Catechismo Chiesa Catt. 857

IV. La Chiesa è apostolica

857 La Chiesa è apostolica, perché è fondata sugli Apostoli, e ciò in un triplice senso:

— essa è stata e rimane costruita sul « fondamento degli Apostoli » (
Ep 2,142), testimoni scelti e mandati in missione da Cristo stesso; (367)

— custodisce e trasmette, con l'aiuto dello Spirito che abita in essa, l'insegnamento, (368) il buon deposito, le sane parole udite dagli Apostoli; (369)

— fino al ritorno di Cristo, continua ad essere istruita, santificata e guidata dagli Apostoli grazie ai loro successori nella missione pastorale: il Collegio dei Vescovi, « coadiuvato dai sacerdoti ed unito al Successore di Pietro e Supremo Pastore della Chiesa ». (370)

« Pastore eterno, tu non abbandoni il tuo gregge, ma lo custodisci e proteggi sempre per mezzo dei tuoi santi Apostoli, e lo conduci attraverso i tempi, sotto la guida di coloro che tu stesso hai eletto vicari del tuo Figlio e hai costituito Pastori ». (371)

(366) Cf Ap 21,14.
(367) Cf Mt 28,16-20 Ac 1,8 1Co 9,1 1Co 15,7-8 Ga 1,1 ecc.
(368) Cf Ac 2,42.
(369) Cf 2Tm 1,13-14.
(370) Concilio Vaticano II, Decr. Ad gentes AGD 5, AAS 58 (1966) 952.
(371) Prefazio degli Apostoli I: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 361.


La missione degli Apostoli

858 Gesù è l'Inviato del Padre. Fin dall'inizio del suo ministero, « chiamò a sé quelli che egli volle [...]. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare » (Mc 3,13-14). Da quel momento, essi saranno i suoi « inviati » (è questo il significato del termine greco « apostoloi »). In loro Gesù continua la sua missione: « Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi » (Jn 20,21). (372) Il loro ministero è quindi la continuazione della sua missione: « Chi accoglie voi, accoglie me », dice ai Dodici (Mt 10,40). (373)

(372) Cf Jn 13,20 Jn 17,18.
(373) Cf Lc 10,16.

859 Gesù li unisce alla missione che ha ricevuto dal Padre. Come «il Figlio da sé non può fare nulla» (Jn 5,19 Jn 5,30), ma riceve tutto dal Padre che lo ha inviato, così coloro che Gesù invia non possono fare nulla senza di lui, (374) dal quale ricevono il mandato della missione e il potere di compierla. Gli Apostoli di Cristo sanno di essere resi da Dio «ministri adatti di una Nuova Alleanza» (2Co 3,6), « ministri di Dio » (2Co 6,4), «ambasciatori per Cristo» (2Co 5,20), «ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio» (1Co 4,1).

(374) Cf Jn 15,5.

860 Nella missione degli Apostoli c'è un aspetto che non può essere trasmesso: essere i testimoni scelti della risurrezione del Signore e le fondamenta della Chiesa. Ma vi è anche un aspetto permanente della loro missione. Cristo ha promesso di rimanere con loro sino alla fine del mondo. (375) La « missione divina, affidata da Cristo agli Apostoli, dovrà durare sino alla fine dei secoli, poiché il Vangelo, che essi devono trasmettere, è per la Chiesa principio di tutta la sua vita in ogni tempo. Per questo gli Apostoli [...] ebbero cura di costituirsi dei successori ». (376)

(375) Cf
Mt 28,20.
(376) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 20, AAS 57 (1965) 23.


I Vescovi successori degli Apostoli

861 «Perché la missione loro affidata venisse continuata dopo la loro morte, [gli Apostoli] lasciarono quasi in testamento ai loro immediati cooperatori l'incarico di completare e consolidare l'opera da essi incominciata, raccomandando loro di attendere a tutto il gregge, nel quale lo Spirito Santo li aveva posti per pascere la Chiesa di Dio. Essi stabilirono dunque questi uomini e in seguito diedero disposizione che, quando essi fossero morti, altri uomini provati prendessero la successione del loro ministero». (377)

(377) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 20, AAS 57 (1965) 23; cf San Clemente Romano, Epistula ad Corinthios, 42, 4: SC 167, 168-170 (Funk, 1, 152); Ibid., 44, 2: SC 167, 172 (Funk, 1, 154-156).

862 «Come quindi permane l'ufficio dal Signore concesso singolarmente a Pietro, il primo degli Apostoli, e da trasmettersi ai suoi successori, così permane l'ufficio degli Apostoli di pascere la Chiesa, da esercitarsi ininterrottamente dal sacro ordine dei Vescovi ». Perciò la Chiesa insegna che « i Vescovi per divina istituzione sono succeduti al posto degli Apostoli, quali Pastori della Chiesa: chi li ascolta, ascolta Cristo, chi li disprezza, disprezza Cristo e colui che Cristo ha mandato». (378)

(378) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 20, AAS 57 (1965) 24.


L'apostolato

863 Tutta la Chiesa è apostolica in quanto rimane in comunione di fede e di vita con la sua origine attraverso i successori di san Pietro e degli Apostoli. Tutta la Chiesa è apostolica, in quanto è « inviata » in tutto il mondo; tutti i membri della Chiesa, sia pure in modi diversi, partecipano a questa missione. « La vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all'apostolato ». Si chiama « apostolato » « tutta l'attività del corpo mistico » ordinata alla « diffusione del regno di Cristo su tutta la terra ». (379)

(379) Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem
AA 2, AAS 58 (1966) 838.

864 « Siccome la fonte e l'origine di tutto l'apostolato della Chiesa è Cristo, mandato dal Padre, è evidente che la fecondità dell'apostolato », sia quello dei ministri ordinati sia quello « dei laici, dipende dalla loro unione vitale con Cristo ». (380) Secondo le vocazioni, le esigenze dei tempi, i vari doni dello Spirito Santo, l'apostolato assume le forme più diverse. Ma la carità, attinta soprattutto nell'Eucaristia, rimane sempre « come l'anima di tutto l'apostolato ». (381)

(380) Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem
AA 4, AAS 58 (1966) 840; cf Jn 15,5.
(381) Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem AA 3, AAS 58 (1966) 839.

865 La Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica nella sua identità profonda e ultima, perché in essa già esiste e si compirà alla fine dei tempi « il regno dei cieli », « il regno di Dio », (382) che è venuto nella persona di Cristo e che misteriosamente cresce nel cuore di coloro che a lui sono incorporati, fino alla sua piena manifestazione escatologica. Allora tutti gli uomini da lui redenti, in lui resi « santi e immacolati al cospetto » di Dio « nella carità », (383) saranno riuniti come l'unico popolo di Dio, « la Sposa dell'Agnello » (384), « la Città santa » che scende « dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio »; (385) e « le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici Apostoli dell'Agnello » (Ap 21,14).

(382) Cf Ap 19,6.
(383) Cf Ep 1,4.
(384) Cf Ap 21,9.
(385) Cf Ap 21,10-11.


In sintesi

866 La Chiesa è una: essa ha un solo Signore, professa una sola fede, nasce da un solo Battesimo, forma un solo corpo, vivificato da un solo Spirito, in vista di un'unica speranza, (386) al compimento della quale saranno superate tutte le divisioni.

(386) Cf
Ep 4,3-5.

867 La Chiesa è santa: il Dio Santissimo è il suo autore; Cristo, suo Sposo, ha dato se stesso per lei, per santificarla; lo Spirito di santità la vivifica. Benché comprenda in sé uomini peccatori, è senza peccato fatta di peccatori. Nei santi risplende la sua santità; in Maria è già tutta santa.

868 La Chiesa è cattolica: essa annunzia la totalità della fede; porta in sé e amministra la pienezza dei mezzi di salvezza; è mandata a tutti i popoli; si rivolge a tutti gli uomini; abbraccia tutti i tempi; « per sua natura è missionaria ». (387)

(387) Concilio Vaticano II, Decr. Ad gentes
AGD 2, AAS 58 (1966) 948.

869 La Chiesa è apostolica: è costruita su basamenti duraturi: i dodici Apostoli dell'Agnello; (388) è indistruttibile; (389) è infallibilmente conservata nella verità; Cristo la governa per mezzo di Pietro e degli altri Apostoli, presenti nei loro successori, nel Sommo Pontefice e nel Collegio dei Vescovi.

(388) Cf
Ap 21,14.
(389) Cf Mt 16,18.

870 « Questa è l'unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica ». [...] Essa « sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui, ancorché al di fuori del suo organismo visibile si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità ». (390)

(390) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 8, AAS 57 (1965) 11-12.






Paragrafo 4. I FEDELI - GERARCHIA, LAICI, VITA CONSACRATA


871 « I fedeli sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il Battesimo, sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo ». (391)

(391) CIC canone
CIC 204, § 1; cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 31, AAS 57 (1965) 37-38.

872 « Fra tutti i fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo, sussiste una vera uguaglianza nella dignità e nell'agire, e per tale uguaglianza tutti cooperano all'edificazione del corpo di Cristo, secondo la condizione e i compiti propri di ciascuno ». (392)

(392) CIC canone
CIC 208 cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 32, AAS 57 (1965) 38-39.

873 Le differenze stesse che il Signore ha voluto stabilire fra le membra del suo corpo sono in funzione della sua unità e della sua missione. Infatti « c'è nella Chiesa diversità di ministeri, ma unità di missione. Gli Apostoli e i loro successori hanno avuto da Cristo l'ufficio di insegnare, santificare, reggere in suo nome e con la sua autorità. Ma i laici, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, nella missione di tutto il popolo di Dio assolvono compiti propri nella Chiesa e nel mondo ». (393) Infine dai ministri sacri e dai laici « provengono fedeli i quali, con la professione dei consigli evangelici [...], in modo speciale sono consacrati a Dio e danno incremento alla missione salvifica della Chiesa ». (394)

(393) Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem
AA 2, AAS 58 (1966) 838-839.
(394) CIC canone CIC 207, § 2.


I. La costituzione gerarchica della Chiesa


Perché il ministero ecclesiale?

874 È Cristo stesso l'origine del ministero nella Chiesa. Egli l'ha istituita, le ha dato autorità e missione, orientamento e fine:

« Cristo Signore, per pascere e sempre più accrescere il popolo di Dio, ha istituito nella sua Chiesa vari ministeri, che tendono al bene di tutto il corpo. I ministri infatti, che sono dotati di sacra potestà, sono a servizio dei loro fratelli, perché tutti coloro che appartengono al popolo di Dio [...] arrivino alla salvezza ». (395)

(395) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 18, AAS 57 (1965) 21-22.

875 « E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? » (Rm 10,14-15). Nessuno, né individuo né comunità, può annunziare a se stesso il Vangelo. « La fede dipende [...] dalla predicazione » (Rm 10,17). Nessuno può darsi da sé il mandato e la missione di annunziare il Vangelo. L'inviato del Signore parla e agisce non per autorità propria, ma in forza dell'autorità di Cristo; non come membro della comunità, ma parlando ad essa in nome di Cristo. Nessuno può conferire a se stesso la grazia, essa deve essere data e offerta. Ciò suppone che vi siano ministri della grazia, autorizzati e abilitati da Cristo. Da lui i Vescovi e i presbiteri ricevono la missione e la facoltà (la « sacra potestà ») di agire in persona di Cristo Capo, i diaconi la forza di servire il popolo di Dio nella « diaconia » della liturgia, della parola e della carità, in comunione con il Vescovo e il suo presbiterio. La tradizione della Chiesa chiama « sacramento » questo ministero, attraverso il quale gli inviati di Cristo compiono e danno per dono di Dio quello che da se stessi non possono né compiere né dare. Il ministero della Chiesa viene conferito mediante uno specifico sacramento.

876 Alla natura sacramentale del ministero ecclesiale è intrinsecamente legato il carattere di servizio. I ministri, infatti, in quanto dipendono interamente da Cristo, il quale conferisce missione e autorità, sono veramente « servi di Cristo » (Rm 1,1), ad immagine di lui che ha assunto liberamente per noi « la condizione di servo » (Ph 2,7). Poiché la parola e la grazia di cui sono i ministri non sono loro, ma di Cristo che le ha loro affidate per gli altri, essi si faranno liberamente servi di tutti. (396)

(396) Cf 1Co 9,19.

877 Allo stesso modo, è proprio della natura sacramentale del ministero ecclesiale avere un carattere collegiale. Infatti il Signore Gesù, fin dall'inizio del suo ministero, istituì i Dodici, che « furono ad un tempo il seme del nuovo Israele e l'origine della sacra gerarchia ». (397) Scelti insieme, sono anche mandati insieme, e la loro unione fraterna sarà al servizio della comunione fraterna di tutti i fedeli; essa sarà come un riflesso e una testimonianza della comunione delle Persone divine. (398) Per questo ogni Vescovo esercita il suo ministero in seno al Collegio episcopale, in comunione col Vescovo di Roma, Successore di san Pietro e capo del Collegio; i sacerdoti esercitano il loro ministero in seno al presbiterio della diocesi, sotto la direzione del loro Vescovo.

(397) Concilio Vaticano II, Decr. Ad gentes
AGD 5, AAS 58 (1966) 951.
(398) Cf Jn 17,21-23.

878 Infine è proprio della natura sacramentale del ministero ecclesiale avere un carattere personale.Se i ministri di Cristo agiscono in comunione, agiscono però sempre anche in maniera personale. Ognuno è chiamato personalmente: « Tu seguimi » (Jn 21,22), (399) per essere, nella missione comune, testimone personale, personalmente responsabile davanti a colui che conferisce la missione, agendo « in sua persona » e per delle persone: « Io ti battezzo nel nome del Padre... »; « Io ti assolvo... ».

(399) Cf Mt 4,19 Mt 4,21 Jn 1,43.

879 Pertanto il ministero sacramentale nella Chiesa è un servizio esercitato in nome di Cristo. Esso ha un carattere personale e una forma collegiale. Ciò si verifica sia nei legami tra il Collegio episcopale e il suo capo, il Successore di san Pietro, sia nel rapporto tra la responsabilità pastorale del Vescovo per la sua Chiesa particolare e la sollecitudine di tutto il Collegio episcopale per la Chiesa universale.


Il Collegio episcopale e il suo capo, il Papa

880 Cristo istituì i Dodici « sotto la forma di un collegio o di un gruppo stabile, del quale mise a capo Pietro, scelto di mezzo a loro ». (400) « Come san Pietro e gli altri Apostoli costituirono, per istituzione del Signore, un unico collegio apostolico, similmente il Romano Pontefice, Successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, sono tra loro uniti ». (401)

(400) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 19, AAS 57 (1965) 22.
(401) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 22, AAS 57 (1965) 25; cf CIC canone CIC 330.

881 Del solo Simone, al quale diede il nome di Pietro, il Signore ha fatto la pietra della sua Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi; (402) l'ha costituito pastore di tutto il gregge. (403) « Ma l'incarico di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro, risulta essere stato pure concesso al collegio degli Apostoli, unito col suo capo ». (404) Questo ufficio pastorale di Pietro e degli altri Apostoli costituisce uno dei fondamenti della Chiesa; è continuato dai Vescovi sotto il primato del Papa.

(402) Cf
Mt 16,18-19.
(403) Cf Jn 21,15-17.
(404) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 22, AAS 57 (1965) 26.

882 Il Papa, Vescovo di Roma e Successore di san Pietro, « è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli ». (405) « Infatti il Romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di Vicario di Cristo e di Pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente ». (406)

(405) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 23, AAS 57 (1965) 27.
(406) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 22, AAS 57 (1965) 26; cf Id, Decr. Christus Dominus, CD 2: AAS 58 (1966) 673; Ibid., CD 9: AAS 58 (1966) 676.

883 « Il Collegio o Corpo dei Vescovi non ha autorità, se non lo si concepisce insieme con il Romano Pontefice, [...] quale suo capo ». Come tale, questo Collegio « è pure soggetto di suprema e piena potestà su tutta la Chiesa: potestà che non può essere esercitata se non con il consenso del Romano Pontefice ». (407)

(407) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 22, AAS 57 (1965) 26; cf CIC canone CIC 336.

884 « Il Collegio dei Vescovi esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale nel Concilio Ecumenico ». (408) « Mai si ha Concilio Ecumenico, che come tale non sia confermato o almeno accettato dal Successore di Pietro ». (409)

(408) CIC canone
CIC 337, § 1.
(409) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 22, AAS 57 (1965) 27.

885 « Il Collegio episcopale, in quanto composto da molti, esprime la varietà e l'universalità del popolo di Dio; in quanto raccolto sotto un solo capo, esprime l'unità del gregge di Cristo ». (410)

(410) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 22, AAS 57 (1965) 26.

886 « I Vescovi, singolarmente presi, sono il principio visibile e il fondamento dell'unità nelle loro Chiese particolari ». (411) In quanto tali « esercitano il loro pastorale governo sopra la porzione del popolo di Dio che è stata loro affidata », (412) coadiuvati dai presbiteri e dai diaconi. Ma, in quanto membri del Collegio episcopale, ognuno di loro è partecipe della sollecitudine per tutte le Chiese, (413) e la esercita innanzi tutto «reggendo bene la propria Chiesa come porzione della Chiesa universale», contribuendo così «al bene di tutto il corpo mistico che è pure il corpo delle Chiese». (414) Tale sollecitudine si estenderà particolarmente ai poveri, (415) ai perseguitati per la fede, come anche ai missionari che operano in tutta la terra.

(411) Concilio Vaticano II, Cost. dogm Lumen gentium
LG 23, AAS 57 (1965) 27.
(412) Concilio Vaticano II, Cost. dogm Lumen gentium LG 23, AAS 57 (1965) 27.
(413) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Christus Dominus CD 3, AAS 58 (1966) 674.
(414) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 23, AAS 57 (1965) 28.

887 Le Chiese particolari vicine e di cultura omogenea formano province ecclesiastiche o realtà più vaste chiamate patriarcati o regioni. (416) I Vescovi di questi raggruppamenti possono riunirsi in Sinodi o in Concilii provinciali. « Così pure, le Conferenze Episcopali possono, oggi, contribuire in modo molteplice e fecondo a che lo spirito collegiale si attui concretamente ». (417)

(415) Cf
Ga 2,10.
(416) Cf Canoni degli Apostoli, 34 [Constitutiones apostolicae, 8, 47, 34]: SC 336,284.
(417) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 23, AAS 57 (1965) 29.


L'ufficio di insegnare

888 I Vescovi, con i presbiteri, loro cooperatori, « hanno anzitutto il dovere di annunziare a tutti il Vangelo di Dio », (418) secondo il comando del Signore. (419) Essi sono « gli araldi della fede, che portano a Cristo nuovi discepoli, sono i dottori autentici » della fede apostolica, « rivestiti dell'autorità di Cristo ». (420)

(418) Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis
PO 4, AAS 58 (1966) 995.
(419) Cf Mc 16,15.
(420) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 25, AAS 57 (1965) 29.

889 Per mantenere la Chiesa nella purezza della fede trasmessa dagli Apostoli, Cristo, che è la verità, ha voluto rendere la sua Chiesa partecipe della propria infallibilità. Mediante il « senso soprannaturale della fede », il popolo di Dio « aderisce indefettibilmente alla fede », sotto la guida del Magistero vivente della Chiesa. (421)

(421) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 12, AAS 57 (1965) 16; cf Id., Cost. dogm. Dei Verbum, DV 10: AAS 58 (1966) 822.

890 La missione del Magistero è legata al carattere definitivo dell'Alleanza che Dio in Cristo ha stretto con il suo popolo; deve salvaguardarlo dalle deviazioni e dai cedimenti, e garantirgli la possibilità oggettiva di professare senza errore l'autentica fede. Il compito pastorale del Magistero è quindi ordinato a vigilare affinché il popolo di Dio rimanga nella verità che libera. Per compiere questo servizio, Cristo ha dotato i Pastori del carisma dell'infallibilità in materia di fede e di costumi. L'esercizio di questo carisma può avere parecchie modalità.

891 « Di questa infallibilità il Romano Pontefice, capo del Collegio dei Vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo Pastore e Dottore di tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli, proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale. [...] L'infallibilità promessa alla Chiesa risiede pure nel Corpo episcopale, quando questi esercita il supremo Magistero col Successore di Pietro » soprattutto in un Concilio Ecumenico. (422) Quando la Chiesa, mediante il suo Magistero supremo, propone qualche cosa « da credere come rivelato da Dio » (423) e come insegnamento di Cristo, « a tali definizioni si deve aderire con l'ossequio della fede ». (424) Tale infallibilità abbraccia l'intero deposito della rivelazione divina. (425)

(422) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 25, AAS 57 (1965) 30; cf Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Pastor aeternus, c. 4: DS 3074.
(423) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum DV 10, AAS 58 (1966) 822.
(424) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 25, AAS 57 (1965) 30.
(425) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 25, AAS 57 (1965) 30.

892 L'assistenza divina è inoltre data ai successori degli Apostoli, che insegnano in comunione con il Successore di Pietro, e, in modo speciale, al Vescovo di Roma, Pastore di tutta la Chiesa, quando, pur senza arrivare ad una definizione infallibile e senza pronunciarsi in « maniera definitiva », propongono, nell'esercizio del Magistero ordinario, un insegnamento che porta ad una migliore intelligenza della Rivelazione in materia di fede e di costumi. A questo insegnamento ordinario i fedeli devono « aderire col religioso ossequio dello spirito » (426) che, pur distinguendosi dall'ossequio della fede, tuttavia ne è il prolungamento.

(426) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 25, AAS 57 (1965) 29-30.


L'ufficio di santificare

893 Il Vescovo « è il dispensatore della grazia del supremo sacerdozio », (427) specialmente nell'Eucaristia che egli stesso offre o di cui assicura l'offerta mediante i presbiteri, suoi cooperatori. L'Eucaristia, infatti, è il centro della vita della Chiesa particolare. Il Vescovo e i presbiteri santificano la Chiesa con la loro preghiera e il loro lavoro, con il ministero della parola e dei sacramenti. La santificano con il loro esempio, « non spadroneggiando sulle persone » loro « affidate », ma facendosi « modelli del gregge » (1P 5,3), in modo che « possano, insieme col gregge loro affidato, giungere alla vita eterna ». (428)

(427) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 26, AAS 57 (1965) 31.
(428) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 26, AAS 57 (1965) 32.


L'ufficio di governare

894 « I Vescovi reggono le Chiese particolari, come vicari e delegati di Cristo, col consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà », (429) che però dev'essere da loro esercitata allo scopo di edificare, nello spirito di servizio che è proprio del loro Maestro. (430)

(429) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 27, AAS 57 (1965) 32.
(430) Cf Lc 22,26-27.

895 « Questa potestà, che personalmente esercitano in nome di Cristo, è propria, ordinaria e immediata, quantunque il suo esercizio sia in definitiva regolato dalla suprema autorità della Chiesa». (431) Ma i Vescovi non devono essere considerati come dei vicari del Papa, la cui autorità ordinaria e immediata su tutta la Chiesa non annulla quella dei Vescovi, ma anzi la conferma e la difende. Tale autorità deve esercitarsi in comunione con tutta la Chiesa sotto la guida del Papa.

(431) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 27, AAS 57 (1965) 32.

896 Il Buon Pastore sarà il modello e la « forma » dell'ufficio pastorale del Vescovo. Cosciente delle proprie debolezze, « il Vescovo può compatire quelli che sono nell'ignoranza o nell'errore. Non rifugga dall'ascoltare i sudditi che cura come veri figli suoi. [...] I fedeli poi devono aderire al Vescovo come la Chiesa a Gesù Cristo e come Gesù Cristo al Padre »: (432)

« Obbedite tutti al Vescovo, come Gesù Cristo al Padre, e al presbiterio come agli Apostoli; quanto ai diaconi, rispettateli come la Legge di Dio. Nessuno compia qualche azione riguardante la Chiesa, senza il Vescovo ». (433)

(432) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 27, AAS 57 (1965) 33.
(433) Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Smyrnaeos, 8, 1: SC 10bis, 138 (Funk 1, 282).


II. I fedeli laici

897 « Col nome di laici si intendono qui tutti i fedeli a esclusione dei membri dell'ordine sacro e dello stato religioso riconosciuto dalla Chiesa, i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col Battesimo e costituiti popolo di Dio, e nella loro misura resi partecipi della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano ». (434)

(434) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 31, AAS 57 (1965) 37.

La vocazione dei laici

898 « Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. [...] A loro quindi particolarmente spetta illuminare e ordinare tutte le realtà temporali, alle quali essi sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo, e crescano e siano di lode al Creatore e al Redentore ». (435)

(435) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 31, AAS 57 (1965) 37-38.

899 L'iniziativa dei cristiani laici è particolarmente necessaria quando si tratta di scoprire, di ideare mezzi per permeare delle esigenze della dottrina e della vita cristiana le realtà sociali, politiche ed economiche. Questa iniziativa è un elemento normale della vita della Chiesa:

« I fedeli laici si trovano sulla linea più avanzata della vita della Chiesa; grazie a loro, la Chiesa è il principio vitale della società. Per questo essi soprattutto devono avere una coscienza sempre più chiara non soltanto di appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa, cioè la comunità dei fedeli sulla terra sotto la guida dell'unico capo, il Papa, e dei Vescovi in comunione con lui. Essi sono la Chiesa ». (436)

(436) Pio XII, Discorso ai nuovi Cardinali (20 febbraio 1946): AAS 38 (1946) 149; citato da Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici,
CL 9: AAS 81 (1989) 406.

900 I laici, come tutti i fedeli, in virtù del Battesimo e della Confermazione, ricevono da Dio l'incarico dell'apostolato; pertanto hanno l'obbligo e godono del diritto, individualmente o riuniti in associazioni, di impegnarsi affinché il messaggio divino della salvezza sia conosciuto e accolto da tutti gli uomini e su tutta la terra; tale obbligo è ancora più pressante nei casi in cui solo per mezzo loro gli uomini possono ascoltare il Vangelo e conoscere Cristo. Nelle comunità ecclesiali, la loro azione è così necessaria che, senza di essa, l'apostolato dei Pastori, la maggior parte delle volte, non può raggiungere il suo pieno effetto. (437)

(437) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 33, AAS 57 (1965) 39.


La partecipazione dei laici all'ufficio sacerdotale di Cristo

901 « I laici, essendo dedicati a Cristo e consacrati dallo Spirito Santo, sono in modo mirabile chiamati e istruiti perché lo Spirito produca in essi frutti sempre più copiosi. Tutte infatti le opere, le preghiere e le iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e persino le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo; (438) e queste cose nella celebrazione dell'Eucaristia sono piissimamente offerte al Padre insieme all'oblazione del Corpo del Signore. Così anche i laici, operando santamente dappertutto come adoratori, consacrano a Dio il mondo stesso ». (439)

(438) Cf
1P 2,5.
(439) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 34, AAS 57 (1965) 40; cf Ibid., LG 10: AAS 57 (1965) 14-15.

902 In modo particolare i genitori partecipano all'ufficio di santificazione « conducendo la vita coniugale secondo lo spirito cristiano e attendendo all'educazione cristiana dei figli ». (440)

(440) CIC canone
CIC 835, § 4.

903 I laici, se hanno le doti richieste, possono essere assunti stabilmente ai ministeri di lettori e di accoliti. (441) « Ove lo suggerisca la necessità della Chiesa, in mancanza di ministri, anche i laici, pur senza essere lettori o accoliti, possono supplire alcuni dei loro uffici, cioè esercitare il ministero della parola, presiedere alle preghiere liturgiche, amministrare il Battesimo e distribuire la sacra Comunione, secondo le disposizioni del diritto ». (442)

(441) Cf CIC canone
CIC 230, § 1.
(442) CIC canone CIC 230, § 3.


La loro partecipazione all'ufficio profetico di Cristo

904 « Cristo [...] adempie la sua funzione profetica... non solo per mezzo della gerarchia, [...] ma anche per mezzo dei laici, che perciò costituisce suoi testimoni e forma nel senso della fede e nella grazia della parola »: (443)

«Istruire qualcuno per condurlo alla fede è il compito di ogni predicatore e anche di ogni credente». (444)

(443) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 35, AAS 57 (1965) 40.
(444) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III 71,4, ad 3: Ed. Leon. 12, 124.

905 I laici compiono la loro missione profetica anche mediante l'evangelizzazione, cioè « con l'annunzio di Cristo fatto con la testimonianza della vita e con la parola ». Questa azione evangelizzatrice ad opera dei laici « acquista una certa nota specifica e una particolare efficacia dal fatto che viene compiuta nelle comuni condizioni del secolo»: (445)

« Tale apostolato non consiste nella sola testimonianza della vita: il vero apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola, sia ai credenti [...], sia agli infedeli ». (446)

(445) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 35, AAS 57 (1965) 40.
(446) Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem AA 6, AAS 58 (1966) 843; cf Id., Decr. Ad gentes, AGD 15: AAS 58 (1966) 965.

906 Tra i fedeli laici coloro che ne sono capaci e che vi si preparano possono anche prestare la loro collaborazione alla formazione catechistica, (447) all'insegnamento delle scienze sacre, (448) ai mezzi di comunicazione sociale. (449)

(447) Cf CIC canoni
CIC 774 CIC 776 CIC 780.
(448) Cf CIC canone CIC 229.
(449) Cf CIC canone CIC 822, § 3.

907 « In rapporto alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l'utilità comune e la dignità della persona ». (450)

(450) CIC canone
CIC 212, § 3.



Catechismo Chiesa Catt. 857