Crisostomo - PRIMA TIMOTEO 202

All'apostolo Paolo è stato affidato «il vangelo della gloria»

Per i parricidi e i matricidi, per gli assassini, i fornicatori, i pervertiti, i trafficanti di uomini, i falsi, gli spergiuri e per ogni altra cosa che è contraria alla sana dottrina (1 Tim. 1, 9-10).

Ha detto proprio bene affermando: alla sana dottrina, in quanto l'enumerazione precedente non stigmatizzava altro se non i vizi di un'anima corrotta. Secondo il vangelo della gloria - dice - del beato Dio, vangelo che mi è stato affidato (1 Tim. 1, 11). Perciò, ancora una volta, la legge resta necessaria garanzia e conferma del vangelo, fermo restando che coloro che credono non hanno affatto bisogno di essa. Paolo lo chiama vangelo della gloria per coloro che arrossiscono delle persecuzioni e della passione di Cristo. Insomma, sia che l'abbia fatto per questo motivo sia che l'abbia fatto per altri, egli con l'espressione vangelo della gloria ha inteso affermare che la passione di Cristo è gloria; oppure ha voluto alludere al futuro. Infatti, se le cose presenti sono piene di obbrobrio e di ignominia, quelle future invece non lo sono; e il vangelo riguarda l'avvenire più che il presente.

Del resto, perché l'angelo dice: Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo : Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore 12? Il motivo è perché il bambino che nasceva sarebbe stato il salvatore futuro, senza per questo operare nessun prodigio nel momento della sua nascita. Dice: Secondo il vangelo della gloria del beato Dio.

Della gloria: con questo termine l'Apostolo o vuole intendere il culto di Dio, oppure vuol dire che se tutte le cose presenti sono piene della gloria di Dio, molto di più lo saranno quelle che ammiriamo, quando i nemici saranno tutti ai suoi piedi, quando non vi sarà più lotta contro di lui, quando i giusti potranno contemplare quei beni infiniti che né occhio ha visto, né orecchio ha udito, né mai sono giunti al cuore dell'uomo.

La gloria di questo mondo è senza valore e instabile

(Padre) - dice - voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria 13.

Impariamo dunque a conoscere chi sono questi giusti e proclamiamoli beati pensando ai tanti beni che essi godranno, nonché allo splendore e alla grande gloria di cui saranno partecipi. La gloria di quaggiù è senza valore e instabile; e se anche permane, al massimo dura fino alla morte e subito dopo non tarda a estinguersi completamente. Il salmista dice: Né scende con lui la sua gloria 14: grande è il numero di coloro che essa non accompagna fino alla fine!

La vera gloria invece...

Della vera gloria, invece, non si deve pensare nulla di simile; essa è esattamente l'opposto; non solo rimane, ma non avrà mai fine. D'altronde saldezza, immutabilità e infinitezza costituiscono la caratteristica specifica delle cose di Dio. Questa gloria non proviene dall'esterno ma dall'interno. Essa, ad esempio, non deriverà dall'avere vesti preziose, un gran numero di servi e carri: l'uomo ne è rivestito senza avere bisogno di tutte queste cose! Perciò, se ora (quaggiù) tutto questo apparato manca, l'uomo sarà privo di gloria, è vero, ma non lo sarà lassù. Nei bagni pubblici noi vediamo nudi degli uomini di riguardo insieme a uomini di nessuna importanza, anzi perfino malvagi. Spesso, nelle piazze, molti si sono trovati in pericolo, quando nel bisogno non hanno trovato attorno a sé i loro servi. Ebbene, lassù ognuno sarà accompagnato sempre e dovunque dalla sua gloria. E come gli angeli hanno in sé la loro gloria dovunque si mostrano, così anche i santi. C'è di più: come il sole non ha bisogno di nessuna veste né di alcunché di simile, ma subito appare irraggiando la sua gloria, così sarà anche in quel momento, (lassù).

Non ti vantare per le vesti che indossi; comprati una veste celeste

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3. Ripromettiamoci pertanto di perseguire quella gloria della quale nulla vi è di più rispettabile e di abbandonare quella di cui nulla vi è di più abietto. Dice la Sacra Scrittura: Non ti vantare per le vesti che indossi 15. Queste cose, in verità, venivano dette a un popolo ancora bambino. Un danzatore, una prostituta, un attore indossano abiti più graziosi dei tuoi! Del resto, ti vanti di una cosa del cui godimento ben presto al loro sopraggiungere i tarli ti priveranno. Vedi, dunque, quanto è incerta la gloria di questa vita? Tu trai gloria da una cosa che i vermi generano e distruggono! Si dice, infatti, che a produrre il filo per tessere questi abiti siano degli animaletti provenienti dall'India.

Ebbene, se proprio ti fa piacere, comprati un vestito confezionato in cielo, un indumento meraviglioso e splendido, una veste veramente d'oro! Si tratta infatti di un oro che non proviene da miniere, che non è stato scavato da mani di uomini condannati a estrarre metalli; il suo filone invece scaturisce da una vita virtuosa. Rivestiamoci dunque di un abito che non è stato confezionato da poveri schiavi, ma dal Signore stesso. Tu potrai obiettare: «Ma nel mio abito vi sono disseminati numerosi filamenti d'oro». Sì? E a te che importa? La gente ammira il tuo sarto e non te che indossi l'abito: il merito, infatti, va solamente a chi l'ha confezionato!

Comunque, la stessa cosa si verifica anche per gli abiti ordinari: noi apprezziamo non il telaio di legno di cui ci si serve per confezionarli, ma ammiriamo l'abilità tecnica dell'artigiano, indipendentemente dalla qualità dello strumento di legno adoperato per la loro tessitura. Orbene, se le stoffe vengono cucite in modo così resistente soltanto per impedire che siano attaccate e corrose dai tarli, non (ti sembra) veramente stolto preoccuparsi tanto di un oggetto di così poco valore? Di non lasciare nulla di intentato (pur di procacciartelo), sapendo che in questo modo abbandoni gli interessi della tua salvezza? (Non ti sembra stolto) tenere in poco conto la geenna, di oltraggiare Dio e di distogliere lo sguardo da Cristo che soffre la fame?

Che dire poi dei preziosi profumi, solidi o liquidi, provenienti dall'India, dall'Arabia e dalla Persia? Che dire degli unguenti e delle essenze che si acquistano inutilmente a prezzi veramente folli? Infine, a che scopo, o donna, profumare un corpo il cui interno è pieno d'impurità? Perché spendere denaro per una cosa che in fondo emana cattivo odore? Ti comporti alla stessa maniera di uno che getta del profumo nella melma o un'essenza odorosa su di un mattone.

Procuriamoci il profumo che serve all'anima e che discende dal cielo

Se vuoi, vi è un profumo, un aroma con il quale puoi ungere la tua anima; esso non proviene né dall'Arabia, né dall'Etiopia, né dalla Persia, ma discende direttamente dal cielo. Lo si compra non con l'oro, ma con il prezzo di una pura intenzione e di una fede sincera. Compra dunque questo profumo: la suafragranza può riempire la terra intera. È il profumo che emettevano gli apostoli: Noi siamo il buon profumo (di Cristo) che dona la morte agli uni e la vita agli altri 16. Come spiegare questo duplice effetto? (Non ci si deve meravigliare), se è vero che, come si dice, un maiale si sente soffocare dalla fragranza di un profumo! In verità, ad emettere un profumo spirituale erano non soltanto i corpi degli apostoli, ma anche i loro vestiti. Le vesti di Paolo, ad esempio, emettevano un profumo così intenso da scacciare i demoni. Quale foglia odorosa, quale incenso, quale mirra potevano superare in soavità la sua fragranza? Ora, se riusciva a mettere in fuga i demoni, quale altro benefico effetto non avrebbe potuto produrre? Procuriamoci dunque questo profumo: la grazia dello spirito lo acquisti mediante l'elemosina; così, quando partiremo da questa vita porteremo con noi questo soave odore e attireremo l'attenzione di tutti i santi. E come su questa terra coloro che si profumano convogliano su di sé gli occhi di tutti (basta osservare, ad esempio, come le persone, attratte dal loro profumo, non distolgano lo sguardo da essi, sia nei bagni pubblici che in chiesa o in qualsiasi folta assemblea), allo stesso modo tutti nel mondo celeste ammirano e rispettano quelle anime che al loro ingresso emanano la fragranza di un odore spirituale.

Lasciamoci interamente avvolgere dal buon odore spirituale che riceviamo con il sacramento del battesimo

Ma già quaggiù né i demoni né i vizi osano accostarli o contrastarli: il loro è infatti un profumo che li soffoca: lasciamoci allora interamente avvolgere da esso! Del resto, mentre i profumi mondani denotano un animo incline alla mollezza, quelli dello spirito sono propri di persone energiche e straordinarie che riscuotono tutta la nostra stima. Queste essenze odorose non sono prodotte dalla terra, ma nascono da una virtuosa condotta di vita; non marciscono, anzi fioriscono sempre di più e rendono degni di rispetto coloro che le posseggono. Quando riceviamo il battesimo siamo unti con questo balsamo e cominciamo a emettere un soave odore: dipende dunque esclusivamente dal nostro zelo spirituale continuare a emetterlo. Ecco perché anche nei tempi antichi i sacerdoti venivano unti e consacrati con l'unguento, simbolo di una vita virtuosa : e il sacerdote deve spandere il buon odore!

A differenza della virtù, la dinamica del cattivo odore del peccato è subdola

Nulla, al contrario, manda più cattivo odore del peccato. Osserva come il profeta ne dipinge la natura: Putride e fetide sono le mie piaghe 17. Sì, il peccato è davvero peggiore e più fetido d'una cancrena! Dimmi: Cosa vi è, ad esempio, di più pestifero del peccato di fornicazione? Infatti, anche se tu non te ne accorgi quando lo commetti, prova a pensarci dopo averlo compiùto: allora sì che sentirai il suo fetore, l'impurità immessa (nello spirito), il rimorso e il disgusto.

Ebbene, ogni peccato presenta la stessa dinamica di questo: prima che tu lo compia promette di darti un piacere, ma dopo che l'hai commesso, non solo il piacere cessa e si spegne del tutto, ma per di più subentra un senso di dolore e d'angoscia. In una virtuosa condotta di vita, invece, si verifica esattamente il contrario: all'inizio la pena, ma alla fine il piacere e il sollievo interiore. D'altra parte, mentre nel peccato il piacere stesso non è un autentico piacere perché al termine ti aspetta la vergogna e il tormento (dell'atto commesso), invece in una condotta di vita spesa all'insegna della virtù la pena stessa non è vera pena, perché al termine ti attende la speranza della retribuzione.

Quando il piacere è autentico

Dimmi: Che cos'è l'ebbrezza? Non è forse unicamente quando bevi e soltanto in quel momento che essa ti offre qualche piacere, e probabilmente neppure allora? Infatti, una volta che hai perduto la cosciente padronanza di te, una volta che non vedi più le persone presenti e vieni a trovarti in una condizione peggiore di uomini in preda alla frenesia, quale piacere tu puoi provare? C'è di più: il piacere è assente nello stesso peccato di fornicazione! Infatti, quale autentico piacere può mai provare un animo che è divenuto succube della passione ed è stato privato delle sue



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OMELIA 3

RENDO GRAZIE A COLUI CHE MI HA DATO LA FORZA, CRISTO GESÙ SIGNORE NOSTRO, PERCHÉ MI HA GIUDICATO DEGNO DI FIDUCIA CHIAMANDOMI AL MINISTERO: IO CHE PER L'INNANZI ERO STATO UN BESTEMMIATORE, UN PERSECUTORE E UN VIOLENTO. MA MI È STATA USATA MISERICORDIA, PERCHÉ AGIVO SENZA SAPERLO, LONTANO DALLA FEDE; COSÌ LA GRAZIA DEL SIGNORE NOSTRO HA SOVRABBONDATO INSIEME ALLA FEDE E ALLA CARITÀ CHE È IN CRISTO GESÙ

(1Tm 1,12-14)

Prima Timoteo 1,12-14

L'impegno costante di Paolo nel perseguire la virtù dell'umiltà

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1. Sebbene i vantaggi procurati dall'umiltà sianosotto i nostri occhi, tuttavia in nessuna parte la riscontriamo così facilmente; anzi, di essa si fa ovunque un gran parlare, talora anche più del necessario, però essa non è mai espressa autenticamente. Il beato Paolo la perseguiva con tanto ardore che (per così dire) respirava dovunque ogni occasione per rendere umile il suo spirito. Infatti, poiché coloro che sono consci di compiere grandi cose devono impegnarsi non poco se vogliono conseguire la virtù dell'umiltà, è naturale pensare che anche l'Apostolo, per la chiara consapevolezza del bene (che operava), era soggetto ai duri assalti della sua coscienza che, come onda incalzante, cercava continuamente di travolgerlo 1. Osserva allora come Paolo si è comportato in questa circostanza. Egli ha detto: il vangelo della gloria che mi è stato affidato; un vangelo, cioè, al quale non possono prendere parte coloro che si servono ancora della legge. Infatti, è tale l'opposizione e così grande la differenza (tra i due), che quelli che vivono soggetti alla legge non possono assolutamente essere degni di partecipare del vangelo; è come dire: A colui che è degno di essere condannato e di stare in carcere, è negato il diritto di far parte del coro di quanti invece vivono rettamente la propria esistenza 2. Paolo, dunque, nel mentre respirava e diceva grandi cose, si sforzava nel contempo di mantenersi sempre umile, cercando in questo modo di convincere gli altri a fare la stessa cosa.

Infatti, non appena scrive: (il vangelo) che mi è stato affidato, subito riafferma la sua umiltà 3, affinché non si creda che le sue parole siano dettate da un sentimento di orgoglio. Vedi allora quale correzione egli apporta quando soggiunge: Per mio conto rendo grazie a Cristo Gesù, Signore nostro, che mi ha fortificato, poiché mi stimò degno di fiducia ponendomi nel suo ministero. Osserva, quindi, come l'Apostolo in ogni circostanza nasconda il suo retto operare, rapportando tutto a Dio, senza che comunque ne abbia a soffrire la piena libertà delle sue azioni 4. A questo punto, un non credente potrebbe osservare : Ma se tutto dipende da Dio, se da parte nostra manca un qualsiasi contributo, se è Dio a farci passare dal vizio a una sana condotta di vita 5, come se noi fossimo dei pezzi di legno o delle pietre, perché allora, mentre con Paolo si è comportato in un modo, con Giuda invece in un altro? Ebbene, rifletti con quanta prudenza Paolo adoperi i termini onde eliminare quest'osservazione. Dice infatti: (il vangelo) che mi è stato affidato: il suo impegno consiste, dunque, in questo affidamento di evangelizzazione, questa è la sua dignità, anche se in verità non tutto dipende completamente da lui. Infatti, nota attentamente cosa dice: Per mio conto rendo grazie a Cristo Gesù, che mi ha fortificato. A questo, che è l'intervento di Dio, l'Apostolo fa seguire il suo, quando dice: poiché mi stimò degno di fiducia, nel senso cioè che solo a questo punto subentra pienamente l'utilità del suo operato.

L'aiuto della grazia di Dio non ostacola la libertà d'azione del singolo



Ponendomi nel suo ministero: proprio me che prima ero un bestemmiatore, persecutore, violento. Però ottenni misericordia, avendo fatto ciò nell'ignoranza, quando mi trovavo nell'incredulità.

Osserva, dunque, come distingue il suo operato da quello di Dio; quale importanza maggiore accorda alla provvidenza divina e come limita l'apporto della sua attività, senza che comunque, come ho già detto, ne abbia a soffrire l'integrità della sua libertà d'azione. Ma allora, cosa significa: ...che mi ha fortificato? Ascolta: Paolo si era posto sulle spalle un pesante fardello, perciò aveva bisogno d'un particolare intervento divino. Ti basti pensare alle grandi difficoltà nelle quali quotidianamente si imbatteva: doveva far fronte a ingiurie, insidie, pericoli, sarcasmi, vituperi e perfino alla morte, senza tuttavia venir meno, soccombere o essere travolto. Al contrario, pur assalito da ogni parte e pur bersagliato ogni giorno da mille e mille colpi, doveva restare sempre imperterrito nel volto. Ora, senza dubbio, se in tutto ciò la sua fermezza d'animo superava ogni forza umana; se il soccorso che gli proveniva da Dio non giocava un ruolo esclusivo, era altresì vero che anche la completa libertà d'azione dell'Apostolo ricopriva un posto di primaria importanza 6.



Il cristiano deve portare sempre alto il «labaro» di Cristo: la croce

Quanto poi al fatto che Dio ha scelto Paolo, sapendo nella sua prescienza chi sarebbe stato, ascolta cosa ha detto (di lui) prima che cominciasse a predicare: Egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli e ai re 7. Infatti, come coloro che in guerra portano l'insegna imperiale, che comunemente chiamiamo labaro, hanno bisogno di notevole coraggio e di grande abilità per non farla cadere nelle mani dei nemici, allo stesso modo coloro che portano il nome di Cristo, non solamente in tempo di guerra ma anche durante la pace, hanno bisogno di una grande forza d'animo per non esporre tale nome alle lingue blasfeme e per essere pronti a combattere strenuamente e a portare la croce 8: colui che porta il nome di Cristo ha quindi veramente bisogno d'un grande coraggio. Ora, colui che dice, fa o pensa una cosa indegna, non porta più questo nome e non ha più Cristo in se stesso. Invece colui che lo porta degnamente avanza in trionfo non nell'agorà, ma nei cieli: dinanzi ad esso tutti provano un fremito, mentre gli angeli lo scortano e lo ammirano.

Paolo ringrazia Dio per essere diventato «strumento eletto»

Per mio conto rendo grazie a Cristo Gesù, nostro Signore, che mi ha fortificato. Osserva come l'Apostolo si profonde in rendimento di grazie per tutto ciò che lo riguarda personalmente. Egli proclama la sua riconoscenza, conscio di essere uno strumento eletto. Ma, o beato Paolo, questa è opera tua, giacché Dio non fa accezione di persone. Comunque - dice l'Apostolo - io gli rendo grazie perché mi ha reso degno di svolgere questo ministero, e questo è segno che egli mi ha giudicato degno di fiducia 9. Ebbene, come in una casa colui che viene scelto quale economo non solo ringrazia il padrone per la fiducia riposta in lui, ma anche perché la sua scelta è segno evidente di una maggiore fiducia rispetto agli altri, la stessa cosa bisogna dire nel caso dell'apostolo Paolo.

Perciò considera attentamente come esalta la misericordia e l'amore di Dio verso gli uomini, quando egli stesso si sofferma sulla condotta della sua precedente vita: io che prima - dice - ero stato bestemmiatore, persecutore, violento. Inoltre, mentre quando parla dei Giudei, ancora increduli, adopera parole più blande, dicendo: Rendo loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza 10; invece, quando parla di sé si definisce: un bestemmiatore, un persecutore e un violento.

Noti la tendenza al completo annientamento di sé e al disprezzo dell'amor proprio? Noti quale profonda umiltà possiede il suo animo? Egli, infatti, non ritiene sufficiente affermare d'essere stato un bestemmiatore e un persecutore, ma vuole sottolineare anche l'ardore veemente riposto in questo suo agire. Infatti dice: Non riuscivo a trattenere soltanto in me questa criminale pazzia (di persecuzione), né mi ritenevo pago di essere un bestemmiatore, ma perseguitavo anche coloro che volevano tenere una pia condotta di vita. Bestemmiare è stata un'indicibile pazzia, è vero, ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede.


Perché gli altri Giudei non hanno ottenuto misericordia?

302 2. Ma perché gli altri Giudei non hanno ottenuto misericordia? La risposta è perché essi hanno fatto ciò che hanno fatto non per ignoranza, ma con piena consapevolezza e perfetta conoscenza delle cose. Comunque, se proprio vuoi conoscere bene i fatti, ascolta ciò che dice l'evangelista: Anche molti tra i farisei e i Giudei credettero in lui, ma non lo riconoscevano apertamente... perché amavano la gloria degli uomini più della gloria di Dio 11. Cristo stesso a tal proposito afferma: Come potete credere, voi che prendete la gloria gli uni dagli altri (e non cercate la gloria che viene da Dio solo?) 12; e ancora: Questo dissero i genitori del cieco a causa dei Giudei e per paura di essere espulsi dalla Sinagoga 13. Del resto gli stessi Giudei dicevano: Vedete che non concludiamo nulla? Ecco che il mondo gli è andato dietro!.

Essi si mostrano sempre soggiogati da una sfrenata ambizione di dominio. E intanto questi stessi avevano affermato: Nessuno può rimettere i peccati se non Dio soltanto 15; ma subito Cristo faceva ciò che costoro dichiaravano essere segno di Dio! Essi, dunque, non agivano per ignoranza. Ma in questo periodo dove si trovava Paolo? Si può dire che allora si trovava ai piedi di Gamaliele, uno che non aveva nulla in comune con quella folla di gente sediziosa. Gamaliele, infatti, era un uomo che non faceva nulla spinto dall'ambizione 16; perché allora, successivamente, Paolo lo si trova traquesta folla di gente (sediziosa)? È perché egli ormai prendeva atto della diffusione di questa nuova dottrina, del seguito che riscuoteva, e notava che quasi tutti seguivano obbedienti il suo insegnamento. Infatti, quando Cristo era ancora in vita, la gente ora si recava da lui, ora dai dottori della legge. Ma quando Paolo e i Giudei si divisero profondamente, allora egli cominciò a fare ciò che fece non mosso dall'ambizione, come tutti gli altri, ma dallo zelo.



...ottenni misericordia, avendo fatto ciò nell'ignoranza



Allora ci si chiederà: Perché si recava a Damasco? Lo faceva proprio perché egli, allora, riteneva questa nuova dottrina un pubblico flagello e temeva che la sua predicazione si estendesse dovunque. I Giudei, invece, l'avversavano per motivi diversi: essi infatti facevano tutto non con lo scopo di venire incontro a molti, ma solamente per ambizione di potere. Fa' dunque attenzione a ciò che dicevano: (Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani) e distruggeranno (il nostro luogo santo) e la nostra città 17. Quale timore li assaliva? Un timore esclusivamente umano!

Opportunamente, quindi, verrebbe da chiedersi: Ma com'è possibile che Paolo, così profondo conoscitore della legge, ignorasse questa nuova dottrina, proprio lui che più tardi avrebbe detto: (Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio) che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti 18? Come puoi ignorare, (o Paolo), questa dottrina, tu che sei un ardente seguace delle leggi dei padri, tu che sei stato educato alla scuola di Gamaliele? Mentre uomini che vivono su laghi e fiumi, mentre gli stessi pubblicani accorrono e l'accolgono, tu invece la perseguiti, esperto conoscitore della legge quale sei?

Ebbene, questo è il motivo per cui Paolo condanna se stesso, dicendo: Non sono degno di essere chiamato apostolo 19. Questo è il motivo per cui egli condanna la sua ignoranza, generata dall'incredulità e per questo dice che gli è stata usata misericordia. Che significa: Mi stimò degno di fiducia? Significa che Paolo non ha mai tradito gli insegnamenti del suo Maestro: ha sempre rapportato tutto a lui, anche ciò che aveva di proprio, lungi com'era dall'usurpare la gloria di Dio. Ascolta infatti ciò che dice altrove: Cittadini, perché avete il vostro sguardo rivolto su di noi? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi 20. E questo non significa altro che: Mi stimò degno di fiducia. E altrove dice: Ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me 21. E ancora: È Dio che suscita in noi il volere e l'operare secondo (i suoi benevoli disegni) 22.

Così egli si mostra degno di castigo: è infatti a questi uomini che viene accordata la misericordia. Scrivendo ai Romani afferma: La cecità è piombata su di una parte di Israele 23, ma la grazia del Signore sovrabbondò con la fede e la carità che è in Cristo Gesù24.

Cosa vuol dire l'Apostolo? Quando lo ascolti dire che gli è stata usata misericordia, non devi intendere quest'espressione solo unitamente all'ammissione da parte sua d'essere stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento e, come tale, degno di castigo; ma intendila come se egli dicesse: Io non sono stato punito, bensì mi è stata usata misericordia. Questo è tutto? La misericordia allora è intervenuta soltanto per evitare il castigo? No, in quanto essa ha concesso molti altri e grandi benefici.

I benefici della misericordia e della sovrabbondante grazia del Signore

Dio, infatti, ci ha liberati non solo dal castigo imminente, ma ci ha resi anche giusti, figli, fratelli, amici, eredi e coeredi. Perciò l'Apostolo dice: Sovrabbondò la grazia, mostrando che tali doni hanno superato i limiti della stessa misericordia. Ora questi non sono doni di uno che usa misericordia verso gli altri, ma di uno che vuole bene, anzi di uno che ha un amore grandissimo. Dopo aver detto molte e stupende cose sull'amore di Dio il quale non solo ha concesso misericordia a lui che era un bestemmiatore, un violento e un persecutore, ma lo ha reso degno di molti altri e straordinari benefici, Paolo, in difesa della piena libertà d'azione (di ciascun individuo), ancora una volta vuole renderci saldi contro gli errori degli increduli, aggiungendo: con la fede e la carità che è in Cristo Gesù. Egli, concludendo, afferma che la sua parte di collaborazione consiste soltanto nell'aver creduto che il Signore poteva salvarlo.

Nonostante i tanti benefici ricevuti, ancora non amiamo sinceramente Cristo

303 3. Dobbiamo dunque amare Dio per mezzo di Cristo. Ma che significa: per mezzo di Cristo? Significa che noi otteniamo i benefici non dalla legge ma da Cristo. Osserva, infatti, di quanti beni Cristo è per noi l'artefice e di quali invece la legge! Paolo non ha detto semplicemente: ha abbondato, ma ha sovrabbondato la grazia. E questa ha realmente sovrabbondato, se ha subito trasferito nella condizione di figli adottivi coloro che invece erano degni di mille castighi. Fa' inoltre attenzione: il significato della preposizione in è lo stesso di per 25 . Infatti, non vi è bisogno soltanto della fede ma anche della carità, poiché ancora oggi vi sono molti che, pur credendo che Cristo è Dio, tuttavia né lo amano e né compiono le azioni di coloro che amano. D'altronde, come potrebbero compierle se essi preferiscono ben altre cose, come i beni materiali, (la paura) della nascita segnata dal destino, le osservanze superstiziose, i pronostici e i sogni? Perciò dimmi: Se noi viviamo oltraggiando Cristo, che senso ha dire: io l'amo? Abbi quindi per Cristo lo stesso amore che nutri verso un amico sincero; così amerai colui che per dei nemici ha donato il suo unico Figlio, senza che tu avessi fatto qualcosa per meritare un simile beneficio.

Ma perché adopero il verbo meritare, se noi abbiamo commesso tutto il male possibile, se contro di lui abbiamo osato compiere, senza alcun motivo, ogni sorta di indegnità? Eppure (il Padre) non ci ha rigettati da sé; anzi ci ha ricolmati di tanti benefici, nutrendo per noi un grande affetto: ci ha donato perfino suo Figlio, benché ci fossimo macchiati di così gravi colpe!

Per tutta risposta noi, dopo aver ricevuto in sorte tanti benefici, dopo essere diventati suoi amici 26 e dopo essere divenuti degni di tante attenzioni per mezzo di lui 27, non l'abbiamo amato come un nostro amico. E quale speranza potremo mai avere? Forse udendo queste cose proverete un fremito; ma volesse il cielo che avessimo orrore delle nostre azioni! Ma perché, osserverà qualcuno, non amiamo Dio così come facciamo con gli amici? Perché? Cercherò di dirlo concretamente, augurandomi di sembrare come uno che parla in maniera insensata, anche se purtroppo temo che le mie parole concordino con i fatti.

Spesso, purtroppo, l'affetto verso gli amici è preferito all'amore e al timore di Dio

Fa' questa riflessione: mentre per gli amici, e mi riferisco a quelli veri, spesso molti hanno accettato volentieri di perdere qualcosa; invece per Cristo non solo non siamo disposti a perdere alcunché, ma non siamo contenti neppure di ciò che al presente possediamo. Ancora: mentre per un amico, spesso abbiamo sopportato di essere offesi e ci siamo attirati delle inimicizie; per mezzo di Cristo, invece, non solo non ci procuriamo inimicizie ma, (per dirla con un proverbio): Per caso siamo amati, per caso non siamo odiati 28. Inoltre, mentre noi non disprezziamo mai un amico quando si trova a soffrire la fame; invece ci rifiutiamo di accogliere Cristo che ogni giorno viene a chiederci solo un morso di pane e non chissà quali grandi cose!

E tutto questo mentre emettiamo cattivi odori 29 per i troppi cibi e le troppe bevande, mentre ci tuffiamo nei piaceri della tavola e della gola, mentre il nostro alito sa ancora di vino bevuto il giorno precedente, mentre siamo immersi in ogni delizia. E poi, mentre alcuni pagano profumatamente le prostitute, altri non sono da meno verso i parassiti, gli adulatori; altri verso uomini dall'aspetto mostruoso, verso uomini dalla mente svanita e verso uomini nani: in altre parole, tramutano in divertimento personale i difetti della natura 30. Inoltre, mentre verso quelli che ci sono veramente amici, né proviamo alcun sentimento d'invidia, né ci tormentiamo a causa della loro felicità, invece nei riguardi di Cristo siamo soggetti a queste debolezze, sicché è possibile notare come quest'amicizia verso gli uomini di fatto valga di più del timore verso Dio. Del resto, un uomo invidioso e ipocrita ha più timore degli altri uomini che di Dio. Come spiegare ciò? Personalmente risponderò dicendo che l'uomo non smette mai di tessere inganni, (pur sapendo che) Dio vede ciò che egli compie anche nel profondo del suo cuore; invece, se egli è visto da un altro uomo, ecco che allora si vede completamente perduto e diventa rosso in volto. Ma perché dico queste cose? Perché se vediamo che un amico soffre, subito ci rechiamo da lui; anzi, se ritardiamo la visita solo di un poco, temiamo di essere rimproverati; al contrario, quando vediamo Cristo morente e in catene, ci guardiamo bene dal visitarlo. E così, se mai ci rechiamo da amici cristiani, lo facciamo non perché sono cristiani, ma solo perché essi sono nostri amici.

Ma Cristo è per noi un vero amico?

304 4. Ti accorgi che nulla si fa per timore di Dio, nullaper amore verso di lui, ma tutto si fa o per sentimento d'amicizia o per abitudine? Infatti, quando vediamo andar via un amico, piangiamo e gemiamo; quando lo vediamo morire, ci abbattiamo profondamente, pur sapendo bene che egli non sarà separato da noi per sempre, in quanto lo incontreremo di nuovo nel giorno della risurrezione. Ebbene, ogni giorno viviamo separati da Cristo; anzi non soffriamo affatto di tenerlo lontano da noi ogni giorno, né pensiamo di commettere qualcosa di grave quando ci comportiamo ingiustamente verso di lui, quando l'affliggiamo, quando provochiamo la sua collera e compiamo delle azioni che a lui dispiacciono. Ma la cosa sarebbe meno grave, se noi non lo considerassimo nostro amico! Ora io, invece, dimostrerò che in effetti lo trattiamo come un nemico. In che modo? Il desiderio della carne - dice Paolo - è inimicizia contro Dio 31. Ebbene noi, lasciandoci guidare da questo desiderio, poniamo alla porta Cristo che vuole sempre entrare nella nostra casa, e con le nostre cattive azioni non facciamo altro che questo; anzi ogni giorno lo ricopriamo d'offese con la nostra avarizia e con la nostra avidità. Viene forse apprezzato chi gode d'una buona reputazione, chi predica l'insegnamento di Cristo, chi è di utile giovamento alla Chiesa? No; riscuote al contrario la nostra invidia proprio perché egli compie le opere di Dio. Allora (dobbiamo dire che) il sentimento d'invidia che noi sembriamo nutrire verso costui, in fondo si rivolge contro lo stesso Cristo.

No, obietterai, noi vogliamo trarre questo vantaggio solamente per mezzo nostro e non per opera altrui, cioè, non per mezzo di Cristo, ma per opera nostra. Infatti, se fosse fatto per mezzo di Cristo, non ci interesserebbe affatto se egli agisse così per gli altri invece che per noi. Allora dimmi: se un medico ha un figlio che corre il grave pericolo di perdere la vista e intanto egli personalmente non è in grado di curarlo, forse respingerà un altro medico che ha trovato capace di guarirlo? No, ma forse gli parlerà così : Non importa che mio figlio sia curato da te o da me. Perché? Perché a lui sta a cuore non il suo bene ma quello di suo figlio. La stessa cosa vale anche per noi. Infatti, se avessimo di mira le cose che riguardano Cristo, diremmo: Venga ciò che è utile, sia che si compia per noi, sia che si compia per altri. Paolo afferma: Sia per pretesto sia per sincerità, Cristo di fatto viene annunziato 32.


Crisostomo - PRIMA TIMOTEO 202