Catechismo Chiesa Catt. 1373

La presenza di Cristo operata dalla potenza della sua Parola e dello Spirito Santo

1373 « Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi » (Rm 8,34), è presente in molti modi alla sua Chiesa: (198) nella sua parola, nella preghiera della Chiesa, « dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro » (Mt 18,20), nei poveri, nei malati, nei prigionieri, (199) nei sacramenti di cui egli è l'autore, nel sacrificio della Messa e nella persona del ministro. Ma « soprattutto [è presente] sotto le specie eucaristiche ». (200)

(198) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 48, AAS 57 (1965) 53.
(199) Cf Mt 25,31-46.
(200) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium SC 7, AAS 56 (1964) 100-101.


1374 Il modo della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche è unico. Esso pone l'Eucaristia al di sopra di tutti i sacramenti e ne fa « quasi il coronamento della vita spirituale e il fine al quale tendono tutti i sacramenti ». (201) Nel Santissimo Sacramento dell'Eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l'anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero. (202) « Tale presenza si dice "reale" non per esclusione, quasi che le altre non siano "reali", ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Dio e uomo, tutto intero si fa presente ». (203)

(201) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
III 73,3, c: Ed. Leon. 12, 140.
(202) Cf Concilio di Trento, Sess. 13a, Decretum de ss. Eucharistia, canone 1: DS 1651.
(203) Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei , AAS 57 (1965) 764.

1375 È per la conversione del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue che Cristo diviene presente in questo sacramento. I Padri della Chiesa hanno sempre espresso con fermezza la fede della Chiesa nell'efficacia della parola di Cristo e dell'azione dello Spirito Santo per operare questa conversione. San Giovanni Crisostomo, ad esempio, afferma:

« Non è l'uomo che fa diventare le cose offerte Corpo e Sangue di Cristo, ma è Cristo stesso, che è stato crocifisso per noi. Il sacerdote, figura di Cristo, pronunzia quelle parole, ma la virtù e la grazia sono di Dio. Questo è il mio Corpo, dice. Questa parola trasforma le cose offerte ». (204)

E sant'Ambrogio, parlando della conversione eucaristica, dice:

Dobbiamo essere convinti che « non si tratta dell'elemento formato dalla natura, ma della sostanza prodotta dalla formula della consacrazione, ed è maggiore l'efficacia della consacrazione di quella della natura, perché, per l'effetto della consacrazione, la stessa natura viene trasformata ». (205) « La parola di Cristo, che poté creare dal nulla ciò che non esisteva, non può trasformare in una sostanza diversa ciò che esiste? Non è minore impresa dare una nuova natura alle cose che trasformarla ». (206)

(204) San Giovanni Crisostomo, De proditione Iudae homilia, 1, 6: PG 49,380.
(205) Sant'Ambrogio, De mysteriis, 9, 50: CSEL 73, 110 (PL 16, 405).
(206) Ibid., 9, 52: CSEL 73, 112 (PL 16, 407).

1376 Il Concilio di Trento riassume la fede cattolica dichiarando: « Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione ». (207)

(207) Concilio di Trento, Sess. 13a, Decretum de ss. Eucharistia, c. 4:
DS 1642.

1377 La presenza eucaristica di Cristo ha inizio al momento della consacrazione e continua finché sussistono le specie eucaristiche. Cristo è tutto e integro presente in ciascuna specie e in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo. (208)

(208) Cf Concilio di Trento, Sess. 13a, Decretum de ss. Eucharistia, c. 3:
DS 1641.

1378 Il culto dell'Eucaristia. Nella liturgia della Messa esprimiamo la nostra fede nella presenza reale di Cristo sotto le specie del pane e del vino, tra l'altro, con la genuflessione, o con un profondo inchino in segno di adorazione verso il Signore. « La Chiesa cattolica professa questo culto latreutico al sacramento eucaristico non solo durante la Messa, ma anche fuori della sua celebrazione, conservando con la massima diligenza le ostie consacrate, presentandole alla solenne venerazione dei fedeli cristiani, portandole in processione con gaudio della folla cristiana ». (209)

(209) Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei MF 769, AAS 57 (1965) 769.

1379 La santa riserva (tabernacolo) era inizialmente destinata a custodire in modo degno l'Eucaristia perché potesse essere portata agli infermi e agli assenti, al di fuori della Messa. Approfondendo la fede nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia, la Chiesa ha preso coscienza del significato dell'adorazione silenziosa del Signore presente sotto le specie eucaristiche. Perciò il tabernacolo deve essere situato in un luogo particolarmente degno della chiesa, e deve essere costruito in modo da evidenziare e manifestare la verità della presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento.

1380 È oltremodo conveniente che Cristo abbia voluto rimanere presente alla sua Chiesa in questa forma davvero unica. Poiché stava per lasciare i suoi nel suo aspetto visibile, ha voluto donarci la sua presenza sacramentale; poiché stava per offrirsi sulla croce per la nostra salvezza, ha voluto che noi avessimo il memoriale dell'amore con il quale ci ha amati « sino alla fine » (Jn 13,1), fino al dono della propria vita. Nella sua presenza eucaristica, infatti, egli rimane misteriosamente in mezzo a noi come colui che ci ha amati e che ha dato se stesso per noi, (210) e vi rimane sotto i segni che esprimono e comunicano questo amore:

« La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo sacramento dell'amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andare ad incontrarlo nell'adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo. Non cessi mai la nostra adorazione ». (211)

(210) Cf Ga 2,20.
(211) Giovanni Paolo II, Epist. Dominicae Cenae, 3: AAS 72 (1980) 119.

1381 « Che in questo sacramento sia presente il vero Corpo e il vero Sangue di Cristo, come dice san Tommaso, "non si può apprendere coi sensi, ma con la sola fede, la quale si appoggia all'autorità di Dio. Per questo, commentando il passo di san Luca 22,19: Questo è il mio Corpo che viene dato per voi, san Cirillo dice: Non mettere in dubbio se questo sia vero, ma piuttosto accetta con fede le parole del Salvatore: perché essendo egli la verità, non mentisce" »: (212)

« Adoro te devote, latens Deitas...

Ti adoro con devozione, o Dio che ti nascondi,
che sotto queste figure veramente ti celi:
a te il mio cuore si sottomette interamente,
poiché, nel contemplarti, viene meno.
La vista, il tatto e il gusto si ingannano a tuo riguardo,
soltanto alla parola si crede con sicurezza.
Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio:
nulla è più vero della sua parola di verità ». (213)

(212) Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei , AAS 57 (1965) 757; cf San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
III 75,1, c: Ed. Leon. 12, 156; San Cirillo di Alessandria, Commentarius in Lucam, 22, 19: PG 72, 912.
(213) AHMA 50, 589.


VI. Il banchetto pasquale

1382 La Messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della croce, e il sacro banchetto della Comunione al Corpo e al Sangue del Signore. Ma la celebrazione del sacrificio eucaristico è totalmente orientata all'unione intima dei fedeli con Cristo attraverso la Comunione. Comunicarsi è ricevere Cristo stesso che si è offerto per noi.

1383 L'altare, attorno al quale la Chiesa è riunita nella celebrazione dell'Eucaristia, rappresenta i due aspetti di uno stesso mistero: l'altare del sacrificio e la mensa del Signore, e questo tanto più in quanto l'altare cristiano è il simbolo di Cristo stesso, presente in mezzo all'assemblea dei suoi fedeli sia come vittima offerta per la nostra riconciliazione, sia come alimento celeste che si dona a noi. « Che cosa è l'altare di Cristo se non l'immagine del Corpo di Cristo? », dice sant'Ambrogio, (214) e altrove: « L'altare è l'immagine del corpo, e il Corpo di Cristo sta sull'altare ». (215) La liturgia esprime in molte preghiere questa unità del sacrificio e della Comunione. La Chiesa di Roma, ad esempio, prega così nella sua anafora:

« Ti supplichiamo, Dio onnipotente: fa' che questa offerta, per le mani del tuo angelo santo, sia portata sull'altare del cielo davanti alla tua maestà divina, perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al santo mistero del Corpo e Sangue del tuo Figlio, scenda la pienezza di ogni grazia e benedizione del cielo ». (216)

(214) Sant'Ambrogio, De sacramentis, 5, 7: CSEL 73, 61 (PL 16, 447).
(215) Sant'Ambrogio, De sacramentis, 4, 7: CSEL 73, 49 (PL 16, 437).
(216) Preghiera eucaristica I o Canone Romano: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 390.


«Prendete e mangiatene tutti»: la Comunione

1384 Il Signore ci rivolge un invito pressante a riceverlo nel sacramento dell'Eucaristia: « In verità, in verità vi dico: se non mangiate la Carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo Sangue, non avrete in voi la vita » (Jn 6,53).

1385 Per rispondere a questo invito dobbiamo prepararci a questo momento così grande e così santo. San Paolo esorta a un esame di coscienza: « Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna » (1Co 11,27-29). Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione.

1386 Davanti alla grandezza di questo sacramento, il fedele non può che fare sua con umiltà e fede ardente la supplica del centurione: (217) « Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea » – « O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di' soltanto una parola e io sarò salvato ». (218) Nella divina liturgia di san Giovanni Crisostomo i fedeli pregano con lo stesso spirito:

« O Figlio di Dio, fammi oggi partecipe del tuo mistico convito. Non svelerò il mistero ai tuoi nemici, e neppure ti darò il bacio di Giuda. Ma, come il ladrone, io ti dico: Ricordati di me, Signore, quando sarai nel tuo regno ». (219)

(217) Cf
Mt 8,8.
(218) Riti di Comunione: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 421.
(219) Liturgia bizantina. Anafora di san Giovanni Crisostomo, Preghiera prima della Comunione: F.E. Brightman, Liturgies Eastern and Western (Oxford 1896) p. 394 (PG 63,920).

1387 Per prepararsi in modo conveniente a ricevere questo sacramento, i fedeli osserveranno il digiuno prescritto nella loro Chiesa. (220) L'atteggiamento del corpo (gesti, abiti) esprimerà il rispetto, la solennità, la gioia di questo momento in cui Cristo diventa nostro ospite.

(220) Cf CIC canone
CIC 919.

1388 È conforme al significato stesso dell'Eucaristia che i fedeli, se hanno le disposizioni richieste, (221) si comunichino quando partecipano alla Messa: (222) « Si raccomanda molto quella partecipazione più perfetta alla Messa, per la quale i fedeli, dopo la Comunione del sacerdote, ricevono il Corpo del Signore dal medesimo sacrificio ». (223)

(221) Cf CIC canoni
CIC 916-917.
(222) Cf CIC 917. I fedeli nel medesimo giorno possono ricevere la S.S. Eucaristia solo una seconda volta [cf Pontificia Commissione per l'interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico, Responsa ad proposita dubia, 1: AAS 76 (1984) 746].
(223) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium SC 55, AAS 56 (1964) 115.

1389 La Chiesa fa obbligo ai fedeli di « partecipare alla divina liturgia la domenica e le feste » 224 e di ricevere almeno una volta all'anno l'Eucaristia, possibilmente nel tempo pasquale, 225 preparati dal sacramento della Riconciliazione. La Chiesa tuttavia raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la santa Eucaristia la domenica e i giorni festivi, o ancora più spesso, anche tutti i giorni.

(224) Concilio Vaticano II, Decr. Orientalium Ecclesiarum
OE 15, AAS 57 (1956) 81.
(225) Cf CIC canone CIC 920.

1390 In virtù della presenza sacramentale di Cristo sotto ciascuna specie, la Comunione con la sola specie del pane permette di ricevere tutto il frutto di grazia dell'Eucaristia. Per motivi pastorali questo modo di fare la Comunione si è legittimamente stabilito come il più abituale nel rito latino. Tuttavia « la santa Comunione esprime con maggior pienezza la sua forma di segno, se viene fatta sotto le due specie. In essa risulta infatti più evidente il segno del banchetto eucaristico ». (226) Questa è la forma abituale di comunicarsi nei riti orientali.

(226) Principi e norme per l'uso del Messale Romano, 240: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. XXXVIII.


I frutti della Comunione

1391 La Comunione accresce la nostra unione a Cristo. Ricevere l'Eucaristia nella Comunione reca come frutto principale l'unione intima con Cristo Gesù. Il Signore infatti dice: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui » (Jn 6,56). La vita in Cristo ha il suo fondamento nel banchetto eucaristico: « Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me » (Jn 6,57):

« Quando, nelle feste [del Signore], i fedeli ricevono il Corpo del Figlio, essi annunziano gli uni agli altri la Buona Notizia che è stata donata la caparra della vita, come quando l'angelo disse a Maria [di Magdala]: "Cristo è risorto!". Ecco infatti che già ora la vita e la risurrezione sono elargite a colui che riceve Cristo ». (227)

(227) Fanqîth, Breviario secondo il rito della Chiesa Antiochena dei Siri, v. 1 (Mossul 1886) p. 237a-b.

1392 Ciò che l'alimento materiale produce nella nostra vita fisica, la Comunione lo realizza in modo mirabile nella nostra vita spirituale. La Comunione alla Carne del Cristo risorto, « vivificata dallo Spirito Santo e vivificante », (228) conserva, accresce e rinnova la vita di grazia ricevuta nel Battesimo. La crescita della vita cristiana richiede di essere alimentata dalla Comunione eucaristica, pane del nostro pellegrinaggio, fino al momento della morte, quando ci sarà data come viatico.

(228) Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis
PO 5, AAS 58 (1966) 997.

1393 La Comunione ci separa dal peccato. Il Corpo di Cristo che riceviamo nella Comunione è « dato per noi », e il Sangue che beviamo è « sparso per molti in remissione dei peccati ». Perciò l'Eucaristia non può unirci a Cristo senza purificarci, nello stesso tempo, dai peccati commessi e preservarci da quelli futuri:

« Ogni volta che lo riceviamo, annunziamo la morte del Signore. (229) Se annunziamo la morte, annunziamo la remissione dei peccati. Se, ogni volta che il suo sangue viene sparso, viene sparso per la remissione dei peccati, devo riceverlo sempre, perché sempre mi rimetta i peccati. Io che pecco sempre, devo sempre disporre della medicina ». (230)

(229) Cf
1Co 11,26.
(230) Sant'Ambrogio, De sacramentis, 4, 28: CSEL 73, 57-58 (PL 16, 446).

1394 Come il cibo del corpo serve a restaurare le forze perdute, l'Eucaristia fortifica la carità che, nella vita di ogni giorno, tende ad indebolirsi; la carità così vivificata cancella i peccati veniali. (231) Donandosi a noi, Cristo ravviva il nostro amore e ci rende capaci di troncare gli attaccamenti disordinati alle creature e di radicarci in lui:

« Cristo è morto per noi per amore. Perciò quando facciamo memoria della sua morte, durante il sacrificio, invochiamo la venuta dello Spirito Santo quale dono di amore. La nostra preghiera chiede quello stesso amore per cui Cristo si è degnato di essere crocifisso per noi. Anche noi, mediante la grazia dello Spirito Santo, possiamo essere crocifissi al mondo e il mondo a noi. [...] Avendo ricevuto il dono dell'amore, moriamo al peccato e viviamo per Dio ». (232)

(231) Cf Concilio di Trento, Sess. 13a, Decretum de ss. Eucharistia, c. 2:
DS 1638.
(232) San Fulgenzio di Ruspe, Contra gesta Fabiani, 28, 17: CCL 91A, 813-814 (PL 65, 789).

1395 Proprio per la carità che accende in noi, l'Eucaristia ci preserva in futuro dai peccati mortali.Quanto più partecipiamo alla vita di Cristo e progrediamo nella sua amicizia, tanto più ci è difficile separarci da lui con il peccato mortale. L'Eucaristia non è ordinata al perdono dei peccati mortali. Questo è proprio del sacramento della Riconciliazione. Il proprio dell'Eucaristia è invece di essere il sacramento di coloro che sono nella piena comunione della Chiesa.

1396 L'unità del corpo mistico: l'Eucaristia fa la Chiesa. Coloro che ricevono l'Eucaristia sono uniti più strettamente a Cristo. Per ciò stesso, Cristo li unisce a tutti i fedeli in un solo corpo: la Chiesa. La Comunione rinnova, fortifica, approfondisce questa incorporazione alla Chiesa già realizzata mediante il Battesimo. Nel Battesimo siamo stati chiamati a formare un solo corpo. (233) L'Eucaristia realizza questa chiamata: « Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il Sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane » (1Co 10,16-17):

« Se voi siete il corpo e le membra di Cristo, sulla mensa del Signore è deposto il vostro mistero, ricevete il vostro mistero. A ciò che siete rispondete: Amen, e rispondendo lo sottoscrivete. Ti si dice infatti: Il Corpo di Cristo e tu rispondi: Amen. Sii membro del corpo di Cristo, perché sia veritiero il tuo Amen ». (234)

(233) Cf 1Co 12,13.
(234) Sant'Agostino, Sermo 272: PL 38, 1247.

1397 L'Eucaristia impegna nei confronti dei poveri. Per ricevere nella verità il Corpo e il Sangue di Cristo offerti per noi, dobbiamo riconoscere Cristo nei più poveri, suoi fratelli: (235)

« Tu hai bevuto il Sangue del Signore e non riconosci tuo fratello. [...] Tu disonori questa stessa mensa, non giudicando degno che condivida il tuo cibo colui che è stato ritenuto degno di partecipare a questa mensa. [...] Dio ti ha liberato da tutti i tuoi peccati e ti ha invitato a questo banchetto. E tu, nemmeno per questo, sei divenuto più misericordioso ». (236)

(235) Cf
Mt 25,40.
(236) San Giovanni Crisostomo, In epistulam I ad Corinthios, homilia 27, 5: PG 61,230.

1398 L'Eucaristia e l'unità dei cristiani. Davanti alla sublimità di questo sacramento, sant'Agostino esclama: « O sacramentum pietatis! O signum unitatis! O vinculum caritatis! – O sacramento di pietà! O segno di unità! O vincolo di carità! ». (237) Quanto più dolorosamente si fanno sentire le divisioni della Chiesa che impediscono la comune partecipazione alla mensa del Signore, tanto più pressanti sono le preghiere al Signore perché ritornino i giorni della piena unità di tutti coloro che credono in lui.

(237) Sant'Agostino, In Iohannis evangelium tractatus, 26, 13: CCL 36, 266 (PL 35, 1613); cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium,
SC 47: AAS 56 (1964) 113.

1399 Le Chiese Orientali che non sono nella piena comunione con la Chiesa cattolica celebrano l'Eucaristia con grande amore. « Quelle Chiese, quantunque separate, hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il sacerdozio e l'Eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora unite a noi da strettissimi vincoli ». (238) Quindi « una certa comunicazione nelle cose sacre, presentandosi opportune circostanze e con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica, non solo è possibile, ma anche consigliabile ». (239)

(238) Concilio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio
UR 15, AAS 57 (1965) 102.
(239) Concilio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio UR 15, AAS 57 (1965) 102; cf CIC canone CIC 844, § 3.

1400 Le comunità ecclesiali sorte dalla Riforma, separate dalla Chiesa cattolica, « specialmente per la mancanza del sacramento dell'Ordine, non hanno conservato la genuina ed integra sostanza del mistero eucaristico ». (240) Per questo motivo, non è possibile, per la Chiesa cattolica, l'intercomunione eucaristica con queste comunità. Tuttavia, queste comunità ecclesiali, « mentre nella santa Cena fanno memoria della morte e della risurrezione del Signore, professano che nella Comunione di Cristo è significata la vita e aspettano la sua venuta gloriosa ». (241)

(240) Concilio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio
UR 22, AAS 57 (1965) 106.
(241) Concilio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio UR 22, AAS 57 (1965) 106.

1401 In presenza di una grave necessità, a giudizio dell'Ordinario, i ministri cattolici possono amministrare i sacramenti (Eucaristia, Penitenza, Unzione degli infermi) agli altri cristiani che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica, purché li chiedano spontaneamente: è necessario in questi casi che essi manifestino la fede cattolica a riguardo di questi sacramenti e che si trovino nelle disposizioni richieste. (242)

(242) Cf CIC canone
CIC 844, § 4.


VII. L'Eucaristia - «Pegno della gloria futura»

1402 In un'antica preghiera, la Chiesa acclama il mistero dell'Eucaristia: « O sacrum convivium in quo Christus sumitur: recolitur memoria passionis eius, mens impletur gratia et futurae gloriae nobis pignus datur – O sacro convito nel quale ci nutriamo di Cristo: si fa memoria della sua passione, l'anima è ricolmata di grazia e ci è donato il pegno della gloria futura ». (243) Se l'Eucaristia è il memoriale della pasqua del Signore, se mediante la nostra Comunione all'altare veniamo ricolmati « di ogni grazia e benedizione del cielo », (244) l'Eucaristia è pure anticipazione della gloria del cielo.

(243) Solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo, Antifona al « Magnificat » dei secondi Vespri: Liturgia delle Ore, v. 3 (Libreria Editrice Vaticana 1981) p. 589.
(244) Preghiera eucaristica I o Canone Romano: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 390.

1403 Nell'ultima Cena il Signore stesso ha fatto volgere lo sguardo dei suoi discepoli verso il compimento della pasqua nel regno di Dio: « Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio » (Mt 26,29). (245) Ogni volta che la Chiesa celebra l'Eucaristia, ricorda questa promessa e il suo sguardo si volge verso « Colui che viene » (Ap 1,4). Nella preghiera, essa invoca la sua venuta: « Marana tha » (1Co 16,22), « Vieni, Signore Gesù » (Ap 22,20), « Venga la tua grazia e passi questo mondo! ». (246)

(245) Cf Lc 22,18 Mc 14,25.
(246) Didaché, 10, 6: SC 248,180.

1404 La Chiesa sa che, fin d'ora, il Signore viene nella sua Eucaristia, e che egli è lì, in mezzo a noi. Tuttavia questa presenza è nascosta. È per questo che celebriamo l'Eucaristia « expectantes beatam spem et Adventum Salvatoris nostri Iesu Christi – nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo », (247) chiedendo « di ritrovarci insieme a godere della tua gloria quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto e noi saremo simili a te, e canteremo per sempre la tua lode, in Cristo, nostro Signore ». (248)

(247) Riti di Comunione [Embolismo dopo il « Padre nostro »]: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 419; cf Tt 2,13.
(248) Preghiera eucaristica III: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 406.

1405 Di questa grande speranza, quella dei nuovi cieli e della terra nuova nei quali abiterà la giustizia, (249) non abbiamo pegno più sicuro, né segno più esplicito dell'Eucaristia. Ogni volta infatti che viene celebrato questo mistero, « si effettua l'opera della nostra redenzione » (250) e noi spezziamo « l'unico pane, che è farmaco d'immortalità, antidoto per non morire, ma per vivere in Gesù Cristo per sempre ». (251)

(249) Cf
2P 3,13.
(250) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 3, AAS 57 (1965) 6.
(251) Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Ephesios, 20, 2: SC 10bis, 76 (Funk 1, 230).


In sintesi

1406 Gesù dice: « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno [...]. Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna, [...] dimora in me e io in lui » (Jn 6,51 Jn 6,54 Jn 6,56).

1407 L'Eucaristia è il cuore e il culmine della vita della Chiesa, poiché in essa Cristo associa la sua Chiesa e tutti i suoi membri al proprio sacrificio di lode e di rendimento di grazie offerto al Padre una volta per tutte sulla croce; mediante questo sacrificio egli effonde le grazie della salvezza sul suo corpo, che è la Chiesa.

1408 La celebrazione eucaristica comporta sempre: la proclamazione della Parola di Dio, l'azione di grazie a Dio Padre per tutti i suoi benefici, soprattutto per il dono del suo Figlio, la consacrazione del pane e del vino e la partecipazione al banchetto liturgico mediante la recezione del Corpo e del Sangue del Signore. Questi elementi costituiscono un solo e medesimo atto di culto.

1409 L'Eucaristia è il memoriale della pasqua di Cristo, cioè dell'opera della salvezza compiuta per mezzo della vita, della morte e della risurrezione di Cristo, opera che viene resa presente dall'azione liturgica.

1410 È Cristo stesso, Sommo ed eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, che, agendo attraverso il ministero dei sacerdoti, offre il sacrificio eucaristico. Ed è ancora lo stesso Cristo, realmente presente sotto le specie del pane e del vino, l'offerta del sacrificio eucaristico.

1411 Soltanto i sacerdoti validamente ordinati possono presiedere l'Eucaristia e consacrare il pane e il vino perché diventino il Corpo e il Sangue del Signore.

1412 I segni essenziali del sacramento eucaristico sono il pane di grano e il vino della vite, sui quali viene invocata la benedizione dello Spirito Santo e il sacerdote pronunzia le parole della consacrazione dette da Gesù durante l'ultima Cena: « Questo è il mio Corpo dato per voi. [...] Questo è il calice del mio Sangue ».

1413 Mediante la consacrazione si opera la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Sotto le specie consacrate del pane e del vino, Cristo stesso, vivente e glorioso, è presente in maniera vera, reale e sostanziale, il suo Corpo e Sangue con la sua anima e divinità. (252)

(252) Cf Concilio di Trento, Sess. 13a, Decretum de ss. Eucharistia, c. 3:
DS 1640 Ibid., canone 1: DS 1651.

1414 In quanto sacrificio, l'Eucaristia viene anche offerta in riparazione dei peccati dei vivi e dei defunti, e al fine di ottenere da Dio benefici spirituali o temporali.

1415 Chi vuole ricevere Cristo nella Comunione eucaristica deve essere in stato di grazia. Se uno è consapevole di aver peccato mortalmente, non deve accostarsi all'Eucaristia senza prima aver ricevuto l'assoluzione nel sacramento della Penitenza.

1416 La santa Comunione al Corpo e al Sangue di Cristo accresce in colui che si comunica l'unione con il Signore, gli rimette i peccati veniali e lo preserva dai peccati gravi. Poiché vengono rafforzati i vincoli di carità tra colui che si comunica e Cristo, ricevere questo sacramento rafforza l'unità della Chiesa, corpo mistico di Cristo.

1417 La Chiesa raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la santa Comunione quando partecipano alla celebrazione dell'Eucaristia; ne fa loro obbligo almeno una volta all'anno.

1418 Poiché Cristo stesso è presente nel Sacramento dell'altare, bisogna onorarlo con un culto di adorazione. La visita al Santissimo Sacramento « è prova di gratitudine, segno di amore e debito di riconoscenza a Cristo Signore ». (253)

(253) Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei MF 771, AAS 57 (1965) 771.

1419 Poiché Cristo è passato da questo mondo al Padre, nell'Eucaristia ci dona il pegno della gloria futura presso di lui: la partecipazione al santo sacrificio ci identifica con il suo cuore, sostiene le nostre forze lungo il pellegrinaggio di questa vita, ci fa desiderare la vita eterna e già ci unisce alla Chiesa del cielo, alla beatissima Vergine e a tutti i santi.







CAPITOLO SECONDO

I SACRAMENTI DI GUARIGIONE

1420 Attraverso i sacramenti dell'iniziazione cristiana, l'uomo riceve la vita nuova di Cristo. Ora, questa vita, noi la portiamo « in vasi di creta » (2Co 4,7). Adesso è ancora « nascosta con Cristo in Dio » (Col 3,3). Noi siamo ancora nella nostra abitazione terrena, (1) sottomessa alla sofferenza, alla malattia e alla morte. Questa vita nuova di figlio di Dio può essere indebolita e persino perduta a causa del peccato.

(1) Cf 2Co 5,1.

1421 Il Signore Gesù Cristo, medico delle nostre anime e dei nostri corpi, colui che ha rimesso i peccati al paralitico e gli ha reso la salute del corpo, (2) ha voluto che la sua Chiesa continui, nella forza dello Spirito Santo, la sua opera di guarigione e di salvezza, anche presso le proprie membra. È lo scopo dei due sacramenti di guarigione: del sacramento della Penitenza e dell'Unzione degli infermi.

(2) Cf
Mc 2,1-12).



ARTICOLO 4

IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA E DELLA RICONCILIAZIONE

1422 « Quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l'esempio e la preghiera ». (3)

(3) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 11, AAS 57 (1965) 15.



I. Come viene chiamato questo sacramento?

1423 È chiamato sacramento della Conversione poiché realizza sacramentalmente l'appello di Gesù alla conversione, (4) il cammino di ritorno al Padre (5) da cui ci si è allontanati con il peccato. È chiamato sacramento della Penitenza poiché consacra un cammino personale ed ecclesiale di conversione, di pentimento e di soddisfazione del cristiano peccatore.

(4) Cf
Mc 1,15.
(5) Cf Lc 15,18.

1424 È chiamato sacramento della Confessione poiché l'accusa, la confessione dei peccati davanti al sacerdote è un elemento essenziale di questo sacramento. In un senso profondo esso è anche una « confessione », riconoscimento e lode della santità di Dio e della sua misericordia verso l'uomo peccatore. È chiamato sacramento del Perdono poiché, attraverso l'assoluzione sacramentale del sacerdote, Dio accorda al penitente « il perdono e la pace ». (6)
È chiamato sacramento della Riconciliazione perché dona al peccatore l'amore di Dio che riconcilia: « Lasciatevi riconciliare con Dio » (
2Co 5,20). Colui che vive dell'amore misericordioso di Dio è pronto a rispondere all'invito del Signore: « Va' prima a riconciliarti con il tuo fratello » (Mt 5,24).

(6) Rito della Penitenza, 46. 55 (Libreria Editrice Vaticana 1974) p. 51. 81.



Catechismo Chiesa Catt. 1373