Catechismo Chiesa Catt. 2307

Evitare la guerra

2307 Il quinto comandamento proibisce la distruzione volontaria della vita umana. A causa dei mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca, la Chiesa con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché la bontà divina ci liberi dall'antica schiavitù della guerra. (207)

(207) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 81, AAS 58 (1966) 1105.

2308 Tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre. « Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa ». (208)

(208) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 79, AAS 58 (1966) 1103.

2309 Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:

- che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;
- che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;
- che ci siano fondate condizioni di successo;
- che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.
Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della « guerra giusta ». La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune.

2310 I pubblici poteri, in questo caso, hanno il diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale. Coloro che si dedicano al servizio della patria nella vita militare sono servitori della sicurezza e della libertà dei popoli. Se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono veramente al bene comune della nazione e al mantenimento della pace. (209)

(209) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 79, AAS 58 (1966) 1103.

2311 I pubblici poteri provvederanno equamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi; essi sono nondimeno tenuti a prestare qualche altra forma di servizio alla comunità umana. (210)

(210) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 79, AAS 58 (1966) 1103.

2312 La Chiesa e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i conflitti armati. « Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto ». (211)

(211) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 79, AAS 58 (1966) 1103.

2313 Si devono rispettare e trattare con umanità i non-combattenti, i soldati feriti e i prigionieri. Le azioni manifestamente contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali, non diversamente dalle disposizioni che le impongono, sono crimini. Non basta un'obbedienza cieca a scusare coloro che vi si sottomettono. Così lo sterminio di un popolo, di una nazione o di una minoranza etnica deve essere condannato come peccato mortale. Si è moralmente in obbligo di far resistenza agli ordini che comandano un « genocidio ».

2314 « Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato ». (212) Un rischio della guerra moderna è di offrire l'occasione di commettere tali crimini a chi detiene armi scientifiche, in particolare atomiche, biologiche o chimiche.

(212) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 80, AAS 58 (1966) 1104.

2315 L'accumulo delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere dalla guerra eventuali avversari. Costoro vedono in esso il più efficace dei mezzi atti ad assicurare la pace tra le nazioni. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno fatte severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall'eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle. L'impiego di ricchezze enormi nella preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le popolazioni indigenti; (213) ostacola lo sviluppo dei popoli. L'armarsi ad oltranza moltiplica le cause di conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi.

(213) Cf Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio PP 53, AAS 59 (1967) 283.

2316 La produzione e il commercio delle armi toccano il bene comune delle nazioni e della comunità internazionale. Le autorità pubbliche hanno pertanto il diritto e il dovere di regolamentarli. La ricerca di interessi privati o collettivi a breve termine non può legittimare imprese che fomentano la violenza e i conflitti tra le nazioni e che compromettono l'ordine giuridico internazionale.

2317 Le ingiustizie, gli eccessivi squilibri di carattere economico o sociale, l'invidia, la diffidenza e l'orgoglio che dannosamente imperversano tra gli uomini e le nazioni, minacciano incessantemente la pace e causano le guerre. Tutto quanto si fa per eliminare questi disordini contribuisce a costruire la pace e ad evitare la guerra:

« Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo; ma, in quanto riescono, uniti nell'amore, a vincere il peccato, essi vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella parola divina: "Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra" (
Is 2,4) ». (214)

(214) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 78, AAS 58 (1966) 1102.


In sintesi

2318 Dio « ha in mano l'anima di ogni vivente e il soffio di ogni carne umana » (Jb 12,10).

2319 Ogni vita umana, dal momento del concepimento fino alla morte, è sacra, perché la persona umana è stata voluta per se stessa ad immagine e somiglianza del Dio vivente e santo.

2320 L'uccisione di un essere umano è gravemente contraria alla dignità della persona e alla santità del Creatore.

2321 La proibizione dell'omicidio non abroga il diritto di togliere, ad un ingiusto aggressore, la possibilità di nuocere. La legittima difesa è un dovere grave per chi ha la responsabilità della vita altrui o del bene comune.

2322 Fin dal concepimento il bambino ha diritto alla vita. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è una pratica « vergognosa », (215) gravemente contraria alla legge morale. La Chiesa condanna con la pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana.

(215) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 27, AAS 58 (1966) 1048.

2323 Dal momento che deve essere trattato come una persona fin dal concepimento, l'embrione deve essere difeso nella sua integrità, curato e guarito come ogni altro essere umano.

2324 L'eutanasia volontaria, qualunque ne siano le forme e i motivi, costituisce un omicidio. È gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore.

2325 Il suicidio è gravemente contrario alla giustizia, alla speranza e alla carità. È proibito dal quinto comandamento.

2326 Lo scandalo costituisce una colpa grave quando chi lo provoca con azione o con omissione deliberatamente spinge altri a peccare gravemente.

2327 Si deve fare tutto ciò che è ragionevolmente possibile per evitare la guerra, dati i mali e le ingiustizie di cui è causa. La Chiesa prega: « Dalla fame, dalla peste e dalla guerra liberaci, Signore ».

2328 La Chiesa e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i conflitti armati. Le pratiche contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali, deliberatamente messe in atto, sono crimini.

2329 La corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell'umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri. (216)

(216) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 81, AAS 58 (1966) 1105).

2330 « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio » (Mt 5,9).






ARTICOLO 6

IL SESTO COMANDAMENTO

« Non commettere adulterio » (Ex 20,14). (217)

« Avete inteso che fu detto: "Non commettere adulterio"; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore » (Mt 5,27-28).

(217) Cf Dt 5,18.


I. «Maschio e femmina li creò...»

2331 « Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione e di amore. Creandola a sua immagine [...] Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione ». (218)

« Dio creò l'uomo a sua immagine; [...] maschio e femmina li creò » (
Gn 1,27); « Siate fecondi e moltiplicatevi » (Gn 1,28); « Quando Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati » (Gn 5,1-2).

(218) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, FC 11: AAS 74 (1982) 91-92.

2332 La sessualità esercita un'influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell'unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne particolarmente l'affettività, la capacità di amare e di procreare, e, in un modo più generale, l'attitudine ad intrecciare rapporti di comunione con altri.

2333 Spetta a ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria identità sessuale. La differenza e la complementarità fisiche, morali e spirituali sono orientate ai beni del matrimonio e allo sviluppo della vita familiare. L'armonia della coppia e della società dipende in parte dal modo in cui si vivono tra i sessi la complementarità, il bisogno vicendevole e il reciproco aiuto.

2334 « Creando l'uomo "maschio e femmina", Dio dona la dignità personale in egual modo all'uomo e alla donna ». (219) « L'uomo è una persona, in eguale misura l'uomo e la donna: ambedue infatti sono stati creati ad immagine e somiglianza del Dio personale ». (220)

(219) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio,
FC 22: AAS 74 (1982) 107; cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, GS 49: AAS 58 (1966) 1070.
(220) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, MD 6: AAS 80 (1988) 1663.

2335 Ciascuno dei due sessi, con eguale dignità, anche se in modo differente, è immagine della potenza e della tenerezza di Dio. L'unione dell'uomo e della donna nel matrimonio è una maniera di imitare, nella carne, la generosità e la fecondità del Creatore: « L'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne » (Gn 2,24). Da tale unione derivano tutte le generazioni umane. (221)

(221) Cf Gn 4,1-2 Gn 4,25-26 Gn 5,1.

2336 Gesù è venuto a restaurare la creazione nella purezza delle sue origini. Nel discorso della montagna dà un'interpretazione rigorosa del progetto di Dio: « Avete inteso che fu detto: "Non commettere adulterio"; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore » (Mt 5,27-28). L'uomo non deve separare quello che Dio ha congiunto. (222) La Tradizione della Chiesa ha considerato il sesto comandamento come inglobante l'insieme della sessualità umana.

(222) Cf Mt 19,6.


II. La vocazione alla castità

2337 La castità esprime la raggiunta integrazione della sessualità nella persona e conseguentemente l'unità interiore dell'uomo nel suo essere corporeo e spirituale. La sessualità, nella quale si manifesta l'appartenenza dell'uomo al mondo materiale e biologico, diventa personale e veramente umana allorché è integrata nella relazione da persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell'uomo e della donna. La virtù della castità, quindi, comporta l'integrità della persona e l'integralità del dono.


L'integrità della persona

2338 La persona casta conserva l'integrità delle forze di vita e di amore che sono in lei. Tale integrità assicura l'unità della persona e si oppone a ogni comportamento che la ferirebbe. Non tollera né doppiezza di vita, né doppiezza di linguaggio. (223)

(223) Cf
Mt 5,37.

2339 La castità richiede l'acquisizione del dominio di sé, che è pedagogia per la libertà umana. L'alternativa è evidente: o l'uomo comanda alle sue passioni e consegue la pace, oppure si lascia asservire da esse e diventa infelice. (224) « La dignità dell'uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso o per mera coazione esterna. Ma l'uomo ottiene tale dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù delle passioni, tende al suo fine con scelta libera del bene, e si procura da sé e con la sua diligente iniziativa i mezzi convenienti ». (225)

(224) Cf Sir
Si 1,22.
(225) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 17, AAS 58 (1966) 1037-1038.

2340 Colui che vuole restare fedele alle promesse del suo Battesimo e resistere alle tentazioni, avrà cura di valersi dei mezzi corrispondenti: la conoscenza di sé, la pratica di un'ascesi adatta alle situazioni in cui viene a trovarsi, l'obbedienza ai divini comandamenti, l'esercizio delle virtù morali e la fedeltà alla preghiera. « La continenza in verità ci raccoglie e ci riconduce a quell'unità, che abbiamo perduto disperdendoci nel molteplice ». (226)

(226) Sant'Agostino, Confessiones, 10, 29, 40: CCL 27, 176 (PL 32, 796).

2341 La virtù della castità è strettamente dipendente dalla virtù cardinale della temperanza, che mira a far condurre dalla ragione le passioni e gli appetiti della sensibilità umana.

2342 Il dominio di sé è un'opera di lungo respiro. Non lo si potrà mai ritenere acquisito una volta per tutte. Suppone un impegno da ricominciare ad ogni età della vita. (227) Lo sforzo richiesto può essere maggiore in certi periodi, quelli, per esempio, in cui si forma la personalità, l'infanzia e l'adolescenza.

(227) Cf
Tt 2,1-6.

2343 La castità conosce leggi di crescita, la quale passa attraverso tappe segnate dall'imperfezione e assai spesso dal peccato. L'uomo virtuoso e casto « si costruisce giorno per giorno, con le sue numerose libere scelte: per questo egli conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita ». (228)

(228) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio,
FC 34: AAS 74 (1982) 123.

2344 La castità rappresenta un impegno eminentemente personale; implica anche uno sforzo culturale, poiché « il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società [sono] tra loro interdipendenti ». (229) La castità suppone il rispetto dei diritti della persona, in particolare quello di ricevere un'informazione ed un'educazione che rispettino le dimensioni morali e spirituali della vita umana.

(229) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 25, AAS 58 (1966) 1045.

2345 La castità è una virtù morale. Essa è anche un dono di Dio, una grazia, un frutto dello Spirito. (230) Lo Spirito Santo dona di imitare la purezza di Cristo (231) a colui che è stato rigenerato dall'acqua del Battesimo.

(230) Cf
Ga 5,22-23.
(231) Cf 1Jn 3,3.


L'integralità del dono di sé

2346 La carità è la forma di tutte le virtù. Sotto il suo influsso, la castità appare come una scuola del dono della persona. La padronanza di sé è ordinata al dono di sé. La castità rende colui che la pratica un testimone, presso il prossimo, della fedeltà e della tenerezza di Dio.

2347 La virtù della castità si dispiega nell'amicizia. Indica al discepolo come seguire ed imitare colui che ci ha scelti come suoi amici, (232) si è totalmente donato a noi e ci ha reso partecipi della sua condizione divina. La castità è promessa di immortalità. La castità si esprime particolarmente nell'amicizia per il prossimo. Coltivata tra persone del medesimo sesso o di sesso diverso, l'amicizia costituisce un gran bene per tutti. Conduce alla comunione spirituale.

(232) Cf
Jn 15,15.


Le diverse forme della castità

2348 Ogni battezzato è chiamato alla castità. Il cristiano si è rivestito di Cristo, (233) modello di ogni castità. Tutti i credenti in Cristo sono chiamati a condurre una vita casta secondo il loro particolare stato di vita. Al momento del Battesimo il cristiano si è impegnato a vivere la sua affettività nella castità.

(233) Cf
Ga 3,27.

2349 « La castità deve distinguere le persone nei loro differenti stati di vita: le une nella verginità o nel celibato consacrato, un modo eminente di dedicarsi più facilmente a Dio solo, con cuore indiviso; le altre, nella maniera quale è determinata per tutti dalla legge morale e secondo che siano sposate o celibi ». (234) Le persone sposate sono chiamate a vivere la castità coniugale; le altre praticano la castità nella continenza:

« Ci sono tre forme della virtù di castità: quella degli sposi, quella della vedovanza, infine quella della verginità. Non lodiamo l'una escludendo le altre. [...] Sotto questo aspetto, la disciplina della Chiesa è ricca ». (235)

(234) Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 11: AAS 68 (1976) 90-91.
(235) Sant'Ambrogio, De viduis 23: Sancti Ambrosii Episcopi Mediolanensis opera, v. 141 (Milano-Roma 1989) p. 266 (PL 16, 241-242).


2350 I fidanzati sono chiamati a vivere la castità nella continenza. Messi così alla prova, scopriranno il reciproco rispetto, si alleneranno alla fedeltà e alla speranza di riceversi l'un l'altro da Dio. Riserveranno al tempo del matrimonio le manifestazioni di tenerezza proprie dell'amore coniugale. Si aiuteranno vicendevolmente a crescere nella castità.


Le offese alla castità

2351 La lussuria è un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo. Il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione.

2352 Per masturbazione si deve intendere l'eccitazione volontaria degli organi genitali, al fine di trarne un piacere venereo. « Sia il Magistero della Chiesa – nella linea di una tradizione costante – sia il senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato ». « Qualunque ne sia il motivo, l'uso deliberato della facoltà sessuale al di fuori dei rapporti coniugali normali contraddice essenzialmente la sua finalità ». Il godimento sessuale vi è ricercato al di fuori della « relazione sessuale richiesta dall'ordine morale, quella che realizza, in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana ». (236) Al fine di formulare un equo giudizio sulla responsabilità morale dei soggetti e per orientare l'azione pastorale, si terrà conto dell'immaturità affettiva, della forza delle abitudini contratte, dello stato d'angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che possono attenuare, se non addirittura ridurre al minimo, la colpevolezza morale.

(236) Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 9: AAS 68 (1976) 86.


2353 La fornicazione è l'unione carnale tra un uomo e una donna liberi, al di fuori del matrimonio. Essa è gravemente contraria alla dignità delle persone e della sessualità umana naturalmente ordinata sia al bene degli sposi, sia alla generazione e all'educazione dei figli. Inoltre è un grave scandalo quando vi sia corruzione dei giovani.

2354 La pornografia consiste nel sottrarre all'intimità dei partner gli atti sessuali, reali o simulati, per esibirli deliberatamente a terze persone. Offende la castità perché snatura l'atto coniugale, dono intimo e reciproco degli sposi. Lede gravemente la dignità di coloro che vi si prestano (attori, commercianti, pubblico), poiché l'uno diventa per l'altro oggetto di un piacere rudimentale e di un illecito guadagno. Immerge gli uni e gli altri nell'illusione di un mondo irreale. È una colpa grave. Le autorità civili devono impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici.

2355 La prostituzione offende la dignità della persona che si prostituisce, ridotta al piacere venereo che procura. Colui che paga pecca gravemente contro se stesso: viola la castità, alla quale lo impegna il Battesimo e macchia il suo corpo, tempio dello Spirito Santo. (237) La prostituzione costituisce una piaga sociale. Normalmente colpisce donne, ma anche uomini, bambini o adolescenti (in questi due ultimi casi il peccato è, al tempo stesso, anche uno scandalo). Il darsi alla prostituzione è sempre gravemente peccaminoso, tuttavia l'imputabilità della colpa può essere attenuata dalla miseria, dal ricatto e dalla pressione sociale.

(237) Cf
1Co 6,15-20.


2356 Lo stupro indica l'entrata con forza, mediante violenza, nell'intimità sessuale di una persona. Esso viola la giustizia e la carità. Lo stupro lede profondamente il diritto di ciascuno al rispetto, alla libertà, all'integrità fisica e morale. Arreca un grave danno, che può segnare la vittima per tutta la vita. È sempre un atto intrinsecamente cattivo. Ancora più grave è lo stupro commesso da parte di parenti stretti (incesto) o di educatori ai danni degli allievi che sono loro affidati.


Castità e omosessualità

2357 L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, (238) la Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ». (239) Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.

(238) Cf
Gn 19,1-29 Rm 1,24-27 1Co 6,9-10 1Tm 1,10.
(239) Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 8: AAS 68 (1976) 85.


2358 Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.

2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.



III. L'amore degli sposi

2360 La sessualità è ordinata all'amore coniugale dell'uomo e della donna. Nel matrimonio l'intimità corporale degli sposi diventa un segno e un pegno della comunione spirituale. Tra i battezzati, i legami del matrimonio sono santificati dal sacramento.

2361 « La sessualità, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano solo se è parte integrante dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte »: (240)

« Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: "Sorella, alzati! Preghiamo e domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza". Essa si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: "Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri [...]. Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine d'intenzione. Degnati di avere misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia". E dissero insieme: "Amen, amen!". Poi dormirono per tutta la notte » (
Tb 8,4-9).

(240) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, FC 11: AAS 74 (1982) 92.

2362 « Gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono onorevoli e degni, e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano, ed arricchiscono vicendevolmente in gioiosa gratitudine gli sposi stessi ». (241) La sessualità è sorgente di gioia e di piacere:

« Il Creatore stesso [...] ha stabilito che nella reciproca donazione fisica totale gli sposi provino un piacere e una soddisfazione sia del corpo sia dello spirito. Quindi, gli sposi non commettono nessun male cercando tale piacere e godendone. Accettano ciò che il Creatore ha voluto per loro. Tuttavia gli sposi devono saper restare nei limiti di una giusta moderazione ». (242)

(241) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 49, AAS 58 (1966) 1070.
(242) Pio XII, Discorso ai partecipanti al Convegno dell'Unione Cattolica Italiana delle Ostetriche (29 ottobre 1951): AAS 43 (1951) 851.


2363 Mediante l'unione degli sposi si realizza il duplice fine del matrimonio: il bene degli stessi sposi e la trasmissione della vita. Non si possono disgiungere questi due significati o valori del matrimonio, senza alterare la vita spirituale della coppia e compromettere i beni del matrimonio e l'avvenire della famiglia. L'amore coniugale dell'uomo e della donna è così posto sotto la duplice esigenza della fedeltà e della fecondità.


La fedeltà coniugale

2364 La coppia coniugale forma una « intima comunità di vita e di amore [che], fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale ». (243) Gli sposi si donano definitivamente e totalmente l'uno all'altro. Non sono più due, ma ormai formano una carne sola. L'alleanza stipulata liberamente dai coniugi impone loro l'obbligo di conservarne l'unità e l'indissolubilità. (244) « L'uomo [...] non separi ciò che Dio ha congiunto » (Mc 10,9). (245)

(243) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 48, AAS 58 (1966) 1067.
(244) Cf CIC canone CIC 1056.
(245) Cf Mt 19,1-12 1Co 7,10-11.

2365 La fedeltà esprime la costanza nel mantenere la parola data. Dio è fedele. Il sacramento del Matrimonio fa entrare l'uomo e la donna nella fedeltà di Cristo alla sua Chiesa. Mediante la castità coniugale, essi rendono testimonianza a questo mistero di fronte al mondo.

San Giovanni Crisostomo suggerisce ai giovani sposi di fare questo discorso alla loro sposa: « Ti ho presa tra le mie braccia, ti amo, ti preferisco alla mia stessa vita. Infatti l'esistenza presente è un soffio, e il mio desiderio più vivo è di trascorrerla con te in modo tale da avere la certezza che non saremo separati in quella futura. [...] Metto l'amore per te al di sopra di tutto e nulla sarebbe per me più penoso che il non essere sempre in sintonia con te ». (246)

(246) San Giovanni Crisostomo, In epistulam ad Ephesios, homilia 20, 8: PG 62,146-147.


La fecondità del matrimonio

2366 La fecondità è un dono, un fine del matrimonio; infatti l'amore coniugale tende per sua natura ad essere fecondo. Il figlio non viene ad aggiungersi dall'esterno al reciproco amore degli sposi; sboccia nel cuore stesso del loro mutuo dono, di cui è frutto e compimento. Perciò la Chiesa, che « sta dalla parte della vita », (247) insegna che « qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto per sé alla trasmissione della vita ». (248) « Tale dottrina, più volte esposta dal Magistero della Chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo ». (249)

(247) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio,
FC 30: AAS 74 (1982) 116.
(248) Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae HV 11, AAS 60 (1968) 488.
(249) Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae HV 12, AAS 60 (1968) 488; cf Pio XI, Lett. enc. Casti connubii: DS 3717.

2367 Chiamati a donare la vita, gli sposi partecipano della potenza creatrice e della paternità di Dio. (250) « Nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla, che deve essere considerato come la loro propria missione, i coniugi sanno di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e come suoi interpreti. E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità ». (251)

(250) Cf
Ep 3,14-15 Mt 23,9.
(251) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 50, AAS 58 (1966) 1071.

2368 Un aspetto particolare di tale responsabilità riguarda la regolazione della procreazione. Per validi motivi (252) gli sposi possono voler distanziare le nascite dei loro figli. Devono però verificare che il loro desiderio non sia frutto di egoismo, ma sia conforme alla giusta generosità di una paternità responsabile. Inoltre regoleranno il loro comportamento secondo i criteri oggettivi della moralità:

« Quando si tratta di comporre l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale ». (253)

(252) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 50, AAS 58 (1966) 1071.
(253) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 51, AAS 58 (1966) 1072.

2369 « Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l'atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla paternità ». (254)

(254) Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae
HV 12, AAS 60 (1968) 489.

2370 La continenza periodica, i metodi di regolazione delle nascite basati sull'auto-osservazione e il ricorso ai periodi infecondi (255) sono conformi ai criteri oggettivi della moralità. Tali metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano tra loro la tenerezza e favoriscono l'educazione ad una libertà autentica. Al contrario, è intrinsecamente cattiva « ogni azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione ». (256)

« Al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all'altro in totalità: ne deriva non soltanto il positivo rifiuto all'apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell'interiore verità dell'amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale. [...] La differenza antropologica e al tempo stesso morale, che esiste tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi temporali [...], coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità umana tra loro irriducibili ». (257)

(255) Cf Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae
HV 16, AAS 60 (1968) 491-492.
(256) Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae HV 14, AAS 60 (1968) 490.
(257) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, FC 32: AAS 74 (1982) 119-120.

2371 « Sia chiaro a tutti che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla non sono limitati solo a questo tempo e non si possono commisurare e capire in questo mondo soltanto, ma riguardano sempre il destino eterno degli uomini ». (258)

(258) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 51, AAS 58 (1966) 1073.

2372 Lo Stato è responsabile del benessere dei cittadini. È legittimo che, a questo titolo, prenda iniziative al fine di orientare l'incremento della popolazione. Può farlo con un'informazione obiettiva e rispettosa, mai però con imposizioni autoritarie e cogenti. Non può legittimamente sostituirsi all'iniziativa degli sposi, primi responsabili della procreazione e dell'educazione dei propri figli. (259) In questo campo non è autorizzato a intervenire con mezzi contrari alla legge morale.

(259) Cf Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio PP 37, AAS 59 (1967) 275-276; Id., Lett. enc. Humanae vitae,
HV 23: AAS 60 (1968) 497-498.



Catechismo Chiesa Catt. 2307