Catechismo Chiesa Catt. 1580

VII. Gli effetti del sacramento dell'Ordine


Il carattere indelebile

1581 Questo sacramento configura a Cristo in forza di una grazia speciale dello Spirito Santo, allo scopo di servire da strumento di Cristo per la sua Chiesa. Per mezzo dell'ordinazione si viene abilitati ad agire come rappresentanti di Cristo, Capo della Chiesa, nella sua triplice funzione di sacerdote, profeta e re.

1582 Come nel caso del Battesimo e della Confermazione, questa partecipazione alla funzione di Cristo è accordata una volta per tutte. Il sacramento dell'Ordine conferisce, anch'esso, un carattere spirituale indelebile e non può essere ripetuto né essere conferito per un tempo limitato. (215)

(215) Cf Concilio di Trento, Sess. 23a, Doctrina de sacramento Ordinis, c. 4:
DS 1767 Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 21, AAS 57 (1965) 25; Ibid., LG 28: AAS 57 (1965) 34; Ibid., LG 29: AAS 57 (1965) 36; Id., Decr. Presbyterorum ordinis, PO 2: AAS 58 (1966) 992.

1583 Un soggetto validamente ordinato può, certo, per gravi motivi, essere dispensato dagli obblighi e dalle funzioni connessi all'ordinazione o gli può essere fatto divieto di esercitarli, ma non può più ridiventare laico in senso stretto, (216) poiché il carattere impresso dall'ordinazione rimane per sempre. (217) La vocazione e la missione ricevute nel giorno della sua ordinazione lo segnano in modo permanente.

(216) Cf CIC canoni
CIC 290-293 CIC 1336, § 1, 3 e 5. CIC 1338, § 2.
(217) Cf Concilio di Trento, Sess. 23a, Canones de sacramento Ordinis, canone 4: DS 1774.

1584 Poiché in definitiva è Cristo che agisce e opera la salvezza mediante il ministro ordinato, l'indegnità di costui non impedisce a Cristo di agire. (218) Sant'Agostino lo dice con forza:

« Un ministro superbo va messo assieme al diavolo; ma non per questo viene contaminato il dono di Cristo, che attraverso di lui continua a fluire nella sua purezza e per mezzo di lui arriva limpido a fecondare la terra. [...] La virtù spirituale del sacramento è infatti come la luce: giunge pura a coloro che devono essere illuminati e, anche se deve passare attraverso esseri immondi, non viene contaminata ». (219)

(218) Cf Concilio di Trento, Sess. 7a, Canones de sacramentis in genere, canone 12:
DS 1612 Concilio di Costanza, Errores Iohannis Wyclif, 4: DS 1154.
(219) Sant'Agostino, In Iohannis evangelium tractatus, 5, 15: CCL 36, 50 (PL 35, 1422).


La grazia dello Spirito Santo

1585 La grazia dello Spirito Santo propria di questo sacramento consiste in una configurazione a Cristo Sacerdote, Maestro e Pastore del quale l'ordinato è costituito ministro.

1586 Per il Vescovo è innanzi tutto una grazia di fortezza (« Il tuo Spirito che regge e guida »: Preghiera consacratoria del Vescovo nel rito latino (220)): la grazia di guidare e di difendere con forza e prudenza la sua Chiesa come padre e pastore, con un amore gratuito verso tutti e una predilezione per i poveri, gli ammalati e i bisognosi. (221) Questa grazia lo spinge ad annunciare a tutti il Vangelo, ad essere il modello del suo gregge, a precederlo sul cammino della santificazione identificandosi nell'Eucaristia con Cristo Sacerdote e Vittima, senza temere di dare la vita per le sue pecore:

« Concedi, Padre che conosci i cuori, a questo servo che hai scelto per l'Episcopato, di pascere il tuo santo gregge e di esercitare in maniera irreprensibile e in tuo onore la massima dignità sacerdotale, servendoti notte e giorno; di rendere il tuo volto incessantemente propizio e di offrirti i doni della tua santa Chiesa; di avere, in virtù dello spirito del sommo sacerdozio, il potere di rimettere i peccati secondo il tuo comando, di distribuire i compiti secondo la tua volontà e di sciogliere ogni legame in virtù del potere che hai dato agli Apostoli; di esserti accetto per la sua mansuetudine e per la purezza del suo cuore, offrendoti un profumo soave per mezzo di Gesù Cristo tuo Figlio... ». (222)

(220) Pontificale Romano. Ordinazione del Vescovo, dei presbiteri e dei diaconi, Ordinazione del Vescovo. Preghiera di ordinazione, 52 (Libreria Editrice Vaticana 1992) p. 48.
(221) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Christus Dominus
CD 13, AAS 58 (1966) 678-679; Ibid., CD 16: AAS 58 (1966) 680-681.
(222) Sant'Ippolito di Roma, Traditio apostolica, 3: ed. B. Botte (Münster i.W. 1989) p. 8-10.

1587 Il dono spirituale conferito dall'ordinazione presbiterale è espresso da questa preghiera propria del rito bizantino. Il Vescovo, imponendo le mani, dice tra l'altro:

« Signore, riempi di Spirito Santo colui che ti sei degnato di elevare alla dignità sacerdotale, affinché sia degno di stare irreprensibile davanti al tuo altare, di annunciare il Vangelo del tuo regno, di compiere il ministero della tua parola di verità, di offrirti doni e sacrifici spirituali, di rinnovare il tuo popolo mediante il lavacro della rigenerazione; in modo che egli stesso vada incontro al nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo, tuo unico Figlio, nel giorno della sua seconda venuta, e riceva dalla tua immensa bontà la ricompensa di un fedele adempimento del suo ministero ». (223)

(223) Liturgia bizantina. Seconda preghiera dell'imposizione delle mani presbiterale: +ÛP@8`(4@< JÎ µX(" (Roma 1873) p. 136.

1588 Quanto ai diaconi, « sostenuti dalla grazia sacramentale, servono il popolo di Dio nel ministero della liturgia, della parola e della carità, in comunione con il Vescovo e il suo presbiterio ». (224)

(224) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 29, AAS 57 (1965) 36.

1589 Dinanzi alla grandezza della grazia e dell'ufficio sacerdotali, i santi dottori hanno avvertito l'urgente appello alla conversione al fine di corrispondere con tutta la loro vita a colui di cui sono divenuti ministri mediante il sacramento. Così, san Gregorio Nazianzeno, giovanissimo sacerdote, esclama:

« Bisogna cominciare col purificare se stessi prima di purificare gli altri; bisogna essere istruiti per poter istruire; bisogna divenire luce per illuminare, avvicinarsi a Dio per avvicinare a lui gli altri, essere santificati per santificare, condurre per mano e consigliare con intelligenza ». (225) « So di chi siamo i ministri, a quale altezza ci troviamo e chi è colui verso il quale ci dirigiamo. Conosco la grandezza di Dio e la debolezza dell'uomo, ma anche la sua forza ». (226) [Chi è dunque il sacerdote? È] il difensore della verità, « che si eleva con gli angeli, glorifica con gli arcangeli, fa salire sull'altare del cielo le vittime dei sacrifici, condivide il sacerdozio di Cristo, riplasma la creatura, restaura [in essa] l'immagine [di Dio], la ricrea per il mondo di lassù, e, per dire ciò che vi è di più sublime, è divinizzato e divinizza ». (227) E il santo Curato d'Ars: « È il sacerdote che continua l'opera di redenzione sulla terra ». [...] « Se si comprendesse bene il sacerdote qui in terra, si morirebbe non di spavento, ma di amore ». [...] « Il sacerdozio è l'amore del cuore di Gesù ». (228)

(225) San Gregorio Nazianzeno, Oratio 2, 71: SC 247,184.
(226) San Gregorio Nazianzeno, Oratio 2, 74: SC 247,186.
(227) San Gregorio Nazianzeno, Oratio 2, 73: SC 247,186.
(228) B. Nodet, Le Curé d'Ars. Sa pensée-son coeur (Le Puy 1966) p. 98.


In sintesi

1590 San Paolo dice al suo discepolo Timoteo: « Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani » (2Tm 1,6), e: « Se uno aspira all'Episcopato, desidera un nobile lavoro » (1Tm 3,1). A Tito diceva: « Per questo ti ho lasciato a Creta, perché regolassi ciò che rimane da fare e perché stabilissi presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato » (Tt 1,5).

1591 Tutta la Chiesa è un popolo sacerdotale. Grazie al battesimo, tutti i fedeli partecipano al sacerdozio di Cristo. Tale partecipazione si chiama « sacerdozio comune dei fedeli ». Sulla sua base e al suo servizio esiste un'altra partecipazione alla missione di Cristo: quella del ministero conferito dal sacramento dell'Ordine, la cui funzione è di servire a nome e in persona di Cristo Capo in mezzo alla comunità.

1592 Il sacerdozio ministeriale differisce essenzialmente dal sacerdozio comune dei fedeli poiché conferisce un potere sacro per il servizio dei fedeli. I ministri ordinati esercitano il loro servizio presso il popolo di Dio attraverso l'insegnamento (munus docendi), il culto divino (munus liturgicum) e il governo pastorale (munus regendi).

1593 Fin dalle origini, il ministero ordinato è stato conferito ed esercitato in tre gradi: quello dei Vescovi, quello dei presbiteri e quello dei diaconi. I ministeri conferiti dall'ordinazione sono insostituibili per la struttura organica della Chiesa: senza il Vescovo, i presbiteri e i diaconi, non si può parlare di Chiesa. (229)

(229) Cf Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Trallianos, 3, 1: SC 10bis, 96 (Funk 1,244).

1594 Il Vescovo riceve la pienezza del sacramento dell'Ordine che lo inserisce nel Collegio episcopale e fa di lui il capo visibile della Chiesa particolare che gli è affidata. I Vescovi, in quanto successori degli Apostoli e membri del Collegio, hanno parte alla responsabilità apostolica e alla missione di tutta la Chiesa sotto l'autorità del Papa, Successore di san Pietro.

1595 I presbiteri sono uniti ai Vescovi nella dignità sacerdotale e nello stesso tempo dipendono da essi nell'esercizio delle loro funzioni pastorali; sono chiamati ad essere i saggi collaboratori dei Vescovi; riuniti attorno al loro Vescovo formano il « presbiterio », che insieme con lui porta la responsabilità della Chiesa particolare. Essi ricevono dal Vescovo la responsabilità di una comunità parrocchiale o di una determinata funzione ecclesiale.

1596 I diaconi sono ministri ordinati per gli incarichi di servizio della Chiesa; non ricevono il sacerdozio ministeriale, ma l'ordinazione conferisce loro funzioni importanti nel ministero della parola, del culto divino, del governo pastorale e del servizio della carità, compiti che devono assolvere sotto l'autorità pastorale del loro Vescovo.

1597 Il sacramento dell'Ordine è conferito mediante l'imposizione delle mani seguita da una preghiera consacratoria solenne che chiede a Dio per l'ordinando le grazie dello Spirito Santo richieste per il suo ministero. L'ordinazione imprime un carattere sacramentale indelebile.

1598 La Chiesa conferisce il sacramento dell'Ordine soltanto a uomini (viri) battezzati, le cui attitudini per l'esercizio del ministero sono state debitamente riconosciute. Spetta all'autorità della Chiesa la responsabilità e il diritto di chiamare qualcuno a ricevere gli ordini.

1599 Nella Chiesa latina il sacramento dell'Ordine per il presbiterato è conferito normalmente solo a candidati disposti ad abbracciare liberamente il celibato e che manifestano pubblicamente la loro volontà di osservarlo per amore del regno di Dio e del servizio degli uomini.

1600 Spetta ai Vescovi conferire il sacramento dell'Ordine nei tre gradi.




ARTICOLO 7

IL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO

1601 « Il patto matrimoniale con cui l'uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento ». (230)

(230) CIC canone
CIC 1055, § 1.



I. Il matrimonio nel disegno di Dio

1602 La Sacra Scrittura si apre con la creazione dell'uomo e della donna ad immagine e somiglianza di Dio (231) e si chiude con la visione delle « nozze dell'Agnello » (Ap 19,9). (232) Da un capo all'altro la Scrittura parla del Matrimonio e del suo mistero, della sua istituzione e del senso che Dio gli ha dato, della sua origine e del suo fine, delle sue diverse realizzazioni lungo tutta la storia della salvezza, delle sue difficoltà derivate dal peccato e del suo rinnovamento « nel Signore » (1Co 7,39), nella Nuova Alleanza di Cristo e della Chiesa. (233)

(231) Cf Gn 1,26-27.
(232) Cf Ap 19,7.
(233) Cf Ep 5,31-32.


Il matrimonio nell'ordine della creazione

1603 « L'intima comunione di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale [...]. Dio stesso è l'autore del matrimonio ». (234) La vocazione al matrimonio è iscritta nella natura stessa dell'uomo e della donna, quali sono usciti dalla mano del Creatore. Il matrimonio non è un'istituzione puramente umana, malgrado i numerosi mutamenti che ha potuto subire nel corso dei secoli, nelle varie culture, strutture sociali e attitudini spirituali. Queste diversità non devono far dimenticare i tratti comuni e permanenti. Sebbene la dignità di questa istituzione non traspaia ovunque con la stessa chiarezza, (235) esiste tuttavia in tutte le culture un certo senso della grandezza dell'unione matrimoniale. « La salvezza della persona e della società umana e cristiana è strettamente connessa con una felice situazione della comunità coniugale e familiare ». (236)

(234) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 48, AAS 58 (1966) 1067.
(235) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 47, AAS 58 (1966) 1067.
(236) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 47, AAS 58 (1966) 1067.

1604 Dio, che ha creato l'uomo per amore, lo ha anche chiamato all'amore, vocazione fondamentale e innata di ogni essere umano. Infatti l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio (237) che « è amore » (1Jn 4,8 1Jn 4,16). Avendolo Dio creato uomo e donna, il loro reciproco amore diventa un'immagine dell'amore assoluto e indefettibile con cui Dio ama l'uomo. È cosa buona, molto buona, agli occhi del Creatore. (238) E questo amore che Dio benedice è destinato ad essere fecondo e a realizzarsi nell'opera comune della custodia della creazione: « Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela" » (Gn 1,28).

(237) Cf Gn 1,27.
(238) Cf Gn 1,31.

1605 Che l'uomo e la donna siano creati l'uno per l'altro, lo afferma la Sacra Scrittura: « Non è bene che l'uomo sia solo » (Gn 2,18). La donna, « carne della sua carne », (239) sua eguale, del tutto prossima a lui, gli è donata da Dio come « aiuto », (240) rappresentando così Dio dal quale viene il nostro aiuto. (241) « Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne » (Gn 2,24). Che ciò significhi un'unità indefettibile delle loro due esistenze, il Signore stesso lo mostra ricordando quale sia stato, « da principio », il disegno del Creatore: (242) « Così che non sono più due, ma una carne sola » (Mt 19,6).

(239) Cf Gn 2,23.
(240) Cf Gn 2,18.
(241) Cf Ps 121,2.
(242) Cf Mt 19,4.

Il matrimonio sotto il regime del peccato

1606 Ogni uomo fa l'esperienza del male, attorno a sé e in se stesso. Questa esperienza si fa sentire anche nelle relazioni fra l'uomo e la donna. Da sempre la loro unione è stata minacciata dalla discordia, dallo spirito di dominio, dall'infedeltà, dalla gelosia e da conflitti che possono arrivare fino all'odio e alla rottura. Questo disordine può manifestarsi in modo più o meno acuto, e può essere più o meno superato, secondo le culture, le epoche, gli individui, ma sembra proprio avere un carattere universale.

1607 Secondo la fede, questo disordine che noi constatiamo con dolore, non deriva dalla natura dell'uomo e della donna, né dalla natura delle loro relazioni, ma dal peccato. Rottura con Dio, il primo peccato ha come prima conseguenza la rottura della comunione originale dell'uomo e della donna. Le loro relazioni sono distorte da accuse reciproche; (243) la loro mutua attrattiva, dono proprio del Creatore, (244) si cambia in rapporti di dominio e di bramosia; (245) la splendida vocazione dell'uomo e della donna ad essere fecondi, a moltiplicarsi e a soggiogare la terra (246) è gravata dai dolori del parto e dalle fatiche del lavoro. (247)

(243) Cf
Gn 3,12.
(244) Cf Gn 2,22.
(245) Cf Gn 3,16.
(246) Cf Gn 1,28.
(247) Cf Gn 3,16-19.

1608 Tuttavia, anche se gravemente sconvolto, l'ordine della creazione permane. Per guarire le ferite del peccato, l'uomo e la donna hanno bisogno dell'aiuto della grazia che Dio, nella sua infinita misericordia, non ha loro mai rifiutato. (248) Senza questo aiuto l'uomo e la donna non possono giungere a realizzare l'unione delle loro vite, in vista della quale Dio li ha creati « da principio ».

(248) Cf
Gn 3,21.


Il matrimonio sotto la pedagogia della Legge

1609 Nella sua misericordia, Dio non ha abbandonato l'uomo peccatore. Le sofferenze che derivano dal peccato, i dolori del parto, (249) il lavoro « con il sudore del tuo volto » (Gn 3,19) costituiscono anche dei rimedi che attenuano i danni del peccato. Dopo la caduta, il matrimonio aiuta a vincere il ripiegamento su di sé, « l'egoismo », la ricerca del proprio piacere, e ad aprirsi all'altro, all'aiuto vicendevole, al dono di sé.

(249) Cf Gn 3,16.

1610 La coscienza morale riguardante l'unità e l'indissolubilità del matrimonio si è sviluppata sotto la pedagogia della Legge antica. La poligamia dei patriarchi e dei re non è ancora esplicitamente rifiutata. Tuttavia, la Legge data a Mosè mira a proteggere la donna contro l'arbitrarietà del dominio da parte dell'uomo, sebbene anch'essa porti, secondo la parola del Signore, le tracce della « durezza del cuore » dell'uomo, a motivo della quale Mosè ha permesso il ripudio della donna. (250)

(250) Cf
Mt 19,8 Dt 24,1.

1611 Vedendo l'Alleanza di Dio con Israele sotto l'immagine di un amore coniugale esclusivo e fedele, (251) i profeti hanno preparato la coscienza del popolo eletto ad una intelligenza approfondita dell'unicità e dell'indissolubilità del matrimonio. (252) I libri di Rut e di Tobia offrono testimonianze commoventi di un alto senso del matrimonio, della fedeltà e della tenerezza degli sposi. La Tradizione ha sempre visto nel Cantico dei Cantici un'espressione unica dell'amore umano, in quanto è riflesso dell'amore di Dio, amore « forte come la morte » che « le grandi acque non possono spegnere » (Ct 8,6-7).

(251) Cf Os 1-3 Is 54 Is 62 Jr 2-3 Jr 31 Ez 16 Ez 23.
(252) Cf Ml 2,13-17.


Il matrimonio nel Signore

1612 L'Alleanza nuziale tra Dio e il suo popolo Israele aveva preparato l'Alleanza nuova ed eterna nella quale il Figlio di Dio, incarnandosi e offrendo la propria vita, in certo modo ha unito a sé tutta l'umanità da lui salvata, (253) preparando così « le nozze dell'Agnello ». (254)

(253) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 22, AAS 58 (1966) 1042.
(254) Cf Ap 19,7 Ap 19,9.

1613 Alle soglie della sua vita pubblica, Gesù compie il suo primo segno – su richiesta di sua Madre – durante una festa nuziale. (255) La Chiesa attribuisce una grande importanza alla presenza di Gesù alle nozze di Cana. Vi riconosce la conferma della bontà del matrimonio e l'annuncio che ormai esso sarà un segno efficace della presenza di Cristo.

(255) Cf
Jn 2,1-11.

1614 Nella sua predicazione Gesù ha insegnato senza equivoci il senso originale dell'unione dell'uomo e della donna, quale il Creatore l'ha voluta all'origine: il permesso, dato da Mosè, di ripudiare la propria moglie, era una concessione motivata dalla durezza del cuore; (256) l'unione matrimoniale dell'uomo e della donna è indissolubile: Dio stesso l'ha conclusa: « Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi » (Mt 19,6).

(256) Cf Mt 19,8.

1615 Questa inequivocabile insistenza sull'indissolubilità del vincolo matrimoniale ha potuto lasciare perplessi e apparire come un'esigenza irrealizzabile. (257) Tuttavia Gesù non ha caricato gli sposi di un fardello impossibile da portare e troppo gravoso, (258) più pesante della Legge di Mosè. Venendo a ristabilire l'ordine iniziale della creazione sconvolto dal peccato, egli stesso dona la forza e la grazia per vivere il matrimonio nella nuova dimensione del regno di Dio. Seguendo Cristo, rinnegando se stessi, prendendo su di sé la propria croce, (259) gli sposi potranno « capire » (260) il senso originale del matrimonio e viverlo con l'aiuto di Cristo. Questa grazia del Matrimonio cristiano è un frutto della croce di Cristo, sorgente di ogni vita cristiana.

(257) Cf
Mt 19,10.
(258) Cf Mt 11,29-30.
(259) Cf Mc 8,34.
(260) Cf Mt 19,11.

1616 È ciò che l'Apostolo Paolo lascia intendere quando dice: « Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa » (Ep 5,25-26), e aggiunge subito: « "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola". Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! » (Ep 5,31-32).

1617 Tutta la vita cristiana porta il segno dell'amore sponsale di Cristo e della Chiesa. Già il Battesimo, che introduce nel popolo di Dio, è un mistero nuziale: è, per così dire, il lavacro di nozze (261) che precede il banchetto di nozze, l'Eucaristia. Il Matrimonio cristiano diventa, a sua volta, segno efficace, sacramento dell'Alleanza di Cristo e della Chiesa. Poiché ne significa e ne comunica la grazia, il Matrimonio fra battezzati è un vero sacramento della Nuova Alleanza. (262)

(261) Cf
Ep 5,26-27.
(262) Cf Concilio di Trento, Sess. 24a, Doctrina de sacramento Matrimonii: DS 1800 CIC canone CIC 1055, § 1.


La verginità per il Regno

1618 Cristo è il centro di ogni vita cristiana. Il legame con lui occupa il primo posto rispetto a tutti gli altri legami, familiari o sociali. (263) Fin dall'inizio della Chiesa, ci sono stati uomini e donne che hanno rinunciato al grande bene del matrimonio per seguire l'Agnello dovunque vada, (264) per preoccuparsi delle cose del Signore e cercare di piacergli, (265) per andare incontro allo Sposo che viene. (266) Cristo stesso ha invitato certuni a seguirlo in questo genere di vita, di cui egli rimane il modello:

« Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca » (
Mt 19,12).

(263) Cf Lc 14,26 Mc 10,28-31.
(264) Cf Ap 14,4.
(265) Cf 1Co 7,32.
(266) Cf Mt 25,6.

1619 La verginità per il regno dei cieli è uno sviluppo della grazia battesimale, un segno possente della preminenza del legame con Cristo, dell'attesa ardente del suo ritorno, un segno che ricorda pure come il matrimonio sia una realtà del mondo presente che passa. (267)

(267) Cf
Mc 12,25 1Co 7,31.

1620 Entrambi, il sacramento del Matrimonio e la verginità per il regno di Dio, provengono dal Signore stesso. È lui che dà loro senso e concede la grazia indispensabile per viverli conformemente alla sua volontà. (268) La stima della verginità per il Regno (269) e il senso cristiano del Matrimonio sono inseparabili e si favoriscono reciprocamente:

« Chi denigra il matrimonio, sminuisce anche la gloria della verginità; chi lo loda, aumenta l'ammirazione che è dovuta alla verginità [...]. Infatti, ciò che sembra bello solo in rapporto a ciò che è brutto non può essere molto bello; quello che invece è la migliore delle cose considerate buone, è la cosa più bella in senso assoluto ». (270)

(268) Cf
Mt 19,3-12.
(269) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 42, AAS 57 (1965) 48; Id., Decr. Perfectae caritatis, PC 12: AAS 58 (1966) 707; Id., Decr. Optatam totius, OT 10: AAS 58 (1966) 720-721.
(270) San Giovanni Crisostomo, De virginitate, 10, 1: SC 125,122; cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio FC 16, AAS 74 98.


II. La celebrazione del Matrimonio

1621 Nel rito latino, la celebrazione del Matrimonio tra due fedeli cattolici ha luogo normalmente durante la santa Messa, a motivo del legame di tutti i sacramenti con il mistero pasquale di Cristo. (271) Nell'Eucaristia si realizza il memoriale della Nuova Alleanza, nella quale Cristo si è unito per sempre alla Chiesa, sua diletta Sposa per la quale ha dato se stesso. (272) È dunque conveniente che gli sposi suggellino il loro consenso a donarsi l'uno all'altro con l'offerta delle loro proprie vite, unendolo all'offerta di Cristo per la sua Chiesa, resa presente nel sacrificio eucaristico, e ricevendo l'Eucaristia, affinché, nel comunicare al medesimo Corpo e al medesimo Sangue di Cristo, essi « formino un corpo solo » in Cristo. (273)

(271) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 61, AAS 56 (1964) 116-117.
(272) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 6, AAS 57 (1965) 9.
(273) Cf 1Co 10,17.

1622 « In quanto gesto sacramentale di santificazione, la celebrazione liturgica del Matrimonio [...] deve essere per sé valida, degna e fruttuosa ». (274) Conviene quindi che i futuri sposi si dispongano alla celebrazione del loro Matrimonio ricevendo il sacramento della Penitenza.

(274) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio,
FC 67: AAS 74 (1982) 162.

1623 Secondo la tradizione latina, sono gli sposi, come ministri della grazia di Cristo, a conferirsi mutuamente il sacramento del Matrimonio esprimendo davanti alla Chiesa il loro consenso. Nelle tradizioni delle Chiese Orientali, i sacerdoti – Vescovi o presbiteri – sono testimoni del reciproco consenso scambiato tra gli sposi, (275) ma anche la loro benedizione è necessaria per la validità del sacramento. (276)

(275) Cf CCEO canone
CIO 817.
(276) Cf CCEO canone CIO 828.

1624 Le diverse liturgie sono ricche di preghiere di benedizione e di epiclesi che chiedono a Dio la sua grazia e la benedizione sulla nuova coppia, specialmente sulla sposa. Nell'epiclesi di questo sacramento gli sposi ricevono lo Spirito Santo come comunione di amore di Cristo e della Chiesa. (277) È lui il sigillo della loro alleanza, la sorgente sempre offerta del loro amore, la forza in cui si rinnoverà la loro fedeltà.

(277) Cf
Ep 5,32.


III. Il consenso matrimoniale

1625 I protagonisti dell'alleanza matrimoniale sono un uomo e una donna battezzati, liberi di contrarre il matrimonio e che esprimono liberamente il loro consenso. « Essere libero » vuol dire:

35. non subire costrizioni;
36. non avere impedimenti in base ad una legge naturale o ecclesiastica.

1626 La Chiesa considera lo scambio del consenso tra gli sposi come l'elemento indispensabile « che costituisce il Matrimonio ». (278) Se il consenso manca, non c'è Matrimonio.

(278) CIC canone
CIC 1057, § 1.

1627 Il consenso consiste in un « atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono ». (279) « Io prendo te come mia sposa... »; « Io prendo te come mio sposo... ». (280) Questo consenso che lega gli sposi tra loro trova il suo compimento nel fatto che i due diventano « una carne sola ». (281)

(279) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 48, AAS 58 (1966) 1067; CIC canone CIC 1057, § 2.
(280) Rituale romano. Sacramento del Matrimonio, 28 (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 25.
(281) Cf Gn 2,24 Mc 10,8 Ep 5,31.

1628 Il consenso deve essere un atto della volontà di ciascuno dei contraenti, libero da violenza o da grave costrizione esterna. (282) Nessuna potestà umana può sostituirsi a questo consenso. (283) Se tale libertà manca, il Matrimonio è invalido.

(282) Cf CIC canone
CIC 1103.
(283) Cf CIC canone CIC 1057, § 1.

1629 Per questo motivo (o per altre cause che rendono nullo e non avvenuto il Matrimonio (284)) la Chiesa può, dopo esame della situazione da parte del tribunale ecclesiastico competente, dichiarare « la nullità del Matrimonio », vale a dire che il Matrimonio non è mai esistito. In questo caso i contraenti sono liberi di sposarsi, salvo il rispetto degli obblighi naturali derivanti da una precedente unione. (285)

(284) Cf CIC canoni
CIC 1083-1108.
(285) Cf CIC canone CIC 1071, § 1, 3.

1630 Il sacerdote (o il diacono) che assiste alla celebrazione del Matrimonio, accoglie il consenso degli sposi a nome della Chiesa e dà la benedizione della Chiesa. La presenza del ministro della Chiesa (e anche dei testimoni) esprime visibilmente che il Matrimonio è una realtà ecclesiale.

1631 È per questo motivo che la Chiesa normalmente richiede per i suoi fedeli la forma ecclesiastica della celebrazione del Matrimonio. (286) Diverse ragioni concorrono a spiegare questa determinazione:

- il Matrimonio sacramentale è un atto liturgico. È quindi conveniente che venga celebrato nella liturgia pubblica della Chiesa;
- il Matrimonio introduce in un ordo – ordine – ecclesiale, crea diritti e doveri nella Chiesa, fra gli sposi e verso i figli;
- poiché il Matrimonio è uno stato di vita nella Chiesa, è necessario che vi sia certezza sul Matrimonio (da qui l'obbligo di avere dei testimoni);
- il carattere pubblico del consenso protegge il consenso una volta dato e aiuta a rimanervi fedele.

(286) Cf Concilio di Trento, Sess. 24a, Decretum "Tametsi":
DS 1813-1816 CIC canone CIC 1108.

1632 Perché il « Sì » degli sposi sia un atto libero e responsabile, e l'alleanza matrimoniale abbia delle basi umane e cristiane solide e durature, la preparazione al Matrimonio è di fondamentale importanza. L'esempio e l'insegnamento dati dai genitori e dalle famiglie restano il cammino privilegiato di questa preparazione. Il ruolo dei Pastori e della comunità cristiana come « famiglia di Dio » è indispensabile per la trasmissione dei valori umani e cristiani del matrimonio e della famiglia, (287) tanto più che nel nostro tempo molti giovani conoscono l'esperienza di focolari distrutti che non assicurano più sufficientemente questa iniziazione:

« I giovani devono essere adeguatamente e tempestivamente istruiti, soprattutto in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell'amore coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni; così che, formati nella stima della castità, possano ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle nozze ». (288)

(287) Cf CIC canone
CIC 1063.
(288) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 49, AAS 58 (1966) 1070.


I matrimoni misti e la disparità di culto

1633 In numerosi paesi si presenta assai di frequente la situazione del matrimonio misto (fra cattolico e battezzato non cattolico). Essa richiede un'attenzione particolare dei coniugi e dei Pastori. Il caso di matrimonio con disparità di culto (fra cattolico e non-battezzato) esige una circospezione ancora maggiore.

1634 La diversità di confessione fra i coniugi non costituisce un ostacolo insormontabile per il matrimonio, allorché essi arrivano a mettere in comune ciò che ciascuno di loro ha ricevuto nella propria comunità, e ad apprendere l'uno dall'altro il modo in cui ciascuno vive la sua fedeltà a Cristo. Ma le difficoltà dei matrimoni misti non devono neppure essere sottovalutate. Esse sono dovute al fatto che la separazione dei cristiani non è ancora superata. Gli sposi rischiano di risentire il dramma della disunione dei cristiani all'interno stesso del loro focolare. La disparità di culto può aggravare ulteriormente queste difficoltà. Divergenze concernenti la fede, la stessa concezione del matrimonio, ma anche mentalità religiose differenti possono costituire una sorgente di tensioni nel matrimonio, soprattutto a proposito dell'educazione dei figli. Una tentazione può allora presentarsi: l'indifferenza religiosa.

1635 Secondo il diritto in vigore nella Chiesa latina, un matrimonio misto necessita, per la sua liceità, dell'espressa licenza dell'autorità ecclesiastica. (289) In caso di disparità di culto è richiesta, per la validità del Matrimonio, una espressa dispensa dall'impedimento. (290) Questa licenza o questa dispensa suppongono che entrambe le parti conoscano e non escludano i fini e le proprietà essenziali del Matrimonio; inoltre che la parte cattolica confermi gli impegni, portati a conoscenza anche della parte acattolica, di conservare la propria fede e di assicurare il Battesimo e l'educazione dei figli nella Chiesa cattolica. (291)

(289) Cf CIC canone
CIC 1124.
(290) Cf CIC canone CIC 1086.
(291) Cf CIC canone CIC 1125.

1636 In molte regioni, grazie al dialogo ecumenico, le comunità cristiane interessate hanno potuto organizzare una pastorale comune per i matrimoni misti. Suo compito è di aiutare queste coppie a vivere la loro situazione particolare alla luce della fede. Essa deve anche aiutarle a superare le tensioni fra gli obblighi reciproci dei coniugi e quelli verso le loro comunità ecclesiali. Deve incoraggiare lo sviluppo di ciò che è loro comune nella fede, e il rispetto di ciò che li separa.

1637 Nei matrimoni con disparità di culto lo sposo cattolico ha un compito particolare: « Infatti il marito non credente viene reso santo dalla moglie credente e la moglie non credente viene resa santa dal marito credente » (1Co 7,14). È una grande gioia per il coniuge cristiano e per la Chiesa se questa « santificazione » conduce alla libera conversione dell'altro coniuge alla fede cristiana. (292) L'amore coniugale sincero, la pratica umile e paziente delle virtù familiari e la preghiera perseverante possono preparare il coniuge non credente ad accogliere la grazia della conversione.

(292) Cf 1Co 7,16.



Catechismo Chiesa Catt. 1580