Catechismo Chiesa Catt. 613

La morte di Cristo è il sacrificio unico e definitivo

613 La morte di Cristo è contemporaneamente il sacrificio pasquale che compie la redenzione definitiva degli uomini (483) per mezzo dell'Agnello che toglie il peccato del mondo (484) e il sacrificio della Nuova Alleanza, (485) che di nuovo mette l'uomo in comunione con Dio (486) riconciliandolo con lui mediante il sangue versato per molti in remissione dei peccati. (487)

(483) Cf
1Co 5,7 Jn 8,34-36.
(484) Cf Jn 1,29 1P 1,19.
(485) Cf 1Co 11,25.
(486) Cf Ex 24,8.
(487) Cf Mt 26,28 Lv 16,15-16.

614 Questo sacrificio di Cristo è unico: compie e supera tutti i sacrifici. (488) Esso è innanzitutto un dono dello stesso Dio Padre che consegna il Figlio suo per riconciliare noi con lui. (489) Nel medesimo tempo è offerta del Figlio di Dio fatto uomo che, liberamente e per amore, (490) offre la propria vita (491) al Padre suo nello Spirito Santo (492) per riparare la nostra disobbedienza.

(488) Cf
He 10,10.
(489) Cf 1Jn 4,10.
(490) Cf Jn 15,13.
(491) Cf Jn 10,17-18.
(492) Cf He 9,14.


Gesù sostituisce la sua obbedienza alla nostra disobbedienza

615 « Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti » (Rm 5,19). Con la sua obbedienza fino alla morte, Gesù ha compiuto la sostituzione del Servo sofferente che offre se stesso in espiazione, mentre porta il peccato di molti, e li giustifica addossandosi la loro iniquità. (493) Gesù ha riparato per i nostri errori e dato soddisfazione al Padre per i nostri peccati. (494)

(493) Cf Is 53,10-12.
(494) Cf Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, c. 7: DS 1529.

Sulla croce, Gesù consuma il suo sacrificio

616 È l'amore sino alla fine (495) che conferisce valore di redenzione e di riparazione, di espiazione e di soddisfazione al sacrificio di Cristo. Egli ci ha tutti conosciuti e amati nell'offerta della sua vita. (496) « L'amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti » (2Co 5,14). Nessun uomo, fosse pure il più santo, era in grado di prendere su di sé i peccati di tutti gli uomini e di offrirsi in sacrificio per tutti. L'esistenza in Cristo della Persona divina del Figlio, che supera e nel medesimo tempo abbraccia tutte le persone umane e lo costituisce Capo di tutta l'umanità, rende possibile il suo sacrificio redentore per tutti.

(495) Cf Jn 13,1.
(496) Cf Ga 2,20 Ep 5,2 Ep 5,25.

617 « Sua sanctissima passione in ligno crucis nobis iustificationem meruit – Con la sua santissima passione sul legno della croce ci meritò la giustificazione », insegna il Concilio di Trento (497) sottolineando il carattere unico del sacrificio di Cristo come causa di salvezza eterna. (498) E la Chiesa venera la croce cantando: « O crux, ave, spes unica! – Ave, o croce, unica speranza! ». (499)

(497) Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, c. 1:
DS 1529.
(498) Cf He 5,9.
(499) Aggiunta liturgica all'inno « Vexilla Regis »: Liturgia delle Ore, v. 2 (Libreria Editrice Vaticana 1981) p. 366; v. 4 (Libreria Editrice Vaticana 1988) p. 1284.


La nostra partecipazione al sacrificio di Cristo

618 La croce è l'unico sacrificio di Cristo, che è il solo mediatore tra Dio e gli uomini. (500) Ma poiché, nella sua Persona divina incarnata, « si è unito in certo modo ad ogni uomo », (501) egli offre « a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale ». (502) Egli chiama i suoi discepoli a prendere la loro croce e a seguirlo, (503) poiché patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme. (504) Infatti egli vuole associare al suo sacrificio redentore quelli stessi che ne sono i primi beneficiari. (505) Ciò si compie in maniera eminente per sua Madre, associata più intimamente di qualsiasi altro al mistero della sua sofferenza redentrice. (506)

« Al di fuori della croce non vi è altra scala per salire al cielo ». (507)

(500) Cf
1Tm 2,5.
(501) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 22, AAS 58 (1966) 1042.
(502) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 22, AAS 58 (1966) 1043.
(503) Cf Mt 16,24.
(504) Cf 1P 2,21.
(505) Cf Mc 10,39 Jn 21,18-19 Col 1,24.
(506) Cf Lc 2,35.
(507) Santa Rosa da Lima: P. Hansen, Vita mirabilis [...], (Roma 1664) p. 137.


In sintesi

619 « Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture » (1Co 15,3).

620 La nostra salvezza proviene dall'iniziativa d'amore di Dio per noi poiché « è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati » (1Jn 4,10). « È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo » (2Co 5,19).

621 Gesù si è liberamente offerto per la nostra salvezza. Egli significa e realizza questo dono in precedenza durante l'ultima Cena: « Questo è il mio corpo che è dato per voi » (Lc 22,19).

622 In questo consiste la redenzione di Cristo: egli « è venuto per [...] dare la sua vita in riscatto per molti » (Mt 20,28), cioè ad amare « i suoi sino alla fine » (Jn 13,1) perché essi siano liberati dalla loro vuota condotta ereditata dai loro padri. (508)

(508) Cf 1P 1,18.

623 Mediante la sua obbedienza di amore al Padre « fino alla morte di croce » (Ph 2,8), Gesù compie la missione espiatrice (509) del Servo sofferente che giustifica molti addossandosi la loro iniquità.(510)

(509) Cf Is 53,10.
(510) Cf Is 53,11 Rm 5,19.






Paragrafo 3. GESU' CRISTO FU SEPOLTO

624 « Per la grazia di Dio, egli » ha provato « la morte a vantaggio di tutti » (He 2,9). Nel suo disegno di salvezza, Dio ha disposto che il Figlio suo non solamente morisse « per i nostri peccati » (1Co 15,3), ma anche « provasse la morte », ossia conoscesse lo stato di morte, lo stato di separazione tra la sua anima e il suo corpo per il tempo compreso tra il momento in cui egli è spirato sulla croce e il momento in cui è risuscitato. Questo stato di Cristo morto è il mistero del sepolcro e della discesa agli inferi. È il mistero del Sabato Santo in cui Cristo deposto nel sepolcro (511) manifesta il grande riposo sabbatico di Dio (512) dopo il compimento (513) della salvezza degli uomini che mette in pace l'universo intero. (514)

(511) Cf Jn 19,42.
(512) Cf He 4,4-9.
(513) Cf Jn 19,30.
(514) Cf Col 1,18-20.


Cristo nel sepolcro con il suo corpo

625 La permanenza di Cristo nella tomba costituisce il legame reale tra lo stato di passibilità di Cristo prima della pasqua e il suo stato attuale glorioso di risorto. È la medesima persona del « Vivente » che può dire: « Io ero morto, ma ora vivo per sempre » (Ap 1,18).

« Ed è questo il mistero del disegno di Dio circa la morte e la risurrezione dai morti: se pure non ha impedito che con la morte l'anima fosse separata dal corpo secondo l'ordine necessario della natura, li ha riuniti di nuovo insieme mediante la risurrezione, in modo che egli stesso divenisse punto d'incontro della morte e della vita, arrestando in se stesso la disgregazione della natura causata dalla morte, e insieme divenendo lui stesso principio di riunificazione degli elementi separati». (515)

(515) San Gregorio di Nissa, Oratio catechetica, 16, 9: TD 7, 90 (PG 45,52).

626 Poiché l'« Autore della vita » che è stato ucciso (516) è anche il Vivente che « è risuscitato », (517) necessariamente la Persona divina del Figlio di Dio ha continuato ad assumere la sua anima e il suo corpo separati tra di loro dalla morte:

« La Persona unica non si è trovata divisa in due persone dal fatto che alla morte di Cristo l'anima è stata separata dalla carne; poiché il corpo e l'anima di Cristo sono esistiti al medesimo titolo fin da principio nella Persona del Verbo; e nella morte, sebbene separati l'uno dall'altra, sono restati ciascuno con la medesima ed unica Persona del Verbo ». (518)

(516) Cf
Ac 3,15.
(517) Cf Lc 24,5-6.
(518) San Giovanni Damasceno, Expositio fidei, 71 [De fide orthodoxa, 3, 27]: PTS 12, 170 (PG 94,1098).


«Non lascerai che il tuo Santo veda la corruzione»

627 La morte di Cristo è stata una vera morte in quanto ha messo fine alla sua esistenza umana terrena. Ma a causa dell'unione che la persona del Figlio ha mantenuto con il suo corpo, non si è trattato di uno spogliamento mortale come gli altri, perché « non era possibile che la morte lo tenesse in suo potere » (Ac 2,24) e perciò « la virtù divina ha preservato il corpo di Cristo dalla corruzione ». (519) Di Cristo si può dire contemporaneamente: « Fu eliminato dalla terra dei viventi » (Is 53,8) e: « Il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo Santo veda la corruzione » (Ac 2,26-27). (520) La risurrezione di Gesù « il terzo giorno » (1Co 15,4 Lc 24,46) (521) ne era il segno, anche perché si credeva che la corruzione si manifestasse a partire dal quarto giorno. (522)

(519) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III 51,3, ad 2: Ed. Leon. 11, 490.
(520) Cf Ps 16,9-10.
(521) Cf Mt 12,40 Jn 2,1 Os 6,2.
(522) Cf Jn 11,39.

«Sepolti con Cristo...»

628 Il Battesimo, il cui segno originale e plenario è l'immersione, significa efficacemente la discesa nella tomba del cristiano che muore al peccato con Cristo in vista di una vita nuova: « Per mezzo del Battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova » (Rm 6,4). (523)

(523) Cf Col 2,12 Ep 5,26.


In sintesi

629 A beneficio di ogni uomo Gesù ha provato la morte. (524) Colui che è morto e che è stato sepolto è veramente il Figlio di Dio fatto uomo.

(524) Cf
He 2,9.

630 Durante la permanenza di Cristo nella tomba, la sua Persona divina ha continuato ad assumere sia la sua anima che il suo corpo, separati però tra di loro dalla morte. È per questo che il corpo di Cristo morto « non ha subito la corruzione » (Ac 13,37.




ARTICOLO 5

GESU' CRISTO « DISCESE AGLI INFERI,

IL TERZO GIORNO RISUSCITO' DA MORTE »

631 Gesù « era disceso nelle regioni inferiori della terra. Colui che discese è lo stesso che anche ascese » (Ep 4,10). Il Simbolo degli Apostoli professa in uno stesso articolo di fede la discesa di Cristo agli inferi e la sua risurrezione dai morti il terzo giorno, perché nella sua pasqua egli dall'abisso della morte ha fatto scaturire la vita:

« Cristo, tuo Figlio,
che, risuscitato dai morti,
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena,
e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen ». (525)

(525) Veglia pasquale, Preconio pasquale (« Exsultet »): Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 168.


Paragrafo 1. CRISTO DISCESE AGLI INFERI

632 Le frequenti affermazioni del Nuovo Testamento secondo le quali Gesù « è risuscitato dai morti » (1Co 15,20) (526) presuppongono che, preliminarmente alla risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei morti. (527) È il senso primo che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri. (528)

(526) Cf Ac 3,15 Rm 8,11.
(527) Cf He 13,20.
(528) Cf 1P 3,18-19.

633 La Scrittura chiama inferi, Shéol o ade (529) il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della visione di Dio. (530) Tale infatti è, nell'attesa del Redentore, la sorte di tutti i morti, cattivi o giusti; (531) il che non vuol dire che la loro sorte sia identica, come dimostra Gesù nella parabola del povero Lazzaro accolto nel « seno di Abramo ». (532) « Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del Cristo a essere liberate da Gesù disceso all'inferno ». (533) Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati (534) né per distruggere l'inferno della dannazione, (535) ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto. (536)

(529) Cf
Ph 2,10 Ac 2,24 Ap 1,18 Ep 4,9.
(530) Cf Ps 6,6 Ps 88,11-13.
(531) Cf Ps 89,49 1S 28,19 Ez 32,17-32.
(532) Cf Lc 16,22-26.
(533) Catechismo Romano, 1, 6, 3: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 71.
(534) Cf Concilio di Roma (anno 745), De descensu Christi ad inferos: DS 587.
(535) Cf Benedetto XII, Libello Cum dudum (1341), 18: DS 1011; Clemente VI, Lettera Super quibusdam (anno 1351), c. 15, 13: DS 1077.
(536) Cf Concilio di Toledo IV (anno 633), Capitulum, 1: DS 485; Mt 27,52-53.

634 « La Buona Novella è stata annunciata anche ai morti... » (1P 4,6). La discesa agli inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della salvezza. È la fase ultima della missione messianica di Gesù, fase condensata nel tempo ma immensamente ampia nel suo reale significato di estensione dell'opera redentrice a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, perché tutti coloro i quali sono salvati sono stati resi partecipi della redenzione.

635 Cristo, dunque, è disceso nella profondità della morte (537) affinché i « morti » udissero « la voce del Figlio di Dio » (Jn 5,25) e, ascoltandola, vivessero. Gesù, « l'Autore della vita », (538) ha ridotto « all'impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo », liberando « così tutti quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita » (He 2,14-15). Ormai Cristo risuscitato ha « potere sopra la morte e sopra gli inferi » (Ap 1,18) e « nel nome di Gesù ogni ginocchio » si piega « nei cieli, sulla terra e sotto terra » (Ph 2,10).

« Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato ed ha svegliato coloro che da secoli dormivano. [...] Egli va a cercare il primo padre, come la pecora smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva, che si trovano in prigione. [...] Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio. [...] Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la Vita dei morti ». (539)

(537) Cf Mt 12,40 Rm 10,7 Ep 4,9.
(538) Cf Ac 3,15.
(539) Antica omelia sul santo e grande Sabato: PG 43,440 452 461.


In sintesi

636 Con l'espressione « Gesù discese agli inferi » il Simbolo professa che Gesù è morto realmente e che, mediante la sua morte per noi, egli ha vinto la morte e il diavolo « che della morte ha il potere » (He 2,14).

637 Cristo morto, con l'anima unita alla sua Persona divina, è disceso alla dimora dei morti. Egli ha aperto le porte del cielo ai giusti che l'avevano preceduto.






Paragrafo 2. IL TERZO GIORNO RISUSCITÒ DA MORTE

638 « Noi vi annunziamo la Buona Novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù » (Ac 13,32-33). La risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fede in Cristo, creduta e vissuta come verità centrale dalla prima comunità cristiana, trasmessa come fondamentale dalla Tradizione, stabilita dai documenti del Nuovo Testamento, predicata come parte essenziale del mistero pasquale insieme con la croce:

« Cristo è risuscitato dai morti.
Con la sua morte ha vinto la morte,
ai morti ha dato la vita ». (540)

(540) Liturgia bizantina, Tropario di Pasqua (Roma 1884) p. 6.


I. L'avvenimento storico e trascendente

639 Il mistero della risurrezione di Cristo è un avvenimento reale che ha avuto manifestazioni storicamente constatate, come attesta il Nuovo Testamento. Già verso l'anno 56 san Paolo può scrivere ai cristiani di Corinto: « Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici » (1Co 15,3-4). L'Apostolo parla qui della tradizione viva della risurrezione che egli aveva appreso dopo la sua conversione alle porte di Damasco. (541)

(541) Cf Ac 9,3-18.


Il sepolcro vuoto

640 « Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato » (Lc 24,5-6). Nel quadro degli avvenimenti di pasqua, il primo elemento che si incontra è il sepolcro vuoto. Non è in sé una prova diretta. L'assenza del corpo di Cristo nella tomba potrebbe spiegarsi altrimenti. (542) Malgrado ciò, il sepolcro vuoto ha costituito per tutti un segno essenziale. La sua scoperta da parte dei discepoli è stato il primo passo verso il riconoscimento dell'evento della risurrezione. Dapprima è il caso delle pie donne, (543) poi di Pietro. (544) Il discepolo « che Gesù amava » (Jn 20,2) afferma che, entrando nella tomba vuota e scorgendo « le bende per terra » (Jn 20,6), vide e credette. (545) Ciò suppone che egli abbia constatato, dallo stato in cui si trovava il sepolcro vuoto, (546) che l'assenza del corpo di Gesù non poteva essere opera umana e che Gesù non era semplicemente ritornato ad una vita terrena come era avvenuto per Lazzaro. (547)

(542) Cf Jn 20,13 Mt 28,11-15.
(543) Cf Lc 24,3 Lc 24,22-23.
(544) Cf Lc 24,12.
(545) Cf Jn 20,8.
(546) Cf Jn 20,5-7.
(547) Cf Jn 11,44.


Le apparizioni del Risorto

641 Maria di Magdala e le pie donne che andavano a completare l'imbalsamazione del corpo di Gesù, (548) sepolto in fretta la sera del Venerdì Santo a causa del sopraggiungere del Sabato, (549) sono state le prime ad incontrare il Risorto. (550) Le donne furono così le prime messaggere della risurrezione di Cristo per gli stessi Apostoli. (551) A loro Gesù appare in seguito: prima a Pietro, poi ai Dodici. (552) Pietro, chiamato a confermare la fede dei suoi fratelli, (553) vede dunque il Risorto prima di loro ed è sulla sua testimonianza che la comunità esclama: « Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone » (Lc 24,34).

(548) Cf Mc 16,1 Lc 24,1.
(549) Cf Jn 19,31 Jn 19,42.
(550) Cf Mt 28,9-10 Jn 20,11-18.
(551) Cf Lc 24,9-10.
(552) Cf 1Co 15,5.
(553) Cf Lc 22,31-32.

642 Tutto ciò che è accaduto in quelle giornate pasquali impegna ciascuno degli Apostoli – e Pietro in modo del tutto particolare – nella costruzione dell'era nuova che ha inizio con il mattino di pasqua. Come testimoni del Risorto essi rimangono le pietre di fondazione della sua Chiesa. La fede della prima comunità dei credenti è fondata sulla testimonianza di uomini concreti, conosciuti dai cristiani e, nella maggior parte, ancora vivi in mezzo a loro. Questi « testimoni della risurrezione di Cristo » (554) sono prima di tutto Pietro e i Dodici, ma non solamente loro: Paolo parla chiaramente di più di cinquecento persone alle quali Gesù è apparso in una sola volta, oltre che a Giacomo e a tutti gli Apostoli. (555)

(554) Cf
Ac 1,22.
(555) Cf 1Co 15,4-8.

643 Davanti a queste testimonianze è impossibile interpretare la risurrezione di Cristo al di fuori dell'ordine fisico e non riconoscerla come un avvenimento storico. Risulta dai fatti che la fede dei discepoli è stata sottoposta alla prova radicale della passione e della morte in croce del loro Maestro da lui stesso preannunziata. (556) Lo sbigottimento provocato dalla passione fu così grande che i discepoli (almeno alcuni di loro) non credettero subito alla notizia della risurrezione. Lungi dal presentarci una comunità presa da una esaltazione mistica, i Vangeli ci presentano i discepoli smarriti (« tristi »: Lc 24,17) e spaventati, (557) perché non hanno creduto alle pie donne che tornavano dal sepolcro e « quelle parole parvero loro come un vaneggiamento » (Lc 24,11). (558) Quando Gesù si manifesta agli Undici la sera di pasqua, li rimprovera « per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato » (Mc 16,14).

(556) Cf Lc 22,31-32.
(557) Cf Jn 20,19.
(558) Cf Mc 16,11 Mc 16,13.

644 Anche messi davanti alla realtà di Gesù risuscitato, i discepoli dubitano ancora, (559) tanto la cosa appare loro impossibile: credono di vedere un fantasma. (560) « Per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti » (Lc 24,41). Tommaso conobbe la medesima prova del dubbio (561) e, quando vi fu l'ultima apparizione in Galilea riferita da Matteo, « alcuni [...] dubitavano » (Mt 28,17). Per questo l'ipotesi secondo cui la risurrezione sarebbe stata un « prodotto » della fede (o della credulità) degli Apostoli non ha fondamento. Al contrario, la loro fede nella risurrezione è nata – sotto l'azione della grazia divina – dall'esperienza diretta della realtà di Gesù risorto.

(559) Cf Lc 24,38.
(560) Cf Lc 24,39.
(561) Cf Jn 20,24-27.


Lo stato dell'umanità di Cristo risuscitata

645 Gesù risorto stabilisce con i suoi discepoli rapporti diretti, attraverso il contatto (562) e la condivisione del pasto. (563) Li invita a riconoscere da ciò che egli non è un fantasma, (564) ma soprattutto a constatare che il corpo risuscitato con il quale si presenta a loro è il medesimo che è stato martoriato e crocifisso, poiché porta ancora i segni della passione. (565) Questo corpo autentico e reale possiede però al tempo stesso le proprietà nuove di un corpo glorioso; esso non è più situato nello spazio e nel tempo, ma può rendersi presente a suo modo dove e quando vuole, (566) poiché la sua umanità non può più essere trattenuta sulla terra e ormai non appartiene che al dominio divino del Padre. (567) Anche per questa ragione Gesù risorto è sovranamente libero di apparire come vuole: sotto l'aspetto di un giardiniere (568) o « sotto altro aspetto » (Mc 16,12) diverso da quello che era familiare ai discepoli, e ciò per suscitare la loro fede. (569)

(562) Cf Lc 24,39 Jn 20,27.
(563) Cf Lc 24,30 Lc 24,41-43 Jn 21,9 Jn 21,13-15.
(564) Cf Lc 24,39.
(565) Cf Lc 24,40 Jn 20,20 Jn 20,27.
(566) Cf Mt 28,9 Mt 28,16-17 Lc 24,15 Lc 24,36 Jn 20,14 Jn 20,19 Jn 20,26 Jn 21,4.
(567) Cf Jn 20,17.
(568) Cf Jn 20,14-15.
(569) Cf Jn 20,14 Jn 20,16 Jn 21,4 Jn 21,7.

646 La risurrezione di Cristo non fu un ritorno alla vita terrena, come lo fu per le risurrezioni che egli aveva compiute prima della pasqua: quelle della figlia di Giairo, del giovane di Naim, di Lazzaro. Questi fatti erano avvenimenti miracolosi, ma le persone miracolate ritrovavano, per il potere di Gesù, una vita terrena « ordinaria ». Ad un certo momento esse sarebbero morte di nuovo. La risurrezione di Cristo è essenzialmente diversa. Nel suo corpo risuscitato egli passa dallo stato di morte ad un'altra vita al di là del tempo e dello spazio. Il corpo di Gesù è, nella risurrezione, colmato della potenza dello Spirito Santo; partecipa alla vita divina nello stato della sua gloria, sì che san Paolo può dire di Cristo che egli è l'uomo celeste. (570)

(570) Cf
1Co 15,35-50.


La risurrezione come evento trascendente

647 « O notte beata – canta l'« Exultet » di Pasqua –, tu solo hai meritato di conoscere il tempo e l'ora in cui Cristo è risorto dagli inferi ». (571) Infatti, nessuno è stato testimone oculare dell'avvenimento stesso della risurrezione e nessun Evangelista lo descrive. Nessuno ha potuto dire come essa sia avvenuta fisicamente. Ancor meno fu percettibile ai sensi la sua essenza più intima, il passaggio ad un'altra vita. Avvenimento storico constatabile attraverso il segno del sepolcro vuoto e la realtà degli incontri degli Apostoli con Cristo risorto, la risurrezione resta non di meno, in ciò in cui trascende e supera la storia, nel cuore del mistero della fede. Per questo motivo Cristo risorto non si manifesta al mondo, ma ai suoi discepoli, (572) « a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme », i quali « ora sono i suoi testimoni davanti al popolo » (Ac 13,31).

(571) Veglia pasquale, Preconio pasquale (« Exsultet »): Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 167.
(572) Cf Jn 14,22.


II. La risurrezione - opera della Santissima Trinità

648 La risurrezione di Cristo è oggetto di fede in quanto è un intervento trascendente di Dio stesso nella creazione e nella storia. In essa, le tre Persone divine agiscono insieme e al tempo stesso manifestano la loro propria originalità. Essa si è compiuta per la potenza del Padre che « ha risuscitato » (Ac 2,24) Cristo, suo Figlio, e in questo modo ha introdotto in maniera perfetta la sua umanità con il suo corpo nella Trinità. Gesù viene definitivamente « costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti » (Rm 1,4). San Paolo insiste sulla manifestazione della potenza di Dio (573) per opera dello Spirito che ha vivificato l'umanità morta di Gesù e l'ha chiamata allo stato glorioso di Signore.

(573) Cf Rm 6,4 2Co 13,4 Ph 3,10 Ep 1,19-22 He 7,16.

649 Quanto al Figlio, egli opera la sua propria risurrezione in virtù della sua potenza divina. Gesù annunzia che il Figlio dell'uomo dovrà molto soffrire, morire ed in seguito risuscitare (senso attivo della parola). (574) Altrove afferma esplicitamente: « Io offro la mia vita, per poi riprenderla... ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla » (Jn 10,17-18). « Noi crediamo... che Gesù è morto e risuscitato » (1Th 4,14).

(574) Cf Mc 8,31 Mc 9,9 Mc 9,31 Mc 10,34.

650 I Padri contemplano la risurrezione a partire dalla Persona divina di Cristo che è rimasta unita alla sua anima e al suo corpo separati tra loro dalla morte: « Per l'unità della natura divina che permane presente in ciascuna delle due parti dell'uomo, queste si riuniscono di nuovo. Così la morte si è prodotta per la separazione del composto umano e la risurrezione per l'unione delle due parti separate ». (575)

(575) San Gregorio di Nissa, De tridui inter mortem et resurrectionem Domini nostri Iesu Christi spatio: Gregorii Nysseni opera, ed. W. Jaeger-H. Langerbeck, v. 9 (Leiden 1967) p. 293-294 (PG 46,417); cf anche Statuta Ecclesiae Antiqua:
DS 325; Anastasio II, Lettera In prolixitate epistulae: DS 359; Sant'Ormisda, Lettera Inter ea quae: DS 369; Concilio di Toledo XI, Simbolo: DS 539.


III. Senso e portata salvifica della risurrezione

651 « Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione e vana anche la vostra fede » (1Co 15,14). La risurrezione costituisce anzitutto la conferma di tutto ciò che Cristo stesso ha fatto e insegnato. Tutte le verità, anche le più inaccessibili allo spirito umano, trovano la loro giustificazione se, risorgendo, Cristo ha dato la prova definitiva, che aveva promesso, della sua autorità divina.

652 La risurrezione di Cristo è compimento delle promesse dell'Antico Testamento (576) e di Gesù stesso durante la sua vita terrena. (577) L'espressione « secondo le Scritture » (578) indica che la risurrezione di Cristo realizzò queste predizioni.

(576) Cf
Lc 24,26-27 Lc 24,44-48.
(577) Cf Mt 28,6 Mc 16,7 Lc 24,6-7.
(578) Cf 1Co 15,3-4 Simbolo niceno-costantinopolitano, DS 150.

653 La verità della divinità di Gesù è confermata dalla sua risurrezione. Egli aveva detto: « Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono » (Jn 8,28). La risurrezione del Crocifisso dimostrò che egli era veramente « Io Sono », il Figlio di Dio e Dio egli stesso. San Paolo ha potuto dichiarare ai Giudei: « La promessa fatta ai nostri padri si è compiuta, poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio Figlio sei tu, oggi ti ho generato » (Ac 13,32-33). (579) La risurrezione di Cristo è strettamente legata al mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio. Ne è il compimento secondo il disegno eterno di Dio.

(579) Cf Ps 2,7.

654 Vi è un duplice aspetto nel mistero pasquale: con la sua morte Cristo ci libera dal peccato, con la sua risurrezione ci dà accesso ad una nuova vita. Questa è dapprima la giustificazione che ci mette nuovamente nella grazia di Dio (580) « perché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova » (Rm 6,4). Essa consiste nella vittoria sulla morte del peccato e nella nuova partecipazione alla grazia. (581) Essa compie l'adozione filiale poiché gli uomini diventano fratelli di Cristo, come Gesù stesso chiama i suoi discepoli dopo la sua risurrezione: « Andate ad annunziare ai miei fratelli » (Mt 28,10). (582) Fratelli non per natura, ma per dono della grazia, perché questa filiazione adottiva procura una reale partecipazione alla vita del Figlio unico, la quale si è pienamente rivelata nella sua risurrezione.

(580) Cf Rm 4,25.
(581) Cf Ep 2,4-5 1P 1,3.
(582) Cf Jn 20,17.

655 Infine, la risurrezione di Cristo – e lo stesso Cristo risorto – è principio e sorgente della nostra risurrezione futura: « Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti [...]; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo » (1Co 15,20-22). Nell'attesa di questo compimento, Cristo risuscitato vive nel cuore dei suoi fedeli. In lui i cristiani gustano « le meraviglie del mondo futuro » (He 6,5) e la loro vita è trasportata da Cristo nel seno della vita divina: (583) « Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro » (2Co 5,15).

(583) Cf Col 3,1-3.


In sintesi

656 La fede nella risurrezione ha per oggetto un avvenimento che è storicamente attestato dai discepoli i quali hanno realmente incontrato il Risorto, e che è insieme misteriosamente trascendente in quanto l'umanità di Cristo entra nella gloria di Dio.

657 La tomba vuota e le bende per terra significano già per se stesse che il corpo di Cristo è sfuggito ai legami della morte e della corruzione, per la potenza di Dio. Esse preparano i discepoli all'incontro con il Risorto.

658 Cristo, « il primogenito di coloro che risuscitano dai morti » (Col 1,18), è il principio della nostra risurrezione, fin d'ora per la giustificazione della nostra anima, (584) più tardi per la vivificazione del nostro corpo. (585)

(584) Cf Rm 6,4.
(585) Cf Rm 8,11.





ARTICOLO 6

GESU' «SALI' AL CIELO,

SIEDE ALLA DESTRA DI DIO PADRE ONNIPOTENTE»

659 « Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio » (Mc 16,19). Il corpo di Cristo è stato glorificato fin dall'istante della sua risurrezione, come lo provano le proprietà nuove e soprannaturali di cui ormai gode in permanenza. (586) Ma durante i quaranta giorni nei quali egli mangia e beve familiarmente con i suoi discepoli (587) e li istruisce sul Regno, (588) la sua gloria resta ancora velata sotto i tratti di una umanità ordinaria. (589) L'ultima apparizione di Gesù termina con l'entrata irreversibile della sua umanità nella gloria divina simbolizzata dalla nube (590) e dal cielo (591) ove egli siede ormai alla destra di Dio. (592) In un modo del tutto eccezionale ed unico egli si mostrerà a Paolo « come a un aborto » (1Co 15,8) in un'ultima apparizione che costituirà Apostolo Paolo stesso. (593)

(586) Cf Lc 24,31 Jn 20,19 Jn 20,26.
(587) Cf Ac 10,41.
(588) Cf Ac 1,3.
(589) Cf Mc 16,12 Lc 24,15 Jn 20,14-15 Jn 21,4.
(590) Cf Ac 1,9 anche Lc 9,34-35 Ex 13,22.
(591) Cf Lc 24,51.
(592) Cf Mc 16,19 Ac 2,33 Ac 7,56 anche Ps 110,1.
(593) Cf 1Co 9,1 Ga 1,16.

660 Il carattere velato della gloria del Risorto durante questo tempo traspare nelle sue misteriose parole a Maria Maddalena: « Non sono ancora salito al Padre: ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro » (Jn 20,17). Questo indica una differenza di manifestazione tra la gloria di Cristo risorto e quella di Cristo esaltato alla destra del Padre. L'avvenimento ad un tempo storico e trascendente dell'ascensione segna il passaggio dall'una all'altra.

661 Quest'ultima tappa rimane strettamente unita alla prima, cioè alla discesa dal cielo realizzata nell'incarnazione. Solo colui che è « uscito dal Padre » può far ritorno al Padre: Cristo. (594) « Nessuno è mai salito al cielo fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo » (Jn 3,13). (595) Lasciata alle sue forze naturali, l'umanità non ha accesso alla « casa del Padre », (596) alla vita e alla felicità di Dio. Soltanto Cristo ha potuto aprire all'uomo questo accesso « per darci la serena fiducia che dove è lui, Capo e Primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria». (597)

(594) Cf Jn 16,28.
(595) Cf Ep 4,8-10.
(596) Cf Jn 14,2.
(597) Prefazio dell'Ascensione del Signore, I: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 332.

662 « Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me » (Jn 12,32). L'elevazione sulla croce significa e annunzia l'elevazione dell'ascensione al cielo. Essa ne è l'inizio. Gesù Cristo, l'unico Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza, « non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo [...], ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore » (He 9,24). In cielo Cristo esercita il suo sacerdozio in permanenza, « essendo egli sempre vivo per intercedere » a favore di « quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio » (He 7,25). Come « sommo Sacerdote dei beni futuri » (He 9,11), egli è il centro e l'attore principale della liturgia che onora il Padre nei cieli. (598)

(598) Cf Ap 4,6-11.

663 Cristo, ormai, siede alla destra del Padre: « Per destra del Padre intendiamo la gloria e l'onore della divinità, ove colui che esisteva come Figlio di Dio prima di tutti i secoli, come Dio e consustanziale al Padre, s'è assiso corporalmente dopo che si è incarnato e la sua carne è stata glorificata ». (599)

(599) San Giovanni Damasceno, Expositio fidei, 75 [De fide orthodoxa, 4, 2]: PTS 12, 173 (PG 94,1104).

664 L'essere assiso alla destra del Padre significa l'inaugurazione del regno del Messia, compimento della visione del profeta Daniele riguardante il Figlio dell'uomo: « [Il Vegliardo] gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto » (Da 7,14). A partire da questo momento, gli Apostoli sono divenuti i testimoni del « regno che non avrà fine ». (600)

(600) Cf Simbolo niceno-costantinopolitano: DS 150.



Catechismo Chiesa Catt. 613