro il frutto della propria passione. Nella sua discesa dunque non si riscontra nessuna diminuzione dell'infinita sua dignità e potenza.

Cristo discendendo nel limbo libero le anime dei Santi.

71. Di poi si dovrà insegnare come Gesù Cristo Signor nostro è disceso nel limbo, per condurre seco in cielo i santi Padri e tutti gli altri uomini pii, liberandoli dal carcere, dopo aver strappato al demonio la sua preda; il che fu da lui compiuto in maniera ammirabile e con gloria grande. Il suo aspetto sfolgoro su quei prigionieri una luce chiarissima e riempi le loro anime di letizia immensa e di gaudio; anzi elargi ad esse ancora la più desiderabile delle beatitudini che consiste nella visione di Dio. Cosi fu compiuta la promessa fatta al buon ladrone: Oggi sarai con me in paradiso (Lc 23,43). Questa liberazione dei buoni era stata molto tempo innanzi predetta da Osea con queste parole: O morte, io saro la tua morte; o inferno, io saro la tua distruzione (Os 13,14); e dal profeta Zaccaria: Per te, a causa del sangue del tuo patto, io ritirero i tuoi prigionieri dalla fossa senz'acqua (Zac. 9,11); nonché dal passo dell'Apostolo: Egli ha spogliato i principati e le potestà, offrendoli a spettacolo e trionfando di loro (Col 2,15).

Per meglio intendere il valore di questo mistero, dobbiamo sovente ricordare che per beneficio della passione di Cristo han ricevuto la salvezza non solo gli uomini pii, nati dopo l'avvento del Signore, ma ancora quelli che lo avevan preceduto da Adamo in poi, e che saranno per nascere fino alla fine del mondo. perciò avanti che egli morisse e risorgesse da morte, le porte dei cieli non si aprirono mai per alcuno; ma le anime dei buoni, uscite di questa vita, erano portate nel seno di Abramo, o venivano purificate nel fuoco del purgatorio, come avviene anche ora a quelli che han qualcosa da lavare o da scontare.

C'è infine un'altra causa della discesa di Cristo Signore negl'inferi; ed è la manifestazione della sua forza e potenza anche in quel luogo, com'era stato nel cielo e sulla terra, affinché si avverasse che al suo nome ogni ginocchio si piega in cielo, in terra e negl'inferi (Ph 2,10). Chi non ammirerà a questo punto, l'immensa benignità di Dio verso il genere umano? Chi non sarà preso dallo stupore, considerando che Egli, non soltanto ha voluto subire per noi un'acerbissima morte, ma è ancor voluto scendere nei penetrali della terra, per toglierne le anime, a lui tanto care, e portarle seco alla beatitudine?

Il glorioso mistero della risurrezione di Cristo.

72. Risuscito. Segue la seconda parte dell'articolo, a spiegar la quale con la maggiore premura, sono d'incitamento al Parroco queste parole dell'Apostolo: Ricordati che il Signore nostro Gesù Cristo è risorto dai morti (2Th 2,8). E fuor di dubbio che il precetto dato a Timoteo vale anche per tutti gli altri che hanno cura di anime. Il significato dell'articolo è questo: Cristo signor nostro spiro sulla croce all'ora nona del venerdi e fu sepolto in quel medesimo giorno dai discepoli, i quali, col permesso del procuratore Pilato, chiusero il corpo del Signore, deposto dalla croce, entro un sepolcro nuovo, situato in un attiguo giardino. Ma il terzo giorno dalla morte, che divenne il giorno del Signore, al primo chiarore dell'alba, l'anima di lui si congiunse di nuovo con il corpo; e cosi egli, che era rimasto per tre giorni nella morte, ritorno alla vita, abbandonata morendo, e risorse.

Cristo è risorto per virtù propria.

73. Con la parola resurrezione tuttavia non si deve intendere soltanto che Cristo risuscito da morte, come avvenne a molti altri, ma che risorse per sua forza e virtù; cosa che fu esclusiva di lui. La natura infatti non tollera, né è stato mai concesso ad alcuno, di rievocare se stesso da morte a vita per propria virtù. ciò era riservato all'infinita potenza di Dio, secondo la parola dell'Apostolo: Se egli è stato crocifisso a causa della sua debolezza (umana), vive però per virtù di Dio (2Co 13,4). La quale divina virtù non essendo stata mai separata, né dal corpo di Cristo nel sepolcro, né dall'anima durante la discesa negl'inferi, rimaneva sempre presente, sia nel corpo, per potersi ricongiungere all'anima, sia nell'anima, per poter ritornare nel corpo. Cosi potè ritornare a vita per propria virtù e risorgere dai morti.

David, pieno dello spirito di Dio, lo aveva predetto con queste parole: La sua destra e il suo braccio gli hanno dato vittoria (Ps 97,2); e lo stesso Cristo signor nostro lo confermo con la divina testimonianza della sua parola: Io do la mia vita per riprenderla di nuovo; sono padrone di darla e padrone di riprenderla (Jn 10,17). Disse inoltre ai Giudei, per confermare la verità della sua dottrina: Disfate questo tempio, e in tre giorni lo rimettero in piedi (Jn 2,19). Le quali parole sebbene i Giudei le intendessero del magnifico tempio costruito di pietra, egli le riferiva al tempio del suo corpo, com'è spiegato, a questo punto, dalle parole della sacra Scrittura. E se talora leggiamo nella Scrittura che Cristo signor nostro fu risuscitato dal Padre (Rm 8,34), questo si deve riferire a lui in quanto uomo, appunto come si riferiscono a lui, in quanto Dio, le altre che dicono essere egli risorto per sua propria virtù.

Cristo primogenito dei morti.

74. Un'altra cosa fu peculiare di Cristo: egli primo di tutti frui di questo divino beneficio della resurrezione. Infatti nella Scrittura è chiamato il primo a rinascere fra i morti (Col 1,18), e primogenito dei morti (Ap 1,5). E, com'è detto dall'Apostolo: Cristo è risuscitato da morte, primizia dei dormienti; poiché da un uomo venne la morte, e da un uomo la risurrezione da morte; come in Adamo tutti muoiono, cosi tutti in Cristo saranno vivificati. Ciascuno però a suo luogo: Cristo è la primizia; di poi quelli che sono di Cristo (1Co 15,20 sg.).

Queste parole devono intendersi della risurrezione perfetta, per la quale, soppressa ogni necessità di morte, passeremo alla vita immortale. Ora in questo genere di risurrezione Gesù Cristo ha il primo luogo. Poiché se consideriamo quella risurrezione, o ritorno alla vita, a cui sia congiunta la necessità di una seconda morte, allora prima di Cristo molti altri sono stati risuscitati da morte, a condizione però di morire un'altra volta. Invece Gesù Cristo dopo aver vinta e sottomessa la morte, è risorto in guisa da non poter più morire, com'è apertamente confermato dal passo: Cristo risuscitato da morte non muore più; la morte più non lo dominerà (Rm 6,9).

Perché Cristo è risorto il terzo giorno.

75. Il terzo giorno. Il Parroco dovrà spiegare la frase, affinché i fedeli non credano che il Signore sia rimasto nel sepolcro tutti interi i tre giorni. Egli vi è stato un intero giorno naturale, più una parte del giorno antecedente e di quello seguente. ciò basta perché si possa dire con verità ch'egli è stato tre giorni nel sepolcro e che al terzo giorno è risorto. Per mostrare chiaramente la sua divinità, non volle differire la resurrezione alla fine del mondo; d'altro lato, perché lo si credesse vero uomo e realmente morto, volle rivivere non subito dopo la morte, ma dopo tre giorni; tempo sufficiente a provarne la vera morte.

Perché nel simbolo costantinopolitano jfu aggiunto: secondo le Scritture.

76. I Padri del primo concilio costantinopolitano aggiunsero a questo punto: secondo le Scritture. La frase, desunta dall'Apostolo, fu da loro trasportata nel Simbolo, perché l'Apostolo stesso ha insegnato che il mistero della risurrezione è sommamente necessario, con queste parole: Se poi Cristo non è risuscitato, vana è dunque la nostra predicazione, vana è ancora la vostra fede; che se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede, poiché sareste tuttora nei vostri peccati (1Co 15,14-17). Sant'Agostino, ammirando la fede di questo articolo, scrisse: Non è gran de cosa credere che Cristo è morto: Pagani, Giudei e tutti i malvagi lo credono: tutti credono che sia morto.

Ma la fede dei Cristiani sta nella risurrezione di Cristo; questo per noi è cosa grande: credere che egli sia risorto (Sul Ps 120,6). Per questo ancora, il Signore ha parlato assai di frequente della sua risurrezione; e quasi mai ha discorso con i discepoli della passione, senza menzionare la risurrezione. Cosi dopo aver detto: "Il Figlio dell'uomo sarà dato nelle mani dei Gentili, sarà schernito, flagellato e gli sarà sputato in faccia, e dopo flagellato lo uccideranno ", aggiunse in fine: " E il terzo giorno risorgerà (Lc 18,32). Avendogli i Giudei chiesto di provare con qualche prodigio e miracolo la sua dottrina, rispose che nessun altro segno sarebbe stato loro dato, se non quello del profeta Giona (Lc 11,29 Mt 12,39): Come Giona rimase nel ventre del cetaceo tre giorni e tre notti, cosi sarebbe stato il Figlio dell'uomo, per tre giorni e tre notti, nel seno della terra.

Necessità e scopo della risurrezione di G. Cristo.

77. Per meglio comprendere il valore e il significato dell'articolo, tre cose si devono ricercare e conoscere. Primo: perché fu necessaria la risurrezione di Cristo; secondo: quale sia il fine o scopo della medesima; terzo: quali utilità e quali benefici ne siano derivati per noi.

Quanto al primo punto, la risurrezione di Cristo fu necessaria per mostrare la giustizia di Dio. Era infatti sommamente opportuno che Dio esaltasse Colui, che per obbedirgli era stato umiliato e coperto di ogni ignominia. L'Apostolo addusse questa ragione scrivendo ai Filippesi: Umilio se stesso, fattosi ubbidiente fino alla morte e morte di croce. Per la qual cosa Dio lo esalto (Ph 2,8-9). Secondo, per confermare la fede nostra, senza la quale non può sussistere la giustificazione dell'uomo; ora l'argomento maggiore che Cristo è figlio di Dio sta nel fatto che egli sia risuscitato dai morti per sua virtù. Terzo, per alimentare e sorreggere la nostra speranza, poiché, essendo Cristo risorto, nutriamo certa speranza di risorgere anche noi; le membra infatti devono seguire le sorti del capo. Appunto in questo senso l'Apostolo conclude la sua argomentazione, scrivendo a quei di Corinto e di Tessalonica (1Co 15,12 1Th 4,12). Anche Pietro, principe degli apostoli, ha scritto: Benedetto Dio, Padre del signor nostro Gesù Cristo, il quale per la sua grande misericordia ci ha rigenerati a una viva speranza, mediante la resurrezione di Cristo da morte, e ad una eredità incorruttibile (1P 1,3-4).

Da ultimo bisogna insegnare che la resurrezione del Signore fu necessaria per compire il mistero della redenzione, in quanto Cristo morendo ci ha liberato dai peccati, e risorgendo ci ha restituito quei preziosi beni che avevamo perduto con la colpa. perciò l'Apostolo ha scritto: Cristo fu dato a morte per i nostri peccati, e risuscito per nostra giustificazione (Rm 4,25). affinché, dunque, nulla mancasse alla salvezza del genere umano, fu necessario che Cristo risorgesse, come era stato necessario che morisse.

Utilità della resurrezione di G. Cristo.

78. Da quanto abbiamo detto possiamo rilevare l'utilità grande che la resurrezione di Cristo Signor nostro ha arrecata ai fedeli. Innanzi tutto, per essa riconosciamo che Dio è immortale, pieno di gloria, vincitore della morte e del demonio; titoli che senza dubbio dobbiamo credere e confessare di Gesù Cristo. Di più, la resurrezione di Cristo produce anche la resurrezione del nostro corpo, sia perché è stata la causa efficiente di questo mistero, sia perché noi tutti dobbiamo risorgere secondo l'esempio del Signore, come attesta l'Apostolo, circa la resurrezione dei corpi: Da un uomo venne la morte, e da un uomo la resurrezione da morte (1Co 15,21). Infatti, in tutto il mistero della nostra redenzione, Dio si è servito dell'umanità di Cristo come di efficace strumento: quindi la sua resurrezione fu come uno strumento per operare la nostra. Inoltre, la risurrezione di Cristo si può considerare quale modello, essendo la più perfetta di tutte. Come il corpo di Cristo risorgendo a gloria immortale s'è trasformato, cosi anche i nostri corpi, già deboli e mortali, si rileveranno adorni di gloria e d'immortalità. Insegna l'Apostolo che noi aspettiamo come Salvatore, il Signor nostro Gesù Cristo, il quale trasformerà il nostro povero corpo per farlo conforme al corpo della sua gloria (Ph 3,20,21).

Questo si può dire anche dell'anima, morta nel peccato, mostrandoci l'Apostolo medesimo in qual senso la resurrezione di Cristo può servirle da esemplare: Come Cristo risuscito da morte per gloria del Padre, cosi noi viviamo di nuova vita. Poiché se siamo come innestati alla somiglianzà della sua morte, lo saremo anche a quella della risurrezione (Rm 6,4-5); e poco dopo aggiunge: Sapendo noi che Cristo, risuscitato da morte, non muore più, la morte più non lo dominerà. Poiché quanto all'esser lui morto, mori per il peccato una volta; quanto poi al vivere, egli vive per Dio. Nella stessa guisa anche voi fate conto di esser morti al peccato, e vivi per Dio, in Cristo Gesù (Rm 9-11).

Esempi che si ricavano dalla resurrezione di Cristo.

79. Due pertanto sono gli esempi da imitare nella resurrezione di Cristo. L'uno è che, lavate le macchie del peccato, iniziamo un nuovo genere di vita, in cui rifulgano l'integrità dei costumi, l'innocenza, la santità, la modestia, la giustizia, la beneficenza, l'umiltà. L'altro si è il perseverare in questo nuovo genere di vita in modo tale da non uscir mai più, con l'aiuto di Dio, fuori della via di giustizia, nella quale siamo entrati. Giacché le parole dell'Apostolo non significano soltanto che la risurrezione di Cristo è un esempio della nostra; ma dichiarano pure che essa ci offre anche la capacità di risorgere e ci largisce la forza e lo spirito per coltivare la santità, la giustizia, e per osservare i precetti di Dio. Come infatti dalla sua morte prendiamo non solo l'esempio del morire al peccato, ma la virtù per morirvi di fatto, cosi la sua resurrezione ci somministra le forze per conseguire la giustizia, onde poi camminare in devota e santa pietà verso Dio, secondo la novità di quella vita, alla quale siamo risorti. Questo sopratutto ha voluto ottenere il Signore con la sua risurrezione: che noi, già morti con lui al peccato e al mondo, con lui risorgessimo a un genere e a una norma tutta nuova di vita.

I segni della nostra resurrezione spirituale.

80. Quali siano i segni principali di questa resurrezione, ce lo ricorda l'Apostolo; il quale con le parole, " se siete risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo alla destra di Dio " (Col 3,1), mostra chiaramente che coloro i quali desiderano aver vita, onori, riposo, ricchezze là dov'è Cristo, sono davvero risorti con lui. Invece con le altre: " Pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra " (IB 2), ha aggiunto come una seconda nota, per distinguere se veramente siamo risorti con Cristo. Come infatti il gusto suole indicare lo stato di salute del corpo, cosi se uno apprezza tutto ciò che è vero, pudico, giusto, santo, se nell'intimo senso della sua mente assapora la dolcezza delle cose celesti, allora avrà la prova migliore che l'anima cosi bene affetta è davvero risorta con Gesù Cristo ad una vita nuova e spirituale.










Catechismo Tridentino 1040