Catechismo Chiesa Catt. 971

II. Il culto della santa Vergine

971 « Tutte le generazioni mi chiameranno beata » (Lc 1,48). « La pietà della Chiesa verso la santa Vergine è elemento intrinseco del culto cristiano ». (537) La santa Vergine « viene dalla Chiesa giustamente onorata con un culto speciale. In verità dai tempi più antichi la beata Vergine è venerata col titolo di "Madre di Dio", sotto il cui presidio i fedeli, pregandola, si rifugiano in tutti i loro pericoli e le loro necessità. [...] Questo culto [...], sebbene del tutto singolare, differisce essenzialmente dal culto di adorazione, prestato al Verbo incarnato come al Padre e allo Spirito Santo, e particolarmente lo promuove »; (538) esso trova la sua espressione nelle feste liturgiche dedicate alla Madre di Dio (539) e nella preghiera mariana come il santo Rosario, « compendio di tutto quanto il Vangelo ». (540)

(537) Paolo VI, Esort. ap. Marialis cultus, 56: AAS 66 (1974) 162.
(538) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 66, AAS 57 (1965) 65.
(539) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium SC 103, AAS 56 (1964) 125.
(540) Paolo VI, Esort. ap. Marialis cultus, 42: AAS 66 (1974) 152-153.


III. Maria - icona escatologica della Chiesa

972 Dopo aver parlato della Chiesa, della sua origine, della sua missione e del suo destino, non sapremmo concludere meglio che volgendo lo sguardo verso Maria per contemplare in lei ciò che la Chiesa è nel suo mistero, nel suo « pellegrinaggio della fede », e quello che sarà nella patria al termine del suo cammino, dove l'attende, nella « gloria della Santissima e indivisibile Trinità », «nella comunione di tutti i santi» (541) colei che la Chiesa venera come la Madre del suo Signore e come sua propria Madre:

« La Madre di Gesù, come in cielo, glorificata ormai nel corpo e nell'anima, è l'immagine e la primizia della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell'età futura, così sulla terra brilla come un segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio in cammino ». (542)

(541) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 69, AAS 57 (1965) 66-67.
(542) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 68, AAS 57 (1965) 66.


In sintesi

973 Pronunziando il « Fiat » dell'annunciazione e dando il suo consenso al mistero dell'incarnazione, Maria già collabora a tutta l'opera che il Figlio suo deve compiere. Ella è Madre dovunque egli è Salvatore e Capo del corpo mistico.

974 La santissima Vergine Maria, dopo aver terminato il corso della sua vita terrena, fu elevata, corpo e anima, alla gloria del cielo, dove già partecipa alla gloria della risurrezione del suo Figlio, anticipando la risurrezione di tutte le membra del suo corpo.

975 « Noi crediamo che la santissima Madre di Dio, nuova Eva, Madre della Chiesa, continua in cielo il suo ruolo materno verso le membra di Cristo ». (543)

(543) Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 15: AAS 60 (1968) 439.





ARTICOLO 10

«CREDO LA REMISSIONE DEI PECCATI»

976 Il Simbolo degli Apostoli lega la fede nel perdono dei peccati alla fede nello Spirito Santo, ma anche alla fede nella Chiesa e nella comunione dei santi. Proprio donando ai suoi Apostoli lo Spirito Santo, Cristo risorto ha loro conferito il suo potere divino di perdonare i peccati: « Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi » (Jn 20,22-23.

(La seconda parte del Catechismo tratterà esplicitamente del perdono dei peccati per mezzo del Battesimo, del sacramento della Penitenza e degli altri sacramenti, specialmente dell'Eucaristia. Pertanto qui è sufficiente richiamare brevemente qualche dato fondamentale).



I. Un solo Battesimo per la remissione dei peccati

977 Nostro Signore ha legato il perdono dei peccati alla fede e al Battesimo: « Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo » (Mc 16,15-16). Il Battesimo è il primo e principale sacramento per il perdono dei peccati perché ci unisce a Cristo messo a morte per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione, (544) affinché « anche noi possiamo camminare in una vita nuova » (Rm 6,4).

(544) Cf Rm 4,25.

978 « La remissione dei peccati nella Chiesa avviene innanzi tutto quando l'anima professa per la prima volta la fede. Con l'acqua battesimale, infatti, viene concesso un perdono talmente ampio che non rimane più alcuna colpa — né originale né ogni altra contratta posteriormente — e viene rimessa ogni pena da scontare. La grazia del Battesimo, peraltro, non libera la nostra natura dalla sua debolezza; anzi non vi è quasi nessuno » che non debba lottare « contro la concupiscenza, fomite continuo del peccato ». (545)

(545) Catechismo Romano, 1, 11, 3: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 123.

979 In tale combattimento contro l'inclinazione al male, chi potrebbe resistere con tanta energia e con tanta vigilanza da riuscire ad evitare ogni ferita del peccato? « Fu quindi necessario che nella Chiesa vi fosse la potestà di rimettere i peccati anche in modo diverso dal sacramento del Battesimo. Per questa ragione Cristo consegnò alla Chiesa le chiavi del regno dei cieli, in virtù delle quali potesse perdonare a qualsiasi peccatore pentito i peccati commessi dopo il Battesimo, fino all'ultimo giorno della vita ». (546)

(546) Catechismo Romano, 1, 11, 4: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 123.

980 È per mezzo del sacramento della Penitenza che il battezzato può essere riconciliato con Dio e con la Chiesa:

« I Padri hanno giustamente chiamato la Penitenza "un Battesimo laborioso". (547) Per coloro che sono caduti dopo il Battesimo questo sacramento della Penitenza è necessario alla salvezza come lo stesso Battesimo per quelli che non sono stati ancora rigenerati ». (548)

(547) Cf San Gregorio Nazianzeno, Oratio 39, 17: SC 358,188.
(548) Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae, c. 2:
DS 1672.


II. Il potere delle chiavi

981 Cristo dopo la sua risurrezione ha inviato i suoi Apostoli a predicare « nel suo nome [...] a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati » (Lc 24,47). Tale « ministero della riconciliazione » (2Co 5,18) non viene compiuto dagli Apostoli e dai loro successori solamente annunziando agli uomini il perdono di Dio meritato per noi da Cristo e chiamandoli alla conversione e alla fede, ma anche comunicando loro la remissione dei peccati per mezzo del Battesimo e riconciliandoli con Dio e con la Chiesa grazie al potere delle chiavi ricevuto da Cristo:

La Chiesa « ha ricevuto le chiavi del regno dei cieli, affinché in essa si compia la remissione dei peccati per mezzo del sangue di Cristo e dell'azione dello Spirito Santo. In questa Chiesa l'anima, che era morta a causa dei peccati, rinasce per vivere con Cristo, la cui grazia ci ha salvati ». (549)

(549) Sant'Agostino, Sermo 214, 11: ed. P. Verbraken: Revue Bénédictine 72 (1962) 21 (PL 38, 1071-1072).

982 Non c'è nessuna colpa, per grave che sia, che non possa essere perdonata dalla santa Chiesa. « Non si può ammettere che ci sia un uomo, per quanto infame e scellerato, che non possa avere con il pentimento la certezza del perdono ». (550) Cristo, che è morto per tutti gli uomini, vuole che, nella sua Chiesa, le porte del perdono siano sempre aperte a chiunque si allontani dal peccato. (551)

(550) Catechismo Romano, 1, 11, 5: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 124.
(551) Cf
Mt 18,21-22.

983 La catechesi si sforzerà di risvegliare e coltivare nei fedeli la fede nella incomparabile grandezza del dono che Cristo risorto ha fatto alla sua Chiesa: la missione e il potere di perdonare veramente i peccati, mediante il ministero degli Apostoli e dei loro successori.

« Il Signore vuole che i suoi discepoli abbiano i più ampi poteri; vuole che i suoi servi facciano in suo nome ciò che faceva egli stesso, quando era sulla terra ». (552)

I sacerdoti « hanno ricevuto un potere che Dio non ha concesso né agli angeli né agli arcangeli. [...] Quello che i sacerdoti compiono quaggiù, Dio lo conferma lassù ». (553)

Se nella Chiesa non ci fosse la remissione dei peccati, « non ci sarebbe nessuna speranza: nessuna speranza di una vita eterna e di una liberazione eterna. Rendiamo grazie a Dio che ha fatto alla sua Chiesa un tale dono ». (554)

(552) Sant'Ambrogio, De Paenitentia, 1, 8, 34: CSEL 73, 135-136 (PL 16, 476-477).
(553) San Giovanni Crisostomo, De sacerdotio, 3, 5: SC 272,148.
(554) Sant'Agostino, Sermo 213, 8, 8: ed. G. Morin, Sancti Augustini sermones post Maurinos reperti [Guelferbytanus 1,9]: (Roma 1930) p. 448 (PL 38, 1064).


In sintesi

984 Il Credo mette in relazione « la remissione dei peccati » con la professione di fede nello Spirito Santo. Infatti, Cristo risorto ha affidato agli Apostoli il potere di perdonare i peccati quando ha loro donato lo Spirito Santo.

985 Il Battesimo è il primo e principale sacramento per il perdono dei peccati: ci unisce a Cristo morto e risorto e ci dona lo Spirito Santo.

986 Secondo la volontà di Cristo, la Chiesa possiede il potere di perdonare i peccati dei battezzati e lo esercita per mezzo dei Vescovi e dei sacerdoti normalmente nel sacramento della Penitenza.

987 « I sacerdoti e i sacramenti sono gli strumenti per il perdono dei peccati; strumenti per mezzo dei quali Gesù Cristo, autore e dispensatore della salvezza, opera in noi la remissione dei peccati e genera la grazia ». (555)

(555) Catechismo Romano, 1, 11, 6: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 124-125.





ARTICOLO 11

«CREDO LA RISURREZIONE DELLA CARNE»

988 Il Credo cristiano – professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, e nella sua azione creatrice, salvifica e santificante – culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna.

989 Noi fermamente crediamo e fermamente speriamo che, come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte, vivranno per sempre con Cristo risorto, e che egli li risusciterà nell'ultimo giorno. (556) Come la sua, anche la nostra risurrezione sarà opera della Santissima Trinità:

« Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi » (
Rm 8,11). (557)

(556) Cf Jn 6,39-40.
(557) Cf 1Th 4,14 1Co 6,14 2Co 4,14 Ph 3,10-11.

990 Il termine « carne » designa l'uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità. (558) La « risurrezione della carne » significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell'anima immortale, ma che anche i nostri « corpi mortali » (Rm 8,11) riprenderanno vita.

991 Credere nella risurrezione dei morti è stato un elemento essenziale della fede cristiana fin dalle sue origini. « Fiducia christianorum resurrectio mortuorum; illam credentes, sumus – La risurrezione dei morti è la fede dei cristiani: credendo in essa siamo tali »: (559)

« Come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede [...]. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti » (
1Co 15,12-14 1Co 15,20).

(558) Cf Gn 6,3 Ps 56,5 Is 40,6.
(559) Tertulliano, De resurrectione mortuorum, 1, 1: CCL 2, 921 (PL 2, 841).


I. La risurrezione di Cristo e la nostra


Rivelazione progressiva della risurrezione

992 La risurrezione dei morti è stata rivelata da Dio al suo popolo progressivamente. La speranza nella risurrezione corporea dei morti si è imposta come una conseguenza intrinseca della fede in un Dio Creatore di tutto intero l'uomo, anima e corpo. Il Creatore del cielo e della terra è anche colui che mantiene fedelmente la sua Alleanza con Abramo e con la sua discendenza. È in questa duplice prospettiva che comincerà ad esprimersi la fede nella risurrezione. Nelle loro prove i martiri Maccabei confessano:

« Il Re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna » (
2M 7,9). « È bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati » (2M 7,14). (560)

(560) Cf 2M 7,29 Da 12,1-13.

993 I farisei (561) e molti contemporanei del Signore (562) speravano nella risurrezione. Gesù la insegna con fermezza. Ai sadducei che la negano risponde: « Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio? » (Mc 12,24). La fede nella risurrezione riposa sulla fede in Dio che « non è un Dio dei morti, ma dei viventi! » (Mc 12,27).

(561) Cf Ac 23,6.
(562) Cf Jn 11,24.

994 Ma c'è di più. Gesù lega la fede nella risurrezione alla sua stessa persona: « Io sono la risurrezione e la vita » (Jn 11,25). Sarà lo stesso Gesù a risuscitare nell'ultimo giorno coloro che avranno creduto in lui (563) e che avranno mangiato il suo Corpo e bevuto il suo Sangue. (564) Egli fin d'ora ne dà un segno e una caparra facendo tornare in vita alcuni morti, (565) annunziando con ciò la sua stessa risurrezione, la quale però sarà di un altro ordine. Di tale avvenimento senza eguale parla come del segno di Giona, (566) del segno del Tempio: (567) annunzia la sua risurrezione al terzo giorno dopo essere stato messo a morte. (568)

(563) Cf Jn 5,24-25 Jn 6,40.
(564) Cf Jn 6,54.
(565) Cf Mc 5,21-43 Lc 7,11-17 Jn 11.
(566) Cf Mt 12,39.
(567) Cf Jn 2,19-22.
(568) Cf Mc 10,34.

995 Essere testimone di Cristo è essere « testimone della sua risurrezione » (Ac 1,22), (569) aver « mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti » (Ac 10,41). La speranza cristiana nella risurrezione è contrassegnata dagli incontri con Cristo risorto. Noi risusciteremo come lui, con lui, per mezzo di lui.

(569) Cf Ac 4,33.

996 Fin dagli inizi, la fede cristiana nella risurrezione ha incontrato incomprensioni ed opposizioni. (570) « In nessun altro argomento la fede cristiana incontra tanta opposizione come a proposito della risurrezione della carne ». (571) Si accetta abbastanza facilmente che, dopo la morte, la vita della persona umana continui in un modo spirituale. Ma come credere che questo corpo, la cui mortalità è tanto evidente, possa risorgere per la vita eterna?

(570) Cf
Ac 17,32 1Co 15,12-13.
(571) Sant'Agostino, Enarratio in Psalmum, 88, 2, 5: CCL 39, 1237 (PL 37, 1134).


Come risuscitano i morti?

997 Che cosa significa « risuscitare »? Con la morte, separazione dell'anima e del corpo, il corpo dell'uomo cade nella corruzione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della risurrezione di Gesù.

998 Chi risusciterà? Tutti gli uomini che sono morti: « Usciranno [dai sepolcri], quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna » (Jn 5,29). (572)

(572) Cf Dn Da 12,2.

999 Come? Cristo è risorto con il suo proprio corpo: « Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! » (Lc 24,39); ma egli non è ritornato ad una vita terrena. Allo stesso modo, in lui, « tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti », (573) ma questo corpo sarà trasfigurato in corpo glorioso, (574) in « corpo spirituale » (1Co 15,44):

« Ma qualcuno dirà: "Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?". Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore, e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco [...]. Si semina corruttibile e risorge incorruttibile. [...] È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità » (1Co 15,35-37 1Co 15,42 1Co 15,52-53).

(573) Concilio Lateranense IV, Cap. 1, De fide catholica: DS 801.
(574) Cf Ph 3,21.

1000 Il « modo con cui avviene la risurrezione » supera le possibilità della nostra immaginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede. Ma la nostra partecipazione all'Eucaristia ci fa già pregustare la trasfigurazione del nostro corpo per opera di Cristo:

« Come il pane che è frutto della terra, dopo che è stata invocata su di esso la benedizione divina, non è più pane comune, ma Eucaristia, composta di due realtà, una terrena, l'altra celeste, così i nostri corpi che ricevono l'Eucaristia non sono più corruttibili, dal momento che portano in sé il germe della risurrezione ». (575)

(575) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 4, 18, 5: SC 100,610-612.

1001 Quando? Definitivamente « nell'ultimo giorno » (Jn 6,39-40 Jn 6,44 Jn 6,54 Jn 11,24); « alla fine del mondo ». (576) Infatti, la risurrezione dei morti è intimamente associata alla parusia di Cristo:

« Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo » (1Th 4,16).

(576) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 48, AAS 57 (1965) 54.


Risuscitati con Cristo

1002 Se è vero che Cristo ci risusciterà « nell'ultimo giorno », è anche vero che, per un certo aspetto, siamo già risuscitati con Cristo. Infatti, grazie allo Spirito Santo, la vita cristiana, fin d'ora su questa terra, è una partecipazione alla morte e alla risurrezione di Cristo:

« Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel Battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti [...]. Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio » (
Col 2,12 Col 3,1).

1003 I credenti, uniti a Cristo mediante il Battesimo, partecipano già realmente alla vita celeste di Cristo risorto, (577) ma questa vita rimane « nascosta con Cristo in Dio » (Col 3,3). « Con lui, [Dio] ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù » (Ep 2,6). Nutriti del suo Corpo nell'Eucaristia, apparteniamo già al corpo di Cristo. Quando risusciteremo nell'ultimo giorno « allora » saremo anche noi « manifestati con lui nella gloria » (Col 3,4).

(577) Cf Ph 3,20.

1004 Nell'attesa di quel giorno, il corpo e l'anima del credente già partecipano alla dignità di essere « in Cristo »; di qui l'esigenza di rispetto verso il proprio corpo, ma anche verso quello degli altri, particolarmente quando soffre:

« Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo. Dio poi che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? [...] Non appartenete a voi stessi. [...] Glorificate dunque Dio nel vostro corpo (
1Co 6,13-15 1Co 6,19-20).



II. Morire in Cristo Gesù

1005 Per risuscitare con Cristo, bisogna morire con Cristo, bisogna « andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore » (2Co 5,8). In questo « essere sciolto » (578) che è la morte, l'anima viene separata dal corpo. Essa sarà riunita al suo corpo il giorno della risurrezione dei morti. (579)

(578) Cf Ph 1,23.
(579) Cf Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 28: AAS 60 (1968) 444.

La morte

1006 « In faccia alla morte l'enigma della condizione umana diventa sommo ». (580) Per un verso la morte corporale è naturale, ma per la fede essa in realtà è « salario del peccato » (Rm 6,23). (581) E per coloro che muoiono nella grazia di Cristo, è una partecipazione alla morte del Signore, per poter partecipare anche alla sua risurrezione. (582)

(580) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 18, AAS 58 (1966) 1038.
(581) Cf Gn 2,17.
(582) Cf Rm 6,3-9 Ph 3,10-11.

1007 La morte è il termine della vita terrena. Le nostre vite sono misurate dal tempo, nel corso del quale noi cambiamo, invecchiamo e, come per tutti gli esseri viventi della terra, la morte appare come la fine normale della vita. Questo aspetto della morte comporta un'urgenza per le nostre vite: infatti il far memoria della nostra mortalità serve anche a ricordarci che abbiamo soltanto un tempo limitato per realizzare la nostra esistenza.

« Ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza [...] prima che ritorni la polvere alla terra, com'era prima, e lo spirito torni a Dio che lo ha dato » (
Qo 12,1 Qo 12,7).

1008 La morte è conseguenza del peccato. Interprete autentico delle affermazioni della Sacra Scrittura (583) e della Tradizione, il Magistero della Chiesa insegna che la morte è entrata nel mondo a causa del peccato dell'uomo. (584) Sebbene l'uomo possedesse una natura mortale, Dio lo destinava a non morire. La morte fu dunque contraria ai disegni di Dio Creatore ed essa entrò nel mondo come conseguenza del peccato. (585) « La morte corporale, dalla quale l'uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato », (586) è pertanto « l'ultimo nemico » (1Co 15,26) dell'uomo a dover essere vinto.

(583) Cf Gn 2,17 Gn 3,3 Gn 3,19 Sg 1,13 Rm 5,12 Rm 6,23.
(584) Cf Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canone 1: DS 1511.
(585) Cf Sg 2,23-24.
(586) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 18, AAS 58 (1966) 1038.

1009 La morte è trasformata da Cristo. Anche Gesù, il Figlio di Dio, ha subito la morte, propria della condizione umana. Ma, malgrado la sua angoscia di fronte ad essa, (587) egli la assunse in un atto di totale e libera sottomissione alla volontà del Padre suo. L'obbedienza di Gesù ha trasformato la maledizione della morte in benedizione. (588)

(587) Cf
Mc 14,33-34 He 5,7-8.
(588) Cf Rm 5,19-21.


Il senso della morte cristiana

1010 Grazie a Cristo, la morte cristiana ha un significato positivo. « Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno » (Ph 1,21). « Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui » (2Tm 2,11). Qui sta la novità essenziale della morte cristiana: mediante il Battesimo, il cristiano è già sacramentalmente « morto con Cristo », per vivere di una vita nuova; e se noi moriamo nella grazia di Cristo, la morte fisica consuma questo « morire con Cristo » e compie così la nostra incorporazione a lui nel suo atto redentore:

« Per me è meglio morire per (« eis » ) Gesù Cristo, che essere re fino ai confini della terra. Io cerco colui che morì per noi; io voglio colui che per noi risuscitò. Il momento in cui sarò partorito è imminente […] (589) Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente un uomo » (590)

(589) ...
(590) Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Romanos, 6, 1-2: SC 10bis, 114 (Funk 1, 258-260).

1011 Nella morte, Dio chiama a sé l'uomo. Per questo il cristiano può provare nei riguardi della morte un desiderio simile a quello di san Paolo: « il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo » (Ph 1,23); e può trasformare la sua propria morte in un atto di obbedienza e di amore verso il Padre, sull'esempio di Cristo: (591)

« Ogni mio desiderio terreno è crocifisso; [...] un'acqua viva mormora dentro di me e interiormente mi dice: "Vieni al Padre!" ». (592)

« Voglio vedere Dio, ma per vederlo bisogna morire ». (593)

« Non muoio, entro nella vita ». (594)

(591) Cf Lc 23,46.
(592) Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Romanos, 7, 2: SC 10bis, 116 (Funk 1, 260).
(593) Santa Teresa di Gesù, Poesía, 7: Biblioteca Mística Carmelitana, v. 6 (Burgos 1919) p. 86.
(594) Santa Teresa di Gesù Bambino, Lettere (9 giugno 1897): Opere complete (Libreria Editrice Vaticana 1997) p. 584.

1012 La visione cristiana della morte (595) è espressa in modo impareggiabile nella liturgia della Chiesa:

« Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un'abitazione eterna nel cielo ». (596)

(595) Cf
1Th 4,13-14.
(596) Prefazio dei defunti I: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 377.

1013 La morte è la fine del pellegrinaggio terreno dell'uomo, è la fine del tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino ultimo. Quando è « finito l'unico corso della nostra vita terrena », (597) noi non ritorneremo più a vivere altre vite terrene. « È stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta » (He 9,27). Non c'è « reincarnazione » dopo la morte.

(597) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 48, AAS 57 (1965) 54.

1014 La Chiesa ci incoraggia a prepararci all'ora della nostra morte (« Dalla morte improvvisa, liberaci, Signore »: antiche Litanie dei santi), a chiedere alla Madre di Dio di intercedere per noi « nell'ora della nostra morte » (« Ave Maria ») e ad affidarci a san Giuseppe, patrono della buona morte:

« In ogni azione, in ogni pensiero, dovresti comportarti come se tu dovessi morire oggi stesso; se avrai la coscienza retta, non avrai molta paura di morire. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che fuggire la morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani? ». (598)

« Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullo omo vivente po’ scampare.
Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali!;
beati quelli che trovarà
ne le tue sanctissime voluntati,
ca la morte seconda no li farrà male ». (599)

(598) De imitatione Christi, 1, 23, 5-8: ed. T. Lupo (Città del Vaticano 1982) p. 70.
(599) San Francesco d'Assisi, Cantico delle creature: Dal codice 338 della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi.


In sintesi

1015 « La carne è il cardine della salvezza ». (600) Noi crediamo in Dio che è il Creatore della carne; crediamo nel Verbo fatto carne per riscattare la carne; crediamo nella risurrezione della carne, compimento della creazione e della redenzione della carne.

(600) Tertulliano, De resurrectione mortuorum, 8, 2: CCL 2, 931 (PL 2, 852).

1016 Con la morte l'anima viene separata dal corpo, ma nella risurrezione Dio tornerà a dare la vita incorruttibile al nostro corpo trasformato, riunendolo alla nostra anima. Come Cristo è risorto e vive per sempre, così tutti noi risusciteremo nell'ultimo giorno.

1017 « Crediamo [...] nella vera risurrezione della carne che abbiamo ora ». (601) Mentre, tuttavia, si semina nella tomba un corpo corruttibile, risuscita un corpo incorruttibile, (602) un « corpo spirituale » (1Co 15,44).

(601) Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 854.
(602) Cf 1Co 15,42.

1018 In conseguenza del peccato originale, l'uomo deve subire « la morte corporale, dalla quale sarebbe stato esentato se non avesse peccato ». (603)

(603) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 18, AAS 58 (1966) 1038.

1019 Gesù, il Figlio di Dio, ha liberamente subito la morte per noi in una sottomissione totale e libera alla volontà di Dio, suo Padre. Con la sua morte ha vinto la morte, aprendo così a tutti gli uomini la possibilità della salvezza.






ARTICOLO 12

«CREDO LA VITA ETERNA»

1020 Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna. Quando la Chiesa ha pronunciato, per l'ultima volta, le parole di perdono dell'assoluzione di Cristo sul cristiano morente, l'ha segnato, per l'ultima volta, con una unzione fortificante e gli ha dato Cristo nel viatico come nutrimento per il viaggio, a lui si rivolge con queste dolci e rassicuranti parole:

« Parti, anima cristiana, da questo mondo, nel nome di Dio Padre onnipotente che ti ha creato, nel nome di Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che è morto per te sulla croce, nel nome dello Spirito Santo, che ti è stato dato in dono; la tua dimora sia oggi nella pace della santa Gerusalemme, con la Vergine Maria, Madre di Dio, con san Giuseppe, con tutti gli angeli e i santi. [...] Tu possa tornare al tuo Creatore, che ti ha formato dalla polvere della terra. Quando lascerai questa vita, ti venga incontro la Vergine Maria con gli angeli e i santi. [...] Mite e festoso ti appaia il volto di Cristo e possa tu contemplarlo per tutti i secoli in eterno ». (604)

(604) Sacramento dell'Unzione e cura pastorale degli infermi, Raccomandazione dei moribondi, 236-237 (Libreria Editrice Vaticana 1984) p. 111-112.


I. Il giudizio particolare

1021 La morte pone fine alla vita dell'uomo come tempo aperto all'accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo. (605) Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva dell'incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese, l'immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede. La parabola del povero Lazzaro (606) e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone (607) così come altri testi del Nuovo Testamento (608) parlano di una sorte ultima dell'anima (609) che può essere diversa per le une e per le altre.

(605) Cf
2Tm 1,9-10.
(606) Cf Lc 16,22.
(607) Cf Lc 23,43.
(608) Cf 2Co 5,8 Ph 1,23 He 9,27 He 12,23.
(609) Cf Mt 16,26.

1022 Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, (610) o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, (611) oppure si dannerà immediatamente per sempre. (612)

« Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore ». (613)

(610) Cf Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo:
DS 856 Concilio di Firenze, Decretum pro Graecis: DS 1304 Concilio di Trento, Sess. 25a, Decretum de purgatorio: DS 1820.
(611) Cf Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 857 Giovanni XXII, Bolla Ne super his: DS 991 Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: DS 1000-1001 Concilio di Firenze, Decretum pro Graecis: DS 1305.
(612) Cf Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 858 Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: DS 1002 Concilio di Firenze, Decretum pro Graecis: DS 1306.
(613) San Giovanni della Croce, Avisos y sentencias, 57: Biblioteca Mística Carmelitana, v. 13 (Burgos 1931) p. 238.


II. Il cielo

1023 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono « così come egli è » (1Jn 3,2), « a faccia a faccia » (1Co 13,12): (614)

« Con la nostra apostolica autorità definiamo che, per disposizione generale di Dio, le anime di tutti i santi morti prima della passione di Cristo [...] e quelle di tutti i fedeli morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, nelle quali al momento della morte non c'era o non ci sarà nulla da purificare, oppure, se in esse ci sarà stato o ci sarà qualcosa da purificare, quando, dopo la morte, si saranno purificate, [...] anche prima della risurrezione dei loro corpi e del giudizio universale — e questo dopo l'ascensione del Signore e Salvatore Gesù Cristo al cielo — sono state, sono e saranno in cielo, associate al regno dei cieli e al paradiso celeste con Cristo, insieme con i santi angeli. E dopo la passione e la morte del nostro Signore Gesù Cristo, esse hanno visto e vedono l'essenza divina in una visione intuitiva e anche a faccia a faccia, senza la mediazione di alcuna creatura ». (615)

(614) Cf Ap 22,4.
(615) Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: DS 1000 cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 49, AAS 57 (1965) 54.

1024 Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata « il cielo ». Il cielo è il fine ultimo dell'uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva.

1025 Vivere in cielo è « essere con Cristo ». (616) Gli eletti vivono « in lui », ma conservando, anzi, trovando la loro vera identità, il loro proprio nome: (617)

« Vita est enim esse cum Christo; ideo ubi Christus, ibi vita, ibi Regnum – La vita, infatti, è stare con Cristo, perché dove c'è Cristo, là c'è la vita, là c'è il Regno ». (618)

(616) Cf
Jn 14,3 Ph 1,23 1Th 4,17.
(617) Cf Ap 2,17.
(618) Sant'Ambrogio, Expositio evangelii secundum Lucam, 10, 121: CCL 14, 379 (PL 15, 1927).

1026 Con la sua morte e la sua risurrezione Gesù Cristo ci ha « aperto » il cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in lui.

1027 Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La Scrittura ce ne parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste, paradiso: « Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano » (1Co 2,9).

1028 A motivo della sua trascendenza, Dio non può essere visto quale è se non quando egli stesso apre il suo mistero alla contemplazione immediata dell'uomo e gliene dona la capacità. Questa contemplazione di Dio nella sua gloria celeste è chiamata dalla Chiesa « la visione beatifica »:

« Questa sarà la tua gloria e la tua felicità: essere ammesso a vedere Dio, avere l'onore di partecipare alle gioie della salvezza e della luce eterna insieme con Cristo, il Signore tuo Dio, [...] godere nel regno dei cieli, insieme con i giusti e gli amici di Dio, le gioie dell'immortalità raggiunta ». (619)

(619) San Cipriano di Cartagine, Epistula 58, 10: CSEL 32, 665 (56, 10: PL 4, 367-368).

1029 Nella gloria del cielo i beati continuano a compiere con gioia la volontà di Dio in rapporto agli altri uomini e all'intera creazione. Regnano già con Cristo; con lui « regneranno nei secoli dei secoli » (Ap 22,5). (620)

(620) Cf Mt 25,21 Mt 25,23.



Catechismo Chiesa Catt. 971