Catechismo Chiesa Catt. 1030

III. La purificazione finale o purgatorio

1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo.

1031 La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze (621) e di Trento. (622) La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, (623) parla di un fuoco purificatore:

« Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c'è, prima del giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (
Mt 12,32). Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo futuro ». (624)

(621) Cf Concilio di Firenze, Decretum pro Graecis: DS 1304.
(622) Cf Concilio di Trento, Sess. 25a, Decretum de purgatorio: DS 1820 Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canone 30: DS 1580.
(623) Per esempio, 1Co 3,15 1P 1,7.
(624) San Gregorio Magno, Dialogi, 4, 41, 3: SC 265,148.

1032 Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: « Perciò [Giuda Maccabeo] fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato » (2M 12,45). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, (625) affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti:

« Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, (626) perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? [...] Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere ». (627)

(625) Cf Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 856.
(626) Cf Gb Jb 1,5.
(627) San Giovanni Crisostomo, In epistulam I ad Corinthios, homilia 41, 5: PG 61,361.


IV. L'inferno

1033 Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: « Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna » (1Jn 3,14-15). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli. (628) Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola « inferno ».

(628) Cf Mt 25,31-46.

1034 Gesù parla ripetutamente della « geenna », del « fuoco inestinguibile », (629) che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l'anima che il corpo. (630) Gesù annunzia con parole severe: « Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno [...] tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente » (Mt 13,41-42), ed egli pronunzierà la condanna: « Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno! » (Mt 25,41).

(629) Cf Mt 5,22 Mt 5,29 Mt 13,42 Mt 13,50 Mc 9,43-48.
(630) Cf Mt 10,28.

1035 La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, « il fuoco eterno ». (631) La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira.

(631) Cf Simbolo Quicumque:
DS 76 Sinodo di Costantinopoli (anno 543), Anathematismi contra Origenem, 7: DS 409; Ibid., 9: DS 411; Concilio Lateranense IV, Cap. 1, De fide catholica: DS 801; Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 858; Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: DS 1002; Concilio di Firenze, Decretum pro Iacobitis: DS 1351; Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canone 25: DS 1575; Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 12: AAS 60 (1968) 438.

1036 Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: « Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano! » (Mt 7,13-14).

« Siccome non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà pianto e stridore di denti ». (632)

(632) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 48, AAS 57 (1965) 54.

1037 Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; (633) questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole « che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi » (2P 3,9):

« Accetta con benevolenza, o Signore, l'offerta che ti presentiamo noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia: disponi nella tua pace i nostri giorni, salvaci dalla dannazione eterna, e accoglici nel gregge degli eletti ». (634)

(633) Cf Concilio di Orange II, Conclusio: DS 397 Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canone 17: DS 1567.
(634) Preghiera eucaristica I o Canone Romano: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 386.


V. Il giudizio finale

1038 La risurrezione di tutti i morti, « dei giusti e degli ingiusti » (Ac 24,15), precederà il giudizio finale. Sarà « l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce [del Figlio dell'uomo] e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna » (Jn 5,28-29). Allora Cristo « verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli [...]. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. [...] E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna » (Mt 25,31-33 Mt 25,46).

1039 Davanti a Cristo che è la verità sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio. (635) Il giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena:

« Tutto il male che fanno i cattivi viene registrato a loro insaputa. Il giorno in cui Dio non tacerà (
Ps 50,3) [...] egli si volgerà verso i malvagi e dirà loro: Io avevo posto sulla terra i miei poverelli, per voi. Io, loro capo, sedevo nel cielo alla destra di mio Padre, ma sulla terra le mie membra avevano fame. Se voi aveste donato alle mie membra, il vostro dono sarebbe giunto fino al capo. Quando ho posto i miei poverelli sulla terra, li ho costituiti come vostri fattorini perché portassero le vostre buone opere nel mio tesoro: voi non avete posto nulla nelle loro mani, per questo non possedete nulla presso di me ». (636)

(635) Cf Jn 12,48.
(636) Sant'Agostino, Sermo 18, 4, 4: CCL 41, 247-249 (PL 38, 130-131).

1040 Il giudizio finale avverrà al momento del ritorno glorioso di Cristo. Soltanto il Padre ne conosce l'ora e il giorno, egli solo decide circa la sua venuta. Per mezzo del suo Figlio Gesù pronunzierà allora la sua parola definitiva su tutta la storia. Conosceremo il senso ultimo di tutta l'opera della creazione e di tutta l'Economia della salvezza, e comprenderemo le mirabili vie attraverso le quali la provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine ultimo. Il giudizio finale manifesterà che la giustizia di Dio trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature e che il suo amore è più forte della morte. (637)

(637) Cf
Ct 8,6.

1041 Il messaggio del giudizio finale chiama alla conversione fin tanto che Dio dona agli uomini « il momento favorevole, il giorno della salvezza » (2Co 6,2). Ispira il santo timor di Dio. Impegna per la giustizia del regno di Dio. Annunzia la « beata speranza » (Tt 2,13) del ritorno del Signore il quale « verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto » (2Th 1,10).



VI. La speranza dei cieli nuovi e della terra nuova

1042 Alla fine dei tempi, il regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Dopo il giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato: Allora la Chiesa « avrà il suo compimento [...] nella gloria del cielo, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose e quando col genere umano anche tutto il mondo, il quale è intimamente unito con l'uomo e per mezzo di lui arriva al suo fine, sarà perfettamente ricapitolato in Cristo ». (638)

(638) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 48, AAS 57 (1965) 53.

1043 Questo misterioso rinnovamento, che trasformerà l'umanità e il mondo, dalla Sacra Scrittura è definito con l'espressione: « i nuovi cieli e una terra nuova » (2P 3,13). (639) Sarà la realizzazione definitiva del disegno di Dio di « ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra » (Ep 1,10).

(639) Cf Ap 21,1.

1044 In questo nuovo universo, (640) la Gerusalemme celeste, Dio avrà la sua dimora in mezzo agli uomini. Egli « tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate » (Ap 21,4). (641)

(640) Cf Ap 21,5.
(641) Cf Ap 21,27.

1045 Per l'uomo questo compimento sarà la realizzazione definitiva dell'unità del genere umano, voluta da Dio fin dalla creazione e di cui la Chiesa nella storia è « come sacramento ». (642) Coloro che saranno uniti a Cristo formeranno la comunità dei redenti, la « Città santa » di Dio (Ap 21,2), « la Sposa dell'Agnello » (Ap 21,9). Essa non sarà più ferita dal peccato, dalle impurità, (643) dall'amor proprio, che distruggono o feriscono la comunità terrena degli uomini. La visione beatifica, nella quale Dio si manifesterà in modo inesauribile agli eletti, sarà sorgente perenne di gaudio, di pace e di reciproca comunione.

(642) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 1, AAS 57 (1965) 5.
(643) Cf Ap 21,27.

1046 Quanto al cosmo, la Rivelazione afferma la profonda comunione di destino fra il mondo materiale e l'uomo:

« La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio [...] e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione [...]. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo » (
Rm 8,19-23).

1047 Anche l'universo visibile, dunque, è destinato ad essere trasformato, « affinché il mondo stesso, restaurato nel suo stato primitivo, sia, senza più alcun ostacolo, al servizio dei giusti », (644) partecipando alla loro glorificazione in Gesù Cristo risorto.

(644) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 5, 32, 1: SC 153,398.

1048 « Ignoriamo il tempo in cui saranno portate a compimento la terra e l'umanità, e non sappiamo il modo in cui sarà trasformato l'universo. Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini ». (645)

(645) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 39, AAS 58 (1966) 1056-1057.

1049 « Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell'umanità nuova che già riesce a offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di grande importanza ». (646)

(646) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 39, AAS 58 (1966) 1057.

1050 « Infatti i beni della dignità dell'uomo, della comunione fraterna e della libertà, cioè tutti questi buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando Cristo rimetterà al Padre il regno eterno e universale ». (647) Dio allora sarà « tutto in tutti » (1Co 15,28), nella vita eterna:

« La vita, nella sua stessa realtà e verità, è il Padre, che attraverso il Figlio nello Spirito Santo riversa come fonte su tutti noi i suoi doni celesti. E per la sua bontà promette veramente anche a noi uomini i beni divini della vita eterna ». (648)

(647) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 39, AAS 58 (1966) 1057; cf Id., Cost. dogm. Lumen gentium, LG 2: AAS 57 (1965) 5-6.
(648) San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses illuminandorum, 18, 29: Opera, v. 2, ed. J. Rupp (Monaco 1870) p. 332 (PG 33,1049).


In sintesi

1051 Ogni uomo riceve nella sua anima immortale la propria retribuzione eterna fin dalla sua morte, in un giudizio particolare ad opera di Cristo, giudice dei vivi e dei morti.

1052 « Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo [...] costituiscono il popolo di Dio nell'al di là della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della risurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi ». (649)

(649) Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 28: AAS 60 (1968) 444.

1053 « Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite attorno a Gesù e a Maria in paradiso, forma la Chiesa del cielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com'è e dove sono anche associate, in diversi gradi, con i santi angeli al governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi e aiutando la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine ». (650)

(650) Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 29: AAS 60 (1968) 444.

1054 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma imperfettamente purificati, benché sicuri della loro salvezza eterna, vengono sottoposti, dopo la morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia di Dio.

1055 In virtù della « comunione dei santi », la Chiesa raccomanda i defunti alla misericordia di Dio e per loro offre suffragi, in particolare il santo sacrificio eucaristico.

1056 Seguendo l'esempio di Cristo, la Chiesa avverte i fedeli della triste e penosa realtà della morte eterna, (651) chiamata anche « inferno ».

(651) Cf Congregazione per il Clero, Direttorio catechistico generale, 69: AAS 64 (1972) 141.

1057 La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio; in Dio soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira.

1058 La Chiesa prega perché nessuno si perda: « Signore, [...] non permettere che sia mai separato da te ». (652) Se è vero che nessuno può salvarsi da se stesso, è anche vero che Dio « vuole che tutti gli uomini siano salvati » (1Tm 2,4) e che per lui « tutto è possibile » (Mt 19,26).

(652) Preghiera prima della Comunione: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 421.

1059 « La santissima Chiesa romana crede e confessa fermamente che nel [...] giorno del giudizio tutti gli uomini compariranno col loro corpo davanti al tribunale di Cristo per rendere conto delle loro azioni ». (653)

(653) Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo:
DS 859 cf Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, c. 16: DS 1549.

1060 Alla fine dei tempi, il regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Allora i giusti regneranno con Cristo per sempre, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo materiale sarà trasformato. Dio allora sarà « tutto in tutti » (1Co 15,28), nella vita eterna.


«AMEN»

1061 Il Credo, come pure l'ultimo libro della Sacra Scrittura, (654) termina con la parola ebraica Amen. La si trova frequentemente alla fine delle preghiere del Nuovo Testamento. Anche la Chiesa termina le sue preghiere con Amen.

(654) Cf
Ap 22,21.

1062 In ebraico, Amen si ricongiunge alla stessa radice della parola « credere ». Tale radice esprime la solidità, l'affidabilità, la fedeltà. Si capisce allora perché l'« Amen » può esprimere tanto la fedeltà di Dio verso di noi quanto la nostra fiducia in lui.

1063 Nel profeta Isaia si trova l'espressione « Dio di verità », letteralmente « Dio dell'Amen », cioè il Dio fedele alle sue promesse: « Chi vorrà essere benedetto nel paese, vorrà esserlo per il Dio fedele » (Is 65,16). Nostro Signore usa spesso il termine « Amen », (655) a volte in forma doppia, (656) per sottolineare l'affidabilità del suo insegnamento, la sua autorità fondata sulla verità di Dio.

(655) Cf Mt 6,2 Mt 6,5 Mt 6,16.
(656) Cf Jn 5,19.

1064 L'« Amen » finale del Simbolo riprende quindi e conferma le due parole con cui inizia: « Io credo ». Credere significa dire « Amen » alle parole, alle promesse, ai comandamenti di Dio, significa fidarsi totalmente di colui che è l'« Amen » d'infinito amore e di perfetta fedeltà. La vita cristiana di ogni giorno sarà allora l'« Amen » all'« Io credo » della professione di fede del nostro Battesimo:

« Il Simbolo sia per te come uno specchio. Guardati in esso, per vedere se tu credi tutto quello che dichiari di credere e rallegrati ogni giorno per la tua fede ». (657)

(657) Sant'Agostino, Sermo 58, 11, 13: PL 38, 399.

1065 Gesù Cristo stesso è l'« Amen » (Ap 3,14). Egli è l'« Amen » definitivo dell'amore del Padre per noi; assume e porta alla sua pienezza il nostro « Amen » al Padre: « Tutte le promesse di Dio in lui sono divenute "sì". Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro "Amen" per la sua gloria » (2Co 1,20):

« Per Cristo, con Cristo e in Cristo,
a te, Dio Padre onnipotente,
nell'unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria
per tutti i secoli dei secoli.
AMEN! ». (658)

(658) Dossologia dopo la preghiera eucaristica: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 392, 400, 410 e 417.





PARTE SECONDA

LA CELEBRAZIONE DEL MISTERO CRISTIANO



Perché la liturgia?

1066 Nel Simbolo della fede, la Chiesa confessa il mistero della Santa Trinità e il « il mistero della sua volontà, secondo [...] la sua benevolenza » (Ep 1,9) su tutta la creazione: il Padre compie il « mistero della sua volontà » donando il suo Figlio diletto e il suo Santo Spirito per la salvezza del mondo e per la gloria del suo Nome. Questo è il mistero di Cristo, (1) rivelato e realizzato nella storia secondo un piano, una « disposizione » sapientemente ordinata che san Paolo chiama « l’Economia del Mistero » (Ep 3,9) e che la tradizione patristica chiamerà « l'Economia del Verbo incarnato » o « l'Economia della salvezza ».

(1) Cf Ep 3,4.

1067 « Quest'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell'Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione, mistero col quale "morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha ridato a noi la vita". Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa ». (2) Per questo, nella liturgia, la Chiesa celebra principalmente il mistero pasquale per mezzo del quale Cristo ha compiuto l'opera della nostra salvezza.

(2) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 5, AAS 56 (1964) 99.

1068 Questo mistero di Cristo la Chiesa annunzia e celebra nella sua liturgia, affinché i fedeli ne vivano e ne rendano testimonianza nel mondo:

« La liturgia, infatti, mediante la quale, massimamente nel divino sacrificio dell'Eucaristia, "si attua l'opera della nostra redenzione", contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa ». (3)

(3) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 2, AAS 56 (1964) 97-98.


Che cosa significa il termine « liturgia »?

1069 Il termine « liturgia » significa originalmente « opera pubblica », « servizio da parte del popolo e in favore del popolo ». Nella tradizione cristiana vuole significare che il popolo di Dio partecipa all'« opera di Dio ». (4) Attraverso la liturgia Cristo, nostro Redentore e Sommo Sacerdote, continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l'opera della nostra redenzione.

(4) Cf
Jn 17,4.

1070 Il termine « liturgia » nel Nuovo Testamento è usato per designare non soltanto la celebrazione del culto divino, (5) ma anche l'annunzio del Vangelo (6) e la carità in atto. (7) In tutti questi casi, si tratta del servizio di Dio e degli uomini. Nella celebrazione liturgica, la Chiesa è serva, a immagine del suo Signore, l'unico « Liturgo », (8) poiché partecipa del suo sacerdozio (culto) profetico (annunzio) e regale (servizio della carità):

« Giustamente perciò la liturgia è ritenuta quell'esercizio dell'ufficio sacerdotale di Gesù Cristo, mediante il quale con segni sensibili viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell'uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo Sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado ». (9)

(5) Cf
Ac 13,2 Lc 1,23.
(6) Cf Rm 15,16 Ph 2,14-17 Ph 2,30.
(7) Cf Rm 15,27 2Co 9,12 Ph 2,25.
(8) Cf He 8,2 He 8,6.
(9) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium SC 7, AAS 56 (1964) 101.


La liturgia come fonte di vita

1071 Opera di Cristo, la liturgia è anche un'azione della sua Chiesa. Essa realizza e manifesta la Chiesa come segno visibile della comunione di Dio e degli uomini per mezzo di Cristo. Impegna i fedeli nella vita nuova della comunità. Esige « che i fedeli vi prendano parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente ». (10)

(10) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 11, AAS 56 (1964) 103.

1072 « La sacra liturgia non esaurisce tutta l'azione della Chiesa »: (11) essa deve essere preceduta dalla evangelizzazione, dalla fede e dalla conversione; allora è in grado di portare i suoi frutti nella vita dei fedeli: la vita nuova secondo lo Spirito, l'impegno nella missione della Chiesa ed il servizio della sua unità.

(11) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 9, AAS 56 (1964) 101.


Preghiera e liturgia

1073 La liturgia è anche partecipazione alla preghiera di Cristo, rivolta al Padre nello Spirito Santo. In essa ogni preghiera cristiana trova la sua sorgente e il suo termine. Per mezzo della liturgia, l'uomo interiore è radicato e fondato (12) nel « grande amore con il quale il Padre ci ha amati » (Ep 2,4) nel suo Figlio diletto. Ciò che viene vissuto e interiorizzato da ogni preghiera « in ogni occasione nello Spirito » (Ep 6,18) è la stessa « meraviglia di Dio ».

(12) Cf Ep 3,16-17.


Catechesi e liturgia

1074 « La liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù ». (13) Essa è quindi il luogo privilegiato della catechesi del popolo di Dio. « La catechesi è intrinsecamente collegata con tutta l'azione liturgica e sacramentale, perché è nei sacramenti, e soprattutto nell'Eucaristia, che Gesù Cristo agisce in pienezza per la trasformazione degli uomini ». (14)

(13) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 10, AAS 56 (1964) 102.
(14) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, CTR 23: AAS 71 (1979) 1296.

1075 La catechesi liturgica mira a introdurre nel mistero di Cristo (essa è infatti « mistagogia »), in quanto procede dal visibile all'invisibile, dal significante a ciò che è significato, dai « sacramenti » ai « misteri ». Una tale catechesi spetta ai catechismi locali e regionali. Il presente Catechismo, che vuole essere al servizio di tutta la Chiesa, nella diversità dei suoi riti e delle sue culture, (15) presenterà ciò che è fondamentale e comune a tutta la Chiesa riguardo alla liturgia come mistero e come celebrazione (sezione prima); quindi i sette sacramenti e i sacramentali (sezione seconda.

(15) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 3-4, AAS 56 (1964) 98.



SEZIONE PRIMA

L'ECONOMIA SACRAMENTALE

1076 Il giorno di pentecoste, con l'effusione dello Spirito Santo, la Chiesa viene manifestata al mondo. (16) Il dono dello Spirito inaugura un tempo nuovo nella « dispensazione del mistero »: il tempo della Chiesa, nel quale Cristo manifesta, rende presente e comunica la sua opera di salvezza per mezzo della liturgia della sua Chiesa, « finché egli venga » (1Co 11,26). In questo tempo della Chiesa, Cristo vive e agisce ormai nella sua Chiesa e con essa in una maniera nuova, propria di questo tempo nuovo. Egli agisce per mezzo dei sacramenti; è ciò che la tradizione comune dell'Oriente e dell'Occidente chiama « l'economia sacramentale »; questa consiste nella comunicazione (o « dispensazione ») dei frutti del mistero pasquale di Cristo nella celebrazione della liturgia « sacramentale » della Chiesa. È perciò importante mettere in luce per prima cosa questa « dispensazione sacramentale » (capitolo primo). In tal modo appariranno più chiaramente la natura e gli aspetti essenziali della celebrazione liturgica (capitolo secondo.

(16) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium SC 6, AAS 56 (1964) 100; Id., Cost. dogm. Lumen gentium, LG 2: AAS 57 (1965) 6).



CAPITOLO PRIMO

IL MISTERO PASQUALE NEL TEMPO DELLA CHIESA


ARTICOLO 1

LITURGIA - OPERA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ




I. Il Padre, sorgente e fine della liturgia

1077 « Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto » (Ep 1,3-6).

1078 Benedire è un'azione divina che dà la vita e di cui il Padre è la sorgente. La sua benedizione è insieme parola e dono (« bene-dictio », « eu-logia »). Riferito all'uomo, questo termine significherà l'adorazione e la consegna di sé al proprio Creatore nell'azione di grazie.

1079 Dall'inizio alla fine dei tempi, tutta l'opera di Dio è benedizione. Dal poema liturgico della prima creazione ai cantici della Gerusalemme celeste, gli autori ispirati annunziano il disegno della salvezza come una immensa benedizione divina.

1080 In principio, Dio benedice gli esseri viventi, specialmente l'uomo e la donna. L'alleanza con Noè e con tutti gli esseri animati rinnova questa benedizione di fecondità, nonostante il peccato dell'uomo, a causa del quale il suolo è « maledetto ». Ma è a partire da Abramo che la benedizione divina penetra la storia degli uomini, che andava verso la morte, per farla ritornare alla vita, alla sua sorgente: grazie alla fede del « padre dei credenti » che accoglie la benedizione, si inaugura la storia della salvezza.

1081 Le benedizioni divine si manifestano in eventi mirabili e salvifici: la nascita di Isacco, l'uscita dall'Egitto (Pasqua ed Esodo), il dono della Terra promessa, l'elezione di Davide, la presenza di Dio nel Tempio, l'esilio purificatore e il ritorno del « piccolo resto ». La Legge, i profeti e i salmi, che tessono la liturgia del popolo eletto, ricordano queste benedizioni divine e nello stesso tempo rispondono ad esse con le benedizioni di lode e di rendimento di grazie.

1082 Nella liturgia della Chiesa, la benedizione divina è pienamente rivelata e comunicata: il Padre è riconosciuto e adorato come la sorgente e il termine di tutte le benedizioni della creazione e della salvezza; nel suo Verbo, incarnato, morto e risorto per noi, egli ci colma delle sue benedizioni, e per suo mezzo effonde nei nostri cuori il dono che racchiude tutti i doni: lo Spirito Santo.

1083 Si comprende allora la duplice dimensione della liturgia cristiana come risposta di fede e di amore alle « benedizioni spirituali » di cui il Padre ci fa dono. Da una parte, la Chiesa, unita al suo Signore e sotto l'azione dello Spirito Santo, (17) benedice il Padre per il « suo ineffabile dono » (2Co 9,15) con l'adorazione, la lode e l'azione di grazie. Dall'altra, e fino al pieno compimento del disegno di Dio, la Chiesa non cessa di presentare al Padre « l'offerta dei propri doni » e d'implorare che mandi lo Spirito Santo sull'offerta, su se stessa, sui fedeli e sul mondo intero, affinché, per la comunione alla morte e alla risurrezione di Cristo Sacerdote e per la potenza dello Spirito, queste benedizioni divine portino frutti di vita « a lode e gloria della sua grazia » (Ep 1,6).

(17) Cf Lc 10,21.



II. L'opera di Cristo nella liturgia


Cristo glorificato...

1084 « Assiso alla destra del Padre » da dove effonde lo Spirito Santo nel suo corpo che è la Chiesa, Cristo agisce ora attraverso i sacramenti, da lui istituiti per comunicare la sua grazia. I sacramenti sono segni sensibili (parole e azioni), accessibili alla nostra attuale umanità. Essi realizzano in modo efficace la grazia che significano, mediante l'azione di Cristo e la potenza dello Spirito Santo.

1085 Nella liturgia della Chiesa Cristo significa e realizza principalmente il suo mistero pasquale. Durante la sua vita terrena, Gesù annunziava con l'insegnamento e anticipava con le azioni il suo mistero pasquale. Venuta la sua Ora, (18) egli vive l'unico avvenimento della storia che non passa: Gesù muore, è sepolto, risuscita dai morti e siede alla destra del Padre « una volta per tutte » (Rm 6,10 He 7,27 He 9,12). È un evento reale, accaduto nella nostra storia, ma è unico: tutti gli altri avvenimenti della storia accadono una volta, poi passano, inghiottiti dal passato. Il mistero pasquale di Cristo, invece, non può rimanere soltanto nel passato, dal momento che con la sua morte egli ha distrutto la morte, e tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dell'eternità divina e perciò abbraccia tutti i tempi e in essi è reso presente. L'evento della croce e della risurrezione rimane e attira tutto verso la vita.

(18) Cf Jn 13,1 Jn 17,1.


Catechismo Chiesa Catt. 1030