Catechismo Chiesa Catt. 1532


CAPITOLO TERZO

I SACRAMENTI AL SERVIZIO DELLA COMUNIONE

1533 Il Battesimo, la Confermazione e l'Eucaristia sono i sacramenti dell'iniziazione cristiana. Essi fondano la vocazione comune di tutti i discepoli di Cristo, vocazione alla santità e alla missione di evangelizzare il mondo. Conferiscono le grazie necessarie per vivere secondo lo Spirito in questa vita di pellegrini in cammino verso la patria.

1534 Due altri sacramenti, l'Ordine e il Matrimonio, sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri. Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all'edificazione del popolo di Dio.

1535 In questi sacramenti, coloro che sono già stati consacrati (138) mediante il Battesimo e la Confermazione per il sacerdozio comune di tutti i fedeli, possono ricevere consacrazioni particolari. Coloro che ricevono il sacramento dell'Ordine sono consacrati per essere « posti, in nome di Cristo, a pascere la Chiesa con la parola e la grazia di Dio ». (139) Da parte loro, « i coniugi cristiani sono corroborati e come consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro stato ». (140)

(138) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 10, AAS 57 (1965) 14.
(139) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 11, AAS 57 (1965) 15.
(140) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 48, AAS 58 (1966) 1068.


ARTICOLO 6

IL SACRAMENTO DELL'ORDINE

1536 L'Ordine è il sacramento grazie al quale la missione affidata da Cristo ai suoi Apostoli continua ad essere esercitata nella Chiesa sino alla fine dei tempi: è, dunque, il sacramento del ministero apostolico. Comporta tre gradi: l'Episcopato, il presbiterato e il diaconato. [Per l'istituzione e la missione del ministero apostolico da parte di Cristo, cf nn. CEC 874-896. Qui si tratta soltanto della via sacramentale attraverso la quale tale ministero viene trasmesso.]



I. Perché il nome di sacramento dell'Ordine?

1537 La parola Ordine, nell'antichità romana, designava corpi costituiti in senso civile, soprattutto il corpo di coloro che governano. « Ordinatio » – ordinazione – indica l'integrazione in un « ordo » – ordine –. Nella Chiesa ci sono corpi costituiti che la Tradizione, non senza fondamenti scritturistici, (141) chiama sin dai tempi antichi con il nome di « taxeis » (in greco), di ordines: così la liturgia parla dell'« ordo Episcoporum » – ordine dei Vescovi –, dell'« ordo presbyterorum » – ordine dei presbiteri –, dell'« ordo diaconorum » – ordine dei diaconi. Anche altri gruppi ricevono questo nome di « ordo »: i catecumeni, le vergini, gli sposi, le vedove...

(141) Cf
He 5,6 He 7,11 Ps 110,4.

1538 L'integrazione in uno di questi corpi ecclesiali avveniva con un rito chiamato ordinatio, atto religioso e liturgico che consisteva in una consacrazione, una benedizione o un sacramento. Oggi la parola « ordinatio » è riservata all'atto sacramentale che integra nell'ordine dei Vescovi, dei presbiteri e dei diaconi e che va al di là di una semplice elezione, designazione, delega o istituzione da parte della comunità, poiché conferisce un dono dello Spirito Santo che permette di esercitare una potestà sacra (« sacra potestas »), (142) la quale non può venire che da Cristo stesso, mediante la sua Chiesa. L'ordinazione è chiamata anche « consecratio » – consacrazione – poiché è una separazione e una investitura da parte di Cristo stesso, per la sua Chiesa. L'imposizione delle mani del Vescovo, insieme con la preghiera consacratoria, costituisce il segno visibile di tale consacrazione.

(142) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 10, AAS 57 (1965) 14.


II. Il sacramento dell'Ordine nell'Economia della salvezza


Il sacerdozio dell'Antica Alleanza

1539 Il popolo eletto fu costituito da Dio come « un regno di sacerdoti e una nazione santa » (Ex 19,6). (143) Ma, all'interno del popolo di Israele, Dio scelse una delle dodici tribù, quella di Levi, riservandola per il servizio liturgico; (144) Dio stesso è la sua parte di eredità. (145) Un rito proprio ha consacrato le origini del sacerdozio dell'Antica Alleanza. (146) In essa i sacerdoti sono costituiti « per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati ». (147)

(143) Cf Is 61,6.
(144) Cf Nm Nb 1,48-53.
(145) Cf Jos 13,33.
(146) Cf Ex 29,1-30 Lv 8.
(147) Cf He 5,1.

1540 Istituito per annunciare la parola di Dio (148) e per ristabilire la comunione con Dio mediante i sacrifici e la preghiera, tale sacerdozio resta tuttavia impotente a operare la salvezza, avendo bisogno di offrire continuamente sacrifici e non potendo portare ad una santificazione definitiva, (149) che soltanto il sacrificio di Cristo avrebbe operato.

(148) Cf
Ml 2,7-9.
(149) Cf He 5,3 He 7,27 He 10,1-4.

1541 La liturgia della Chiesa vede tuttavia nel sacerdozio di Aronne e nel servizio dei leviti, come pure nell'istituzione dei settanta « Anziani », (150) prefigurazioni del ministero ordinato della Nuova Alleanza. Così, nel rito latino, la Chiesa si esprime nella preghiera consacratoria dell'ordinazione dei Vescovi:

« O Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, [...] con la parola di salvezza hai dato norme di vita nella tua Chiesa: tu, dal principio, hai eletto Abramo come padre dei giusti, hai costituito capi e sacerdoti per non lasciare mai senza ministero il tuo santuario... ». (151)

(150) Cf
Nb 11,24-25.
(151) Pontificale Romano. Ordinazione del Vescovo, dei presbiteri e dei diaconi, Ordinazione del Vescovo. Preghiera di ordinazione, 52 (Libreria Editrice Vaticana 1992) p. 48.

1542 Nell'ordinazione dei sacerdoti, la Chiesa prega:

« Signore, Padre santo, [...] nell'Antica Alleanza presero forma e figura vari uffici istituiti per il servizio liturgico. A Mosè e ad Aronne, da te prescelti per reggere e santificare il tuo popolo, associasti collaboratori che li seguivano nel grado e nella dignità. Nel cammino dell'esodo comunicasti a settanta uomini saggi e prudenti lo spirito di Mosè tuo servo [...]. Tu rendesti partecipi i figli di Aronne della pienezza del loro padre ». (152)

(152) Pontificale Romano. Ordinazione del Vescovo, dei presbiteri e dei diaconi, Ordinazione dei presbiteri. Preghiera di ordinazione, 146 (Libreria Editrice Vaticana 1992) pp. 98-99.

1543 E nella preghiera consacratoria per l'ordinazione dei diaconi, la Chiesa confessa:

« Dio onnipotente, [...] tu hai formato la Chiesa [...]; hai disposto che mediante i tre gradi del ministero da te istituito cresca e si edifichi il nuovo tempio, come in antico scegliesti i figli di Levi a servizio del tabernacolo santo ». (153)

(153) Pontificale Romano. Ordinazione del Vescovo, dei presbiteri e dei diaconi, Ordinazione dei diaconi. Preghiera di ordinazione, 230 (Libreria Editrice Vaticana 1992) p. 144.


L'unico sacerdozio di Cristo

1544 Tutte le prefigurazioni del sacerdozio dell'Antica Alleanza trovano il loro compimento in Cristo Gesù, « unico [...] mediatore tra Dio e gli uomini » (1Tm 2,5). Melchisedek, « sacerdote del Dio altissimo » (Gn 14,18), è considerato dalla Tradizione cristiana come una prefigurazione del sacerdozio di Cristo, unico « sommo sacerdote alla maniera di Melchisedek » (He 5,10 He 6,20), « santo, innocente, senza macchia » (He 7,26), il quale « con un'unica oblazione [...] ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati » (He 10,14), cioè con l'unico sacrificio della sua croce.

1545 Il sacrificio redentore di Cristo è unico, compiuto una volta per tutte. Tuttavia è reso presente nel sacrificio eucaristico della Chiesa. Lo stesso vale per l'unico sacerdozio di Cristo: esso è reso presente dal sacerdozio ministeriale senza che venga diminuita l'unicità del sacerdozio di Cristo. « Infatti solo Cristo è il vero Sacerdote, mentre gli altri sono i suoi ministri ». (154)

(154) San Tommaso d'Aquino, Commentarium in epistolam ad Hebraeos, c. 7, lect. 4: Opera omnia, v. 21 (Parigi 1876) p. 647.


Due partecipazioni all'unico sacerdozio di Cristo

1546 Cristo, Sommo Sacerdote e unico mediatore, ha fatto della Chiesa un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre. (155) Tutta la comunità dei credenti è, come tale, sacerdotale. I fedeli esercitano il loro sacerdozio battesimale attraverso la partecipazione, ciascuno secondo la vocazione sua propria, alla missione di Cristo, Sacerdote, Profeta e Re. È per mezzo dei sacramenti del Battesimo e della Confermazione che i fedeli « vengono consacrati a formare [...] un sacerdozio santo ». (156)

(155) Cf
Ap 1,6 Ap 5,9-10 1P 2,5 1P 2,9.
(156) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 10, AAS 57 (1965) 14.

1547 Il sacerdozio ministeriale o gerarchico dei Vescovi e dei sacerdoti e il sacerdozio comune di tutti i fedeli, anche se « l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano all'unico sacerdozio di Cristo », (157) differiscono tuttavia essenzialmente, pur essendo « ordinati l'uno all'altro ». (158) In che senso? Mentre il sacerdozio comune dei fedeli si realizza nello sviluppo della grazia battesimale – vita di fede, di speranza e di carità, vita secondo lo Spirito –, il sacerdozio ministeriale è al servizio del sacerdozio comune, è relativo allo sviluppo della grazia battesimale di tutti i cristiani. È uno dei mezzi con i quali Cristo continua a costruire e a guidare la sua Chiesa. Proprio per questo motivo viene trasmesso mediante un sacramento specifico, il sacramento dell'Ordine.

(157) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 10, AAS 57 (1965) 14.
(158) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 10, AAS 57 (1965) 14.


In persona di Cristo Capo

1548 Nel servizio ecclesiale del ministero ordinato è Cristo stesso che è presente alla sua Chiesa in quanto Capo del suo corpo, Pastore del suo gregge, Sommo Sacerdote del sacrificio redentore, Maestro di verità. È ciò che la Chiesa esprime dicendo che il sacerdote, in virtù del sacramento dell'Ordine, agisce « in persona Christi Capitis » – in persona di Cristo Capo: (159)

« È il medesimo Sacerdote, Cristo Gesù, di cui realmente il ministro fa le veci. Costui se, in forza della consacrazione sacerdotale che ha ricevuto, è in verità assimilato al Sommo Sacerdote, gode della potestà di agire con la potenza dello stesso Cristo che rappresenta ("virtute ac persona ipsius Christi") ». (160)
« Cristo è la fonte di ogni sacerdozio: infatti il sacerdote della Legge [antica] era figura di lui, mentre il sacerdote della nuova Legge agisce in persona di lui ». (161)

(159) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 10, AAS 57 (1965) 14; Ibid., LG 28: AAS 57 (1965) 34; Id., Cost. Sacrosanctum Concilium, SC 33: AAS 56 (1964) 108; Id., Decr. Christus Dominus, CD 11: AAS 58 (1966) 677; Id., Decr. Presbyterorum ordinis, PO 2: AAS 58 (1966) 992; Ibid., PO 6: AAS 58 (1966) 999.
(160) Pio XII, Lett. enc. Mediator Dei: AAS 14 (1947) 548.
(161) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III 22,4, c: Ed. Leon. 11, 260.

1549 Attraverso il ministero ordinato, specialmente dei Vescovi e dei sacerdoti, la presenza di Cristo quale Capo della Chiesa è resa visibile in mezzo alla comunità dei credenti. (162) Secondo la bella espressione di sant'Ignazio di Antiochia, il Vescovo è « typos tou Patros » come l'immagine vivente di Dio Padre. (163)

(162) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 21, AAS 57 (1965) 24.
(163) Cf Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Trallianos, 3, 1: SC 10bis, 96 (Funk 1, 244); Id., Epistula ad Magnesios, 6,1: SC 10bis, 84 (Funk 1, 234).

1550 Questa presenza di Cristo nel ministro non deve essere intesa come se costui fosse premunito contro ogni debolezza umana, lo spirito di dominio, gli errori, persino il peccato. La forza dello Spirito Santo non garantisce nello stesso modo tutti gli atti dei ministri. Mentre nell'amministrazione dei sacramenti viene data questa garanzia, così che neppure il peccato del ministro può impedire il frutto della grazia, esistono molti altri atti in cui l'impronta umana del ministro lascia tracce che non sono sempre segno della fedeltà al Vangelo e che di conseguenza possono nuocere alla fecondità apostolica della Chiesa.

1551 Questo sacerdozio è ministeriale. « Questo ufficio che il Signore ha affidato ai Pastori del suo popolo è un vero servizio ». (164) Esso è interamente riferito a Cristo e agli uomini. Dipende interamente da Cristo e dal suo unico sacerdozio ed è stato istituito in favore degli uomini e della comunità della Chiesa. Il sacramento dell'Ordine comunica « una potestà sacra », che è precisamente quella di Cristo. L'esercizio di tale autorità deve dunque misurarsi sul modello di Cristo, che per amore si è fatto l'ultimo e il servo di tutti. (165) « Il Signore ha esplicitamente detto che la sollecitudine per il suo gregge era una prova di amore verso di lui ». (166)

(164) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 24, AAS 57 (1965) 29.
(165) Cf Mc 10,43-45 1P 5,3.
(166) San Giovanni Crisostomo, De sacerdotio, 2, 4: SC 272,118; cf Jn 21,15-17.


... «a nome di tutta la Chiesa»

1552 Il sacerdozio ministeriale non ha solamente il compito di rappresentare Cristo – Capo della Chiesa – di fronte all'assemblea dei fedeli; esso agisce anche a nome di tutta la Chiesa allorché presenta a Dio la preghiera della Chiesa (167) e soprattutto quando offre il sacrificio eucaristico. (168)

(167) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 33, AAS 56 (1964) 108.
(168) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 10, AAS 57 (1965) 14.

1553 « A nome di tutta la Chiesa ». Ciò non significa che i sacerdoti siano i delegati della comunità. La preghiera e l'offerta della Chiesa sono inseparabili dalla preghiera e dall'offerta di Cristo, suo Capo. È sempre il culto di Cristo nella sua Chiesa e per mezzo di essa. È tutta la Chiesa, corpo di Cristo, che prega e si offre, « per ipsum et cum ipso et in ipso » – per lui, con lui e in lui – nell'unità dello Spirito Santo, a Dio Padre. Tutto il corpo, « Caput et membra » – Capo e membra – prega e si offre; per questo coloro che, nel corpo, sono suoi ministri in senso proprio, vengono chiamati ministri non solo di Cristo, ma anche della Chiesa. Proprio perché rappresenta Cristo, il sacerdozio ministeriale può rappresentare la Chiesa.



III. I tre gradi del sacramento dell'Ordine

1554 « Il ministero ecclesiastico di istituzione divina viene esercitato in diversi ordini da quelli che già anticamente sono chiamati Vescovi, presbiteri, diaconi ». (169) La dottrina cattolica, espressa nella liturgia, nel Magistero e nella pratica costante della Chiesa, riconosce che esistono due gradi di partecipazione ministeriale al sacerdozio di Cristo: l'Episcopato e il presbiterato. Il diaconato è finalizzato al loro aiuto e al loro servizio. Per questo il termine « sacerdos » – sacerdote – designa, nell'uso attuale, i Vescovi e i presbiteri, ma non i diaconi. Tuttavia, la dottrina cattolica insegna che i gradi di partecipazione sacerdotale (Episcopato e presbiterato) e il grado di servizio (diaconato) sono tutti e tre conferiti da un atto sacramentale chiamato « ordinazione », cioè dal sacramento dell'Ordine:

« Tutti rispettino i diaconi come lo stesso Gesù Cristo, e il Vescovo come l'immagine del Padre, e i presbiteri come senato di Dio e come collegio apostolico: senza di loro non c'è Chiesa ». (170)

(169) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 28, AAS 57 (1965) 33-34.
(170) Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Trallianos, 3, 1: SC 10bis, 96 (Funk 1, 244).


L'ordinazione episcopale - pienezza del sacramento dell'Ordine

1555 « Fra i vari ministeri che fin dai primi tempi si esercitano nella Chiesa, secondo la testimonianza della tradizione, tiene il primo posto l'ufficio di quelli che, costituiti nell'Episcopato, per successione che risale all'origine, possiedono i tralci del seme apostolico ». (171)

(171) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 20, AAS 57 (1965) 23.

1556 Per adempiere alla loro alta missione, « gli Apostoli sono stati arricchiti da Cristo con una speciale effusione dello Spirito Santo discendente su loro, ed essi stessi, con l'imposizione delle mani, hanno trasmesso questo dono dello Spirito ai loro collaboratori, dono che è stato trasmesso fino a noi nella consacrazione episcopale ». (172)

(172) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 21, AAS 57 (1965) 24.

1557 Il Concilio Vaticano II insegna che « con la consacrazione episcopale viene conferita la pienezza del sacramento dell'Ordine, quella cioè che dalla consuetudine liturgica della Chiesa e dalla voce dei santi Padri viene chiamata sommo sacerdozio, vertice ["summa"] del sacro ministero ». (173)

(173) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 21, AAS 57 (1965) 25.

1558 « La consacrazione episcopale conferisce pure, con l'ufficio di santificare, gli uffici di insegnare e di governare [...]. Infatti [...] con l'imposizione delle mani e con le parole della consacrazione la grazia dello Spirito Santo viene conferita e viene impresso un sacro carattere, in maniera che i Vescovi, in modo eminente e visibile, sostengano le parti dello stesso Cristo Maestro, Pastore e Pontefice, e agiscano in sua persona ["in Eius persona agant"] ». (174) « Perciò i Vescovi, per virtù dello Spirito Santo, che loro è stato dato, sono divenuti veri e autentici Maestri della fede, Pontefici e Pastori ». (175)

(174) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 21, AAS 57 (1965) 25.
(175) Concilio Vaticano II, Decr. Christus Dominus CD 2, AAS 58 (1966) 674.

1559 « Uno viene costituito membro del Corpo episcopale in virtù della consacrazione episcopale e mediante la comunione gerarchica col capo del Collegio e con i membri ». (176) Il carattere e la natura collegiale dell'ordine episcopale si manifestano, tra l'altro, nell'antica prassi della Chiesa che per la consacrazione di un nuovo Vescovo vuole la partecipazione di più Vescovi. (177) Per l'ordinazione legittima di un Vescovo, oggi è richiesto un intervento speciale del Vescovo di Roma, per il fatto che egli è il supremo vincolo visibile della comunione delle Chiese particolari nell'unica Chiesa e il garante della loro libertà.

(176) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 22, AAS 57 (1965) 26.
(177) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 22, AAS 57 (1965) 26.

1560 Ogni Vescovo ha, quale vicario di Cristo, l'ufficio pastorale della Chiesa particolare che gli è stata affidata, ma nello stesso tempo porta collegialmente con tutti i fratelli nell'Episcopato la sollecitudine per tutte le Chiese: « Se ogni Vescovo è propriamente Pastore soltanto della porzione del gregge affidata alle sue cure, la sua qualità di legittimo successore degli Apostoli, per istituzione divina, lo rende solidalmente responsabile della missione apostolica della Chiesa ». (178)

(178) Pio XII, Lett. enc. Fidei donum: AAS 49 (1957) 237; cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium,
LG 23: AAS 57 (1965) 27-28; Id., Decr. Christus Dominus, CD 4: AAS 58 (1966) 674-675; Ibid., CD 36: AAS 58 (1966) 692; Ibid., CD 37: AAS 58 (1966) 693; Id., Decr. Ad gentes, AGD 5: AAS 58 (1966) 951-952; Ibid., AGD 6: AAS 58 (1966) 952-953; Ibid., AGD 38: AAS 58 (1966) 984-986.

1561 Quanto è stato detto spiega perché l'Eucaristia celebrata dal Vescovo ha un significato tutto speciale come espressione della Chiesa riunita attorno all'altare sotto la presidenza di colui che rappresenta visibilmente Cristo, Buon Pastore e Capo della sua Chiesa. (179)

(179) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 41, AAS 56 (1964) 111; Id., Cost. dogm. Lumen gentium, LG 26: AAS 57 (1965) 31-32.


L'ordinazione dei presbiteri - cooperatori dei Vescovi

1562 « Cristo, consacrato e mandato nel mondo dal Padre, per mezzo dei suoi Apostoli ha reso partecipi della sua consacrazione e della sua missione i loro successori, cioè i Vescovi, i quali hanno legittimamente affidato, secondo diversi gradi, l'ufficio del loro ministero a vari soggetti nella Chiesa ». (180) « La [loro] funzione ministeriale fu trasmessa in grado subordinato ai presbiteri, affinché questi, costituiti nell'ordine del presbiterato, fossero cooperatori dell'ordine episcopale, per il retto assolvimento della missione apostolica affidata da Cristo ». (181)

(180) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 28, AAS 57 (1965) 33.
(181) Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis PO 2, AAS 58 (1966) 992.

1563 « La funzione dei presbiteri, in quanto strettamente unita all'ordine episcopale, partecipa dell'autorità con la quale Cristo stesso fa crescere, santifica e governa il proprio corpo. Per questo motivo, il sacerdozio dei presbiteri, pur presupponendo i sacramenti dell'iniziazione cristiana, viene conferito da quel particolare sacramento per il quale i presbiteri, in virtù dell'unzione dello Spirito Santo, sono segnati da uno speciale carattere che li configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in nome e nella persona di Cristo Capo ». (182)

(182) Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis
PO 2, AAS 58 (1966) 992.

1564 « I presbiteri, pur non possedendo il vertice del sacerdozio e dipendendo dai Vescovi nell'esercizio della loro potestà, sono tuttavia a loro uniti nell'onore sacerdotale e in virtù del sacramento dell'Ordine, a immagine di Cristo, Sommo ed eterno Sacerdote, (183) sono consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti del Nuovo Testamento ». (184)

(183) Cf
He 5,1-10 He 7,24 He 9,11-28.
(184) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 28, AAS 57 (1965) 34.

1565 In virtù del sacramento dell'Ordine i sacerdoti partecipano alla dimensione universale della missione affidata da Cristo agli Apostoli. Il dono spirituale che hanno ricevuto nell'ordinazione non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, « fino agli ultimi confini della terra » (Ac 1,8), (185) « pronti nel loro animo a predicare dovunque il Vangelo ». (186)

(185) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis PO 10, AAS 558 (1966) 1007.
(186) Concilio Vaticano II, Decr. Optatam totius OT 20, AAS 58 (1966) 726.

1566 Essi « soprattutto esercitano la loro funzione sacra nel culto o assemblea eucaristica, dove, agendo in persona di Cristo, e proclamando il suo mistero, uniscono i voti dei fedeli al sacrificio del loro Capo e nel sacrificio della Messa rendono presente e applicano, fino alla venuta del Signore, l'unico sacrificio del Nuovo Testamento, il sacrificio cioè di Cristo, che una volta per tutte si offre al Padre quale vittima immacolata ». (187) Da questo unico sacrificio tutto il loro ministero sacerdotale trae la sua forza. (188)

(187) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 28, AAS 57 (1965) 34.
(188) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis PO 2, AAS 58 (1966) 993.

1567 « I presbiteri, saggi collaboratori dell'ordine episcopale e suo aiuto e strumento, chiamati al servizio del popolo di Dio, costituiscono col loro Vescovo un unico presbiterio, sebbene destinato a uffici diversi. Nelle singole comunità locali di fedeli rendono, per così dire, presente il Vescovo, cui sono uniti con animo fiducioso e grande, condividono in parte le sue funzioni e la sua sollecitudine e le esercitano con dedizione quotidiana ». (189) I sacerdoti non possono esercitare il loro ministero se non in dipendenza dal Vescovo e in comunione con lui. La promessa di obbedienza che fanno al Vescovo al momento dell'ordinazione e il bacio di pace del Vescovo al termine della liturgia dell'ordinazione significano che il Vescovo li considera come suoi collaboratori, suoi figli, suoi fratelli e suoi amici, e che, in cambio, essi gli devono amore e obbedienza.

(189) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 28, AAS 57 (1965) 35.

1568 « I presbiteri, costituiti nell'ordine del presbiterato mediante l'ordinazione, sono tutti tra loro uniti da intima fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono assegnati sotto il proprio Vescovo ». (190) L'unità del presbiterio trova un'espressione liturgica nella consuetudine secondo la quale, durante il rito dell'ordinazione, i presbiteri, dopo il Vescovo, impongono anch'essi le mani.

(190) Concilio Vaticano II. Decr. Presbyterorum ordinis
PO 8, AAS 58 (1966) 1003.


L'ordinazione dei diaconi - « per il servizio »

1569 « In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani "non per il sacerdozio, ma per il servizio" ». (191) Per l'ordinazione al diaconato soltanto il Vescovo impone le mani, significando così che il diacono è legato in modo speciale al Vescovo nei compiti della sua « diaconia ». (192)

(191) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 29, AAS 57 (1965) 36; cf Id., Decr. Christus Dominus, CD 15: AAS 58 (1966) 679.
(192) Cf Sant'Ippolito di Roma, Traditio apostolica, 8: ed. B. Botte (Münster i.W. 1989) p. 22-24.

1570 I diaconi partecipano in una maniera particolare alla missione e alla grazia di Cristo. (193) Il sacramento dell'Ordine imprime in loro un sigillo (« carattere ») che nulla può cancellare e che li configura a Cristo, il quale si è fatto « diacono », cioè servo di tutti. (194) Compete ai diaconi, tra l'altro, assistere il Vescovo e i presbiteri nella celebrazione dei divini misteri, soprattutto dell'Eucaristia, distribuirla, assistere e benedire il Matrimonio, proclamare il Vangelo e predicare, presiedere ai funerali e dedicarsi ai vari servizi della carità. (195)

(193) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 41, AAS 57 (1965) 46; Id., Decr. Ad gentes, AGD 16: AAS 58 (1966) 967.
(194) Cf Mc 10,45 Lc 22,27; San Policarpo di Smirne, Epistula ad Philippenses 5,2, SC 10bis 182.
(195) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 29, AAS 57 (1965) 36; Id., Cost. Sacrosanctum Concilium, SC 35, 4: AAS 56 (1964) 109; Id., Decr. Ad gentes, AGD 16: AAS 58 (1966) 967.

1571 Dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa latina ha ripristinato il diaconato « come un grado proprio e permanente della gerarchia », (196) mentre le Chiese d'Oriente lo avevano sempre conservato. Il diaconato permanente, che può essere conferito a uomini sposati, costituisce un importante arricchimento per la missione della Chiesa. In realtà, è conveniente e utile che gli uomini che nella Chiesa adempiono un ministero veramente diaconale, sia nella vita liturgica e pastorale, sia nelle opere sociali e caritative « siano fortificati per mezzo dell'imposizione delle mani, trasmessa dal tempo degli Apostoli, e siano più strettamente uniti all'altare, per poter esplicare più fruttuosamente il loro ministero con l'aiuto della grazia sacramentale del diaconato ». (197)

(196) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 29, AAS 57 (1965) 36.
(197) Concilio Vaticano II, Decr. Ad gentes AGD 16, AAS 58 (1966) 967.


IV. La celebrazione di questo sacramento

1572 La celebrazione dell'ordinazione di un Vescovo, di presbiteri o di diaconi, data la sua importanza per la vita della Chiesa particolare, richiede il concorso del maggior numero possibile di fedeli. Avrà luogo preferibilmente la domenica e nella cattedrale, con quella solennità che si addice alla circostanza. Le tre ordinazioni, del Vescovo, del presbitero, e del diacono, hanno la medesima configurazione. Il loro posto è in seno alla liturgia eucaristica.

1573 Il rito essenziale del sacramento dell'Ordine è costituito, per i tre gradi, dall'imposizione delle mani, da parte del Vescovo, sul capo dell'ordinando come pure dalla specifica preghiera consacratoria che domanda a Dio l'effusione dello Spirito Santo e dei suoi doni adatti al ministero per il quale il candidato viene ordinato. (198)

(198) Cf Pio XII, Cost. ap. Sacramentum Ordinis:
DS 3858.

1574 Come in tutti i sacramenti, accompagnano la celebrazione alcuni riti annessi. Pur variando notevolmente nelle diverse tradizioni liturgiche, essi hanno in comune la proprietà di esprimere i molteplici aspetti della grazia sacramentale. Così, nel rito latino, i riti di introduzione – la presentazione e l'elezione dell'ordinando, l'omelia del Vescovo, l'interrogazione dell'ordinando, le litanie dei santi – attestano che la scelta del candidato è stata fatta in conformità alla prassi della Chiesa e preparano l'atto solenne della consacrazione. A questa fanno seguito altri riti che esprimono e completano in maniera simbolica il mistero che si è compiuto: per il Vescovo e il presbitero l'unzione del santo crisma, segno dell'unzione speciale dello Spirito Santo che rende fecondo il loro ministero; la consegna del libro dei Vangeli, dell'anello, della mitra e del pastorale al Vescovo, come segno della sua missione apostolica di annunziare la Parola di Dio, della sua fedeltà alla Chiesa, Sposa di Cristo, del suo compito di Pastore del gregge del Signore; la consegna, al sacerdote, della patena e del calice, l'offerta del popolo santo, (199) che egli è chiamato a presentare a Dio; la consegna del libro dei Vangeli al diacono, che ha ricevuto la missione di annunziare il Vangelo di Cristo.

(199) Cf Pontificale Romano. Ordinazione del Vescovo, dei presbiteri e dei diaconi, Ordinazione dei presbiteri. Consegna del pane e del vino, 150 (Libreria Editrice Vaticana 1992) p. 102.


V. Chi può conferire questo sacramento?

1575 È Cristo che ha scelto gli Apostoli e li ha resi partecipi della sua missione e della sua autorità. Innalzato alla destra del Padre, non abbandona il suo gregge, ma lo custodisce e lo protegge sempre per mezzo degli Apostoli e ancora lo conduce sotto la guida di quegli stessi Pastori che continuano oggi la sua opera. (200) È dunque Cristo che stabilisce alcuni come Apostoli, altri come Pastori. (201) Egli continua ad agire per mezzo dei Vescovi. (202)

(200) Cf Prefazio degli Apostoli I: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 361.
(201) Cf
Ep 4,11.
(202) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 21, AAS 57 (1965) 24.

1576 Poiché il sacramento dell'Ordine è il sacramento del ministero apostolico, spetta ai Vescovi in quanto successori degli Apostoli trasmettere « questo dono dello Spirito », (203) « il seme apostolico ». (204) I Vescovi validamente ordinati, che sono cioè nella linea della successione apostolica, conferiscono validamente i tre gradi del sacramento dell'Ordine. (205)

(203) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 21, AAS 57 (1965) 24.
(204) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 20, AAS 57 (1965) 23.
(205) Cf Innocenzo III, Professio fedei Waldensibus praescripta: DS 794 Concilio Lateranense IV, Cap. 1, De fide catholica: DS 802; CIC canone CIC 1012; CCEO canoni CIO 744 CIO 747.


VI. Chi può ricevere questo sacramento?

1577 « Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile ["vir"] ». (206) Il Signore Gesù ha scelto uomini ["viri"] per formare il collegio dei dodici Apostoli, (207) e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori (208) che sarebbero loro succeduti nel ministero. (209) Il collegio dei Vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino al ritorno di Cristo il collegio dei Dodici. La Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso. Per questo motivo l'ordinazione delle donne non è possibile. (210)

(206) CIC canone
CIC 1024.
(207) Cf Mc 3,14-19 Lc 6,12-16.
(208) Cf 1Tm 3,1-13 2Tm 1,6 Tt 1,5-9.
(209) Cf San Clemente Romano, Epistula ad Corinthios, 42, 4: SC 167,168-170; Ibid 44,3, SC 167,172.
(210) Cf Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, MD 26-27: AAS 80 (1988) 1715-1720; Id., Lett. ap. Ordinatio sacerdotalis: AAS 86 (1994) 545-548; Congregazione per la Dottrina della fede, Dich. Inter insigniores: AAS 69 (1977) 98-116; Id., Risposta al dubbio circa la dottrina della Lett. ap. « Ordinatio Sacerdotalis »: AAS 87 (1995) 1114.

1578 Nessuno ha un diritto a ricevere il sacramento dell'Ordine. Infatti nessuno può attribuire a se stesso questo ufficio. Ad esso si è chiamati da Dio. (211) Chi crede di riconoscere i segni della chiamata di Dio al ministero ordinato, deve sottomettere umilmente il proprio desiderio all'autorità della Chiesa, alla quale spetta la responsabilità e il diritto di chiamare qualcuno a ricevere gli Ordini. Come ogni grazia, questo sacramento non può essere ricevuto che come dono immeritato.

(211) Cf
He 5,4.

1579 Tutti i ministri ordinati della Chiesa latina, ad eccezione dei diaconi permanenti, sono normalmente scelti fra gli uomini credenti che vivono da celibi e che intendono conservare il celibato « per il regno dei cieli » (Mt 19,12). Chiamati a consacrarsi con cuore indiviso al Signore e alle « sue cose », (212) essi si donano interamente a Dio e agli uomini. Il celibato è un segno di questa vita nuova al cui servizio il ministro della Chiesa viene consacrato; abbracciato con cuore gioioso, esso annuncia in modo radioso il regno di Dio. (213)

(212) Cf 1Co 7,32.
(213) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis PO 16, AAS 58 (1966) 1015-1016.

1580 Nelle Chiese Orientali, da secoli, è in vigore una disciplina diversa: mentre i Vescovi sono scelti unicamente fra coloro che vivono nel celibato, uomini sposati possono essere ordinati diaconi e presbiteri. Tale prassi è da molto tempo considerata come legittima; questi presbiteri esercitano un ministero fruttuoso in seno alle loro comunità. (214) D'altro canto il celibato dei presbiteri è in grande onore nelle Chiese Orientali, e numerosi sono i presbiteri che l'hanno scelto liberamente, per il regno di Dio. In Oriente come in Occidente, chi ha ricevuto il sacramento dell'Ordine non può più sposarsi.

(214) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis
PO 16, AAS 58 (1966) 1015.




Catechismo Chiesa Catt. 1532