Catechismo Chiesa Catt. 299

Dio crea un mondo ordinato e buono

299 Per il fatto che Dio crea con sapienza, la creazione ha un ordine: « Tu hai disposto tutto con misura, calcolo e peso » (Sg 11,20). Creata nel Verbo eterno e per mezzo del Verbo eterno, « immagine del Dio invisibile » (Col 1,15), la creazione è destinata, indirizzata all'uomo, immagine di Dio, (375) chiamato a una relazione personale con Dio. La nostra intelligenza, poiché partecipa alla luce dell'Intelletto divino, può comprendere ciò che Dio ci dice attraverso la creazione, (376) certo non senza grande sforzo e in spirito di umiltà e di rispetto davanti al Creatore e alla sua opera. (377) Scaturita dalla bontà divina, la creazione partecipa di questa bontà (« E Dio vide che era cosa buona [...] cosa molto buona »: Gn 1,4 Gn 1,10 Gn 1,12 Gn 1,18 Gn 1,21 Gn 1,31). La creazione, infatti, è voluta da Dio come un dono fatto all'uomo, come un'eredità a lui destinata e affidata. La Chiesa, a più riprese, ha dovuto difendere la bontà della creazione, compresa quella del mondo materiale. (378)

(375) Cf Gn 1,26.
(376) Cf Ps 19,2-5.
(377) Cf Jb 42,3.
(378) Cf San Leone Magno, Lettera Quam laudabiliter: DS 286 Concilio di Braga I, Anathematismi praesertim contra Priscillianistas, 5-13: DS 455-463 Concilio Lateranense IV, Cap. 2, De fide catholica: DS 800 Concilio di Firenze, Decretum pro Iacobitis: DS 1333 Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 1: DS 3002.


Dio trascende la creazione ed è ad essa presente

300 Dio è infinitamente più grande di tutte le sue opere: (379) « Sopra i cieli si innalza » la sua « magnificenza » (Ps 8,2), « la sua grandezza non si può misurare » (Ps 145,3). Ma poiché egli è il Creatore sovrano e libero, causa prima di tutto ciò che esiste, egli è presente nell'intimo più profondo delle sue creature: « In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo » (Ac 17,28). Secondo le parole di sant'Agostino, egli è « interior intimo meo et superior summo meo – più intimo della mia parte più intima, più alto della mia parte più alta ». (380)

(379) Cf Si 43,30.
(380) Sant'Agostino, Confessiones, 3, 6, 11: CCL 27, 33 (PL 32, 688).

Dio conserva e regge la creazione

301 Dopo averla creata, Dio non abbandona a se stessa la sua creatura. Non le dona soltanto di essere e di esistere: la conserva in ogni istante nell'« essere », le dà la facoltà di agire e la conduce al suo termine. Riconoscere questa completa dipendenza in rapporto al Creatore è fonte di sapienza e di libertà, di gioia, di fiducia:

« Tu ami tutte le cose esistenti, e nulla disprezzi di quanto hai creato; se tu avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l'avessi chiamata all'esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte sono tue, Signore, amante della vita » (
Sg 11,24-26).



V. Dio realizza il suo disegno: la provvidenza divina

302 La creazione ha la sua propria bontà e perfezione, ma non è uscita dalle mani del Creatore interamente compiuta. È creata « in stato di via » (« in statu viae ») verso una perfezione ultima alla quale Dio l'ha destinata, ma che ancora deve essere raggiunta. Chiamiamo divina provvidenza le disposizioni per mezzo delle quali Dio conduce la creazione verso questa perfezione.

« Dio conserva e governa con la sua provvidenza tutto ciò che ha creato, "essa si estende da un confine all'altro con forza, governa con bontà eccellente ogni cosa" (
Sg 8,1). Infatti "tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi" (He 4,13), anche quello che sarà fatto dalla libera azione delle creature ». (381)

(381) Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 1: DS 3003.

303 La testimonianza della Scrittura è unanime: la sollecitudine della divina Provvidenza è concreta e immediata; essa si prende cura di tutto, dalle più piccole cose fino ai grandi eventi del mondo e della storia. Con forza, i Libri Sacri affermano la sovranità assoluta di Dio sul corso degli avvenimenti: « Il nostro Dio è nei cieli, egli opera tutto ciò che vuole » (Ps 115,3); e di Cristo si dice: « Quando egli apre, nessuno chiude, e quando chiude, nessuno apre » (Ap 3,7); « Molte sono le idee nella mente dell'uomo, ma solo il disegno del Signore resta saldo » (Pr 19,21).

304 Spesso si nota che lo Spirito Santo, autore principale della Sacra Scrittura, attribuisce alcune azioni a Dio, senza far cenno a cause seconde. Non si tratta di « un modo di parlare » primitivo, ma di una maniera profonda di richiamare il primato di Dio e la sua signoria assoluta sulla storia e sul mondo (382) educando così alla fiducia in lui. La preghiera dei salmi è la grande scuola di questa fiducia. (383)

(382) Cf
Is 10,5-15 Is 45,5-7 Dt 32,39 Si 11,14.
(383) Cf Ps 22 Ps 32 Ps 35 Ps 103 Ps 138 e altri.

305 Gesù chiede un abbandono filiale alla provvidenza del Padre celeste, il quale si prende cura dei più elementari bisogni dei suoi figli: « Non affannatevi dunque dicendo: "Che cosa mangeremo? Che cosa berremo?" [...]. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta » (Mt 6,31-33). (384)

(384) Cf Mt 10,29-31.


La provvidenza e le cause seconde

306 Dio è il Padrone sovrano del suo disegno. Però, per realizzarlo, si serve anche della cooperazione delle creature. Questo non è un segno di debolezza, bensì della grandezza e della bontà di Dio onnipotente. Infatti Dio alle sue creature non dona soltanto l'esistenza, ma anche la dignità di agire esse stesse, di essere causa e principio le une delle altre, e di collaborare in tal modo al compimento del suo disegno.

307 Dio dà agli uomini anche il potere di partecipare liberamente alla sua provvidenza, affidando loro la responsabilità di « soggiogare » la terra e di dominarla. (385) In tal modo Dio fa dono agli uomini di essere cause intelligenti e libere per completare l'opera della creazione, perfezionandone l'armonia, per il loro bene e per il bene del loro prossimo. Cooperatori spesso inconsapevoli della volontà divina, gli uomini possono entrare deliberatamente nel piano divino con le loro azioni, le loro preghiere, ma anche con le loro sofferenze. (386) Allora diventano in pienezza « collaboratori di Dio » (1Co 3,9) (387) e del suo Regno. (388)

(385) Cf Gn 1,26-28.
(386) Cf Col 1,24.
(387) Cf 1Th 3,2.
(388) Cf Col 4,11.

308 Dio agisce in tutto l'agire delle sue creature: è una verità inseparabile dalla fede in Dio Creatore. Egli è la causa prima che opera nelle cause seconde e per mezzo di esse: « È Dio infatti che suscita » in noi « il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni » (Ph 2,13). (389) Lungi dallo sminuire la dignità della creatura, questa verità la accresce. Infatti la creatura, tratta dal nulla dalla potenza, dalla sapienza e dalla bontà di Dio, niente può se è separata dalla propria origine, perché « la creatura senza il Creatore svanisce »; (390) ancor meno può raggiungere il suo fine ultimo senza l'aiuto della grazia. (391)

(389) Cf 1Co 12,6.
(390) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 36, AAS 58 (1966) 1054.
(391) Cf Mt 19,26 Jn 15,5 Ph 4,13.


La provvidenza e lo scandalo del male

309 Se Dio Padre onnipotente, Creatore del mondo ordinato e buono, si prende cura di tutte le sue creature, perché esiste il male? A questo interrogativo tanto pressante quanto inevitabile, tanto doloroso quanto misterioso, nessuna risposta immediata potrà bastare. È l'insieme della fede cristiana che costituisce la risposta a tale questione: la bontà della creazione, il dramma del peccato, l'amore paziente di Dio che viene incontro all'uomo con le sue alleanze, con l'incarnazione redentrice del suo Figlio, con il dono dello Spirito, con la convocazione della Chiesa, con la forza dei sacramenti, con la vocazione ad una vita felice, alla quale le creature libere sono invitate a dare il loro consenso, ma alla quale, per un mistero terribile, possono anche sottrarsi. Non c'è un punto del messaggio cristiano che non sia, per un certo aspetto, una risposta al problema del male.

310 Ma perché Dio non ha creato un mondo a tal punto perfetto da non potervi essere alcun male? Nella sua infinita potenza, Dio potrebbe sempre creare qualcosa di migliore. (392) Tuttavia, nella sua sapienza e nella sua bontà infinite, Dio ha liberamente voluto creare un mondo « in stato di via » verso la sua perfezione ultima. Questo divenire, nel disegno di Dio, comporta, con la comparsa di certi esseri, la scomparsa di altri, con il più perfetto anche il meno perfetto, con le costruzioni della natura anche le distruzioni. Quindi, insieme con il bene fisico esiste anche il male fisico, finché la creazione non avrà raggiunto la sua perfezione. (393)

(392) Cf San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
I 25,6: Ed. Leon. 4, 298-299.
(393) Cf San Tommaso d'Aquino, Summa contra gentiles, SCG 3,71: Ed. Leon. 14, 209-211.

311 Gli angeli e gli uomini, creature intelligenti e libere, devono camminare verso il loro destino ultimo per una libera scelta e un amore di preferenza. Essi possono, quindi, deviare. In realtà, hanno peccato. È così che nel mondo è entrato il male morale, incommensurabilmente più grave del male fisico. Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, la causa del male morale. (394) Però, rispettando la libertà della sua creatura, lo permette e, misteriosamente, sa trarne il bene:

« Infatti Dio onnipotente [...], essendo supremamente buono, non permetterebbe mai che un qualsiasi male esistesse nelle sue opere, se non fosse sufficientemente potente e buono da trarre dal male stesso il bene ». (395)

(394) Cf Sant'Agostino, De libero arbitrio, 1, 1, 1: CCL 29, 211 (PL 32, 1221-1223); San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
I-II 79,1: Ed. Leon. 7, 76-77.
(395) Sant'Agostino, Enchiridion de fide, spe et caritate, 3, 11: CCL 46, 53 (PL 40, 236).

312 Così, col tempo, si può scoprire che Dio, nella sua provvidenza onnipotente, può trarre un bene dalle conseguenze di un male, anche morale, causato dalle sue creature: « Non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio. [...] Se voi avete pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene [...] per far vivere un popolo numeroso » (Gn 45,8 Gn 50,20). (396) Dal più grande male morale che mai sia stato commesso, il rifiuto e l'uccisione del Figlio di Dio, causata dal peccato di tutti gli uomini, Dio, con la sovrabbondanza della sua grazia, (397) ha tratto i più grandi beni: la glorificazione di Cristo e la nostra redenzione. Con ciò, però, il male non diventa un bene.

(396) Cf Tb 2,12-18 volg.
(397) Cf Rm 5,20.

313 « Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio » (Rm 8,28). La testimonianza dei santi non cessa di confermare questa verità:

Così santa Caterina da Siena dice a « coloro che si scandalizzano » e si ribellano davanti a ciò che loro capita: « Tutto viene dall'amore, tutto è ordinato alla salvezza dell'uomo, Dio non fa niente se non a questo fine ». (398)
E san Tommaso Moro, poco prima del martirio, consola la figlia: « Non accade nulla che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio ». (399)
E Giuliana di Norwich: « Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere che tutto sarebbe finito in bene [...]. Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà per il bene ». (400)

(398) Santa Caterina da Siena, Il dialogo della Divina provvidenza 138: ed. G. Cavallini (Roma 1995) p. 441.
(399) Margarita Roper, Epistula ad Aliciam Alington (agosto 1534): The Correspondence of Sir Thomas More, ed. E.F. Rogers (Princeton 1947) p. 531-532.
(400) Giuliana di Norwich, Revelatio, 13, 32: A Book of Showings to the Anchoress Julian of Norwich, ed. E. Colledge-J. Walsh, vol. 2 (Toronto 1978) p. 426 e 422.

314 Noi crediamo fermamente che Dio è Signore del mondo e della storia. Ma le vie della sua provvidenza spesso ci rimangono sconosciute. Solo alla fine, quando avrà termine la nostra conoscenza imperfetta e vedremo Dio « a faccia a faccia » (1Co 13,12), conosceremo pienamente le vie lungo le quali, anche attraverso i drammi del male e del peccato, Dio avrà condotto la sua creazione fino al riposo di quel Sabato (401) definitivo, in vista del quale ha creato il cielo e la terra.

(401) Cf Gn 2,2.


In sintesi

315 Nella creazione del mondo e dell'uomo, Dio ha posto la prima e universale testimonianza del suo amore onnipotente e della sua sapienza, il primo annunzio del suo « disegno di benevolenza », che ha il suo fine nella nuova creazione in Cristo.

316 Sebbene l'opera della creazione sia particolarmente attribuita al Padre, è ugualmente verità di fede che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono il principio unico e indivisibile della creazione.

317 Dio solo ha creato l'universo liberamente, direttamente, senza alcun aiuto.

318 Nessuna creatura ha il potere infinito necessario per « creare » nel senso proprio del termine, cioè produrre e dare l'essere a ciò che non l'aveva affatto (chiamare all'esistenza « ex nihilo » – dal nulla). (402)

(402) Cf Sacra Congregazione degli Studi, Decretum (27 luglio 1914):
DS 3624.

319 Dio ha creato il mondo per manifestare e per comunicare la sua gloria. Che le sue creature abbiano parte alla sua verità, alla sua bontà, alla sua bellezza: ecco la gloria per la quale Dio le ha create.

320 Dio, che ha creato l'universo, lo conserva nell'esistenza per mezzo del Verbo, suo Figlio che « sostiene tutto con la potenza della sua parola » (He 1,3), e per mezzo dello Spirito Creatore che dà vita.

321 La divina Provvidenza consiste nelle disposizioni con le quali Dio, con sapienza e amore, conduce tutte le creature al loro fine ultimo.

322 Cristo ci esorta all'abbandono filiale alla provvidenza del nostro Padre celeste (403) e l'apostolo san Pietro gli fa eco: gettate « in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi » (1P 5,7). (404)

(403) Cf Mt 6,26-34.
(404) Cf Ps 55,23.

323 La provvidenza divina agisce anche attraverso l'azione delle creature. Agli esseri umani Dio dona di cooperare liberamente ai suoi disegni.

324 Che Dio permetta il male fisico e morale è un mistero che egli illumina nel suo Figlio, Gesù Cristo, morto e risorto per vincere il male. La fede ci dà la certezza che Dio non permetterebbe il male, se dallo stesso male non traesse il bene, per vie che conosceremo pienamente soltanto nella vita eterna.







Paragrafo 5. IL CIELO E LA TERRA

325 Il Simbolo degli Apostoli professa che Dio è « il Creatore del cielo e della terra », (405) e il Simbolo niceno-costantinopolitano esplicita: « ...di tutte le cose visibili e invisibili ». (406)

(405)
DS 30.
(406) DS 150.

326 Nella Sacra Scrittura, l'espressione « cielo e terra » significa: tutto ciò che esiste, l'intera creazione. Indica pure, all'interno della creazione, il legame che ad un tempo unisce e distingue cielo e terra: « La terra » è il mondo degli uomini. (407) « Il cielo », o « i cieli », può indicare il firmamento, (408) ma anche il « luogo » proprio di Dio: il nostro « Padre che è nei cieli » (Mt 5,16) (409) e, di conseguenza, anche il « cielo » che è la gloria escatologica. Infine, la parola « cielo » indica il « luogo » delle creature spirituali – gli angeli – che circondano Dio.

(407) Cf Ps 115,16.
(408) Cf Ps 19,2.
(409) Cf Ps 115,16.

327 La professione di fede del Concilio Lateranense IV afferma: Dio, « fin dal principio del tempo, creò dal nulla l'uno e l'altro ordine di creature, quello spirituale e quello materiale, cioè gli angeli e il mondo terrestre; e poi l'uomo, quasi partecipe dell'uno e dell'altro, composto di anima e di corpo ». (410)

(410) Concilio Lateranense IV, Cap. 1, De fide catholica:
DS 800 cf Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 1: DS 3002 e Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 8: AAS 60 (1968) 436.


I. Gli angeli


L'esistenza degli angeli - una verità di fede

328 L'esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l'unanimità della Tradizione.


Chi sono?

329 Sant'Agostino dice a loro riguardo: « "Angelus" officii nomen est, [...] non naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium, angelus est: ex eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus – La parola "angelo" designa l'ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di questa natura, si risponde che è spirito; se si chiede l'ufficio, si risponde che è angelo: è spirito per quello che è, mentre per quello che compie è angelo ». (411) In tutto il loro essere, gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio. Per il fatto che « vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli » (Mt 18,10), essi sono « potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola » (Ps 103,20).

(411) Sant'Agostino, Enarratio in Psalmum 103, 1, 15: CCL 40, 1488 (PL 37, 1348-1349).

330 In quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà: sono creature personali (412) e immortali. (413) Superano in perfezione tutte le creature visibili. Lo testimonia il fulgore della loro gloria. (414)

(412) Cf Pio XII, Lett. enc. Humani generis:
DS 3891.
(413) Cf Lc 20,36.
(414) Cf Dn Da 10,9-12.


Cristo «con tutti i suoi angeli»

331 Cristo è il centro del mondo angelico. Essi sono i suoi angeli: « Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli [...] » (Mt 25,31). Sono suoi perché creati per mezzo di lui e in vista di lui: « Poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: troni, dominazioni, principati e potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui » (Col 1,16). Sono suoi ancor più perché li ha fatti messaggeri del suo disegno di salvezza: « Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza? » (He 1,14).

332 Essi, fin dalla creazione (415) e lungo tutta la storia della salvezza, annunciano da lontano o da vicino questa salvezza e servono la realizzazione del disegno salvifico di Dio: chiudono il paradiso terrestre, (416) proteggono Lot, (417) salvano Agar e il suo bambino, (418) trattengono la mano di Abramo; (419) la Legge viene comunicata mediante il ministero degli angeli, (420) essi guidano il popolo di Dio, (421) annunziano nascite (422) e vocazioni, (423) assistono i profeti, (424) per citare soltanto alcuni esempi. Infine, è l'angelo Gabriele che annunzia la nascita del Precursore e quella dello stesso Gesù. (425)

(415) Cf Gb 38,7, dove gli angeli sono chiamati « figli di Dio ».
(416) Cf
Gn 3,24.
(417) Cf Gn 19.
(418) Cf Gn 21,17.
(419) Cf Gn 22,11.
(420) Cf Ac 7,53.
(421) Cf Ex 23,20-23.
(422) Cf Gdc Jg 13.
(423) Cf Gdc Jg 6,11-24 Is 6,6.
(424) Cf 1R 19,5.
(425) Cf Lc 1,11 Lc 1,26.

333 Dall'incarnazione all'ascensione, la vita del Verbo incarnato è circondata dall'adorazione e dal servizio degli angeli. Quando Dio « introduce il Primogenito nel mondo, dice: lo adorino tutti gli angeli di Dio » (He 1,6). Il loro canto di lode alla nascita di Cristo non ha cessato di risuonare nella lode della Chiesa: « Gloria a Dio... » (Lc 2,14). Essi proteggono l'infanzia di Gesù, (426) servono Gesù nel deserto, (427) lo confortano durante l'agonia, (428) quando egli avrebbe potuto da loro essere salvato dalla mano dei nemici (429) come un tempo Israele. (430) Sono ancora gli angeli che evangelizzano (431) la Buona Novella dell'incarnazione (432) e della risurrezione (433) di Cristo. Al ritorno di Cristo, che essi annunziano, (434) saranno là, al servizio del suo giudizio. (435)

(426) Cf Mt 1,20 Mt 2,13 Mt 2,19.
(427) Cf Mc 1,13 Mt 4,11.
(428) Cf Lc 22,43.
(429) Cf Mt 26,53.
(430) Cf 2M 10,29-30 2M 11,8.
(431) Cf Lc 2,10.
(432) Cf Lc 2,8-14.
(433) Cf Mc 16,5-7.
(434) Cf Ac 1,10-11.
(435) Cf Mt 13,41 Mt 24,31 Lc 12,8-9.

Gli angeli nella vita della Chiesa

334 Allo stesso modo tutta la vita della Chiesa beneficia dell'aiuto misterioso e potente degli angeli. (436)

(436) Cf
Ac 5,18-20 Ac 8,26-29 Ac 10,3-8 Ac 12,6-11 Ac 27,23-25.

335 Nella liturgia, la Chiesa si unisce agli angeli per adorare il Dio tre volte santo; (437) invoca la loro assistenza (così nell'In paradisum deducant te angeli... – In paradiso ti accompagnino gli angeli – nella liturgia dei defunti, (438) o ancora nell'« Inno dei cherubini » della liturgia bizantina (439)), e celebra la memoria di alcuni angeli in particolare (san Michele, san Gabriele, san Raffaele, gli angeli custodi).

(437) Cf Preghiera eucaristica, Santo: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 311.
(438) Rito delle esequie, 80 (Libreria Editrice Vaticana 1989) p. 83.
(439) Liturgia bizantina di san Giovanni Crisostomo, Hymnus cherubinorum: Liturgies Eastern and Western, ed. F.E. Brightman (Oxford 1896) p. 377.

336 Dal suo inizio (440) fino all'ora della morte (441) la vita umana è circondata dalla loro protezione (442) e dalla loro intercessione. (443) « Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita ». (444) Fin da quaggiù, la vita cristiana partecipa, nella fede, alla beata comunità degli angeli e degli uomini, uniti in Dio.

(440) Cf
Mt 18,10.
(441) Cf Lc 16,22.
(442) Cf Ps 34,8 Ps 91,10-13.
(443) Cf Gb Jb 33,23-24 Za 1,12 Tb 12,12.
(444) San Basilio Magno, Adversus Eunomium, 3, 1: SC 305,148.


II. Il mondo visibile

337 È Dio che ha creato il mondo visibile in tutta la sua ricchezza, la sua varietà e il suo ordine. La Scrittura presenta simbolicamente l'opera del Creatore come un susseguirsi di sei giorni di «lavoro» divino, che terminano nel « riposo » del settimo giorno. (445) Il testo sacro, riguardo alla creazione, insegna verità rivelate da Dio per la nostra salvezza, (446) che consentono di « riconoscere la natura intima di tutta la creazione, il suo valore e la sua ordinazione alla lode di Dio ». (447)

(445) Cf .
(446) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 11, AAS 58 (1966) 823.
(447) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 36, AAS 57 (1965) 41.

338 Non esiste nulla che non debba la propria esistenza a Dio Creatore. Il mondo ha avuto inizio quando è stato tratto dal nulla dalla Parola di Dio; tutti gli esseri esistenti, tutta la natura, tutta la storia umana si radicano in questo evento primordiale: è la genesi della formazione del mondo e dell'inizio del tempo. (448)

(448) Cf Sant'Agostino, De Genesi contra Manichaeos, 1, 2, 4: PL 36, 175.

339 Ogni creatura ha la sua propria bontà e la sua propria perfezione. Per ognuna delle opere dei « sei giorni » è detto: « E Dio vide che ciò era buono ». « È dalla loro stessa condizione di creature che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine ». (449) Le varie creature, volute nel loro proprio essere, riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell'infinita sapienza e bontà di Dio. Per questo l'uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura, per evitare un uso disordinato delle cose, che disprezza il Creatore e comporta conseguenze nefaste per gli uomini e per il loro ambiente.

(449) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 36, AAS 58 (1966) 1054.

340 L'interdipendenza delle creature è voluta da Dio. Il sole e la luna, il cedro e il piccolo fiore, l'aquila e il passero: le innumerevoli diversità e disuguaglianze stanno a significare che nessuna creatura basta a se stessa, che esse esistono solo in dipendenza le une dalle altre, per completarsi vicendevolmente, al servizio le une delle altre.

341 La bellezza dell'universo. L'ordine e l'armonia del mondo creato risultano dalla diversità degli esseri e dalle relazioni esistenti tra loro. L'uomo li scopre progressivamente come leggi della natura. Essi sono oggetto dell'ammirazione degli scienziati. La bellezza della creazione riflette la bellezza infinita del Creatore. Deve ispirare il rispetto e la sottomissione dell'intelligenza e della volontà dell'uomo.

342 La gerarchia delle creature è espressa dall'ordine dei « sei giorni », che va dal meno perfetto al più perfetto. Dio ama tutte le sue creature, (450) si prende cura di ognuna, perfino dei passeri. Tuttavia, Gesù dice: « Voi valete più di molti passeri » (Lc 12,7), o ancora: « Quanto è più prezioso un uomo di una pecora! » (Mt 12,12).

(450) Cf Ps 145,9.

343 L'uomo è il vertice dell'opera della creazione. Il racconto ispirato lo esprime distinguendo nettamente la creazione dell'uomo da quella delle altre creature. (451)

(451) Cf
Gn 1,26.

344 Esiste una solidarietà fra tutte le creature per il fatto che tutte hanno il medesimo Creatore e tutte sono ordinate alla sua gloria:

« Laudato si', mi' Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messer lo frate sole,
lo qual è iorno; et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione...

Laudato si', mi' Signore, per sora acqua,
la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta...

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba...

Laudate e benedicete mi' Signore et rengratiate
et servitelo cum grande humilitate ». (452)

(452) San Francesco d'Assisi, Cantico delle creature: dal codice 338 della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi.

345 Il Sabato – fine dell'opera dei « sei giorni ». Il testo sacro dice che « Dio nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto » e così « furono portati a compimento il cielo e la terra »; Dio « cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro », « benedisse il settimo giorno e lo consacrò » (Gn 2,1-3). Queste parole ispirate sono ricche di insegnamenti salutari.

346 Nella creazione Dio ha posto un fondamento e leggi che restano stabili, (453) sulle quali il credente potrà appoggiarsi con fiducia, e che saranno per lui il segno e il pegno della incrollabile fedeltà dell'alleanza di Dio. (454) Da parte sua, l'uomo dovrà rimanere fedele a questo fondamento e rispettare le leggi che il Creatore vi ha inscritte.

(453) Cf
He 4,3-4.
(454) Cf Jr 31,35-37 Jr 33,19-26.

347 La creazione è fatta in vista del sabato e quindi del culto e dell'adorazione di Dio. Il culto è inscritto nell'ordine della creazione. (455) « Operi Dei nihil praeponatur » – « Nulla si anteponga all'opera di Dio », dice la Regola di san Benedetto, (456) indicando in tal modo il giusto ordine delle preoccupazioni umane.

(455) Cf
Gn 1,14.
(456) San Benedetto, Regula, RB 43,3: CSEL 75, 106 (PL 66, 675).

348 Il sabato è nel cuore della Legge di Israele. Osservare i comandamenti equivale a corrispondere alla sapienza e alla volontà di Dio espresse nell'opera della creazione.

349 L'ottavo giorno. Per noi, però, è sorto un giorno nuovo: quello della risurrezione di Cristo. Il settimo giorno porta a termine la prima creazione. L'ottavo giorno dà inizio alla nuova creazione. Così, l'opera della creazione culmina nell'opera più grande della redenzione. La prima creazione trova il suo senso e il suo vertice nella nuova creazione in Cristo, il cui splendore supera quello della prima. (457)

(457) Cf Veglia pasquale, orazione dopo la prima lettura: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 170.


In sintesi

350 Gli angeli sono creature spirituali che incessantemente glorificano Dio e servono i suoi disegni salvifici nei confronti delle altre creature: « Ad omnia bona nostra cooperantur angeli – Gli angeli cooperano ad ogni nostro bene ». (458)

(458) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
I 114,3, ad 3: Ed. Leon. 5, 535.

351 Gli angeli circondano Cristo, loro Signore. Lo servono soprattutto nel compimento della sua missione di salvezza per tutti gli uomini.

352 La Chiesa venera gli angeli che l'aiutano nel suo pellegrinaggio terreno e che proteggono ogni essere umano.

353 Dio ha voluto la diversità delle sue creature e la loro bontà propria, la loro interdipendenza, il loro ordine. Ha destinato tutte le creature materiali al bene del genere umano. L'uomo, e attraverso lui l'intera creazione, sono destinati alla gloria di Dio.

354 Rispettare le leggi inscritte nella creazione e i rapporti derivanti dalla natura delle cose, è un principio di saggezza e un fondamento della morale.







Paragrafo 6. L'UOMO

355 « Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò » (Gn 1,27). L'uomo, nella creazione, occupa un posto unico: egli è « a immagine di Dio » (I); nella sua natura unisce il mondo spirituale e il mondo materiale (II); è creato « maschio e femmina » (III); Dio l'ha stabilito nella sua amicizia (IV).



I. «A immagine di Dio»

356 Di tutte le creature visibili, soltanto l'uomo è « capace di conoscere e di amare il proprio Creatore »; (459) « è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa »; (460) soltanto l'uomo è chiamato a condividere, nella conoscenza e nell'amore, la vita di Dio. A questo fine è stato creato ed è questa la ragione fondamentale della sua dignità.

« Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l'hai creata, per amore tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno ». (461)

(459) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 12, AAS 58 (1966) 1034.
(460) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 24, AAS 58 (1966) 1045.
(461) Santa Caterina da Siena, Il dialogo della Divina provvidenza, 13: ed. G. Cavallini (Roma 1995) p. 43.

357 Essendo ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la dignità di persona; non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. È capace di conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre persone; è chiamato, per grazia, ad un'alleanza con il suo Creatore, a dargli una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare in sua sostituzione.

358 Dio ha creato tutto per l'uomo, (462) ma l'uomo è stato creato per servire e amare Dio e per offrirgli tutta la creazione:

« Qual è dunque l'essere che deve venire all'esistenza circondato di una tale considerazione? È l'uomo, grande e meravigliosa figura vivente, più prezioso agli occhi di Dio dell'intera creazione: è l'uomo, è per lui che esistono il cielo e la terra e il mare e la totalità della creazione, ed è alla sua salvezza che Dio ha dato tanta importanza da non risparmiare, per lui, neppure il suo Figlio unigenito. Dio infatti non ha mai cessato di tutto mettere in atto per far salire l'uomo fino a sé e farlo sedere alla sua destra ». (463)

(462) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 12, AAS 58 (1966) 1034; Ibid., GS 24: AAS 58 (1966) 1045; Ibid., GS 39: AAS 58 (1966) 1056-1057.
(463) San Giovanni Crisostomo, Sermones in Genesim, 2, 1: PG 54,587-588.

359 « In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo »: (464)

« Il beato Apostolo ci ha fatto sapere che due uomini hanno dato principio al genere umano: Adamo e Cristo. [...] Il primo uomo, Adamo, – dice – divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Quel primo fu creato da quest'ultimo, dal quale ricevette l'anima per vivere. [...] Il secondo Adamo plasmò il primo e gli impresse la propria immagine. E così avvenne poi che egli ne prese la natura e il nome, per non dover perdere ciò che egli aveva fatto a sua immagine. C'è un primo Adamo e c'è un ultimo Adamo. Il primo ha un inizio, l'ultimo non ha fine. Proprio quest'ultimo infatti è veramente il primo, dal momento che dice: "Sono io, io solo, il primo e anche l'ultimo" ». (465)

(464) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 22, AAS 58 (1966) 1042.
(465) San Pietro Crisologo, Sermones 117, 1-2: CCL 24A, 709 (PL 52, 520).

360 A motivo della comune origine il genere umano forma una unità. Dio infatti « creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini » (Ac 17,26): (466)

« Meravigliosa visione che ci fa contemplare il genere umano nell'unità della sua origine in Dio [...]; nell'unità della sua natura, composta ugualmente presso tutti di un corpo materiale e di un'anima spirituale; nell'unità del suo fine immediato e della sua missione nel mondo; nell'unità del suo "habitat": la terra, dei cui beni tutti gli uomini, per diritto naturale, possono usare per sostentare e sviluppare la vita; nell'unità del suo fine soprannaturale: Dio stesso, al quale tutti devono tendere; nell'unità dei mezzi per raggiungere tale fine; [...] nell'unità del suo riscatto operato per tutti da Cristo ». (467)

(466) Cf Tb 8,6.
(467) Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus: AAS 31 (1939) 427; cf Concilio Vaticano II, Dich. Nostra aetate, NAE 1: AAS 58 (1966) 740.

361 « Questa legge di solidarietà umana e di carità », (468) senza escludere la ricca varietà delle persone, delle culture e dei popoli, ci assicura che tutti gli uomini sono veramente fratelli.

(468) Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus: AAS 31 (1939) 426.



Catechismo Chiesa Catt. 299