Catechismo Chiesa Catt. 570


ARTICOLO 4

GESU' CRISTO «PATI' SOTTO PONZIO PILATO,

FU CROCIFISSO, MORI' E FU SEPOLTO»

571 Il mistero pasquale della croce e della risurrezione di Cristo è al centro della Buona Novella che gli Apostoli, e la Chiesa dopo di loro, devono annunziare al mondo. Il disegno salvifico di Dio si è compiuto « una volta sola » (He 9,26) con la morte redentrice del Figlio suo Gesù Cristo.

572 La Chiesa resta fedele all'interpretazione di tutte le Scritture data da Gesù stesso sia prima, sia dopo la sua pasqua: (334) « Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? » (Lc 24,26). Le sofferenze di Gesù hanno preso la loro forma storica concreta dal fatto che egli è stato « riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi » (Mc 8,31), i quali lo hanno consegnato « ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso » (Mt 20,19).

(334) Lc 24,27 Lc 24,44-45.

573 La fede può dunque cercare di indagare le circostanze della morte di Gesù, fedelmente riferite dai Vangeli (335) e illuminate da altre fonti storiche, al fine di una migliore comprensione del senso della redenzione.

(335) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 19, AAS 58 (1966) 826-827.



Paragrafo 1. GESU' E ISRAELE

574 Fin dagli inizi del ministero pubblico di Gesù, alcuni farisei e alcuni sostenitori di Erode, con alcuni sacerdoti e scribi, si sono accordati per farlo morire. (336) Per certe sue azioni (per la cacciata dei demoni; (337) il perdono dei peccati; (338) le guarigioni in giorno di sabato; (339) la propria interpretazione dei precetti di purità legale; (340) la familiarità con i pubblicani e i pubblici peccatori (341)). Gesù è apparso ad alcuni malintenzionati sospetto di possessione demoniaca. (342) Lo si è accusato di bestemmia (343) e di falso profetismo, (344) crimini religiosi che la Legge puniva con la pena di morte sotto forma di lapidazione. (345)

(336) Cf
Mc 3,6.
(337) Cf Mt 12,24.
(338) Cf Mc 2,7.
(339) Cf Mc 3,1-6.
(340) Cf Mc 7,14-23.
(341) Cf Mc 2,14-17.
(342) Cf Mc 3,22 Jn 8,48 Jn 10,20.
(343) Cf Mc 2,7 Jn 5,18 Jn 10,33.
(344) Cf Jn 7,12 Jn 7,52.
(345) Cf Jn 8,59 Jn 10,31.

575 Molte azioni e parole di Gesù sono dunque state un « segno di contraddizione » (346) per le autorità religiose di Gerusalemme, quelle che il Vangelo di san Giovanni spesso chiama « i Giudei », (347) ancor più che per il comune popolo di Dio. (348) Certamente, i suoi rapporti con i farisei non furono esclusivamente polemici. Ci sono dei farisei che lo mettono in guardia in ordine al pericolo che corre. (349) Gesù loda alcuni di loro, come lo scriba di Mc 12,34, e mangia più volte in casa di farisei. (350) Gesù conferma dottrine condivise da questa élite religiosa del popolo di Dio: la risurrezione dei morti, (351) le forme di pietà (elemosina, preghiera e digiuno), (352) e l'abitudine di rivolgersi a Dio come Padre, la centralità del comandamento dell'amore di Dio e del prossimo. (353)

(346) Cf Lc 2,34.
(347) Cf Jn 1,19 Jn 2,18 Jn 5,10 Jn 7,13 Jn 9,22 Jn 18,12 Jn 19,38 Jn 20,19.
(348) Cf Jn 7,48-49.
(349) Cf Lc 13,31.
(350) Cf Lc 7,36 Lc 14,1.
(351) Cf Mt 22,23-34 Lc 20,39.
(352) Cf Mt 6,2-18.
(353) Cf Mc 12,28-34.

576 Agli occhi di molti in Israele, Gesù sembra agire contro le istituzioni fondamentali del popolo eletto:
— l'obbedienza alla Legge nell'integralità dei suoi precetti scritti e, per i farisei, nell'interpretazione della tradizione orale;
— la centralità del Tempio di Gerusalemme come luogo santo dove Dio abita in un modo privilegiato;
— la fede nell'unico Dio del quale nessun uomo può condividere la gloria.



I. Gesù e la Legge

577 Gesù ha fatto una solenne precisazione all'inizio del discorso della montagna, quando ha presentato, alla luce della grazia della Nuova Alleanza, la Legge data da Dio sul Sinai al momento della prima Alleanza:

« Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla Legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli » (
Mt 5,17-19).

578 Gesù, il Messia d'Israele, il più grande quindi nel regno dei cieli, aveva il dovere di osservare la Legge, praticandola nella sua integralità fin nei minimi precetti, secondo le sue stesse parole. Ed è anche il solo che l'abbia potuto fare perfettamente. (354) Gli Ebrei, secondo quanto essi stessi confessano, non hanno mai potuto osservare la Legge nella sua integralità senza trasgredire il più piccolo precetto. (355) Per questo, ogni anno, alla festa dell'Espiazione, i figli d'Israele chiedono perdono a Dio per le loro trasgressioni della Legge. In realtà, la Legge costituisce un tutto unico e, come ricorda san Giacomo, « chiunque osservi tutta la Legge, ma la trasgredisca in un punto solo, diventa colpevole di tutto » (Jc 2,10). (356)

(354) Cf Jn 8,46.
(355) Cf Jn 7,19 Ac 13,38-41 Ac 15,10.
(356) Cf Ga 3,10 Ga 5,3.

579 Il principio dell'integralità dell'osservanza della Legge, non solo nella lettera ma nel suo spirito, era caro ai farisei. Mettendolo in forte risalto per Israele, essi hanno condotto molti ebrei del tempo di Gesù a uno zelo religioso estremo. (357) E questo, se non voleva risolversi in una casistica « ipocrita », (358) non poteva che preparare il popolo a quell'inaudito intervento di Dio che sarà l'osservanza perfetta della Legge da parte dell'unico Giusto al posto di tutti i peccatori. (359)

(357) Cf
Rm 10,2.
(358) Cf Mt 15,3-7 Lc 11,39-54.
(359) Cf Is 53,11 He 9,15.

580 L'adempimento perfetto della Legge poteva essere soltanto opera del divino Legislatore nato sotto la Legge nella Persona del Figlio. (360) Con Gesù, la Legge non appare più incisa su tavole di pietra ma scritta « nell'animo » e nel « cuore » (Jr 31,33) del Servo che, proclamando « il diritto con fermezza » (Is 42,3), diventa l'« alleanza del popolo » (Is 42,6). Gesù compie la Legge fino a prendere su di sé « la maledizione della Legge », (361) in cui erano incorsi coloro che non erano rimasti fedeli « a tutte le cose scritte nel libro della Legge »; (362) infatti la morte di Cristo intervenne « per la redenzione delle colpe commesse sotto la prima Alleanza » (He 9,15).

(360) Cf Ga 4,4.
(361) Cf Ga 3,13.
(362) Cf Ga 3,10.

581 Gesù è apparso agli occhi degli Ebrei e dei loro capi spirituali come un « rabbi ». (363) Spesso egli ha usato argomentazioni che rientravano nel quadro dell'interpretazione rabbinica della Legge. (364) Ma al tempo stesso, Gesù non poteva che urtare i dottori della Legge; infatti, non si limitava a proporre la sua interpretazione accanto alle loro; « egli insegnava come uno che ha autorità e non come i loro scribi » (Mt 7,29). In lui, è la Parola stessa di Dio, risuonata sul Sinai per dare a Mosè la Legge scritta, a farsi di nuovo sentire sul monte delle beatitudini. (365) Questa Parola non abolisce la Legge, ma la porta a compimento dandone in maniera divina l'interpretazione definitiva: « Avete inteso che fu detto agli antichi [...]; ma io vi dico » (Mt 5,33-34). Con questa stessa autorità divina, Gesù sconfessa certe « tradizioni degli uomini » (366) care ai farisei i quali annullano la parola di Dio. (367)

(363) Cf Jn 11,28 Jn 3,2 Mt 22,23-24 Mt 22,34-36.
(364) Cf Mt 12,5 Mt 9,12 Mc 2,23-27 Lc 6,6-9 Jn 7,22-23.
(365) Cf Mt 5,1.
(366) Cf Mc 7,8.
(367) Cf Mc 7,13.

582 Spingendosi oltre, Gesù dà compimento alla Legge sulla purità degli alimenti, tanto importante nella vita quotidiana giudaica, svelandone il senso « pedagogico » (368) con una interpretazione divina: « Tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo [...]. Dichiarava così mondi tutti gli alimenti [...]. Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore dell'uomo,escono le intenzioni cattive » (Mc 7,18-21). Dando con autorità divina l'interpretazione definitiva della Legge, Gesù si è trovato a scontrarsi con certi dottori della Legge, i quali non accettavano la sua interpretazione, sebbene fosse garantita dai segni divini che la accompagnavano. (369) Ciò vale soprattutto per la questione del sabato: Gesù ricorda, ricorrendo spesso ad argomentazioni rabbiniche, (370) che il riposo del sabato non viene violato dal servizio di Dio (371) o del prossimo, (372) servizio che le guarigioni da lui operate compiono.

(368) Cf Ga 3,24.
(369) Cf Jn 5,36 Jn 10,25 Jn 10,37-38 Jn 12,37.
(370) Cf Mc 2,25-27 Jn 7,22-24.
(371) Cf Mt 12,5 Nb 28,9.
(372) Cf Lc 13,15-16 Lc 14,3-4.


II. Gesù e il Tempio

583 Gesù, come prima di lui i profeti, ha manifestato per il Tempio di Gerusalemme il più profondo rispetto. Vi è stato presentato da Giuseppe e Maria quaranta giorni dopo la nascita. (373) All'età di dodici anni decide di rimanere nel Tempio, per ricordare ai suoi genitori che egli deve occuparsi delle cose del Padre suo. (374) Vi è salito ogni anno, almeno per la Pasqua, durante la sua vita nascosta; (375) lo stesso suo ministero pubblico è stato ritmato dai suoi pellegrinaggi a Gerusalemme per le grandi feste ebraiche. (376)

(373) Cf
Lc 2,22-39.
(374) Cf Lc 2,46-49.
(375) Cf Lc 2,41.
(376) Cf Jn 2,13-14 Jn 5,1 Jn 5,14 Jn 7,1 Jn 7,10 Jn 7,14 Jn 8,2 Jn 10,22-23.

584 Gesù è salito al Tempio come al luogo privilegiato dell'incontro con Dio. Per lui il Tempio è la dimora del Padre suo, una casa di preghiera, e si accende di sdegno per il fatto che il cortile esterno è diventato un luogo di commercio. (377) Se scaccia i mercanti dal Tempio, a ciò è spinto dall'amore geloso per il Padre suo: « Non fate della casa di mio Padre un luogo di mercato. I discepoli si ricordarono che sta scritto: "Lo zelo per la tua casa mi divora" (Ps 69,10) » (Jn 2,16-17). Dopo la sua risurrezione, gli Apostoli hanno conservato un religioso rispetto per il Tempio. (378)

(377) Cf Mt 21,13.
(378) Cf Ac 2,46 Ac 3,1 Ac 5,20-21.

585 Alla vigilia della sua passione, Gesù ha però annunziato la distruzione di questo splendido edificio, di cui non sarebbe rimasta pietra su pietra. (379) In ciò vi è l'annunzio di un segno degli ultimi tempi che stanno per iniziare con la sua pasqua. (380) Ma questa profezia ha potuto essere riferita in maniera deformata da falsi testimoni al momento del suo interrogatorio presso il sommo sacerdote (381) e ripetuta come ingiuria mentre era inchiodato sulla croce. (382)

(379) Cf
Mt 24,1-2.
(380) Cf Mt 24,3 Lc 13,35.
(381) Cf Mc 14,57-58.
(382) Cf Mt 27,39-40.

586 Lungi dall'essere stato ostile al Tempio (383) dove ha dato l'essenziale del suo insegnamento, (384) Gesù ha voluto pagare la tassa per il Tempio associandosi a Pietro, (385) che aveva posto come fondamento di quella che sarebbe stata la sua Chiesa. (386) Ancor più, egli si è identificato con il Tempio presentandosi come la dimora definitiva di Dio in mezzo agli uomini. (387) Per questo la sua uccisione nel corpo (388) annunzia la distruzione del Tempio, distruzione che manifesterà l'entrata in una nuova età della storia della salvezza: « È giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre » (Jn 4,21). (389)

(383) Cf Mt 8,4 Mt 23,21 Lc 17,14 Jn 4,22.
(384) Cf Jn 18,20.
(385) Cf Mt 17,24-27.
(386) Cf Mt 16,18.
(387) Cf Jn 2,21 Mt 12,6.
(388) Cf Jn 2,18-22.
(389) Cf Jn 4,23-24 Mt 27,51 He 9,11 Ap 21,22.


III. Gesù e la fede d'Israele nel Dio unico e Salvatore

587 Se la Legge e il Tempio di Gerusalemme hanno potuto essere occasione di « contraddizione » (390) da parte di Gesù per le autorità religiose di Israele, è però il suo ruolo nella redenzione dei peccati, opera divina per eccellenza, a rappresentare per costoro la vera pietra d'inciampo. (391)

(390) Cf
Lc 2,34.
(391) Cf Lc 20,17-18 Ps 118,22.

588 Gesù ha scandalizzato i farisei mangiando con i pubblicani e i peccatori (392) con la stessa familiarità con cui pranzava con loro. (393) Contro quelli tra i farisei « che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri » (Lc 18,9), (394) Gesù ha affermato: « Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi » (Lc 5,32). Si è spinto oltre, proclamando davanti ai farisei che, essendo il peccato universale, (395) coloro che presumono di non avere bisogno di salvezza, sono ciechi sul proprio conto. (396)

(392) Cf Lc 5,30.
(393) Cf Lc 7,36 Lc 11,37 Lc 14,1.
(394) Cf Jn 7,49 Jn 9,34.
(395) Cf Jn 8,33-36.
(396) Cf Jn 9,40-41.

589 Gesù ha suscitato scandalo soprattutto per aver identificato il proprio comportamento misericordioso verso i peccatori con l'atteggiamento di Dio stesso a loro riguardo. (397) È arrivato a lasciar intendere che, sedendo a mensa con i peccatori, (398) li ammetteva al banchetto messianico. (399) Ma è soprattutto perdonando i peccati, che Gesù ha messo le autorità religiose di Israele di fronte a un dilemma. Costoro non erano nel giusto quando, costernati, dicevano: « Chi può rimettere i peccati se non Dio solo? » (Mc 2,7)? Perdonando i peccati, Gesù o bestemmia perché è un uomo che si fa uguale a Dio, (400) oppure dice il vero e la sua persona rende presente e rivela il nome di Dio. (401)

(397) Cf Mt 9,13 Os 6,6.
(398) Cf Lc 15,1-2.
(399) Cf Lc 15,23-32.
(400) Cf Jn 5,18 Jn 10,33.
(401) Cf Jn 17,6 Jn 17,26.

590 Soltanto l'identità divina della persona di Gesù può giustificare un'esigenza assoluta come questa: « Chi non è con me è contro di me » (Mt 12,30); altrettanto quando egli dice che in lui c'è « più di Giona, [...] più di Salomone » (Mt 12,41-42), qualcosa più grande del Tempio; (402) quando ricorda, a proprio riguardo, che Davide ha chiamato il Messia suo Signore, (403) e quando afferma: « Prima che Abramo fosse, Io Sono » (Jn 8,58); e anche: « Io e il Padre siamo una cosa sola » (Jn 10,30).

(402) Cf Mt 12,6.
(403) Cf Mc 12,36-37.

591 Gesù ha chiesto alle autorità religiose di Gerusalemme di credere in lui a causa delle opere del Padre che egli compiva. (404) Un tale atto di fede, però, doveva passare attraverso una misteriosa morte a se stessi per una rinascita dall'alto, (405) sotto lo stimolo della grazia divina. (406) Una simile esigenza di conversione di fronte a un così sorprendente compimento delle promesse (407) permette di capire il tragico disprezzo del sinedrio che ha stimato Gesù meritevole di morte perché bestemmiatore. (408) I suoi membri agivano così per ignoranza (409) e al tempo stesso per l'indurimento (410) dell'incredulità. (411)

(404) Cf
Jn 10,36-38.
(405) Cf Jn 3,7.
(406) Cf Jn 6,44.
(407) Cf Is 53,1.
(408) Cf Mc 3,6 Mt 26,64-66.
(409) Cf Lc 23,34 Ac 3,17-18.
(410) Cf Mc 3,5 Rm 11,25.
(411) Cf Rm 11,20.


In sintesi

592 Gesù non ha abolito la Legge del Sinai, ma l'ha portata a compimento (412) con una tale perfezione (413) da rivelarne il senso ultimo (414) e da riscattarne le trasgressioni.(415)

(412) Cf
Mt 5,17-19.
(413) Cf Jn 8,46.
(414) Cf Mt 5,33.
(415) Cf He 9,15.

593 Gesù ha venerato il Tempio salendovi in occasione delle feste ebraiche di pellegrinaggio e ha amato di un amore geloso questa dimora di Dio in mezzo agli uomini. Il Tempio prefigura il suo mistero. Se ne predice la distruzione, è per manifestare la sua propria uccisione e l'inizio di una nuova epoca della storia della salvezza, nella quale il suo corpo sarà il Tempio definitivo.

594 Gesù ha compiuto azioni, quale il perdono dei peccati, che lo hanno rivelato come il Dio Salvatore. (416) Alcuni Giudei, i quali non riconoscevano il Dio fatto uomo, (417) ma vedevano in lui « un uomo » che si faceva Dio, (418) l'hanno giudicato un bestemmiatore.

(416) Cf
Jn 5,16-18.
(417) Cf Jn 1,14.
(418) Cf Jn 10,33.






Paragrafo 2. GESU' MORI' CROCIFISSO



I. Il processo a Gesù


Divisioni delle autorità ebraiche a riguardo di Gesù

595 Tra le autorità religiose di Gerusalemme non ci sono stati solamente il fariseo Nicodemo (419) o il notabile Giuseppe di Arimatea ad essere, di nascosto, discepoli di Gesù, (420) ma a proposito di lui (421) sono sorti dissensi per lungo tempo al punto che, alla vigilia stessa della sua passione, san Giovanni può dire: « Tra i capi, molti credettero in lui », anche se in maniera assai imperfetta (Jn 12,42). La cosa non ha nulla di sorprendente se si tiene presente che all'indomani della pentecoste « un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede » (Ac 6,7) e che « alcuni della setta dei farisei erano diventati credenti » (Ac 15,5) al punto che san Giacomo può dire a san Paolo: « Tu vedi, o fratello, quante migliaia di Giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente attaccati alla Legge » (Ac 21,20).

(419) Cf Jn 7,50.
(420) Cf Jn 19,38-39.
(421) Cf Jn 9,16-17 Jn 10,19-21.

596 Le autorità religiose di Gerusalemme non sono state unanimi nella condotta da tenere nei riguardi di Gesù. (422) I farisei hanno minacciato di scomunica coloro che lo avrebbero seguito. (423) A coloro che temevano: « Tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione » (Jn 11,48) il sommo sacerdote Caifa propose profetizzando: « [È] meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera » (Jn 11,50). Il Sinedrio, avendo dichiarato Gesù reo di morte (424) in quanto bestemmiatore, ma avendo perduto il diritto di mettere a morte, (425) consegna Gesù ai Romani accusandolo di rivolta politica, (426) cosa che lo metterà alla pari con Barabba accusato di « sommossa » (Lc 23,19). Sono anche minacce politiche quelle che i sommi sacerdoti esercitano su Pilato perché egli condanni a morte Gesù. (427)

(422) Cf Jn 9,16 Jn 10,19.
(423) Cf Jn 9,22.
(424) Cf Mt 26,66.
(425) Cf Jn 18,31.
(426) Cf Lc 23,2.
(427) Cf Jn 19,12 Jn 19,15 Jn 19,21.


Gli Ebrei non sono collettivamente responsabili della morte di Gesù

597 Tenendo conto della complessità storica del processo a Gesù espressa nei racconti evangelici, e qualunque possa essere stato il peccato personale dei protagonisti del processo (Giuda, il Sinedrio, Pilato), che Dio solo conosce, non si può attribuirne la responsabilità all'insieme degli Ebrei di Gerusalemme, malgrado le grida di una folla manipolata (428) e i rimproveri collettivi contenuti negli appelli alla conversione dopo la pentecoste. (429) Gesù stesso perdonando sulla croce (430) e Pietro sul suo esempio hanno riconosciuto l'« ignoranza » (431) degli Ebrei di Gerusalemme ed anche dei loro capi. Ancor meno si può, a partire dal grido del popolo: « Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli » (Mt 27,25) che è una formula di ratificazione, (432) estendere la responsabilità agli altri Ebrei nel tempo e nello spazio:

Molto bene la Chiesa ha dichiarato nel Concilio Vaticano II: « Quanto è stato commesso durante la passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo. [...] Gli Ebrei non devono essere presentati né come rigettati da Dio, né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura ». (433)

(428) Cf Mc 15,11.
(429) Cf Ac 2,23 Ac 2,36 Ac 3,13-14 Ac 4,10 Ac 5,30 Ac 7,52 Ac 10,39 Ac 13,27-28 1Th 2,14-15.
(430) Cf Lc 23,34.
(431) Cf Ac 3,17.
(432) Cf Ac 5,28 Ac 18,6.
(433) Concilio Vaticano II, Dich. Nostra aetate NAE 4, AAS 58 (1966) 743.

Tutti i peccatori furono autori della passione di Cristo

598 La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che « ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle [...] sofferenze » del divino Redentore. (434) Tenendo conto del fatto che i nostri peccati offendono Cristo stesso, (435) la Chiesa non esita ad imputare ai cristiani la responsabilità più grave nel supplizio di Gesù, responsabilità che troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli Ebrei:

« È chiaro che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono nel peccato. Se infatti le nostre colpe hanno condotto Cristo al supplizio della croce, coloro che si immergono nell'iniquità crocifiggono nuovamente, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo scherniscono con un delitto ben più grave in loro che non negli Ebrei. Questi infatti – afferma san Paolo – se lo avessero conosciuto, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria (
1Co 2,8). Noi cristiani, invece, pur confessando di conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con le nostre opere e leviamo contro di lui le nostre mani violente e peccatrici ». (436)

« E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e ancora lo crocifiggi, quando ti diletti nei vizi e nei peccati ». (437)

(434) Catechismo Romano, 1, 5, 11: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 64; cf He 12,3.
(435) Cf Mt 25,45 Ac 9,4-5.
(436) Catechismo Romano, 1, 5, 11: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 64.
(437) San Francesco d'Assisi, Admonitio, 5, 3: Opuscula sancti Patris Francisci Assisiensis, ed. C. Esser (Grottaferrata 1978) p. 66.


II. La morte redentrice di Cristo nel disegno divino della salvezza


«Gesù consegnato secondo il disegno prestabilito di Dio»

599 La morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso in un concorso sfavorevole di circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di Dio, come spiega san Pietro agli Ebrei di Gerusalemme fin dal suo primo discorso di pentecoste: « Egli fu consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio » (Ac 2,23). Questo linguaggio biblico non significa che quelli che hanno consegnato Gesù (438) siano stati solo esecutori passivi di una vicenda scritta in precedenza da Dio.

(438) Cf Ac 3,13.

600 Tutti i momenti del tempo sono presenti a Dio nella loro attualità. Egli stabilì dunque il suo disegno eterno di « predestinazione » includendovi la risposta libera di ogni uomo alla sua grazia: « Davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele (439) per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse » (Ac 4,27-28). Dio ha permesso gli atti derivati dal loro accecamento (440) al fine di compiere il suo disegno di salvezza. (441)

(439) Cf Ps 2,1-2.
(440) Cf Mt 26,54 Jn 18,36 Jn 19,11.
(441) Cf Ac 3,17-18.


«Morto per i nostri peccati secondo le Scritture»

601 Questo disegno divino di salvezza attraverso la messa a morte del « Servo Giusto » (442) era stato anticipatamente annunziato nelle Scritture come un mistero di redenzione universale, cioè di riscatto che libera gli uomini dalla schiavitù del peccato. (443) San Paolo professa, in una confessione di fede che egli dice di avere « ricevuto », (444) che « Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture » (1Co 15,3). (445) La morte redentrice di Gesù compie in particolare la profezia del Servo sofferente. (446) Gesù stesso ha presentato il senso della sua vita e della sua morte alla luce del Servo sofferente. (447) Dopo la risurrezione, egli ha dato questa interpretazione delle Scritture ai discepoli di Emmaus, (448) poi agli stessi Apostoli. (449)

(442) Cf Is 53,11 Ac 3,14.
(443) Cf Is 53,11-12 Jn 8,34-36.
(444) Cf 1Co 15,3.
(445) Cf anche Ac 3,18 Ac 7,52 Ac 13,29 Ac 26,22-23.
(446) Cf Is 53,7-8 Ac 8,32-35.
(447) Cf Mt 20,28.
(448) Cf Lc 24,25-27.
(449) Cf Lc 24,44-45.


«Dio l'ha fatto peccato per noi»

602 San Pietro può, di conseguenza, formulare così la fede apostolica nel disegno divino della salvezza: « Foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri [...] con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato, già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi » (1P 1,18-20). I peccati degli uomini, conseguenti al peccato originale, sono sanzionati dalla morte. (450) Inviando il suo proprio Figlio nella condizione di servo, (451) quella di una umanità decaduta e votata alla morte a causa del peccato, (452) « colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio » (2Co 5,21).

(450) Cf Rm 5,12 1Co 15,56.
(451) Cf Ph 2,7.
(452) Cf Rm 8,3.

603 Gesù non ha conosciuto la riprovazione come se egli stesso avesse peccato. (453) Ma nell'amore redentore che sempre lo univa al Padre, (454) egli ci ha assunto nella nostra separazione da Dio a causa del peccato al punto da poter dire a nome nostro sulla croce: « Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? » (Mc 15,34). (455) Avendolo reso così solidale con noi peccatori, « Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi » (Rm 8,32) affinché noi fossimo « riconciliati con lui per mezzo della morte del Figlio suo » (Rm 5,10).

(453) Cf Jn 8,46.
(454) Cf Jn 8,29.
(455) Cf Ps 22,1.


Dio ha l'iniziativa dell'amore redentore universale

604 Nel consegnare suo Figlio per i nostri peccati, Dio manifesta che il suo disegno su di noi è un disegno di amore benevolo che precede ogni merito da parte nostra: « In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati » (1Jn 4,10). (456) « Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi » (Rm 5,8).

(456) Cf 1Jn 4,19.

605 Questo amore è senza esclusioni; Gesù l'ha richiamato a conclusione della parabola della pecorella smarrita: « Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli » (Mt 18,14). Egli afferma di « dare la sua vita in riscatto per molti » (Mt 20,28); quest'ultimo termine non è restrittivo: oppone l'insieme dell'umanità all'unica persona del Redentore che si consegna per salvarla. (457) La Chiesa, seguendo gli Apostoli, (458) insegna che Cristo è morto per tutti senza eccezioni: « Non vi è, non vi è stato, non vi sarà alcun uomo per il quale Cristo non abbia sofferto ». (459)

(457) Cf Rm 5,18-19.
(458) Cf 2Co 5,15 1Jn 2,2.
(459) Concilio di Quierzy (anno 853), De libero arbitrio hominis et de praedestinatione, canone 4: DS 624.


III. Cristo ha offerto se stesso al Padre per i nostri peccati


Tutta la vita di Cristo è offerta al Padre

606 Il Figlio di Dio disceso dal cielo non per fare la sua volontà ma quella di colui che l'ha mandato, (460) « entrando nel mondo dice: [...] Ecco, io vengo [...] per fare, o Dio, la tua volontà. [...] Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre » (He 10,5-10). Dal primo istante della sua incarnazione, il Figlio abbraccia nella sua missione redentrice il disegno divino di salvezza: « Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera » (Jn 4,34). Il sacrificio di Gesù « per i peccati di tutto il mondo » (1Jn 2,2) è l'espressione della sua comunione d'amore con il Padre: « Il Padre mi ama perché io offro la mia vita » (Jn 10,17). « Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi hacomandato » (Jn 14,31).

(460) Cf Jn 6,38.

607 Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo anima tutta la vita di Gesù (461) perché la sua passione redentrice è la ragion d'essere della sua incarnazione: « Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! » (Jn 12,27). « Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato? » (Jn 18,11). E ancora sulla croce, prima che « tutto [sia] compiuto » (Jn 19,30), egli dice: « Ho sete » (Jn 19,28).

(461) Cf Lc 12,50 Lc 22,15 Mt 16,21-23.


«L'Agnello che toglie il peccato del mondo»

608 Dopo aver accettato di dargli il battesimo tra i peccatori, (462) Giovanni Battista ha visto e mostrato in Gesù l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo. (463) Egli manifesta così che Gesù è insieme il Servo sofferente che si lascia condurre in silenzio al macello (464) e porta il peccato delle moltitudini (465) e l'Agnello pasquale simbolo della redenzione di Israele al tempo della prima pasqua. (466) Tutta la vita di Cristo esprime la sua missione: servire e dare la propria vita in riscatto per molti. (467)

(462) Cf
Lc 3,21 Mt 3,14-15.
(463) Cf Jn 1,29 Jn 1,36.
(464) 3 Cf Is 53,7 Jr 11,19.
(465) 3 Cf Is 53,12.
(466) Cf Ex 12,3-14 Jn 19,36 1Co 5,7.
(467) Cf Mc 10,45.


Gesù liberamente fa suo l'amore redentore del Padre

609 Accogliendo nel suo cuore umano l'amore del Padre per gli uomini, Gesù « li amò sino alla fine» (Jn 13,1), « perché nessuno ha un amore più grande di questo: dare la propria vita per i propri amici » (Jn 15,13). Così nella sofferenza e nella morte la sua umanità è diventata lo strumento libero e perfetto del suo amore divino che vuole la salvezza degli uomini. (468) Infatti, egli ha liberamente accettato la sua passione e la sua morte per amore del Padre suo e degli uomini che il Padre vuole salvare: « Nessuno mi toglie [la vita], ma la offro da me stesso » (Jn 10,18). Di qui la sovrana libertà del Figlio di Dio quando va liberamente verso la morte. (469)

(468) Cf He 2,10 He 2,17-18 He 4,15 He 5,7-9.
(469) Cf Jn 18,4-6 Mt 26,53.


Alla Cena Gesù ha anticipato l'offerta libera della sua vita

610 La libera offerta che Gesù fa di se stesso ha la sua più alta espressione nella Cena consumata con i dodici Apostoli (470) nella « notte in cui veniva tradito » (1Co 11,23). La vigilia della sua passione, Gesù, quand'era ancora libero, ha fatto di quest'ultima Cena con i suoi Apostoli il memoriale della volontaria offerta di sé al Padre (471) per la salvezza degli uomini: « Questo è il mio corpo che è dato per voi » (Lc 22,19). « Questo è il mio sangue dell'Alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati » (Mt 26,28).

(470) Cf Mt 26,20.
(471) Cf 1Co 5,7.

611 L'Eucaristia che egli istituisce in questo momento sarà il « memoriale » (472) del suo sacrificio. Gesù nella sua offerta include gli Apostoli e chiede loro di perpetuarla. (473) Con ciò, Gesù istituisce i suoi Apostoli sacerdoti della Nuova Alleanza: « Per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità » (Jn 17,19). (474)

(472) Cf 1Co 11,25.
(473) Cf Lc 22,19.
(474) Cf Concilio di Trento, Sess. 22a, Doctrina de sanctissimo Missae Sacrificio, canone 2: DS 1752 Sess. 23a, Doctrina de sacramento Ordinis, c. 1: DS 1764.


L'agonia del Getsemani

612 Il calice della Nuova Alleanza, che Gesù ha anticipato alla Cena offrendo se stesso, (475) in seguito egli lo accoglie dalle mani del Padre nell'agonia al Getsemani (476) facendosi « obbediente fino alla morte » (Ph 2,8). (477) Gesù prega: « Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! » (Mt 26,39). Egli esprime così l'orrore che la morte rappresenta per la sua natura umana. Questa, infatti, come la nostra, è destinata alla vita eterna; in più, a differenza della nostra, è perfettamente esente dal peccato (478) che causa la morte; (479) ma soprattutto è assunta dalla Persona divina dell'« Autore della vita », (480) del « Vivente ». (481) Accettando nella sua volontà umana che sia fatta la volontà del Padre, (482) Gesù accetta la sua morte in quanto redentrice, per « portare i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce » (1P 2,24).

(475) Cf Lc 22,20.
(476) Cf Mt 26,42.
(477) Cf He 5,7-8.
(478) Cf He 4,15.
(479) Cf Rm 5,12.
(480) Cf Ac 3,15.
(481) Cf Ap 1,18 Jn 1,4 Jn 5,26.
(482) Cf Mt 26,42.



Catechismo Chiesa Catt. 570