Crisostomo - PRIMA TIMOTEO 304

Conclusione: perseguiamo la vera gloria amando tutti con lo stesso amore di Cristo

Ascolta ciò che dice Mosè a coloro che volevano suscitare la sua ira, quando Eldad e Medad profetizzavano: Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore! 33 Infatti, tutti questi meschini sentimenti traggono origine da un amore di falsa gloria. Perciò non sono propri di quelle persone che nutrono avversione e ostilità? Uno ha parlato maledi te? Amalo. Dirai: Ma com'è possibile? È possibile, sì,



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OMELIA 4



QUESTA INFATTI È UNA PAROLA DEGNA DI FEDE E DI OGNI ACCOGLIENZA: GESÙ CRISTO È VENUTO NEL MONDO PER SALVARE I PECCATORI, DEI QUALI IO SONO IL PRIMO. MA APPUNTO PER QUESTO HO OTTENUTO MISERICORDIA, PERCHÉ GESÙ CRISTO MOSTRASSE IN ME, PER PRIMO, TUTTA LA SUA LONGANIMITÀ, A ESEMPIO DI QUELLI CHE AVREBBERO CREDUTO IN LUI PER LA VITA ETERNA



(1Tm 1,15-16)

Prima Timoteo 1,15-16

L'esaltazione della misericordia di Gesù Cristo

401 1. I benefici di Dio sono così grandi e superano ditanto le previsioni e le speranze umane, che spesso si fa fatica a crederli. Dio, infatti, ci ha elargito delle grazie che la mente dell'uomo non poteva né pensare né attendersi. E gli apostoli si soffermano sovente su quest'argomento, affinché crediamo che questi sono doni concessi a noi da Dio. Dinanzi a questi doni divini, infatti, proviamo la stessa sensazione (d'incredulità) di quando riceviamo inaspettatamente dei grandi doni e, poiché stentiamo a credere ai nostri occhi, siamo solitiesclamare: È un sogno? Ma, in effetti, che cosa si stentava a credere?

La difficoltà era costituita dal fatto che dei nemici, dei peccatori, uomini che sotto la legge non erano stati giustificati neppure per mezzo delle opere, all'improvviso avessero conseguito la più alta dignità solamente per mezzo della fede. Ebbene Paolo, come nella Lettera ai Romani, così ora in questa Prima Lettera a Timoteo, affronta e discute a lungo su quest'argomento. Questa infatti è una parola degna di fede e di ogni accoglienza: Gesù Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo.

Poiché sapeva bene che i Giudei erano attratti da questa problematica, egli cercava di persuaderli a staccarsi dalla legge, in quanto non potevano conseguire la salvezza per mezzo di essa senza la fede. Egli dunque conduce una lotta serrata contro i loro preconcetti.

I preconcetti e le accuse dei Giudei

Ad essi infatti sembrava incredibile che un uomo, con alle spalle un'esistenza vissuta o inutilmente o compiendo azioni cattive, dopo questa condotta di vita potesse essere salvato per mezzo della sola fede. Perciò Paolo dice: Questa è una parola degna di fede. Del resto, vi erano alcuni che non solo non credevano, ma recriminavano perfino facendo le stesse affermazioni che ancora oggi fanno i Greci, quando dicono: Compiono il male perché ne venga il bene.

Affermavano ciò per il fatto che avevano udito Paolo dire: ... dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia 2, per cui lanciavano l'accusa di cui prima, richiamandosi e citando le stesse parole dell'Apostolo.

La stessa cosa si verifica quando parliamo loro della geenna 3.

Che senso ha parlare di remissione e di perdono di colpe commesse?

Perciò obiettano: Ma come è possibile che queste cose siano degne di Dio? Infatti, se l'uomo, anche dopo aver colto mille volte in flagrante il suo servo, lo lascia andare e lo degna perfino del perdono, Dio invece castigherà con una pena eterna? Inoltre, quando parliamo loro del battesimo e della remissione dei peccati per mezzo di questo (sacramento del perdono), essi replicano: Ma come è possibile ritenere cosa degna di Dio rimettere le innumerevoli colpe di cui un uomo si è macchiato?

A questo punto, puoi ben notare la loro distorsione mentale e come ad ogni occasione emerga il loro spirito di contesa! Infine affermano che se la remissione è un male, la punizione è un bene; viceversa, se la punizione non è un male, la remissione è un bene. Questo che sto dicendo è il loro modo di pensare. Noi, al contrario, affermiamo che sia l'una che l'altra sono un bene, anche se la motivazione la daremo esaurientemente in un'altra circostanza, dal momento che ora non lo possiamo. Si tratta, infatti, di una questione profonda che, esigendo un'ampia discussione, a suo tempo sarà sottoposta al vaglio del vostro benevolo ascolto. Perciò, continuiamo il discorso che ci eravamo proposti di fare.

Paolo dice: Questa è una parola degna di fede. Perché è degna di fede?

È tale sia per le cose che l'Apostolo ha detto prima e sia per quelle che dirà dopo. Osserva, pertanto, come egli in maniera preliminare imposta l'argomento e come poi lo sviluppa dopo averlo introdotto. Fa' quindi attenzione sia ai preamboli sapientemente presentati da Paolo e sia al modo con cui sviluppa l'argomentazione partendo dagli stessi.

Rapporto tra fede e misericordia, tra antica e nuova giustizia

Infatti l'espressione: (il Signore Gesù) ha avuto misericordia di lui che era un bestemmiatore e un violento, non è altro se non un preambolo, in quanto Dio non solo gli aveva concesso misericordia, ma lo aveva perfino stimato degno di fiducia, e non si può negare, dice l'Apostolo, che proprio questa fede gli ha meritato la misericordia da parte di Dio. Del resto, come nessuno, vedendo vivere a corte uno che prima è stato in carcere, oserà dubitare del fatto che costui abbia ottenuto il perdono, così non si meraviglierà del suo caso.

Egli, dunque, porta se stesso come esempio, né si vergogna di definirsi peccatore, anzi ne gioisce proprio perché in questo modo può far risaltare al massimo la stupenda grandezza della provvidenza di Dio, che l'ha reso degno di tanta bontà. Ma come è possibile che colui che in un'altra lettera di sé aveva detto: ...io che sono divenuto irreprensibile quanto alla giustizia, quella però (che si fonda) sulla legge 4, ora invece si definisce peccatore, anzi il primo dei peccatori? La risposta va ricercata nella considerazione che, secondo la giustizia che Dio ha donato e che deve essere ricercata prima di ogni altra cosa, tutti coloro che vivevano sotto la legge erano peccatori: (Non c'è distinzione alcuna, dato che) tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio 5. Ecco il motivo per cui Paolo non adopera il semplice termine di giustizia, ma (aggiunge): quella però che si fonda sulla legge. Infatti, come colui che possiede molte ricchezze appare ricco di per sé; ma se queste sue ricchezze vengono raffrontate con i tesori del re, egli è molto povero, anzi il primo tra i poveri; la stessa cosa si verifica nel nostro caso: se cioè gli uomini vengono paragonati agli angeli, sono peccatori, anche se giusti.

Ebbene, se Paolo, che ha operato secondo la giustizia (della legge), si considera il primo tra i peccatori, allora chi tra gli altri uomini potrà essere chiamato giusto? Egli, infatti, non si è definito tale per aver condotto una vita licenziosa. Certamente no; ma è solo raffrontando quell'antica giustizia a questa (che ora ci è stata rivelata), che egli dichiara la prima destituita di ogni valore. Né in verità fa soltanto quest'affermazione, ma chiama anche peccatori coloro che la possedevano.

Il senso autentico dell'umiltà di Paolo

Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo mostrasse in me, per primo, tutta la sua longanimità, a esempio di quelli che avrebbero creduto in lui per la vita eterna (1 Tim. 1, 16).
402 2. Puoi notare come ancora una volta egli si umiliae si abbassa, motivando peraltro con molta semplicità questo suo atteggiamento? Infatti, quando dice di aver ottenuto misericordia a causa della sua ignoranza, intende solo affermare che colui il quale ha ricevuto il perdono né è del tutto peccatore né, come tale, è completamente da condannare. Perciò, quando dice di aver ottenuto misericordia, vuole affermare che nessun peccatore in seguito disperi di essere perdonato, ma confidi di ottenere la sua stessa grazia, e questo è un dono veramente grande e straordinario! Comunque, benché l'Apostolo esclami: Io che sono il primo dei peccatori, bestemmiatore e oltraggioso 6e non sono degno di essere chiamato apostolo 7 ecc..., tuttavia egli non intende affermare fino a questo punto la sua umiltà. Questo concetto lo chiariremo mediante un esempio.

Poniamo il caso di una città popolosa, composta esclusivamente di uomini malvagi, chi più e chi meno, ma tutti, comunque, degni di essere puniti. Ora, ammesso che in essa ce n'è uno che particolarmente fra tutti merita di essere punito e castigato per aver commesso ogni genere di delitto, se un tale dice: Il re vuole perdonare tutti (senza alcuna distinzione), certamente i suoi concittadini non gli daranno subito credito, fino a quando tutti non avranno constatato che realmente il peggiore di tutti ha ricevuto il perdono. Infatti gli crederanno solo in seguito a tale verifica. Ebbene, Paolo vuole esprimere un analogo concetto.

L'Apostolo riceve per primo il perdono perché tutti possano salvarsi

Dio, dice, volendo convincere gli uomini che è disposto a perdonare ogni loro peccato, ha scelto colui che era il più colpevole di tutti. Perciò, argomenta l'Apostolo, se io ho ottenuto misericordia, nessuno più dubiterà della sorte degli altri. In altri termini, è come se uno dicesse: Se Dio ha perdonato costui, certamente non punirà nessun altro. Nel contempo, però, Paolo mostra anche che, pur non essendo personalmente degno di ricevere il perdono, tuttavia per la salvezza degli altri lo ha ottenuto per primo. Pertanto, nessuno dubiti della salvezza quando io, afferma Paolo, l'ho conseguita. E osserva ancora l'umiltà di questo beato apostolo. Egli non ha affermato: Dio ha voluto mostrare in me la sua longanimità; ma: tutta la sua longanimità. È come se avesse detto: Nessun altro più di me aveva bisogno della sua longanimità, né Dio poteva trovare un altro così peccatore da essere bisognoso di tutta la sua misericordia e longanimità; di tutta e non solo in parte, come appunto ne hanno bisogno coloro che hanno peccato solo in parte.

Perché Dio accorda il suo perdono?

Paolo afferma: ...a esempio di quelli che avrebbero creduto in lui per la vita eterna; (Dio) cioè agisce così a loro esortazione e incoraggiamento. Inoltre, poiché egli ha detto del Figlio una così grande cosa e ha mostrato il grande amore che questi nutre verso gli uomini, affinché nessuno creda che il Padre sia da meno quanto all'amore, anche a lui rende la dovuta gloria, aggiungendo: Al re dei secoli, l'incorruttibile, l'invisibile e unico Dio, gloria e onore per i secoli dei secoli! Amen 8. Noi, dice Paolo, per tutti questi benefici glorifichiamo non solamente il Figlio, ma anche il Padre.

La gloria del Figlio è la gloria del Padre

A questo punto prendiamo in esame le osservazioni degli eretici. Infatti, essi affermano: Paolo ha detto: all'unico Dio; perché? Il Figlio non è forse Dio? Ha poi aggiunto: al solo incorruttibile; perché? Il Figlio non è altrettanto incorruttibile? E ancora: Forse che egli non possiede ciò che dona a noi? Certamente, rispondono:

Cristo è Dio ed è incorruttibile, è vero, ma non alla stessa maniera del Padre. Che dite? Cristo non è uguale al Padre? È di una sostanza inferiore? Se è così, allora egli ha una minore incorruttibilità. Ma che senso ha parlare di maggiore o minore incorruttibilità? L'incorruttibilità, infatti, non è altro se non l'assenza di ogni corruzione. Perciò, mentre è lecito parlare d'una gloria maggiore o minore, lo stesso discorso non è possibile per l'incorruttibilità, così come non si può parlare di maggiore o minore sanità.

Infatti, o una cosa è soggetta alla corruzione necessariamente o non lo è affatto. Dunque? Anche noi, affermano gli eretici, saremo incorruttibili allo stesso modo? Niente affatto; lungi da noi una simile pretesa! E per quale motivo? Perché mentre (il Padre) è tale per natura, noi invece lo siamo casualmente 9. Bisogna allora affermare che questa casualità vale anche per il Figlio? Certamente no, perché anche lui è incorruttibile per natura. La differenza, dunque, in che cosa consiste? Consiste, rispondono gli eretici, nel fatto che mentre il Padre non ha ricevuto da nessuno l'incorruttibilità, il Figlio invece l'ha ricevuta dal Padre. Anche noi ammettiamo la stessa cosa, né neghiamo che il Figlio è nato dal Padre in maniera incorruttibile. Ma noi glorifichiamo il Padre, dicono, proprio per questa generazione.

Riflettendo in questo modo, tu puoi ben notare che il Padre è stato glorificato massimamente, quando il Figlio ha compiuto grandi cose! Infatti tutte le opere del Figlio tornano a gloria del Padre. Pertanto, poiché la persona che il Padre ha generato non è meno potente ed è tale quale egli è, la gloria del Figlio non è maggiore di quella del Padre, sufficiente a se stesso e altrettanto potente. Ciò significa che l'espressione: Al re dei secoli è detta anche del Figlio per mezzo del quale (il Padre) ha fatto anche i secoli 10; e il senso qui è lo stesso. Per noi uomini, invece, la formazione e la creazione sono due cose diverse, in quanto da una parte c'è chi prepara i materiali, li pone in opera e porta a compimento il lavoro; dall'altra chi dà disposizioni per l'esecuzione dei lavori. Perché? Perché colui che compie il lavoro è inferiore (a chi detta ordini). Invece là 11 non vi è nessuna distinzione tra chi comanda e chi lavora. Del resto, quando sento: per mezzo del quale (il Padre) ha fatto anche i secoli, io non tolgo al Padre l'opera di formazione delle creature; allo stesso modo, quando odo che il Padre è il re dei secoli, non privo il Figlio della sua sovranità: essi, insomma, hanno in comune queste due prerogative, entrambe cioè si trovano in loro.

Concludendo: il Padre, creatore, ha generato un Figlio creatore. Il Figlio, a sua volta, possiede la sovranità, perché è Signore delle creature. Ed egli non opera come noi, cioè in vista di una ricompensa, né come noi obbedisce ad altri, ma agisce liberamente, obbedendo alla propria bontà e al suo amore per gli uomini. Cosa? Il Figlio non è stato mai visto? Nessuno potrebbe fare questa affermazione.

E allora che significa quell'altra espressione: all'incorruttibile, all'invisibile, al solo sapiente Dio? L'evangelista cosa vuole intendere, quando dice: non vi è altro nome (dato agli uomini sotto il cielo) nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati? E ancora: in nessun altro c'è salvezza 12. L'Apostolo dice : gloria e onore per i secoli dei secoli! Amen. (Poiché noi tutti conveniamo nell'affermare che) l'onore e la gloria non si rendono mediante semplici parole; se Dio ci ha onorato non a parole, ma con fatti concreti e reali, allora anche noi dovremo onorarlo con azioni e opere 13. D'altronde, l'onore che gli tributiamo tocca noi e non lui: Dio, infatti, non ha bisogno del nostro onore, bensì noi del suo.

L'onore che tributiamo a Dio torna a onore di noi stessi

403 3. Dunque, se onoriamo Dio, onoriamo noi stessi. Infatti, come colui che apre gli occhi per vedere la luce del sole procura a se stesso la gioia di ammirare la bellezza e lo splendore di quest'astro, senza peraltro dargli un qualche beneficio, rendendolo ad esempio più luminoso (il sole infatti rimane sempre lo stesso); la medesima cosa, anzi in proporzione maggiore, si verifica con Dio: colui cioè che lo ammira e lo onora, procura a se stesso un incommensurabile bene e giovamento. Perché? Perché l'uomo è onorato da Dio quando intraprende la strada della virtù: chi mi onorerà

- dice il Signore - anch'io lo onorerò 14.

Tu dirai: Ma Dio come può essere onorato, se non ha bisogno della gloria che gli rendiamo? Ebbene, egli la riceve allo stesso modo di quando diciamo ho fame e sete; Dio, in altre parole, fa suoi tutti i nostri sentimenti per attrarci a sé anche in questa maniera; egli, pur d'imprimerci il suo timore, accetta di ricevere onori e insulti, ma neppure così riesce ad attrarci a lui.

Bisogna onorare Dio nel corpo e nell'anima. Come?

Onoriamo dunque Dio; esaltiamolo sia nel nostro corpo che nel nostro spirito! Allora chiederai: Ma come possiamo onorarlo nel corpo? Come possiamo onorarlo nello spirito? Qui il termine spirito sta per anima, tanto per operare la distinzione col corpo. Ebbene, onora nel suo corpo Dio, colui che non commette impurità, che non si ubriaca, che non è ingordo, che non ricerca la bellezza esteriore, chi attende alla cura del suo corpo tanto quanto basta per conservarlo in buona salute, chi non commette adulterio. Onora nel suo corpo Dio, colei che non si cosparge tutta di profumi, che non si trucca il volto con cosmetici colorati, colei che è contenta dell'opera divina 15, senza desiderare di aggiungervi nulla.

Ma perché, dimmi, vuoi aggiungere qualcosa a un'opera fatta dal Creatore in maniera così perfetta? Perché non dobbiamo essere contenti di come ci ha plasmati? Hai forse la pretesa di rendere migliore la sua opera, come se tu fossi un artista più qualificato? Ora, poiché ciò non ti è possibile, tu offendi il Creatore e ti preoccupi di farti bella per attrarre a te innumerevoli amanti. Tu mi dirai: Allora cosa devo fare? Io certamente non vorrei imbellettarmi, ma sono costretta a farlo spinta da mio marito. (E io ti rispondo dicendo che) una donna di solito è amata soltanto se è lei a volerlo.

Dio ti ha fatto bella, non per essere oltraggiato, ma per essere ammirato anche per questa sua opera, perciò non ricompensarlo con simili doni 16, bensì con una saggia e onesta condotta di vita. Dio ti ha resa bella, per aumentare le difficoltà che la tua avvenente persona dovrà affrontare. Infatti, per quanto riguarda la salvaguardia della propria castità, vi è una notevole differenza tra una donna piacente e una donna che non è desiderata da nessuno. Ascolti ciò che la Scrittura dice di Giuseppe? Era bello a vedersi e aveva un aspetto meraviglioso 17.

Ora, che importanza può avere per noi sapere che Giuseppe era bello? È importante nella misura in cui ammiriamo di più la sua bellezza e la sua onestà. Dio ti ha fatto bella? Perché allora vuoi renderti brutta? Le donne che si imbellettano rassomigliano a uno che getta del fango su di una statua d'oro, perché, in fondo, non fanno altro che porre sul viso del terreno, ora rosso ora bianco.

Le reali difficoltà provenienti dalla bellezza esteriore

A questo punto osserverai: È quindi giustificato che le donne brutte facciano questo! E per quale motivo, dimmi? Per coprire la loro bruttezza? No, si affaticherebbero inutilmente! Quando mai, per favore, ciò che è naturale è inferiore a ciò che si ottiene mediante espedienti e artifici? Inoltre, se la bruttezza è esente dal disonore, perché essa dovrebbe procurare tanta tristezza? Ascolta quindi le parole di un uomo saggio: Non detestare un uomo per il suo aspetto esteriore, né lodare un uomo per la sua bellezza 18. Bisogna lodare non lui, ma Dio che è il suo stupendo artefice: l'essere belli, infatti, non è opera dell'uomo.

Ma dimmi: l'essere avvenenti che guadagno comporta? Nessuno, credimi; si devono soltanto affrontare mille contese, maggiori molestie, pericoli e sospetti. Infatti, mentre mai nessuno getterà dei sospetti su di una donna che non rifulge di tanta bellezza; invece, una donna attraente ben presto attirerà su di sé una cattiva reputazione, a meno che non abbia una grande modestia e una perfetta onestà. Perfino il marito vivrà con lei, sotto lo stesso tetto, agitato da terribili sospetti! Ora, cosa vi può essere di più tremendo di una simile condizione? La bellezza di sua moglie, infatti, non gli darà un piacere più grande dell'angoscia che la gelosia gli procurerà.

Il piacere, del resto, si smorza con l'abitudine, mentre la donna nel frattempo si procaccia la nomea di essere lasciva, dissoluta e immorale; ella non è altro se non un animo vuoto e molto arrogante! Come puoi ben osservare, la bellezza trascina con sé tutti questi problemi! Al contrario, non troverai difficoltà del genere in una donna non bella: non vi sono cani (impudichi) che la circuiscono: ella è come un'agnella che pascola tranquilla, senza che il lupo la turbi o l'assalga, mentre il pastore le siede vicino altrettanto tranquillo.

Altre ragioni per affermare che la bellezza non implica superiorità

E ancora: il fatto che una sia bella e un'altra no, questo non comporta nessun male. Invece, grave è il male che si verifica quando una compie atti impudichi, pur non essendo bella, e l'altra, che è bella, si comporta con cattiveria. Dimmi: qual è la virtù degli occhi? Consiste nell'essere teneri, mobili, grandi e azzurri, oppure nell'avere una forza visiva acuta e penetrante? Personalmente non esito a dire che la loro virtù sta proprio in quest'ultima qualità, e lo dimostrerò con un chiaro esempio. Qual è il pregio di unalampada? È quello di diffondere una luce viva e di illuminare così tutta la casa, oppure il suo pregio consiste nel fatto di presentarsi con una forma elegante e graziosamente arrotondata? Personalmente, non esito a dire che il pregio è il primo, in quanto è la qualità primaria che veramente si richiede per una lampada; mentre il secondo è indifferente. È infatti per questo motivo che noi diciamo continuamente alla serva addetta al servizio della lampada: L'hai preparata male, ben sapendo che il



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OMELIA 5

QUESTO È L'INCARICO CHE TI AFFIDO, TIMOTEO, FIGLIO MIO, CONFORME ALLE PROFEZIE GIÀ PRONUNZIATE SOPRA DI TE, PERCHÉ, FONDATO SU DI ESSE, TU COMBATTA LA BUONA BATTAGLIA, CONSERVANDO LA FEDE E LA BUONA COSCIENZA, POICHE ALCUNI CHE L'HANNO RIPUDIATA HANNO FATTO NAUFRAGIO NELLA FEDE

(1Tm 1,18-19)

La dignità del ministero sacerdotale

501 1. La dignità dell'insegnamento e del sacerdozio ègrande e ammirabile: essa, infatti, in quanto produce pubblicamente qualcosa di degno, ha veramente bisogno del sapiente intervento di Dio. Così accadeva un tempo, così avviene ancora oggi, quando operiamo delle scelte 1 senza lasciarci guidare da nessuna passione umana, senza badare a interessi materiali e, infine, senza nutrire particolari sentimenti di amicizia o di odio. Infatti, anche se in noi la partecipazione dello Spirito non è così abbondante, tuttavia è sufficiente la purezza della nostra intenzione perché l'ordinazione proceda da Dio stesso2.

Gli apostoli, ad esempio, quando elessero Mattia, benché non partecipassero dell'azione ispiratrice dello Spirito, tuttavia lo accolsero nel numero degli apostoli 3, dopo aver interamente affidato tale elezione alla preghiera, senza cioè tener conto per tale scelta di nessun sentimento d'amicizia umana (nei riguardi dell'uno o dell'altro). Ecco come dovremmo comportarci anche ai nostri giorni! Purtroppo noi, al colmo della noncuranza, trascuriamo anche ciò che è più manifesto. Ebbene, se non ci curiamo affatto di vedere ciò che è così lampante, Dio come potrà rivelarci le cose oscure? Il Signore infatti dice: Se non vi siete mostrati fedeli nel poco 4, chi oserà affidarvi ciò che è grande e vero? In quel tempo, invece, poiché nulla si faceva secondo la logica dei sentimenti umani, anche i sacerdoti venivano eletti mediante il ricorso alla profezia.

È Dio stesso che «profeticamente» elegge e affida il ministero

Che significa: mediante il ricorso alla profezia?

Significa: per intervento dello Spirito Santo. Infatti, il termine profezia indica non solo ciò che riguarda l'avvenire, ma anche ciò che concerne il presente. Basti pensare che anche Saulo fu scoperto profeticamente, mentre si teneva nascosto tra gli strumenti eletti 5. Dio infatti fa ai giusti le sue rivelazioni. Un altro esempio di profezia è quando disse: Riservate per me Barnaba e Paolo; allo stesso modo è avvenuta l'elezione di Timoteo.

In verità in questo caso si possono riscontrare parecchie profezie come quella, ad esempio, in virtù della quale (Paolo) ha accolto (Timoteo) nel momento della circoncisione 6 e dell'imposizione delle mani, quando scrivendo gli dice: Non trascurare il carisma che è in te 7. Dunque, è per spronare il suo zelo e per tener desta la sua attenzione che Paolo rammenta a Timoteo l'autore della sua elezione e ordinazione. È come se gli dicesse: Dio stesso ti ha scelto; è lui che ti ha affidato la dignità di tale ministero; sei stato eletto, quindi, non con un voto espresso dagli uomini, per cui non oltraggiare né disonorare il voto dato da Dio.

Il grave incarico che Paolo affida a Timoteo. Le armi del «miles Christi»

Ora, poiché l'Apostolo ha dato a Timoteo un incarico, e anche oneroso, cosa aggiunge? Questo è l'incarico che ti affido, Timoteo, figlio mio. Paolo, è vero, gli dà un ordine, ma come a figlio verace nella fede: egli cioè non gli si rivolge in maniera autoritaria e dispotica come uno che ha potere, ma con un atteggiamento paterno, dicendo: Timoteo, figlio mio. Pertanto, l'incarico che gli affida vuole essere un'esortazione alla fedeltà: esso infatti non è nostro in quanto non siamo stati noi a procacciarcelo, ma è Dio che generosamente ce lo ha affidato. Inoltre (esso riguarda) non solo questo, ma anche la fede e la buona coscienza. Ciò significa che noi dobbiamo custodire quello che egli ci ha elargito. Infatti, se non fosse venuto lui personalmente, non si potrebbero trovare né fede né purezza di vita, che invece noi abbiamo ricevuto fin dall'infanzia. È come se (Paolo) dicesse (a Timoteo): Non sono io ad impartire ordini, ma colui che di fatto elegge (cioè Dio). Ed è proprio questo il senso dell'espressione: conforme alle profezie già pronunziate sopra di te. Ascoltale ed osservale.

Ma qual è l'ordine che trasmetti? È quello di esercitare fedelmente nelle profezie una buona milizia! Esse ti hanno scelto proprio per questo, ragion per cui esercita la tua buona milizia. E Paolo la chiama buona in relazione alla cattiva milizia, quando appunto dice: Come infatti avete messo le vostre membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità... 9. Ora, mentre quelli militavano alla mercé di un tiranno, tu invece sei al servizio di un re. Ma perché adopera il termine di milizia per indicare quest'obbedienza a Dio? Si esprime così per mostrarci che una terribile guerra è stata dichiarata contro tutti ed in modo particolare contro chi insegna; che bisogna munirsi di armi veramente valide, quali la sobrietà, la vigilanza, un'attenzione ininterrotta, perché siamo costretti ad affrontare delle lotte fino al sangue e a disporci in ordine di battaglia, senza mai concederci alcun allentamento.

Nella Chiesa il maestro deve conservare integra la fede e buona la coscienza

Paolo dice: affinché tu eserciti nelle profezie la tua milizia. Infatti, come negli eserciti non tutti combattono allo stesso modo, ma in schieramenti diversi, così (accade) anche nella Chiesa: mentre uno occupa il posto di maestro, un altro quello di discente e un altro ancora quello di semplice cittadino privato, tu invece sei impegnato in quello di maestro. Inoltre, affinché nessuno creda che questo sia sufficiente, l'Apostolo aggiunge: conservando la fede e la buona coscienza. Chi si dedica all'insegnamento, infatti, deve essere anzitutto maestro di se stesso. Del resto, come un generale non sarà mai un ottimo comandante, se prima non è stato un eccellente soldato, così è anche per colui che insegna! E l'Apostolo esprime questo concetto anche altrove, quando afferma: (Che anzi pesto il mio corpo e lo trascino come uno schiavo) per paura che, dopo aver predicato agli altri, non venga io stesso squalificato 10.

Quindi dice: conservando la fede e la buona coscienza, perché solo in questo modo uno effettivamente può esercitare sugli altri la funzione di comando. Ebbene, ascoltando tali cose, facciamo attenzione a non disdegnare questi fondamentali insegnamenti, anche se siamo maestri. Ora, se Timoteo (e intanto nessuno di noi può essere paragonato a lui) accetta sia l'incarico affidatogli che l'insegnamento (circa il modo di comportarsi), e questo benché già occupi il posto di maestro, a maggior ragione noi dobbiamo comportarci alla stessa maniera. Alcuni - precisa Paolo - per aver ripudiato la buona coscienza hanno fatto naufragio nella fede. Lo si comprende benissimo! Infatti, quando la condotta della nostra vita è degna di deplorazione, anche la dottrina ne soffre, tanto è vero che per questo motivo è possibile constatare come alcuni siano piombati nell'abisso degli errori, convertendosi al paganesimo. (C'è di più): costoro, per non sentirsi tormentati dalla paura del supplizio eterno, fanno l'impossibile per convincere la loro anima che tutti i nostri insegnamenti sono falsi. Perciò alcuni, cercando di indagare tutto con le forze della ragione, si allontanano dalla fede. Orbene in tale materia, mentre la ragione fa completo naufragio, la fede invece è simile a una nave sicura (di fronte ai pericoli).

Una fede salda e una sana condotta di vita sono per il cristiano due armi inseparabili e irrinunciabili

502 2. Perciò, coloro che l'abbandonano necessariamente sono destinati a sicuro naufragio; e (l'Apostolo) lo dimostra con un esempio, quando dice: Tra costoro ci sono Imeneo e Alessandro 11; così, citando costoro, egli intende impartirci una lezione di saggezza. Potete così notare come anche in questi primi tempi (della vita della Chiesa) vi fossero delle persone che impartivano insegnamenti difformi dalla vera dottrina, che si davano a inopportune ricerche, che si allontanavano dalla fede, che cercavano di investigare i divini misteri con ragionamenti personali! Ora, come colui che fa naufragio si trova nudo e privo di ogni cosa, così anche chi si allontana dalla fede manca di tutto, non sa né dove fermarsi né dove dirigersi; non riesce ad avere più una vita dalla quale poter trarre qualche giovamento. Infatti, una volta che la testa non è più sana, quale beneficio potrà mai ricevere il resto del corpo? Infatti, se già la fede è niente, una volta separata da una retta condotta di vita, a maggior ragione quest'ultima è nulla senza la fede! Se Dio accondiscende a immolarsi per noi 12, quanto più è necessario che noi sacrifichiamo per lui le nostre cose! Del resto, la condizione di colui che si allontana dalla fede è questa: è sempre instabile, è come chi nuota disperatamente or di qua or di là, finché non resta sommerso dalle acque.

Cosa significa «bestemmiare»

Costoro, aggiunge l'Apostolo, li ho consegnati a satana affinché imparino a non bestemmiare. La bestemmia quindi, come puoi notare, non è altro se non cercare d'investigare i misteri divini con ragionamenti umani! E questo è vero. Infatti il ragionamento umano cosa ha in comune con le realtà divine? Inoltre, in che modo satana può insegnare ad essi a non bestemmiare? Infatti, se impartisse agli altri tale insegnamento, a maggior ragione dovrebbe iniziare da se stesso; ma poiché fino ad ora non è stato capace di farlo proprio, non può neppure impartirlo agli altri.

Paolo non ha detto: Affinché (Timoteo) insegni agli altri a non bestemmiare, bensì: affinché imparino a non bestemmiare. Egli pertanto non ne è l'autore, ma la cosa accade di per sé, come quando in un'altra circostanza nei riguardi dell'incestuoso dice: Consegnate costui a satana per la rovina della sua carne 14, non per salvare il corpo ma l'anima, senza comunque indicare una ben precisa persona 15. Ma questo come accade? Ebbene, come i carnefici puniscono gli altri, benché essi stessi siano macchiati di numerosi delitti, la stessa cosa capita qui parlando dell'operato del diavolo maligno.

L'autorità e il potere degli apostoli sul diavolo. La scomunica apostolica

Per quale motivo allora l'Apostolo non ha punito i colpevoli (Imeneo e Alessandro), come un giorno ha punito Bar-Jesus 16, allo stesso modo in cui Pietro ha fatto con Anania 17, ma li ha consegnati a satana? (L'Apostolo si è comportato così) non per punirli ma per correggerli, benché anch'egli ne avesse il potere, come mostra quando afferma: Che volete? Devo venire a voi con il bastone? 18 E ancora: ...non per apparire noi superiori alla prova, ma perché voi facciate il bene... (vi scrivo... non per dover poi, di presenza, agire severamente con il potere che il Signore mi ha dato) per edificare e non per distruggere 19.

Perché dunque ha chiamato satana per la punizione? Perché, ricorrendo alla forza e alla punizione, l'umiliazione fosse maggiore. Del resto, proprio perché l'insegnamento degli apostoli era rivolto ai non credenti, essi consegnavano a satana coloro che si erano allontanati dalla fede. E allora perché Pietro punì Anania? Perché Anania era ancora non credente quando tentò di compiere la frode. Dunque, mentre gli stessi apostoli punivano i non credenti, affinché questi imparassero che non potevano restare nascosti; invece consegnavano a satana coloro che, avendo già appreso la vera dottrina, se ne erano allontanati, per mostrare ad essi che non si trovavano in loro potere, ma erano posti sotto la custodia di un altro; pertanto, quanti divenivano superbi e arroganti venivano consegnati (a satana).

Come i re uccidono i nemici con le loro stesse mani, consegnando invece ai carnefici i loro sudditi, così anche qui si verifica la stessa cosa. Da questo si evince che ciò che accadeva dipendeva dal potere degli apostoli: comandare al diavolo non era certamente cosa di poco conto, in quanto significava che il diavolo obbediva agli apostoli e, suo malgrado, cedeva alla loro autorità. Tale potere costituiva per la grazia un fatto di straordinaria importanza! Ora ascoltate come l'Apostolo consegna a satana (l'incestuoso): Essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù Cristo, consegnate questo individuo a satana. Costui veniva subito radiato dalla comune assemblea, veniva separato dal gregge e, nudo e abbandonato, era consegnato in balìa del lupo. Sicché, come la nube indicava il cammino degli Ebrei, così lo Spirito Santo segnava quello della Chiesa. Perciò se qualcuno si poneva al di fuori della Chiesa, veniva bruciato e il suo allontanamento dipendeva dalla decisione degli apostoli.

Anche il Signore aveva consegnato Giuda a satana: e allora, dopo quel boccone, subito satana entrò in lui21.

Si può dire anche questo: gli apostoli non castigavano di persona coloro che speravano di correggere, mentre punivano gli incorreggibili. Diversamente, dobbiamo dire che essi erano più severi quando li consegnavano ad altri per essere puniti. Anche Giobbe era stato consegnato a satana, sì, ma non per i suoi peccati, bensì per sua maggiore gloria.


Crisostomo - PRIMA TIMOTEO 304