Catechismo Chiesa Catt. 362

II. «Corpore et anima unus» - Unità di anima e di corpo

362 La persona umana, creata a immagine di Dio, è un essere insieme corporeo e spirituale. Il racconto biblico esprime questa realtà con un linguaggio simbolico, quando dice: « Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l'uomo divenne un essere vivente » (Gn 2,7). L'uomo tutto intero è quindi voluto da Dio.

363 Spesso, nella Sacra Scrittura, il termine anima indica la vita umana, (469) oppure tutta la persona umana. (470) Ma designa anche tutto ciò che nell'uomo vi è di più intimo (471) e di maggior valore, (472) ciò per cui più particolarmente egli è immagine di Dio: « anima » significa il principio spirituale nell'uomo.

(469) Cf
Mt 16,25-26 Jn 15,13.
(470) Cf Ac 2,41.
(471) Cf Mt 26,38 Jn 12,27.
(472) Cf Mt 10,28 2M 6,30.

364 Il corpo dell'uomo partecipa alla dignità di « immagine di Dio »: è corpo umano proprio perché è animato dall'anima spirituale, ed è la persona umana tutta intera ad essere destinata a diventare, nel corpo di Cristo, il tempio dello Spirito. (473)

« Unità di anima e di corpo, l'uomo sintetizza in sé, per la sua stessa condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi, attraverso di lui, toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore. Allora, non è lecito all'uomo disprezzare la vita corporale; egli anzi è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo, appunto perché creato da Dio e destinato alla risurrezione nell'ultimo giorno ». (474)

(473) Cf
1Co 6,19-20 1Co 15,44-45.
(474) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 14, AAS 58 (1966) 1035.

365 L'unità dell'anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l'anima come la « forma » del corpo; (475) ciò significa che grazie all'anima spirituale il corpo, composto di materia, è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell'uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un'unica natura.

(475) Cf Concilio di Vienne (anno 1312), Cost. « Fidei catholicae »:
DS 902.

366 La Chiesa insegna che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio (476) – non è « prodotta » dai genitori – ed è immortale: (477) essa non perisce al momento della sua separazione dal corpo nella morte, e di nuovo si unirà al corpo al momento della risurrezione finale.

(476) Cf Pio XII, Lett. enc. Humani generis (anno 1950):
DS 3896; Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 8: AAS 60 (1968) 436.

367 Talvolta si dà il caso che l'anima sia distinta dallo spirito. Così san Paolo prega perché il nostro essere tutto intero, « spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore » (1Th 5,23). La Chiesa insegna che tale distinzione non introduce una dualità nell'anima. (478) « Spirito » significa che sin dalla sua creazione l'uomo è ordinato al suo fine soprannaturale, (479) e che la sua anima è capace di essere gratuitamente elevata alla comunione con Dio. (480)

(477) Cf Concilio Lateranense V (anno 1513), Bolla Apostolici regiminis: DS 1440.
(478) Cf Concilio di Costantinopoli IV (anno 870), canone 11: DS 657.
(479) Cf Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 2: DS 3005 Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 22, AAS 58 (1966) 1042-1043.
(480) Cf Pio XII, Lett. enc. Humani generis (anno 1950): DS 3891.

368 La tradizione spirituale della Chiesa insiste anche sul cuore, nel senso biblico di « profondità dell'essere » (« in visceribus »: Jr 31,33), dove la persona si decide o non si decide per Dio. (481)

(481) Cf Dt 6,5 Dt 29,3 Is 29,13 Ez 36,26 Mt 6,21 Lc 8,15 Rm 5,5.


III. «Maschio e femmina li creò»


Uguaglianza e diversità volute da Dio

369 L'uomo e la donna sono creati, cioè sono voluti da Dio: in una perfetta uguaglianza, per un verso, in quanto persone umane, e, per l'altro verso, nel loro rispettivo essere di maschio e di femmina. « Essere uomo », « essere donna » è una realtà buona e voluta da Dio: l'uomo e la donna hanno una insopprimibile dignità, che viene loro direttamente da Dio, loro Creatore. (482) L'uomo e la donna sono, con una identica dignità, « a immagine di Dio ». Nel loro « essere-uomo » ed « essere-donna », riflettono la sapienza e la bontà del Creatore.

(482) Cf
Gn 2,7 Gn 2,22.

370 Dio non è a immagine dell'uomo. Egli non è né uomo né donna. Dio è puro spirito, e in lui, perciò, non c'è spazio per le differenze di sesso. Ma le « perfezioni » dell'uomo e della donna riflettono qualche cosa dell'infinita perfezione di Dio: quelle di una madre (483) e quelle di un padre e di uno sposo. (484)

(483) Cf
Is 49,14-15 Is 66,13 Ps 131,2-3.
(484) Cf Os 11,1-4 Jr 3,4-19.


«L'uno per l'altro» - «una unità a due»

371 Creati insieme, l'uomo e la donna sono voluti da Dio l'uno per l'altro. La Parola di Dio ce lo lascia capire attraverso diversi passi del testo sacro. « Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile » (Gn 2,18). Nessuno degli animali può essere questo « pari » dell'uomo. (485) La donna che Dio « plasma » con la costola tolta all'uomo e che conduce all'uomo, strappa all'uomo un grido d'ammirazione, un'esclamazione d'amore e di comunione: « Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa » (Gn 2,23). L'uomo scopre la donna come un altro « io » della stessa umanità.

(485) Cf Gn 2,19-20.

372 L'uomo e la donna sono fatti « l'uno per l'altro »: non già che Dio li abbia creati « a metà » ed « incompleti »; li ha creati per una comunione di persone, nella quale ognuno può essere « aiuto » per l'altro, perché sono ad un tempo uguali in quanto persone (« osso dalle mie ossa... ») e complementari in quanto maschio e femmina. (486) Nel matrimonio, Dio li unisce in modo che, formando « una sola carne » (Gn 2,24), possano trasmettere la vita umana: « Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra » (Gn 1,28). Trasmettendo ai loro figli la vita umana, l'uomo e la donna, come sposi e genitori, cooperano in un modo unico all'opera del Creatore. (487)

(486) Cf Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, MD 7: AAS 80 (1988) 1664-1665.
(487) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 50, AAS 58 (1966) 1070-1071.

373 Nel disegno di Dio, l'uomo e la donna sono chiamati a dominare la terra (488) come « amministratori » di Dio. Questa sovranità non deve essere un dominio arbitrario e distruttivo. A immagine del Creatore, « che ama tutte le cose esistenti » (Sg 11,24), l'uomo e la donna sono chiamati a partecipare alla Provvidenza divina verso le altre creature. Da qui la loro responsabilità nei confronti del mondo che Dio ha loro affidato.

(488) Cf Gn 1,28.


IV. L'uomo nel paradiso

374 Il primo uomo non solo è stato creato buono, ma è stato anche costituito in una tale amicizia con il suo Creatore e in una tale armonia con se stesso e con la creazione, che saranno superate soltanto dalla gloria della nuova creazione in Cristo.

375 La Chiesa, interpretando autenticamente il simbolismo del linguaggio biblico alla luce del Nuovo Testamento e della Tradizione, insegna che i nostri progenitori Adamo ed Eva sono stati costituiti in uno stato di santità e di giustizia originali. (489) La grazia della santità originale era una partecipazione alla vita divina. (490)

(489) Cf Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canone 1:
DS 1511.
(490) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 2, AAS 57 (1965) 5-6.

376 Tutte le dimensioni della vita dell'uomo erano potenziate dall'irradiamento di questa grazia. Finché fosse rimasto nell'intimità divina, l'uomo non avrebbe dovuto né morire, (491) né soffrire. (492) L'armonia interiore della persona umana, l'armonia tra l'uomo e la donna, (493) infine l'armonia tra la prima coppia e tutta la creazione costituiva la condizione detta « giustizia originale ».

(491) Cf
Gn 2,17 Gn 3,19.
(492) Cf Gn 3,16.
(493) Cf Gn 2,25.

377 Il « dominio » del mondo che Dio, fin dagli inizi, aveva concesso all'uomo, si realizzava innanzi tutto nell'uomo stesso come padronanza di sé. L'uomo era integro e ordinato in tutto il suo essere, perché libero dalla triplice concupiscenza (494) che lo rende schiavo dei piaceri dei sensi, della cupidigia dei beni terreni e dell'affermazione di sé contro gli imperativi della ragione.

(494) Cf
1Jn 2,16.

378 Il segno della familiarità dell'uomo con Dio è il fatto che Dio lo colloca nel giardino, (495) dove egli vive « per coltivarlo e custodirlo » (Gn 2,15): il lavoro non è una fatica penosa, (496) ma la collaborazione dell'uomo e della donna con Dio nel portare a perfezione la creazione visibile.

(495) Cf Gn 2,8.
(496) Cf Gn 3,17-19.

379 Per il peccato dei nostri progenitori andrà perduta tutta l'armonia della giustizia originale che Dio, nel suo disegno, aveva previsto per l'uomo.



In sintesi

380 « Padre santo,... a tua immagine hai formato l'uomo, alle sue mani operose hai affidato l'universo, perché, nell'obbedienza a te, suo Creatore, esercitasse il dominio su tutto il creato». (497)

(497) Preghiera eucaristica IV: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 412.

381 L'uomo è predestinato a riprodurre l'immagine del Figlio di Dio fatto uomo – « immagine del Dio invisibile » (Col 1,15) – affinché Cristo sia il primogenito di una moltitudine di fratelli e sorelle. (498)

(498) Cf Ep 1,3-6 Rm 8,29.

382 L'uomo è « unità di anima e di corpo ». (499) La dottrina della fede afferma che l'anima spirituale e immortale è creata direttamente da Dio.

(499) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 14, AAS 58 (1966) 1035.

383 « Dio non creò l'uomo lasciandolo solo: fin da principio "maschio e femmina li creò" (Gn 1,27), e la loro unione costituisce la prima forma di comunione di persone ». (500)

(500) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 12, AAS 58 (1966) 1034.

384 La Rivelazione ci fa conoscere lo stato di santità e di giustizia originali dell'uomo e della donna prima del peccato: dalla loro amicizia con Dio derivava la felicità della loro esistenza nel paradiso.






Paragrafo 7. LA CADUTA

385 Dio è infinitamente buono e tutte le sue opere sono buone. Tuttavia nessuno sfugge all'esperienza della sofferenza, dei mali presenti nella natura – che appaiono legati ai limiti propri delle creature – e soprattutto al problema del male morale. Da dove viene il male? « Quaerebam unde malum et non erat exitus – Mi chiedevo donde il male, e non sapevo darmi risposta », dice sant'Agostino, (501) e la sua sofferta ricerca non troverà sbocco che nella conversione al Dio vivente. Infatti « il mistero dell'iniquità » (2Th 2,7) si illumina soltanto alla luce del mistero della pietà. (502) La rivelazione dell'amore divino in Cristo ha manifestato ad un tempo l'estensione del male e la sovrabbondanza della grazia. (503) Dobbiamo, dunque, affrontare la questione dell'origine del male, tenendo fisso lo sguardo della nostra fede su colui che, solo, ne è il vincitore. (504)

(501) Sant'Agostino, Confessiones, 7, 7, 11: CCL 27, 99 (PL 32, 739).
(502) Cf 1Tm 3,16.
(503) Cf Rm 5,20.
(504) Cf Lc 11,21-22 Jn 16,11 1Jn 3,8.


I. «Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia»


La realtà del peccato

386 Nella storia dell'uomo è presente il peccato: sarebbe vano cercare di ignorarlo o di dare altri nomi a questa oscura realtà. Per tentare di comprendere che cosa sia il peccato, si deve innanzi tutto riconoscere il profondo legame dell'uomo con Dio, perché, al di fuori di questo rapporto, il male del peccato non può venire smascherato nella sua vera identità di rifiuto e di opposizione a Dio, mentre continua a gravare sulla vita dell'uomo e sulla storia.

387 La realtà del peccato, e più particolarmente del peccato delle origini, si chiarisce soltanto alla luce della rivelazione divina. Senza la conoscenza di Dio che essa ci dà, non si può riconoscere chiaramente il peccato, e si è tentati di spiegarlo semplicemente come un difetto di crescita, come una debolezza psicologica, un errore, come l'inevitabile conseguenza di una struttura sociale inadeguata, ecc. Soltanto conoscendo il disegno di Dio sull'uomo, si capisce che il peccato è un abuso di quella libertà che Dio dona alle persone create perché possano amare lui e amarsi reciprocamente.


Il peccato originale - una verità essenziale della fede

388 Col progresso della Rivelazione viene chiarita anche la realtà del peccato. Sebbene il popolo di Dio dell'Antico Testamento abbia in qualche modo conosciuto la condizione umana alla luce della storia della caduta narrata dalla Genesi, non era però in grado di comprendere il significato ultimo di tale storia, che si manifesta appieno soltanto alla luce della morte e della risurrezione di Gesù Cristo. (505) Bisogna conoscere Cristo come sorgente della grazia per conoscere Adamo come sorgente del peccato. È lo Spirito Paraclito, mandato da Cristo risorto, che è venuto a convincere « il mondo quanto al peccato » (Jn 16,8), rivelando colui che del peccato è il Redentore.

(505) Cf Rm 5,12-21.

389 La dottrina del peccato originale è, per così dire, « il rovescio » della Buona Novella che Gesù è il Salvatore di tutti gli uomini, che tutti hanno bisogno della salvezza e che la salvezza è offerta a tutti grazie a Cristo. La Chiesa, che ha il senso di Cristo, (506) ben sa che non si può intaccare la rivelazione del peccato originale senza attentare al mistero di Cristo.

(506) Cf
1Co 2,16.

Per leggere il racconto della caduta

390 Il racconto della caduta (Gn 3) utilizza un linguaggio di immagini, ma espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all'inizio della storia dell'uomo. (507) La Rivelazione ci dà la certezza di fede che tutta la storia umana è segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori. (508)

(507) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 13, AAS 58 (1966) 1034-1035.
(508) Cf Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canone 3: DS 1513 Pio XII, Lett. enc. Humani generis: DS 3897 Paolo VI, Discorso ai partecipanti al Simposio di alcuni teologi e scienziati sul mistero del peccato originale (11 luglio 1966): AAS 58 (1966) 649-655.


II. La caduta degli angeli

391 Dietro la scelta disobbediente dei nostri progenitori c'è una voce seduttrice, che si oppone a Dio, (509) la quale, per invidia, li fa cadere nella morte. (510) La Scrittura e la Tradizione della Chiesa vedono in questo essere un angelo caduto, chiamato Satana o diavolo. (511) La Chiesa insegna che all'inizio era un angelo buono, creato da Dio. « Diabolus enim et alii daemones a Deo quidem natura creati sunt boni, sed ipsi per se facti sunt mali – Il diavolo infatti e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi ». (512)

(509) Cf
Gn 3,1-5.
(510) Cf Sap Sg 2,24.
(511) Cf Jn 8,44 Ap 12,9.
(512) Concilio Lateranense IV (anno 1215), Cap. 1, De fide catholica: DS 800.

392 La Scrittura parla di un peccato di questi angeli. (513) Tale « caduta » consiste nell'avere, questi spiriti creati, con libera scelta, radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno. Troviamo un riflesso di questa ribellione nelle parole rivolte dal tentatore ai nostri progenitori: « Diventerete come Dio » (Gn 3,5). « Il diavolo è peccatore fin dal principio » (1Jn 3,8), « padre della menzogna » (Jn 8,44).

(513) Cf 2P 2,4.

393 A far sì che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il carattere irrevocabile della loro scelta, e non un difetto dell'infinita misericordia divina. « Non c'è possibilità di pentimento per loro dopo la caduta, come non c'è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte ». (514)

(514) San Giovanni Damasceno, Expositio fidei 18 [De fide orthodoxa 2, 4]: PTS 12, 50 (PG 94,877).

394 La Scrittura attesta la nefasta influenza di colui che Gesù chiama « omicida fin dal principio » (Jn 8,44), e che ha perfino tentato di distogliere Gesù dalla missione affidatagli dal Padre. (515) « Il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo » (1Jn 3,8). Di queste opere, la più grave nelle sue conseguenze è stata la seduzione menzognera che ha indotto l'uomo a disobbedire a Dio.

(515) Cf Mt 4,1-11.

395 La potenza di Satana però non è infinita. Egli non è che una creatura, potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura: non può impedire l'edificazione del regno di Dio. Sebbene Satana agisca nel mondo per odio contro Dio e il suo regno in Cristo Gesù, e sebbene la sua azione causi gravi danni – di natura spirituale e indirettamente anche di natura fisica – per ogni uomo e per la società, questa azione è permessa dalla divina provvidenza, la quale guida la storia dell'uomo e del mondo con forza e dolcezza. La permissione divina dell'attività diabolica è un grande mistero, ma « noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio » (Rm 8,28).



III. Il peccato originale


La prova della libertà

396 Dio ha creato l'uomo a sua immagine e l'ha costituito nella sua amicizia. Creatura spirituale, l'uomo non può vivere questa amicizia che come libera sottomissione a Dio. Questo è il significato del divieto fatto all'uomo di mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male, « perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti » (Gn 2,17). « L'albero della conoscenza del bene e del male » (Gn 2,17) evoca simbolicamente il limite invalicabile che l'uomo, in quanto creatura, deve liberamente riconoscere e con fiducia rispettare. L'uomo dipende dal Creatore, è sottomesso alle leggi della creazione e alle norme morali che regolano l'uso della libertà.


Il primo peccato dell'uomo

397 L'uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore (516) e, abusando della propria libertà, ha disobbedito al comandamento di Dio. In ciò è consistito il primo peccato dell'uomo. (517) In seguito, ogni peccato sarà una disobbedienza a Dio e una mancanza di fiducia nella sua bontà.

(516) Cf
Gn 3,1-11.
(517) Cf Rm 5,19.

398 Con questo peccato, l'uomo ha preferito se stesso a Dio, e, perciò, ha disprezzato Dio: ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le esigenze della propria condizione di creatura e conseguentemente contro il suo proprio bene. Costituito in uno stato di santità, l'uomo era destinato ad essere pienamente « divinizzato » da Dio nella gloria. Sedotto dal diavolo, ha voluto diventare « come Dio » (Gn 3,5), ma « senza Dio e anteponendosi a Dio, non secondo Dio ». (518)

(518) San Massimo il Confessore, Ambiguorum liber: PG 91,1156.

399 La Scrittura mostra le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza. Adamo ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità originale. (519) Hanno paura di quel Dio (520) di cui si sono fatti una falsa immagine, quella cioè di un Dio geloso delle proprie prerogative. (521)

(519) Cf
Rm 3,23.
(520) Cf Gn 3,9-10.
(521) Cf Gn 3,5.

400 L'armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la padronanza delle facoltà spirituali dell'anima sul corpo è infranta; (522) l'unione dell'uomo e della donna è sottoposta a tensioni; (523) i loro rapporti saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all'asservimento. (524) L'armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e ostile all'uomo. (525) A causa dell'uomo, la creazione è soggetta alla schiavitù della corruzione. (526) Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell'ipotesi della disobbedienza (527) si realizzerà: l'uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato tratto. (528) La morte entra nella storia dell'umanità. (529)

(522) Cf
Gn 3,7.
(523) Cf Gn 3,11-13.
(524) Cf Gn 3,16.
(525) Cf Gn 3,17 Gn 3,19.
(526) Cf Rm 8,20.
(527) Cf Gn 2,17.
(528) Cf Gn 3,19.
(529) Cf Rm 5,12.

401 Dopo questo primo peccato, il mondo è inondato da una vera « invasione » del peccato: il fratricidio commesso da Caino contro Abele; (530) la corruzione universale quale conseguenza del peccato; (531) nella storia d'Israele, il peccato si manifesta frequentemente soprattutto come infedeltà al Dio dell'Alleanza e come trasgressione della Legge di Mosè; anche dopo la redenzione di Cristo, fra i cristiani, il peccato si manifesta in svariati modi. (532) La Scrittura e la Tradizione della Chiesa richiamano continuamente la presenza e l'universalità del peccato nella storia dell'uomo:

« Quel che ci viene manifestato dalla rivelazione divina concorda con la stessa esperienza. Infatti, se l'uomo guarda dentro al suo cuore, si scopre anche inclinato al male e immerso in tante miserie che non possono certo derivare dal Creatore che è buono. Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia verso se stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create ». (533)

(530) Cf
Gn 4,3-15.
(531) Cf Gn 6,5 Gn 6,12 Rm 1,18-32.
(532) Cf 1Co 1-6 Ap 2-3.
(533) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 13, AAS 58 (1966) 1035.


Conseguenze del peccato di Adamo per l'umanità

402 Tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo. San Paolo lo afferma: « Per la disobbedienza di uno solo, tutti sono stati costituiti peccatori » (Rm 5,19); « Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato... » (Rm 5,12). All'universalità del peccato e della morte l'Apostolo contrappone l'universalità della salvezza in Cristo: « Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita » (Rm 5,18).

403 Sulle orme di san Paolo la Chiesa ha sempre insegnato che l'immensa miseria che opprime gli uomini, la loro inclinazione al male e l'ineluttabilità della morte non si possono comprendere senza il loro legame con la colpa di Adamo e prescindendo dal fatto che egli ci ha trasmesso un peccato dal quale tutti nasciamo contaminati e che è « morte dell'anima ». (534) Per questa certezza di fede, la Chiesa amministra il Battesimo per la remissione dei peccati anche ai bambini che non hanno commesso peccati personali. (535)

(534) Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canone 2:
DS 1512.
(535) Cf Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canone 4: DS 1514.

404 In che modo il peccato di Adamo è diventato il peccato di tutti i suoi discendenti? Tutto il genere umano è in Adamo « sicut unum corpus unius hominis – come un unico corpo di un unico uomo ». (536) Per questa « unità del genere umano » tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo, così come tutti sono coinvolti nella giustizia di Cristo. Tuttavia, la trasmissione del peccato originale è un mistero che non possiamo comprendere appieno. Sappiamo però dalla Rivelazione che Adamo aveva ricevuto la santità e la giustizia originali non soltanto per sé, ma per tutto il genere umano: cedendo al tentatore, Adamo ed Eva commettono un peccato personale, ma questo peccato intacca la natura umana, che essi trasmettono in una condizione decaduta. (537) Si tratta di un peccato che sarà trasmesso per propagazione a tutta l'umanità, cioè con la trasmissione di una natura umana privata della santità e della giustizia originali. Per questo il peccato originale è chiamato « peccato » in modo analogico: è un peccato « contratto » e non « commesso », uno stato e non un atto.

(536) San Tommaso d'Aquino, Quaestiones disputatae de malo, 4, 1, c.: Ed. Leon. 23, 105.
(537) Cf Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canoni 1-2:
DS 1511-1512.

405 Il peccato originale, sebbene proprio a ciascuno, (538) in nessun discendente di Adamo ha un carattere di colpa personale. Consiste nella privazione della santità e della giustizia originali, ma la natura umana non è interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie forze naturali, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza e al potere della morte, e inclinata al peccato (questa inclinazione al male è chiamata « concupiscenza »). Il Battesimo, donando la vita della grazia di Cristo, cancella il peccato originale e volge di nuovo l'uomo verso Dio; le conseguenze di tale peccato sulla natura indebolita e incline al male rimangono nell'uomo e lo provocano al combattimento spirituale.

(538) Cf Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canone 3:
DS 1513.

406 La dottrina della Chiesa sulla trasmissione del peccato originale è andata precisandosi soprattutto nel V secolo, in particolare sotto la spinta della riflessione di sant'Agostino contro il pelagianesimo, e nel XVI secolo, in opposizione alla Riforma protestante. Pelagio riteneva che l'uomo, con la forza naturale della sua libera volontà, senza l'aiuto necessario della grazia di Dio, potesse condurre una vita moralmente buona; in tal modo riduceva l'influenza della colpa di Adamo a quella di un cattivo esempio. Al contrario, i primi riformatori protestanti insegnavano che l'uomo era radicalmente pervertito e la sua libertà annullata dal peccato delle origini; identificavano il peccato ereditato da ogni uomo con l'inclinazione al male (« concupiscentia »), che sarebbe invincibile. La Chiesa si è pronunciata sul senso del dato rivelato concernente il peccato originale soprattutto nel II Concilio di Orange nel 529 (539) e nel Concilio di Trento nel 1546. (540)

(539) Cf Concilio di Orange II, Canoni 1-2:
DS 371-372.
(540) Cf Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali: DS 1510-1516.


Un duro combattimento

407 La dottrina sul peccato originale – connessa strettamente con quella della redenzione operata da Cristo – offre uno sguardo di lucido discernimento sulla situazione dell'uomo e del suo agire nel mondo. In conseguenza del peccato dei progenitori, il diavolo ha acquisito un certo dominio sull'uomo, benché questi rimanga libero. Il peccato originale comporta « la schiavitù sotto il dominio di colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo ». (541) Ignorare che l'uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell'educazione, della politica, dell'azione sociale (542) e dei costumi.

(541) Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canone 1:
DS 1511 cf He 2,14.
(542) Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus CA 25, AAS 83 (1991) 823-824.

408 Le conseguenze del peccato originale e di tutti i peccati personali degli uomini conferiscono al mondo nel suo insieme una condizione peccaminosa, che può essere definita con l'espressione di san Giovanni: « il peccato del mondo » (Jn 1,29). Con questa espressione viene anche significata l'influenza negativa esercitata sulle persone dalle situazioni comunitarie e dalle strutture sociali che sono frutto dei peccati degli uomini. (543)

(543) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, RP 16: AAS 77 (1985) 213-217.

409 La drammatica condizione del mondo che « giace » tutto « sotto il potere del maligno » (1Jn 5,19) (544) fa della vita dell'uomo una lotta:

« Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta incominciata fin dall'origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio ». (545)

(544) Cf 1P 5,8.
(545) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 37, AAS 58 (1966) 1055.


IV. «Tu non l'hai abbandonato in potere della morte»

410 Dopo la caduta, l'uomo non è stato abbandonato da Dio. Al contrario, Dio lo chiama, (546) e gli predice in modo misterioso che il male sarà vinto e che l'uomo sarà sollevato dalla caduta. (547) Questo passo della Genesi è stato chiamato « protovangelo », poiché è il primo annunzio del Messia redentore, di una lotta tra il serpente e la Donna e della vittoria finale di un discendente di lei.

(546) Cf
Gn 3,9.
(547) Cf Gn 3,15.

411 La Tradizione cristiana vede in questo passo un annunzio del « nuovo Adamo », (548) che, con la sua obbedienza « fino alla morte di croce » (Ph 2,8), ripara sovrabbondantemente la disobbedienza di Adamo. (549) Inoltre, numerosi Padri e dottori della Chiesa vedono nella Donna annunziata nel « protovangelo » la Madre di Cristo, Maria, come « nuova Eva ». Ella è stata colei che, per prima e in una maniera unica, ha beneficiato della vittoria sul peccato riportata da Cristo: è stata preservata da ogni macchia di peccato originale (550) e, durante tutta la sua vita terrena, per una speciale grazia di Dio, non ha commesso alcun peccato. (551)

(548) Cf 1Co 15,21-22 1Co 15,45.
(549) Cf Rm 5,19-20.
(550) Cf Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus: DS 2803.
(551) Cf Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canone 23: DS 1573.

412 Ma perché Dio non ha impedito al primo uomo di peccare? San Leone Magno risponde: « L'ineffabile grazia di Cristo ci ha dato beni migliori di quelli di cui l'invidia del demonio ci aveva privati ». (552) E san Tommaso d'Aquino: « Nulla si oppone al fatto che la natura umana sia stata destinata ad un fine più alto dopo il peccato. Dio permette, infatti, che ci siano i mali per trarre da essi un bene più grande. Da qui il detto di san Paolo: "Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" (Rm 5,20). Perciò nella benedizione del cero pasquale si dice: "O felice colpa, che ha meritato un tale e così grande Redentore!" ». (553)

(552) San Leone Magno, Sermo 73, 4: CCL 88A, 453 (PL 54, 151).
(553) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III 1,3, ad 3: Ed. Leon. 11, 14; le parole qui riportate da san Tommaso vengono cantate nel preconio pasquale dell'« Exsultet ».


In sintesi

413 « Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi [...]. La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo » (Sg 1,13 Sg 2,24).

414 Satana o il diavolo e gli altri demoni sono angeli decaduti per avere liberamente rifiutato di servire Dio e il suo disegno. La loro scelta contro Dio è definitiva. Essi tentano di associare l'uomo alla loro ribellione contro Dio.

415 « Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo però, tentato dal maligno, fin dagli inizi della storia abusò della sua libertà, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di Dio ». (554)

(554) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 13, AAS 58 (1966) 1034-1035.

416 Per il suo peccato, Adamo, in quanto primo uomo, ha perso la santità e la giustizia originali che aveva ricevuto da Dio non soltanto per sé, ma per tutti gli esseri umani.

417 Adamo ed Eva hanno trasmesso alla loro discendenza la natura umana ferita dal loro primo peccato, privata, quindi, della santità e della giustizia originali. Questa privazione è chiamata « peccato originale ».

418 In conseguenza del peccato originale, la natura umana è indebolita nelle sue forze, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte, e inclinata al peccato (inclinazione che è chiamata « concupiscenza »).

419 « Noi dunque riteniamo, con il Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso insieme con la natura umana, "non per imitazione ma per propagazione", e che perciò è "proprio a ciascuno" ». (555)

(555) Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 16: AAS 60 (1968) 439.

420 La vittoria sul peccato riportata da Cristo ci ha donato beni migliori di quelli che il peccato ci aveva tolto: « Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia » (Rm 5,20).

421 Secondo la fede dei cristiani, questo mondo è stato « creato » ed è « conservato nell'esistenza dall'amore del Creatore »; questo mondo è « certamente posto sotto la schiavitù del peccato, ma liberato da Cristo crocifisso e risorto, con la sconfitta del maligno... ». (556)

(556) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 2, AAS 58 (1966) 1026.



Catechismo Chiesa Catt. 362