Catechismo Chiesa Catt.





CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA


PREFAZIONE

« Padre, [...] questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo » (Jn 17,3). « Dio, nostro Salvatore, ...vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità » (1Tm 2,3-4). « Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati » (Ac 4,12) che il nome di Gesù.





I. La vita dell'uomo - conoscere e amare Dio

1 Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà, ha liberamente creato l'uomo per renderlo partecipe della sua vita beata. Per questo, in ogni tempo e in ogni luogo, egli è vicino all'uomo. Lo chiama e lo aiuta a cercarlo, a conoscerlo e ad amarlo con tutte le forze. Convoca tutti gli uomini, che il peccato ha disperso, nell'unità della sua famiglia, la Chiesa. Per fare ciò, nella pienezza dei tempi ha mandato il Figlio suo come Redentore e Salvatore. In lui e mediante lui, Dio chiama gli uomini a diventare, nello Spirito Santo, suoi figli adottivi e perciò eredi della sua vita beata.

2 Affinché questo appello risuonasse per tutta la terra, Cristo ha inviato gli Apostoli che aveva scelto, dando loro il mandato di annunziare il Vangelo: « Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28,19-20). Forti di questa missione, gli Apostoli « partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano » (Mc 16,20).

3 Coloro che, con l'aiuto di Dio, hanno accolto l'invito di Cristo e vi hanno liberamente risposto, a loro volta sono stati spinti dall'amore di Cristo ad annunziare ovunque nel mondo la Buona Novella. Questo tesoro ricevuto dagli Apostoli è stato fedelmente custodito dai loro successori. Tutti i credenti in Cristo sono chiamati a trasmetterlo di generazione in generazione, annunziando la fede, vivendola nell'unione fraterna e celebrandola nella liturgia e nella preghiera. (16)

(16) Cf
Ac 2,42.




II. Trasmettere la fede - la catechesi

4 Molto presto si diede il nome di catechesi all'insieme delle iniziative intraprese nella Chiesa per fare discepoli, per aiutare gli uomini a credere che Gesù è il Figlio di Dio, affinché, mediante la fede, essi abbiano la vita nel suo nome, per educarli ed istruirli in questa vita e così costruire il corpo di Cristo. (17)

(17) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae,
CTR 1: AAS 71 (1979) 1277-1278.

5 « La catechesi è un'educazione della fede dei fanciulli, dei giovani e degli adulti, la quale comprende in special modo un insegnamento della dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana ». (18)

(18) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae,
CTR 18: AAS 71 (1979) 1292.

6 Senza confondersi formalmente con essi, la catechesi si articola in un certo numero di elementi della missione pastorale della Chiesa, che hanno un aspetto catechistico, che preparano la catechesi o che ne derivano: primo annuncio del Vangelo, o predicazione missionaria allo scopo di suscitare la fede; ricerca delle ragioni per credere; esperienza di vita cristiana; celebrazione dei sacramenti; integrazione nella comunità ecclesiale; testimonianza apostolica e missionaria. (19)

(19) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae,
CTR 18: AAS 71 (1979) 1292.

7 « La catechesi è intimamente legata a tutta la vita della Chiesa. Non soltanto l'estensione geografica e l'aumento numerico, ma anche, e più ancora, la crescita interiore della Chiesa, la sua corrispondenza al disegno divino, dipendono essenzialmente da essa ». (20)

(20) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae,
CTR 13: AAS 71 (1979) 1288.

8 I periodi di rinnovamento della Chiesa sono anche tempi forti della catechesi. Infatti vediamo che nella grande epoca dei Padri della Chiesa santi Vescovi dedicano alla catechesi una parte importante del loro ministero. È l'epoca di san Cirillo di Gerusalemme e di san Giovanni Crisostomo, di sant'Ambrogio e di sant'Agostino, e di parecchi altri Padri, le cui opere catechistiche rimangono esemplari.

9 Il ministero della catechesi attinge energie sempre nuove dai Concili. A tal riguardo, il Concilio di Trento rappresenta un esempio da sottolineare: nei suoi decreti ha dato priorità alla catechesi; è all'origine del Catechismo Romano, che porta anche il suo nome e che costituisce un'opera di prim'ordine come compendio della dottrina cristiana; ha suscitato nella Chiesa un'eccellente organizzazione della catechesi; grazie a santi Vescovi e teologi, quali san Pietro Canisio, san Carlo Borromeo, san Turibio di Mogrovejo, san Roberto Bellarmino, ha portato alla pubblicazione di numerosi catechismi.

10 Non c'è, quindi, da meravigliarsi del fatto che nel dinamismo generato dal Concilio Vaticano II (che il Papa Paolo VI considerava come il grande catechismo dei tempi moderni), la catechesi della Chiesa abbia di nuovo attirato l'attenzione. Lo testimoniano il Direttorio catechistico generale del 1971, le sessioni del Sinodo dei Vescovi dedicate all'evangelizzazione (1974) e alla catechesi (1977), le corrispondenti esortazioni apostoliche, Evangelii nuntiandi (1975) e Catechesi tradendae (1979). L'Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi del 1985 chiese: « Moltissimi hanno espresso il desiderio che venga composto un Catechismo o compendio di tutta la dottrina cattolica per quanto riguarda sia la fede che la morale ». (21) Il Santo Padre, Giovanni Paolo II, ha fatto suo questo desiderio espresso dal Sinodo dei Vescovi, riconoscendo: « Il desiderio risponde appieno ad una vera esigenza della Chiesa universale e delle Chiese particolari », (22) e si è alacremente adoperato perché il desiderio dei Padri del Sinodo si realizzasse.

(21) Sinodo dei Vescovi, Assemblea straordinaria, Ecclesia sub Verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi. Relazione finale II, B, a, 4 (Città del Vaticano 1985) p. 11.
(22) Giovanni Paolo II, Discorso di chiusura dell'Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi (7 dicembre 1985), 6: AAS 78 (1986) 435.


III. Lo scopo e i destinatari di questo Catechismo

11 Questo Catechismo ha lo scopo di presentare una esposizione organica e sintetica dei contenuti essenziali e fondamentali della dottrina cattolica sia sulla fede che sulla morale, alla luce del Concilio Vaticano II e dell'insieme della Tradizione della Chiesa. Le sue fonti principali sono la Sacra Scrittura, i santi Padri, la liturgia e il Magistero della Chiesa. Esso è destinato a servire come « un punto di riferimento per i catechismi o compendi che vengono preparati nei diversi paesi ». (23)

(23) Sinodo dei Vescovi, Assemblea straordinaria, Ecclesia sub Verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi. Relazione finale II, B, a, 4 (Città del Vaticano 1985) p. 11.

12 Questo Catechismo è destinato principalmente ai responsabili della catechesi: in primo luogo ai Vescovi, quali maestri della fede e Pastori della Chiesa. Viene loro offerto come strumento nell'adempimento del loro compito di insegnare al popolo di Dio. Attraverso i Vescovi, si rivolge ai redattori dei catechismi, ai presbiteri e ai catechisti. Sarà di utile lettura anche per tutti gli altri fedeli cristiani.



IV. La struttura di questo Catechismo

13 Il piano di questo Catechismo si ispira alla grande tradizione dei catechismi che articolano la catechesi attorno a quattro « pilastri »: la professione della fede battesimale (il Simbolo), i sacramenti della fede, la vita di fede (i Comandamenti), la preghiera del credente (il « Padre nostro »).




Parte prima: La professione della fede

14 Coloro che per la fede e il Battesimo appartengono a Cristo devono confessare la loro fede battesimale davanti agli uomini. (24) Perciò, il Catechismo espone anzitutto in che cosa consistano la Rivelazione, per mezzo della quale Dio si rivolge e si dona all'uomo, e la fede, per mezzo della quale l'uomo risponde a Dio (sezione prima). Il Simbolo della fede riassume i doni che Dio fa all'uomo come Autore di ogni bene, come Redentore, come Santificatore, e li articola attorno ai « tre capitoli » del nostro Battesimo, e cioè la fede in un solo Dio: il Padre onnipotente, il Creatore; e Gesù Cristo, suo Figlio, nostro Signore e Salvatore; e lo Spirito Santo, nella santa Chiesa (sezione seconda).

(24) Cf
Mt 10,32 Rm 10,9.



Parte seconda: I sacramenti della fede

15 La parte seconda del Catechismo espone come la salvezza di Dio, realizzata una volta per tutte da Gesù Cristo e dallo Spirito Santo, è resa presente nelle azioni sacre della liturgia della Chiesa (sezione prima), particolarmente nei sette sacramenti (sezione seconda).




Parte terza: La vita della fede

16 La parte terza del Catechismo presenta il fine ultimo dell'uomo, creato ad immagine di Dio: la beatitudine e le vie per giungervi: mediante un agire retto e libero, con l'aiuto della Legge e della grazia di Dio (sezione prima); un agire che realizza il duplice comandamento della carità, esplicitato nei dieci comandamenti di Dio (sezione seconda).




Parte quarta: La preghiera nella vita della fede

17 L'ultima parte del Catechismo tratta del senso e dell'importanza della preghiera nella vita dei credenti (sezione prima). Si conclude con un breve commento alle sette domande della Preghiera del Signore (sezione seconda). In esse troviamo infatti l'insieme dei beni che noi dobbiamo sperare e che il nostro Padre celeste ci vuole concedere.



V. Indicazioni pratiche per l'uso di questo Catechismo

18 Questo Catechismo è concepito come una esposizione organica di tutta la fede cattolica. È, dunque, necessario leggerlo in modo unitario. Numerosi rimandi all'interno del testo e l'indice analitico alla fine del volume consentono di vedere ogni tema nel suo legame con l'insieme della fede.

19 Spesso, i testi della Sacra Scrittura non sono citati letteralmente: viene solo indicato il riferimento (con cf). (25) Per una comprensione approfondita di tali passaggi si deve ricorrere ai testi stessi. Questi riferimenti biblici costituiscono uno strumento di lavoro per la catechesi.

(25) A motivo delle diverse caratteristiche di ogni lingua, talvolta nella parte italiana di questa edizione bilingue alcuni testi della Sacra Scrittura sono stati considerati come citazioni letterali mentre nella parte latina sono stati considerati come citazioni non letterali. Ciò spiega la diversa numerazione delle note.

20 L'uso dei caratteri piccoli in certi passaggi sta ad indicare che si tratta di annotazioni di tipo storico, apologetico o di esposizioni dottrinali complementari.

21 Le citazioni di fonti patristiche, liturgiche, magisteriali o agiografiche sono stampate in caratteri piccoli e rientranti. Esse sono destinate ad arricchire l'esposizione dottrinale. Spesso tali testi sono stati scelti in vista di un uso direttamente catechistico.

22 Alla fine di ogni unità tematica, una serie di testi brevi riassumono in formule concise l'essenziale dell'insegnamento. Questi « in sintesi » hanno lo scopo di offrire suggerimenti alla catechesi locale per formule sintetiche e memorizzabili.



VI. Gli adattamenti necessari

23 L'accento di questo Catechismo è posto sull'esposizione dottrinale. Infatti, esso vuole aiutare ad approfondire la conoscenza della fede. Proprio per questo è orientato alla maturazione della fede, al suo radicamento nella vita ed alla sua irradiazione attraverso la testimonianza. (26)

(26) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae,
CTR 20-22: AAS 71 (1979) 1293-1296; Ibid., CTR 25: AAS 71 (1979) 1297-1298.

24 Per la sua intrinseca finalità, questo Catechismo non si propone di attuare gli adattamenti dell'esposizione e dei metodi catechistici che sono richiesti dalle differenze di cultura, di età, di vita spirituale e di situazioni sociali ed ecclesiali di coloro cui la catechesi è rivolta. Questi indispensabili adattamenti sono lasciati a catechismi appropriati e, ancor più, a coloro che istruiscono i fedeli:

« Colui che insegna deve farsi tutto a tutti per guadagnare tutti a Gesù Cristo [...]. In primo luogo non pensi che le anime a lui affidate abbiano tutte lo stesso livello. Non si può perciò con un metodo unico ed invariabile istruire e formare i fedeli alla vera devozione. Poiché taluni sono come bambini appena nati, altri cominciano appena a crescere in Cristo, altri infine appaiono effettivamente già adulti, è necessario considerare con diligenza chi ha bisogno del latte e chi del cibo solido [...]. L'Apostolo indicò tale dovere [...], che cioè coloro che sono chiamati al ministero della predicazione devono, nel trasmettere l'insegnamento dei misteri della fede e delle norme dei costumi, adattare opportunamente la propria personale cultura all'intelligenza e alle facoltà degli ascoltatori ». (27)

(27) Catechismo Romano seu Catechismus ex decreto Concilii Tridentini ad parochos, Pii V Pontificis Maximi iussu editus, Prefazione, 11: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 11.


Al di sopra di tutto - la carità

25 Per concludere questa presentazione, è opportuno ricordare il seguente principio pastorale enunciato dal Catechismo Romano:

« In realtà è questa la via più sublime che l'Apostolo additava, quando indirizzava tutta la sostanza della dottrina e dell'insegnamento alla carità che non avrà mai fine. Infatti sia che si espongano le verità della fede o i motivi della speranza o i doveri dell'attività morale, sempre e in tutto va dato rilievo all'amore di nostro Signore, così da far comprendere che ogni esercizio di perfetta virtù cristiana non può scaturire se non dall'amore, come nell'amore ha d'altronde il suo ultimo fine ». (28)

(28) Catechismo Romano, Prefazione, 10: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 10.





PARTE PRIMA

LA PROFESSIONE DELLA FEDE


SEZIONE PRIMA

«IO CREDO» - «NOI CREDIAMO»


26 Quando professiamo la nostra fede, cominciamo dicendo: « Io credo » oppure: « Noi crediamo ». Perciò, prima di esporre la fede della Chiesa, così come è confessata nel Credo, celebrata nella liturgia, vissuta nella pratica dei comandamenti e nella preghiera, ci domandiamo che cosa significa « credere ». La fede è la risposta dell'uomo a Dio che gli si rivela e gli si dona, apportando nello stesso tempo una luce sovrabbondante all'uomo in cerca del senso ultimo della vita. Prendiamo anzitutto in considerazione questa ricerca dell'uomo (capitolo primo), poi la rivelazione divina attraverso la quale Dio si manifesta all'uomo (capitolo secondo), infine la risposta della fede (capitolo terzo).

CAPITOLO PRIMO

L'UOMO E' «CAPACE» DI DIO


I. Il desiderio di Dio

27 Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e soltanto in Dio l'uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa:

« La ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non lo riconosce liberamente e non si affida al suo Creatore ». (29)

(29) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 19, AAS 58 (1966) 1038-1039.

28 Nel corso della loro storia, e fino ai giorni nostri, la ricerca di Dio da parte degli uomini si è espressa in molteplici modi, attraverso le loro credenze ed i loro comportamenti religiosi (preghiere, sacrifici, culti, meditazioni, ecc). Malgrado le ambiguità che possono presentare, tali forme d'espressione sono così universali che l'uomo può essere definito un essere religioso:

Dio « creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo » (
Ac 17,26-28).

29 Ma questo « intimo e vitale legame con Dio » (30) può essere dimenticato, misconosciuto e perfino esplicitamente rifiutato dall'uomo. Tali atteggiamenti possono avere origini assai diverse: (31) la ribellione contro la presenza del male nel mondo, l'ignoranza o l'indifferenza religiosa, le preoccupazioni del mondo e delle ricchezze, (32) il cattivo esempio dei credenti, le correnti di pensiero ostili alla religione, e infine la tendenza dell'uomo peccatore a nascondersi, per paura, davanti a Dio (33) e a fuggire davanti alla sua chiamata. (34)

(30) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 19, AAS 58 (1966) 1039.
(31) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 19-21, AAS 58 (1966) 1038-1042.
(32) Cf Mt 13,22.
(33) Cf Gn 3,8-10.
(34) Cf Jon 1,3.

30 « Gioisca il cuore di chi cerca il Signore » (Ps 105,3). Se l'uomo può dimenticare o rifiutare Dio, Dio però non si stanca di chiamare ogni uomo a cercarlo perché viva e trovi la felicità. Ma tale ricerca esige dall'uomo tutto lo sforzo della sua intelligenza, la rettitudine della sua volontà, « un cuore retto » ed anche la testimonianza di altri che lo guidino nella ricerca di Dio.

« Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua potenza e la tua sapienza incalcolabile. E l'uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure l'uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te ». (35)

(35) Sant'Agostino, Confessiones, 1, 1, 1: CCL 27, 1 (PL 32, 659-661).


II. Le vie che portano alla conoscenza di Dio

31 Creato a immagine di Dio, chiamato a conoscere e ad amare Dio, l'uomo che cerca Dio scopre alcune «vie » per arrivare alla conoscenza di Dio. Vengono anche chiamate « prove dell'esistenza di Dio », non nel senso delle prove ricercate nel campo delle scienze naturali, ma nel senso di « argomenti convergenti e convincenti » che permettono di raggiungere vere certezze. Queste « vie » per avvicinarsi a Dio hanno come punto di partenza la creazione: il mondo materiale e la persona umana.

32 Il mondo: partendo dal movimento e dal divenire, dalla contingenza, dall'ordine e dalla bellezza del mondo si può giungere a conoscere Dio come origine e fine dell'universo.

San Paolo riguardo ai pagani afferma: « Ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità » (
Rm 1,19-20). (36)
E sant'Agostino dice: « Interroga la bellezza della terra, del mare, dell'aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo, [...] interroga tutte queste realtà. Tutte ti risponderanno: guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode ["confessio"]. Ora, queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è bello ["Pulcher"] in modo immutabile? ». (37)

(36) Cf Ac 14,15-17 Ac 17,27-28 Sg 13,1-9.
(37) Sant'Agostino, Sermo 241, 2: PL 38, 1134.

33 L'uomo: con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo senso del bene morale, con la sua libertà e la voce della coscienza, con la sua aspirazione all'infinito e alla felicità, l'uomo si interroga sull'esistenza di Dio. In queste aperture egli percepisce segni della propria anima spirituale. « Germe dell'eternità che porta in sé, irriducibile alla sola materia », (38) la sua anima non può avere la propria origine che in Dio solo.

(38) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 18, AAS 58 (1966) 1038; cf Ibid., GS 14: AAS 58 (1966) 1036.

34 Il mondo e l'uomo attestano che essi non hanno in se stessi né il loro primo principio né il loro fine ultimo, ma che partecipano di quell'« Essere » che è in sé senza origine né fine. Così, attraverso queste diverse « vie », l'uomo può giungere alla conoscenza dell'esistenza di una realtà che è la causa prima e il fine ultimo di tutto e « che tutti chiamano Dio ». (39)

(39) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
I 2,3, c: Ed. Leon. 4, 31.

35 L'uomo ha facoltà che lo rendono capace di conoscere l'esistenza di un Dio personale. Ma perché l'uomo possa entrare nella sua intimità, Dio ha voluto rivelarsi a lui e donargli la grazia di poter accogliere questa rivelazione nella fede. Tuttavia, le prove dell'esistenza di Dio possono disporre alla fede ed aiutare a constatare che questa non si oppone alla ragione umana.



III. La conoscenza di Dio secondo la Chiesa

36 « La santa Chiesa, nostra Madre, sostiene e insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della ragione umana partendo dalle cose create ». (40) Senza questa capacità, l'uomo non potrebbe accogliere la rivelazione di Dio. L'uomo ha questa capacità perché è creato « a immagine di Dio » (Gn 1,27).

(40) Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 2: DS 3004 cf Ibid., De Revelatione, canone 2: DS 3026 Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum DV 6, AAS 58 (1966) 819.

37 Tuttavia, nelle condizioni storiche in cui si trova, l'uomo incontra molte difficoltà per conoscere Dio con la sola luce della ragione.

« Infatti, sebbene la ragione umana, per dirla semplicemente, con le sole sue forze e la sua luce naturale possa realmente pervenire ad una conoscenza vera e certa di un Dio personale, il quale con la sua provvidenza si prende cura del mondo e lo governa, come pure di una legge naturale inscritta dal Creatore nelle nostre anime, tuttavia la stessa ragione incontra non poche difficoltà ad usare efficacemente e con frutto questa sua capacità naturale. Infatti le verità che concernono Dio e riguardano i rapporti che intercorrono tra gli uomini e Dio trascendono assolutamente l'ordine delle cose sensibili, e, quando devono tradursi in azioni e informare la vita, esigono devoto assenso e la rinuncia a se stessi. Lo spirito umano, infatti, nella ricerca intorno a tali verità, viene a trovarsi in difficoltà sotto l'influsso dei sensi e dell'immaginazione ed anche a causa delle tendenze malsane nate dal peccato originale. Da ciò consegue che gli uomini facilmente si persuadono, in tali argomenti, che è falso o quanto meno dubbio ciò che essi non vorrebbero che fosse vero ». (41)

(41) Pio XII, Lett. enc. Humani generis:
DS 3875.

38 Per questo l'uomo ha bisogno di essere illuminato dalla rivelazione di Dio, non solamente su ciò che supera la sua comprensione, ma anche sulle « verità religiose e morali che, di per sé, non sono inaccessibili alla ragione, affinché nella presente condizione del genere umano possano essere conosciute da tutti senza difficoltà, con ferma certezza e senza mescolanza d'errore ». (42)

(42) Ibid.:
DS 3876 Cf Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 2: DS 3005 Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum DV 6, AAS 58 (1966) 819-820; San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I 1,1, c: Ed. Leon. 4, 6.


IV. Come parlare di Dio?

39 Nel sostenere la capacità che la ragione umana ha di conoscere Dio, la Chiesa esprime la sua fiducia nella possibilità di parlare di Dio a tutti gli uomini e con tutti gli uomini. Questa convinzione sta alla base del suo dialogo con le altre religioni, con la filosofia e le scienze, come pure con i non credenti e gli atei.

40 Essendo la nostra conoscenza di Dio limitata, lo è anche il nostro linguaggio su Dio. Non possiamo parlare di Dio che a partire dalle creature e secondo il nostro modo umano, limitato, di conoscere e di pensare.

41 Le creature hanno tutte una certa somiglianza con Dio, in modo particolarissimo l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Le molteplici perfezioni delle creature (la loro verità, bontà, bellezza) riflettono dunque la perfezione infinita di Dio. Di conseguenza, noi possiamo parlare di Dio a partire dalle perfezioni delle sue creature, « difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l'autore » (Sg 13,5).

42 Dio trascende ogni creatura. Occorre dunque purificare continuamente il nostro linguaggio da ciò che ha di limitato, di immaginoso, di imperfetto per non confondere il Dio « ineffabile, incomprensibile, invisibile, inafferrabile » (43) con le nostre rappresentazioni umane. Le parole umane restano sempre al di qua del mistero di Dio.

(43) Liturgia bizantina. Anaphora sancti Ioannis Chrysostomi: Liturgies Eastern and Western, ed. F.E. Brightman Oxford 1896) p. 384 (PG 63,915).

43 Parlando così di Dio, il nostro linguaggio certo si esprime alla maniera umana, ma raggiunge realmente Dio stesso, senza tuttavia poterlo esprimere nella sua infinita semplicità. Ci si deve infatti ricordare che «non si può rilevare una qualche somiglianza tra Creatore e creatura senza che si debba notare tra di loro una dissomiglianza ancora maggiore », (44) e che « noi non possiamo cogliere di Dio ciò che egli è, ma solamente ciò che egli non è, e come gli altri esseri si pongano in rapporto a lui ». (45)

(44) Concilio Lateranense IV, Cap. 2. De errore abbatis Ioachim:
DS 806.
(45) San Tommaso d'Aquino, Summa contra gentiles, SCG 1,30: Ed. Leon. 13, 92.


In sintesi

44 L'uomo è per natura e per vocazione un essere religioso. Poiché viene da Dio e va a Dio, l'uomo non vive una vita pienamente umana, se non vive liberamente il suo rapporto con Dio.

45 L'uomo è creato per vivere in comunione con Dio, nel quale trova la propria felicità: «Quando mi sarò unito a te con tutto me stesso, non esisterà per me dolore e pena. Sarà vera vita la mia, tutta piena di te». (46)

(46) Sant'Agostino, Confessiones, 10, 28, 39: CCL 27, 175 (PL 32, 795).

46 Quando ascolta il messaggio delle creature e la voce della propria coscienza, l'uomo può raggiungere la certezza dell'esistenza di Dio, causa e fine di tutto.

47 La Chiesa insegna che il Dio unico e vero, nostro Creatore e Signore, può essere conosciuto con certezza attraverso le sue opere, grazie alla luce naturale della ragione umana. (47)

(47) Cf Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, De Revelatione, canone 2:
DS 3026.

48 Partendo dalle molteplici perfezioni delle creature, similitudini del Dio infinitamente perfetto, possiamo realmente parlare di Dio, anche se il nostro linguaggio limitato non ne esaurisce il mistero.

49 « La creatura senza il Creatore svanisce ». (48) Ecco perché i credenti sanno di essere spinti dall'amore di Cristo a portare la luce del Dio vivente a coloro che lo ignorano o lo rifiutano.

(48) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 36, AAS 58 (1966) 1054.



CAPITOLO SECONDO

DIO VIENE INCONTRO ALL'UOMO


50 Per mezzo della ragione naturale, l'uomo può conoscere Dio con certezza a partire dalle sue opere. Ma esiste un altro ordine di conoscenza a cui l'uomo non può affatto arrivare con le sue proprie forze, quello della rivelazione divina. (49) Per una decisione del tutto libera, Dio si rivela e si dona all'uomo svelando il suo mistero, il suo disegno di benevolenza prestabilito da tutta l'eternità in Cristo a favore di tutti gli uomini. Egli rivela pienamente il suo disegno inviando il suo Figlio prediletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e lo Spirito Santo.

(49) Cf Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 4:
DS 3015.


ARTICOLO 1

LA RIVELAZIONE DI DIO



I. Dio rivela il suo «disegno di benevolenza»

51 « Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini, per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono così resi partecipi della divina natura ». (50)

(50) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 2, AAS 58 (1966) 818.

52 Dio che « abita una luce inaccessibile » (1Tm 6,16) vuole comunicare la propria vita divina agli uomini da lui liberamente creati, per farli figli adottivi nel suo unico Figlio. (51) Rivelando se stesso, Dio vuole rendere gli uomini capaci di rispondergli, di conoscerlo e di amarlo ben più di quanto sarebbero capaci da se stessi.

(51) Cf Ep 1,4-5.

53 Il disegno divino della Rivelazione si realizza ad un tempo « con eventi e parole » che sono «intimamente connessi tra loro » (52) e si chiariscono a vicenda. Esso comporta una « pedagogia divina» particolare: Dio si comunica gradualmente all'uomo, lo prepara per tappe a ricevere la rivelazione soprannaturale che egli fa di se stesso e che culmina nella Persona e nella missione del Verbo incarnato, Gesù Cristo.

Sant'Ireneo di Lione parla a più riprese di questa pedagogia divina sotto l'immagine della reciproca familiarità tra Dio e l'uomo: « Il Verbo di Dio [...] pose la sua abitazione tra gli uomini e si è fatto Figlio dell'uomo, per abituare l'uomo a comprendere Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell'uomo secondo la volontà del Padre ». (53)

(52) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 2, AAS 58 (1966) 818.
(53) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 20, 2: SC 211,392 cf, per esempio, Ibid 3, 17, 1, SC 211,330; Ibid 4, 12, 4, SC 100,518 Ibid 4, 21,3, SC 100,684.


II. Le tappe della Rivelazione

Fin dal principio, Dio si fa conoscere

54 « Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo, offre agli uomini nelle cose create una perenne testimonianza di sé. Inoltre, volendo aprire la via della salvezza celeste, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori ». (54) Li ha invitati ad una intima comunione con sé, rivestendoli di uno splendore di grazia e di giustizia.

(54) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 3, AAS 58 (1966) 818.

55 Questa rivelazione non è stata interrotta dal peccato dei nostri progenitori. Dio, in realtà, « dopo la loro caduta, con la promessa della redenzione, li risollevò nella speranza della salvezza ed ebbe costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro i quali cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene ». (55)

« Quando, per la sua disobbedienza, l'uomo perse la tua amicizia, tu non l'hai abbandonato in potere della morte. [...] Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza ». (56)

(55) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 3, AAS 58 (1966) 818.
(56) Preghiera eucaristica IV: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1983) p. 412.


L'Alleanza con Noè

56 Dopo che l'unità del genere umano è stata spezzata dal peccato, Dio cerca prima di tutto di salvare l'umanità intervenendo in ciascuna delle sue parti. L'Alleanza con Noè dopo il diluvio (57) esprime il principio dell'economia divina verso le « nazioni », ossia gli uomini riuniti in gruppi, « ciascuno secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie, nelle loro nazioni » (Gn 10,5). (58)

(57) Cf Gn 9,9.
(58) Cf Gn 10,20-31.

57 Quest'ordine, ad un tempo cosmico, sociale e religioso della pluralità delle nazioni, (59) ha lo scopo di limitare l'orgoglio di una umanità decaduta, la quale, concorde nella malvagità, (60) vorrebbe costruire da se stessa la propria unità alla maniera di Babele. (61) Ma, a causa del peccato, (62) sia il politeismo che l'idolatria della nazione e del suo capo costituiscono una continua minaccia di perversione pagana per questa economia provvisoria.

(59) Cf
Ac 17,26-27.
(60) Cf Sg 10,5.
(61) Cf Gn 11,4-6.
(62) Cf Rm 1,18-25.

58 L'Alleanza con Noè resta in vigore per tutto il tempo delle nazioni, (63) fino alla proclamazione universale del Vangelo. La Bibbia venera alcune grandi figure delle « nazioni », come « Abele il giusto », il re sacerdote Melchisedek, (64) figura di Cristo, (65) i giusti « Noè, Daniele e Giobbe » (Ez 14,14). La Scrittura mostra così a quale altezza di santità possano giungere coloro che vivono secondo l'Alleanza di Noè nell'attesa che Cristo riunisca « insieme tutti i figli di Dio che erano dispersi » (Jn 11,52).

(63) Cf Lc 21,24.
(64) Cf Gn 14,18.
(65) Cf He 7,3.



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