Catechismo Chiesa Catt. 2504

In sintesi

2504 « Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo » (Ex 20,16). I discepoli di Cristo hanno rivestito « l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera » (Ep 4,24).

2505 La verità o veracità è la virtù che consiste nel mostrarsi veri nelle proprie azioni e nell'esprimere il vero nelle proprie parole, rifuggendo dalla doppiezza, dalla simulazione e dall'ipocrisia.

2506 Il cristiano non deve vergognarsi « della testimonianza da rendere al Signore » (2Tm 1,8) in atti e parole. Il martirio è la suprema testimonianza resa alla verità della fede.

2507 Il rispetto della reputazione e dell'onore delle persone proibisce ogni atteggiamento o parola di maldicenza o di calunnia.

2508 La menzogna consiste nel dire il falso con l'intenzione di ingannare il prossimo.

2509 Una colpa commessa contro la verità esige riparazione.

2510 La regola d'oro aiuta a discernere, nelle situazioni concrete, se sia o non sia opportuno palesare la verità a chi la domanda.

2511 « Il sigillo sacramentale è inviolabile ». (386) I segreti professionali vanno serbati. Le confidenze pregiudizievoli per altri non devono essere divulgate.

(386) CIC canone
CIC 983, § 1.

2512 La società ha diritto a un'informazione fondata sulla verità, sulla libertà, sulla giustizia. È opportuno imporsi moderazione e disciplina nell'uso dei mezzi di comunicazione sociale.

2513 Le belle arti, ma soprattutto l'arte sacra, « per loro natura, hanno relazione con l'infinita bellezza divina, che deve essere in qualche modo espressa dalle opere dell'uomo, e sono tanto più orientate a Dio e all'incremento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro fine è loro assegnato se non di contribuire quanto più efficacemente possibile, con le loro opere, a indirizzare pienamente le menti degli uomini a Dio ». (387)

(387) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 122, AAS 56 (1964) 130-131.





ARTICOLO 9

IL NONO COMANDAMENTO

« Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo » (Ex 20,17).

« Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore » (Mt 5,28).

2514 San Giovanni distingue tre tipi di smodato desiderio o concupiscenza: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita. (388) Secondo la tradizione catechistica cattolica, il nono comandamento proibisce la concupiscenza carnale; il decimo la concupiscenza dei beni altrui.

(388) Cf
1Jn 2,16.

2515 La « concupiscenza », nel senso etimologico, può designare ogni forma veemente di desiderio umano. La teologia cristiana ha dato a questa parola il significato specifico di moto dell'appetito sensibile che si oppone ai dettami della ragione umana. L'Apostolo san Paolo la identifica con l'opposizione della « carne » allo « spirito ». (389) È conseguenza della disobbedienza del primo peccato. (390) Ingenera disordine nelle facoltà morali dell'uomo e, senza essere in se stessa una colpa, inclina l'uomo a commettere il peccato. (391)

(389) Cf
Ga 5,16 Ga 5,17 Ga 5,24 Ep 2,3.
(390) Cf Gn 3,11.
(391) Cf Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canone 5: DS 1515.

2516 Già nell'uomo, essendo un essere composto, spirito e corpo, esiste una certa tensione, si svolge una certa lotta di tendenze tra lo « spirito » e la « carne ». Ma essa di fatto appartiene all'eredità del peccato, ne è una conseguenza e, al tempo stesso, una conferma. Fa parte dell'esperienza quotidiana del combattimento spirituale:

« Per l'Apostolo non si tratta di discriminare e di condannare il corpo, che con l'anima spirituale costituisce la natura dell'uomo e la sua soggettività personale; egli si occupa invece delle opere, o meglio delle stabili disposizioni – virtù e vizi – moralmente buone o cattive, che sono frutto di sottomissione (nel primo caso) oppure di resistenza (nel secondo) all'azione salvifica dello Spirito Santo. Perciò l'Apostolo scrive: "Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito" (
Ga 5,25) ». (392)

(392) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et vivificantem DEV 55, AAS 78 (1986) 877-878.



I. La purificazione del cuore

2517 Il cuore è la sede della personalità morale: « Dal cuore provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni » (Mt 15,19). La lotta contro la concupiscenza carnale passa attraverso la purificazione del cuore e la pratica della temperanza:

« Conservati nella semplicità, nell'innocenza, e sarai come i bambini, i quali non conoscono il male che devasta la vita degli uomini ». (393)

(393) Erma, Pastor 27, 1 (mandatum 2, 1): SC 53, 146 (Funk 1, 70).

2518 La sesta beatitudine proclama: « Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio » (Mt 5,8). I « puri di cuore » sono coloro che hanno accordato la propria intelligenza e la propria volontà alle esigenze della santità di Dio, in tre ambiti soprattutto: la carità, (394) la castità o rettitudine sessuale, (395) l'amore della verità e l'ortodossia della fede. (396) C'è un legame tra la purezza del cuore, del corpo e della fede:

I fedeli devono credere gli articoli del Simbolo, « affinché credendo, obbediscano a Dio; obbedendo, vivano onestamente; vivendo onestamente, purifichino il loro cuore, e purificando il loro cuore, comprendano quanto credono ». (397)

(394) Cf 1Th 4,3-9 2Tm 2,22.
(395) Cf 1Th 4,7 Col 3,5 Ep 4,19.
(396) Cf Tt 1,15 1Tm 1,3-4 2Tm 2,23-26.
(397) Sant'Agostino, De fide et Symbolo, 10, 25: CSEL 25, 32 (PL 40, 196).


2519 Ai « puri di cuore » è promesso che vedranno Dio faccia a faccia e che saranno simili a lui. (398) La purezza del cuore è la condizione preliminare per la visione. Fin d'ora essa ci permette di vedere secondo Dio, di accogliere l'altro come un « prossimo »; ci consente di percepire il corpo umano, il nostro e quello del prossimo, come un tempio dello Spirito Santo, una manifestazione della bellezza divina.

(398) Cf
1Co 13,12 1Jn 3,2.


II. La lotta per la purezza

2520 Il Battesimo conferisce a colui che lo riceve la grazia della purificazione da tutti i peccati. Ma il battezzato deve continuare a lottare contro la concupiscenza della carne e i desideri disordinati. Con la grazia di Dio giunge alla purezza del cuore:

- mediante la virtù e il dono della castità, perché la castità permette di amare con un cuore retto e indiviso;
- mediante la purezza d'intenzione che consiste nel tenere sempre presente il vero fine dell'uomo: con un occhio semplice, il battezzato cerca di trovare e di compiere in tutto la volontà di Dio; (399)
- mediante la purezza dello sguardo, esteriore ed interiore; mediante la disciplina dei sentimenti e dell'immaginazione; mediante il rifiuto di ogni compiacenza nei pensieri impuri, che inducono ad allontanarsi dalla via dei divini comandamenti: « La vista provoca negli stolti il desiderio » (
Sg 15,5);
- mediante la preghiera:
« Pensavo che la continenza si ottenesse con le proprie forze e delle mie non ero sicuro. A tal segno ero stolto da ignorare che [...] nessuno può essere continente, se tu non lo concedi. E tu l'avresti concesso, se avessi bussato alle tue orecchie col gemito del mio cuore e lanciato in te la mia pena con fede salda ». (400)

(399) Cf Rm 12,2 Col 1,10.
(400) Sant'Agostino, Confessiones, 6, 11, 20: CCL 27, 87 (PL 32, 729-730).


2521 La purezza esige il pudore.Esso è una parte integrante della temperanza. Il pudore preserva l'intimità della persona. Consiste nel rifiuto di svelare ciò che deve rimanere nascosto. È ordinato alla castità, di cui esprime la delicatezza. Regola gli sguardi e i gesti in conformità alla dignità delle persone e della loro unione.

2522 Il pudore custodisce il mistero delle persone e del loro amore. Suggerisce la pazienza e la moderazione nella relazione amorosa; richiede che siano rispettate le condizioni del dono e dell'impegno definitivo dell'uomo e della donna tra loro. Il pudore è modestia. Ispira la scelta dell'abbigliamento. Conserva il silenzio o il riserbo là dove traspare il rischio di una curiosità morbosa. Diventa discrezione.

2523 Esiste non soltanto un pudore dei sentimenti, ma anche del corpo. Insorge, per esempio, contro l'esposizione del corpo umano in funzione di una curiosità morbosa in certe pubblicità, o contro la sollecitazione di certi mass-media a spingersi troppo in là nella rivelazione di confidenze intime. Il pudore detta un modo di vivere che consente di resistere alle suggestioni della moda e alle pressioni delle ideologie dominanti.

2524 Le forme che il pudore assume variano da una cultura all'altra. Dovunque, tuttavia, esso appare come il presentimento di una dignità spirituale propria dell'uomo. Nasce con il risveglio della coscienza del soggetto. Insegnare il pudore ai fanciulli e agli adolescenti è risvegliare in essi il rispetto della persona umana.

2525 La purezza cristiana richiede una purificazione dell'ambiente sociale. Esige dai mezzi di comunicazione sociale un'informazione attenta al rispetto e alla moderazione. La purezza del cuore libera dal diffuso erotismo e tiene lontani dagli spettacoli che favoriscono la curiosità morbosa e l'illusione.

2526 La cosiddetta permissività dei costumi si basa su una erronea concezione della libertà umana. La libertà, per costruirsi, ha bisogno di lasciarsi educare preliminarmente dalla legge morale. È necessario chiedere ai responsabili dell'educazione di impartire alla gioventù un insegnamento rispettoso della verità, delle qualità del cuore e della dignità morale e spirituale dell'uomo.

2527 « La Buona Novella di Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli. Con la ricchezza soprannaturale, feconda come dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità dello spirito e le doti di ciascun popolo e di ogni età ». (401)

(401) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 58, AAS 58 (1966) 1079.


In sintesi

2528 « Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore » (Mt 5,28).

2529 Il nono comandamento mette in guardia dal desiderio smodato o concupiscenza carnale.

2530 La lotta contro la concupiscenza carnale passa attraverso la purificazione del cuore e la pratica della temperanza.

2531 La purezza del cuore ci farà vedere Dio: fin d'ora ci consente di vedere ogni cosa secondo Dio.

2532 La purificazione del cuore esige la preghiera, la pratica della castità, la purezza dell'intenzione e dello sguardo.

2533 La purezza del cuore richiede il pudore, che è pazienza, modestia e discrezione. Il pudore custodisce l'intimità della persona.






ARTICOLO 10

IL DECIMO COMANDAMENTO

« Non desiderare [...] alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo » (Ex 20,17).

« Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo » (Dt 5,21).

« Là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore » (Mt 6,21).

2534 Il decimo comandamento sdoppia e completa il nono, che verte sulla concupiscenza della carne. Il decimo proibisce la cupidigia dei beni altrui, che è la radice del furto, della rapina e della frode, vietati dal settimo comandamento. « La concupiscenza degli occhi » (1Jn 2,16) porta alla violenza e all'ingiustizia, proibite dal quinto comandamento. (402) La bramosia, come la fornicazione, trova origine nell'idolatria vietata nelle prime tre prescrizioni della Legge. (403) Il decimo comandamento riguarda l'intenzione del cuore; insieme con il nono riassume tutti i precetti della Legge.

(402) Cf Mi 2,2.
(403) Cf Sg 14,12.


I. Il disordine delle cupidigie

2535 L'appetito sensibile ci porta a desiderare le cose piacevoli che non abbiamo. Così, quando si ha fame si desidera mangiare, quando si ha freddo si desidera riscaldarsi. Tali desideri, in se stessi, sono buoni; ma spesso non restano nei limiti della ragione e ci spingono a bramare ingiustamente ciò che non ci spetta e appartiene, o è dovuto ad altri.

2536 Il decimo comandamento proibisce l'avidità e il desiderio di appropriarsi senza misura dei beni terreni; vieta la cupidigia sregolata, generata dalla smodata brama delle ricchezze e del potere in esse insito. Proibisce anche il desiderio di commettere un'ingiustizia, con la quale si danneggerebbe il prossimo nei suoi beni temporali:

« La formula: Non desiderare è come un avvertimento generale che ci spinge a moderare il desiderio e l'avidità delle cose altrui. C'è infatti in noi una latente sete di cupidigia per tutto ciò che non è nostro; sete mai sazia, di cui la Sacra Scrittura scrive: L'avaro non sarà mai sazio del suo denaro (
Qo 5,9) ». (404)

(404) Catechismo Romano, 3, 10, 13: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 518.

2537 Non si trasgredisce questo comandamento desiderando ottenere cose che appartengono al prossimo, purché ciò avvenga con giusti mezzi. La catechesi tradizionale indica con realismo « coloro che maggiormente devono lottare contro le cupidigie peccaminose » e che, dunque, « devono con più insistenza essere esortati ad osservare questo comandamento »:

« Sono, cioè, quei commercianti e quegli approvvigionatori di mercati che aspettano la scarsità delle merci e la carestia per trarne un profitto con accaparramenti e speculazioni; [...] quei medici che aspettano con ansia le malattie; quegli avvocati e magistrati desiderosi di cause e di liti... ». (405)

(405) Catechismo Romano, 3, 10, 23: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 523.

2538 Il decimo comandamento esige che si bandisca dal cuore umano l'invidia. Allorché il profeta Natan volle suscitare il pentimento del re Davide, gli narrò la storia del povero che possedeva soltanto una pecora, la quale era per lui come una figlia, e del ricco che, malgrado avesse bestiame in gran numero, invidiava quel povero e finì per portargli via la sua pecora. (406) L'invidia può condurre ai peggiori misfatti. 407 « La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo » (Sg 2,24):

« Noi ci facciamo guerra vicendevolmente, ed è l'invidia ad armarci gli uni contro gli altri. [...] Se tutti si accaniscono così a far vacillare il corpo di Cristo, dove si arriverà? Siamo quasi in procinto di snervarlo. [...] Ci diciamo membra di un medesimo organismo e ci divoriamo come farebbero le belve ». (408)

(406) Cf 2S 12,1-4.
(407) Cf Gn 4,3-8 1R 21,1-29.
(408) San Giovanni Crisostomo, In epistulam II ad Corinthios, homilia 27, 3-4: PG 61,588.

2539 L'invidia è un vizio capitale. Consiste nella tristezza che si prova davanti ai beni altrui e nel desiderio smodato di appropriarsene, sia pure indebitamente. Quando arriva a volere un grave male per il prossimo, l'invidia diventa peccato mortale:

Sant'Agostino vedeva nell'invidia « il peccato diabolico per eccellenza ». (409) « Dall'invidia nascono l'odio, la maldicenza, la calunnia, la gioia causata dalla sventura del prossimo e il dispiacere causato dalla sua fortuna ». (410)

(409) Sant'Agostino, De disciplina christiana, 7, 7: CCL 46, 214 (PL 40, 673); Id., Epistula 108, 3, 8: CSEL 34, 620 (PL 33, 410).
(410) San Gregorio Magno, Moralia in Iob, 31, 45, 88: CCL 143b, 1610 (PL 76, 621).

2540 L'invidia rappresenta una delle forme della tristezza e quindi un rifiuto della carità; il battezzato lotterà contro l'invidia mediante la benevolenza. L'invidia spesso è causata dall'orgoglio; il battezzato si impegnerà a vivere nell'umiltà.

« Vorreste vedere Dio glorificato da voi? Ebbene, rallegratevi dei progressi del vostro fratello, ed ecco che Dio sarà glorificato da voi. Dio sarà lodato – si dirà – dalla vittoria sull'invidia riportata dal suo servo, che ha saputo fare dei meriti altrui il motivo della propria gioia ». (411)

(411) San Giovanni Crisostomo, In epistulam ad Romanos, homilia 7, 5: PG 60,448.


II. I desideri dello Spirito

2541 L'economia della Legge e della grazia libera il cuore degli uomini dalla cupidigia e dall'invidia: lo rivolge al desiderio del sommo Bene; lo apre ai desideri dello Spirito Santo, che appaga il cuore umano. Il Dio delle promesse da sempre ha messo in guardia l'uomo dalla seduzione di ciò che, fin dalle origini, appare « buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza » (Gn 3,6).

2542 La Legge data a Israele non è mai bastata a giustificare coloro che le erano sottomessi; anzi, è diventata lo strumento della « concupiscenza ». (412) Il fatto che il volere e il fare non coincidano (413) indica il conflitto tra la Legge di Dio, la quale è la legge della mente, e un'altra legge « che mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra » (Rm 7,23).

(412) Cf Rm 7,7.
(413) Cf Rm 7,15.

2543 « Ora, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti; giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono » (Rm 3,21-22). Da allora i credenti in Cristo « hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri » (Ga 5,24); essi sono guidati dallo Spirito (414) e seguono i desideri dello Spirito. (415)

(414) Cf Rm 8,14.
(415) Cf Rm 8,27.


III. La povertà di cuore

2544 Ai suoi discepoli Gesù chiede di preferire lui a tutto e a tutti, e propone di rinunziare a tutti i loro averi (416) per lui e per il Vangelo. (417) Poco prima della sua passione ha additato loro come esempio la povera vedova di Gerusalemme, la quale, nella sua miseria, ha dato tutto quanto aveva per vivere. (418) Il precetto del distacco dalle ricchezze è vincolante per entrare nel regno dei cieli.

(416) Cf
Lc 14,33.
(417) Cf Mc 8,35.
(418) Cf Lc 21,4.

2545 Tutti i fedeli devono sforzarsi « di rettamente dirigere i propri affetti, affinché dall'uso delle cose di questo mondo e dall'attaccamento alle ricchezze, contrario allo spirito della povertà evangelica, non siano impediti di tendere alla carità perfetta ». (419)

(419) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 42, AAS 57 (1965) 49.

2546 « Beati i poveri in spirito » (Mt 5,3). Le beatitudini rivelano un ordine di felicità e di grazia, di bellezza e di pace. Gesù esalta la gioia dei poveri, ai quali già appartiene il Regno: (420)

« Il Verbo chiama povertà di spirito l'umiltà volontaria dell'animo umano, e l'Apostolo ci addita come esempio la povertà di Dio quando dice: Da ricco che era, si è fatto povero per noi (2Co 8,9) ». (421)

(420) Cf Lc 6,20.
(421) San Gregorio di Nissa, De beatitudinibus, oratio 1: Gregorii Nysseni opera, ed. W. Jaeger, v. 72 (Leiden 1992) p. 83 (PG 44,1200).

2547 Il Signore apostrofa i ricchi, perché trovano la loro consolazione nell'abbondanza dei beni. (422) « Il superbo cerca la potenza terrena, mentre il povero in spirito cerca il regno dei cieli ». (423) L'abbandono alla provvidenza del Padre del cielo libera dall'apprensione per il domani. (424) La fiducia in Dio prepara alla beatitudine dei poveri. Essi vedranno Dio.

(422) Cf
Lc 6,24.
(423) Sant'Agostino, De sermone Domini in monte, 1, 1, 3: CCL 35, 4 (PL 34, 1232).
(424) Cf Mt 6,25-34.


IV. «Voglio vedere Dio»

2548 Il desiderio della vera felicità libera l'uomo dallo smodato attaccamento ai beni di questo mondo, per avere compimento nella visione e nella beatitudine di Dio. « La promessa di vedere Dio supera ogni felicità. [...] Nella Scrittura, vedere equivale a possedere [...]. Chi vede Dio, ha conseguito tutti i beni che si possono concepire ». (425)

(425) San Gregorio di Nissa, De beatitudinibus, oratio 6: Gregorii Nysseni opera, ed. W. Jaeger, v. 72 (Leiden 1992) p. 138 (PG 44,1265).

2549 Il popolo santo deve lottare, con la grazia che viene dall'alto, per ottenere i beni che Dio promette. Per possedere e contemplare Dio, i cristiani mortificano le loro brame e trionfano, con la grazia di Dio, sulle seduzioni del piacere e del potere.

2550 Lungo questo cammino della perfezione, lo Spirito e la Sposa chiamano chi li ascolta (426) alla piena comunione con Dio:

« Là sarà la vera gloria, dove nessuno verrà lodato per sbaglio o per adulazione; il vero onore, che non sarà rifiutato a nessuno che ne sia degno, non sarà riconosciuto a nessuno che ne sia indegno; né d'altra parte questi potrebbe pretenderlo, perché vi sarà ammesso solo chi è degno. Vi sarà la vera pace, dove nessuno subirà avversità da parte di se stesso o da parte di altri. Premio della virtù sarà colui che diede la virtù e che promise se stesso come ciò del quale non può esservi nulla di migliore e di più grande. [...] "Sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo" (
Lv 26,12) [...]. Ancora questo indicano [...] le parole dell'Apostolo: "Perché Dio sia tutto in tutti" (1Co 15,28). Egli sarà l'obiettivo di tutti i nostri desideri, contemplato senza fine, amato senza fastidio, lodato senza stanchezza. Questo dono, questo affetto, questo atto sarà certamente comune a tutti, come la stessa vita eterna ». (427)

(426) Cf Ap 22,17.
(427) Sant'Agostino, De civitate Dei, 22, 30: CSEL 402, 665-666 (PL 41, 801-802).


In sintesi

2551 « Là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore » (Mt 6,21).

2552 Il decimo comandamento proibisce la sfrenata cupidigia, generata dalla brama smodata delle ricchezze e del potere insito in esse.

2553 L'invidia è la tristezza che si prova davanti ai beni altrui e l'irresistibile desiderio di appropriarsene. È un vizio capitale.

2554 Il battezzato combatte l'invidia con la benevolenza, l'umiltà e l'abbandono alla provvidenza di Dio.

2555 I cristiani « hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri » (Ga 5,24); sono guidati dallo Spirito e seguono i suoi desideri.

2556 Il distacco dalle ricchezze è indispensabile per entrare nel regno dei cieli. « Beati i poveri in spirito » (Mt 5,3).

2557 Il vero desiderio dell'uomo è: « Voglio vedere Dio ». La sete di Dio è estinta dall'acqua della vita eterna. (428)

(428) Cf
Jn 4,14).





PARTE QUARTA

LA PREGHIERA CRISTIANA


SEZIONE PRIMA

LA PREGHIERA NELLA VITA CRISTIANA

2558 « Grande è il mistero della fede ». La Chiesa lo professa nel Simbolo degli Apostoli (parte prima) e lo celebra nella liturgia sacramentale (parte seconda), affinché la vita dei fedeli sia conformata a Cristo nello Spirito Santo a gloria di Dio Padre (parte terza). Questo mistero richiede quindi che i fedeli credano in esso, lo celebrino e di esso vivano in una relazione viva e personale con il Dio vivo e vero. Tale relazione è la preghiera.


CHE COS'E' LA PREGHIERA?

« Per me la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il cielo, è un grido di riconoscenza e di amore nella prova come nella gioia ». (1)

(1) Santa Teresa di Gesù Bambino, Manoscritto C, MSC 25r: Manoscritti autobiografici: Opere complete (Libreria Editrice Vaticana 1997) p. 263.


La preghiera come dono di Dio

2559 « La preghiera è l'elevazione dell'anima a Dio o la domanda a Dio di beni convenienti ». (2) Da dove partiamo pregando? Dall'altezza del nostro orgoglio e della nostra volontà o « dal profondo » (Ps 130,1) di un cuore umile e contrito? È colui che si umilia ad essere esaltato. (3) L'umiltà è il fondamento della preghiera. « Nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare » (Rm 8,26). L'umiltà è la disposizione necessaria per ricevere gratuitamente il dono della preghiera: l'uomo è un mendicante di Dio. (4)

(2) San Giovanni Damasceno, Expositio fidei, 68 [De fide orthodoxa 3, 24]: PTS 12, 167 (PG 94,1089).
(3) Cf Lc 18,9-14.
(4) Cf Sant'Agostino, Sermo 56, 6, 9: ed. P. Verbraken: Revue Bénédictine 68 (1958) 31 (PL 38, 381).

2560 « Se tu conoscessi il dono di Dio! » (Jn 4,10). La meraviglia della preghiera si rivela proprio là, presso i pozzi dove andiamo a cercare la nostra acqua: là Cristo viene ad incontrare ogni essere umano; egli ci cerca per primo ed è lui che ci chiede da bere. Gesù ha sete; la sua domanda sale dalle profondità di Dio che ci desidera. Che lo sappiamo o non lo sappiamo, la preghiera è l'incontro della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete di lui. (5)

(5) Cf S. Gregorio Nazianzeno, Oratio 40, 25: SC 358,261; Sant'Agostino, De diversis quaestionibus octoginta tribus SC 64,4, CCL 44A, 140.

2561 « Tu gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva » (Jn 4,10). La nostra preghiera di domanda è paradossalmente una risposta. Risposta al lamento del Dio vivente: « Essi hanno abbandonato me, sorgente d'acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate » (Jr 2,13), risposta di fede alla promessa gratuita di salvezza, (6) risposta d'amore alla sete del Figlio unigenito. (7)

(6) Cf Jn 7,37-39 Is 12,3 Is 51,1.
(7) Cf Jn 19,28 Za 12,10 Za 13,1.

La preghiera come alleanza

2562 Da dove viene la preghiera dell'uomo? Qualunque sia il linguaggio della preghiera (gesti e parole), è tutto l'uomo che prega. Ma, per indicare il luogo dal quale sgorga la preghiera, le Scritture parlano talvolta dell'anima o dello spirito, più spesso del cuore (più di mille volte). È il cuore che prega. Se esso è lontano da Dio, l'espressione della preghiera è vana.

2563 Il cuore è la dimora dove sto, dove abito (secondo l'espressione semitica o biblica: dove « discendo »). È il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla nostra ragione e dagli altri; solo lo Spirito di Dio può scrutarlo e conoscerlo. È il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. È il luogo della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. È il luogo dell'incontro, poiché, ad immagine di Dio, viviamo in relazione: è il luogo dell'alleanza.

2564 La preghiera cristiana è una relazione di alleanza tra Dio e l'uomo in Cristo. È azione di Dio e dell'uomo; sgorga dallo Spirito Santo e da noi, interamente rivolta al Padre, in unione con la volontà umana del Figlio di Dio fatto uomo.


La preghiera come comunione

2565 Nella Nuova Alleanza la preghiera è la relazione vivente dei figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito Santo. La grazia del Regno è « l'unione della Santa Trinità tutta intera con lo spirito tutto intero ». (8) La vita di preghiera consiste quindi nell'essere abitualmente alla presenza del Dio tre volte Santo e in comunione con lui. Tale comunione di vita è sempre possibile, perché, mediante il Battesimo, siamo diventati un medesimo essere con Cristo. (9) La preghiera è cristiana in quanto è comunione con Cristo e si dilata nella Chiesa, che è il suo corpo. Le sue dimensioni sono quelle dell'amore di Cristo. (10)

(8) San Gregorio Nazianzeno, Oratio 16, 9: PG 35,945.
(9) Cf
Rm 6,5.
(10) Cf Ep 3,18-21.



CAPITOLO PRIMO

LA RIVELAZIONE DELLA PREGHIERA


La chiamata universale alla preghiera

2566 L'uomo è alla ricerca di Dio. Mediante la creazione Dio chiama ogni essere dal nulla all'esistenza. Coronato di gloria e di splendore, (11) l'uomo, dopo gli angeli, è capace di riconoscere che il nome del Signore è grande su tutta la terra. (12) Anche dopo aver perduto la somiglianza con Dio a causa del peccato, l'uomo rimane ad immagine del suo Creatore. Egli conserva il desiderio di colui che lo chiama all'esistenza. Tutte le religioni testimoniano questa essenziale ricerca da parte degli uomini. (13)

(11) Cf
Ps 8,6.
(12) Cf Ps 8,2.
(13) Cf Ac 17,27).

2567 Dio, per primo, chiama l'uomo. Sia che l'uomo dimentichi il suo Creatore oppure si nasconda lontano dal suo volto, sia che corra dietro ai propri idoli o accusi la divinità di averlo abbandonato, il Dio vivo e vero chiama incessantemente ogni persona al misterioso incontro della preghiera. Questo passo d'amore del Dio fedele viene sempre per primo nella preghiera; il passo dell'uomo è sempre una risposta. A mano a mano che Dio si rivela e rivela l'uomo a se stesso, la preghiera appare come un appello reciproco, un evento di alleanza. Attraverso parole e atti, questo evento impegna il cuore. Si svela lungo tutta la storia della salvezza.



ARTICOLO 1

NELL'ANTICO TESTAMENTO

2568 La rivelazione della preghiera nell'Antico Testamento si iscrive tra la caduta e il riscatto dell'uomo, tra la domanda accorata di Dio ai suoi primi figli: « Dove sei? [...] Che hai fatto? » (Gn 3,9 Gn 3,13) e la risposta del Figlio unigenito al suo entrare nel mondo (« Ecco, io vengo [...] per fare, o Dio, la tua volontà »: He 10,7). (14) La preghiera in tal modo è legata alla storia degli uomini, è la relazione con Dio nelle vicende della storia.

(14) Cf He 10,5-7.


La creazione - sorgente della preghiera

2569 È a partire innanzi tutto dalle realtà della creazione che vive la preghiera. I primi nove capitoli della Genesi descrivono questa relazione con Dio come offerta dei primogeniti del gregge da parte di Abele, (15) come invocazione del nome divino da parte di Enos, (16) come « cammino con Dio ». (17) L'offerta di Noè è « gradita » a Dio, che lo benedice – e, attraverso lui, benedice tutta la creazione (18) – perché il suo cuore è giusto e integro; egli pure « camminava con Dio » (Gn 6,9). Questa qualità della preghiera è vissuta da una moltitudine di giusti in tutte le religioni. Nella sua Alleanza indefettibile con gli esseri viventi, (19) Dio sempre chiama gli uomini a pregarlo. Ma è soprattutto a partire dal nostro padre Abramo che nell'Antico Testamento viene rivelata la preghiera.

(15) Cf Gn 4,4.
(16) Cf Gn 4,26.
(17) Cf Gn 5,24.
(18) Cf Gn 8,20-9,17.
(19) Cf Gn 9,8-16.


La Promessa e la preghiera della fede

2570 Non appena Dio lo chiama, Abramo parte « come gli aveva ordinato il Signore » (Gn 12,4): il suo cuore è tutto « sottomesso alla parola »; egli obbedisce. L'ascolto del cuore che si decide secondo Dio è essenziale alla preghiera: le parole sono relative rispetto ad esso. Ma la preghiera di Abramo si esprime innanzi tutto con azioni: uomo del silenzio, ad ogni tappa costruisce un altare al Signore. Solo più tardi troviamo la sua prima preghiera in parole: un velato lamento che ricorda a Dio le sue promesse che non sembrano realizzarsi. (20) Così, fin dall'inizio, appare uno degli aspetti del dramma della preghiera: la prova della fede nella fedeltà di Dio.

(20) Cf Gn 15,2-3.

2571 Avendo creduto in Dio, (21) camminando alla sua presenza e in alleanza con lui, (22) il patriarca è pronto ad accogliere sotto la propria tenda l'Ospite misterioso: è la stupenda ospitalità di Mamre, preludio all'annunciazione del vero Figlio della Promessa. (23) Da quel momento, avendogli Dio confidato il proprio disegno, il cuore di Abramo è in sintonia con la compassione del suo Signore per gli uomini, ed egli osa intercedere per loro con una fiducia audace. (24)

(21) Cf
Gn 15,6.
(22) Cf Gn 17,1-2.
(23) Cf Gn 18,1-15 Lc 1,26-38.
(24) Cf Gn 18,16-33.

2572 Quale ultima purificazione della sua fede, proprio a lui « che aveva ricevuto le promesse » (He 11,17) viene chiesto di sacrificare il figlio che Dio gli ha donato. La sua fede non vacilla: « Dio stesso provvederà l'agnello per l'olocausto » (Gn 22,8); « pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti » (He 11,19). Così il padre dei credenti è configurato al Padre che non risparmierà il proprio Figlio, ma lo darà per tutti noi. (25) La preghiera restituisce all'uomo la somiglianza con Dio e lo rende partecipe della potenza dell'amore di Dio che salva la moltitudine. (26)

(25) Cf Rm 8,32.
(26) Cf Rm 4,16-21.

2573 Dio rinnova la propria Promessa a Giacobbe, l'antenato delle dodici tribù d'Israele. (27) Prima di affrontare il fratello Esaù, Giacobbe lotta per l'intera notte con un misterioso personaggio, che si rifiuta di rivelargli il proprio nome, ma lo benedice prima di lasciarlo allo spuntar del sole. La tradizione spirituale della Chiesa ha visto in questo racconto il simbolo della preghiera come combattimento della fede e vittoria della perseveranza. (28)

(27) Cf
Gn 28,10-22.
(28) Cf Gn 32,25-31 Lc 18,1-8.



Catechismo Chiesa Catt. 2504