Crisostomo - PRIMA TIMOTEO 503

L'ineffabile dignità del sacramento dell'Eucaristia e cosa si richiede per accostarsi degnamente ad esso

503 Anche oggi si verificano molte situazioni simili: poiché i sacerdoti non conoscono tutti i peccatori né coloro che partecipano indegnamente ai divini misteri, allora spesso è proprio Dio a far questo, (cioè ci punisce) consegnandoci a satana. Infatti, è questo il motivo per cui spesso ci capitano malattie, calunnie, dolori, disgrazie e altre siffatte cose.

Anche Paolo lo afferma chiaramente, quando dice: È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti 22. Ma come è possibile che ciò accada, obietterai, se noi ci accostiamo (ai divini misteri) una sola volta all'anno? Ebbene, proprio questo è grave: pensiamo cioè di misurare la dignità del sacramento non secondo la purezza dell'anima, ma secondo la lunghezza del tempo, dicendo di ritenere una prova del nostro timor di Dio il non accostarci più spesso a tale mistero. In questo modo però ignori che accostarsi indegnamente all'Eucaristia anche una sola volta ti macchia; mentre l'accedervi degnamente, anche se con maggiore frequenza, ti dona la salvezza.

(In altre parole), si è audaci non quando ci comunichiamo più spesso, ma quando lo facciamo in modo indegno, anche se una sola volta in un anno. Noi perciò ci comportiamo in maniera così stolta e misera che, pur compiendo durante l'anno innumerevoli peccati, non ci preoccupiamo affatto di spogliarcene 23, anzi riteniamo sufficiente a nostra discolpa il non osare accostarci spesso e con oltraggio al corpo di Cristo. (Ma basta) pensare che quelli che crocifissero Cristo, anch'essi lo crocifissero una volta sola. Forse che il peccato è meno grave, perché commesso una sola volta? Anche Giuda ha tradito una sola volta. E che? Quest'unica colpa l'ha forse sottratto alla condanna? Ma perché misuriamo l'importanza di una simile azione secondo un criterio temporale, dal momento che soltanto la purezza della nostra coscienza può stabilirne il momento opportuno? Il mistero (eucaristico) celebrato a Pasqua, infatti, non è per nulla più grande di quello che ora stiamo celebrando: è un unico e medesimo mistero, come medesima è la grazia dello Spirito: è sempre Pasqua; e voi, voi che siete iniziati, lo sapete. Lo stesso infatti è il sacrificio che si compie sia nel giorno della Parasceve 24, che in quello di sabato, di domenica e della solennità dei Martiri: Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore 25. L'Apostolo, dunque, non ha circoscritto in limiti temporali la celebrazione del sacrificio eucaristico.

Obietterai: Ma perché quel periodo è detto Pasqua? Perché in quei giorni Cristo patì per noi 26. Nessuno pertanto si accosti (al sacramento) con animo diverso a seconda che sia il periodo pasquale o un giorno qualsiasi, in quanto una è la potenza, una la dignità, una la grazia, uno e medesimo è il corpo: né quello è più santo di questo, né questo è inferiore a quello. E ciò voi lo sapete; infatti non vedete niente di nuovo se non questi magnifici veli ornamentali 27 e una stupenda assemblea. (Tali giorni), poiché tra essi è spuntato quello della nostra salvezza, il giorno in cui Cristo è stato immolato, hanno qualcosa in più, è vero; ma per quanto riguarda il resto, e precisamente i divini misteri, essi non accampano nessuna pretesa di superiorità. Del resto, se ti lavi le mani e la bocca quando prendi il tuo cibo materiale, perché quando ti accosti al cibo spirituale non purifichi il tuo animo, ma lo prendi pieno di impurità? E che? Dirai: Non bastano quaranta giorni di digiuno per purificare la grande sozzura dei peccati? E allora dimmi: qual è il vantaggio (di questa penitenza quaresimale)? Se uno, infatti, volendo conservare del profumo, (dapprima) pulisce accuratamente il luogo (dove riporlo) e poco dopo vi getta dello sterco, forse che il buon odore non svanirà?



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OMELIA 6

RACCOMANDO DUNQUE, PRIMA DI TUTTO, CHE SI FACCIANO DOMANDE, SUPPLICHE, PREGHIERE E RINGRAZIAMENTI PER TUTTI GLI UOMINI, PER I SOVRANI E PER TUTTI QUELLI CHE STANNO AL POTERE, PERCHÉ POSSIAMO TRASCORRERE UNA VITA CALMA E TRANQUILLA CON TUTTA PIETÀ E DIGNITÀ. QUESTA È UNA COSA BELLA E GRADITA AL COSPETTO DI DIO, NOSTRO SALVATORE, IL QUALE VUOLE CHE TUTTI GLI UOMINI SIANO SALVATI E ARRIVINO ALLA CONOSCENZA DELLA VERITÀ

(1Tm 2,1-4)

Prima Timoteo 2,1-4

Il sacerdote, «padre» di tutti... Il cristiano deve essere superiore a tutti

601 1. Poiché il sacerdote è, per così dire, il padre ditutti gli uomini, bisogna che si prenda cura di tutti, come appunto fa Dio, del quale egli è ministro. Perciò Paolo ha detto: Ti raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche. Da qui infatti nascono due beni: in primo luogo viene meno l'odio che nutriamo verso gli estranei, in quanto nessuno potrà avere in odio colui per il quale si elevano suppliche; in secondo luogo gli stessi estranei diventano migliori, sia perché si prega per essi e sia perché depongono l'ostilità nei nostri confronti. D'altronde, nulla rende attraente un insegnamento quanto l'amare e l'essere amati.

Pensa, infatti, cosa dovesse significare per quelli che tendevano insidie ai discepoli, che li flagellavano, che li mandavano in esilio e li uccidevano, udire che quanti soffrivano simili cose elevavano a Dio fervide suppliche per essi, loro persecutori. Vedi, dunque, come l'Apostolo vuole che il cristiano sia superiore atutti gli uomini? È la stessa cosa che si verifica con i bambini piccoli. Infatti, come quando uno di essi benché percuota la faccia del padre mentre lo porta tra le sue braccia, non per questo diminuisce l'affetto paterno; allo stesso modo, anche se siamo percossi dagli estranei, non per questo dobbiamo affievolire la nostra benevolenza nei loro riguardi!

L'universalità della preghiera cristiana

Ma cosa significa: prima di tutto? L'espressione si riferisce alle pratiche spirituali quotidiane. Gli iniziati lo sanno: ogni giorno, mattina e sera, noi preghiamo per le necessità del mondo intero, dei sovrani e di tutti quelli che stanno al potere. Qualcuno però potrebbe obiettare che (Paolo) si è riferito non a tutti gli uomini, ma soltanto a quelli che credono. Cosa significa dunque quando dice: per i sovrani? Il fatto è che allora i sovrani non seguivano ancora la vera religione, ma da molto tempo un empio succedeva a un altro empio. Perciò, affinché la preghiera quotidiana non appaia un atto di adulazione, (l'Apostolo) prima ha detto: per tutti, e poi ha aggiunto: per i sovrani. Infatti, se avesse esortato a pregare soltanto per i sovrani, in tal caso qualcuno avrebbe potuto avanzare qualche sospetto.

Ma, poiché era naturale che un'anima cristiana all'udire ciò sarebbe rimasta alquanto perplessa e non avrebbe dato ascolto all'esortazione, di pregare cioè per dei pagani durante la celebrazione dei sacri misteri 1, fa' attenzione alle parole di Paolo e al guadagno che egli promette per far accogliere il suo invito: affinché - dice - possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla. Questo significa che la loro salvezza ci procura tranquillità. Anche nella Lettera ai Romani, invitando all'obbedienza verso quelli che comandano, dice: (È necessario essere sottomessi) non solo per necessità 2, ma anche per ragioni di coscienza 3, dal momento che Dio stesso ha concesso l'esercizio del potere nell'interesse comune. D'altronde è assurdo che, mentre uomini investiti di autorità affrontano le fatiche della guerra e si armano per garantire la nostra tranquillità, noi invece rifiutiamo di elevare preghiere a Dio a beneficio di coloro che per noi affrontano pericoli e combattono. Perciò, (il nostro pregare per essi) non è affatto un'adulazione, bensì è un agire secondo giustizia.

Infatti, se Dio non li preservasse e se essi non riuscissero vincitori nella guerra, necessariamente la nostra vita verrebbe a trovarsi in una situazione di grave turbamento e di disordine: o dovremmo combattere anche noi nel caso che essi venissero sbaragliati e uccisi, oppure dovremmo fuggire e andare errando da ogni parte. Sicché essi sono stati preposti come veri e propri argini per salvaguardare la pace di coloro che interiormente vivono in pace.

Paolo parla di domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti. Noi pertanto dobbiamo rendere grazie a Dio anche per i doni conferiti agli altri; come, ad esempio, del fatto che egli fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti 4. Osserva, allora, come Dio ci tiene saldamente uniti non solo mediante la preghiera, ma anche per mezzo del ringraziamento. Infatti, colui che è obbligato a ringraziare Dio per i doni che egli accorda al prossimo, è obbligato anche ad amare costui e ad assumere nei suoi confronti un adeguato comportamento. Ora, se bisogna rendere grazie per il nostro prossimo, a maggior ragione (bisogna farlo) per il bene di coloro che ci sono accanto, conosciuti o sconosciuti, che lo vogliano o non lo vogliano, e per coloro che ci sembrano insopportabili, giacché Dio dispone ogni cosa per il nostro bene.

La preghiera del cristiano sia sempre un «ringraziamento»

602 2. Ogni nostra preghiera, dunque, contenga in sé unringraziamento. Se ci è stato ordinato di pregare fervidamente per quelli che vivono accanto a noi, e non solo credenti ma anche non credenti, pensa allora quale grande male è pregare contro i fratelli! Cosa dici? Dio ti ha ordinato di pregare per i nemici, e tu invece preghi contro un fratello? Ebbene, non preghi contro di lui, ma contro te stesso. Anzi provochi la collera di Dio, quando proferisci siffatte empie parole: (Signore), mostrati senza misericordia verso il mio nemico, comportati così con lui, percuotilo, rendigli il male che mi ha fatto.

Lungi dai discepoli di Cristo questo modo di rivolgersi al Signore: essi siano mansueti e pieni di bontà. Da una bocca resa degna di ricevere un così grande mistero, (l'Eucaristia), giammai esca alcunché di amaro; giammai una lingua che ha toccato il corpo di Dio pronunzi qualcosa di spiacevole: preserviamola pura, non rendiamola strumento di maledizione. Ora, se quelli che ingiuriano non erediteranno il regno dei cieli, quanto più ciò sarà impossibile per coloro che maledicono: è giocoforza che colui che maledice sia anche ingiurioso.

Il cristiano autentico invoca Dio per sé e per gli altri

L'ingiuria e la preghiera si escludono a vicenda: notevole infatti è la differenza che intercorre sia tra maledizione e preghiera che tra ingiuria e preghiera. (È contraddittorio) chiedere a Dio di essere propizio con te e nel contempo pregarlo di mostrarsi sdegnato con un altro. Se tu non perdonerai, neppure a te sarà perdonata la colpa 5. Ebbene, tu ora non solo non perdoni, ma osi finanche invocare Dio a non perdonare? Non ti accorgi della tua eccessiva cattiveria? Infatti, se non si perdona a colui che non perdona, come si potrà perdonare a colui che invoca il Signore di non concedere il suo perdono? In questo modo tu non danneggi il tuo prossimo, ma te stesso! Perché mai? Perché se anche le tue preghiere stanno per essere ascoltate, esse non saranno mai esaudite, dal momento che preghi con bocca abominevole: una simile bocca è completamente empia e impura, colma com'è di ogni sorta di cattivo odore, di ogni genere d'impurità.

Tu che hai bisogno di cominciare a tremare per i tuoi peccati e di compiere ogni sforzo per porvi rimedio, osi presentarti a Dio aizzandolo contro un fratello? Ma non temi, non ti preoccupi della tua condizione? Non ti rendi conto di queste tue rovinose azioni? Sforzati almeno di imitare i ragazzi che si recano a scuola. Questi muoiono di paura, quando vedono i propri compagni di classe ricevere delle botte, se per la loro negligenza non hanno saputo rispondere alle domande sugli insegnamenti impartiti, e, scrupolosamente esaminati a uno a uno, li vedono severamente puniti. Essi, se mai capita che qualche compagno di banco li bastona, si lasciano prendere dal panico a tal punto che né si mostrano adirati né osano far intervenire il maestro; ma non badano che a questa sola cosa: uscire dalla scuola così come sono entrati, cioè senza essere picchiati. Così non aspettano che di andar via e, una volta fuori, indipendentemente dall'essere stati picchiati o meno, la gioia impedisce loro di ripensare al brutto momento trascorso.

La preghiera come disponibilità al perdono del male ricevuto

E tu, invece, che pur ti senti angosciato per i tuoi peccati personali, possibile che non provi nessun raccapriccio nel richiamare alla tua mente i peccati degli altri? Con quale preghiera ardisci di rivolgerti a Dio? In verità, proprio mentre tu lo invochi contro il tuo prossimo, ecco che rendi più gravi i tuoi peccati né consenti che egli conceda ad essi il suo perdono. Dio infatti dice: Se vuoi che io sia severo per i mali perpetrati contro di te, come puoi chiedere che ti siano perdonati i peccati che tu invece hai commesso contro di me? Impariamo ad essere cristiani una volta per sempre: se non sappiamo pregare, e del resto ciò è cosa agevole e molto facile, quale altra cosa potremo apprendere? Impariamo a pregare come cristiani: le tue preghiere sono quelle dei Greci e le tue suppliche quelle dei Giudei: l'esatto contrario di quelle di noi cristiani: queste chiedono perdono e misericordia per quanto di male ci è stato fatto. Insultati - dice Paolo - benediciamo; perseguitati, sopportiamo serenamente; calunniati, confortiamo.

Ascolta ciò che dice Stefano: Signore, non imputar loro questo peccato 7. Egli quindi non solo non imprecava contro di essi, ma pregava persino per essi; tu, invece, non solo non preghi per essi, ma osi anche invocare Dio contro di loro. Pertanto, di quanto il martire Stefano è degno di ammirazione, di tanto sei tu invece il peggiore degli uomini. Dimmi: chi riscuoterà la nostra ammirazione? Coloro per i quali egli ha pregato, oppure lui che ha invocato Dio per essi? Chiaramente, quest'ultimo. Ebbene, se questa è la nostra risposta, a maggior ragione lo sarà quella di Dio! Vuoi che il tuo nemico venga punito? Invoca pure Dio per lui, ma non con l'intenzione che sia punito, bensì con quella contraria: egli certamente sarà punito, sì, ma tu non pregare Dio unicamente per raggiungere questo scopo. Inoltre, (teniamo presente) che mentre il beato (Stefano) aveva a soffrire molto e ingiustamente (da parte dei suoi persecutori), e intanto pregava per essi; noi, invece, talvolta riceviamo dai nostri nemici molto male, è vero, ma giustamente.

Ora, se (Stefano), pur soffrendo ingiustamente, non ha osato invocare Dio contro coloro che lo perseguitavano; come non siamo degni di castigo noi che, soffrendo giustamente, non solo non preghiamo per i nostri nemici, ma osiamo finanche rivolgerci a Dio contro di essi? La verità è che mentre a te sembra di colpire il tuo avversario, invece non fai altro che dirigere la spada contro te stesso e impedire che il Giudice, (Dio), perdoni i tuoi peccati, a motivo del fatto che tu lo aizzi contro gli altri. Il Signore infatti dice: con la misura con la quale misurate sarete misurati e col giudizio con cui giudicate sarete giudicati 8. Facciamo dunque in modo di essere disposti al perdono, affinché anche noi possiamo ottenere di essere perdonati da Dio.

Importanza e valorizzazione dell'insegnamento omiletico

603 3. Non voglio però che vi limitiate soltanto adascoltare, ma anche che osserviate nella pratica questi insegnamenti. Ora, invece, (mi sembra) che voi ricordiate solamente le parole, e forse neppure queste. Infatti, quando andrete via, se qualcuno degli assenti vi chiederà l'argomento della nostra trattazione, mentre alcuni non sanno proprio rispondere, quelli che invece hanno maggiormente compreso, saranno in grado di riferire solamente l'idea di fondo della nostra omelia: che cioè non bisogna ricordarsi delle offese ricevute, ma pregare perfino (per i propri persecutori). Così, mentre i primi, dal momento che non ricordano, non sono capaci di dire niente di quanto è stato detto; i secondi si limitano a riferire solo quel poco che rammentano. Perciò, se non traete nessun vantaggio da ciò che vi viene detto, vi esorto a non porre neppure attenzione all'argomento trattato. Qual è il vantaggio? Maggiore sarà la condanna e più duro il castigo giacché, nonostante mille esortazioni, perseveriamo nella stessa condizione spirituale.

I precisi contenuti della preghiera: l'imitazione di Dio

Dio stesso, quindi, ci ha indicato con precisione i contenuti della nostra preghiera: non chiedere cioè nulla di temporale e di umano. Ora voi, o fedeli, sapete bene ciò che bisogna domandare nella preghiera e come ogni preghiera si fa in comune. Ma, osserverà qualcuno, là non è stato detto di pregare per coloro che non credono. Ebbene, poiché voi ignorate il potere della preghiera, non sapete riconoscere né il suo profondo valore né la sua preziosità; ma se uno l'esamina attentamente, vi scorgerà anche questo. Infatti, quando colui che prega dice: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra 9, ciò non significa altro che questo. Perché? Perché nel cielo tutti credono, tutti obbediscono! Del resto, se la questione investe solamente i credenti, l'espressione non ha senso. Infatti, se a compiere la volontà di Dio fossero i credenti e non i miscredenti, certamente questa volontà non si compirebbe come in cielo. Cosa, dunque, significa l'espressione? Il senso vero è questo: come nel cielo non vi è nessun malvagio, così non vi sia neppure sulla terra: attirate tutti nel vostro timor di Dio, rendete angeli tutti gli uomini, fossero anche vostri avversari e vostri nemici.

Non vedi quante bestemmie ogni giorno si rivolgono contro Dio? Non vedi quante offese egli riceve sia dai non credenti che dai credenti, sia con le parole che con le azioni? Ebbene? Per questo motivo egli ha forse spento la luce del sole? Ha interrotto il corso della luna? Ha fatto precipitare la volta del cielo? Ha forse sconvolto la terra dalle sue fondamenta? Ha prosciugato il mare? Ha prosciugato le sorgenti delle acque o messo il disordine nell'aria? Certo che no; anzi, si comporta esattamente all'opposto: fa sorgere il sole, fa cadere la pioggia, dona i frutti e i raccolti annuali a coloro che lo bestemmiano, agli insensati, agli empi e ai persecutori: inoltre, egli fa questo non per uno, né per due, né per tre giorni, ma per tutta la loro vita. Comportati anche tu allo stesso modo, cerca nei limiti delle umane possibilità di emulare la risposta divina! Non hai il potere di far sorgere il sole? Astieniti dalla calunnia. Non sei in grado di donare la pioggia? Non recare ingiurie. Non puoi offrire il cibo per il nutrimento? Non oltraggiare. Questi doni ti bastano: mentre i benefici accordati da Dio ai nemici dipendono dal suo concreto intervento, tu, invece, comportati bene almeno con le parole: prega per il tuo nemico. In questo modo sarai simile al Padre tuo che sta nei cieli.

Esortazione finale: l'ascolto della Parola di Dio deve tradursi in concreta volontà operativa

Abbiamo affrontato questi argomenti migliaia di volte e non ci stanchiamo mai di riprenderli: valga almeno a raggiungere più concreti risultati! Per quanto mi riguarda, personalmente nel parlarvi non provo né stanchezza, né affaticamento e neppure scoraggiamento; da parte vostra, cercate di non apparire annoiati nell'ascolto, giacché colui che non mette in pratica le cose dette, sembra effettivamente annoiarsi. Al contrario, colui che le mette in pratica, desidera continuamente ascoltarle, mostrando di riscoprire in esse non un elemento di fastidio, ma di apprezzamento. Pertanto, il sentirsi annoiati dipende esclusivamente dal non mettere in pratica gli insegnamenti impartiti; questa è anche la ragione per cui chi parla comincia a essere di peso.

Ad esempio, se uno fa un'elemosina e intanto un altro sceglie l'elemosina a tema della sua discussione, non solo non ci si stanca all'ascolto dell'argomento, ma si prova persino soddisfazione nell'udire che il proprio operato è oggetto di predicazione e di pubblica proclamazione. Così, dunque, anche noi, poiché non abbiamo nessuna intenzione né di tollerare le offese ricevute né di emendare questo nostro comportamento, ecco che ci sembra di sopportare a malincuore un discorso del genere. Al contrario, se il nostro agire si lasciasse ispirare dalla loro dimenticanza, certamente le parole udite non c'infastidirebbero affatto. Dunque, se volete che non vi siano né di peso né di noia, fate in questo modo: mostrate concretamente di voler dimenticare le offese. Dal canto nostro giammai smetteremo di parlarvi di questi argomenti, fino a quando non vi sarete corretti. A fare questo ci spronano soprattutto l'affetto e la sollecitudine che abbiamo per voi, senza dire dell'obbligo che incombe su di noi (predicatori) 10. È necessario, infatti, che il trombettiere suoni la tromba e svolga questo suo compito anche quando nessuno è



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OMELIA 7

PERCHÉ POSSIAMO TRASCORRERE UNA VITA CALMA E TRANQUILLA CON TUTTA PIETÀ E DIGNITÀ. QUESTA È UNA COSA BELLA E GRADITA AL COSPETTO DI DIO, NOSTRO SALVATORE, IL QUALE VUOLE CHE TUTTI GLI UOMINI SIANO SALVATI E ARRIVINO ALLA CONOSCENZA DELLA VERITÀ

(1Tm 2,2-4)

Prima Timoteo 2,2-4

Essere in guerra con se stessi è il più duro combattimento

701 1. Se (Paolo) vuole la cessazione di ogni guerra,combattimento e disordine, e a tale scopo invita il sacerdote a pregare Dio per i re e per coloro che stanno al potere, a maggior ragione è necessario che facciano questo anche i semplici cittadini. Vi sono tre generi di guerre particolarmente dure: la prima, che coinvolge tutti, si verifica quando i nostri soldati sono attaccati dai barbari; la seconda, quando, pur regnando la pace, noi lottiamo gli uni contro gli altri; la terza, quando ciascuno combatte con se stesso. Quest'ultima tra tutte è la più terribile. Quella combattuta contro i barbari, infatti, non potrà nuocerci molto. Perché? Perché essa provocherà uccisioni e distruzioni, sì, ma non potrà in nessun modo danneggiare l'anima. Così neppure la seconda, a meno che uno non lo voglia, non ci potrà danneggiare. Infatti, anche se gli altri intendono farci guerra, noi abbiamo sempre la possibilità di essere uomini di pace. Ascolta ciò che dice il profeta: In cambio del mio amore mi muovono accuse, mentre io sono in preghiera... 1. Io ero un uomo di pace con quelli che odiavano la pace... 2. Mentre parlavo con loro, essi mi combattevano senza motivo 3. Per quanto poi riguarda il terzo genere di guerra, è veramente difficile che ciascuno di noi possa sfuggirlo senza pericolo. Infatti, quando il nostro corpo viene in conflitto con l'anima, desta i cattivi desideri, arma i piaceri della carne, dell'ira e dell'invidia. Ora, se questa guerra interiore non cessa, ci è impossibile conseguire i beni promessi; anzi, chi non riesce a sedare questo stato di interno turbamento, necessariamente è destinato a cadere e a ricevere ferite tali da procurargli la morte, quella della geenna. Pertanto, ogni giorno dobbiamo porre grande cura e attenzione a non lasciar destare in noi questo genere di guerra, né, se già destato, a permettere che persista; al contrario, bisogna reprimerlo e tenerlo assopito. E poi, se tutta la terra gode di una profonda pace, a cosa giova che tu sia in guerra con te stesso?È necessario quindi avere una simile pace: se la possediamo, nulla che proviene dall'esterno potrà recarci danno. La pace universale, a sua volta, giovanon poco a questa interiore. È la ragione per cui l'Apostolo dice: perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla.

Infatti, se uno si sente turbato quando regna la tranquillità, è molto infelice. Puoi ben notare come (Paolo) intenda riferirsi a questo genere di pace, quello che invece io ho distinto come terzo. Perciò egli, dopo aver detto: perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla, non si è fermato a questa espressione, ma ha aggiunto: con tutta pietà e dignità.

Ma è impossibile vivere con tutta pietà e dignità senza che si sia conseguito quel genere di pace perfetta. Infatti, quando dei processi razionali puramente speculativi mettono a soqquadro la nostra fede, quale pace potrà esserci? Quale pace, quando in noi vi sono soffi di impurità? Ora, affinché tu non creda che (l'Apostolo) si riferisca semplicemente a questo tipo di vita, che tutti gli uomini conducono, dopo aver detto: perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla, soggiunge: con tutta pietà e dignità, in quanto è possibile che anche i Gentili trascorrano una vita calma e tranquilla, così come potresti trovare calmi e tranquilli degli uomini che si nutrono di impudicizie e vivono sregolatamente nella voluttà. Perciò, affinché tu possa comprendere che non è questa la vita di cui egli intende parlare, ha aggiunto: con tutta pietà e dignità. Quel tipo di vita comporta insidie e battaglie, dal momento che l'anima ogni giorno viene ferita dai profondi turbamenti, generati dai predetti processi puramente speculativo-razionali.

La pietà sia il comune fondamento di ogni pensiero edi ogni azione

Che Paolo voglia riferirsi a questo genere di vita, se da una parte appare chiaro da ciò che ha aggiunto, dall'altra è manifesto anche dal non aver semplicemente detto: con tutta pietà, ma dall'aver sottolineato il: con tutta. Esprimendosi così, infatti, egli sembra indicare la ricerca non solo di quella condotta di vita prescritta dalla dottrina divina, ma anche di quella consolidata dallo stesso genere di vita vissuta: la pietà, infatti, è da ricercarsi in entrambe 4. Quale vantaggio si potrà trarre dall'essere «pii» nella fede e praticamente «empi» nella propria condotta di vita?

Del resto, per convincerti che con il proprio agire sia di fatto possibile vivere da «empi», ti basta ascoltare ciò che il beato (Paolo) afferma altrove, quando dice: Con le parole dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano nei fatti... 5; e poi: Costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele... 6; e ancora: Se qualcuno che porta il nome di «fratello» è impudico, o avaro, o idolatra, costui non onora Dio... 7; e inoltre: Chi odia il proprio fratello, non conosce Dio 8. Vedi in quanti modi si può essere «empi»? Perciò (Paolo) dice: con tutta pietà e dignità. Infatti, indegno non è soltanto chi è impudico, ma si direbbe che è tale anche chi è avaro e intemperante, giacché questo modo di essere denota una passione non inferiore a quella carnale. Pertanto chi non riesce a reprimerla, è giustamente chiamato intemperante; questa è la ragione per cui sono detti intemperanti, quelli che non dominano la propria passione. Sicché io oserei apostrofare come intemperante anche l'iracondo, l'invidioso, l'amante del denaro; insomma, chiamerei intemperanti, indegni e impudichi tutti quegli uomini che vivono nel peccato.

Questa - dice l'Apostolo - è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore. Che significa quest'espressione? Significa: pregare per tutti, questo gradisce Dio, questo vuole: vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità.

Quando preghiamo, sforziamoci di imitare Dio

702 2. Imita Dio. Se egli vuole che tutti gli uomini sianosalvati, giustamente bisogna pregare per tutti: se Dio ha voluto che tutti giungano alla salvezza, devi volerlo anche tu; se poi lo vuoi, prega, giacché la preghiera non è disgiunta dalla volontà 9. Vedi in quanti modi egli cerca di convincere l'anima a pregare anche per i Gentili? E per mostrare quale grande guadagno si ricava da ciò, dice: perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla; perché ciò, cosa ancora più grande, torna gradito a Dio, in quanto, volendo ciò che egli vuole, noi diventiamo simili a lui. Questi pensieri potrebbero riempire di confusione anche una belva feroce!.

Perciò non temere di pregare per i Gentili: è Dio stesso a volerlo; devi temere soltanto di imprecare, perché è questo che Dio non vuole. Ora, se bisogna pregare per i Gentili, è chiaro che è necessario pregare anche per gli eretici: insomma, per tutti gli uomini bisogna pregare Dio, senza maledire nessuno. D'altronde, ciò è una cosa bella da farsi anche per un altro motivo: noi (cristiani) abbiamo in comune con essi (pagani) la medesima natura. Dal canto suo Dio loda e gli tornano gradite la benevolenza e l'amicizia che noi abbiamo gli uni per gli altri.

A questo punto potresti obiettare: Se Dio vuol donare (la salvezza a tutti), che bisogno c'è delle mie preghiere? Al contrario, ciò avvantaggia sia te che quelli, in quanto, da una parte spinge questi a nutrire sentimenti d'affetto nei tuoi riguardi, dall'altra impedisce loro di infierire di nuovo contro di te; insomma il tuo pregare è capace perfino di attirarli alla fede.

(Consta a tutti) che molti uomini si sono allontanati da Dio a causa delle loro reciproche contese. (L'Apostolo) ora chiama tutto questo salvezza di Dio, affermando che: Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati: questa infatti è la vera salvezza in quanto, al di fuori di essa, ogni altra salvezza è ben poca cosa; anzi il suo nome si riduce soltanto a un mero appellativo.

Cristo, mediatore fra Dio e gli uomini, ha voluto salvi tutti gli uomini

(Vuole che tutti gli uomini siano salvati) e arrivino alla conoscenza della verità.

Di quale verità parla Paolo? Di quella che è fede in se stessi. Egli, infatti, precedentemente aveva detto : invita a non insegnare dottrine diverse 11, affinché nessuno considerasse costoro come nemici; inoltre, affinché da ciò non derivassero risse, ha anche affermato: Vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. A queste parole ha successivamente aggiunto: Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini 12.

Orbene, se dicendo: perché giungano alla conoscenza della verità, ha inteso indicare che il mondo non è nella verità 13; dicendo poi : Uno solo, infatti, è Dio, ha voluto dichiarare che esiste un solo Dio e non molti dèi, come alcuni ritengono. Col dire poi che Dio ha inviato il Figlio come mediatore, ha voluto indicare che egli vuole che tutti siano salvati. Cosa dici? Forse che il Figlio non è Dio? Sì, certamente, (è Dio). Perché allora dice: uno solo, (infatti, è Dio)? Lo dice per distinguerlo dagli idoli, e non per escludere il Figlio; (l'Apostolo) intende discutere sulla verità e sull'errore. Il mediatore è d'altronde colui che deve tenere unite entrambe quelle cose di cui egli è mediatore. Compito del mediatore, (ripeto), è di tenere unite entrambe le cose di cui egli partecipa e di cui è mediatore, in quanto, se aderisce a una sola di esse, si separa dall'altra, e in questo caso non è più mediatore. Dunque, se (il Figlio) non è partecipe della natura del Padre, certamente non è uno che media da essa, ma uno che se ne separa. Ma, come egli è unito alla natura umana perché è venuto tra gli uomini, lo è altrettanto con quella divina perché è venuto da Dio. Ora, divenuto mediatore tra le due nature, è necessario che egli sia partecipe delle due nature. E come la zona intermedia di un luogo è unita a entrambe le parti del luogo stesso, così colui che partecipa dell'una e dell'altra natura, necessariamente è unito a entrambe.

Pertanto (il Figlio), come è divenuto uomo, così è anche Dio. Tuttavia, se come semplice uomo non avrebbe potuto svolgere il suo ruolo di mediatore, in quanto bisognava dialogare con Dio; così, (soltanto) come Dio, neppure sarebbe stato mediatore, poiché non l'avrebbero accolto coloro per i quali avrebbe dovuto svolgere la sua azione mediatrice. Come nella Lettera ai Corinti dice: Un solo Dio Padre e un solo Signore Gesù Cristo 14, così anche qui dice: Un solo e un solo, senza porne due. Infatti, poiché la sua riflessione verte sulla molteplicità degli dèi, l'Apostolo ha parlato di un solo e un solo, affinché nessuno fosse indotto a ritenere il numero di due come prova a favore della molteplicità degli dèi.

Osserva, dunque, con quanta accortezza la Sacra Scrittura adopera i termini: in tale contesto, infatti, non ci troviamo di fronte alla mera espressione aritmetica per cui uno più uno uguale a due, anche se essa è sottesa nel ragionamento (addizionale). Qui non dici: uno più uno uguale a due, allo stesso modo che non affermi: se è nato, ha patito, dal momento che neppure quest'espressione è sottesa nel ragionamento.

Uno solo, infatti, è Dio - dice l'Apostolo - e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l'ha data nei tempi stabiliti (1 Tim. 2, 5-6).

Dimmi: forse che ciò non vale anche per i Gentili? Sì, certamente. Ebbene, se Cristo è morto anche per questi, tu non vuoi pregare per loro? Ma obietterai: perché allora i Gentili non hanno creduto? Perché (ti rispondo) non hanno voluto. Cristo ha pienamente compiuto la sua opera di mediazione e la sua passione, dice Paolo, ne è la testimonianza. Egli è venuto, afferma l'Apostolo, a rendere testimonianza alla verità del Padre, ed è stato ucciso. Quindi non è soltanto il Padre a rendergli testimonianza, ma anch'egli testimonia il Padre, quando dice: Io sono venuto nel nome del Padre mio... 15; Dio nessuno l'ha mai visto... 16; Che conoscano te, l'unico vero Dio... 17; Dio è spirito... 18. Cristo dunque ha reso la sua testimonianza fino alla morte. Pertanto l'espressione: nei tempi stabiliti, chiaramente significa: nel tempo conveniente.

Paolo, Apostolo delle Genti

...e di essa io sono stato fatto banditore e apostolo - dico la verità, non mentisco -, maestro dei pagani nella fede e nella verità (1 Tim. 2, 7).
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Crisostomo - PRIMA TIMOTEO 503