Crisostomo - PRIMA TIMOTEO 1102

Custodiamo e viviamo con fede il mistero che Dio ci ha confidato. Il disprezzo delle ricchezze e la ricompensa futura

1102 2. Pertanto, come persone degne di fiducia,preoccupiamoci di custodire tale mistero. Ora, mentre Dio stesso ci ha ritenuti degni di confidarci una realtà così ineffabile, noi invece non osiamo affidargli neppure le nostre ricchezze. Egli ci dice: Riponetele presso di me, nessuno le potrà rapire; né una tignola né un ladro le consumeranno 18. Inoltre, benché egli prometta di dare cento volte tanto 19, noi non gli obbediamo. Quando noi affidiamo a qualcuno i nostri depositi, certamente non ne riceviamo di più, anzi gli siamo grati se riusciamo a recuperarli per intero. Bene. Dio invece parla così: Se il tuo deposito ti viene sottratto da un ladro, mi faccio io carico del tuo danno; non ti dirò che il ladro l'ha sottratto, o che la tignola l'ha consumato.

Ebbene? Nonostante la sua promessa di dare qui sulla terra cento volte tanto e là nel cielo la vita eterna in eredità 20, nessuno vuole depositare presso di lui le proprie ricchezze. Si obietta: Ma egli me le restituirà troppo tardi! Ma questa è la più grande prova della sua generosa munificenza, dal momento che egli non restituisce il deposito qui, in questa vita soggetta alla morte; o per essere più precisi, Dio già qui promette il cento volte tanto.

Dimmi: non hanno lasciato qui, Paolo il suo coltello 22, Pietro la sua canna da pesca e il suo amo 23 e Matteo il suo banco delle imposte 24? Il mondo intero, in seguito, non si è aperto più ad essi che non ai re? Tutti non deponevano le proprie ricchezze ai loro piedi 25? Non li rendevano dispensatori e padroni? Non affidavano ad essi le proprie anime? Non dipendevano interamente dalla loro volontà e dal loro consiglio? Non si recavano dagli apostoli per porre se stessi al loro servizio? E anche oggi, forse che non assistiamo a tante simili cose? Spesso, infatti, molti uomini semplici e di umili condizioni, che conoscevano solo la zappa, privi talora anche del cibo necessario, chiamati con nome di monaci, sono certamente apparsi più famosi di tutti e sono stati tenuti in alta considerazione dagli stessi re! Ritieni tu che queste sono cose di scarso valore? Pensa invece che questo è semplicemente un sovrappiù, giacché la ricompensa principale è riservata per la vita futura. Disprezza le ricchezze, se vuoi veramente possederle! Se vuoi essere ricco, sii povero!

I paradossi di Dio sono appunto questi: egli non vuole che tu diventi ricco per sua grazia e non per la tua personale sollecitudine. Dice: Affida a me queste preoccupazioni materiali; tu, invece, prenditi cura di quelle spirituali e conoscerai la mia reale potenza; fuggi la schiavitù e il giogo provenienti dalle ricchezze! Fino a quando le tratterrai con te, sarai povero; quando invece comincerai a disprezzarle, allora sì che diventerai doppiamente ricco, sia perché esse ti affluiranno da ogni parte, e sia perché a te nonmancherà nulla di quanto invece molti abbisognano. È ricco, infatti, non chi possiede moltissime ricchezze, ma chi non ne ha bisogno di moltissime.

Perciò, quando vi è l'indigenza, lo stesso re non differisce in nulla dal povero, giacché la povertà è l'aver bisogno degli altri. Il re, sulla base di questo ragionamento, è povero perché ha bisogno dei suoi sudditi. Ora, non è così per un uomo che è stato crocifisso: egli non ha bisogno di nulla, gli bastano soltanto le mani per procurarsi da mangiare. Dice infatti Paolo: (Voi sapete che) alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani 26. L'Apostolo, che qui si è espresso in questo modo, altrove dice: Siamo gente che non ha nulla e invece possediamo tutto 27, e a dirlo è proprio lui che a Listra era ritenuto un dio 28.

Se vuoi conseguire i beni che sono nel mondo, cerca il cielo; se vuoi gustare le cose presenti, disprezzale. Cristo dice: Cercate prima il regno di Dio (e la sua giustizia), e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta 29. Perché guardi ammirato delle cose che in fondo sono piccole? Perché sospiri per il possesso di ciò che non ha nessun valore? Fino a quando vorrai restare povero e mendicante? Solleva lo sguardo al cielo; pensa che la ricchezza è lì; tieni a scherno l'oro e impara bene qual è il suo retto uso. Il suo godimento è limitato alla vita presente; a una vita, la nostra, che è destinata a finire. Essa infatti è come un granello di sabbia, o meglio, una stilla d'acqua a confronto delle immensità abissali; sì, tale è la vita presente paragonata alle realtà future! Noi, quindi, non siamo dei legittimi possessori (delle ricchezze), ma dei semplici usufruitori, né tanto meno esercitiamo su di esse un reale potere di dominio 30. Prova ne è il fatto che, quando tu stai per esalare l'ultimo respiro, che tu lo voglia o meno, tutti i tuoi beni entrano in possesso altrui; queste persone a loro volta li devono cedere ad altre, e queste ad altre ancora! Insomma, (su questa terra) siamo tutti degli stranieri, e (chi crede si essere) il padrone della sua casa, è piuttosto il suo locatario 31. Spesso, infatti, capita che alla sua morte gli subentra un altro locatario 32, che si godrà la casa più a lungo. E se costui lo potrà fare dietro versamento di denaro, anche il primo l'ha fatto allo stesso modo: ha edificato, ha costruito a prezzo di notevoli sacrifici e preoccupazioni. L'esercizio del potere di padronanza 33, quindi, non è che a parole, mentre nei fatti siamo tutti padroni degli altri! 34

Sono nostri solamente quei beni che avremo inviato là (nel cielo) prima di noi, perché quelli che abbiamo qui (su questa terra) non sono nostri ma di coloro che restano in vita; anzi, per meglio dire, talora ci capita di perderli mentre viviamo ancora! Noi, invece, possiamo vantare un solo legittimo possesso: le buone azioni che procedono dal nostro animo, e cioè l'elemosina e l'amore verso gli altri. Tutti gli altri beni sono detti esteriori anche dai non credenti, giacché sono al di fuori di noi. Preoccupiamoci perciò di quelli interiori. Del resto, partendo da questa vita, non possiamo prendere con noi le nostre ricchezze; al contrario, possiamo migrare portando con noi le elemosine che abbiamo fatte. Anzi, facciamo in modo che esse ci precedano, affinché possiamo prepararci una tenda nelle dimore eterne.

Attacchiamoci non ai beni della terra, ma a quelli del cielo

3. Si ritiene che il termine crhvmata, cioè ricchezze, derivi da to; kecrhsqai, che significa usare, e non da kuvrio¦, che indica colui che esercita un potere di padronanza. (Ed è giusto), dal momento che noi usufruiamo soltanto delle ricchezze, senza però accampare su di esse nessun potere di padronanza. Dimmi: uno stesso campo di quanti padroni è stato e di quanti ancora lo sarà? A tal riguardo è invalso un sapientissimo proverbio (e non bisogna disprezzare i proverbi popolari, se esprimono qualcosa di saggio): o campo, di quanti sei stato e di quanti sarai? Questo proverbio lo si deve applicare sia per il possesso di una casa che alle ricchezze in genere. Soltanto una vita virtuosa, si sa, può migrare insieme a noi, soltanto essa può passare alla vita di lassù.

Affranchiamoci una volta per sempre e spegniamo il desiderio di possedere ricchezze, affinché possiamo accendere in noi quello delle realtà del cielo! Infatti, questi due amori non possono occupare la stessa anima. Cristo dice: (Nessuno può servire a due padroni), o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro 35.

Dimmi: ti è mai capitato di vedere un uomo recarsi in piazza tutto borioso, accompagnato da un numeroso stuolo di servi, indossare abiti di seta, avanzare su di un cavallo e incedere a testa alta? Ebbene, non lasciarti prendere da un senso di ammirazione per lui; anzi, egli costituisca per te oggetto di riso. Infatti, come ti viene da ridere quando a scuola tu vedi i bambini giocare a fare i capi, compòrtati allo stesso modo con costui. Egli non differisce in nulla dai bambini; al contrario, spesso ciò che questi fanno con molta spontaneità risulta anche abbastanza piacevole in considerazione della loro giovanissima età. Perciò, mentre gli uni suscitano in noi il riso e anche diletto; l'altro invece ci appare completamente ridicolo per il suo vergognoso e disdicevole atteggiamento.

Tu, allora, rendi gloria a Dio per averti tenuto lontano dall'esibire una siffatta teatralità e altezzosità. Infatti, benché tu sia di umili origini, se lo vuoi, potrai occupare



1200

OMELIA 12

LO SPIRITO DICHIARA APERTAMENTE CHE NEGLI ULTIMI TEMPI ALCUNI SI ALLONTANERANNO DALLA FEDE, DANDO RETTA A SPIRITI MENZOGNERI E A DOTTRINE DIABOLICHE, SEDOTTI DALL'IPOCRISIA DI IMPOSTORI, GIÀ BOLLATI A FUOCO NELLA LORO COSCIENZA. COSTORO VIETERANNO IL MATRIMONIO, IMPORRANNO DI ASTENERSI DA ALCUNI CIBI CHE DIO HA CREATO PER ESSERE MANGIATI CON RENDIMENTO DI GRAZIE DAI FEDELI E DA QUANTI CONOSCONO LA VERITÀ. INFATTI TUTTO CIÒ CHE È STATO CREATO DA DIO È BUONO E NULLA È DA SCARTARSI, QUANDO LO SI PRENDE CON RENDIMENTO DI GRAZIE, PERCHÉ ESSO VIENE SANTIFICATO DALLA PAROLA DI DIO E DALLA PREGHIERA

(1Tm 4,1-5)

Prima Timoteo 4,1-5

A Timoteo il compito di combattere le pretese ascetiche degli eretici: il cristiano deve lasciarsi guidare dallo Spirito

1201 1. Come coloro che sono ben attaccati alla fede si sentono poggiati su di una salda àncora; così quelli che invece si sono allontanati da essa, in nessun luogo potranno più ormeggiare sicuri 2; anzi, dopo essere andati alla deriva su e giù attraverso molti errori, alla fine piombano nel baratro della perdizione. L'Apostolo già precedentemente ha espresso questo pensiero, quando ha detto che alcuni (per aver ripudiato la buona coscienza) hanno fatto naufragio nella fede.

Ora invece afferma: Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri.

Egli parla così con chiaro riferimento ai manichei 4, agli encratiti 5, e - dal momento che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede - ai marcioniti 6 e all'intera bottega 7 di costoro. Vedi allora come l'allontanarsi dalla fede sia la causa di tutti i mali che sopraggiungono in seguito al suo abbandono? Cosa vuol significare l'Apostolo, dicendo: apertamente? Egli intende dire: chiaramente, apertamente, unanimemente, inequivocabilmente.

In altri termini, è come se dicesse: Non meravigliarti se ora alcuni, dopo essersi allontanati dalla fede, continuano ad essere Giudei. Verrà il tempo in cui, coloro che hanno abbracciato la stessa fede, si allontaneranno dal suo insegnamento, non solo per quanto riguarda i cibi da mangiare, ma anche per quanto concerne il matrimonio e tante altre norme, introducendo così terribili errori. In verità, Paolo non afferma ciò riferendosi ai Giudei. Infatti, come potrebbe riguardare costoro l'espressione: negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede? Invece egli intende rivolgersi ai manichei e ai loro leaders nella propagazione. L'Apostolo li chiama spiriti menzogneri, e giustamente, giacché costoro hanno divulgato queste false dottrine dietro l'energica spinta dei loro maestrifondatori.

Che significa: sedotti dall'ipocrisia di impostori 8? Paolo ritiene che le loro menzogne non procedono né dalla loro ignoranza e nemmeno dalla loro inconsapevolezza; al contrario, essi mentono simulando; conoscono, sì, la verità, ma sono già bollati a fuoco nella loro coscienza, cioè conducono una vita scellerata. Ma perché chiama eretici solamente costoro? Già Cristo ne aveva preannunciato altri, dicendo: È inevitabile che avvengano scandali 9. Li aveva indicati altrove, ricorrendo alla parabola del seme di frumento e del germoglio della zizzania 10. Perciò rifletti bene insieme a me sulla profezia di Paolo: egli, in anticipo, ha indicato con precisione il tempo in cui queste cose si sarebbero verificate. Non ti meravigliare dunque se alcuni, ora che la fede è al suo esordio, tentano di introdurre delle dannose dottrine, perché, una volta che sarà trascorso molto tempo e la fede avrà posto le sue radici, ecco che essi se ne allontaneranno.

La questione delle carni immonde: «omnia munda mundis»

Costoro - dice Paolo - vieteranno il matrimonio, imporranno di astenersi da alcuni cibi.

Perché non ha parlato anche delle altre eresie? Ebbene, ha indicato anche quelle, quando ha detto: dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche. In verità egli, non volendo seminarle subito nelle anime degli uomini, preferisce soffermarsi anzitutto su quelle che già hanno preso piede (nell'ambito delle comunità), e precisamente quelle riguardanti i cibi da mangiare. Ha detto infatti: (imporranno di astenersi da alcuni cibi) che Dio ha creato per essere mangiati con rendimento di grazie dai fedeli e da quanti conoscono la verità. Perché, tu obietti, non ha detto: (con rendimento di grazie) anche dagli infedeli? Ma come avrebbe potuto dire: anche dagli infedeli, se costoro se ne astengono in rispetto delle loro leggi? Cosa? I cibi che procurano piacere non sono forse interdetti? Sì, e anche molto. Ma per quale motivo, se sono stati creati per essere mangiati? Il motivo è perché, sebbene Dio abbia creato anche il pane, tuttavia è proibito farne un uso smoderato; allo stesso modo che Dio ha creato anche il vino, ma è altrettanto vietato berne senza misura. Ora, egli ci ordina di evitare i cibi non perché sono in sé impuri, ma perché illanguidiscono l'anima se presi in maniera smodata.

Infatti - continua Paolo - tutto ciò che è stato creato da Dio è buono e nulla è da scartarsi, quando lo si prende con rendimento di grazie.

Tutto ciò che è stato creato da Dio è cosa buona: (Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco,) era cosa molto buona 11. E l'Apostolo con l'espressione ciò che è stato creato da Dio ha voluto intendere tutti gli alimenti commestibili. Così, per prima cosa egli abbatte l'eresia di coloro che presentano la materia come increata e sostengono che gli alimenti provengono da questa. E tu osservi: se ciò che è stato creato da Dio è cosa buona, perché poi l'Apostolo aggiunge: esso viene santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera, se è chiaro che ad essere santificato è soltanto ciò che è impuro? No, ti rispondo, le cose non stanno così. Egli qui si rivolge contro coloro che ritenevano impuri alcuni alimenti 12. Egli fissa dunque due grandi principi: il primo è che nessun essere creato è impuro; il secondo è che, quand'anche fosse impuro, tu hai anche un mezzo per potervi rimediare: sègnalo col segno della croce13, rendi grazie, da' gloria a Dio e tutto ciò che è impuro sarà eliminato. Sicché, tu dici, in questo modo possiamo purificare anche le carni immolate agli idoli 14? Ebbene, sì, a condizione che tu non sappia che sono carni immolate agli idoli; invece, se ne sei a conoscenza e ne prendi, sarai impuro, non perché esse sono carni immolate agli idoli, ma perché, nonostante la proibizione di entrare in comunione con i demoni, col mangiarle ne prendi parte 15.

Perciò, le carni immolate agli idoli non sono impure per loro natura, ma diventano tali in virtù della tua volontà e della tua disobbedienza 16. Cosa? Forse che la carne suina non è immonda? Niente affatto; (come ho già detto), nessuna cosa è impura quando è mangiata rendendo grazie a Dio ed è segnata col segno della croce. Dunque, ad essere impura è l'intenzione, con la quale si agisce senza rendere grazie a Dio.

Nell'esercizio del ministero Timoteo sia sempre un vero atleta di Cristo

Proponendo queste cose ai fratelli sarai un buon ministro di Cristo Gesù, nutrito come sei dalle parole della fede e della buona dottrina che hai seguito (1 Tim. 4, 6).

Che significa: (Proponendo) queste cose? Quali sono? Sono quelle che l'Apostolo ha già detto, e cioè che è un mistero grande; che astenersi dalle carni impure è proprio del demonio e che il cibo viene purificato dalla parola di Dio e dalla preghiera. L'Apostolo dice: ...nutrito come sei dalle parole della fede e della buona dottrina che hai seguito. Rifiuta invece le favole profane, roba da vecchierelle. Esèrcitati nella pietà (1 Tim. 4, 6-7).

Dice: proponendo. Osserva bene: Paolo qui non ricorre alla sua autorità, ma al suo modo di esortare benevolmente! Dice: proponendo; non ha detto: ordinando; non ha detto: ammonendo, ma: proponendo; è come dirgli: proponi queste cose quasi come se dovessi consigliarle e trai dalla tua fede le tue parole. Dice: nutrito, volendo significare la costante attenzione che bisogna porre in queste cose.

1202 2. Dice: Come noi ogni giorno somministriamoquesto cibo 17, così dobbiamo sempre trarre le nostre parole dall'insegnamento della fede e nutrircene continuamente. Che cosa vuol dire: nutrire? Significa: ruminare, diffondere ininterrottamente e proporre costantemente sempre la stessa dottrina, dal momento che questa non offre un comune alimento.

Rifiuta invece le favole 18 profane, roba da vecchierelle. Di quali favole parla? Egli chiama così le osservanze dei Giudei. Le chiama proprio favole? Sì, certamente; sia per le falsificazioni che esse contengono e sia per la loro intempestività. Infatti, è utile solo ciò che si verifica nel momento opportuno; diversamente, non solo non è utile ma è perfino nocivo.

Pensa insieme a me a un uomo che, all'età di vent'anni suonati, pretenda di succhiare ancora una volta il latte della sua nutrice: quale ridicolaggine nel desiderare di compiere un'azione così anacronistica! Comprendi allora per quale ragione l'Apostolo chiama profane e roba da vecchierelle le osservanze giudaiche? È perché esse sono sia vecchie che di ostacolo alla fede. Infatti, non si può tacciare se non di impurità una prescrizione che tenti di sottomettere al giogo della paura un'anima che è decisamente superiore a queste osservanze! Esèrcitati nella pietà - dice l'Apostolo - cioè a una fede pura e a una vita retta: questa è vera pietà. Noi, dunque, abbiamo bisogno di esercitarci.

(Esèrcitati nella pietà), perché l'esercizio fisico è utile a poco (1 Tim. 4, 8). Alcuni ritengono che queste parole siano state dette dall'Apostolo in riferimento al digiuno. Lungi da noi tale supposizione. L'esercizio di cui parla Paolo non è fisico ma spirituale 19. Infatti, se fosse fisico, svilupperebbe il corpo; al contrario poiché lo logora, lo estenua e lo emacia, non è fisico. Dunque Paolo non parla dell'esercizio fisico. Sicché l'esercizio ginnico che noi dobbiamo fare è quello che interessa l'anima, giacché il primo non offre nessun vantaggio, anzi, per meglio dire, giova poco al corpo. Invece l'esercizio della pietà dà i suoi frutti non solo nella vita futura, ma rinvigorisce lo spirito sia quaggiù che lassù.

La speranza del cristiano è riposta nel «Dio vivente», Salvatore di tutti gli uomini

Certo questa parola è degna di fede (1 Tim. 4, 9), ossia è vera, sia nel presente che nel futuro. È bene, quindi, che tu osservi come quest'espressione paolina ricorra così frequentemente: l'Apostolo non ha bisogno di provare, egli afferma semplicemente, dal momento che la sua parola è indirizzata a Timoteo. Dunque, anche in questa vita noi - dice - siamo sostenuti da buone speranze. Infatti colui che è conscio di non aver commesso alcunché di male, colui che ha compiuto mille opere buone, anche quaggiù ha motivo di gioire; viceversa, l'uomo malvagio riceve la sua punizione non solo in questa vita ma anche in quella futura: egli vive costantemente nella paura, non osa guardare nessuno con fiducia; è sempre timoroso, ansioso e pallido. Dimmi: non sono tali gli avari e i ladri, dal momento che non hanno fiducia neppure di ciò che hanno? Non sono tali gli adulteri e gli omicidi, dal momento che conducono una vita molto inquieta, sospettando dello stesso sole? Dimmi: è questo vivere? No, è un duro morire!

(Ascolta allora Paolo): Noi infatti ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il Salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono (1 Tim. 4, 10).

È come se dicesse: Per quale motivo noi ci affatichiamo se non per sperare nella vita futura? Per quale motivo tutti ci offendono? Perché dobbiamo affrontare tante terribili prove? Perché siamo oltraggiati, ingiuriati e fatti oggetto di tanti altri innumerevoli mali? Forse che subiamo invano tutti questi affronti? Se non riponiamo la nostra speranza nel Dio vivente, per quale motivo dobbiamo sottoporci a queste prove? Ora, se Dio su questa terra vuole salvi anche coloro che non credono, quanto di più salverà in cielo quelli che credono?

Ma, dirai, di quale salvezza l'Apostolo parla? Di quella di lassù!

(Il Dio vivente) - dice - è il Salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono. Ciò significa che egli mostra un'attenzione tutta particolare per i credenti. Comunque Paolo, per il momento, si sofferma sui problemi della vita presente. Perché dice che egli è il Salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono? Perché, se non fosse loro Salvatore, nulla avrebbe impedito che essi, combattuti da tutti, già da tempo avrebbero dovuto dichiarare la propria sconfitta. L'Apostolo, quindi, si preoccupa di incoraggiare il suo discepolo Timoteo di fronte ai pericoli che deve affrontare; lo esorta a non perdersi d'animo giacché ha accanto a sé un Dio salvatore: egli non ha bisogno di ricorrere all'aiuto degli altri, ma deve affrontare tutto spontaneamente e con generosità d'animo. Del resto, anche coloro che hanno lo sguardo rivolto unicamente alle cose della terra, intravedendo la speranza di un guadagno, sono disposti a compiere ogni cosa.

Eccoci, allora, giunti ai giorni nostri.

Negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall'ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza. Costoro vieteranno il matrimonio (1 Tim. 4, 1-3).

Dunque, cosa significa ciò? Noi, dice, non proibiamo di sposarsi? No, lungi da noi di vietare le nozze a coloro che lo vogliono; ma a quanti non vogliono sposarsi, sostiene, noi caldeggiamo lo stato verginale. D'altronde, una cosa è proibire e un'altra è essere liberi nella propria scelta: chi proibisce fa questo e basta; ma chi invece consiglia di tenere più in pregio la verginità, lo fa non con l'intento di impedire le nozze, ma di indirizzare alla scelta dello stato verginale 20.

Costoro vieteranno il matrimonio, imporranno di astenersi da alcuni cibi che Dio ha creato per essere mangiati con rendimento di grazie dai fedeli e da quanti conoscono la verità (1 Tim. 4, 3).

L'Apostolo si è espresso bene dicendo: da quanti conoscono la verità, giacché le istituzioni precedenti erano solamente una figura: nulla è impuro per sua natura, ma è reso tale dalla coscienza di chi è impuro. A questo punto tu dirai: Perché Paolo ha proibito moltissimi alimenti? Lo ha fatto per evitare l'eccessivo piacere di gola. Egli, infatti, se avesse semplicemente detto: «Non mangiate per evitare il piacere della gola», certamente non avrebbe eliminato l'eccesso. Ora, invece, lo ha incluso tra le norme da osservare scrupolosamente, affinché ci si astenga in forza di un timore maggiore. Del resto, a nessuno sfugge che il pesce è più impuro del maiale; eppure Paolo non ha ordinato di astenersi dal mangiarlo. Invece, per comprendere la gravità e il danno dei piaceri della gola, ascolta ciò che dice Mosè: (Giacobbe) ha mangiato, si è saziato, si è ingrassato... ed è stato respinto da Dio che lo aveva amato 21. (Nel caso di Mosè), in verità, vi era ancora un'altra ragione per imporre l'astensione: poiché alla fine i Giudei giunsero a macellare e a mangiare buoi e vitelli 22, a causa di Api 23 e del vitello 24 egli proibì loro di cibarsi di altri animali (volendo allontanarli dal bue Api, che era) immondo, ingrato, abominevole e impuro 25.

Sagge raccomandazioni dell'Apostolo a Timoteo

1203 3. Proponi questa dottrina e meditala, in quanto l'espressione: nutrito come sei dalle parole della fede, significa proprio questo. In altri termini, l'Apostolo dice a Timoteo: Non devi soltanto esortare gli altri, ma tu stesso devi costantemente meditare su tali insegnamenti. Nutrito come sei dalle parole della fede e della buona dottrina che hai seguito. Rifiuta invece le favole profane, roba da vecchierelle (1 Tim. 4, 6-7).

Perché Paolo non ha detto: «Astieniti da simili cose», ma: Rifiuta? Si è espresso così per indicare la più completa fuga da esse. Ciò che egli vuole intendere è questo: Non entrare mai in competizione, discutendo con coloro che invece le sostengono; ma limitati soltanto a esortare i tuoi fedeli. Infatti, non si lucra nessun guadagno ad entrare in contestazione con uomini perversi, fatta eccezione del caso in cui noi riteniamo che possa derivarne un male se, a causa della nostra mancanza di argomentazioni, evitiamo di intraprendere con essi la discussione.

Esèrcitati nella pietà, cioè: esèrcitati a una vita pura e a una condotta esemplare: l'atleta infatti si astiene da ogni altra attività e, anche se non è tempo di gare, esegue tutti gli esercizi come se dovesse gareggiare. Egli è un lottatore e versa molto sudore!

Esèrcitati - dice - nella pietà, perché l'esercizio fisico è utile a poco mentre la pietà è utile a tutto, portando con sé la promessa della vita presente come di quella futura (1 Tim. 4, 8).

Tu dirai: Ma perché Paolo ha fatto menzione dell'esercizio fisico? Egli l'ha fatto con l'intento di mostrare la superiorità che quello spirituale ha su quello fisico. Infatti, mentre questo non comporta nessun guadagno ed è di nessun valore, invece l'esercizio spirituale è un guadagno continuo e copioso. È lo stesso discorso che ha fatto precedentemente per le donne, quando ha affermato:

Alla stessa maniera facciano le donne, con abiti decenti, adornandosi di pudore e di riservatezza, non di trecce e di ornamenti d'oro, di perle o di vesti sontuose, ma di opere buone, come conviene a donne che fanno professione di pietà (1 Tim. 2, 9-10).È degno di fede quanto vi dico (1 Tim. 3, 1); mentre ora aggiunge: (per questo) noi ci affatichiamo (1 Tim. 4, 10) e siamo oltraggiati. Cosa? Paolo veniva oltraggiato, e tu invece ti affliggi di esserlo? Paolo lavorava, e tu invece vuoi vivere nei piaceri?

Ora, se l'Apostolo avesse vissuto la sua vita nei piaceri, certamente non avrebbe potuto conseguire così grandi beni. Infatti, se le cose del mondo, che di per sé sono fluttuanti e destinate alla corruzione, non si possono conseguire senza grande fatica e sudore, a maggior ragione (sono difficili da raggiungere) quelle spirituali. Tu obietterai: Sì, è vero anche questo; ma è altrettanto vero che spesso molti ottengono le ricchezze con l'eredità. Ebbene (ti rispondo), anche se esse giungono in questo modo, tuttavia non è senza fatica il poterle custodire e conservare; al contrario, bisogna affaticarsi ed essere disposti a soffrire non meno di coloro che le hanno acquistate. Del resto, tralascio di parlare del fatto che, dopo aver penato e sofferto immensamente, molti uomini sono stati ingannati nell'ormai certa speranza di possedere ricchezze, per così dire, presso la stessa imboccatura del porto, a causa di un vento che si è terribilmente abbattuto (sulla loro imbarcazione) e del naufragio subìto.

Ma presso noi cristiani le cose non stanno così: è Dio colui che ha promesso, e la speranza non delude 26. Forse che voi, vivendo impegnati nelle cose del mondo, ignorate quante persone non hanno conseguito nessun frutto dopo tante e tante fatiche?

Perché? Perché, il più delle volte, molti sono restati a mani vuote o perché colti da morte, o per un mutamento radicale della situazione, o per un'inattesa malattia, o per essere divenuti strumenti nelle mani di calunniatori o, infine, per qualsiasi altra ragione, e molte in verità se ne presentano nelle cose umane.

Come comportarsi con gli avari. Le vere ricchezze del cristiano: l'esercizio della virtù e l'amore verso gli altri

A questo punto tu ribatterai, dicendo: Cosa? Non vedi che ci sono persone che si trovano ad avere moltissime ricchezze e che intanto le hanno ottenute con pochi sacrifici? (E io ti rispondo): Ma di quali beni parli? Dei soldi? Delle case? Dei tanti e tanti iugeri di terra? Di un vero e proprio gregge di servi? Di una grande quantità d'argento e d'oro? E tu questi me li chiami beni? Non ti nascondi da qualche parte per la vergogna? Non arrossisci? Tu, che sei un uomo a cui si impone di riflettere e di discutere su cose riguardanti il cielo, proprio tu ti lasci andare a desiderare le cose della terra e osi chiamare «beni» ciò che invece è di nessun valore? Ma se questi sono i beni, allora è del tutto doveroso chiamare «buoni» anche i loro possessori. Chi infatti possiede un bene, come non può non essere «buono»?

Ora dimmi: Quando coloro che possiedono i beni sono avari e violenti, costoro potremo mai chiamarli «buoni»? Se le ricchezze sono un bene, anche ammesso che siano accumulate senza spirito di avidità, forse che quanto più esse aumenteranno, tanto più consentiranno al possessore di essere stimato persona dabbene? L'avaro, dunque, sarà un uomo buono? Viceversa: se le ricchezze sono un bene, ma intanto vengono accresciute per pura brama di avidità, (forse dovremmo dire che) un uomo sarà tanto più «buono» quanto più ricchezze avrà saputo accumulare con questo spirito? Non ti accorgi della stridente contraddizione insita in tale ragionamento?

Tu allora chiederai: Che dire se costui le ottiene senza compiere nessuna soverchieria? Ma come è possibile che ciò accada? L'avidità, infatti, è un vizio fatale: è impossibile, sì, è veramente impossibile che uno possa arricchirsi senza commettere ingiustizia! Anche Cristo ha indicato la pericolosità di questa passione, quando ha detto: (Ebbene, io vi dico): Procuratevi amici con la disonesta ricchezza 27.

E tu ancora: Che dire se egli questi beni li ha avuti in eredità dal padre? Ebbene, egli li ha ricevuti accumulati ingiustamente. (Una cosa è certa): queste ricchezze i suoi antenati non le hanno ereditate da Adamo, ma è chiaro che molti altri prima di essi le hanno possedute, e che poi tra questi molti c'è stato uno che le ha sottratte agli altri, ricorrendo alla forza e alla violenza.

Cosa? Vuoi forse dire che Abramo possedeva una ricchezza disonesta? E forse anche lo stesso Giobbe, quell'uomo irreprensibile, giusto, veritiero, timorato di Dio e incapace di compiere alcunché di male? (Ti rispondo): La ricchezza di costoro non consisteva né in oro, né in argento e neppure in superbi edifici, bensì in pecore. Del resto, (si sa che anche Giobbe, non diversamente dagli altri), aveva ricevuto da Dio la sua ricchezza. Quanto poi al fatto che questa consistesse nel possesso di pecore, è chiaro da quanto segue. Infatti, colui che ha scritto il Libro di Giobbe, nell'enumerare i beni che erano toccati a quest'uomo giusto, dopo aver parlato della morte dei suoi cammelli, delle sue asine e delle sue cavalle, non ha fatto menzione di nessuna grave perdita di tesori strappati a lui con forza 28.

Anche Abramo, non diversamente da Giobbe, era ricco, sì, ma di un gran numero di servi. E tu mi dirai: Cosa? Non li aveva forse comprati? No. Ed è per questo motivo che la Scrittura dice: Gli schiavi nati nella sua casa erano trecentodiciotto 29. Egli possedeva anche pecore e buoi. (Ebbene, ribatterai): Da dove prese l'oro inviato a Rebecca 30? Lo prese dai doni che egli aveva ricevuto in Egitto 31, senza quindi commettere né violenza né ingiustizia.

1204 4. E ora dimmi tu: Da dove provengono le tuericchezze? Da chi le hai ricevute? E colui che te le ha date, da chi le ha avute? Tu mi risponderai: Da suo nonno, da suo padre... Ma, pur risalendo di generazione in generazione, potrai mai dimostrare che tale possesso è giusto? 32 Certo che non lo puoi! Bisogna dunque ritenere che questa tua ricchezza trae origine e affonda le sue radici in qualche atto di ingiustizia. Perché? Perché Dio all'inizio non ha fatto uno ricco e un altro povero, né al momento della creazione ha donato a uno molti tesori e a un altro ha tolto perfino la possibilità di trovarli; al contrario, egli ha distribuito a tutti la stessa terra da coltivare. Pertanto, se la terra è un possesso comune, come si spiega che tu ne hai molti e molti iugeri mentre il tuo vicino non ne ha neppure una zolla? Tu mi dirai: Ma è stato mio padre a lasciarmela. E io ti dico: E lui da chi l'ha ricevuta? Dai suoi antenati, tu mi rispondi. Ma, come ho già detto, è necessario che colui che intende risalire di generazione in generazione, giunga a scoprire la maniera in cui inizialmente ci si è procurato tale possesso. Giacobbe fu ricco, ma ricevette la sua ricompensa in seguito a tante fatiche.


Crisostomo - PRIMA TIMOTEO 1102